Giovanni Scavo, Il libro. - Atletica Giovanni Scavo Velletri
Giovanni Scavo, Il libro. - Atletica Giovanni Scavo Velletri
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FRANCO LAZZARI<br />
GIOVANNI SCAVO<br />
L’Atleta Volsco<br />
PREFAZIONE DI<br />
MARIO PESCANTE
RINGRAZIAMENTI<br />
Questa pubblicazione è il frutto della passione per<br />
l’atletica e per la figura di <strong>Giovanni</strong> <strong>Scavo</strong> a cui è indissolubilmente<br />
legata la mia esperienza sportiva.<br />
Passione che mi ha portato ad approfondire la storia di un<br />
periodo del nostro mezzofondo prima visitato solamente con<br />
occhio sfuggevole, magari alla ricerca di qualche dato statistico.<br />
<strong>Il</strong> risultato che ne è scaturito non sarebbe stato comunque<br />
possibile senza il contributo di quelle persone che sento il dovere<br />
di ringraziare. <strong>Il</strong> fratello di Gianni, Sergio <strong>Scavo</strong>, Pier Luigi<br />
Starace, Gianfranco Baraldi, Giorgio Lo Giudice e soprattutto il<br />
dott. Gianfranco Colasante, dell’ufficio stampa del CONI, la cui<br />
esperienza e professionalità hanno fatto di una massa di appunti<br />
sparsi, un <strong>libro</strong>.<br />
<strong>Velletri</strong>, dicembre 1996<br />
Franco Lazzari
PREFAZIONE<br />
Tra le foto più care che mi ricordano gli anni passati sulle<br />
piste di atletica, ne conservo gelosamente una che porta poche<br />
parole scritte da una mano amica, quella di <strong>Giovanni</strong> <strong>Scavo</strong>.<br />
Per quelle parole sincere, e per l’augurio che esse<br />
contenevano, sono sempre grato a <strong>Giovanni</strong>, con il quale ho avuto<br />
in comune il periodo più bello della vita e l’amore per l’atletica.<br />
Cercando nei ricordi più riposti, trovo un’altra immagine<br />
conservata nella memoria: la vittoria di <strong>Giovanni</strong> ai 1000 metri<br />
degli ‘studenteschi’. Una immagine di gioia e di giovinezza che mi<br />
ha accompagnato per tutta la vita e che ha sempre rappresentato<br />
per me la bellezza dell’atletica ed i profondi valori dello sport.<br />
<strong>Giovanni</strong> non ha avuto fortuna nella vita ed è scomparso<br />
quando la sua stella, come atleta e come uomo, cominciava a<br />
brillare più luminosa. Avrebbe merita to molto di più, perché<br />
molto aveva ancora da dare.<br />
Non posso che esprimere all’ ‘<strong>Atletica</strong> <strong>Velletri</strong>’ il mio più<br />
sincero compiacimento per aver voluto, con questo lavoro,<br />
ricordare <strong>Giovanni</strong> <strong>Scavo</strong> a quanti non hanno avuto la grande<br />
fortuna di conoscerlo e di essergli amico.<br />
Febbraio 1997<br />
Mario Pescante<br />
Presidente del CONI
PREMESSA<br />
<br />
Questa l’immancabile domanda che mi è stata rivolta ogniqualvolta<br />
avvicinavo le fonti utili alla mia ricerca. La semplice risposta, di colui<br />
che faceva parte della società sportiva legata al nome di <strong>Giovanni</strong><br />
<strong>Scavo</strong>, non bastava a soddisfare il meravigliato interlocutore. Questa<br />
ricorrente domanda mi ha allora indotto a verificare le motivazioni da<br />
cui era scaturito l’impulso primario e, effettivamente, il lavoro<br />
realizzato è certamente più titolato di quello che avevo intenzione di<br />
realizzare.<br />
Quando nel 1977 diventai uno dei tanti atleti della società,<br />
conoscevo di <strong>Giovanni</strong> <strong>Scavo</strong> quello che a tutti era noto: un grande<br />
atleta, che aveva dato lustro alla città di <strong>Velletri</strong>, prematuramente<br />
scomparso, e i suoi notevoli primati nei 400 e negli 800 metri. Nel<br />
1989, dodici anni più tardi il mio primo contatto con la società<br />
<strong>Giovanni</strong> <strong>Scavo</strong>, mi ritrovai ad essere uno dei promotori della sua<br />
rinascita dopo che, dal 1982, questa aveva cessato ogni attività. Tutto<br />
ciò che legava la rinata società sportiva con quella che aveva svolto<br />
attività negli anni sessanta a settanta era purtroppo solamente il nome<br />
di <strong>Giovanni</strong> <strong>Scavo</strong>, non esistendo più alcuna documentazione ufficiale<br />
né, tanto meno, l’albo dei primati sociali.<br />
L’insofferenza di aver perso la memoria storico-istituzionale<br />
mi spinse quindi alla ricerca di quei risultati che fin dal 1960 erano<br />
stati ottenuti da atleti che avevano gareggiato ricordando il nome di<br />
Gianni <strong>Scavo</strong>. La ricerca si è rivelata più proficua di quanto mi<br />
aspettassi, avendo ritrovato non solo i dati statistici, ma anche gli atti<br />
documentativi della storia atletica veliterna ben oltre il 1960. Una<br />
storia in cui <strong>Giovanni</strong> <strong>Scavo</strong> aveva recitato il ruolo del protagonista;<br />
una storia a cui non è stato possibile esimermi dal raccontare.<br />
9
1954. Studente-Atleta<br />
G<br />
li anni cinquanta. Anni duri, anni di ricostruzione,<br />
ma anche di grande fiducia nel futuro. Anni di una<br />
società divisa tra i fautori di don Camillo e quelli di<br />
Peppone. Anni di corsa.<br />
Gli italiani scappano dal loro recente e triste passato. E per<br />
andare più in fretta, per tutti, ma soprattutto per i più<br />
giovani, c’è la possibilità di correre. Corrono verso un<br />
sogno, e i sogni camminano più in fretta di quanto non<br />
possano i loro piedi.<br />
<strong>Velletri</strong>, come i1 resto del paese, ricostruisce dalle<br />
proprie macerie, e qui è la società più vicina all’ambiente<br />
ecclesiastico che fa da propulsore a questo bisogno di<br />
rinascita. Un ambiente che trova in prima linea 1e ACLI,<br />
punto cardine delle attività ludico-sportive-ricreative che<br />
orbitano intorno agli interessi più puramente religiosi.<br />
Grazie ad un contributo dell’allora papa Pio XII,<br />
l’ACLI <strong>Velletri</strong> acquista, ris truttura e mette a disposizione,<br />
la nuova sezione di via Guido Nati angolo via Novelli. È<br />
qui che, nei primi anni cinquanta, Aldo Mammucari<br />
coordina la società di atletica, un gruppo di persone ben<br />
amalgamate che correvano, divertendosi, in tutte le gare<br />
che allora si organizzavano in occasione delle feste<br />
religiose di <strong>Velletri</strong> e dei paesi viciniori.
Fervono le attività sportive e, accanto alle ACLI,<br />
sono le scuole, in quel felice connubio con lo sport voluto da<br />
Bruno Zauli, le più adatte ad estrinsecare 1a voglia di<br />
correre verso traguardi ideali. Bruno Zauli profuse ogni sua<br />
energia, si diede ‘anima e cuore’ per far entrare lo sport<br />
nella scuola, e lo sport nella scuola non poteva che<br />
significare 1’atletica leggera.<br />
Attraverso la scuola iniziò così un nuovo indirizzo<br />
che doveva portare ad un solido movimento atletico. Una<br />
scommessa, risultata vincente, che portò a rompere con il<br />
passato, tanto da segnare un netto confine a distinguere le<br />
vicende dell’atletica italiana in due parti: una, prima del<br />
1950 e una che ha come punto di partenza la nuova<br />
impostazione dell’educazione fisica nella scuola.<br />
Da quando era nata, la FIDAL aveva potuto contare<br />
su un numero relativamente piccolo di appassionati che<br />
cercavano, tra 1’indifferenza generale, di promuovere il<br />
movimento atletico reclutando i prodotti di un esiguo<br />
raccolto. E sotto questo aspetto si sono fatti miracoli<br />
raggiungendo risultati anche sproporzionati alle effettive<br />
forze.<br />
Cosa c’era infatti, nel mezzofondo italiano dietro i<br />
risultati di Luigi Beccali e Mario Lanzi? Per tutto il tempo si<br />
era selezionato e raccolto, ma non si era riusciti a trascinare<br />
i giovani verso 1’atletica.<br />
Una mancanza che, in quegli anni cinquanta, andava<br />
colmando la scuola.<br />
A <strong>Velletri</strong> è l’istituto tecnico ‘Cesare Battisti’ ad<br />
essere sempre in prima linea grazie anche a1 preside prof.<br />
Raffaele Uncini che ritiene lo sport, e 1’atletica in particolare,<br />
disciplina di pari dignità con le altre materie didattiche.<br />
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È qui che subito emerge 1a figura di <strong>Giovanni</strong><br />
<strong>Scavo</strong> catapultato nel breve tempo di un batter di ciglia dai<br />
prati veliterni, luogo naturale delle campestri scolastiche,<br />
alle piste degli stadi di tutto il mondo.<br />
Testimone oculare del passaggio di Gianni <strong>Scavo</strong> da<br />
atleta ‘normale’ a campione, che avvenne tra la primavera e<br />
1’autunno del 1954, è Pier Luigi Starace che divideva con<br />
Gianni <strong>Scavo</strong> 1a passione per le corse di mezzofondo.<br />
Frequentavo allora il I Liceo all’ ‘Antonio Mancinelli’<br />
avevo due anni meno di Gianni. Ricordo una limpida<br />
mattina di maggio, quando il professore di Italiano, Alberto<br />
Puntoni, portando a termine una divagazione filosofica in<br />
margine alla sua lezione sull’Umanesimo, disse con aria di<br />
cordiale saggezza: «Eh si ragazzi, in fondo, a pensarci<br />
bene, l’uomo è sempre un po’ idolatra!» Io assentii<br />
involontariamente, abbassando gli occhi sul banco davanti<br />
a me, e dicendo pensierosamente al mio compagno di banco<br />
Pietro Giannone: .<br />
<strong>Il</strong> vecchio amico mi diede un’occhiata di compatimento, ma<br />
non contestò l’asserzione del professore. Cosa c’era dunque<br />
sul mio banco a comprovare le parole dell’Italianista ed a<br />
fomentare il disprezzo canzonatorio del vicino di posto?<br />
<strong>Il</strong> vecchio piano di legno, consumato, macchiato e<br />
scarabocchiato, recava alcuni segni vigorosamente incisi e<br />
chiaramente rimarcati con l’inchiostro. Risaltava per prima<br />
cosa una figuretta di atleta in atto di correre, intagliata<br />
profondamente nel legno, con sotto una grande scritta in<br />
maiuscole di ‘W SCAVO’. Poi, uno sotto l’altro, dei nomi<br />
sibillini, come S. Paolo, Tor di Quinto, Farnesina,<br />
Olimpico, seguiti da un primo a da cifre di minuti primi e<br />
secondi.
Ecco il complesso feticcio oggetto della mia adorazione,<br />
che ogni mattina contemplavo con occhio estatico di credente: le<br />
vittorie di <strong>Giovanni</strong> <strong>Scavo</strong>.<br />
Nonostante la collana consecutiva di quei successi,<br />
<strong>Giovanni</strong> <strong>Scavo</strong>, restò ignorato dal grande pubblico, perfino dai<br />
giornalisti. La ricompensa di quelle fatiche del diciottenne<br />
studente di ragioneria, fu solamente il tempo segnato da un<br />
quadrante di cronometro, il sorriso ammirato di qualche rivale<br />
generoso, l’istante di frenetica gioia del filo di lana infranto e il<br />
commosso elogio del suo allenatore di allora, il professor<br />
Armando Giallombardo, siciliano ed insegnante di educazione<br />
fisica presso il ‘Cesare Battisti’. Attimi di gioia per ore di<br />
tormento. Un tormento che <strong>Giovanni</strong> <strong>Scavo</strong> sopportava, con nel<br />
petto quello splendido, irresistibile stimolo che ad un certo punto,<br />
nei cuori dei giovani generosi, punge come un ferro rovente, e<br />
può calmarsi solo con una sterminata effusione di coraggio e di<br />
forza.<br />
In lui bruciava ciò che spinge il rocciatore sulle vette<br />
estreme, il nuotatare a profondità sempre maggiori, il sacerdote<br />
all’amore senza limiti per tutti. Ciò che supera il disprezzo della<br />
gente, sfonda la barriera del timore indeciso, implica il saper<br />
gustare l’asprezza reconditamente dolce del dolore; ciò che, se<br />
soffocato, produce le più paurose sensazioni di rimorso, e rimane<br />
come una cicatrice perenne nella personalità scialba dell’uomo.<br />
E <strong>Giovanni</strong> <strong>Scavo</strong> si addossò fino in fondo le conseguenze<br />
che comportava la sue sete spirituale, volle ignorare cosa<br />
fosse la paura, lo scoraggiamento, la rassegnazione fatalistica,<br />
volle ignorare perfino il logorio del suo fisico, e crollò due volte<br />
in quell’anno, ma solo dopo aver co mpletamente esaurito due<br />
cicli di imprese inimitabili, a testimoniare che non una bruta,<br />
puramente fisica energia lo aveva sorretto, ma che lui, il<br />
campione di tutte le vittorie, aveva richiesto alle sue forze più<br />
ancora di quanto chieda l’atleta dalle possibilità limitate; nel<br />
14
suo aspetto di dominatore era più maltrattato dalla fatica<br />
dell’ultimo mezzosangue arrancante, e la folla non lo capiva, non<br />
lo sapeva.<br />
<strong>Giovanni</strong> <strong>Scavo</strong> non era il tipo di mezzofondista<br />
esuberante, tanto solido a dai nervi tanto saldi da parer un bue<br />
possente cui le fatiche fanno il solletico, no, pur col suo torace e le<br />
sue gambe perfettamente muscolate, non aveva l’olimpica serenità<br />
dell’uomo forte. Era invece costantemente cupo e chiuso, di una<br />
severità quasi funebre, un’inguaribile malinconia preoccupata,<br />
accentuate dalla pelle scura, abbronzata, quasi olivastra, gli occhi<br />
nerissimi ma di rado scintillanti, le sapracciglia perfette color<br />
ebano, i capelli trascurati tagliati a spazzola, cupezza interrotta a<br />
tratti da scatti nervosi, e percorsa continuamente da una specie di<br />
fremito continuo che segnalava la presenza di una vitalità<br />
superiore, pronta all’esplosione.<br />
Sembrava sempre in attesa della prova, della battaglia.<br />
Perfino nel momento in cui l’atleta anche più serio e metodico,<br />
dopo la liberazione prodotta dalla gara, diventa pieno di una gioia<br />
espansiva, <strong>Giovanni</strong> <strong>Scavo</strong> non si scomponeva. Lo dico sulla base<br />
di un preciso ricordo.<br />
Era un giorno del febbraio 1954, <strong>Scavo</strong> aveva appena<br />
vinto, sbaragliando tutti gli avversari, la finale d’istituto del<br />
‘Battisti’ di corsa campestre sui circa 1500 metri del duro<br />
percorso di San <strong>Giovanni</strong> Vecchio.<br />
Forse era stata la cosa a cui aveva pensato di più per mesi,<br />
aveva battuto per la prima volta Eligio Leoni, il biondo camoscio<br />
dell’Artemisio, campione dell’istituto l’anno precedente, tra i<br />
migliori mezzofondisti della provincia di Roma e già noto dal 1952<br />
per i suoi inizi di stagione brillanti seguiti da relative opacità.<br />
Aveva battuto con margini notevoli, Romolo Centofanti, il piccolo<br />
artenese straripante di energie, Guglielmo Agamennone, dalla<br />
falcata lunghissima ed elegante, Antonio Martiello, altro siciliano<br />
dal fisico possente e la volontà<br />
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d’acciaio, Andrea Andreozzi, dalla prorompente regolarità di<br />
rendimento.<br />
Era divenuto il leader del gruppo covato dal Prof.<br />
Giallombardo fin dai primi giorni d’ottobre, ed ora pronto a<br />
scatenarsi sui prati romani nei campionati provinciali<br />
studenteschi di cross. Aveva, insomma, ottenuto moltissimo. Ma<br />
non saltava dalla gioia. Non si esaltava per le parole di<br />
ammirazione dei compagni di finale.<br />
Con mosse brusche si fece largo fino alla borsa poggiata<br />
sul muretto vicino ai cipressi del ‘Camposanto Ve cchio’ si levò<br />
decisamente la maglietta di gara, indossò febbrilmente la<br />
canottiera asciutta, e continuò a rivestirsi in silenzio, fino a che<br />
ebbe completato l’operazione con sciarpa e cappotto. Poi<br />
cominciò a passeggiare per il luogo del suo trionfo, osservandolo<br />
come un oggetto finalmente acquistato, con sguardi a tratti<br />
fosforescenti di un’intima esultanza.<br />
Qualcuno continuava ad avvicinarlo, a portare la propria<br />
ammirazione, ma per la maggior parte del tempo rimase solo,<br />
aggirandosi a passi leggeri, con improvvise fermate e bruschi<br />
scatti.<br />
Intanto si stava preparando la partenza della finale<br />
d’istituto del ‘Mancinelli’. <strong>Scavo</strong>, tra 1’ironico ed il divertito,<br />
elargiva informazioni sul percorso e consigli tecnici ai liceali, ed<br />
era sulla linea del traguardo quando giunsero, con tempi sempre<br />
molto lontani dal suo, ma con volontà degne di lui, Augusto<br />
Venanzi, il primo, il roccioso lanuvino dalla voce di bronzo, già<br />
esperto di campestri, e che, a Roma, l’anno prima, aveva vinto la<br />
sua batteria col polpaccio forato e sanguinante per una chiodata<br />
ricevuta in partenza; poi Gigi Arcarese, efebo gentile e cordiale,<br />
ma lottatore formidabile, il piccolo Novelli, dalla generosità<br />
incredibile, Italo Giovannoni e Paolo Mengaroni, piombati sul<br />
traguardo con uno sprint alla morte, e Marcello Zani, sempre con<br />
l’aria da gentleman nonostante il fango e l’impegno nell’agone.
