2. Dimensionamento dinamico - Meccanica e costruzione delle ...
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III. IL DIMENSIONAMENTO DINAMICO DI ORGANI MECCANICI.<br />
COSTRUZIONE DI MACCHINE 2 - P. III.<br />
Contenuto:<br />
III.1. IL COMPORTAMENTO DINAMICO DEGLI ORGANI MECCANICI.<br />
III.1.1. Descrizione del comportamento <strong>dinamico</strong> (modelli).<br />
III.1.<strong>2.</strong> Modelli lineari a parametri concentrati.<br />
III.<strong>2.</strong> VIBRAZIONI TORSIONALI DELLE TRASMISSIONI MECCANICHE.<br />
III.<strong>2.</strong>1. Funzionamento a regime con forzanti periodiche.<br />
III.<strong>2.</strong><strong>2.</strong> Modelli per linee di trasmissione con due o più rotori.<br />
III.<strong>2.</strong>3. Schemi esemplificativi per la <strong>costruzione</strong> di modelli.<br />
III.<strong>2.</strong>4. Criteri di progetto e procedure di convalida.<br />
III.3. VELOCITÀ CRITICHE DEGLI ALBERI DI TRASMISSIONE.<br />
III.3.1. Vibrazioni flessionali sincrone: alberi con due o più masse.<br />
III.3.<strong>2.</strong> Vibrazioni flessionali composte: alberi con massa volanica unica.<br />
III.3.3. Procedure approssimate per verifiche di massima.<br />
III.3.4. Criteri di progetto e metodi di bilanciamento.<br />
III.4. VIBRAZIONI DI COMPONENTI A PARAMETRI DISTRIBUITI.<br />
III.4.1. Modellazioni generali e procedure.<br />
III.4.<strong>2.</strong> Utilizzazione di metodi approssimati.<br />
III.1. IL COMPORTAMENTO DINAMICO DEGLI ORGANI MECCANICI.<br />
Gli organi meccanici hanno massa non nulla e sono realizzati con materiali deformabili. Inoltre,<br />
sono tipicamente soggetti a forzanti tempovarianti, per cui possono presentare atti di moto aventi<br />
accumuli interni di energia e scambi fra le quote di energie potenziale e cinetica immagazzinate.<br />
Gli scambi si traducono in comportamento vibratorio, con conseguente alterazione nel tempo dei<br />
carichi istantaneamente sopportati. Salvo (sporadiche) applicazioni specifiche (macchine risonanti,<br />
meccanismi a deformazione pilotata, ecc.) le vibrazioni sono fattore di disturbo, che si sovrappone<br />
al comportamento <strong>dinamico</strong>, con effetti più o meno rilevanti. Il progettista, è chiaro, è tenuto ad<br />
analizzare le condizioni operative effettivamente istaurate nelle differenti situazioni d’impiego e a<br />
verificare che le prestazioni previste siano raggiunte, senza insorgenza di pericoli o anomalie non<br />
accettabili. Analisi e verifiche implicano la capacità di prevedere sia le caratteristiche strutturali dei<br />
dispositivi da costruire, sia la tipologia <strong>delle</strong> forzanti presenti per le situazioni d’esercizio ordinarie<br />
e per le situazioni straordinarie indotte in base ai campi di impiego previsti.<br />
Il comportamento nel tempo degli organi meccanici implica, in sostanza, la scrittura di sistemi<br />
di equazioni differenziali, aventi, come soluzione, le descrizioni desiderate. Le indagini, al solito, si<br />
sviluppano per passi successivi:<br />
• <strong>costruzione</strong> dei modelli: selezione <strong>delle</strong> variabili significative, dell’ordine d’approssimazione, dei<br />
parametri utili, ecc.;<br />
• caratterizzazione dei modelli: mappatura <strong>delle</strong> soluzioni per le condizioni di impiego (forzanti e<br />
prestazioni) previste a progetto;<br />
• validazione dei modelli: verifica della rappresentatività <strong>delle</strong> soluzioni in base al comportamento<br />
effettivo del componente.<br />
In effetti, un medesimo organo di macchine ha molteplicità di modelli, ciascuno da utilizzare per<br />
lo studio dell’aspetto ogni volta selezionato. In genere, una macchina si distingue da una struttura<br />
statica perché in essa è acquisita, elaborata o trasmessa potenza meccanica, W, secondo leggi che<br />
variano nel tempo. E’, quindi, opportuno distinguere due tipi di comportamenti orari:<br />
# quelli atti a descrivere le mobilità guidate della macchina, cioè, i gradi di libertà che distinguono<br />
in termini operativi (funzionali) i dispositivi allo studio;<br />
# quelli atti a descrivere le mobilità riflesse, cioè, tipicamente, le vibrazioni prodotte dalla potenza<br />
circolante, con travasi fra gli accumuli di energia cinetica e potenziale.<br />
In corrispondenza, due serie di modelli vengono ad essere costruiti, quelli dedicati direttamente a
COSTRUZIONE DI MACCHINE II<br />
NOTE SU DIMENSIONAMENTO DINAMICO DI ORGANI MECCANICI<br />
caratterizzare le prestazioni operative (base <strong>delle</strong> procedure per il dimensionamento <strong>dinamico</strong> attivo)<br />
<strong>delle</strong> macchine e quelli dedicati a caratterizzare comportamenti indotti (base <strong>delle</strong> procedure per il<br />
dimensionamento <strong>dinamico</strong> passivo), che possono condizionarne le prestazioni operative.<br />
III.1.1. Modelli per la descrizione del comportamento <strong>dinamico</strong>.<br />
I modelli più utili devono avere alcune proprietà:<br />
- assicurare duplicati fedeli dell’evoluzione nel tempo dei sistemi allo studio (equivalenza tecnica);<br />
- essere agevolmente risolti, con possibilità di dedurre proprietà sintetiche per campo d’utilizzo;<br />
- permettere estrapolazioni per condizioni di impiego varie (di là dal normal-funzionamento);<br />
- consentire indagini globali, per classi di dispositivi differenziati da parametri caratterizzanti.<br />
La proprietà di equivalenza tecnica è accertata operativamente, FIG. 1, fissando la classe <strong>delle</strong> forzanti<br />
e <strong>delle</strong> condizioni operative F da applicare simultaneamente al sistema S e al modello M(F; a); se<br />
per tutte le forzanti e condizioni operative previste, le uscite differiscono fra loro per valori ε(t)<br />
sufficientemente piccoli, è dichiarate l’equivalenza, in senso tecnico, del modello. Esistono più modi<br />
per operare il confronto e per definire la funzione d’errore.<br />
f(t) i<br />
u<br />
Sistema<br />
Modello<br />
f(t)<br />
ε(t)<br />
FIG. III.1. Accertamento dell’equivalenza tecnica del modello.<br />
Il vincolo dell’equivalenza tecnica è, cioè, fattuale e non comporta ipotesi speciali sulla struttura<br />
del modello. Nel caso di componenti strutturali di macchine, la connessione fra carichi applicati e<br />
reazioni vincolari è per consuetudine stabilita con i modelli continui dell’elasticità lineare, e quella<br />
fra forze motrici e resistenti, con modelli a parametri concentrati (localizzando i termini inerziali).<br />
Nei due casi, è solitamente analizzato il comportamento ideale (in assenza di fenomeni dissipativi),<br />
quale ipotesi atta a fornire riferimenti per le scelte progettuali. Le due linee di modelli presentano<br />
sviluppi solo in parte similari:<br />
• i modelli a parametri distribuiti privilegiano la linearità <strong>delle</strong> relazioni (spostamenti, gradienti di<br />
spostamenti e di tensioni piccoli) e l’invarianza di struttura temporale; l’introduzione di scarti da<br />
linearità, elasticità, ecc. avviene per perturbazione locale <strong>delle</strong> traiettorie; l’introduzione di struttura<br />
temporale ricorre, spesso, a primi livelli di discretizzazione (con matrici di masse inerziali locali),<br />
in estensione ai modelli ad elementi finiti;<br />
• i modelli a parametri concentrati privilegiano le proprietà geometriche dei vincoli che guidano le<br />
mobilità (leggi cinematiche di figure rigide); l’introduzione di dissipazioni ed inerzie ha un primo<br />
livello con parametri proporzionali (a velocità relative ed accelerazioni di centri di massa) e livelli<br />
superiori (per introdurre: non-linearità, accoppiamenti, ecc.) ed eventuale inclusione di elementi<br />
elastici localizzati (fra corpi rigidi).<br />
Le vibrazioni nascono, se si hanno più accumuli d’energia e trasferimenti fra quelli d’energia<br />
cinetica e quelli d’energia potenziale. La descrizione con equazioni differenziali lineari conduce a<br />
individuare frequenze e modi propri cioè, rispettivamente, autovalori e autovettori di modelli, che<br />
hanno soluzioni (generali) in forma di serie armoniche. La linearità dei modelli è connessa al fatto<br />
che sono considerati, come variabili di riferimento, gli scostamenti da un comportamento nominale<br />
il quale compare quale dato caratterizzante la parametrizzazione. Quindi: - fissati i parametri, è<br />
lecito avvalersi del principio di sovrapposizione degli effetti per costruire la dinamica dei sistemi a<br />
fronte di classi congruenti di forzanti; - mutato il riferimento nominale, cambiano i parametri e, in<br />
conseguenza, frequenze e modi propri, con aggiornamento della dinamica localmente ricostruibile.<br />
Il comportamento <strong>dinamico</strong> degli organi <strong>delle</strong> macchine, in relazione a quanto richiamato, è un<br />
problema studiato nei due livelli: per il dimensionamento attivo e, rispettivamente, passivo. Anche<br />
l’equivalenza tecnica dei modelli richiede verifiche differenti: nel primo caso, i gradi di libertà sono<br />
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+<br />
-<br />
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COSTRUZIONE DI MACCHINE II<br />
NOTE SU DIMENSIONAMENTO DINAMICO DI ORGANI MECCANICI<br />
riferimento esplicito per dedurre il comportamento nominale (da cui muovere per l’analisi <strong>delle</strong><br />
vibrazioni); nel secondo caso, è rilevante l’obiettivo della riduzione dei gradi di libertà in relazione<br />
al campo d’impiego e alla classe <strong>delle</strong> forzanti, poiché sono studiate mobilità riflesse. La riduzione è<br />
ottenibile seguendo procedimenti che sopprimono accumuli di energia (cinetica e potenziale) non<br />
significativi per l’atto di moto considerato. La riduzione più drastica conduce ad una sola coppia di<br />
accumuli, con unico modo proprio di vibrare del modello lineare. Nel successivo paragrafo, sono<br />
riassunte proprietà salienti dei modelli lineari a parametri concentrati.<br />
III.1.1. Modelli lineari a parametri concentrati.<br />
Il sistema vibrante più semplice è costituito da una inerzia concentrata, connessa ad un telaio<br />
fisso (rigido) da un elemento elastico (privo di massa), FIG. <strong>2.</strong> La legge del moto si ottiene scrivendo<br />
l’equilibrio <strong>delle</strong> forze (con contributo inerziale e forza di richiamo elastico, fra loro, in opposizione<br />
di fase) ed integrando:<br />
mx && = - kx ; && x + ω 0x<br />
= 0 , s 1,2 = ±jω0,<br />
ω 0 = mk [3.01]<br />
x (t)<br />
-jω0tjω0t = A e + B e ; x (t) = C cos ( ω t+ ϕ) , C = 0<br />
2 2<br />
A +B , ϕ = - artg A B [3.02]<br />
La frequenza propria, f0 = 0 2 ω π , dipende dai parametri m e k; le costanti di integrazione A e B<br />
dipendono dalle condizioni iniziali. In FIG. 2, è riportata una tabella con tipici valori della costante<br />
di rigidezza.<br />
FIG. III.<strong>2.</strong> Modello ‘massa-molla’: tabella di elementi elastici.<br />
La presenza di smorzamento viscoso preserva la linearità del modello; sorge un contributo in<br />
quadratura rispetto ai termini inerziale ed elastico, dando luogo al modello:<br />
2 2<br />
mx && + cx & + kx = 0 , s 1,2 = ( c2m ) ±j (c2m) - (km) = - ( ζ ±j 1ζ<br />
) ω0<br />
[3.03]<br />
2 2<br />
-jζω0t -j 1-ζ ω0tj1-ζ ω0t-jζω0t<br />
2<br />
x (t) = e (A e + B e ) = C e cos( 1- ζ ω t + ϕ)<br />
[3.04]<br />
Sono da distinguere le tre situazioni: sottosmorzata, a smorzamento critico e sovrasmorzata:<br />
ζ = c 2 km < 1 , ζ = c 2 km = 1 , ζ = c 2 km > 1 [3.05]<br />
Il moto è esponenziale decrescente, con componente oscillatoria, solo nel primo caso; l’entità dello<br />
smorzamento è valutata dal decremento logaritmico:<br />
xi δ = ln xi+1<br />
-ζω01 t<br />
= ln e<br />
- ζω0(t 1+<br />
τ )<br />
e<br />
= ζω0τ =<br />
2πζ<br />
2<br />
1- ζ<br />
2πζ<br />
, τ = 2π<br />
2<br />
ω 1- ζ<br />
[3.06]<br />
I modelli convenientemente smorzati sono usati per lo studio <strong>delle</strong> sospensioni. Si richiamano i<br />
