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Tito Perlini - Walter Benjamin 0.2

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scientistica che si pone agli antipodi dell'utopia da lui appassionatamente affermata.<br />

Rifiutando la filosofia, considerata come speculazione che rifugge dalla prassi per porsi<br />

come suo surrogato compensatorio, <strong>Benjamin</strong> si priva degli strumenti concettuali che<br />

avrebbero potuto consentirgli di non soggiacere al mito della tecnica liberatrice. Nel<br />

momento in cui esalta come una liberazione dal privilegio la perdita dell'aura che<br />

circondava, sacralizzandola, l'opera d'arte, <strong>Benjamin</strong>, senza avvedersene, rende omaggio<br />

alla reificazione pur da lui disperatamente avversata. <strong>Benjamin</strong> non ha riflettuto a<br />

sufficienza sulla critica della ratio formalizzata condotta da Lukács, rielaborando motivi<br />

ricavati da Max Weber per riportarli nell'alveo hegelo-marxista. La polemica anti-<br />

scientistica del Lukács di Storia e coscienza di classe è uno strumento cui non può<br />

rinunciare chiunque rifiuti di soggiacere alla mistificazione dell'ideologia illuministico-<br />

tecnocratica, destinata in ultima istanza a porsi come apologia (consapevole o<br />

inconsapevole) del capitalismo organizzato. Horkheimer e Adorno hanno ben tenuto conto<br />

della lezione del giovane Lukács sviluppandola ed arricchendola nella critica radicale<br />

dell'Aufklärung che rovescia se stessa in cieco nudo dominio, e rifiutando l'involuzione del<br />

pensiero lukácsiano che ha tradito la parte migliore di se stesso in seguito alla svolta<br />

situabile intorno al '30.<br />

Solo un ritorno alla matrice hegeliana del marxismo, alle sorgenti della dialettica,<br />

può consentire al pensiero di ascendenza marxiana di sottrarsi alla trappola dello<br />

scientismo positivistico mediante il quale la società capitalistica riesce a tener sotto<br />

controllo e a riappropriarsi di ciò che tende ad opporlesi. Folle è la superstizione secondo<br />

la quale la dialettica sarebbe pensiero conservatore mentre la scienza (elevata ad idolo)<br />

rappresenterebbe la concretezza storica e il progresso. Fonte d'equivoci è la polemica<br />

contro la filosofia in nome della scienza.<br />

Tutte le polemiche «illuministiche» contro la filosofia come astratta speculazione, in<br />

nome di un umanesimo «critico» positivo adorante la scienza come strumento di<br />

liberazione dalla magia e dalle forme di pensiero arcaico, finiscono immancabilmente per<br />

approdare all'esaltazione di un feticizzato progresso tecnologico (preteso apportatore di<br />

benessere e di libertà) dietro cui si cela la logica spietata di un potere che tende a farsi<br />

totalitario. L'odio ingenuo per la «metafisica», di cui danno stolidamente prova, con un<br />

vero furor autolesionistico, i progressisti ingenui, è spia di una patetica cattiva coscienza<br />

che cerca di placare se stessa in un completo accordo col presente. Non la metafisica,<br />

vecchio arnese malconcio, è oggi il bersaglio da colpire. Chi si accanisce a colpirla, ferisce<br />

ulteriormente qualcosa che è già morto e che comunque non è più in alcun modo in grado

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