Passò del tempo, mentre i liceali si ricomponevano<br />
anche loro, e <strong>Scavo</strong> era sempre lì, come abbeverandosi alla fonte<br />
della sua grande gioia. Fummo gli ultimi, lui, Pietro Giannone<br />
ed io, ad imboccare la salita selciata per ritornare a scuola. Era<br />
spuntato un sole improvviso, che riscaldava i vapori umidi<br />
innalzatisi dalla terra bagnata per la pioggerella di tutta la<br />
mattina.<br />
<strong>Giovanni</strong> <strong>Scavo</strong> aveva iniziato a correre l’anno prima,<br />
nella società ACLI <strong>Velletri</strong>, animata dall’indimenticabile Aldo<br />
Mammucari, una delle società con squadre di corsa su strada più<br />
forti del Lazio, e che faceva man bassa di coppe alle varie gare<br />
domenicali che si svolgevano per le feste solenni dei paesi vicini.<br />
Tra i rudi vignaioli veliterni della squadra, sui duri e lunghissimi<br />
asfalti o selciati, il ragazzo non si perdeva di coraggio, si batteva<br />
contro avversari molto più maturi, si faceva notare.<br />
Nelle campestri del 1953 ottenne i primi, promettenti<br />
risultati. Alle eliminatorie di Tor di Quinto era stato terzo nella<br />
serie vinta da Carlo Bartolini del ‘Caetani’ e ancora terzo nel<br />
secondo turno di quella campestre provinciale disputata<br />
all’interno di villa Borghese. Alle finali del 12 aprile, ancora a<br />
Tor di Quinto, è decimo nella finale dei primi subito dietro ad<br />
Eligio Leoni.<br />
Poi cominciò quel 1954 fenomenale. <strong>Il</strong> 14 marzo di<br />
quell’anno, nella zona del Valco S. Paolo, alla presenza del<br />
segretario generale del Coni, Bruno Zauli e del prof. Scardamaglia,<br />
direttore generale dell’ufficio speciale di educazione<br />
fisica, circa 500 studenti tra i 16 e i 19 anni, in rappresentanza di<br />
83 istituti di tutta la provincia di Roma, divisi in 18 batterie,<br />
concorrevano per qualificarsi alle semifinali di corsa campestre.<br />
<strong>Giovanni</strong> <strong>Scavo</strong>, con 4’08” sui circa 1500 metri del percorso,<br />
trionfando in batteria, segnava il miglior tempo assoluto,<br />
staccando idealmente di sei secondi, cioè almeno quaranta metri,<br />
l’autore della seconda miglior prestazione, Ugo Sabatini
del ‘Da Vinci’ di Roma. Eligio Leoni, vincendo la propria<br />
batteria, seguiva a quattro decimi di secondo. Tutto il gruppo di<br />
Giallombardo passava alla fase successiva, piazzando cinque<br />
uomini entro i primi tre posti, e tutti e sei entro l’ottava posizione,<br />
valida per il superamento del tumo.<br />
<strong>Il</strong> ‘Cesare Battisti’ era secondo solo al ‘Righi’ di Roma<br />
come piazzamenti nei primi tre, ma lo superava come punte cioè<br />
nel ‘Righi’ non c’erano né uno <strong>Scavo</strong> né un Leoni.<br />
La domenica seguente i 144 qualificati, suddivisi in sei<br />
raggruppamenti, erano convocati a Tor di Quinto, sull’erba del<br />
galoppatoio, per affrontare le semifinali. <strong>Giovanni</strong> <strong>Scavo</strong>,<br />
vincendo la terza, restava ancora primo e solo su tutti, in 4’48”,<br />
seguito da Maurizio Notarangelo del ‘Marcantonio Colonna’ a<br />
quattro secondi e due, e da Eligio Leoni, trionfatore della prima<br />
in 4’53”3. <strong>Il</strong> ‘Battisti’ inseriva due uomini nella finale del primi,<br />
<strong>Scavo</strong> e Leoni, uno in quella dei secondi, Martiello, due in quella<br />
dei terzi, Centofanti e Andreozzi. L’uscita di Agamennone<br />
pregiudicava la vittoria di squadra.<br />
Ancora a Tor di Quinto la domenica successiva per le<br />
finali. Cominciava bene con la finale dei terzi dove Centofanti era<br />
secondo ed Andreozzi diciassettesimo. Quinto era Martiello in<br />
una finale dei secondi gremita di campioncini romani. E primo<br />
con 4’35”5, con quattro secondi su Sabatini, era ancora <strong>Giovanni</strong><br />
<strong>Scavo</strong>, mentre Eligio Leoni era ottavo. <strong>Il</strong> ‘Battisti’ era il terzo<br />
istituto dopo il ‘Righi’ e l”Albertelli; a pochissimi punti da<br />
quest’ultimo, e davanti di molto a scuole prestigiose come il<br />
‘Giulio Cesare’, il ‘Nautico’, il ‘Cavour’, il ‘Da Vinci’.<br />
<strong>Il</strong> ‘Mancinelli’ registrava il settimo posto di Arcarese<br />
nella finale dei terzi e la vittoria di Venanzi in quella dei quarti.<br />
La stampa sportiva, molto misurata nei suoi confronti,<br />
notò comunque il fatto che <strong>Scavo</strong> “tirava fino al palo le sue<br />
gare”, cioè correva non solo per vincere contro gli altri, ma<br />
anche contro se stesso.
Alfredo Berra 1 definì la sua, una gara da 10 e lode in un<br />
articolo che qui mi preme ricordare.<br />
“Piglio e autorità del campione quelli di <strong>Scavo</strong>, lo<br />
studente velletrano campione delle scuole romane per il 1954. Chi<br />
è <strong>Scavo</strong> lo sapete perché ormai ve n’è stato parlato abbastanza.<br />
La sua gara di ieri è apparsa tale da giustificare qualunque buona<br />
cosa si sia detta di lui. Pur potendolo considerare favorito, visti i<br />
tempi dei quarti e delle semifinali e la freschezza delle sue<br />
condizioni ad ogni arrivo, prima del via di Tor di Quinto non si<br />
era esattamente sicuri che egli vincesse; e soprattutto quasi non lo<br />
si voleva in quanto la gente metropolitana non si rassegnava -<br />
almeno in sede di previsione - a sfilare al traguardo alle spalle del<br />
bravo castellano.<br />
Maurizio Notarangelo, Piero Lener, Lorenzo Miroli,<br />
Gilberto Chini, Ugo Sabatini erano questi «cittadini» giusta mente<br />
ambiziosi. Sono stati passati per le armi da <strong>Scavo</strong>; ma se <strong>Scavo</strong> ha<br />
dettato la condanna a morte dei rivali, uno di questi ha manovrato<br />
la mannaia, di cui egli stesso è stato vittima: Gilberto Chini del<br />
‘Quintino Sella’ che l’altr’anno fu il sorprendente terzo, ieri ha<br />
voluto tentare la via della vittoria, buttandosi allo sbaraglio dopo<br />
poche centinaia di metri di corsa.<br />
<strong>Scavo</strong>, asciutto, accigliato, quasi cattivo nel bello sforzo,<br />
gli andò dietro e, più Chini spingeva meno egli cedeva; ancora, se<br />
l’atleta in maglia verde sentiva man mano il vuotarsi delle proprie<br />
energie, <strong>Scavo</strong> avvertiva con sempre minor tocco al suolo le<br />
spinte degli inseguitori, nessuno dei quali, ammesso che l’avesse<br />
tentato, era riuscito a svincolarsi dalla paura generale per vedere<br />
di accodarsi ai fuggitivi. Notarangelo<br />
1 Alfredo Berra, promotore dell’atletica laziale nel dopoguerra con l’UISP, venne a Roma da<br />
Torino, chiamato da Bruno Zauli. Qui fondò il movimento che diede origine al Club Atletico<br />
Centrale, società dove gareggiarono i vari Frinolli, Spinozzi, Viragh, Pescante. Berra è stato<br />
collaboratore prima e giomalista professionista poi al Corriere dello Sport; successivamente si<br />
trasferì a Milano alla Gazzetta dello Sport. Per stile appartenne da subito alla categoria dei<br />
“maestri”. Attualmente Berra, malato, ha lasciato la professione e vive in una clinica a<br />
Grottaferrata; gli sono vicini i vecchi amici, quelli che sono stati i suoi allievi di un tempo e che<br />
hanno cercato di sviluppare, non semp re riuscendoci, le sue idee.