tre casi: inerzia, FIG. 3, con eccitazione armonica, con forzante sussultoria, con massa rotante.<br />
a) Eccitazione armonica. A transitorio esaurito, è significativo il solo integrale particolare:<br />
Fo mx && + cx & + kx = F o cosωt ; x = X cos( ωt+ ϕ)<br />
, X<br />
, tan c<br />
2 2 2 km 2<br />
(k-m ) (c )<br />
- ω = ϕ = [3.07]<br />
ω + ω<br />
ω<br />
|X|<br />
= 1<br />
, tanϕ<br />
=<br />
|X o|<br />
[ 1 − ( ωω ) ] + (2 ζωω )<br />
2 2<br />
2<br />
0 0<br />
2ζ<br />
ωω<br />
0 − ;<br />
2<br />
o o<br />
1 −(<br />
ωω)<br />
0<br />
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0<br />
0<br />
X = F k,<br />
[3.08]<br />
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NOTE SU DIMENSIONAMENTO DINAMICO DI ORGANI MECCANICI<br />
con le consuete definizioni per ω e per ζ .<br />
0<br />
FIG. III.3. Modelli per lo studio di supporti anti-vibranti.<br />
b) Forzante sussultoria. Con forzante di spostamento y(t), agente alla base dell’inerzia appesa, si ha:<br />
mx && + c(x-y) & & + k(x-y) = 0 ;<br />
j t<br />
y Ye ω<br />
=<br />
j( ωt- ϕ) -jϕ jω t<br />
, x = Xe = Xe e<br />
[3.09]<br />
|X| +<br />
= =−<br />
|Y|<br />
[ 1 − ( ωω ) ] + (2 ζωω)<br />
2<br />
3<br />
1 (2 ζω ω ) 0<br />
2 ζ( ω ω ) 0<br />
, tanϕ<br />
2 2<br />
2<br />
1( − ωω) 2+ (2 ζωω)<br />
2<br />
0 0<br />
0 0<br />
[3.10]<br />
c) Sbilanciamento rotante. E’ presente una massa mR che ruota rispetto al baricentro di m. Si ottiene:<br />
2<br />
mx && + cx & + kx = m eω sinωt R<br />
; X =<br />
me 2<br />
R ω<br />
2 2 2<br />
(k-m ω ) + (c ω)<br />
, tanϕ<br />
= cω<br />
km - ω 2 [3.11]<br />
|mX|<br />
|m e|<br />
R<br />
( ωω)<br />
2ζ<br />
ωω<br />
2<br />
0<br />
0<br />
= , tanϕ<br />
= − ;<br />
2 2<br />
2<br />
2<br />
0 mk<br />
[ 1 − ( ωω ) ] + (2 ζωω)<br />
1 −(<br />
ω ω ) 0<br />
0 0<br />
ω = [3.12]<br />
Modelli vibranti più complessi si hanno, se le inerzie hanno più mobilità o sono coinvolte più<br />
masse interconnesse da elementi deformabili. Per esempio, è considerato il caso di una inerzia con<br />
due connessioni elastiche, una baricentrica ed una spostata di una quantità a, FIG. 4 (a), alla quale è<br />
consentito il moto rettilineo del baricentro ed angolare attorno allo stesso; si hanno:<br />
2<br />
mx && + (k +k )x + k aθ= 0 ; I && θ − k ax + k a θ= 0<br />
[3.13]<br />
1 2 1<br />
1 1<br />
si ricavano gli autovalori, cioè, le (quattro) radici (immaginarie) dell’equazione caratteristica:<br />
1<br />
2<br />
2 2 2<br />
⎡1 ⎛ k+k 1 2 ka 1 k1+ k2 2 ka 1 2 k1+ k2 ka 1 ⎞⎤<br />
⎜ ( m ) ( I ) m I ⎟<br />
j ω h =±<br />
⎢<br />
(<br />
2 m +<br />
I<br />
) ± + −<br />
⎣ ⎝ ⎠<br />
⎥<br />
⎦<br />
FIG. III.4. Casi: (a) due mobilità; (b) e (c) due masse.<br />
[3.14]<br />
Si considerino altresì i casi: massa oscillante su supporto elastico, portante inerzia secondaria<br />
traslante, FIG. 4 (b), o rotante, FIG. 4 (c); ne conseguono modelli differenti per la forzante:<br />
2<br />
mx && 1 + kx 1 − k2y= 0 ; m(x+y) && && 2 + ky 2 = F o cosωt , m(x+y) && && 2 + ky 2 = mr 2 ω [3.15]<br />
In generale, in presenza di più inerzie con molteplicità di collegamenti elastici e smorzamenti<br />
interposti, si avranno a scrivere tante equazioni di equilibrio quante sono le mobilità (di traslazione<br />
e rotazione) possibili, tenendo conto <strong>delle</strong> forzanti (eventualmente) applicate. Quindi:<br />
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NOTE SU DIMENSIONAMENTO DINAMICO DI ORGANI MECCANICI<br />
m && x + m && x + ...+ c x & + c x & +...+ k x + k x = F cosωt , h= 1, 2, … [3.16]<br />
h1 1 h2 2 h1 1 h2 2 h1 1 h2 2 h<br />
Le radici <strong>delle</strong> equazioni caratteristiche sono espresse mediante le frequenze proprie (autovalori<br />
del modello ideale non smorzato) e dei coefficienti di smorzamento. La soluzione generale (sistema<br />
omogeneo) è espressa come combinazione lineare dei modi propri. Gli integrali particolari per<br />
forzanti armoniche permettono di trovare le risposte in frequenza (in ampiezza e fase). I risultati<br />
sono di seguito particolareggiati per gli alberi di trasmissione.<br />
III.<strong>2.</strong> VIBRAZIONI TORSIONALI DELLE TRASMISSIONI MECCANICHE.<br />
Un gruppo di trasmissione è soggetto a un momento torcente che può variare nel tempo perché<br />
la sorgente (per esempio, momento di macchina alternativa) o l’utenza (per esempio, momento<br />
resistente non costante) sono tempovarianti. La schematizzazione base porta a ridurre il sistema a<br />
catene di inerzie (in cui condensare le masse volaniche), intervallate da elasticità (in cui riportare le<br />
deformabilità); possono essere previsti effetti dissipativi sui volani (azione dell’ambiente o attrito<br />
dei cuscinetti) ed entro la catena (smorzamento interno dei materiali). La studio dei fenomeni di<br />
vibrazione può essere condotto in vista di due scopi: - caratterizzare l’atto di moto del dispositivo;<br />
- evitare che le frequenze di eccitazione durante il funzionamento normale della macchina siano<br />
prossime alle frequenze di risonanza. L’interesse per l’una o l’altra <strong>delle</strong> sue possibilità di studio<br />
dipende dal modo di funzionamento della macchina di cui è parte l’organo in esame. Se questa<br />
funziona per la maggior parte del tempo a regime, con forzante periodica a banda limitata, sarà<br />
sufficiente accertare che le frequenze di eccitazione siano sufficientemente differenti da quelle di<br />
risonanza, applicando cioè il secondo approccio. Se la macchina è soggetta a forzanti impulsive (ad<br />
esempio, la tavola di posizionamento di una macchina utensile), non vi è un limitato numero di<br />
frequenze di eccitazione: è necessario estendere l’analisi e verificare l’idoneità del modello lineare<br />
a descrivere il comportamento <strong>dinamico</strong> della macchina.<br />
Nel seguito, sono richiamate - le proprietà dei modelli lineari, in genere, e per i casi elementari; -<br />
le modalità usabili per la riduzione di inerzie ed elasticità per i casi elementari; - alcune procedure<br />
per valutare la congruenza dei modelli, al fine di verificare le scelte progettuali.<br />
III.<strong>2.</strong>1. Funzionamento a regime con forzanti periodiche.<br />
Si consideri una linea di trasmissione, in cui siano individuati n volani: J1, .., Ji, .., Jn, equivalenti<br />
agli effetti inerziali. Per ciascuno, l’equilibrio alla rotazione implica di bilanciare le coppie motrici:<br />
Mi (ove presenti), con le coppie resistenti (elastiche ed inerziali) e le coppie dissipative, FIG. 5:<br />
Mi – Mri(i-1) + Mri(i+1) – Mpi(i) – Mpi(i-1) + Mpi(i+1) = Ji αi , [3.17]<br />
ove appaiono: le coppie elastiche e dissipative applicate al volano i dagli elementi di congiunzione<br />
con il volano i-1 e, rispettivamente, i+1; la coppia dissipativa agente sul volano considerato.<br />
I termini sono, per lo più, contributi non lineari (effetti coloumbiani, attrito del mezzo, ecc.). Entro<br />
il limite <strong>delle</strong> piccole oscillazioni, si può ricorrere al modello lineare:<br />
Mi – ki-1(θi-1 - θi) + ki(θi - θi+1) – ci θ – h & i i-1( θ -1<br />
& i - θ& i ) + hi( θ& i - θ& i+1 ) = Ji θ && i , [3.18]<br />
ove:<br />
# kj sono le costanti elastiche <strong>delle</strong> rigidezze torsionali interposte fra i volani; posto di avere tronchi<br />
di albero di lunghezza lj e diametro dj: kj = Gπd4/32 l;<br />
# hj sono le costanti di smorzamento (interno) viscoso degli elementi interposti fra i volani;<br />
# cj sono le costanti di smorzamento viscoso relative ai singoli volani.<br />
L’equazione caratteristica associata al modello differenziale lineare [3.18] risulta essere:<br />
2<br />
2 2 2<br />
⎡<br />
⎣Js i + (hi−1+ hi + c i)s+ ki−1+ k ⎤ i⎦θi − (shi−1+ k i−1) θi−1− (shi + k i) θ i = 0, con: s= d dt,s = d dt .<br />
Quindi, in notazione matriciale, il sistema omogeneo associato corrisponde alla scrittura:<br />
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⎡A11 A12 0 0 M<br />
⎤ ⎡θ1⎤ ⎢<br />
A21 A22 A23 0<br />
⎥ 2<br />
⎢ ⎥<br />
⎢<br />
M<br />
θ Aii = Js i + (hi−1+ hi+ c i)s+ ki−1+ ki<br />
⎥ ⎢ 2 ⎥<br />
⎢ 0 A32 A33 A ⎥<br />
;<br />
34 M<br />
⋅ ⎢θ⎥ 3 = 0 A i,i−1=− ( shi−1+ k i 1)<br />
[3.19]<br />
−<br />
⎢ ⎥ ⎢ ⎥<br />
⎢L L L L L L L L ⎥ ⎢ M ⎥<br />
A i,i+ 1 =− (shi+ k i)<br />
⎢ 0 An,n−1 A ⎥<br />
⎣ M<br />
⎢ ⎥<br />
n,n⎦ ⎣θn⎦ L’integrale generale è, cioè, una combinazione lineare di esponenziali, con argomento (complesso),<br />
corrispondente alle radici del determinante dei coefficienti Aij <strong>delle</strong> variabili (angolari) θi. Occorre,<br />
inoltre, conoscere le condizioni iniziali (posizioni e velocità angolari) e gli integrali particolari,<br />
dipendenti dalle forzanti Mi.<br />
1 2 i i+1 n<br />
FIG. III.5. Trasmissione con n volani: equilibrio dello i esimo volano.<br />
L’equazione caratteristica associata al modello lineare [3.18] dà luogo ad un sistema algebrico<br />
(nella variabile s) di grado 2n, a coefficienti reali. In presenza di deboli smorzamenti, le radici sono<br />
complesse, con piccola parte reale (negativa): sk’ = σk + j ωk, e: sk” = σk – j ωk; il moto oscillatorio è,<br />
cioè, comunque attenuato. Il caso ideale: hj = cj = 0 , comporta: σk = 0; e la soluzione è una forma<br />
d’onda formata da armoniche non smorzate. Per particolari condizioni iniziali, è possibile separare<br />
le componenti, cioè, attivare di volta in volta un singolo modo di vibrare. Questi sono in numero di<br />
n, o meno, in caso di radici multiple.<br />
Il modello [3.18] è denominato tridiagonale: in termini matriciali, oltre alla diagonale principale,<br />
sono presenti i termini immediatamente contigui (tutti gli altri termini sono nulli), che forniscono,<br />
per il volano in esame, le azioni di quello precedente e di quello seguente. La risposta in frequenza<br />
del sistema (multivariabile) solitamente è dedotta supponendo di applicare una forzante armonica<br />
ad un solo volano, per analizzare l’atto di moto indotto su ciascun volano, a transitorio esaurito. In<br />
corrispondenza <strong>delle</strong> frequenze proprie, il caso ideale porta ad oscillazioni di ampiezza illimitata,<br />
infatti gli autovalori si riducono a coppie di immaginari puri: sk = ± jωk. Con piccoli smorzamenti, si<br />
ha risonanza a pulsazioni lievemente inferiori: ωrk = k 1- k ζ ω , per ζk < 1, cioè, l’ampiezza del moto<br />
oscillatorio è amplificata. Nelle trasmissioni meccaniche, il fenomeno può essere critico, poiché gli<br />
attriti debbono essere sempre convenientemente piccoli.<br />
E’ solitamente corretto passare dall’equazione [3.17] (modello non lineare), all’equazione [3.18].<br />
Più difficile è stabilire l’ordine del modello, cioè, la quantità di accumuli di energia potenziale ed<br />
elastica (numero di volani inerziali e di connessioni elastiche) effettivamente attivati dalle forzanti<br />
presenti. Secondo il criterio dell’equivalenza tecnica, sarà possibile ridurre l’ordine fino ad avere<br />
comportamenti dinamici che rimangono entro i limiti prescritti; ogni aumento d’ordine porta solo<br />
modelli con numero d’autovalori superiore al necessario. E’, quindi, buona norma procedere per<br />
approssimazioni successive, con riduzioni drastiche all’inizio, salvo aggiungere possibili accumuli<br />
se l’equivalenza tecnica non fosse accertata. Di qui l’interesse a modelli con pochi volani, perché<br />
spesso utilizzabili a fronte di forzanti, contraddistinte da bande armoniche sufficientemente strette.<br />
III.<strong>2.</strong><strong>2.</strong> Modelli per linee di trasmissione con due o più rotori.<br />
Il modello elementare di partenza è il bipendolo (di torsione), che presenta due volani connessi<br />
da un elemento elastico, FIG. 6. Esso ha un solo modo di vibrare. La pulsazione propria è calcolata<br />
per il caso a smorzamento nullo. Dalla [3.18], in assenza di forzanti, si hanno:<br />
J1 s 2θ1 = k (θ2 - θ1) , J2 s 2θ2 = k (θ1 - θ2) ; ove: s 2 =<br />
d<br />
dt<br />
