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Donne per l'Europa Atti delle prime tre Giornate per Ursula ... - AperTo

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12<br />

<strong>Donne</strong> europee<br />

Yorkshire; la terza, Milena Jesenska, si presentava come praghese, ma aveva<br />

vissuto a lungo a Vienna; la quarta, <strong>Ursula</strong> Hirschmann, era di origine<br />

tedesca, ma viveva in Italia, parlava italiano, aveva sposato in due successivi<br />

matrimoni gli italiani Eugenio Colorni e Altiero Spinelli, e le sue sei figlie<br />

sono pienamente italiane; e la quinta, Giorgina Levi, ha sempre nutrito<br />

un’identità esclusivamente italiana, ma ha compreso e praticato una<br />

solidarietà di tipo cosmopolitico. Tutte e cinque hanno condiviso<br />

un’identità più che duplice, <strong>per</strong>ché si consideravano ed erano<br />

profondamente europee, senza <strong>per</strong> questo <strong>per</strong>dere al<strong>tre</strong> identificazioni.<br />

Scegliendo queste donne, ho tenuto presente che rispetto all’Anno<br />

Europeo <strong>delle</strong> Pari Opportunità, era meglio prestare attenzione a figure di<br />

donne che non si fossero occupate esclusivamente della condizione<br />

femminile, ma avessero anche dedicato la loro attenzione ad altri europei ed<br />

europee oppressi o marginali: infatti tutte si identificarono<br />

appassionatamente con altri, quelli che <strong>Ursula</strong> Hirschmann definiva i<br />

déracinés dell’Europa. Una famosa citazione è contenuta nelle pagine che<br />

aprono il suo libro autobiografico dal titolo significativo, Noi senzapatria<br />

(che traduce appunto déracinés o sradicati). Dopo aver detto che si sentiva<br />

parte degli europei erranti, che nel <strong>per</strong>iodo tra le due guerre spesso erano<br />

ebrei, ma non solo, <strong>Ursula</strong> Hirschmann scriveva:<br />

Noi déracinés dell’Europa che abbiamo ‘cambiato più volte di frontiera che di scarpe’ –<br />

come dice Brecht, questo re dei déracinés – anche noi non abbiamo altro da <strong>per</strong>dere che<br />

le nos<strong>tre</strong> catene in un’Europa unita e <strong>per</strong>ciò siamo federalisti.<br />

Alcune <strong>delle</strong> europee che ho scelto non furono direttamente attive in<br />

politica, ma tutte furono impegnate sul piano culturale e sociale, nonché<br />

umanitario, in direzione nettamente europeista. La prima è un esempio di<br />

europeista eterodossa, ed è stata scelta <strong>per</strong>ché la sua storia illustra un<br />

aspetto dell’europeismo che collega il suo tempo con l’Europa del passato,<br />

il cui retaggio <strong>per</strong> noi è fondamentale se riusciamo a rivisitarlo in modo<br />

critico. Si tratta della principessa rumena Marthe Lahovary Bibesco, nata a<br />

Bucharest nel 1886, vissuta a lungo a Parigi dove suo padre si trovava<br />

spesso in qualità di ministro degli esteri, e morta nel 1973.<br />

Marthe Bibesco si collega alla grande tradizione degli aristocratici<br />

europeisti, tra i quali vorrei menzionare il conte Richard Coudenhove-<br />

Kalergi, fondatore nel 1923 di Pan-Europa, un’organizzazione che ben<br />

presto si estese a molti paesi europei; il conte Carlo Sforza, diplomatico

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