arrancava a testa bassa senza reazione, sfinito da emozioni,<br />
discussioni e altro di questi ultimi tempi; Lener, poco meglio che<br />
ultimo dopo il via, non avrebbe incominciato che molto tardi il suo<br />
famoso finale e comunque non s’è certo comportato da corridore di<br />
millecinque; Miroli filosoficamente pensava che le campestri non<br />
erano per lui e procedeva «seduto». Con loro, per esser partito senza<br />
responsabilità si trovava qualcuno, come il solido Alessandro<br />
Pasquali, e come Carlo Bartolini a proprio agio; mentre Sabatini, da<br />
anni in attesa della buona giornata, vigilava, lui ben allenato,<br />
silenzioso e deciso.<br />
Quando Chini scoppiò (e fu miccia in una polveriera in<br />
quanto l’atleta si fermò e giunse al passo, fra gli ultimi) Sabatini era<br />
in prima linea dietro al lanciatissimo <strong>Scavo</strong>, che finì, secondo il suo<br />
solito, in bellezza. Primo pertanto un giovane di <strong>Velletri</strong> seguito da<br />
un altro che è cittadino solo come frequenza scolastica, ma in realtà<br />
è di Civitavecchia, allenato come ben si sa da Oscar Barletta.<br />
Non è una novità la prevalenza dei «provinciali» in gare di<br />
questo tipo. L’assenza di piste a casa loro, e le spedizioni di<br />
allenamento lungo le strade o i campi (dobbiamo aggiungere che<br />
oltre il suo professore assistono <strong>Scavo</strong> quelli dell’ACLI <strong>Velletri</strong>, e<br />
specificatamente il noto Fabio Lunatici: il successo quindi è anche<br />
loro); le corse dunque di lunga resistenza di chi non ha le Terme o la<br />
Farnesina per allenarsi o per chiacchierare sono utili alla<br />
costituzione per questi giovani di una solida base su cui lo sviluppo<br />
delle gare elabora i necessari progressi di ritmo e di velocità.”<br />
Alla fine di aprile, i1 24, allo stadio della Farnesina, le<br />
eliminatorie dei campionati provinciali studenteschi su pista. La<br />
tribunetta era gremita di studenti e il campo tenuto eccezionalmente<br />
sgombro dal bel lavoro dei professori Clemente Toscano dell<br />
‘Albertelli’ e Luciano Dresda del ‘Nautico’. Molti grossi nomi erano<br />
venuti: Bruno Zauli al pomeriggio, su per la
traballante scaletta dei giudici, a interessarsi di tutti; quindi<br />
Marcello Garroni, Giorgio Oberweger, Pasquale Stassano.<br />
<strong>Scavo</strong> e Leoni erano iscritti alla gara dei 1000 metri. Quel<br />
giorno, o perché non stava bene o perché effettivamente non aveva<br />
confidenza con l’anello scorrevole della pista, le cui curve erano<br />
molto diverse da quelle dello stadio calcistico di <strong>Velletri</strong> dove si<br />
allenava, Gianni, pur vincendo la sua batteria in 2’43”6, venne<br />
superato come tempo da tre atleti: Ugo Sabatini, Carlo Bartolini e<br />
Maurizio Natarangelo, il biondo idolo delle scuole romane, che<br />
nella finale della campestre era stato quinto.<br />
La stampa sportiva scrisse che <strong>Scavo</strong> andava bene nelle<br />
campestri, ma che la sua falcata non andava per la pista. La<br />
grande penna di Alfredo Berra, sul Corriere dello Sport, tra scrisse<br />
che “<strong>Scavo</strong> fu visto assai meno bello che per i prati: cioè quel<br />
passo corto ed economico, così adatto ai percorsi irregolari, in<br />
pista diventa quasi un affanno e un trapestio che Laurenti del<br />
‘Giulio Cesare’. che pure è assai duro di tronco e corre a spalle<br />
alzate, finì per sconvolgere con un pericoloso finale. Assai meglio<br />
Notarangelo, tranquillo e candido in una maglietta di tipo inglese;<br />
e arrabbiati, Sabatini e Bartolini, due figli di ferrovieri, che si<br />
sono battuti senza quartiere ottenendo i tempi migliori della<br />
giornata. Lorenzo Miroli è arrivato senza gambe con l’anima tra i<br />
denti ma tremebondo dei calci dei professori che non avrebbero<br />
tollerato un nuovo ritiro: occorre dargli atto della discreta<br />
impresa. Poi Piero Lener e Alessandro Pasquali, che hanno le<br />
gambe meno lunghe della compagnia ma Pasquali in compenso ha<br />
le mutandine meno corte, bordate di nero e più abbondanti di<br />
quelle di un reverendo. Ezio Bresciani, è la divisa del ‘Virgilio’?”<br />
Gianni <strong>Scavo</strong> si trovò così faccia a faccia con quel<br />
commento sbrigativo, con quei secondi persi rispetto ai tre rivali.<br />
Due grandi delusioni che avrebbero piegato molti.<br />
21
Ma lui non chinò il capo, non si creò complessi di inferiorità:<br />
continuò solamente ad allenarsi.<br />
Quattro giorni dopo, il 28 di aprile, ancora alla<br />
Farnesina, nella prima semifinale, che lo opponeva a Sabatini, il<br />
più forte delle eliminatorie, partì senza temporeggiare, senza<br />
risparmiarsi, dette tutto fino all’ultimo metro. Vinse sul rivale in<br />
2’39”1, superò tutti i tempi ottenuti nelle eliminatorie, fu di nuovo<br />
il migliore.<br />
La stampa non ne era molto convinta, i tempi ottenuti quel<br />
giorno da Bartolini, Miroli e Natarangelo erano poco meno o<br />
poco più di un secondo peggiori del suo.<br />
La finale all’Olimpico mercoledi cinque maggio: <strong>Scavo</strong>-<br />
Notarangelo!<br />
<strong>Il</strong> duello infiamma i cinquantamila ragazzi presenti. Era una<br />
questione di prestigio per i dieci finalisti romani (l’undicesimo era<br />
il veliterno Eligio Leoni) riuscire a battere <strong>Scavo</strong>. E per fare<br />
questo bisognava favorire in tutti i modi Notarangelo. Alla<br />
partenza, quindi, si cercò di chiudere l’atleta volsco, di non<br />
permettergli di giocare la carta dell’andatura. A causa di questo<br />
tentativo di frenamento, i primi duecento metri vennero coperti in<br />
un tempo poco brillante, con <strong>Scavo</strong> a sgomitare nelle retrovie e<br />
Notarangelo che vola via. Ma la distanza comincia a tagliare le<br />
gambe a tutti. Tutti meno che <strong>Scavo</strong>, in rimonta rabbiosa. Un<br />
duello splendido si accende a distanza tra il biondo Maurizio,<br />
lanciato da una falcata distesa e volante e sorretto dal tifo dei<br />
cinquantamila, e il nostro <strong>Giovanni</strong> che si è lasciato alle spalle<br />
tutti gli altri, e che è ormai in rimonta irresistibile. Gli ultimi<br />
duecento metri sono uno scontro all’ultimo sangue, che vede<br />
Notarangelo cedere di schianto nell’istante del sorpasso, e poi<br />
crollare a terra sulla linea del traguardo mentre <strong>Scavo</strong>, spezzato<br />
rabbiosamente il filo di lana 2 , continua a correre sul prato fino<br />
alla sua borsa.<br />
2 Gianni <strong>Scavo</strong> caratterizzava le sue vittorie, un’abitudine che conservò sempre, alla maniera di<br />
Luigi Beccali, spezzando il filo di lana con le mani invece che con il petto.<br />
22
La stampa parlerà poi di presunte scorrettezze di <strong>Scavo</strong> sul<br />
rettilineo d’arrivo. Grazie a Dio i giudici di gara furono meno<br />
faziosi e sancirono la vittoria in 2’37”7, nuovo miglior tempo<br />
assoluto.<br />
Dietro i primi due si assiste a una selezione durissima dalla<br />
quale esce fuori Carlo Bartolini che termina la sua fatica in<br />
2’40”5 dopo che aveva ceduto negli ultimi duecento metri rispetto<br />
ai battistrada. Quarto è Giorgio Lo Giudice con un tempo<br />
(2’42”3) di cui pochi lo credevano capace. Poi Lener, Giorgio<br />
Carone e Sabatini. Eligio Leoni è nono in 2’50”2.<br />
Dopo questa successione di sforzi, <strong>Scavo</strong> non comparve come al<br />
solito, a passeggiare con gli amici sul Ponte Rosso. Seppi che era<br />
malato, estenuato. Si era anche ritirato in una di quelle dure gare<br />
regionali di 800 metri, che furono la sua prima gara federale,<br />
sorpreso di quante cose ci fosse bisogno in pista, oltre che di<br />
correre a perdifiato. Pareva che la sua splendida meteora avesse<br />
esaurito la sua parabola. Ma, ai primi di giugno, ricomparve. Si<br />
era ripreso. Anche atleticamente. Infatti, quando scomparve di<br />
nuovo, si seppe che era stato convocato a Merano dalla FIDAL<br />
per un raduno dei migliori studenti-atleti italiani. Alla fine<br />
dell’intenso periodo di preparazione collettiva ci furono delle<br />
gare. <strong>Scavo</strong> si presenta sulla pista meranese fra il fior fiore della<br />
gioventù studentesca atletica del mezzofondo per fare i ‘suoi’<br />
1500. Ebbene, liguri o veneti, lombardi o piemontesi, veloci o<br />
resistenti, caparbi o puntigliosi, li battè tutti vincendo in 4’08”.<br />
Qui incontrò per la prima volta Gianfranco Baraldi il quale<br />
appariva il più titolato, almeno per la pista. In quel mese di<br />
permanenza a Castel Labers, s’era creata l’onesta rivalità dei<br />
giovani forti dai temperamenti opposti. Pioveva, allo stadietto di<br />
Merano, che Dio la mandava. Una pioggia maledetta che riduce in<br />
pessime condizioni il campetto su cui gli atleti si sono<br />
generosamente prodigati.
Nicola Placanica, 3 fedele alla consegna non corse al riparo<br />
nonostante piovesse ormai a dirotto e il suo vestito da villeggiante<br />
fosse pregno d’acqua come la gomena di un vaporetto.<br />
Fernando Silvestri, il direttore tecnico del corso, dalla tribuna si<br />
impietosì e gli procurò uno di quegli impermeabili trasparenti che<br />
il professore indossò direttamente sulla maglietta bianca<br />
liberandosi della giacca bagnata e se ne tornò a mettere in fila i<br />
ragazzi sulla linea di partenza, conciato in modo da far ridere, se<br />
gli altri ne avessero avuto voglia e coraggio.<br />
Avvenne qui, quella prima volta, quel duello che sarebbe<br />
capitato in seguito tante altre volte, ora con la vittoria dell’uno<br />
ora dell’altro. Mentre Baraldi pareva filare verso la vittoria,<br />
<strong>Scavo</strong> s’impegno in un disperato finale a testa bassa e vinse. Si<br />
manifestò, per un momento, la figura del Campione che riunisce<br />
in sé le qualità divine e mortali e da allora si affermò la ‘linea<br />
agonistica’ di <strong>Giovanni</strong> <strong>Scavo</strong>. Era l’inizio di una nuova serie di<br />
successi.<br />
Gianni <strong>Scavo</strong> aveva resistito o meglio aveva voluto<br />
resistere ai metodi di allenamento di Mario Lanzi, balzando così<br />
alla ribalta con un impeto tale da impressionare. E Mario Lanzi<br />
allenò Gianni, in questo periodo di raduno, come non aveva fatto<br />
con nessun altro atleta di quell’età, sveltendolo nell’azione e,<br />
soprattutto, facendolo progredire in velocità. E sotto<br />
quell’esperta guida, Gianni finiva il lavoro giornaliero quasi<br />
senza sudare.<br />
Tornato a casa, ricevette le cure di Giuseppe (Peppino)<br />
Cuccotti, l’anziano allenatore del CUS Roma, che lo inserì nella<br />
sua società.<br />
Ed ecco <strong>Scavo</strong> in agosto a Napoli, ai campionati italiani<br />
di seconda serie, dove è quarto nei 1500, fra atleti con molti anni<br />
di esperienza, e migliora il suo primato. Poco dopo è a Firenze,<br />
3 Nicola Placanica da Vercelli, fu il primo direttore tecnico e responsabile della scuola nazionale di<br />
atletica leggera di Formia, inaugurata il 23 Novembre 1955. Scuola che, fortemente voluta da<br />
Bruno Zauli, radunò subito, sotto la direzione di Giorgio Oberweger, i migliori allenatori nazionali<br />
di allora.<br />
24
ai campionati italiani assoluti, lui alla sua terza corsa sui 1500<br />
metri contro i migliori specialisti d’Italia. Ci sono alla partenza<br />
Vittorio Maggioni, Mario Geat, Valentino Mansutti, uomini nella<br />
pienezza delle loro energie ed all’apice della loro carriera. <strong>Scavo</strong><br />
li battè tutti, migliorando ancora in 4’04”8. Dopo questa vittoria<br />
in batteria corse la finale nel pomeriggio e non si piazzò male,<br />
seppur svuotato di energie, con il suo quinto posto dietro Mansutti<br />
e Geat.<br />
Agli inizi di quell’autunno, ancora più interessante della<br />
primavera, alle Terme, battè ancora Mansutti, il grande atleta<br />
pontino. Nello stesso stadio, al Gran Premio delle Regioni, me<br />
presente, vinse ancora i 1500 con un tempo che rappresentò il suo<br />
primato (4’04”6), superando con una volata indescrivibile il<br />
fuoriclasse bergamasco Gianfranco Baraldi.<br />
La piccola tribuna delle Terme era gremita di diciotto<br />
‘colonie’ di colori diversi, uno per ogni regione. Gli atleti del<br />
Lazio indossavano le maglie nere che per regolamento vanno<br />
sempre alla squadra di casa.<br />
Di tutte le gare in programma, la più attesa era quella dei<br />
1500, specialità da troppo tempo in ribasso. E la gara non tradì le<br />
aspettative.<br />
Le batterie del sabato avevano selezionato i migliori. La<br />
domenica chi si aspettava la solita gara di attesa in gruppo, ha<br />
subito fugato i suoi timori. Al colpo di pistola Gianni <strong>Scavo</strong> va<br />
subito in testa: 59 secondi al primo giro, seguito come un’ombra<br />
da tutti gli altri. Stessa situazione al secondo giro poi, ad un primo<br />
tentativo di Gianfranco Baraldi a 200 metri dalla fine, Gianni<br />
reagisce con una grinta inaspettata, e s’è capito allora come la<br />
vittoria fosse suo diritto, avendo con la propria andatura fiaccato<br />
prima delle proprie energie quelle degli altri.<br />
La stagione e l’anno si concludevano con un’ultima<br />
vittoria nei 1000 metri del ‘Criterium Studentesco’ strabatten do<br />
con 3’34”2, il suo tempo dell’Olimpico, e rispondendo nel<br />
25
modo migliore a chi allora aveva avanzato dubbi sul titolo di<br />
campione provinciale, ora che anche su questa distanza, era il<br />
miglior studente d’Italia. Una gara che ebbe come teatro ancora il<br />
magnifico scenario delle Terme, e la regia fu curata con il solito<br />
impeccabile impegno da Peppino Tartaglia, l’elettrico direttore<br />
dello stadio.<br />
Avanzava intanto l’autunno, le erbette degli stadi<br />
rabbrividivano alle prime folate fredde, le piste si allagavano alle<br />
prime piogge.<br />
<strong>Scavo</strong> si riposa. Ma, di nuovo, la notizia che <strong>Scavo</strong> è<br />
ammalato; ha avuto una emorragia, è all’ospedale. L’ospedale di<br />
<strong>Velletri</strong>, sul fianco dell’Artemisio, vicino alla Villa Antonelli, fra i<br />
castagni, con uno splendido e luminoso paesaggio aperto sulla<br />
pianura e sul mare. Traducendo Orazio con Pietro Giannone a<br />
poche centinaia di metri da dove <strong>Giovanni</strong> <strong>Scavo</strong> giaceva, pensavo<br />
alla caducità delle cose umane, al contrasto sorprendente tra lo<br />
stato di degenza attuale e lo stato normale di super efficienza di<br />
quel fisico.<br />
A gennaio i giornali lo davano per finito riguardo allo<br />
sport. Poi, improvvisamente, a primavera, eccolo esordire negli<br />
800 con un tempo degno di lui, dopo aver regolato definitivamente<br />
i conti con Notarangelo sui 1000.<br />
Al campionato di società vince i 1500 migliorando il<br />
primato laziale di Oscar Barletta che era vecchio di tredici anni<br />
poi, il 30 settembre, si laurea addirittura campione italiano negli<br />
800 metri dopo un memorabile duello sin sul filo di lana con<br />
Gianfranco Baraldi. 4 Conquista i primati nazionali juniores degli<br />
800 e dei 1500 con i rispettivi tempi di 1’52”5 e 3’57”4, è ormai<br />
un campione acclamato.<br />
4 Gianfranco Baraldi si prese la rivincita due giorni dopo in una entusiasmante gara di 1500 metri.<br />
Baraldi segue <strong>Scavo</strong> fino ai mille metri, poi passa al comando e attacca con relativa facilità,<br />
involandosi solitario verso il traguardo. Baraldi termina in 3’53”6 migliorando il primato dei<br />
campionati detenuto da Beccali. Gianni <strong>Scavo</strong> è secondo in 3’57”4.<br />
26
1955. Aspirante campione<br />
I<br />
campionati italiani del 1955, che si svolgono presso la<br />
gloriosa Arena di Milano, rappresentano un punto di<br />
riferimento dell’atletica nazionale. I miglioramenti<br />
cronometrici e, soprattutto, il ricambio generazionale, incoraggiano<br />
1’aggiornamento a la modernizzazione dei programmi e dei<br />
sistemi di preparazione prendendo ad esempio i nuovi metodi già<br />
applicati nei paesi atleticamente più evoluti. In effetti, i nuovi<br />
sistemi di allenamento intensivo propugnati e divulgati dal<br />
commissario tecnico Giorgio Oberweger e dagli altri istruttori<br />
nazionali come Sandro Calvesi, Lauro Bononcini, Mario Lanzi,<br />
Giuseppe Russo, nei frequenti raduni di preparazione, consentono<br />
alla massa dei neofiti che allora 1’atletica reclutava, di compiere<br />
