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2. Dimensionamento dinamico - Meccanica e costruzione delle ...

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COSTRUZIONE DI MACCHINE II<br />

NOTE SU DIMENSIONAMENTO DINAMICO DI ORGANI MECCANICI<br />

ha radici complesse coniugate, il moto libero è oscillatorio.<br />

III.<strong>2.</strong>3. Schemi esemplificativi per la <strong>costruzione</strong> di modelli.<br />

Con il modello [3.17] si presume di condensare gli effetti inerziali entro la sequenza di volani Ji.<br />

In conseguenza, occorre valutare la sequenza degli elementi elastici interposti ki,i+1 e (se del caso) la<br />

sequenza degli smorzamenti viscosi, per arrivare alla formulazione lineare [3.18]. Assegnato un<br />

sistema fisico reale, cioè, è necessario ricavare il modello il più possibile ad esso aderente, allo<br />

scopo di scrivere le equazioni dinamiche. Si può dire che in generale il modello più rispondente al<br />

sistema reale darà luogo a maggiori difficoltà nella descrizione e soprattutto nella risoluzione <strong>delle</strong><br />

equazioni; pertanto occorrerà stabilire fino a che punto spingere l’accuratezza, tenuta presente la<br />

necessità di compromesso fra rispondenza del modello e difficoltà di calcolo. Nella trattazione<br />

precedente si è operato con uno schema a parametri concentrati: in tale ipotesi tutti gli effetti di<br />

massa sono concentrati in elementi discreti; gli effetti elastici in elementi distinti dai precedenti<br />

mentre le coppie sono applicate in un numero finito di sezioni (volani) e non in tratti continui. In<br />

questo modo, le equazioni differenziali sono funzioni della sola variabile di tempo e presentano<br />

perciò solo derivate totali. In caso invece di sistemi a parametri distribuiti, saranno presenti anche<br />

le derivate rispetto alle coordinate geometriche oltre che al tempo, conducendo così a equazioni<br />

differenziali alle derivate parziali, più laboriose da risolvere. Ampliando il numero di elementi<br />

inerziali ed elastici, cresce il numero di modi di vibrare, fino ad approssimare il comportamento<br />

<strong>dinamico</strong> dei continui elastici (con schemi agli elementi finiti).<br />

Nella pratica, l’equivalenza tecnica ha da essere verificata per forzanti con contenuti frequenziali<br />

entro bande limitate; cioè, come già detto, è spesso sufficiente considerare modelli assai ridotti, con<br />

l’avvertenza di fare cadere correttamente le frequenze significative. I procedimenti che consentono<br />

di raggiungere l’obiettivo sono distinguibili in due classi:<br />

• studi approssimati: dai disegni di progetto, si deducono modelli e parametrizzazioni annesse con<br />

opportuni criteri (eguaglianza <strong>delle</strong> energie, <strong>delle</strong> quantità di moto, ecc.);<br />

• metodi sperimentali: con prove (oscillazioni libere, risposte armoniche, ecc.) su prototipi, sono<br />

identificati i parametri dei modelli che hanno il comportamento misurato.<br />

La sperimentazione implica la disponibilità del componente meccanico. Spesso, oggi, si ricorre a<br />

prove (simulate) su prototipi digitali (in luogo di prototipi fisici), costruiti con modellatori 3D, ai<br />

quali sono impresse le forzanti tempovarianti scelte; ne segue l’unificazione <strong>delle</strong> classi, salvo che<br />

alcune verifiche debbano essere fatte già a stadi preliminari (ideazione del componente), per cui gli<br />

studi approssimati rimangono vantaggioso riferimento. Qualche indicazione è, quindi, di seguito<br />

richiamata, in termini esemplificativi.<br />

J<br />

m<br />

FIG. III.7. Riduttore a due stadi interposto fra due volani.<br />

Quale primo esempio è esaminato un riduttore interposto fra un motore elettrico ed una utenza<br />

con predominante effetto inerziale Jc, FIG. 7. E’ fatto ricorso al criterio di conservazione dell’energia;<br />

in caso di oscillazione armonica, la costanza dell’energia (Etot = EC + EP) significa che all’istante in<br />

cui l’energia cinetica è massima, quella potenziale è nulla; e, viceversa, è nulla, quando è massima<br />

l’energia potenziale. Interessa trovare: - l’atto di moto riportato all’albero motore, per valutare gli<br />

effetti riflessi del carico; ovvero: - quello riportato all’albero condotto, per includere l’attuazione<br />

A cura di R.C. Michelini, R.P. Razzoli – PMARlab - DIMEC<br />

J<br />

c<br />

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