A cura di R.C. Michelini, R.P. Razzoli – PMARlab - DIMEC<br />
2<br />
2<br />
[3.20]<br />
6
COSTRUZIONE DI MACCHINE II<br />
NOTE SU DIMENSIONAMENTO DINAMICO DI ORGANI MECCANICI<br />
da cui si determinano gli autovalori ponendo uguale a zero il determinante dei coefficienti:<br />
2<br />
Js 1 + k<br />
− k<br />
−k<br />
= 0<br />
2<br />
J s + k<br />
,<br />
2 2<br />
s ⎣⎡J1J2s + (J1+ J 2)k⎦<br />
⎤ = 0<br />
2<br />
che ammette le soluzioni:<br />
s 0 ,<br />
J + J J + J<br />
J1+ J2<br />
s = ± − k =± j k =± jω<br />
, ω o = ± k [3.21]<br />
JJ<br />
o = 1 2 1 2<br />
1 o<br />
JJ 1 2 JJ 1 2<br />
FIG. III.6. Trasmissioni con due e con tre accumuli inerziali.<br />
La prima soluzione rappresenta l’atto di moto rigido (assenza di vibrazioni). La seconda fa trovare<br />
la frequenza naturale del bipendolo (in assenza di smorzamento): - i volani hanno moto armonico,<br />
in opposizione di fase fra loro; - esiste un punto intermedio dell’elemento elastico, detto nodo, che<br />
ha sempre elongazione nulla, localizzato in un punto a distanze inversamente proporzionale ai<br />
momenti quadratici di massa J1 e J2, per il bilancio dei momenti della quantità di moto.<br />
Per trovare la risposta in frequenza, il modello [3.20] è soggetto a forzanti armoniche:<br />
J1 s2θ1 + k (θ1 - θ2) = M1 = a cos ωt , J2 s2θ2 + k (θ2 - θ1) = M2 = b cos ωt [3.22a]<br />
da cui, sottraendo membro a membro:<br />
2 J+J M M a a 1 2 1 2 1 2 jωjωJ+J<br />
1 2<br />
( θ−θ 1 2)(s<br />
+ k ) = − = ( − ) = a<br />
, k = ± ω<br />
J 2 2 2 2<br />
JJ J J 1 J<br />
o<br />
2 ω -ω ω -ω<br />
JJ<br />
1 2 1 2<br />
f f<br />
in cui è fatto uso della trasformata di Fourier della forzante: f(ωft) = a cos ωft; quindi:<br />
jω jω<br />
θ−θ 1 2 = a , 2 2 2 2<br />
ω -ω ω -ω<br />
[3.22b]<br />
o<br />
f<br />
pertanto il sistema non smorzato tende ad oscillazioni di ampiezza infinita, quando la frequenza di<br />
eccitazione coincide con quella naturale, indipendentemente dall'ampiezza dell’eccitazione.<br />
Nel caso in cui si considerino i termini viscosi, la frequenza di risonanza non coincide più con<br />
quella naturale. Supponendo cj = 0 per semplicità di calcolo, si ottengono:<br />
J s θ+ hs( θ−θ ) + k( θ−θ ) = 0 , J s θ+ hs( θ−θ ) + k( θ−θ ) = 0 ; [3.23]<br />
2 2<br />
1 1 1 2 1 2 2 2 2 1 2 1<br />
quindi:<br />
2<br />
J1s + hs + k − (hs + k)<br />
− + 2<br />
2<br />
+ +<br />
= 0<br />
(hs k) J s hs k<br />
2 2 2<br />
s ⎡<br />
⎣s + 2ζω s+ω ⎤ = 0<br />
o o⎦<br />
, essendo:<br />
2<br />
per cui si deducono gli autovalori: o o<br />
,<br />
1 2<br />
1 2<br />
2 2<br />
s ⎣⎡J1J2s + h(J1+ J 2)s+ k(J1+ J 2)<br />
⎦ ⎤ = 0 , cioè:<br />
2 (J + J ) 1 2<br />
ω = k ;<br />
o<br />
JJ<br />
1 2<br />
(J + J )<br />
2 h<br />
JJ<br />
1 2<br />
ζω = [3.24]<br />
o<br />
2<br />
s =−ζω ±ω ζ −1,<br />
che danno comportamenti oscillatori se:<br />
ζ < 1.<br />
Il modello di rango appena più elevato include tre volani e due elementi elastici, FIG. 6. Si ha:<br />
J1 s 2θ1 = k12 (θ2 - θ1) , J2 s 2θ2 = k12 (θ1 - θ2) + k23 (θ3 - θ2) , J3 s 2θ3 = k23 (θ2 - θ3) [3.25]<br />
Seguendo il procedimento usuale, si cercano le radici dell’equazione caratteristica:<br />
2 k (J +J ) k (J +J ) 12 1 2 23 2 3 ⎛k<br />
(J +J ) k (J +J ) 12 1 2 23 2 3 ⎞ k k 12 23<br />
ω o = 0 , ω 1,2 = + m<br />
2<br />
2J J 2J J ⎜ −<br />
2J J 2J J ⎟ +<br />
[3.26]<br />
1 2 2 3 ⎝ 1 2 2 3 ⎠ J 2<br />
la prima, al solito, corrisponde al moto rigido; le altre due fanno trovare le pulsazioni proprie. In<br />
relazione ad esse, si hanno due modi di vibrare: il primo, con un nodo (due volani contigui sono in<br />
fase fra loro); il secondo, con due nodi (i volani contigui sono in opposizione di fase). Il passaggio<br />
al caso smorzato segue la trafila indicata; se la parte di quarto grado dell’equazione caratteristica<br />
A cura di R.C. Michelini, R.P. Razzoli – PMARlab - DIMEC<br />
2<br />
1 2<br />
7
COSTRUZIONE DI MACCHINE II<br />
NOTE SU DIMENSIONAMENTO DINAMICO DI ORGANI MECCANICI<br />
ha radici complesse coniugate, il moto libero è oscillatorio.<br />
III.<strong>2.</strong>3. Schemi esemplificativi per la <strong>costruzione</strong> di modelli.<br />
Con il modello [3.17] si presume di condensare gli effetti inerziali entro la sequenza di volani Ji.<br />
In conseguenza, occorre valutare la sequenza degli elementi elastici interposti ki,i+1 e (se del caso) la<br />
sequenza degli smorzamenti viscosi, per arrivare alla formulazione lineare [3.18]. Assegnato un<br />
sistema fisico reale, cioè, è necessario ricavare il modello il più possibile ad esso aderente, allo<br />
scopo di scrivere le equazioni dinamiche. Si può dire che in generale il modello più rispondente al<br />
sistema reale darà luogo a maggiori difficoltà nella descrizione e soprattutto nella risoluzione <strong>delle</strong><br />
equazioni; pertanto occorrerà stabilire fino a che punto spingere l’accuratezza, tenuta presente la<br />
necessità di compromesso fra rispondenza del modello e difficoltà di calcolo. Nella trattazione<br />
precedente si è operato con uno schema a parametri concentrati: in tale ipotesi tutti gli effetti di<br />
massa sono concentrati in elementi discreti; gli effetti elastici in elementi distinti dai precedenti<br />
mentre le coppie sono applicate in un numero finito di sezioni (volani) e non in tratti continui. In<br />
questo modo, le equazioni differenziali sono funzioni della sola variabile di tempo e presentano<br />
perciò solo derivate totali. In caso invece di sistemi a parametri distribuiti, saranno presenti anche<br />
le derivate rispetto alle coordinate geometriche oltre che al tempo, conducendo così a equazioni<br />
differenziali alle derivate parziali, più laboriose da risolvere. Ampliando il numero di elementi<br />
inerziali ed elastici, cresce il numero di modi di vibrare, fino ad approssimare il comportamento<br />
<strong>dinamico</strong> dei continui elastici (con schemi agli elementi finiti).<br />
Nella pratica, l’equivalenza tecnica ha da essere verificata per forzanti con contenuti frequenziali<br />
entro bande limitate; cioè, come già detto, è spesso sufficiente considerare modelli assai ridotti, con<br />
l’avvertenza di fare cadere correttamente le frequenze significative. I procedimenti che consentono<br />
di raggiungere l’obiettivo sono distinguibili in due classi:<br />
• studi approssimati: dai disegni di progetto, si deducono modelli e parametrizzazioni annesse con<br />
opportuni criteri (eguaglianza <strong>delle</strong> energie, <strong>delle</strong> quantità di moto, ecc.);<br />
• metodi sperimentali: con prove (oscillazioni libere, risposte armoniche, ecc.) su prototipi, sono<br />
identificati i parametri dei modelli che hanno il comportamento misurato.<br />
La sperimentazione implica la disponibilità del componente meccanico. Spesso, oggi, si ricorre a<br />
prove (simulate) su prototipi digitali (in luogo di prototipi fisici), costruiti con modellatori 3D, ai<br />
quali sono impresse le forzanti tempovarianti scelte; ne segue l’unificazione <strong>delle</strong> classi, salvo che<br />
alcune verifiche debbano essere fatte già a stadi preliminari (ideazione del componente), per cui gli<br />
studi approssimati rimangono vantaggioso riferimento. Qualche indicazione è, quindi, di seguito<br />
richiamata, in termini esemplificativi.<br />
J<br />
m<br />
FIG. III.7. Riduttore a due stadi interposto fra due volani.<br />
Quale primo esempio è esaminato un riduttore interposto fra un motore elettrico ed una utenza<br />
con predominante effetto inerziale Jc, FIG. 7. E’ fatto ricorso al criterio di conservazione dell’energia;<br />
in caso di oscillazione armonica, la costanza dell’energia (Etot = EC + EP) significa che all’istante in<br />
cui l’energia cinetica è massima, quella potenziale è nulla; e, viceversa, è nulla, quando è massima<br />
l’energia potenziale. Interessa trovare: - l’atto di moto riportato all’albero motore, per valutare gli<br />
effetti riflessi del carico; ovvero: - quello riportato all’albero condotto, per includere l’attuazione<br />
A cura di R.C. Michelini, R.P. Razzoli – PMARlab - DIMEC<br />
J<br />
c<br />
8
COSTRUZIONE DI MACCHINE II<br />
NOTE SU DIMENSIONAMENTO DINAMICO DI ORGANI MECCANICI<br />
nel controllo. Con il criterio energetico, è immediato calcolare gli accumuli separati. Per esempio,<br />
considerato un rapporto di trasmissione τT = τ1 τ2, la riduzione all’albero condotto conduce a:<br />
2 2<br />
EC = 1 ( J θ& +J θ&<br />
2 ) = 1 2 2 2<br />
( J τ θ& +J θ&<br />
2 2<br />
)<br />
m m c c 2<br />
= ( J +J<br />
m c c c<br />
m c c c<br />
∗ 1 θ& 2 θ&<br />
)<br />
∗ 2<br />
, avendo posto: J = τ J m m [3.27a]<br />
2 2<br />
EP = 1 2 2<br />
2 ( k θ +k θ +k θ ) = k m m r r c c<br />
mc c<br />
∗ 1<br />
2 θ .<br />
∗<br />
, avendo posto: k =1<br />
⎛ 1 + 1 + 1 ⎞<br />
mc ⎜ 2 2 τ k τ k k ⎟<br />
⎝ T m 2 r c ⎠ [3.27b]<br />
M M M<br />
c<br />
r c<br />
infatti: θ = , θ = = c k r k τ k<br />
M M m c<br />
, θ = = m k τ k<br />
Mc<br />
; nonché: θ = c k∗<br />
, quindi il risultato prima dato.<br />
mc<br />
c<br />
r 2 r<br />
m T m<br />
cioè: l’effetto inerziale del motore ridotto all’albero del carico è significativamente aumentato e le<br />
elasticità in serie si combinano per additività <strong>delle</strong> cedevolezze, ampliate in ragione del quadrato<br />
dei rapporti di trasmissione (parziale o totale).<br />
La riduzione a bipendolo, fa sì che il sistema presenti una sola pulsazione critica. Se i contributi<br />
inerziali dei componenti interposti non risultassero trascurabili, il modello da utilizzare può essere<br />
notevolmente più complicato, ove, per esempio, fossero da considerare separatamente le masse di<br />
quattro ruote dentate, con interposti cinque elementi elastici (tre tronchi d’albero e due connessioni<br />
ad ingranaggi). Il riferimento finale viene a comprendere sei volani (con momenti quadratici Ji da<br />
riportare all’albero condotto tenuto conto dei quadrati dei rapporti di trasmissione parziali) e con<br />
elementi elastici distinti (sempre da riportare all’albero condotto, previa la riduzione dei momenti<br />
agenti su ciascuno di essi). Va detto che la deformabilità dei denti (in presa) dà spesso contributi<br />
confrontabili con quelli indotti dalla cedevolezza torsionale dei tronchi d’albero; se non vi è motivo<br />
di esplicitare le masse localizzate, gli effetti sono conglobati nelle costanti kc, kr e km prima definite;<br />
altrimenti vanno tenute distinte, con il risultato che il modello presenta sei modi di vibrare. Ora, in<br />
pratica, le pulsazioni più alte sono per lo più al di fuori della banda di interesse; più importante è<br />
verificare gli eventuali spostamenti della pulsazione critica fondamentale, poiché ciò può inficiare<br />
il modello a bipendolo prima specificato.<br />
J<br />
m<br />
FIG. III.8. Riduttore con ingranaggi a ripresa dei giochi.<br />
Come secondo esempio è considerato un riduttore a due stadi e ripresa dei giochi: il rocchetto<br />
ingrana con due ruote dentate, collegate a pignoni che ingranano nella ruota di uscita; gli elementi<br />
interposti hanno deformazione torsionale per mantenere il contatto su fianchi contrapposti degli<br />
elementi di ingresso e di uscita, in modo da garantire la continuità nella trasmissione del moto<br />
anche nei punti di inversione, FIG. 8. Il dispositivo è usato per trasmissioni di precisione, spesso in<br />
concomitanza con compiti ad elevata dinamica; si ha “circolazione di potenza” e la coppia elastica<br />
imposta deve avere un livello in ogni caso maggiore della massimo momento torcente trasmesso<br />
(perché non si abbia mai il distacco all’interfaccia degli ingranaggi). Esistono differenti varianti del<br />
meccanismo, sempre con la presenza di elementi elastici (opportunamente caricati) in parallelo per<br />
produrre la ripresa del gioco.<br />
Posto, come prima, di avere due sole concentrazioni inerziali Jm e Jc, con locali elementi elastici<br />
kc e kc, occorre valutare il contributo dovuto ai due elementi elastici in parallelo, supposti identici e<br />