passi notevoli verso 1’eccellenza nazionale. Tra i molti che ben<br />
promettono ci si augura di trovare il fuoriclasse capace di<br />
competere anche a livello internazionale.<br />
E già in quel primo anno di attività, Gianni <strong>Scavo</strong> e<br />
Gianfranco Baraldi erano apparsi elementi di futuro avvenire.<br />
<strong>Scavo</strong> per rinverdire le imprese di Lanzi, di cui ne ricorda le<br />
caratteristiche negli 800 metri, e Baraldi per essere il nuovo<br />
Beccali nei 1500 metri. Gianni <strong>Scavo</strong> e Gianfranco Baraldi sono<br />
gli emblemi della nuova atletica italiana; contribuiscono<br />
grandemente a togliere dall’im mobilismo il settore del mezzofondo<br />
veloce, dimostrando la capacità di sostituire Lanzi e Beccali e
di riprendere quel discorso, rimasto in Italia lungamente interrotto,<br />
di inserirsi nei valori intemazionali. <strong>Scavo</strong> e Baraldi riassumono lo<br />
sforzo fatto nel dopoguerra, sul piano della ricerca atletica: lo<br />
sport scolastico vantava in loro, due dei più validi prodotti.<br />
Grande risalto ottiene il mezzofondo maschile sulle pagine<br />
di <strong>Atletica</strong>, ufficiale organo di stampa della FIDAL, allora<br />
periodico settimanale, più bollettino che rivista, ma senz’altro<br />
esaustivo di tutta 1’attività svolta. “La cortina di mediocrità che<br />
negli ultimi anni aveva avvolto e nascosto, le corse del<br />
mezzofondo nostrano pare finalmente dissolversi. Resistono i<br />
limiti di Luigi Beccali e Mario Lanzi; ma, a parte che in questo<br />
1955 sono state create solide premesse per avvicinarli, o<br />
superarli, nulla del passato, considerando le cose nel suo<br />
complesso, si può dire sia rimasto insuperato.<br />
In sede di bilancio della stagione 1954 parlammo con<br />
entusiasmo dei progressi dei giovani, illustrando ampiamente il<br />
medio livello qualitativo raggiunto, sia riferito agli indici dei<br />
valori di punta che a quelli della massa. Scrivemmo che alla base<br />
c’era molto di buono e che il tempo ci avrebbe dato ragione: chi<br />
poteva pensare che ciò sarebbe avvenuto in una sola stagione? Le<br />
considerazioni già positive del 1954 lasciano il passo ad altre<br />
note ben più rilevanti, note che naturalmente illustrano la realtà<br />
di magnifici progressi. Le medie precedenti sono state cancellate<br />
da una quantità di risultati mai registrata in Italia.<br />
E sono i giovani e i giovanissimi che hanno risposto<br />
all’appello: il coraggio e l’entusiasmo, di cui il nostro mezzofondo<br />
aveva bisogno, potevano esprimerli solo loro.<br />
Oggi si può dire che si sia fatto giorno.<br />
C’è stata letteralmente una rivalutazione, prima<br />
psicologica che tecnica, di valori attribuiti a determinati limiti<br />
negli 800 e nei 1500 metri. Correre in 1’55”- 1’56” o intorno ai<br />
32
4’ (più sopra che sotto) nelle rispettive distanze, fruttava nel più<br />
recente passato titoli e maglie azzurre a colpo sicuro, e di<br />
conseguenza tali limiti erano ritenuti un miraggio per la maggior<br />
parte dei praticanti e un patrimonio prezioso per quei pochissimi i<br />
quali, sbuffando un poco, l’avevano ottenuti.<br />
Ora con tali prestazioni non accadrà più , nella normalità<br />
delle cose, di vincere titoli assoluti o d’andar di filato in<br />
nazianale; e poi essi paiono improvvisamente declassati, alla<br />
portata di chiunque abbia un minimo di resistenza, facilità di<br />
corsa, voglia di allenarsi.<br />
C’è stata una rivoluzione nelle classifiche. Negli 800<br />
Gianni <strong>Scavo</strong> e Enrico Spinozzi che quest’anno comandano la<br />
graduatoria stagionale, nel ‘54 nemmeno vi apparivano; mentre<br />
Gianfranco Baraldi che li segue vicinissimo era decimo con tre<br />
secondi di peggio. Natale Coliva, Ambrogio Barili, Maurizio<br />
Notarangelo, Piero Porciatti e Giuseppe Fontanella, tutti nuovi<br />
alla cronaca dei primi dieci. Giuliano Gelmi è stato l’unico con<br />
Baraldi, che abbia migliorato la propria classifica tenendo il<br />
passo travolgente dei giovani, mentre Piero Patelli e Angelo<br />
Tagliapietra 5 sono ancora dentro, ma hanno perso posizioni e<br />
preminenza.<br />
Così è anche nei 1500 metri, dove Baraldi e Gelmi sono<br />
saliti dal settimo (per entrambi) al primo e terzo posto<br />
rispettivamente, mentre i soli due atleti presenti nei primi dieci sia<br />
nel 1954 che nel 1955, Vittorio Maggioni e Alfredo Rizzo, sono<br />
decimo e settimo, da primo e quinto che erano. Gli altri, <strong>Giovanni</strong><br />
<strong>Scavo</strong>, Antonio Ambu, Natale Coliva, Giorgio Gandini, Giuseppe<br />
Fontanella, Luigi Bassano, appaiono per la prima volta in tale<br />
graduatoria. Baraldi e <strong>Scavo</strong> sono stati i capi della bella rivolta.<br />
5 Angelo Tagliapietra, nel 1949, a 18 anni aveva alimentato grandi speranze correndo i 1500 in<br />
3’54”3 e gli 800 in 1’53”2. Speranze rimaste purtroppo senza seguito. Fece sensazione una sua<br />
vittoria sul quotato e famoso Gaston Reiff, nei 1000 metri, durante una tournèe che il belga fece in<br />
Italia nel 1950.<br />
33
Gianfranco Baraldi, che s’èra affermato nel 1954 come il<br />
migliore tra i terza serie con 1’56”1 e 4’03”6, ha avuto nel 1955<br />
una stagione molto felice correndo ben dodici volte i 1500 sotto i 4<br />
minuti e cinque sotto i 3’57”, conquistando il titolo di campione<br />
nazionale e, con 3’53”6, la seconda prestazione italiana di tutti i<br />
tempi. Anche negli 800 è stato uno dei migliori e nelle poche volte<br />
che ha corso la distanza ha sempre progredito scendenda via via a<br />
1’55”, 1’54”5, 1’53”9, fino a 1’53”1 con il quale ha conquistato<br />
la medaglia d’argento ai campionati assoluti. Con l’ottima<br />
resistenza organica e le doti di treno che lo distinguono, gli si<br />
apre un bell’avvenire, anche fino ai 5000.<br />
Di <strong>Giovanni</strong> <strong>Scavo</strong> si è tanto parlato qui e altrove: si<br />
attende l’annata di gare da giugno in poi (perché prima sarà<br />
impegnato nell’ultimo anno di ragioneria) per goderne la<br />
progressiva maturazione e il progressivo rendimento. Difficile<br />
porgli dei limiti per ora. Nel 1955, suo secondo anno di pratica<br />
atletica e prima stagione dedicata agli 800, 1’52”5 (quinto<br />
risultato italiano di ogni tempo), 1’52”6, 1’53” sono stati i suoi<br />
risultati migliori, oltre al 3’57”4 nei 1500. Ha anche provato i 400<br />
correndo in 50”2 con un avvio di gara lento e impacciato, il che<br />
dice tutto sulle sue qualità.<br />
Sua mira dovrebbe essere Melbourne anche se non potrà<br />
impegnarsi a fondo fin dall’inizio per i suddetti motivi di studio.<br />
Anche se, l’unoequarantanove verosimilmente è più difficile da<br />
raggiungere del treequarantanove per Baraldi.<br />
Ci preme anche mettere in luce l’andamento cronistico<br />
della più interessante stagione che il mezzofondo italiano abbia<br />
avuto nel dopoguerra.<br />
A tutto giugno Gelmi era capolista degli 800 con 1’55”4 e<br />
con Patelli aveva battuto <strong>Scavo</strong> a Bologna, finale del campionato<br />
di società, dal canto suo <strong>Scavo</strong> conduceva i 1500 con 3’58”6. A<br />
fine giugno cominciava ad affermarsi Baraldi, che non aveva<br />
partecipato alle finali del C.d.S. per l’esclusione<br />
34
della sua società: il 26 a Vigevano diveniva primatista degli 800<br />
con 1’55” e tre giorni dopo a Brescia (selezione per Italia -<br />
Grecia) anche dei 1500, vincendo in 3’58”4, una gara assai<br />
malaccortamente condotta da <strong>Scavo</strong> che pagò con il ritiro la sua<br />
audacia. Intanto si segnalava Gelmi per essere ben sotto i quattro<br />
minuti.<br />
<strong>Il</strong> sei luglio <strong>Scavo</strong> eguaglia lo stagionale degli 800 di<br />
Baraldi battendo di poco un altro diciannovenne, Coliva (1’55”<br />
contro 1’55”4).<br />
Luglio passava senza altre imprese di rilievo, eccettuato il<br />
risultato di Baraldi ai Giochi del Mediterraneo: il bergamasco<br />
scende in quella occasione ad un rimarchevole 3’55”6,<br />
consolidando la sua posizione alla guida della graduatoria<br />
stagionale ed inserendosi per la prima volta tra i migliori dieci<br />
atleti italiani di sempre. Intanto <strong>Scavo</strong>, il 31 luglio, esordisce<br />
vincendo (1’55”3), con la nazionale juniores, nell’incontro di<br />
Chambery contro i pari età transalpini.<br />
Ad agosto si maturano i presupposti per la grande<br />
rivoluzione. Mentre Baraldi, <strong>Scavo</strong> e Coliva, i tre giovani più<br />
interessanti del momento, partivano per la Finlandia, a Merano,<br />
nel centro addestramento per studenti-atleti, messisi in luce nel<br />
1955, un gruppetto d’altri ragazzi si misero di buzzo buono a<br />
preparare un ottocento che si sarebbe disputato a fine corso.<br />
A questi attacchi combinati, il primato stagionale non<br />
poteva resistere. Arrivarono prima quelli di Merano: il 10 agosto<br />
Enrico Spinozzi e Maurizio Natarangelo, alle loro prime<br />
esperienze sulla distanza, realizzano 1’54”7 e 1’54”8, mentre<br />
Barili, Fontanella e Vittorio Buzzi scendevano sotto l’1’56”. Data<br />
anche la scarsa notorietà degli autori, l’impresa fu ritenuta<br />
strepitosa, che non si ricordava, nel dopoguerra, simile sequenza<br />
di tempi ottenuti in una sola gara.<br />
Sette giorni dopo, nella lontana Finlandia, <strong>Scavo</strong> e<br />
Baraldi, impegnati in una garetta a Heimola, si riprendevano il
loro primato correndo entrambi in 1’54”5. Mentre in Italia la<br />
stagione languiva, i tre ‘finlandesi’ continuarono a correre: il 21<br />
agosto Coliva migliora, dietro Baraldi, il suo record dei 1500<br />
portandolo a 4’00”6; il 25 Baraldi realizza un buon 3’56” e<br />
Coliva non gli è da meno migliorando ancora (4’ netti), mentre<br />
<strong>Scavo</strong> si ripete sull’1’54”5, terzo di una gara balorda condotta in<br />
59” al passaggio ai 400 metri; tre giorni dopo era ancora la volta<br />
di Coliva che diveniva primatista stagionale degli 800 con 1’54”2,<br />
merito anche di Baraldi che fece il treno (1’54”4); e <strong>Scavo</strong> alle<br />
prese con un 1500 senza avversari scendeva facilmente sotto i 4’.<br />
Nell’ultima gara, il 2 settembre ad Helsinki, alle buone<br />
prove di Baraldi e Coliva nei 1500, si univa la gara di <strong>Scavo</strong> nei<br />
1000, da lui condotti a ritmo elevatissimo fino agli 800, con<br />
passaggio di 1’55”4, e scadente nel finale, per un totale di 2’28”9<br />
sulla distanza.<br />
Si ritorna in Italia, e viene la grande giornata: notturna l’8<br />
settembre a Bologna con Roger Moens, 6 fresco primatista<br />
mondiale degli 800 metri, che fa passerella vincendo in 1’47”9 di<br />
passaggio nella gara delle 880 yards.<br />
‘Finlandesi’ e ‘Meranesi’ si incontrano: Gianni <strong>Scavo</strong> si<br />
riprende di forza il primato, scendendo a 1’52”5, Enrico Spinozzi<br />
gli arriva vicino con 1’53”, Gelmi, Barili, Porciatti migliorano<br />
assai i loro personali scendendo tutti sotto l’1’55”; Coliva,<br />
primatista stagionale, è battuto nettamente. In un mese, dunque, lo<br />
scettro degli 800 è passato cinque volte di mano, da <strong>Scavo</strong>-Baraldi<br />
a Spinozzi, a <strong>Scavo</strong>-Baraldi ancora, a Coliva ed infine di nuovo a<br />
<strong>Scavo</strong>. Sempre nella nottuma di Bologna, Giorgio Gandini che<br />
dieci giorni prima aveva inopinatamente battuto Gelmi negli 800<br />
in 1’55”8, rivelando inaspettate doti di<br />
6 <strong>Il</strong> 16 agosto 1955, sulla famosa pista del Blisset di Oslo, Roger Moens migliora il record mondiale<br />
di Rudolf Harbig, correndo in 1’45”7 davanti al norvegese Audun Boysen capace di 1’45”9. Le due<br />
frazioni di 400 metri furono stimate in 52”0 e 53”7 per il belga e in 52”6 e 53” 3 per il norvegese.<br />
36
velocità, arriva assai vicino a Baraldi correndo i 1500 in 4’ netti,<br />
primato personale e Beppe Fontanella, un altro ‘meranese’<br />
scendeva a 4’01”.<br />
Enrico Spinozzi scrisse della magnifica gara di Moens, o<br />
meglio della sue gara, con un buon gusto peregrino e una certa<br />
confusione sintattica 7 sul settimanale ‘La Roma’. “Nel buio tutto<br />
era attutito, e c’erano anche pochi riflettori, sicché le curve erano<br />
piuttosto scure. Moens si scaldava buono buono con certi occhiali<br />
che poi si è tolto. Intanto i dirigenti del Racing cercavano la solita<br />
lepre. Da un’altra parte Raffaele Bonajuto 8 tirava sempre il<br />
giavellotto oltre i 65 (almeno nei primi tre lanci) e Raffaele Drei<br />
non si rendeva conto di come facesse. Fresco umido, pista ottima,<br />
anche se aveva piovuto il giorno precedente e la mattina stessa.<br />
Di qualche parte sbuca <strong>Scavo</strong> (meno male che qualcuno<br />
tira!) Ci siamo trovati là, alla partenza senza accorgersene e<br />
senza troppa emozione. Schierati dalla corda: io, Coliva, <strong>Scavo</strong>,<br />
Cesare Dordoni, Moens e la lepre Barbanti. In seconda fila:<br />
Barili, dietro a me, Gelmi e gli altri.<br />
Del via la gente pare che si sia accorta dopo lo sparo.<br />
Sono partito sveltissimo, ho fatto 30 metri in testa, quindi sul<br />
rettilineo sono passati la lepre, poi Moens, poi <strong>Scavo</strong>, poi Coliva.<br />
Sano stato fino alla campana relativamente vicino, subito dietro<br />
<strong>Scavo</strong> e Coliva; all’inizio della penultima curva s’è fatto un po’ di<br />
spazio fra questi due, e con pronto intuito Barili e Gelmi si sono<br />
infilati. Penultimo rettilineo: <strong>Scavo</strong>, Barili e Gelmi vicini a due o<br />
tre metri, Coliva ad altri due o tre metri, io che come al solito non<br />
riuscivo a stare agganciato, però andavo con buona facilità. A<br />
metà dell’ultima curva, vedendo che finivo sempre più dietro e<br />
credendo, come Barili, che l’arrivo fosse a<br />
7 Introduzione redazionale all’articolo.<br />
8 Raffaele Bonaiuto, un pupillo di Raffaele Drei uno dei nostri migliori specialisti negli anni trenta.<br />
Bonaiuto, atleta di ottima taglia, fu capace di 70.14 a diciotto anni, nel ‘56. Quattro anni dopo<br />
arrivò a 74.88, senza peraltro realizzare le promesse dei suoi giorni più verdi. Cfr. Roberto L.<br />
Quercetani ‘<strong>Atletica</strong>’ Vallardi & Associati pag. 150.<br />
37
metà rettilineo, sono partito e girando a metà della terza corsia<br />
sono arrivato addosso a <strong>Scavo</strong>. Questi ha messo la testa nel solito<br />
mado, è ripartito ed abbiamo fatto spalla a spalla una trentina di<br />
metri di rettilineo.<br />
Quando già vedevo le linee del presunto traguardo, <strong>Scavo</strong><br />
aveva già sistemato la questione con mezzo metro di vantaggio,<br />
ho visto Moens avanti a noi ancora correva verso la fine del<br />
rettilineo, così in un momento ho perso tre o quattro metri e sono<br />
finito un po’ male. <strong>Scavo</strong> è stato fortissimo e dopo dieci minuti<br />
aveva già completamente ricuperato dopo aver dato di stomaco. ”<br />
Dopo tutto questo, 1’attenzione per 1’atletica si concentrò<br />
nel mezzofondo, vennero gli splendidi risultati di Baraldi ai<br />
campionati italiani e in nazionale con molti giovani a sfiorare i<br />
quattro minuti nei 1500, mentre Gianni <strong>Scavo</strong>, all’esordio con la<br />
nazionale assoluta, nell’incontro Germania-Italia a Friburgo del 15<br />
ottobre, cerca di tener testa ai più titolati tedeschi Edmund<br />
Brenner (1’49”6) a Friedel Stracke (1’50”3), ripetendosi negli 800<br />
sui suoi tempi migliori (1’52”6).<br />
Era ancora un imberbe, Gianni <strong>Scavo</strong>, quando dalla<br />
Finlandia, oltre al pukko, 1’acuminato coltello dei boscaioli<br />
careliani, che portò sempre con sé ovunque andasse, riportò quelle<br />
metodologie dell’allenamento di interval-training, a cui<br />
guardarono, emulandole, le giovani leve laziali che avevano<br />
dimenticato la lezione di quell’Oscar Barletta di Szabo 9 .<br />
9 Miklos Szabo, ungherese, campione europeo degli 800 metri a Torino nel 1934 davanti a Lanzi,<br />
che ebbe anche il primato del mondo dei 1000 metri, nei critici anni bellici, condusse gli specialisti<br />
italiani a tempi chiaramente sotto i quattro minuti, tempi che non si raggiungevano dalle stagioni di<br />
Luigi Beccali. Oltre a Oscar Barletta da Civitavecchia, si ricordano Carlo Bertocchi da Bologna,<br />
Eraldo Colombo da Milano, l’ex croato Zmago Kosic, italianizzato in Cosi, e D’Ercole da Firenze.
