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PREVIDENZA AGRICOLA - Fondazione ENPAIA

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Le richieste<br />

dell’Onu<br />

Edward Hopper<br />

Girlie Show, 1941<br />

18<br />

AGRICOLTURA<br />

Gino Rotella<br />

Migranti e lavoro agricolo<br />

P aura<br />

e sicurezza. Un nesso che condiziona il nostro futuro. Un binomio su cui poggia<br />

la recente legge sulla sicurezza: una norma che si basa sulla paura, senza offrire<br />

sicurezza. Perciò, destinata al fallimento. Cos’altro è, se non un primo conclamato<br />

fallimento, il tentativo di sanatoria voluto per le “badanti”? Ma le badanti non<br />

ingenerano paure, anzi rassicurano. Vivono in ambiti domestici, sono materne. I braccianti,<br />

invece, no. Non ingenerano lo stesso sentimento. Il loro vivere piuttosto è proprio del<br />

meccanismo di allarme sociale, di paura, accentuato dalla maggioranza di governo proprio<br />

per giustifi care il decreto legge sulla sicurezza.<br />

Paura del diverso. Paura dello straniero. Paura dell’immigrato. Il clandestino. Clandestino<br />

per antonomasia. Così, dopo l’approvazione della legge sulla sicurezza, scopriamo di vivere<br />

in un paese dove la nostra memoria storica, bene collettivo prezioso per chi vuole guardare<br />

avanti e determinare il futuro, sembra essere svanita, dispersa. Come può succedere che<br />

vicende storiche di grande rilievo, accadimenti remoti e recenti, possano sparire dall’archivio<br />

dei fatti e del pensiero? Eppure si tratta di un archivio collettivo che il suo permanere<br />

riguarda ciascuno di noi nel rapporto col comune divenire. Ma veniamo al nocciolo della<br />

questione. Il decreto sulla sicurezza disposto dal governo è divenuto legge dello Stato. Alcune<br />

sue parti, com’è stato osservato, violano diritti fondamentali della persona, ancorché<br />

straniera, per il solo fatto di essere appunto straniera. Dunque razzista ed ingiusta. Una<br />

legge, quella appena approvata, che contiene in sè elementi culturali ed etici la cui portata<br />

dirompente chiama in causa tutti e ciascuno di noi. Non possiamo far fi nta di non sapere.<br />

Non possiamo guardare altrove, fi ngendo di non vedere ciò che sta accadendo. Non possiamo<br />

arrenderci di fronte ad aspetti normativi confezionati nei retrobottega dell’inciviltà<br />

e dell’ideologia xenofoba che ingenerano diffi denza nei confronti di un paese annoverato<br />

tra i più civili e sviluppati del globo. “È evidente e crescente l’incidenza della discriminazione<br />

e delle violazioni dei diritti umani fondamentali nei confronti degli immigrati in<br />

Italia. Persistono nel paese razzismo e xenofobia anche verso richiedenti asilo e rifugiati,<br />

compresi i Rom”. Parole lapidarie. Chiare. Dalle quali discende la richiesta al governo di<br />

intervenire effi cacemente per “contrastare il clima di intolleranza e per garantire la tutela<br />

ai migranti, a prescindere dal loro status”. Una richiesta forte. Formulata non dai “comunisti”<br />

o dalla Cgil o da un partito avverso al governo. Proviene dall’Onu. Ed è riportata<br />

nel rapporto annuale dell’Ilo, l’Organizzazione internazionale del lavoro, dov’è<br />

descritto con parole altrettanto chiare e dure il trattamento degli immigrati in Italia in<br />

“violazione di alcune norme internazionali”. L’Italia, secondo l’Ilo, avrebbe assunto comportamenti<br />

inusitati per un paese europeo e democratico, in contrasto con la convenzione<br />

143, quella sulla “promozione della parità di opportunità e di trattamento dei lavoratori<br />

migranti”, ratifi cata dal nostro paese nel 1981.<br />

Ne parliamo qui, in questa sede, perché la legge chiama direttamente in causa il lavoro. In<br />

particolare il lavoro agricolo, Un settore, quello primario, in cui la presenza di manodopera<br />

non comunitaria è particolarmente rilevante. Dove la condizione del lavoro, prevalentemente<br />

stagionale, costringe quelle persone a passare facilmente da uno stato di regolarità<br />

(quando lavorano) alla irregolarità (quando sono licenziate) nel corso dello stesso anno.<br />

Sicché decine di migliaia di quegli stessi lavoratori, se individuati dalle forze dell’ordine,<br />

da ora in poi dovranno lasciare il nostro paese. Con ripercussioni immaginabili soprattutto<br />

nei comparti più esposti: colture arboree (oltre 32.000 occupati immigrati), ortive (circa<br />

30.000), fl orovivaistico (12.000), zootecnico (oltre 20.000). Per non parlare delle fasi della<br />

raccolta dei prodotti, che vede la presenza consistente di lavoratori irregolari. Una legge<br />

<strong>PREVIDENZA</strong> <strong>AGRICOLA</strong> settembre-ottobre 2009

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