A cura di R.C. Michelini, R.P. Razzoli – PMARlab - DIMEC<br />
J<br />
c<br />
9
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NOTE SU DIMENSIONAMENTO DINAMICO DI ORGANI MECCANICI<br />
con costante ko. E’ immediato verificare che la trasmissione del momento si sdoppia sui due rami<br />
con il vincolo di avere uguali angoli: Mr = (ko + ko) θr = kr θr, cioè per elementi in parallelo sono da<br />
sommare le costanti elastiche. La valutazione, poi, della k mc<br />
∗ è effettuata con la [3.27b].<br />
Il criterio energetico implica una relazione fra quantità scalari; non è, cioè, subito applicabile se<br />
si vogliono trovare più accumuli. La generalizzazione della procedura è impostata con l’approccio<br />
lagrangiano, una volta prescelto il numero di gradi di libertà introdotto. Alternativamente si può<br />
ricorrere ad una procedura per approssimazioni successive. Infatti, i modi di vibrare sono distinti<br />
dal numero di nodi, partendo da una deformata con un nodo (ed i volani ripartiti in due gruppi, in<br />
opposizione di fase), fino al modo di ordine n, con nodi interposti fra ogni volani (ciascuno, cioè, in<br />
opposizione di fase rispetto al precedente); la procedura iterativa prevede di scegliere deformate<br />
che soddisfino le condizioni sul numero di nodi e scrivere i bilanci d’energia potenziale e cinetica<br />
per possibili configurazioni, tenuto conto che devono essere nel contempo verificate le condizioni<br />
di equilibrio dei momenti [<strong>2.</strong>18]; in difetto, si provvederà a ritoccare i valori dei parametri, finché<br />
saranno simultaneamente verificati bilanci energetici e condizioni d’equilibrio. La procedura è più<br />
oltre ripresa, con esempi per la <strong>costruzione</strong> di modelli per lo studio <strong>delle</strong> vibrazioni flessionali.<br />
III.<strong>2.</strong>4. Criteri di progetto e procedure di validazione.<br />
I problemi connessi allo studio <strong>delle</strong> vibrazioni torsionali di un sistema sono essenzialmente i<br />
seguenti: (1) formulazione del modello ridotto del sistema; (2) risoluzione analitica o numerica, con<br />
individuazione degli autovalori (e degli autovettori); (3) verifica dell’equivalenza tecnica del modello<br />
per le condizioni operative del sistema. Nella scelta del modello, ruolo importante hanno: l’ordine<br />
ed i valori dei parametri (inerzie, elasticità e, eventualmente, dissipazioni). La linearità dei modelli<br />
è importante perché consente la sovrapposizione degli effetti (cioè, la descrizione della dinamica<br />
con funzioni di trasferta, dipendenti dai parametri del modello, non dalle forzanti). Il ricorso a<br />
strumenti di calcolo automatico permette di trattare modelli non lineari, o meglio, di introdurre<br />
modelli a linearità locale, da aggiornare a seconda <strong>delle</strong> condizioni di funzionamento; in questo<br />
caso, autovalori (ed autovettori) sono anch’essi proprietà locali.<br />
La ricerca <strong>delle</strong> frequenze proprie torsionali è necessaria: - se il momento motore è variabile nel<br />
tempo.(motrici periodiche, a funzionamento intermittente con picchi di accelerazione, ecc.); - se è<br />
variabile nel tempo il carico (utente periodico, presenza di urti, funzionamento discontinuo con<br />
bruschi assorbimenti di potenza, ecc.). In entrambi i casi il flusso della potenza è aperto ed occorre<br />
solo accertare il comportamento della macchina nell’intorno <strong>delle</strong> pulsazioni critiche che cadono<br />
entro la banda del funzionamento previsto. La procedura di verifica prevede:<br />
• l’analisi in serie di Fourier della forzante (coppie motrici e coppie resistenti) previste;<br />
• la <strong>costruzione</strong> del modello equivalente ed il calcolo degli autovalori (ed autovettori);<br />
• la verifica di idoneità della macchina (posta la congruenza dei modelli utilizzati).<br />
Esiste un terzo caso per il quale è necessaria la conoscenza <strong>delle</strong> proprietà dinamiche: quello dei<br />
servosistemi ad elevate prestazioni; per essi, le bande di frequenza eccitanti possono interessarne<br />
le frequenze proprie, e le prestazioni effettive sono progettate in base a modifiche apportate agli<br />
anelli di retroazione (con interventi più agevoli che non se si dovesse agire sulle catene dirette). Il<br />
dimensionamento è, in questo caso, detto attivo, poiché implica la scelta di componenti (e guadagni)<br />
in modo da compensare effetti non voluti.<br />
Nei sistemi con flusso di potenza senza retroazioni, una volta trovate le frequenze di risonanza<br />
del sistema, occorre solo essere sicuri che esse non abbiano ad essere attivate dalle armoniche dei<br />
momenti (motore o resistente) applicati. La verifica comporta confrontare la trasformata di Fourier<br />
della forzante con la risposta in frequenza della trasmissione (o meglio, del modello equivalente,<br />
che, per la linearità, ha integrale generale dato da una combinazione lineare di esponenziali): si<br />
potrà accertare che le armoniche di eccitazione agenti siano differenti dalle frequenze di risonanza.<br />
Se la verifica mostra dati incerti (per esempio, prossimità fra componenti armoniche di ingresso e<br />
basse risonanze; le risonanze di ordine superiore appaiono in zone di risposta in frequenza molto<br />
attenuate) occorre migliorare la scelta del modello, per avere un più affidabile posizionamento <strong>delle</strong><br />
zone critiche.<br />
L’idoneità dei modelli, ai fini della particolare verifica costruttiva effettuata, è sempre compito<br />
A cura di R.C. Michelini, R.P. Razzoli – PMARlab - DIMEC<br />
10
COSTRUZIONE DI MACCHINE II<br />
NOTE SU DIMENSIONAMENTO DINAMICO DI ORGANI MECCANICI<br />
delicato: occorre avere descrizioni che consentano includere tutte utili, ma è superfluo ricorrere a<br />
modelli sofisticati se i particolari aggiunti sono ininfluenti. Il criterio energetico è solo ragionevole<br />
ipotesi. Se osserviamo, dal punto di vista degli scambi con l'esterno, un sistema meccanico<br />
vedremo che nel sistema entra una certa potenza: Pi = Miωi e che da esso esce una certa potenza: Pu<br />
= Muωu. In assenza di fenomeni dissipativi (attrito e urti nulli) se il sistema è passivo (cioè nel suo<br />
interno non viene prodotta energia) e se gli organi che lo costituiscono sono rigidi, si avrà: Pu = Pi,<br />
relazione che assicura la conservazione dell’energia istante per istante. Il sistema è in condizioni di<br />
vibrare, se in esso esistono elementi in condizioni di scambio energia fra loro e con l’esterno, in<br />
conseguenza dei continui mutamenti della loro velocità determinati dalle oscillazioni, per cui si<br />
avrà: Pu ≠ Pi.<br />
Pertanto, si può affermare che due sistemi sono dinamicamente equivalenti (hanno lo<br />
stesso atto di moto), se caratterizzati dalle stesse energie cinetiche e dalle stesse energie potenziali<br />
istante per istante. Questa constatazione consente di semplificare enormemente i sistemi fisici che si<br />
studiano, permettendo di ricondurli allo schema generale costituito da inerzie ed elasticità che si è<br />
all'inizio adottato.<br />
Il concetto di equivalenza dinamica fra due sistemi può essere estesa in generale ai soli sistemi<br />
lineari (cioè sistemi descritti da equazioni differenziali lineari), per i quali è valido il principio di<br />
sovrapposizione degli effetti. Ed è quanto sfruttato per individuare le concentrazioni inerziali ed<br />
elastiche atte dare via via luogo ai successivi modi di vibrare <strong>delle</strong> strutture. La disponibilità, oggi,<br />
di mezzi di calcolo rende agevole la definizione di prototipi digitali, da utilizzare per procedure di<br />
analisi modale fino ad ordini elevati; la condensazione dei parametri e la localizzazione dei termini<br />
sono, in conseguenza, fattibili per ridurre il modello equivalente ogni volta che sono stabilite le<br />
forzanti. Le situazioni reali, infatti, corrispondono a sistemi non lineari: l’equivalenza deve essere<br />
limitata ad una classe (prefissata) di eccitazioni esterne (ovvero di bande di funzionamento). In<br />
questo caso si parla di equivalenza tecnica, intendendo che sistema di partenza e modello ridotto<br />
hanno comportamento prossimo solo nel campo di funzionamento che interessa.<br />
L’equivalenza tecnica può essere utilmente sfruttata anche nel campo dei sistemi lineari: in<br />
effetti, in una certa banda di funzionamento, possono considerarsi i comportamenti dinamici di<br />
sistemi con un diverso numero di accumuli di energia. Questo permette di ridurre il numero di<br />
equazioni che descrivano il sistema semplificandone la soluzione. In altre parole, quando si parla<br />
di equivalenza tecnica fra due sistemi, non si tiene conto del numero esatto di gradi di libertà del<br />
sistema originario, ma di un numero inferiore; in tal modo si perde un numero di modi di vibrare<br />
del sistema pari al numero di gradi di libertà che si sono trascurati: il sistema originale e quello<br />
ridotto si comporteranno in maniera sostanzialmente uguale solo in una certa banda di frequenza<br />
(quella cioè che non interessa i modi trascurati). Ovviamente si dovrà scegliere il sistema <strong>dinamico</strong><br />
equivalente in modo da escludere solo i modi di vibrare molto differenti dalle caratteristiche di<br />
eccitazione; questo più facilmente porta a troncare i modi (poiché, come detto, le risonanze di<br />
ordine superiore appaiono in zone di risposta in frequenza attenuate), mentre è sempre importante<br />
il primo modo di vibrare, che sempre dà indicazioni sul rischio di risonanza per le usuali forzanti.<br />
III.3. VELOCITÀ CRITICHE DEGLI ALBERI DI TRASMISSIONE.<br />
Le oscillazioni torsionali sono presenti in una trasmissione quando il momento motore o quello<br />
resistente (eccitazioni) sono di tipo periodico (il che accade, anche nel caso, a prima vista costante,<br />
di motori elettrici o di turbine): quando una <strong>delle</strong> frequenze <strong>delle</strong> armoniche di eccitazione è nel<br />
campo di una di quelle di risonanza della trasmissione, possono prodursi (in dipendenza dagli<br />
smorzamenti) oscillazioni di considerevole ampiezza. E’ pertanto importante conoscere lo spettro<br />
<strong>delle</strong> frequenze di risonanza, specie se il momento motore e/o resistente hanno ampio spettro di<br />
frequenze. Per altro, le oscillazioni torsionali dipendono dall’interazione della trasmissione con i<br />
momenti eccitatori.<br />
Le vibrazioni flessionali sono invece legate al sistema di trasmissione del moto, cioè alla sua<br />
geometria, al suo materiale ed alla sua velocità. E’ tipico esempio quello <strong>delle</strong> oscillazioni di una<br />
massa calettata eccentricamente su un albero per effetto dello sforzo centrifugo che più oltre verrà<br />
A cura di R.C. Michelini, R.P. Razzoli – PMARlab - DIMEC<br />
11
COSTRUZIONE DI MACCHINE II<br />
NOTE SU DIMENSIONAMENTO DINAMICO DI ORGANI MECCANICI<br />
illustrato. L’oscillazione è, cioè, indotta dall’atto di moto: si definisce velocità critica di un albero il<br />
numero di giri cui corrisponde una frequenza flessionale propria del sistema: la velocità critica è<br />
pertanto indipendente dal momento trasmesso. Gli alberi, di dimensioni trasversali spesso piccole<br />
rispetto alla lunghezza, hanno per lo più deformazioni flessionali più grandi di quelle torsionali: le<br />
velocità critiche, quindi, si manifestano a frequenze relativamente basse: non sono infrequenti casi<br />
di alberi che lavorano al di sopra della prima velocità critica (sono detti alberi flessibili). Però,<br />
differentemente che per le frequenze di risonanza torsionali, non è necessario conoscere tutto lo<br />
spettro <strong>delle</strong> frequenze proprie flessionali per due motivi: a) poiché le vibrazioni sono smorzate e<br />
quindi le alte frequenze non sono pericolose (gli attriti viscosi sono proporzionali alla velocità); b)<br />