1956. La crisi<br />
N<br />
el 1956 però, Gianni sospese quasi del tutto i suoi<br />
allenamenti dopo accese discussioni con il padre, uomo<br />
tutto d’un pezzo, ufficiale palermitano, che volle a tutti i<br />
costi che suo figlio per prima cosa avesse pensato a diplomarsi.<br />
La scuola era la sua più grande preoccupazione. Si tenga presente<br />
che allora non era nemmeno pensabile un avvenire legato al mondo<br />
sportivo; si correva per puro spirito dilettantistico.<br />
“...Tra questi atleti poveri e onesti, semplici e generosi, si<br />
vive un clima insolito, quasi irreale, che riconcilia con lo sport,<br />
riaccende gli entusiasmi più genuini.<br />
Quando il torinese Boni ha caprioleggiato a lungo sul<br />
prato, come un puledro impazzito, in segno di gioia per aver<br />
saltato con l’asta metri 3 e 70, un garbato giovanotto, ci ha chiesto<br />
«li pagano bene per ogni salto riuscito?»<br />
Così su due piedi non abbiamo saputo rispondere a quella<br />
domanda ingenua e terribile insieme; poco dopo, al garbato<br />
giovinetto e ai mille altri che s’erano ficcati in testa quella stessa<br />
domanda, ha risposto per noi, esaurientemente, il dott. Zauli,<br />
presidente della federaziane di atletica leggera, quando si è<br />
avvicinato al podio dei vincitori dei 10 mila metri e ha consegnato<br />
loro le solite piccole, francescane medagliette.
Domani questi atleti, viaggiando in terza classe,<br />
torneranno alle loro case e, con orgogliosa fierezza, mostreranno<br />
ai parenti il cimelio dei loro trionfi; domani torneranno tutti al<br />
lavoro, silenziosi e modesti, con nelle orecchie l’eco degli<br />
applausi: qualcuno di loro andrà in officina indossando,<br />
furtivamente, sotto la tuta da lavoro, una maglietta bianca di lana<br />
sottile bordata di tricolore...” 10<br />
Gli incentivi, quando possibili, erano legati al filo, spesso<br />
tenue delle disponibilità economiche delle società a cui gli atleti<br />
appartenevano; solo ai campioni si offriva qualche volta<br />
1’opportunità di trattare sottobanco con gli organizzatori dei<br />
meetings internazionali per avere un gettone di presenza. <strong>Il</strong><br />
rovescio della medaglia di questo gioco, in cui vennero coinvolti<br />
atleti famosi come Paavo Nurmi, Jules Ladoumègue, Gunder Hagg<br />
e Årne Andersson, era quello di venire espulsi dalla famiglia della<br />
IAAF per leso dilettantismo.<br />
E a questi incentivi non poteva certo aspirare 1’aurea mediocrità<br />
del mezzofondo italiano di quel periodo. Logico quindi che Gianni<br />
abbandoni 1’atletica per concentrarsi sullo studio anche se<br />
all’orizzonte potevano profilarsi addirittura 1e olimpiadi.<br />
La mia più forte preoccupazione è ora quella della scuola,<br />
se me la toglierò dai piedi a giugno, e sto studiando<br />
discretamente, sarà un bel peso che mi sarò tolto...><br />
Si sente inoltre abbandonato dalla sua società, il CUS<br />
Roma, e dal comitato regionale in quel lungo inverno di silenzio.<br />
< Mi fa solo rabbia una cosa - si sfoga con il suo amico Baraldi -<br />
e cioè che sia la mia società che il comitato laziale sembra si<br />
siano completamente dimenticati di me; io ho fatto i salti mortali<br />
per essi in diverse occasioni: a Bari con quel vento e quella pista,<br />
e in 38 ore, ho fatto quattro gare, ai campionati provinciali di<br />
società senza allenamento e con molto sforzo i 1500 in 4’5” a gli<br />
800 in 1’56”6 vomitando tutte e due le volte l’anima e tutto il<br />
resto. Mi avevano promesso un cronometro, una medaglia d’oro e<br />
dei denari per i primati laziali, ma ancora non vedo un accidenti<br />
e quel che è peggio è che ho dovuto spendere i soldi che avevo<br />
per le cure a cui mi sono dovuto sottoporre e ora sono al verde da<br />
molto tempo, si da farmi prestare i soldi dalla donna che abbiamo<br />
in casa, per andare al cinema con la mia Giuliana. Bah!!»<br />
Che non sia 1’annata giusta lo si capisce anche dai<br />
problemi di salute. Sempre a Gianfranco Baraldi scrive.
Ma lasciamo questi discorsi... ho saputo che ci sarà un<br />
raduno a Chiavari, ma io ho deciso, se sarò invitato, di non venire<br />
perché con le assenze fatte mi trovo in difficoltà con la scuola.><br />
In tutta la stagione del 1956, sono pochissime le sue<br />
apparizioni su pista. Gianni <strong>Scavo</strong> si vede solamente in una gara<br />
post-raduno il 2 di aprile a Schio dove come i 400 in 51”7 e il 15<br />
dello stesso mese quando corre gli 800 in 1’55”9.<br />
“<strong>Il</strong> raduno di Schio che si tiene in occasione delle vacanze<br />
pasquali, ospita il primatista finlandese del 1500 metri, Denis<br />
Johansson. I tre, quattro giorni che precedono le gare del lunedì<br />
di Pasqua, il triangolare veneto con la partecipazione dei<br />
nazionali e degli juniores, sono confortati dal bel tempo. La pista<br />
allagata prima, comunque pesante dopo, non è disastrosa. Fa<br />
molto freddo.<br />
Fino a pochi minuti prima delle gare si parla di mutare il<br />
programma delle prove di mezzofondo (800, 1500, 5000) in due di<br />
1000 e 3000 per mimetizzare eventuali cattive presta zioni; poi<br />
però non se ne fa nulla.<br />
Nella prima serie dei 400 Antonio Serena non brilla,<br />
nell’altra Ambrogio Barili conduce fino ai 300 dopo di che<br />
Gianni <strong>Scavo</strong> lo passa di forza guadagnando sette, otto metri e<br />
perdendone qualcuno nel finale, vincendo tuttavia nettamente.<br />
Negli 800 metri, dove partecipa Johansson, tre partenze<br />
irregolari. Al via parte in testa Enrico Spinozzi seguito dal<br />
finlandese. Ai 600 Natale Coliva, spronato a gran voce da Lauro<br />
Bononcini, parte velocissimo e a metà dell’ultima curva guida con<br />
cinque, sei metri. Nel finale si assiste al ritorno di Spinozzi che<br />
chiude in 1’56”1. Nei 1500 metri Gianfranco Baraldi sempre in<br />
testa con Sergio Tomiato dietro. A quattrocento metri dall’arrivo,<br />
Baraldi se ne va al solito modo, anche se arriva un po’ indurito.<br />
Sul 5000, Francesco Perrone e Franco<br />
46
Volpi si altemano al comando fino ai duemila, coperti in 5’57”,<br />
poi Perrone si invola solitario mentre Piero Lener è autore di un<br />
ottimo ultimo giro.<br />
Si notano le mansioni di speaker svolte dall’atleta,<br />
scrittore, polemista Franco Bettella: segue le gare, dice i tempi di<br />
passaggio, fa apprezzamenti. Durante la gara degli 800, in<br />
omaggio a Johansson, fa gli annunci in finlandese oltre che in<br />
italiano.”<br />
Pressato dai noti problemi di studio Gianni si rivedrà<br />
solamente il 21 luglio quando, benché con una condizione<br />
approssimativa, riesce a scendere sotto i 4 minuti nei 1500 metri<br />
(3’59”8) e il 25 agosto ancora negli 800 dove non va oltre<br />
l’1’55”1. È costretto quindi a fermarsi di nuovo per problemi fisici,<br />
afflitto dal mal di fegato. Consapevole di non poter rientrare in<br />
tempo nella giusta condizione, abbandona i sogni olimpici e, libero<br />
da impegni di studio, pensa subito alla preparazione della<br />
successiva stagione di gare.<br />
Gianni <strong>Scavo</strong> cominciava così la sua travagliata altalenante<br />
carriera sportiva, mentre Gianfranco Baraldi, di contro, era ben<br />
intenzionato a mantenere le aspettative dei suoi innumerevoli<br />
estimatori. Dopo il 4’ netti dell’esordio in aprile a Schio, Baraldi<br />
inizia il suo attacco aggirante al record italiano di Beccali,<br />
migliorando dapprima quello dei 3000, correndo la distanza in<br />
8’26”8 (prec. 8’27”4 di Umberto Cerati), poi quello dei 2000<br />
(5’21”6) ed infine succedendo a Luigi Beccali nella graduatoria dei<br />
1500 correndo, il 19 agosto a Budapest, in 3’47”8, guadagnandosi<br />
così, meritatamente, il viaggio in occasione delle Olimpiadi di<br />
Melboume dove va soprattutto per fare esperienza.<br />
47
1957. La grande speranza<br />
G<br />
Ianniiianni <strong>Scavo</strong>, comunque, dopo la crisi fisica e morale del<br />
1956,1956, si ripresenta al via della stagione su pista del 1957, in<br />
ottimottime condizioni di forma. A Schio va vicinissimo a1 record<br />
italiano dei 2000 di Baraldi correndo in 5’23”7, poi batte<br />
Giuseppe Fontanella nei 1500 a Piacenza con un buon 3’54”2<br />
contro 3’55”. Ritorna protagonista principe nella gara degli 800<br />
imponendosi subito ai campionati di società, con il nuovo<br />
personale di 1’52”1, 11 poi in settembre, a Bologna, rivince il titolo<br />
individuale conquistato due anni prima, correndo la distanza in<br />
1’51”1. Solo il programma orario gli impedisce una probabile<br />
vittoria anche nei 400 metri piani, vista anche 1’assenza di Renato<br />
Panciera; fra le batterie dei 400 e la finale degli 800<br />
intercorrevano infatti solo pochi minuti. Nel corso di quei<br />
campionati, permette altresì, con una stupenda ultima frazione,<br />
alla A.S. Roma di fregiarsi del titolo della staffetta 4x400 .<br />
“Ancora un capitolo per <strong>Giovanni</strong> <strong>Scavo</strong>, non tanto per il<br />
successo riportato negli 800 come del resto preventivato, ma<br />
11 Arena di Milano. La seconda serie degli 800 metri è una gara entusiasmante. Dopo 100 metri<br />
Baraldi è gia al comando per evitare sorprese sul ritmo. Baraldi passa ai 200 in 26”8 e prosegue<br />
fino ai 400 in 55”2, quando viene sostituito al comando da <strong>Scavo</strong>. Ai 600 è ancora <strong>Scavo</strong> davanti<br />
con Baraldi alle spalle. L’andatura è elevata ma tutti sono ancora in gruppo. II finale è vorticoso.<br />
All’uscita dell’ultima curva Giovanbattista Paini tenta l’attacco, ma <strong>Scavo</strong> risponde cambiando<br />
velocità e facendo il vuoto. Alle sue spalle Fontanella e Attila Viragh si assicurano le piazze<br />
d’onore. I primi sei arrivati, tranne Baraldi, ottengono tutti i loro primati personali. Cfr. Renato<br />
Morino “Tuttosport” 15 Giugno 1957.<br />
53
per la sua indimenticabile ultima frazione della staffetta 4x400<br />
con cui è riuscito a dare la vittoria al suo sodalizio dopo una<br />
rimonta che ha mandato in visibilio il pubblico. La gara del<br />
veliterno ha forse definitivamente palesato quali siano le sue<br />
possibilità anche sulla distanza più breve, finora affrontata troppo<br />
di rado e senza troppa convinzione per poter realizzare i tempi<br />
che sono già evidentemente nelle sue gambe.” 12<br />
Sempre negli 800 metri e sempre nel 1957, manca per soli<br />
due decimi il famoso primato di Mario Lanzi: a Parigi, nel corso<br />
del meeting Pierre Bourtain, che si svolge allo stadio Jean Bouin il<br />
21 giugno, corre in 1’49”2 sulla scia del primatista mondiale<br />
Roger Moens primo in 1’47”5, e vicino al campione europeo in<br />
carica Lajos Szentgali che lo precede in 1’48”9. Ancora sul finire<br />
di quell’anno aveva ribadito le sue legittime aspirazioni a<br />
migliorare il limite degli 800, il 13 ottobre a Roma. Anche qui<br />
<strong>Scavo</strong> corre in eletta compagnia. Con lui sono al via atleti di gran<br />
classe come 1’inglese Michael Rawson, il greco Evangelos<br />
Depastas, il finlandese Olavi Salonen, il tedesco Max Reuntsch e<br />
1’altro azzurro Baraldi. 13 Nei primi 500 metri fanno 1’andatura<br />
Depastas e Reuntsch, Gianni, sempre tra i primi fino a quel<br />
momento, ai 600 è relegato in coda al gruppo con Baraldi. Sul<br />
rettilineo finale però, il nostro ragazzo fa scattare in piedi il<br />
pubblico: la sua volata da quattrocentista ‘brucia’ Rawson, che<br />
1’anno successivo conquisterà a Stoccolma il titolo di campione<br />
europeo sulla distanza, Reuntsch e Salonen. Soltanto Depastas<br />
riuscì a contenere il suo slancio. Primo è il greco in 1’49”2; <strong>Scavo</strong><br />
è secondo in<br />
12 Cfr. Sergio Gatti ‘<strong>Atletica</strong>’ 19 settembre 1957.<br />
13 Gianfranco Baraldi, nel 1957, concentra la sua preparazione sulle distanze maggiori.<br />
Preparazione che gli permette, tra le altre cose, la doppietta 1500-5000 ai campionati italiani<br />
assoluti.
