05.06.2013 Views

Tito Perlini - Walter Benjamin 0.2

Tito Perlini - Walter Benjamin 0.2

Tito Perlini - Walter Benjamin 0.2

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

involontario che spinge lo scrittore a sovvenirsi degli episodi anche minimi del passato<br />

conferendo loro quasi il crisma dell’eternità. Al pari di Proust, per <strong>Benjamin</strong> l’oggetto<br />

ricordato riemerge dal profondo consentendo un ricupero di ciò che sembrava per sempre<br />

perduto. Il ricordo afferra ciò che il corso del mondo aveva espulso dal suo seno come<br />

irrilevante, ciò che la civiltà aveva gettato ai margini, considerandolo come materiale di<br />

scarto. <strong>Benjamin</strong> è attento ai residui, alle scorie, agli scarti. La sua è una sorta di<br />

archeologia del banale, del meschino, di ciò che l’orgoglio di una ragione repressiva<br />

ricopre del suo disprezzo. In ciò <strong>Benjamin</strong> è profondamente affine a Freud, del quale deve<br />

aver meditato la tarda produzione (metapsicologia) incentrata sul motivo del disagio della<br />

civiltà.<br />

In certo senso, la memoria involontaria va intesa come la facoltà atta a consentire il<br />

ritorno del represso. Tale concezione del ricordo implica un sentimento per il quale il<br />

presente viene essenzialmente avvertito come disillusione e nostalgia di possibilità non<br />

realizzate. Ciò implica un moto che spinge verso il passato. Ma le speranze irrealizzate, la<br />

cui attuazione è stata impedita dalla ratio del dominio e che il passato contiene nel suo<br />

grembo e svela a chi guardi ad esso con amore, aprono il varco all’utopia che, in nome del<br />

noch-nicht-Sein, si protende verso un futuro di conciliazione. Il passato, indagato nelle sue<br />

pieghe più riposte e decifrato, fa scaturire da sé l’impulso che spinge verso la redenzione.<br />

Il ricordo stesso fa sì che l’oggetto sia collocato in lontananza, lo stacca dalla dipendenza<br />

ad un presente avvertito come fonte di inappagamento, lo investe di una luce di speranza<br />

che stimola il moto etico-utopico verso un futuro migliore, sblocca tutto ciò che tende ad<br />

arrestare gli impulsi di trasformazione in una datiti irrigidita e con ciò fonda il rapporto con<br />

una prassi possibile. Ciò che l’esperienza ritrova nel déjà vu, vale a dire ciò che Proust si<br />

riprometteva per la ricostruzione poetica del ricordo involontario (come presa di coscienza<br />

di ciò che nel tempo si sottrae all’inventario dell’esperienza canalizzata), <strong>Benjamin</strong> –<br />

secondo Adorno – cercava di ricuperare attraverso il pensiero. In ciò consiste l’utopia della<br />

conoscenza che ha per contenuto l’utopia stessa. Nel paradosso della possibilità<br />

dell’impossibile, a giudizio di Adorno, si presentano in <strong>Benjamin</strong> per l’ultima volta fusi<br />

insieme la mistica e l’illuminismo. Negli scritti di <strong>Benjamin</strong>, soprattutto nei frammenti dello<br />

smisurato progetto su Parigi (che Adorno chiama «una fantasmagoria dell’inferno<br />

dell’epoca contemporanea») era visibile un’adesione profonda a tutto ciò che nella realtà<br />

appare gettato ai margini ed escluso dal corso ufficiale del mondo. Ciò che importa a<br />

<strong>Benjamin</strong> è il ricupero dei relitti sospinti agli orli della civiltà che rifiutano di sottostare alla<br />

razionalizzazione dominante. Tale aspetto del pensiero di <strong>Benjamin</strong>, pronto a solidarizzare

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!