poiché la frequenza fondamentale (la più bassa) è la più pericolosa (poco attenuata) e può essere<br />
eccitata dal moto.<br />
FIG. III.9. Disco rotante simmetrico con supporti privi d’attrito.<br />
L’analisi del comportamento flessionale degli alberi può muovere dal caso di rotore simmetrico<br />
assimilato ad unico disco, FIG. 9, con sospensioni simmetriche prive d’attrito. Queste ipotesi fanno<br />
sì che, a velocità di rotazione costante, la deformata dell’albero rimane piana. Scelto un referenziale<br />
fisso O(xyz), le oscillazioni del baricentro sono descritte dalle:<br />
2<br />
2<br />
m ( && xe - ω cosωt)<br />
+ k x = 0 , m( && xe - ω sinωt)<br />
+ k y = 0 , con: kx = ky = k [3.28]<br />
ove: m, massa del disco; k, elasticità flessionale; e, eccentricità di calettamento della massa.<br />
E’ esplicita la forzante (armonica) data dall’atto di moto. L’integrale particolare è una oscillazione,<br />
sincrona rispetto alla rotazione (il baricentro del disco rimane in un piano rotante con velocità ω),<br />
che tende ad ampiezze illimitate se: ω = ωo = k m .<br />
Il risultato vale in assenza di smorzamenti. In presenza di piccoli smorzamenti viscosi:<br />
2<br />
m ( && xe - ω cosωt)<br />
+ h x& + k x = 0<br />
Seguono gli integrali completi:<br />
2<br />
, m( && ye - ω sinωt<br />
) + h y& + k y = 0 [3.29]<br />
- t<br />
x(t) = A e cos( 1<br />
2<br />
1- t+ ) + 1<br />
e cos(<br />
t<br />
2 2 2<br />
( o- ) +4 o<br />
ζω<br />
ζ ω ϕ<br />
2 ω<br />
2<br />
ω − φ ) , con: k<br />
2 2<br />
ω =<br />
2 2 2<br />
o<br />
ω ω ζ ωω<br />
m , e: ζ = h<br />
4km<br />
[3.30a]<br />
- t<br />
y(t) = A e cos( 2<br />
2<br />
1- t+ ) + 2<br />
e<br />
2 2 2<br />
( o- ) +4 o<br />
sin(<br />
t<br />
ζω<br />
ζ ω ϕ<br />
2 ω<br />
2 2 2<br />
ω ω ζ ωω<br />
ω − φ ) ,<br />
2ζωω<br />
o<br />
ove: tanφ<br />
= 2 2 ωo-ω [3.30b]<br />
In realtà la presenza del termine viscoso introduce una componente di forza che è in quadratura<br />
rispetto al termine inerziale e a quello elastico; dall’equilibrio, si constata che l’atto di moto non<br />
può rimanere piano, quindi i risultati [3.30] sono solo approssimativamente corretti (tanto più veri<br />
quanto più piccolo è il termine dissipativo).<br />
III.3.1. Vibrazioni flessionali sincrone: alberi con una o più masse.<br />
Le considerazioni introduttive introducono a modelli caratterizzabili da vibrazioni sincrone; il<br />
sincronismo può presentarsi in relazione alla velocità di rotazione dell’albero o ad un suo multiplo.<br />
Sfruttando questa proprietà, l’atto di moto è riconoscibile restare piano (le forze d’inerzia e quelle<br />
di richiamo elastico sono in opposizione di fase) ed è facilmente ottenibile rispetto ad un sistema di<br />
coordinate rotante O(ξηz), l’ultimo asse rimanendo inalterato, poiché il disco (per la simmetria del<br />
tutto ruota senza mutare assetto). L’equazione di equilibrio del disco impone l'eguaglianza della<br />
forza di campo (centrifuga) con la forza elastica di richiamo dell’albero. Se k è la costante elastica<br />
flessionale, si ha subito:<br />
A cura di R.C. Michelini, R.P. Razzoli – PMARlab - DIMEC<br />
12
COSTRUZIONE DI MACCHINE II<br />
NOTE SU DIMENSIONAMENTO DINAMICO DI ORGANI MECCANICI<br />
2<br />
m (η + e) ω = k η ; da cui: e<br />
2<br />
η = 2 , con: ω = k<br />
ωo<br />
-1<br />
o m<br />
[3.31]<br />
La freccia η (nel piano rotante) dipende dalla velocità di rotazione ω. All’aumentare della velocità:<br />
ω→∞, η = - e; al passaggio della risonanza: ωo,<br />
si ritrova il risultato (teorico) di freccia infinita; le<br />
frecce negative significano che il disco, anziché attorno al punto (eccentrico) di calettamento, tende<br />
a ruotare attorno al proprio baricentro.<br />
Va osservato che per un disco correttamente calettato (con equilibratura statica), l’equilibrio tra<br />
forza centrifuga e richiamo elastico conduce a: m η<br />
2<br />
ω = k η; che per valori di: ω = ωo, è soddisfatta<br />
da valori di η anche non nulli. Ciò significa che, a velocità critica, ogni perturbazione può attivare<br />
risonanze anche in un rotore che ha avuto l’equilibratura statica; perciò la velocità critica si<br />
presenta come quella velocità di rotazione dell’albero per la quale, quando l'eccentricità è nulla,<br />
forza centrifuga e reazione elastica si trovano in equilibrio indifferente. Se la velocità di rotazione è<br />
molto alta (molto maggiore di quella critica), può essere utile adoperare alberi (molto) flessibili: i<br />
rotori tenderanno a ruotare attorno al proprio baricentro (almeno, se l’asse di rotazione coincide<br />
con una situazione di minimo per l’energia cinetica).<br />
Il calcolo di k dipende dalla cedevolezza dell’albero e dalle condizioni vincolari. In generale, si<br />
deve calcolare la freccia del punto di calettamento del disco per effetto d una forza unitaria. Per un<br />
disco posto in mezzeria ad una trave con appoggi semplici, si ha: k = 3<br />
l 48 EJ; se il disco non fosse<br />
2 2<br />
esattamente in mezzeria: k = ab 3 EJl; se in luogo di appoggi, si hanno incastri, semi-incastri,<br />
vincoli cedevoli, ecc., il calcolo <strong>delle</strong> frecce per carichi unitari sarà da calcolare in conseguenza. E’<br />
chiaro che se ci si allontana dalle condizioni di simmetria, l’ipotesi dell’atto di moto sincrono cade<br />
in difetto.<br />
m m m m<br />
F F F F<br />
1 2 3 n<br />
1 2 3<br />
n<br />
FIG. III.10. Albero rotante con più masse calettate.<br />
Nell’ipotesi che siano verificate condizioni di moto sincrono, la ricerca <strong>delle</strong> velocità critiche è<br />
agevolmente ottenuta anche se sono presenti più di una massa. Supponendo di avere un albero di<br />
massa trascurabile che porti n volani, FIG. 10, la deformata è direttamente ricavata in un piano<br />
rotante. Il modello, anziché in termini d’equilibrio, è più convenientemente scritto in termini di<br />
congruenza (introducendo i coefficienti di influenza aik o di cedevolezza dell’albero), cioè:<br />
2<br />
η = a F + ... + a F + ... + a F , (i = 1, 2 , .. , n) ;<br />
F= − m d η [3.32]<br />
i i1 1 ii i in n j j 2 dt j<br />
ove: i carichi applicati sono le reazioni dell’albero alle forze d’inerzia di ogni massa. Le derivate<br />
vanno calcolate nel referenziale rotante, posto che, per il calettamento, non ci sono spostamenti e a<br />
regime non ci sono accelerazioni angolari; quindi:<br />
a m ωη + ... + (a m ω −1) η + ... + a m ωη = 0<br />
2 2<br />
i1 1 1 ii i i in n n<br />
2<br />
, (i = 1, 2 , .. , n) ; j [3.33]<br />
2<br />
F= mωη<br />
che è la generalizzazione del risultato ottenuto per una massa singola con calettamento centrato. Si<br />
può ora scrivere la relazione in forma matriciale, separando i coefficienti (funzione della velocità di<br />
rotazione ω), dalle frecce ηj <strong>delle</strong> singole masse nel piano rotante. Le radici del determinante della<br />
matrice dei coefficienti costituiscono regimi di rotazione per i quali vi è equilibrio indifferente fra<br />
forze centrifughe e forze elastiche di richiamo; esse rappresentano l’insieme <strong>delle</strong> velocità critiche.<br />
I modi di vibrare, al solito, si contraddistinguono per il numero di nodi; in casi di simmetria o altri,<br />
le radici possono essere multiple e i corrispondenti modi di vibrare non distinguibili.<br />
E’ possibile modificare il modello, per tenere conto di piccoli smorzamenti (che perturbino poco<br />
l’equilibrio allineato fra forze centrifughe e richiami elastici). Introducendo i termini viscosi, si ha:<br />
A cura di R.C. Michelini, R.P. Razzoli – PMARlab - DIMEC<br />
j j<br />
13
COSTRUZIONE DI MACCHINE II<br />
NOTE SU DIMENSIONAMENTO DINAMICO DI ORGANI MECCANICI<br />
= a F ... a F ... a F<br />
i i1 1 ii i in<br />
η + + + + n , (i = 1, 2 , .. , n) ; − η − η<br />
j j j j j<br />
sostituendo, è trovato il sistema di equazioni:<br />
2 2 2<br />
a (m s+ c s) η+ ... + [a (m s+ c s)+1] η+ ... + a (m s+ c s)<br />
η=<br />
0<br />
i1 1 1 1 ii i i i in n n n<br />
2<br />
F= ms c s , s≡<br />
d [3.34]<br />
dt<br />
, (i = 1, 2 , .. , n) [3.35]<br />
Occorre ora trovare le radici del determinante in s; anziché immaginarie pure, saranno complesse<br />
coniugate, dando luogo, comunque, a risonanze poiché il moto flessionale degli alberi è sempre<br />
poco smorzato.<br />
Per trovare coefficienti di influenza aik, basta, in base alla definizione, applicare carichi unitari e<br />
trovare gli effetti incrociati, relativamente ai diversi punti di calettamento dei dischi. Se l’albero è<br />
assimilato ad una trave appoggiata alle estremità, per esempio:<br />
1 3 2<br />
a = l βξ(1−β −ξ ik<br />
6<br />
2 bk x<br />
) per bi > bk e x < bi essendo β = , ξ = .<br />
l l<br />
m<br />
F=mg<br />
q=µg<br />
FIG. III.11. Effetto della massa dell’albero sul moto di un disco rotante.<br />
Per tener conto della massa distribuita (dell’albero), si può ricorrere a modelli continui e quindi<br />
a sistemi di equazioni alle derivate parziali, oppure, data la difficoltà di questo approccio, a metodi<br />
approssimati, con modelli di compromesso in grado di vibrare in modo sufficientemente prossimo<br />
al sistema originale. Come per le vibrazioni torsionali, anche ora, è possibile far ricorso al criterio<br />
energetico. A titolo di esempio, si può valutare la velocità critica di un albero pesante, con un disco<br />
calettato in mezzeria, rotante su due appoggi; gli effetti inerziali della massa calettata e distribuita<br />
dipendono dall’entità della deflessione dell’albero e, a loro volta, modificano l’inflessione. L’idea<br />
della procedura muove del fatto che fra i sistemi conservativi virtuali (congruenti con i vincoli),<br />
sono effettivi quelli equilibrati. Quindi, dato il rotore con disco di massa m in mezzeria ed albero di<br />
massa distribuita per unità di lunghezza µ, FIG. 11, si calcola la freccia statica, per effetto del peso<br />
proprio concentrato:<br />
3<br />
3<br />
mgl 3<br />
η(z) = z 4 z<br />
48EJ<br />
[ -<br />
3<br />
( ) ] ; η( l mgl<br />
) = ηm =<br />
l l<br />
2 48EJ<br />
, η(z) = 4 3<br />
ηm [ z- z<br />
3<br />
( ) ] [3.36]<br />
l l<br />
Posto che questa sia la deformata piana del moto oscillatorio sincrono, si ricavano le:<br />
η ( l<br />
2 ,t) = ηm cos ωt , η& ( l<br />
2 ,t) = - ηm ω sin ωt , η&& ( l<br />
2 ,t) = - ηm ω2 cos ωt<br />
η (z,t) = η (z) cos ωt , η& (z,t) = - η(z) ω sin ωt , η&& (z,t) = - η(z)<br />
ω2<br />
cos ωt<br />
Le accelerazioni massime si hanno quando: cos ωt = 1, pertanto l’energia cinetica massima è:<br />
l2<br />
3<br />
2 2 2 2<br />
EC = 1 1<br />
2 2<br />
2<br />
m( ηω ) + 2 m 2<br />
µ ∫ [ η(z) ω]dz<br />
= 1 17<br />
2 2<br />
m<br />
0<br />
2<br />
( η ω ) [ m+<br />
35<br />
µ l]<br />
= 1 mgl<br />
17<br />
2<br />
(<br />
48EJ<br />
ω ) [ m+<br />
35<br />
µ l]<br />
L’energia potenziale massima, a sua volta, è valutata tramite la:<br />
EP = 2<br />
3 2<br />
1 k( l<br />
2 2 ) η m = 1 48EJ<br />
mgl<br />
2 l3<br />
( 48EJ<br />
) , essendo: k( l<br />
2 ) = 48EJ<br />
l3<br />
, quindi: ω o = ± 48EJ<br />
l 3( m+<br />
17 [3.37]<br />
µ l)<br />
Non considerare la massa distribuita fa trovare una velocità critica per eccesso. Viceversa, se tutta<br />
massa del rotore (disco ed albero) fosse concentrata in mezzeria, si sarebbe stimato un valore per<br />
difetto. Il risultato [3.37] può essere migliorato, introducendo il carico <strong>dinamico</strong> (in base alla freccia)<br />
e ricalcolando le EC ed EP; i due valori devono essere uguali (per la conservazione dell’energia); se<br />
vi è uno sbilanciamento, le frecce vanno ricalcolate, finché il bilanciamento è raggiunto. Va notato<br />
che le stime di ωo variano poco (il risultato iniziale si scosta di 1-5 % da quello finale) e può essere<br />
sufficiente la procedura richiamata.<br />
A cura di R.C. Michelini, R.P. Razzoli – PMARlab - DIMEC<br />
35<br />
14
COSTRUZIONE DI MACCHINE II<br />
NOTE SU DIMENSIONAMENTO DINAMICO DI ORGANI MECCANICI<br />