1’49”3. 14 La stagione 1957 lo vede lottare sempre nelle prime<br />
posizioni. A Milano e Torino, nel doppio confronto con gli<br />
americani, aveva fatto risaltare tutto il suo agonismo, prima negli<br />
800 e poi nei 400 metri.<br />
Gli 800 di Milano sono assai belli. Belli ma sbagliati.<br />
Bisognava mantenere alto il ritmo, per condurre Gianni <strong>Scavo</strong>,<br />
reduce dalla splendida prova di Parigi, al nuovo limite italiano.<br />
Ma nessuno va a tirare. Gianni allora offre una prova di grande<br />
generosità conducendo in testa tutta 1a gara anche se, nel finale,<br />
doveva accontentarsi di finire secondo in 1’50”6 superato negli<br />
ultimi metri dal giovane specialista degli ostacoli bassi Clifton<br />
Cushman 14 (1’50”4) rimasto per tutto il tempo nelle retrovie.<br />
L’altro americano Lang Stanley, accreditato di un ottimo 1’48”5,<br />
era terzo su Enrico Spinozzi (1’51”2), mentre Gianfranco Baraldi<br />
teneva come poteva il passo e segnava abbondantemente il suo<br />
limite stagionale con 1’51”7. “La mancanza di una ‘lepre’ aveva<br />
costretto <strong>Scavo</strong> a fare l’andatura. <strong>Il</strong> passaggio a metà gara in<br />
55”6 comprometteva inevitabilmente un risultato migliore. Bella è<br />
comunque la lotta sul piano agonistico: dopo il primo giro <strong>Scavo</strong><br />
è sempre al comando e guida con autorità. Stanley lo attacca una<br />
prima volta ai 500 metri, ma <strong>Scavo</strong> resiste, Stanley attacca<br />
ancora, <strong>Scavo</strong> risponde; la lotta è furiosa. Ai 700 metri Gianni è<br />
ancora in testa, Stanley, entrando sul rettilineo attacca<br />
nuovamente ma il nostro atleta gli risponde e conserva il<br />
comando fino a 30 metri dal traguardo quando Cushman, sbucato<br />
dalle retrovie, vince in volata.” <strong>Il</strong> giorno successivo, il sette di<br />
luglio a<br />
14 Dopo i tempi aurei di Lanzi e Beccali, le prestazioni di <strong>Giovanni</strong> <strong>Scavo</strong> negli 800 e Gianfranco<br />
Baraldi nei 1500 ridanno fiato ad una asfittica atletica italiana anche se, alla fine degli anni ‘50,<br />
sono oramai un centinaio al mondo gli atleti capaci di correre gli 800 metri in meno di 1’50” e, con<br />
3’42” 3 nei 1500, Baraldi non riesce ad accedere alla finale dei campionati europei del 1958.<br />
15 A Clifton Cushman la vita non doveva regalargli più della medaglia d’argento dei 400 hs delle<br />
olimpiadi di Roma dietro il connazionale Glenn Davis. Sei anni più tardi trovò infatti la morte in<br />
quella sporca guerra del Vietnam.
Torino, è ancora una battaglia agonistica; questa volta nei 400<br />
metri. <strong>Il</strong> duello è ancora con Lang Stanley. L’americano parte alla<br />
corda, Gianni <strong>Scavo</strong> in terza corsia. Dopo cento metri Stanley è già<br />
primo mentre Gianni è quarto. Poi però si lancia all’inseguimento e<br />
arriva a minacciare 1a vittoria dello statunitense che resiste<br />
comunque in testa chiudendo in 48”3 contro il 48”5 di <strong>Giovanni</strong><br />
<strong>Scavo</strong>. <strong>Il</strong> 28 luglio a Bruxelles, in occasione dell’esagonale con<br />
Germania, Francia, Belgio, Svizzera e Olanda, Gianni incrocia<br />
nuovamente il grande Roger Moens negli 800 metri. Una gara che<br />
‘soffre’ della presenza del primatista mandiale. Moens è<br />
interessato esclusivamente nella vittoria e del tutto indifferente alla<br />
prestazione. I 400 metri erano corsi così in un normalissimo 55”6 e<br />
Moens realizzava infine i suoi piani con il solito sprint (1’49”1 il<br />
suo tempo finale) al quale solamente il tedesco Friedel Stracke<br />
(1’50”2) poteva opporre qualcosa. Gianni <strong>Scavo</strong> era quarto in<br />
1’50”8 subito dietro al francese Michel Jazy (1’50”7).<br />
Alla nottuma di Milano, prima dei campionati italiani, nella serata<br />
del record italiano di Baraldi nei 2000 (5’12”1), Gianni <strong>Scavo</strong><br />
confermava le sue doti di quattrocentista correndo la distanza<br />
prima in 48”6 in batteria, e poi migliorando in finale con 48”3<br />
dietro allo svizzero Renè Weber (47”9) e al francese Jacques<br />
Degats (48”2).<br />
<strong>Il</strong> 29 di settembre, a Trieste, negli 800 metri di Italia-Svezia, tiene<br />
il passo di Dan Waern, lo svedese che sarà quarto nei 1500 metri<br />
delle olimpiadi di Roma.<br />
Per tutta la stagione aveva dato dimostrazione di valere il record<br />
italiano degli 800 metri. Un traguardo che nessuno pensa possa<br />
sfuggirgli, al più tardi rimandato alla stagione successiva.<br />
56
1958. Tra incertezze a dimostrazioni di classe<br />
este, naturalmente, più volte la maglia azzurra. Nel 1958<br />
partecipa ai Campionati Europei dove è quarto nella<br />
staffetta 4x400 insieme a Nereo Fossati, Mario Fraschini e<br />
Renato Panciera e stupendo protagonista in terza frazione. Corse<br />
come al solito senza risparmiarsi, recuperando metri e posizioni.<br />
Nonostante Gianni vantasse il miglior tempo della stagione, un<br />
tempo da finale europea nei 400, 16 le sue sgradevoli oscillazioni<br />
nella gara degli 800 metri fecero si che, le scelte tecniche di Lauro<br />
Bononcini portassero a schierare Fraschini e Panciera 17 V<br />
nella gara<br />
individuale, riservando <strong>Scavo</strong> solamente per 1a staffetta, una gara<br />
dove i nostri quattro moschettieri sfiorano la medaglia di bronzo<br />
correndo in 3’11”1 a soli tre decimi dal primato italiano.<br />
“La sorpresa lieta ci è invece venuta dalla 4x400, su cui le<br />
speranze erano poche e si erano affievolite dopo la disputa dei<br />
400 individuali. <strong>Il</strong> quartetto ha invece superato l’attesa,<br />
mostrandoci una volontà e una classe veramente degne del posto<br />
ottenuto. Un grande <strong>Scavo</strong> si è riabilitato dalle precedente prove<br />
scialbe, e forse è stato un peccato non provare il romano anche<br />
nelle gare individuali, e Panciera benché non al pieno della<br />
forma, ha rasentato quel terzo posto che sarebbe stato<br />
16 La gara fu vinta dall’inglese John Wrighton in 46”3 davanti a John Salisbury 46”5,<br />
Karl-Friedrich Haas 47’0, Karl Kaufman 47”0, Åke Pettersson 47”5 e Stanislaw Svatowski 47”8.<br />
17 I due azzurri furono eliminati in batteria dopo aver corso entrambi in un modesto 49”.<br />
59
veramente miracoloso. Comunque dieci e lode alla staffetta<br />
italiana.” 18<br />
<strong>Il</strong> 1958 non costituì infatti, per Gianni <strong>Scavo</strong>, la<br />
prosecuzione che si attendeva logica, della sua attività di<br />
ottocentista. Dopo il buon avvio di stagione, con la vittoria di<br />
Atene in maggio su Depastas, Gianni non riesce a ripetere le<br />
eccelse prestazioni dell’anno precedente. In una sola occasione, il<br />
28 giugno, nella finale dei campianati di società a Firenze, dietro<br />
Baraldi (1’49”3), riusci a scendere sotto l’1’50” (1’49”8). E<br />
questa volta successe il contrario di quanto era successo altre<br />
volte. Dopo aver lasciato agli altri il compito iniziale per i primi<br />
400 metri, <strong>Scavo</strong> passa in testa con decisione, come per<br />
significare un diritto alla vittoria. Ma sul rettalineo opposto<br />
risaliva Baraldi con estrema facilità. Baraldi e <strong>Scavo</strong> fanno<br />
insieme 1’ultima curva, Baraldi all’esterno. Nel finale il<br />
bergamasco opera 1’allungo decisivo e Gianni risponde<br />
sprintando: ma era uno sprint senza nerbo.<br />
Qualcosa in lui era cambiato. Lo si avvertì in una serie di<br />
gare sconcertanti, incerte e malamente concluse. Una di queste fu<br />
a Torino nell’incontro Italia-Svizzera. Finì ultimo e staccatissimo,<br />
concluse al passo in 2’03”2!, in una gara di 800 dominata da<br />
Christian Wägli (1’49”6) davanti a Baraldi (1’49”8): diede al<br />
pubblico, che lo fischio, l’impressione di un assoluto<br />
menefreghismo.<br />
Naufraga negli 800 dell’arena contro gli<br />
americani il 15 luglio, dove si ritira dopo 500<br />
metri, in una gara vinta dal campione olimpico<br />
Tom Courtney in 1’48”5 davanti ad un ancora spumeggiante<br />
Gianfranco Baraldi (1’49”5). E poi ancora ai campionati italiani il<br />
12 settembre dove è quinto con un modesto 1’54”5 dietro a<br />
Gianfranco Baraldi (1’52”), incontrastato numero uno dell’anno<br />
18 Cfr. Alfonso Castelli ‘<strong>Atletica</strong>’ 30 agosto 1958.<br />
60
anche su questa distanza, e superato anche da Alfredo Rizzo<br />
(1’52”2), Mario Fraschini (1’52”4) e Giuseppe Della Minola<br />
(1’52”4) protagonista di un finale serratissimo. Per poi risorgere, a<br />
distanza di poche ore, in virtù di quegli arcani di cui non si cerca<br />
nemmeno la risposta, correndo una grandissima frazione di<br />
staffetta da qualcuno cronometrata in meno di 48 secondi.<br />
“Gli 800 sono praticamente mancati per il crollo inatteso e<br />
imprevedibile di <strong>Scavo</strong>, che molti consideravano il favorito.<br />
Baraldi, un po’ affaticato e forse preoccupato di risparmiarsi per i<br />
1500 non ha spinto a fondo e si è limitato a vincere con bella<br />
sicurezza. Rizzo e Fraschini sono stati i suoi avversari più<br />
pericolosi e soprattutto il milanese si è messo in luce per la sua<br />
grinta agonistica che lo ha portato ad insidiare fortemente, sul<br />
finale, la vittoria di Baraldi.” 19<br />
Tutto ciò era dovuto alla sua stranezza atletica, che aveva<br />
dirette radici nella sua generosità, nella spregiudicata visione dello<br />
sport e quindi della gara. Scendeva in pista per arrivare primo,<br />
senza calcoli o particolari piani di battaglia. <strong>Il</strong> traguardo era là, e<br />
bisognava arrivare prima degli altri. Logico che con tali concetti<br />
venisse battuto malamente, oppure incappasse in giornate negative.<br />
La stagione 1958 lo vede comunque primo nella<br />
graduatoria nazionale dei 400 (47”2), secondo negli 800 (1’49”8) a<br />
nei 1000 (2’25”2).<br />
Se nel 1957 dominò negli 800, 1’anno seguente è quello<br />
della distanza inferiore. Gianni <strong>Scavo</strong> inizia con un record<br />
universitario (47”9) nei campionati CUSI il 4 maggio a Pisa e<br />
finisce dominando, il 5 ottobre a Lione (Italia-Francia) in 48”6 su<br />
una pista allentata e poco veloce, passando per i campionati italiani<br />
di società in<br />
19 Cfr. Alfonso Gastelli ‘<strong>Atletica</strong>’ 20 settembre 1958.<br />
61
giugno, a Firenze, dove Gianni corre in 47”5 perché i1 suo cuore<br />
è grandissimo come la sue classe. A dieci metri dal filo era ancora<br />
dietro a Fraschini. Alla fine, invece, una zampata da campione lo<br />
porta su1 traguardo con una incredibile esplosione di energie.<br />
<strong>Scavo</strong> viene incoronato della ‘Nike Volteggiante’: è sua la<br />
vittoria. 20<br />
Così Renato Morino descrisse la gara sulle pagine di<br />
Tuttosport. “I 400 metri di oggi, come gli 800 di ieri. Forse più<br />
esaltanti ancora come tono agonistico, certo più elevati come<br />
tecnica collettiva. Una gara stupenda, di assoluto valore europeo.<br />
Già i sintomi s’erano avuti in mattinata, nelle batterie che<br />
avevano offerto tempi incredibilmente elevati e dove tredici<br />
corridori erano scesi sotto i 50 secondi. Nel pomeriggio poi,<br />
quando si poteva pensare che la stanchezza impiombasse le<br />
gambe a tutti i concorrenti, ecco la conferma, una conferma<br />
talmente stupefacente da superare anche le più ottimistiche<br />
previsioni. II tema della lotta doveva essere svolto da <strong>Scavo</strong> e<br />
Fraschini, con possibili diversioni di Panciera e Fossati. Venne il<br />
momento dell’incontro. Panciera all’esterno, senza punti di<br />
riferimento, partì fortissimo e prese subito il comando, tallonato<br />
da Fraschini all’interno, mentre <strong>Scavo</strong>, in quarta corsia, aveva<br />
un avvio piuttosto lento. A metà gara Panciera era sempre al<br />
comando seguito a un metro da Fraschini; ma <strong>Scavo</strong> ormai<br />
lanciato lo tallonava d’un passo. Cento metri più avanti, cioè a<br />
tre quarti di gara, Fraschini partì a fondo e infilò il rettilineo<br />
d’arrivo al massimo della velocità. Panciera resistette validamente<br />
fino ai 350, momento in cui anche <strong>Scavo</strong> lo attaccò con<br />
decisione. Preso tra i due, Panciera andò a fondo, facendosi<br />
superare anche da Fossati, mentre più avanti, <strong>Scavo</strong>, remando<br />
con volontà furiosa, agguantava Fraschini a dieci metri dal<br />
20 Gianni <strong>Scavo</strong> realizza il quinto tempo stagionale del vecchio continente. Mario Fraschini con<br />
47”6 il sesto; con loro anche Nereo Fossati (47”9) scende sotto i 48”, in una gara che vede quarto<br />
Renato Panciera con 48’’4, quinto Enrico Spinozzi con 48”6 e sesto il giovane Antonio Orlando<br />
con 48”7.<br />
62
traguardo e lo staccava di prepotenza balzando sul filo con un<br />
metro di vantaggio.”<br />
La sua grande giornata è però nel ‘Meeting’ capitolino dove<br />
corre due volte i 400 metri in meno di due ore. Dapprima in batteria<br />
dove fa segnare 47”6 con una gara autoritaria e senza risparmio sin<br />
sul filo di lana, poi in finale. Qui Gianni si presenta in una veste<br />
nuova, riesce infatti a frenare il suo istinto che lo porterebbe a<br />
resistere al folle avvio del campione europeo John Wrighton e del<br />
finlandese Voitto Hellsten. Quando distende la sua azione, la<br />
rimonta è entusiasmante: Wrighton vince facendo sentire il peso<br />
della sua classe e dell’esperienza ma Hellsten, già medaglia di<br />
bronzo alle olimpiadi di Melbourne, è agguantato e i due finiscono<br />
a spalla. I giudici sono bugiardi e danno 47”l al finlandese e 47”2<br />
(secondo tempo assoluto italiano dopo il 46”7 di Lanzi) a <strong>Giovanni</strong><br />
<strong>Scavo</strong>.<br />
Un tempo che lo fa rientrare tra i migliori specialisti europei<br />
dell’anno e che impose una revisione di giudizi su Gianni <strong>Scavo</strong>.<br />
Era stato sempre considerato un mezzofondista veloce; un uomo da<br />
800 metri. Tutta la stagione 1958 era stata invece una smentita<br />
continua a questo dettame. Una stagione in cui dimostrò di non<br />
gradire affatto 1a distanza fallendo clamorosamente le due prove di<br />
Milano (con gli americani) e di Torino (con gli svizzeri).<br />
Al contrario tutte le sue gare di 400 della stagione sono<br />
sempre di alto livello, tanto da porre un interrogativo per il suo<br />
avvenire. quattrocento o ottocento metri?<br />
<strong>Giovanni</strong> <strong>Scavo</strong> si esaltava in particolar modo nelle staffette<br />
non escluse quelle della 4x100, nelle quali veniva utilizzato per<br />
ragioni di squadra, come il 14 settembre 1958, quando fu medaglia<br />
di bronzo, in<br />
63
occasione dei campionati assoluti di Roma. Le sue esibizioni<br />
migliori rimanevano però, ovviamente, nelle staffette del miglio.<br />
Come a Stoccolma, come ai campionati italiani del 1957 prima e<br />
del 1958 dopo. Quest’ultima gara definita da Alfredo Berra, la più<br />
bella della riunione vinta alla maniera forte da una squadra assai<br />
inattesa. “Lo stadio Olimpico ristette dalla stupefazione nel 1956,<br />
allorché il vecchio atleta veneto giramondo Franco Bettella,<br />
barbuto padre di numerosi figli, reduce dall’annuale scorriban da<br />
in Finlandia, vinse il titolo nazionale dei 400 metri a ostacoli. Fu<br />
quella l’occasione in cui si rivelò il giovanissimo Salvatore<br />
Morale e l’ambience ufficiale avrebbe forse preferito che lui<br />
avesse conquistato l’alloro e non l’agitatore Bettella, più volte<br />
colpito da provvedimenti per attività antifederali. <strong>Il</strong> finale di<br />
quella stagione fu assai interessante per Bettella. Nell’incontro<br />
con la Francia fece il diavolo a quattro in una staffetta 4x400<br />
messa su quasi contro il parere dei tecnici ed in compagnia di<br />
Vincenzo Lombardo, Spinozzi e Panciera stabilì un primato<br />
italiano (3’10”8) che finora ha resistito a tutti gli assalti, anche di<br />
quattrocentisti individualmente più forti quali sono stati<br />
guest’anno <strong>Scavo</strong>, Fraschini, Fossati e lo stesso Panciera. Da<br />
allora Bettella si creò la fama di mezzo mago e vagò una<br />
definizione di Rasputin che impressionò più d’uno.<br />
Agonisticamente ebbe sfortuna, rovinandosi un piede e forse la sue<br />
carriera è finita. Non così quella di stregone o come lo si può<br />
chiamare. Legato ancora, per la più strana fase dei suoi<br />
spostamenti, alle Assicurazioni Generali di Palermo, non potendo<br />
contribuire come atleta, s’è messo dietro alla staffetta 4x400 che<br />
questa società ha schierato per i campionati, affiancando al<br />
campione <strong>Scavo</strong> il valido Bonmarito e i modesti ma utili Lo<br />
Grasso e Puleo. Era in campo Bettella prima della finale della<br />
4x400 mentre le tenebre scendevano, utili a mascherare notevoli<br />
pecche organizzative; consigliava e incuorava. Sorteggiò la corsia<br />
(e non sappiamo neanche se ciò si possa ammettere da<br />
64
parte di un non componente la squadra) comunque ebbe mano<br />
felice. La gara ebbe inizio. Le Assicurazioni furono subito a posto<br />
con una buona prima frazione, davanti al Capitolino e alle<br />
Fiamme Gialle, mentre la Comense cedeva per via del suo primo<br />
frazionista molto scarso. Si sapeva però che sarebbe venuta su nei<br />
restanti percorsi.<br />
Equilibrio tra le prime tre squadre sino all’ultima<br />
frazione: nel Capitolino s’era particolarmente distinto Michele<br />
Lopatto e dunque Spinozzi partì per primo davanti a Fossati per i<br />
comensi ed a <strong>Scavo</strong> per i palermitani. Essi procedettero in un tris<br />
unico nel gioco e perso nella notte, compatto fino ai 100 metri dal<br />
traguardo: poi <strong>Scavo</strong> passò con una potenza straordinaria e si<br />
liberò non soltanto di Spinozzi, che nel frattempo cedeva, ma<br />
anche di Fossati. Tutti con il cuore in gola, atleti e pubblico nella<br />
gara svoltasi di notte e che ha visto due squadre battere il primato<br />
italiano di società, senza che l’altoparlante ne desse l’annuncio e<br />
senza che la premiazione venisse fatta con opportuno fasto. È vero<br />
che l’agonismo non conosce limiti di tempo, di luce o<br />
d’organizzazione. Una gara così bella situata nell’orario peggiore<br />
della giornata, quello in cui tutti se ne vanno, il pubblico un po’<br />
stanco, i giornalisti per la fretta dei servizi. Potevamo pensare che<br />
Bettella riserbava una sorpresa. Troppo grigia quest’annata per<br />
lui, come dirigente e come atleta, perché finisse così. Ed ecco il<br />
primato: non solo il primato, ma <strong>Scavo</strong> restituito alla condizione<br />
migliore, pur essendo ancora lontano dal massimo.<br />
Questi non sono esorcismi, è la realtà. Una staffetta di<br />
Palermo campione e primatista d’Italia, anche se vivificata da un<br />
veneto che s’è ispirato in Finlandia, è sempre nota degna di<br />
grande rilievo.”
1959. Addio Gianni<br />
el 1959 quando era stato già inserito tra i probabili<br />
olimpici per le Olimpiadi di Roma dell’anno successivo,<br />
dove 1’Italia contava particolarmente su di lui in<br />
funzione della staffetta del miglio, è a Palermo per gareggiare con<br />
le Assicurazioni Generali presso 1e quali, l’anno prima, aveva<br />
ottenuto un posto di ragioniere. Gianni, difatti, non era rimasto a<br />
Roma perché non vi aveva trovato una conveniente sistemazione<br />
di lavoro nonostante 1’interessamento dello stesso presidente della<br />
FIDAL, marchese Luigi Ridolfi. 21 N<br />
Questa volta i1 padre,<br />
trattandosi di Palermo, non aveva ostacolato i suoi programmi.<br />
Aveva scelto però una sede scomoda per fare atletica. Non<br />
che Palermo fosse, per clima o carattere, ostile a questa attività;<br />
ma nella Conca d’Oro non erano<br />
molte, per lui, le occasioni per battersi con atleti della sua<br />
levatura, e i confronti doveva andarli a cercare in giro per 1’Italia,<br />
gettando il guanto di sfida su tutte le distanze.<br />
La FIDAL 1’aveva più volte invitato al nord per offrirgli<br />
condizioni d’ambiente più favorevoli. Gianni sempre<br />
rifiutò, Lanzi disse che era sfuggito al suo controllo,<br />
21 Lettera di Mario Lanzi a Gianfranco Baraldi in data 5 dicembre 1957. “... A Roma ho trovato<br />
<strong>Scavo</strong> e sembra si trasterisca a Palermo ma il Presidente sta facendo di tutto perché lo <strong>Scavo</strong><br />
rimanga a Roma impiegato in Roma stessa..:”<br />
69
guadagnandosi la fama di ‘ribelle’ che contrastava invece con il<br />
suo carattere. Era solo affezionato a Palermo e alla sua società<br />
che gli aveva dato 1’occasione di conciliare in modo<br />
soddisfacente, tendendogli la mano in un brutto periodo, la sua<br />
professione di ragioniere con 1’attività agonistica.<br />
Qui trovò, purtroppo, una prematura morte, era il 9 aprile 1959.<br />
Stava tornando da Palermo, a Mondello, dove si era recato per<br />
prenotare un volo per Milano, dove avrebbe dovuto gareggiare tre<br />
giorni dopo in occasione della ‘Pasqua dell’Atleta’. A bordo della<br />
sua motoretta, all’altezza dello Stadio, nel superare un’auto in<br />
sosta, si scontrava con una 600 multipla che a sua volta tentava di<br />
superare un autobus.<br />
A Milano avrebbe dovuto gareggiare nella prova dei 2000<br />
metri e sarebbe stato il primo test impegnativo di una stagione che<br />
Gianni stesso aveva riconosciuto importantissima, il trampolino<br />
di lancio per una grande stagione olimpica. Gianni <strong>Scavo</strong> dopo la<br />
discontinua stagione 1958, aveva promesso infatti un rendimento<br />
più continuo e positivo.<br />
Al termine del meeting di Roma aveva dichiarato:<br />
. La gara<br />
era finita da pochi minuti ma Gianni 1’aveva già dimenticata,<br />
guardava già al futuro.<br />
70
<strong>Il</strong> suo pallino, il suo recondito desiderio e una delle sue<br />
maggiori aspirazioni era quella di battere il suo amico-rivale<br />
Baraldi nella gara dei 1500 metri.<br />
Per questo all’inizio della sua ultima stagione, fu attore<br />
impegnato dell’attivita campestre, con piazzamenti sempre tra i<br />
migliori anche in gare di sette chilometri. A marzo nella classica<br />
‘Cinque Mulini’, valida come seconda prova del CdS di corsa<br />
campestre, presenti i migliori specialisti, chiude al quinto posto<br />
una gara che vede la vittoria di Francesco Perrone.<br />
Parecchie volte si era recato presso i1 centro tecnico di Formia<br />
dove Bononcini aveva potuto osservare come egli avesse svolto<br />
una preparazione invernale di grande portata.<br />
Avrebbe voluto riparare, nel corso di quella stagione, come aveva<br />
promesso tra le lacrime negli spogliatoi dopo 1’incontro<br />
Italia-Svizzera, i1 debito che sentiva di avere con gli sportivi<br />
torinesi. L’occasione purtroppo non verra più.<br />
Non aveva certamente le caratteristiche adatte per poter<br />
impensierire Gianfranco Baraldi nei 1500 metri, ma la sua<br />
caparbietà e la sua ostinazione di volerlo fare, gli avrebbero<br />
probabilmente permesso di superare il limite di Lanzi negli 800<br />
metri, mancato 1’anno prima a causa di una preparazione troppo<br />
improntata sulla velocità.<br />
Fu subito chiaro che la sua attività si sarebbe circoscritta sempre<br />
più alle distanze tra i 400 e i 1500 metri, era però un atleta<br />
versatile. Una versatilità che gli consentì di improvvisare i 100<br />
metri in 11”1, nonché di sfiorare i cinquemila punti nel decathlon.<br />
Era particolarmente fiero, e ricordava volentieri, il primato italiano<br />
di società (3’17”0) conquistato con la staffetta 4x400 con Paolo<br />
Puleo, Secondo Lo Grasso e
Giuseppe Bonmarito, per i1 quale aveva ricevuto la medaglia<br />
d’oro del CONI e sulla quale scherzava dicendo .<br />
Gianni <strong>Scavo</strong> non parlava però quasi mai dei successi già<br />
ottenuti. Una gara era semplicemente una tappa. Da archiviare,<br />
quando non serviva come esperie nza per le altre gare. Era<br />
eternamente insoddisfatto dei suoi risultati. Parlava spesso invece<br />
di ciò che voleva, di ciò che sapeva di poter fare. <strong>Il</strong> record di<br />
Lanzi prima. Prestissimo. E poi le olimpiadi.<br />
Gianni <strong>Scavo</strong> sognava le olimpiadi di Roma. quale atleta<br />
non sogna di indossare 1a maglia nazionale, di partecipare alla<br />
classica ed immortale rassegna. Gianni <strong>Scavo</strong> le sognava portando<br />
costantemente all’occhiello il distintivo di P.O. e agli amici<br />
palermitani parlava delle olimpiadi in ogni occasione. «Vedrete<br />
che spettacolo. Ho casa vicino Roma. Venite a vederla. Io sono<br />
felice di farle e se non le facessi andrei a vederle. Venite a casa<br />
mia, una sedia e un letto ci sarà per tutti.» Ne parlava<br />
continuamente, con entusiasmo. Studiava con Bettella 1e tappe<br />
del miglioramento delle sue prestazioni, considerando come<br />
culmine la performance romana. Parlava poi dei campioni<br />
stranieri che avrebbe incontrato e si considerava felice anche solo<br />
di gareggiare con loro. .<br />
A chi gli chiedeva cosa avrebbe fatto dopo 1e olimpiadi,<br />
rispondeva come se il futuro non andasse al di là della<br />
manifestazione romana.
perché fatta per stroncare tutte le altre imprese: 1a morte. Non<br />
prima di aver battuto la via che lo conduce in modo inevitabile<br />
alla tragedia.<br />
La madre, ricevuta la ferale notizia, parte in automobile la<br />
sera stessa dell’infausto evento alla volta di Palermo. Alla guida<br />
della vettura Luigi, il secondogenito della famiglia <strong>Scavo</strong> che<br />
all’altezza di Sapri accusa conati di vomito e giramenti di testa. La<br />
mamma non si perde d’animo, fa sdraiare il giovane figlio su1<br />
sedile posteriore e si mette alla guida. Vuole arrivare a Palermo<br />
prima dell’alba; vuole rivedere per 1’ultima volta il volto,<br />
ancorché immobile, di quella parte del suo stesso corpo che si è<br />
fermata per sempre. Arriva alle porte di Palermo che è 1’alba dove<br />
sono in attesa gli amici palermitani di Gianni che fungono da<br />
staffetta. Raccolte le spoglie opime, il ritorno a <strong>Velletri</strong> dove<br />
hanno luogo, nella chiesa di S. Maria in Trivio, i più solenni<br />
funerali che, a memoria d’uomo, 1a nostra città ricordi. Tutti, dai<br />
massimi dirigenti sportivi financo 1’ultimo suo più distratto tifoso,<br />
vogliono essere presenti. Ali di folla lo accompagnano nel suo<br />
ultimo viaggio, chiuso in quella bara che i compagni della<br />
nazionale consegnano alla sua ultima dimora.<br />
“Di nobil pompa i fidi amici ornaro il gran feretro, ove sublime ei<br />
giace. “<br />
Adesso Gianni non correrà più. Nessuno avra più il piacere<br />
di vedere 1a sua falcata veloce e possente; il suo viso scuro di bel<br />
saraceno, affilato dalla fatica. Le membra distese armonicamente<br />
nello sforzo, classiche della scultorea bellezza.