III.3.<strong>2.</strong> Vibrazioni flessionali composte: alberi con massa volanica unica.<br />
L’ipotesi dell’oscillazione sincrona cade in difetto, se le condizioni di simmetria geometrica e di<br />
carico non sono approssimate correttamente. In generale, infatti, un rotore può essere vincolato a<br />
ruotare attorno ad asse non principale d’inerzia, avere cuscinetti (idrodinamici) o tronchi d’albero<br />
non simmetrici e evidenziare effetti dissipativi viscosi (già richiamati). La rotodinamica porta a<br />
modelli abbastanza ostici, per gli effetti giroscopici. A titolo esemplificativo, è ripreso il caso del<br />
disco rigido, centrato su un albero flessibile; il modello [<strong>2.</strong>28] è riproposto tenendo conto dell’atto<br />
di moto effettivo. La situazione di riferimento è schematizzata in FIG. 1<strong>2.</strong> Sono evidenziati: • il<br />
sistema d’assi inerziale OO(XYZ), con centro allineato fra i cuscinetti; • il sistema d’assi OC(xyz),<br />
oscillante con centro nel punto di calettamento disco-albero; • il sistema d’assi OG(ξηζ), rotante ed<br />
oscillante, localizzato nel baricentro del disco, ma non (necessariamente) principale d’inerzia. Nelle<br />
scelte. si fa in modo che: - gli assi (xyz) ruotano con velocità ω attorno a z = Z; - gli assi Z, z e ζ<br />
hanno identica direzione, e ciò è possibile: se il disco, calettato in mezzeria dell’albero, non ha<br />
motivo di variare l’asse attorno a cui ruota; e se si tengono in conto i momenti centrifughi, ove il<br />
montaggio del rotore non sia stato fatto con equilibratura dinamica. In queste condizioni, l’atto di<br />
moto è descritto dagli spostamenti ux e uy del centro di calettamento OC in un piano normale a Z, e<br />
dalle inclinazioni della linea elastica φx e φy, attorno a detto punto.<br />
FIG. III.1<strong>2.</strong> Rotore rigido su supporti flessibili in caso di dissimmetrie.<br />
Usando il vettore di spostamento generalizzato u = [ux, uy, φx, φy] e quello di forza generalizzata<br />
F = [Fx, Fy, Mx, My], e con l’ausilio della matrice di cedevolezza (inversa della matrice di rigidezza),<br />
si trova che:<br />
u = [α] F = [ α<br />
T<br />
T + αB] F ; αA, cedevolezza dell’albero; αB, cedevolezza dei supporti [3.38]<br />
To A o<br />
I vettori u e F sono espressi nel referenziale fisso; la matrice αA dell’albero, rotante con velocità ω,<br />
deve ricorrere alle trasformazioni d’assi che, per le ipotesi fatte, sono:<br />
⎡cosωt T o = ⎢-sinωt<br />
0 ⎢<br />
⎣ 0<br />
sinωt<br />
cosωt<br />
0<br />
0<br />
0<br />
0<br />
cosωt -sinωt 0 ⎤<br />
0 ⎥<br />
sinωt⎥<br />
cosωt⎦<br />
⎡ F ⎤ ⎡ ix ⎢ ⎥<br />
0 ⎤<br />
⎢ ⎥<br />
⎢ Fiy<br />
⎥ ⎢-mg⎥ , con forze di campo d’inerzia e di gravità: F = ⎢ ⎥ + ⎢ ⎥<br />
⎢M ix ⎥ ⎢<br />
0<br />
⎥<br />
⎢M ⎥<br />
⎢⎣ iy ⎥<br />
⎢<br />
⎦ ⎣ 0 ⎥<br />
⎦<br />
[3.39]<br />
Trascurando, come già per le [3.28], le componenti di smorzamento, si scrivono le componenti<br />
inerziali tenuto conto, questa volta, <strong>delle</strong> accelerazioni relative, oltre a quelle di trascinamento (le<br />
accelerazioni complementari sono nulle, con moto in un piano normale alla velocità di rotazione):<br />
Fx = − mu ( &&<br />
2 2<br />
− eω cosωt + eω sinωt)<br />
, Fy<br />
= − mu ( &&<br />
2 2<br />
−eω sinωt −eω<br />
cosωt) − mg [3.40]<br />
x<br />
ξ η<br />
⎡Hξ⎤ ⎡ Jξ -Jξη -Jξζ⎤⎡ωξ⎤<br />
⎢Hη⎥ = ⎢-Jηξ Jη -Jηζ⎥⎢ωη⎥<br />
y<br />
ξ η<br />
I momenti d’inerzia sono calcolati per derivazione dei momenti della quantità di moto; questi sono<br />
facilmente scritti solo in un referenziale che sia solidale con il disco, e poi trasferiti in quello che<br />
non ruota, ma solo oscilla :<br />
⎢Hζ⎥ ⎢-Jζξ -Jζη Jζ<br />
⎥⎣ω⎦ ⎣ ⎦ ⎣ ⎦<br />
;<br />
⎡H⎤ J -J -J ⎡ω⎤ ⎡ ⎤<br />
x<br />
ξ ξη ξζ<br />
x<br />
T<br />
⎢Hy⎥ = T -J J -J T<br />
M ⎢ ηξ η ηζ ⎥ ω M ⎢ y⎥<br />
⎢H⎥ ⎢-Jζξ -Jζη Jζ<br />
⎥ ⎢ω⎥ ⎣ ⎦ ⎣ ⎦ ⎣ ⎦<br />
, T =<br />
M<br />
A cura di R.C. Michelini, R.P. Razzoli – PMARlab - DIMEC<br />
⎡cosωt -sinωt 0⎤<br />
⎢ sinωt cosωt<br />
0⎥<br />
⎣ 0 0 1⎦<br />
[3.41]<br />
15
COSTRUZIONE DI MACCHINE II<br />
NOTE SU DIMENSIONAMENTO DINAMICO DI ORGANI MECCANICI<br />
La derivazione deve seguire la consueta regola per tenere conto della velocità di trascinamento ω:<br />
d = & + ω×<br />
, tenuto conto della tempovarianza di T .<br />
dt<br />
M<br />
Il calcolo dei momenti di inerzia, anche se semplice, conduce ad equazioni non lineari nelle<br />
inclinazioni φx e φy, e con coefficienti periodici. La linearizzazione si può fare, posto di restare entro<br />
piccole oscillazioni per cui sono trascurati i prodotti di angoli e velocità angolari fra loro, e con<br />
l’approssimazione:<br />
& φ = ω , & φ = ω , && φ = ω&<br />
, y , che sarebbe stato scorretto introdurre prima. [3.42]<br />
= && φ ω&<br />
x x<br />
y y<br />
x x<br />
y<br />
Il risultato finale è:<br />
- ⎡Mx⎤ = ⎡ Jx ⎢⎣My⎥⎦ ⎢⎣-Jyx -Jxy⎤⎡&&<br />
φx⎤ 2Jxy<br />
+<br />
⎡<br />
Jy φ<br />
ω<br />
⎥⎣⎢&& ⎦ y⎥⎦ ⎢⎣-J ζ+(Jx-J y )<br />
J ζ+(Jx-J y)<br />
⎤⎡ & φ 2 J sin t+Jζηcos<br />
t<br />
x⎤<br />
ζξ ω ω<br />
+<br />
⎡<br />
⎤<br />
-2Jxy φ<br />
ω<br />
⎥⎢ &<br />
⎦⎣ y⎥⎦<br />
⎢⎣-Jζξcosωt+Jζηsinωt⎥⎦<br />
[3.43]<br />
⎡Jξ+ Jη Jξ−Jη + + J 2 t<br />
⎡J⎤ 2 2 ξηsin<br />
ω ⎤<br />
x ⎢Jξ+<br />
Jη Jξ−J ⎥<br />
η<br />
ove: ⎢Jy⎥ = − −Jsin2 t<br />
2 2 ξη ω<br />
⎢<br />
⎥<br />
, evidenzia la periodicità dei coefficienti.<br />
⎢⎣Jxy ⎥⎦<br />
Jξ−Jη ⎢ − + J cos2<br />
t<br />
2 ξη ω<br />
⎣<br />
⎥<br />
⎦<br />
Utilizzando i risultati [<strong>2.</strong>40] e [<strong>2.</strong>43] nella [<strong>2.</strong>38], si ha il modello lineare a coefficienti variabili:<br />
T + αB] [Fg - A u&& - ωB u& - ω2c],<br />
[3.44]<br />
u = [ T α<br />
T<br />
o A o<br />
⎡m0 0 0 ⎤ ⎡0 0 0 0 ⎤ ⎡−meξ cosω t+ meη<br />
sinωt⎤<br />
0 m 0 0<br />
ove: A = ⎢ ⎥ , B = ⎢0 0 0 0 ⎥ , c = ⎢ −meξ sinωt−meη cosωt⎥<br />
0 0 Jx -J ⎢ xy<br />
0 0 -2 Jxy J x y<br />
⎥<br />
ζ + J -J<br />
J ⎢ ⎥<br />
ξζ sinω+ t Jηζcosωt<br />
⎢ ⎥<br />
⎣ 0 0 -Jxy Jy<br />
⎦ ⎢0 0 - Jζ+ Jx-Jy -2<br />
⎣ Jxy<br />
⎥<br />
− t t<br />
⎦ ⎣ Jξζ cosω + Jηζsinω<br />
⎦<br />
La prima matrice rappresenta gli effetti inerziali indotti dalle accelerazioni relative; la seconda<br />
dà i contributi dovuti alla accelerazione complementare, mostrando come questi abbiano direzione<br />
ortogonale rispetto ai contributi inerziali diretti ed elastici; il vettore ultimo evidenzia i contributi<br />
dell’accelerazione di trascinamento, presenti se non vi è equilibratura statica (baricentro del disco<br />
non coincidente con il centro di rotazione) e dinamica (rotazione attorno ad asse non principale<br />
d’inerzia). Nella [3.44], oltre ai tre termini di eccitazione rotante, è presente la forzante statica Fg, se<br />
il rotore ha asse orizzontale. Se è eseguita l’equilibratura statica: e = 0; se eseguita quella dinamica:<br />
Jξη= Jηζ= Jζξ= 0, Jζ= JO; se il disco è simmetrico: Jξ= Jη= JD, quindi anche: Jx= Jy= JD, Jxy= 0. Non è nota la<br />
soluzione generale della [3.44]; sono, di seguito, considerati alcuni casi particolari.<br />
a) Effetti giroscopici con un rotore simmetrico con albero rigido. La cedevolezza è concentrata in parte<br />
fissa (cuscinetti) e, per simmetria, lo sbilanciamenti è nullo; quindi:<br />
⎡ux⎤ α x x<br />
1 0 0 α ⎧ 12 0 0 0 0 ⎡u& ⎤ m 0 0 0 ⎡u<br />
&<br />
⎡ ⎤ ⎡ ⎤ ⎡ ⎤ ⎤⎫<br />
⎢uy y<br />
⎥ 0 α1 -α12 0 ⎪ 0 0 0 0<br />
0 0 0<br />
=<br />
⎢u& m uy<br />
⎢ ⎥ −ω⎢ ⎥ ⎥<br />
− ⎢ ⎢&& ⎪<br />
⎢φx⎥ 0 -α12 α20 ⎨<br />
⎥ ⎥<br />
0 0 0 JO⎢& φx<br />
0 0 JD0<br />
φ ⎬<br />
⎢ ⎥ ⎢ ⎥ ⎥ ⎢ ⎢&& [3.45a]<br />
x<br />
⎣φy⎦ α12 0 0 α ⎪ ⎥ ⎥<br />
⎣ 2 ⎦ ⎣0 0 -JO 0⎦⎢&<br />
φ 0 0 0 J ⎪<br />
y⎥ ⎣<br />
D<br />
⎣ ⎦ ⎦⎢&<br />
⎣φ&<br />
⎩ y⎥⎦⎭<br />
Sfruttando la simmetria, il modello del quart’ordine è riconducibile ad uno del second’ordine nelle<br />
variabili complesse: u = ux + juy, e: φ = φy - jφx , per cui si trova:<br />
⎡u⎤ ⎣φ⎦ = ⎡α1 α12⎤⎧<br />
0 0 u m 0 u<br />
−ω j ⎡ ⎤⎡&⎤−⎡ ⎤⎡&&⎤<br />
⎫<br />
jωkt jωkt ⎣α12 α ⎨<br />
2 ⎦ ⎣0 JO⎦⎢φ⎥ ⎣0 JD⎦⎢&&<br />
φ ⎥⎬<br />
, con soluzioni: u = a e , φ = b e [3.45b]<br />
⎩ ⎣ &<br />
k<br />
k<br />
⎦ ⎣ ⎦ && ⎭<br />
che denota che i modi naturali del rotore simmetrico hanno polarizzazione circolare, cioè, sono<br />
configurazioni che ruotano con velocità ω. Gli autovalori si ricavano in forma implicita:<br />
2 ∗<br />
2 α 1m+α2J∗± ( α1m−α2J∗ ) + 4α12m<br />
J<br />
ω = o<br />
2 ∗ , avendo posto: J* = J − ω J<br />
2(<br />
αα - α ) mJ<br />
D ω<br />
[3.46]<br />
o O<br />
1 2 12<br />
Si ricava ωo in funzione della velocità di rotazione ω, scegliendo valori del rapporto ω/ωo (e di J*),<br />
quindi diagrammando le quattro radici ωk che ne seguono. Per ω = 0, si hanno quattro radici (due<br />
dirette e due retrograde) e due per ω ⇒ ∞ , cioè:<br />
2<br />
ω1<br />
⎫<br />
2 ⎬<br />
ω2<br />
⎭ =<br />
2<br />
α 1m+α2JD± ( α1m−α2JD) + 4α12m<br />
JD<br />
2 α2<br />
2<br />
, ω =<br />
2(<br />
αα 1 2- α12)<br />
mJ<br />
∞ 2<br />
[3.47]<br />
D<br />
( αα 1 2- α12)m<br />
Per valori intermedi di ω, le radici di [3.46] hanno gli andamenti di FIG. 13a. Le pulsazioni del moto<br />
retrogrado (rispetto alla direzione di ω) tendono a zero e, rispettivamente, a: - ω∞ ; quelle del moto<br />
A cura di R.C. Michelini, R.P. Razzoli – PMARlab - DIMEC<br />
16
COSTRUZIONE DI MACCHINE II<br />
NOTE SU DIMENSIONAMENTO DINAMICO DI ORGANI MECCANICI<br />
diretto tende una a: ω ∞ e l’altra all’asindoto: ωo<br />
= (JO/JD) ω. Il rapporto fra il momento quadratico<br />
di massa polare JO e quello diametrale JD si avvicina a due, nel caso di disco molto sottile; tende a<br />
zero, per una barra molto sottile. Si conclude che: • per un disco (JO/JD > 1), la presenza di<br />
sbilanciamenti produce velocità critica se ω1 = ω; • per un albero (JO/JD < 1), può aversi una<br />
seconda velocità critica per ω2 = ω.<br />
FIG. III.13. Andamenti <strong>delle</strong> radici: a) effetti giroscopici; b) alberi con diseguali elasticità.<br />
b) Effetto di cuscinetti con cedevolezze disuguali. Ripreso il caso primo esaminato, la [3.44] è scritta<br />
trascurando l’effetto dei momenti quadratici di massa; in luogo della [3.28], si trova:<br />
⎡ux⎤ α ⎡αA<br />
⎢⎣uy⎥⎦ 0 ⎣ 0<br />
= 2<br />
B1 0 0 ux<br />
eω cosω<br />
-m<br />
⎡ ⎤ −<br />
{ + ⎤ ⎡&&<br />
t⎤<br />
2<br />
α }<br />
, con soluzioni: ux=<br />
2<br />
2 2<br />
⎣ B2⎦<br />
αA⎦<br />
⎢⎣u&&y<br />
−eω<br />
sinωt⎥<br />
x ⎦<br />
-<br />
2<br />
e<br />
ω<br />
cos ωt , uy= 2 2<br />
ω ω<br />
y -<br />
e<br />
ω<br />
sin ωt [3.48]<br />
ω ω<br />
2<br />
2<br />
ove: ω = 1 m(α<br />
+ α ) e: ω = 1 m(α<br />
+ α ) , poiché la cedevolezza di elasticità in serie si somma e la<br />
x B1 A<br />
y B2 A<br />
simmetria dell’albero rende le matrici di trasformazione To unitarie.<br />
La diseguaglianza <strong>delle</strong> elasticità fisse fa sì che il moto del baricentro non sia più contenuto in un<br />
solo piano rotante, ma, posto: ωx > ωy, percorra una ellisse con la stessa direzione di ω, se: ω < ωx;<br />
nella direzione contraria, se: ω > ωy. Si hanno due velocità critiche, con oscillazioni che avvengono<br />
in due direzioni fra loro ortogonali; non è opportuno funzionare fra i due valori, che solitamente<br />
sono molto vicini.<br />
c) Effetto di alberi con cedevolezze disuguali. Trascurato l’effetto dei momenti quadratici di massa e<br />
supponendo di avere cuscinetti infinitamente rigidi, si ottiene:<br />
⎡ux⎤ αA1<br />
⎢⎣uy⎥⎦ 0<br />
=<br />
cosω sinω 0 cosω sinω<br />
ux<br />
-m<br />
⎡ t − t⎤⎡ ⎤⎡<br />
t t⎤⎡&&<br />
⎤ , però: ⎡uξ ⎤ = ⎡ cosωt sinωt⎤⎡ux⎤<br />
[3.49]<br />
⎣sinωt cosωt ⎦⎣ αA2<br />
⎦⎣−sinωt cosωt⎦⎢⎣u&&y<br />
⎥⎦<br />
⎢⎣ uη⎥⎦<br />
⎣−sinωt cosωt⎦⎣⎢uy⎥⎦<br />
quindi:<br />
x<br />
y +<br />
⎡uξ⎤ ⎡ ⎤<br />
⎢⎣uη⎥⎦ ⎢⎣ ⎥⎦<br />
= A1 0 0 -1 x 2 x<br />
- { 2ω<br />
ω<br />
0 }<br />
A2<br />
1 0 y<br />
y<br />
u<br />
u u<br />
m<br />
u u u<br />
α ⎡ ⎤ && ⎡ ⎤⎡&⎤<br />
− ⎡ ⎤<br />
⎣ α ⎦ && ⎣ ⎦⎢⎣&⎥⎦<br />
⎢⎣ ⎥⎦<br />
t<br />
, con soluzioni: uξ= ae λ t<br />
, uη= be λ [3.50]<br />
2 2<br />
2 2<br />
2 2 ω1+ ω2<br />
2 ω1+ ω2<br />
2 2 2 2 2 2 1<br />
2 1<br />
e radici: λ = − ( ω + 2 ) ± ( ω + 2 ) -( ω - ω )( ω -ω<br />
) ; ω = 1 2<br />
1 α m , ω = 2 α m .<br />
Se<br />
2<br />
λ è negativa, la soluzione è limitata; se positiva, ogni iniziale spostamento cresce. La seconda<br />
evenienza appare se: ω1 < ω < ω2; cioè, elasticità rotanti diseguali sono presupposto per vibrazioni<br />
autoeccitate. La FIG. 13b mostra le pulsazioni dei modi a polarizzazione circolare, quando il moto è<br />
visto dal referenziale fisso. Solitamente lo scarto fra ω1 e ω2 è piccolo; quindi la risonanza è posta al<br />
valore intermedio. Il moto ellittico, nel referenziale rotante, è visto, sovrapponendo due moti a<br />
polarizzazione circolare fra loro controrotanti; nel referenziale fisso, i due moti hanno pulsazioni:<br />
ω+λ e ω-λ; le pulsazioni vengono a disporsi secondo i tre rami tracciati, con la zona di risonanza<br />
fra i rami A e C.<br />
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A1<br />
A2<br />
17
COSTRUZIONE DI MACCHINE II<br />
NOTE SU DIMENSIONAMENTO DINAMICO DI ORGANI MECCANICI<br />
III.3.3. Procedure approssimate per verifiche di massima.<br />
La trattazione elementare <strong>delle</strong> velocità critiche degli alberi è basata sull’ipotesi dell’oscillazione<br />
sincrona in un piano rotante con velocità ω (nel caso di disco singolo). Tenendo conto del moto<br />
perturbato, in cui sono presenti le accelerazioni complementari (con coppie di precessione) e quelle<br />
relative (con forze di inerzia per accelerazioni tangenziali), oltre alle accelerazioni di trasporto (con<br />
forze centrifughe), il rotore appare animato, oltre che dalla rotazione rigida, da una oscillazione<br />
ellittica sovrapposta (in particolare, circolare e lineare) di pulsazione λ. La trattazione di A. Foppl<br />
considera un modello che aggiunge una massa meq oscillante secondo la legge della perturbazione<br />
evidenziata: la presenza, in genere, di smorzamento, elimina l’effetto aggiunto, almeno per ogni<br />
velocità lontana da quella critica; ciò autorizza la trattazione elementare con modelli piani per<br />
molte verifiche di massima.<br />
In sintesi, le vibrazioni <strong>delle</strong> trasmissioni sono riconducibili a due fatti: # la presenza di carichi<br />
(forze motrici o resistenti) periodiche, che possono dare luogo a risonanze; # la presenza di regimi<br />
di moto periodici, che possono dar luogo ad oscillazioni auto-eccitate. La periodicità degli ingressi,<br />
in effetti, genera sempre moti parassiti, che coinvolgono frazioni, più o meno piccole, <strong>delle</strong> potenze<br />
che transitano nelle trasmissioni: questo è fenomeno inevitabile, poiché le masse accolgono entità<br />
variabili di energia cinetica e di energia potenziale, i continui deformabili. Le procedure di verifica<br />
hanno l’obiettivo di accertare, appunto, che dette frazioni siano piccole (percentuali trascurabili, in<br />
relazione alle potenze nominali in gioco); ciò significa che l’accertamento di frazioni non piccole<br />
richiede al progettista di modificare la tipologia dei carichi forzanti, dei regimi operativi o dello<br />
geometrie degli organi meccanici. La terza tipologia di modifiche è onerosa, quando la macchina è<br />
costruita; le altre due fissano restrizioni di funzioni o di prestazioni, con conseguenti effetti sulle<br />
attitudini operative dei macchinari. E’ chiaro l’interesse ad anticipare verifiche a progetto, prima<br />
<strong>delle</strong> scelte costruttive definitive. Queste verifiche hanno finalità di massima, poiché è bene fissare<br />
margini significativi al rischio di risonanze o auto-eccitazioni. Di qui l’interesse alla trattazione<br />
elementare per la ricerca <strong>delle</strong> velocità critiche.<br />
FIG. III.14. Bilanciamento statico e <strong>dinamico</strong> di un rotore rigido.<br />
Naturalmente la conclusione richiamata è corretta se è possibile garantire equilibratura statica e<br />
dinamica dei rotori. L’operazione può essere effettuata su banco prova e anche in esercizio, se sono<br />
idoneamente strumentati i cuscinetti. Anche le procedure di bilanciamento si avvalgono di modelli<br />
di riferimento con differenti livelli di complessità. Con i banchi prova, si può tendere a disporre di<br />
rotori rigidi, concentrando la cedevolezza nei supporti. In presenza di eccentricità e di momenti<br />
centrifughi di massa, le equazioni del moto nel referenziale ξ,η,ζ solidale al rotore sono:<br />
Fξ= - meξω 2 +meηω 2 , Fη= - meηω 2 –meξω 2 , Mξ= - Jξζ ω& -Jηζω 2 , Mη= - Jηζ ω& +Jξζω 2 , Mζ= - Jζ ω& [3.51]<br />
con baricentro G nel piano ξ,η. Il momento Mζ è applicato dall’esterno; le forze Fξ, Fη e le coppie<br />
Mξ, Mη sono applicate ai supporti. Quando fosse annullato e, scompaiono le forze Fξ, Fη, e si dice di<br />
avere eseguito il bilanciamento statico. Sia ha bilanciamento <strong>dinamico</strong> del rotore rigido, se sono nulli<br />
anche i momenti Mξ, Mη (con attrito trascurabile, la coppia Mζ si annulla a velocità costante). Un<br />
rotore rigido inizialmente sbilanciato può essere perfettamente equilibrato, disponendo due masse<br />
m1 e m2, FIG. 14, in piani a distanze l1 e l2 dal baricentro e con eccentricità ξ1,η1 e ξ2,η2 rispetto all’asse<br />
di rotazione, infatti:<br />
m1ξ1= (- Jξζ+ meξl2)/l , m1η1= (- Jηζ- meηl2)/l ; m2ξ2= (Jξζ- meξl1)/l , m2η2= (Jηζ- meηl1)/l [3.52]<br />
ove: l = l1+ l<strong>2.</strong> Le espressioni sono interpretabili in termini di vettori di bilanciamento con<br />
ampiezze: m1r1 e m2r2 e posizioni angolari ϕ1 e ϕ2, che ruotano; viceversa, lo sbilanciamento equivale<br />
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18
COSTRUZIONE DI MACCHINE II<br />
NOTE SU DIMENSIONAMENTO DINAMICO DI ORGANI MECCANICI<br />
ai vettori reciproci. Per l’equilibratura, occorre agire su quattro parametri (tipicamente, le masse m1<br />
e m2 e gli angoli ϕ1 e ϕ2) e i banchi prova consentono di visualizzare l’esecuzione della prova<br />
mentre il rotore è mantenuto in rotazione a regime, su supporti molto cedevoli.<br />
FIG. III.15. Bilanciamento di due modi di vibrare di un albero flessibile.<br />
Una linea d’assi flessibile ha più d’una velocità critica (più modi di vibrare), e il modello “rotore<br />
rigido” non è soddisfacente se i regimi di funzionamento si estendono ad interessare deformate di<br />
ordine superiore. Teoricamente, per un continuo elastico, il bilanciamento assoluto implica che<br />
siano bilanciate tutte le sezioni normali all’asse di rotazione, distribuendo, con continuità, masse<br />
opportunamente angolate. In pratica, basta bilanciare i modi di vibrare, fino al massimo attivabile,<br />
e ciò consiglia la preventiva valutazione del comportamento in esercizio del rotore, al fine di poter<br />
predisporre le operazioni correttive, sempre, poi condotte in condizioni d’esercizio. Con questo<br />
schema, il bilanciamento di massima dei modi di vibrare di una linea d’assi flessibile procede per<br />
interventi successivi, iniziando dal primo modo, FIG. 15, e verificando ogni volta che una velocità è<br />
raggiunta l’entità <strong>delle</strong> perturbazioni, quindi, modificando le masse aggiuntive secondo gli schemi<br />
di correzione individuati. Per la predisposizione degli interventi, sono usati modelli agli elementi<br />
finiti, con livelli di approssimazione non confrontabili alla trattazione elementare richiamata.<br />
III.3.4. Criteri di progetto e metodi di bilanciamento.<br />
Lo studio <strong>delle</strong> vibrazioni torsionali e <strong>delle</strong> velocità critiche degli alberi presenta aspetti comuni<br />
(la scelta dell’ordine dei modelli approssimanti) e si differenzia per altri (la tipologia <strong>delle</strong> forzanti<br />
e l’entità di smorzamento, molto piccola per i modi flessionali). Scegliere il modello è sempre passo<br />
significativo, che può essere ispirata a principi generali, quali, ad esempio, il ricorso a funzionali e a<br />
coordinate generalizzate, qj. Queste possono essere in numero maggiore rispetto a quello dei gradi di<br />
libertà del sistema, per fare apparire anche le equazioni di vincolo (se del caso). L’eliminazione, ove<br />
possibile, <strong>delle</strong> variabili dipendenti, porta a sistemi olonomi, per i quali le equazioni del moto, con il<br />
formalismo di Lagrange, sono date da:<br />
(d/dt)( j ) + j + ∂E / ∂& q E / q<br />
+ ∂ = Q<br />
C<br />
C<br />
j ∂ ∂ E / q V ∂ ∂& E / q P ∂ j j , Qj, forze generalizzate [3.53]<br />
in cui, l’energia cinetica EC l’energia potenziale EP e l’energia perduta per attriti viscosi EV sono<br />
tutte esprimibili come forme quadratiche:<br />
n n<br />
EC = 1<br />
2 ∑∑ m qq<br />
i j ij i j && , EP<br />
n n<br />
n n<br />
= 1<br />
2 ∑∑ k qq , EV = 1<br />
i j ij i j<br />
2 ∑∑ c qq && [3.54]<br />
i j ij i j<br />
(A volte, anche le forze generalizzate sono derivabili da un potenziale W, dato dal lavoro eseguito<br />
dalle forze esterne). Ne seguono le espressioni matriciali:<br />
[M] q&& + [C] q & + [K] q = Q , ovvero: [M s2<br />
+ C s + K] q % = Q , con: q<br />
% skt r(t) = qor e [3.55]<br />
nelle quali compaiono le matrici generalizzate di massa M, di smorzamento C e di rigidezza K.<br />
La soluzione generale del modello omogeneo, Q = 0, è una combinazione lineare di esponenziali<br />
che utilizzano le (2n) radici del determinante dei coefficienti. E’ possibile scegliere coordinate tali<br />
che le equazioni del moto siano disaccoppiate, cioè, la matrice dei coefficienti ha termini non nulli<br />
solo sulla diagonale principale. In luogo della matrice K, è spesso usata la matrice inversa A = K-1, di cedevolezza (o, dei coefficienti di influenza). Per esempio, per il caso ideale: C = 0, si ha:<br />
[K-1M s2 + I] q% = [D s2<br />
+ I] q% = [I - D ω2]<br />
q % = [K-1]<br />
Q , con: D = K<br />
% -1M, matrice dinamica [3.56]<br />
Ora, per risolvere la relazione omogenea: D q% = I/ω2<br />
, si può prendere un vettore di tentativo<br />
e trovare: D q = λ q% , facendo in modo che q % abbia il primo elemento comune con q % , e così via,<br />
% 1 1 2<br />
fino a che il coefficiente λ<br />
2<br />
%<br />
m assicuri: D q% = λ m m q , con ≈ ; allora:<br />
m+1 m m+<br />
q% 1 q%<br />
q% q%<br />
1<br />
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ω ≅ 1 λ .<br />
2<br />
1 m<br />
1<br />
19
COSTRUZIONE DI MACCHINE II<br />
NOTE SU DIMENSIONAMENTO DINAMICO DI ORGANI MECCANICI<br />
Per calcolare il secondo autovalore, si tiene conto che i modi di vibrare sono fra loro ortogonali; la<br />
procedura iterativa è, quindi, ripetuta con vettori di tentativo che presentino due nodi. E così di<br />
seguito, fino all’ordine dell’approssimazione desiderato. La convergenza è data dal tipo di modello<br />
per l’unicità di soluzione e ortogonalità dei modi.<br />
Nel caso conservativo, partendo dalle [3.54], la procedura si presta a una variante. Infatti:<br />
2 n n<br />
n n<br />
EC= 1<br />
2<br />
ω ∑∑ m qq %% , EP= 1<br />
i j ij i j 2 ∑∑ k qq<br />
i j ij i j %% ; rQ=( n n n n<br />
∑∑ k qq %%<br />
i j ij i j ) ( ∑∑ m qq %%<br />
i j ij i j ) [3.57]<br />
Il quoziente (di Rayleigh) è funzione di vettori (reali, nel caso conservativo), che, comunque scalati,<br />
danno sempre uguale rQ. In particolare: rQ<br />
2<br />
2<br />
≥ ω ; quindi: rQmin= ω . Se: q% , corrisponde allo iesimo<br />
1<br />
1<br />
2<br />
modo, allora: rQ= ω , con buona approssimazione. Per strutture che abbiano noti coefficienti di<br />
i<br />
influenza, le relazioni [3.57] sono scritte in conformità, secondo quanto richiamato prima.<br />
La presenza di smorzamenti modifica le procedure, per la presenza di sfasamenti fra i vettori,<br />
che comportano la riformulazione <strong>delle</strong> relazioni con variabili complesse (con linearità preservata,<br />
e smorzamenti di tipo viscoso, derivabili da funzioni di dissipazione). Per le vibrazioni flessionali,<br />
di solito, il caso conservativo fornisce indicazioni significative; le procedure iterative richiamate<br />
sono, quindi, speso usate. Per le vibrazioni torsionali degli alberi, come precedentemente discusso,<br />
vi è il vantaggio di avere modelli a catena, che portano a matrici tridiagonali, che presentano più<br />
agevole risoluzione.<br />
III.4. VIBRAZIONI DI COMPONENTI A PARAMETRI DISTRIBUITI.<br />
Con i modelli dell’elasticità lineare, in condizioni di piccoli spostamenti e piccole deformazioni<br />
(gradienti degli spostamenti) ed assenza di forze esterne, si scrive:<br />
2<br />
µ && u+ κ u=0<br />
, ( κ − ω µ )φ=0 % , da integrare con le condizioni al contorno [3.57]<br />
deflessione operatore µ operatore κ parametri<br />
fune trasversale ρ A N<br />
asta longitudinale ρ A<br />
2<br />
∂<br />
2<br />
∂z<br />
∂<br />
∂ z<br />
(EA ∂<br />
∂ z<br />
ρ densità ; ν modulo di Poisson<br />
) h=h(x,y) spessore ; A=A(z) area trasversale<br />
2<br />
∂<br />
trave flessionale ρ A N (EJx 2 ) Jx (Jo) momento d’area diametrale (polare)<br />
∂z<br />
barra torsionale ρ Jo<br />
membrana trasversale ρ h n<br />
lastra flessionale ρ h<br />
∂<br />
∂ z<br />
(GJo<br />
∂<br />
∂ z<br />
) N (n) caratteristica normale (per unità di spessore)<br />
2<br />
∇ (D 2<br />
2<br />
∇ E (G) modulo di elasticità normale (tangenziale)<br />
3<br />
∇ ) D= Eh / 12(1 − ν ) ;<br />
2 2 2 2<br />
∂ ∂<br />
∇ = 2 + 2<br />
∂x ∂y<br />
FIG. III.16. Tabella di operatori per tipici corpi elastici.<br />
In FIG. 16, sono raccolte particolarizzazioni del modello per tipologie uni- e bi-dimensionali. Anche<br />
ora, le soluzioni ϕ esistono solo per valori discreti di jωk, radici del determinante dei coefficienti.<br />
La presenza di smorzamento può essere modellata aggiungendo alla [3.57] il termine viscoso, con<br />
il che gli auto-valori sk non sono più immaginari puri, ma, di solito, complessi coniugati. Il modello<br />
con forzanti porta ad equazioni del tipo:<br />
µ && u+ κ u=F(z,t)<br />
, µ && u+ κ u=f(x,y,t)<br />
, con assegnata distribuzione in spazio e tempo dei carichi [3.58]<br />
Hanno interesse le risposte in presenza di forzanti armoniche applicate in un punto della struttura.<br />
<strong>2.</strong>4.1. Modellazioni generali e procedure.<br />
I modelli [3.57] e [3.58] non sono facilmente integrabili. In base alle tipologie riassunte in FIG. 16,<br />
è possibile distinguere i casi unidimensionali, che anno una infinità semplice di auto-valori (e autovettori),<br />
da quelli bidimensionali, con doppia infinità di auto-valori (e auto-vettori). Fra i primi, si<br />
riconoscono modelli del primo ordine, FIG. 17, da quelli del secondo ordine, FIG. 18. Per i secondi,<br />
A cura di R.C. Michelini, R.P. Razzoli – PMARlab - DIMEC<br />
20
COSTRUZIONE DI MACCHINE II<br />
NOTE SU DIMENSIONAMENTO DINAMICO DI ORGANI MECCANICI<br />
occorre trovare procedure di separazione <strong>delle</strong> variabili, e per l’integrazione si fa riferimento a testi<br />
specialistici.<br />
Lo studio <strong>delle</strong> vibrazioni forzate [3.58] porta a esprimere gli spostamenti con serie modali:<br />
∞<br />
up(z,t) = ∑ U (t) ϕ (z) , up(x,y,t)<br />
= U (t) ϕ (x,y) ; con: [3.59a]<br />
1<br />
k k<br />
∑∑<br />
∞ ∞<br />
1 1<br />
hk hk<br />
M t<br />
k<br />
M t<br />
hk<br />
Uk(t) = ω G () τ sin[<br />
ω (t-)] τ<br />
k ∫ dt Uhk(t) =<br />
0<br />
k k<br />
ωhk ∫ G () τ sin[<br />
ω (t-)] τ dt [3.59b]<br />
0<br />
hk hk<br />
Gk(t) = ∫ F(z,t) ϕ (z) dA Ghk(t)<br />
= f(x,y,t) ϕ (x,y) dA<br />
[3.59c]<br />
l<br />
h<br />
∫∫<br />
A<br />
Mk = ∫ ϕ (z) µ ϕ (z) dA M<br />
l<br />
k h<br />
hk = ∫∫ ϕ (x,y) µ ϕ (x,y) dA<br />
[3.59d]<br />
A<br />
hk kh<br />
avendo introdotto: • le masse modali Mk, Mhk; • le forzanti modali Gk, Ghk. Le soluzioni particolari<br />
[<strong>2.</strong>59] vanno aggiunte alla soluzione generale dell’equazione omogenea.<br />
fune (blocchi semplici)<br />
(vincoli) velocità d’onda frequenza naturale forma modale parametri<br />
c ωk (hk =2π/λk) ϕk(z) (vedi FIG. <strong>2.</strong>16)<br />
N<br />
ρA k l<br />
c<br />
π<br />
asta (appoggi semplici) E ρ k l<br />
c<br />
π<br />
barra (incastro su un lato) G ρ<br />
(k-) 2 1 π<br />
c<br />
2l<br />
kh<br />
sin<br />
k<br />
l<br />
z<br />
π<br />
sin<br />
k<br />
l<br />
z<br />
π<br />
(k-) 2 1 π<br />
sin<br />
2l<br />
c<br />
k ordine modale<br />
λk lunghezza d’onda<br />
hk numero d’onda<br />
FIG. III.17. Proprietà modali di modelli unidimensionali del primo ordine.<br />
vincoli equazione d’onda forma modale parametri<br />
z=0 z=l (hk =2π/λk) ϕk(z) (vedi FIG. <strong>2.</strong>16)<br />
libero | libero<br />
appoggio|appoggio<br />
incastro | incastro<br />
appoggio| libero<br />
incastro | libero<br />
incastro |appoggio<br />
NB: ωk =<br />
cos h cosh h<br />
k k l l =1 cosh h kl+ cos h kl+<br />
hk - hk<br />
=<br />
- α [ sinh h l+ sin h l]<br />
k hk - hk<br />
cosh cos l l<br />
α sinh l sin l<br />
hkl =<br />
sin h l =0<br />
k<br />
k k k<br />
cos h cosh h<br />
k k l l =1 cosh hkl- cos h kl+<br />
- α [ sinh h l- sin h l]<br />
k k k<br />
cosh h kl+ cos h kl+<br />
cos h l cosh h l = -1 k k<br />
- α [ sinh h l- sin h l]<br />
k k k<br />
cosh hkl- cos h kl+<br />
tan h l = tanh h l k k<br />
- α [ sinh h l- sin h l]<br />
k k k<br />
cosh hkl- cos h kl+<br />
tan h l = tanh h l k k<br />
- α [ sinh h l- sin h l]<br />
EJ A<br />
2<br />
h k ρ ; ck = ωk/hk = k<br />
k k k<br />
k<br />
2 k+1π 2<br />
2 sin h l<br />
hkl = kπ<br />
EJ<br />
h ρ A ; (cl =<br />
h l- h l<br />
α hkl =<br />
k k<br />
= k hk - hk<br />
cosh cos<br />
sinh l sin l<br />
h l- h l<br />
k k<br />
= k h k + hk<br />
sinh sin<br />
cosh l cos<br />
α l<br />
α h<br />
k k<br />
= ctg l<br />
hkl =<br />
hkl<br />
=<br />
α = ctg h l<br />
hkl<br />
=<br />
k k<br />
2 k+1π 2<br />
2k-1 2 π<br />
4 k+1<br />
4 π<br />
4 k+1<br />
4 π<br />
E ρ , velocità d’onda longitudinale).<br />
FIG. III.18. Proprietà modali di travi (modelli unidimensionali del second’ordine).<br />
L’ingresso armonico puro, f(•,t) = fo(•) ejωt, consente di particolarizzare le precedenti espressioni:<br />
jωt ∞<br />
up(z,t) = e ∑ U ϕ (z)<br />
1 k k<br />
jωt ∞ ∞<br />
, up(x,y,t)<br />
= e ∑∑ U<br />
1 1 hk ϕ (x,y) hk ; con: [3.60a]<br />
Gk<br />
Uk = 2 2 ( ωk- ω )Mk<br />
Ghk<br />
, Gk = ∫ F(z) ϕ (z) dA ; U<br />
l<br />
o h<br />
hk = 2 2 ( ωhk - ω )Mhk<br />
, Ghk = ∫∫ f (x,y) ϕ (x,y) dA [3.60b]<br />
A<br />
o kh<br />
conservando le masse modali la definizione prima data.<br />
Se la forzante armonica è localizzata nel solo punto Po, f(•,t) = fo ejωt, allora:<br />
-1 ∞ 2 ϕk<br />
( zo)<br />
Gk =Fo ϕk(zo) , Ghk =fo ϕhk(xo,yo), quindi: [j ωZ<br />
(z ,t) ] =<br />
o ∑ 2 2<br />
1 ( ωk-ω )Mk<br />
-1 ∞ ∞<br />
, [j ωZ<br />
(x ,y ,t) ] =<br />
o o ∑∑ 1 1<br />
2 ϕ x y<br />
2 2 ω -ω<br />
che consente di valutare l’impedenza meccanica di ingresso, Z(•,ω), della struttura.<br />
La risposta ad un impulso di Dirac applicato in Po è, a sua volta, data da:<br />
∞ ϕk ( z) ϕk<br />
( zo)<br />
u(z,t;zo) = ∑ sin ω t<br />
1 ω<br />
k<br />
k Mk<br />
∞ ∞ ϕhk ( xy , ) ϕhk<br />
( xo , yo)<br />
, u(x,y,t;xo,yo) = ∑∑ sin ω t<br />
1 1 ω<br />
hk<br />
hk Mhk<br />
[3.61]<br />
che mostrano quanto sia utile conoscere le serie modali.<br />
A cura di R.C. Michelini, R.P. Razzoli – PMARlab - DIMEC<br />
hk ( o , o )<br />
( )M<br />
hk hk<br />
21
COSTRUZIONE DI MACCHINE II<br />
NOTE SU DIMENSIONAMENTO DINAMICO DI ORGANI MECCANICI<br />
III.4.<strong>2.</strong> Utilizzazione di metodi approssimati.<br />
Le procedure oggi più usate (con l’ausilio di calcolatori) fanno ricorso alla discretizzazione della<br />
struttura, quindi, risolvono numericamente sistemi alle differenze finite (spesso mediante elementi<br />
finiti). I risultati che si ottengono sono tanto più efficaci, quanto meglio la discretizzazione modella<br />
la dinamica corrente, in relazione non solo alla definizione locale <strong>delle</strong> forme, ma anche dei vincoli<br />
e <strong>delle</strong> condizioni di carico. Gli sviluppi non sono trattati in questo luogo. Le procedure numeriche<br />
per modelli quasi-continui sono integrate, o sostituite, da metodi approssimati, che hanno, tuttavia,<br />
evidenza fisica diretta.<br />
Una classe di procedure consiste nel rimpiazzare il continuo (con infiniti gradi di libertà) con un<br />
numero finito di masse inerziali, interconnesse da elementi locali deformabili. Lo schema ad inerzie<br />
e cedevolezze concentrate è impostabile mediante modelli matriciali, che evidenziano le sconnessioni<br />
fra i corpi inerziali in termini di caratteristiche iperstatiche di sollecitazione, la cui entità è calcolata<br />
imponendo la verifica di congruenza alle sconnessioni stesse. Nel modello multicorpo, i parametri<br />
inerziali m, Iij sono concentrati nel baricentro e la somma <strong>delle</strong> mobilità stabilisce i gradi di libertà.<br />
Se si può disporre dei coefficienti di influenza K-1 (o della matrice dinamica D [3.56]), si hanno dati<br />
sufficienti per descrivere la dinamica della struttura. Lo schema di calcolo è ibrido, poiché basato<br />
sulla deformabilità distribuita dei corpi per ricavare le cedevolezze, mentre i bilanci dinamici sono<br />
effettuati in punti (a più mobilità) concentrati. In genere, strutture a travi sono descritte da vettori;<br />
quelle ad involucro, da matrici a rete; per solidi qualsivoglia, lo schema ibrido è poco conveniente.<br />
Per analisi dirette, il criterio energetico è sempre approccio efficiente. In luogo della [3.57], si ha<br />
(la struttura a trave è analoga, salvo l’uso di integrazione semplice):<br />
EC= 1 2<br />
(u)<br />
2<br />
ω ∫∫ u µ dA , EP= 1<br />
(u)<br />
A<br />
2 ∫∫ u κ dA<br />
; rQ=( ) ( )<br />
A<br />
∫∫ u κ (u) dA u µ (u) dA<br />
A ∫∫ [3.62]<br />
A<br />
Per il calcolo della pulsazione fondamentale, basta ricercare il valore rQ minimo. Per: u = ϕhk (o ϕk),<br />
2<br />
2<br />
modo di vibrare dell’ordine indicato, rQ prende il valore: ω (o ω ); per ogni altra funzione u che<br />
soddisfa alle condizioni al contorno, u è una stima per eccesso <strong>delle</strong> pulsazioni proprie. E’ possibile<br />
impostare un algoritmo iterativo capace di convergere a stime migliori, con l’approssimazione<br />
desiderata.<br />
I modi di vibrare per una trave sono visualizzabili come sinussoidi; per una lastra, appaiono<br />
due famiglie di sinussoidi. Possono aversi modi trasversali, longitudinali, flessionali e torsionali e<br />
combinazioni fra di essi, che dipendono dalle condizioni al contorno. Sono di utili, a volte, i modi<br />
per strutture illimitate; nelle tabelle <strong>delle</strong> FIG. 17 e FIG. 18, sono date le velocità d’onda, che, appunto,<br />
corrispondono alla propagazione di onde elastiche quando gli effetti di contorno scompaiono.<br />
I risultati dei metodi approssimati forniscono spesso al progettista informazioni sufficienti. In<br />
effetti, i comportamenti vibratori sono ritenuti fenomeni non desiderati; poiché grandi ampiezze si<br />
hanno solo in vicinanza di risonanze dei primi modi di vibrare, occorre modificare la struttura per<br />
spostare le pulsazioni naturali, rispetto ai contenuti spettrali forzanti. Un aumento di rigidezza (ad<br />
esempio, inserendo sagomature o nervature) senza appesantimento fa innalzare la frequenza, con<br />
possibilità di portarsi oltre le bande d’attenzione. L’aumento <strong>delle</strong> masse a parità di cedevolezza<br />
ha effetto opposto. L’aumento di smorzamento induce limitati spostamenti <strong>delle</strong> risonanze (verso<br />
le basse frequenze); è, però, riferimento corrente per ridurre le conseguenze alle basse armoniche,<br />
se non si può impedire il ricoprimento con gli spettri forzanti. Questi provvedimenti sono fattibili<br />
a partire da valutazioni <strong>delle</strong> frequenze proprie quali quelle date dai metodi energetici con modelli<br />
aventi un numero di gradi di libertà ridotto.<br />
A cura di R.C. Michelini, R.P. Razzoli – PMARlab - DIMEC<br />
hk<br />
k<br />
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