II ricordo<br />
G<br />
ianni <strong>Scavo</strong> era troppo noto e troppo benvoluto, per non<br />
destare la sua morte un senso di tristezza e di profondo<br />
dolore. Impulsivo e generoso in gara, Gianni <strong>Scavo</strong> nella<br />
vita privata di tutti i giorni era un ragazzo serio e posato. Per<br />
distendersi nelle pause della sua preparazione, coltivava 1’hobby<br />
della radiotecnica nella quale faceva rifulgere il suo non comune<br />
spirito di osservazione. La sua stanzetta era letteralmente intessuta<br />
di fili che si intersecavano, era piena di apparecchi radio costruiti<br />
con mezzi di fortuna, tappezzata alle pareti di libri e manuali di<br />
elettronica, che la rendevano simile ad un laboratorio scientifico<br />
nel quale Gianni evadeva compiendo prove ed esperimenti. Amava<br />
la natura. Un giorno sul treno che attraversava le dolci vallate<br />
svizzere, dove il verde dei prati affoga nell’azzurro dei laghi, in<br />
una tranquillità quasi irreale, si lasciò trasportare da un pe nsiero<br />
venato di malinconia. .<br />
Era un ragazzo generoso ed entusiasta, aveva saputo<br />
conquistarsi vaste e meritate simpatie tra i suoi compagni di scuola<br />
e di allenamento come anche tra i suoi avversari, come Gianfranco<br />
Baraldi. “<strong>Il</strong> ricordo che ho di Lui, delle battaglie sportive e dei<br />
giorni trascorsi insieme un po’<br />
75
ovunque, sta a testimoniare come sia possibile essere avversari<br />
irriducibili sul campo ed amici fraterni nella vita di tutti i giorni.<br />
Gianni ed io lo eravamo.<br />
Le nostre gare sugli 800 e 1500 metri erano le più seguite<br />
e le più belle proprio per i nostri duelli alla morte che tanto bene<br />
fecero al mezzofondo italiano.<br />
Certo bisagna dire che di Gianni non era difficile essere<br />
contemporaneamente avversario ed amico; basta ricordare il suo<br />
sorriso aperto e inimitabile per capire quanto avesse di buono in<br />
sé. Ricordo il prima raduno collegiale di Castel Labers, con tutti<br />
gli scherzi che si facevano ed a cui entrambi partecipavamo<br />
attivamente.<br />
La prima tournèe all’estero, in Scandinavia, con<br />
l’inseparabile Silvano Meconi e Raffaele Bonaiuto, Natale<br />
Coliva, Francesco Ziggiotti ed il finnico Bettella, anche essi cavie<br />
come noi due per gli esperimenti tecnici della rinnovata atletica<br />
italiana, E ancora le lunghe galoppate nelle quasi vergini foreste<br />
di Vierumacky in Finlandia, paese favoloso per un mezzofondista.<br />
Lassù noi vivevamo come puledri allo sta to brado, la corsa era la<br />
nostra vita.<br />
Gianni era nato per correre, per i mezzi fisici, per volontà<br />
e per i sani principi morali che lo distinguevano. Come non<br />
ricordare i lunghi periodi trascorsi a Schio, forse la sede dei<br />
raduni che più amavamo e dove noi del mezzofondo formavamo<br />
una affiatatissima famiglia di cui Gianni ed io eravamo un po’ i<br />
portabandiera. Dal 1955 al 1959 per lunghi periodi, alternati da<br />
brevi scappate a casa da trasferte per gare, siamo vissuti felici in<br />
quell’accogliente cittadina. <strong>Il</strong> nostro mondo, il mondo degli anni<br />
migliori lo abbiamo vissuto sulla rossa pista di Schio e<br />
ripensando con nostalgia a quei tempi dico che quelle corsie e<br />
quello stadio un poco ci appartengono.”<br />
<strong>Il</strong> ricordo di <strong>Giovanni</strong> <strong>Scavo</strong> rimane scolpito nel cuore di<br />
tutti. Mario Lanzi, i1 campionissimo, di cui Gianni, nel<br />
1957,<br />
76
sfiorò il record italiano degli 800 metri, lo valutava una enorme<br />
bontà racchiusa in una dura corteccia. Lanzi aveva avuto modo di<br />
conoscerlo bene sin dall’inizio della sua carriera atletica e in<br />
qualita di direttore della scuola di Schio. Una carica che aveva<br />
ricoperto fin dal 1953. “<strong>Scavo</strong>! Tra l’Etrusco e il Romano, aveva<br />
ereditato tutte le qualità di quei famosi Volsci che adirono sfidare<br />
Roma. Armonica in tutta la sua linea fisica, sembrava un modello<br />
di Fidia o di Prassitele per le sue fattezze. I suoi occhi dolci nella<br />
conversaziane privata, diventavano fiammeggianti negli stadi e<br />
sulle piste, pronti a bruciare e perpetrare il segreto della vittoria.<br />
Al primo contatto dava l’impressione di essere diffidente,<br />
ritirato, burbero, talché gli venne dato l’appellativo di ‘selvaggio’!<br />
Ma quanta generosità, bontà, simpatia sotto quell’apparente dura<br />
corteccia. Però quando entravi nella sua dimestichezza, ti<br />
confidava tutto, anche le cose più intime. Non aveva problemi<br />
contestativi, mirava diritto a crearsi un avvenire, una famiglia, pur<br />
assecondando quella sua innata combattività esprimendola in<br />
prestazioni atletiche degne della più alta considerazione.<br />
Parsimonioso, quante volte mi ha affidato il suo portafogli, carico<br />
di risparmi confusi con le foto della ragazza che doveva diventare<br />
la compagna della sua vita. Questo l’uomo <strong>Scavo</strong>.<br />
L’atleta <strong>Scavo</strong> ricalca, per le sue qualità positive, le orme<br />
dell’uomo <strong>Scavo</strong>, anzi qui sublima quelle sue innate qualità di<br />
caparbietà. Non sono le nude cifre di tempi e distanze delle sue<br />
gare quelle che esaltano il suo valore, ma il modo con cui<br />
affrontava l’agone. Quel puntiglio, quella generosità, quella leale<br />
combattività che lo rendeva temibile e temuto ma, nello stesso<br />
tempo, amato ed ammirato.<br />
Aveva raggiunto giovanissimo la condizione di essere un<br />
predestinato a grandi cose. Niente mancava allo <strong>Scavo</strong> atleta:<br />
organismo, mezzi, volontà e quella che indefinitamente viene<br />
chiamata classe.<br />
77
Nelle competizioni internazionali era un leone sentiva il peso e la<br />
responsabilità della maglia azzurra, simbolo della sua patria<br />
sportiva. Particolarmente nelle staffette era il frazionista d’oro<br />
della rappresentativa italiana. Insomma si era di fronte al<br />
fenomeno che ogni tanto la stirpe italica regala allo sport<br />
italiano. Un uomo d’Olimpia con i requisiti morali e fisici per<br />
trionfare negli stadi e nei giochi quadrienna li.<br />
Tutto lascia credere che Gianni <strong>Scavo</strong> sarebbe pervenuto a<br />
risultati formidabili.<br />
Gli sarebbe bastato seguire il suo istinto. Quell’istinto che<br />
lo aveva rivelato atleta staraordinario nel 1954 al tempo della<br />
campestre scolastica, che lo introdusse fra gli aspiranti campioni<br />
nel 1955 quando vinse il titolo nazionale degli 800 metri.<br />
Quell’istinto che lo fece piombare in una profonda crisi nel 1956,<br />
quell’istinto che gli permise di risorgere, facendo nutrire grandi<br />
speranze nel 1957 e che provocò talune incertezze nel 1958,<br />
peraltro sgominate da frequenti dimostrazioni di pura classe nelle<br />
prove dei 400 metri. Quell’istinto che lo portò lontano, a Palermo,<br />
per sfuggire alla classificazione standardizzata di atleta che poteva<br />
equivalere al suo spegnimento, e a ricercare quella lontananza<br />
geografica che significava libertà di azione e libero e generoso<br />
sfogo del sopraddetto istinto di cui Gianni aveva<br />
incontrovertibilmente bisogno.<br />
Gli sarebbe bastato seguire la sua azione di corsa per<br />
confermarsi quel campione, quello splendido veltro, dai polmoni<br />
capaci e dai garretti saldissimi.<br />
Purtroppo le cose non sono andate per il verso giusto,<br />
facendo mancare prematuramente a <strong>Velletri</strong> e all’Italia uno dei<br />
suoi figli migliori.<br />
78
Talvolta i giudizi su di lui sono stati troppo severi. Giudizi<br />
che non hanno mai approfondito 1e cause di certe sue inattese<br />
battute a vuoto. Sempre protesi alla ricerca della perfezione, non si<br />
è considerato nella dovuta maniera che un corridore matura per<br />
gradi e che è impossibile pretendere continuamente il massimo.<br />
Gianni <strong>Scavo</strong> mancava di esperienza e basta: era candido in corsa<br />
come nella vita. Ingenuo e generoso. Uno che non conosceva<br />
1’opportunismo, e anche per questo era amato da tutti.<br />
Da considerare altresì come la piena maturità atletica si<br />
completi intorno ai 24-26 anni, come dimostrano le migliori<br />
prestazioni di Luigi Beccali (a 26 anni), Mario Lanzi (25), Rudolf<br />
Harbig (26), Herbert McKenley (25), Roger Moens (25), Tom<br />
Courtney (24), nonché quelle di Antonio Siddi che, sempre a 26<br />
anni, nel 1949, corse i 400 metri in 47”2 come <strong>Scavo</strong>. Ed erano i<br />
migliori.<br />
Un episodio, che vale la pena di ricordare, fu i1 tentativo di<br />
Francesco (Franco) Bettella, barba di profeta e ministro senza<br />
legge, già allenatore di Gianni e suo mentore, di portare, nel 1960,<br />
la fiaccola olimpica di passaggio a <strong>Velletri</strong> sulla tomba del nostro<br />
campione. Pur di riuscire nel suo tentativo, che avvertiva come un<br />
atto dovuto, un ultimo tributo alla grandezza atletica di <strong>Scavo</strong>,<br />
Bettella non rinunciò al gesto eclatante, di tentare, seppur<br />
vanamente, di strappare la fiaccola olimpica dalle mani del<br />
tedoforo.<br />
Proprio Bettella fu la causa, seppur indiretta, di<br />
quell’alternanza di risultati della stagione 1958. Gianni lo aveva<br />
seguito a Palermo e sotto 1a sua guida aveva cambiato metodiche<br />
di allenamento.<br />
79
In una lettera scritta il 3 marzo 1958 al suo amico Baraldi,<br />
Gianni racconta che «...Per quanto riguarda gli allenamenti e la<br />
preparazione, mi sono avviato decisamente verso la velocità pura<br />
(100-200-400) con puntate sugli 800 e sui 1000 (ma solo a fine<br />
stagione); mi sto preparando anche per i 400 hs che comincerò a<br />
frequentare dopo gli europei. Debbo dire che tale preparazione mi<br />
soddisfa più del mezzofondo vero e proprio, forse perché è meno<br />
lunga e noiosa. Un giornalista calabrese, sul Corriere dello Sport,<br />
invece mi fa futuro recordman del 1500, del 3000 siepi e dei 5000<br />
e tuo terribile concorrente!... »<br />
E di Bettella, Gianni <strong>Scavo</strong> aveva assoluta fiducia. In quei<br />
mesi di intensa e accuratissima preparazione, Gianni <strong>Scavo</strong><br />
parlava continuamente con il suo allenatore e ne ascoltava le<br />
parole quasi con attenzione religiosa. Naturale quindi il profondo<br />
dolore in cui Bettella cade davanti al ‘suo’ atleta, composto nella<br />
morte in casa di Vittorio Orlando, 1’allora presidente delle<br />
Assicurazioni Generali. Bettella pare assente, come rapito. Certo<br />
nella sua mente turbinano i più cari ricordi. Poi scappa, si rifugia<br />
nella sua solitudine e scrive il suo ultimo saluto. “Ecco vedi<br />
Gianni ora non piango più. Sono calmo come tante volte mi hai<br />
chiesto di essere. Solo vedi, è un po’ difficile, questo lo capisci,<br />
abituarmi all’idea che non ti sarò più vicino, che non ti vedro più<br />
solcare con quel tuo inconfondibile passo la terra rossa.<br />
A proposito, ti ricordi che avevamo giurato con una mono<br />
su di lei che saremmo partiti per la più bella toumèe che la<br />
fantasia possa permettere? Finlandia, Svezia, Stati Uniti,<br />
Australia. Non importa vero? È solo rimandata. Un giorno o<br />
l’altro sentirai come un tuono e il vecchiaccio maledetto arriverà<br />
con lui, naturalmente con i cronometri e il fischietto. Allora<br />
insieme partiremo. Non si può mancare ai giuramenti, figurati poi<br />
quelli fatti sulla terra rossa.
Te l’ho detto non piango più. So che se lo faccio ti arrabbi.<br />
So che sei finalmente davvero felice perché sei arrivato nel più bel<br />
campo che i tuoi occhi abbiano mai visto; so che ti allenerai<br />
sempre tutti i giorni, come al solito, assieme a Jean Bouin, Jules<br />
Ladoumegue, <strong>Il</strong>mari Salminen, Rudolf Harbig, Toivo Loukola e<br />
tutti i più forti mezzofondisti del passato che ti guarderanno<br />
passare con grande ammirazione, la stessa con la quale io,<br />
vecchia scarpa, ti ho sempre guardato”.<br />
“Conoscevo <strong>Giovanni</strong> <strong>Scavo</strong> - dirà invece, ricordando 1a<br />
sua figura, il prof. Gian Luigi Ulisse, suo insegnante di educazione<br />
fisica quando questi era studente dell’ultimo anno di ragioneria -<br />
per la sua fama che già sui campi dell’atletica egli si era<br />
procurato.<br />
Lo conobbi personalmente il primo giorno di scuola,<br />
quando il Preside dell’Istituto, nel quale insegnavo, mi presentò la<br />
scolaresca. < Quello è Marcelli Umberto. E quello - mi precisava<br />
- è <strong>Scavo</strong> <strong>Giovanni</strong>>. Poi, guardandami con l’aria trionfante d’un<br />
bersagliere in corsa, quale egli era, aggiungeva subito: .<br />
Presi l’abitudine di chiamarlo per nome quando dovetti<br />
distinguerlo da altri due piccoli <strong>Scavo</strong> che di <strong>Giovanni</strong> erano i<br />
fratelli. <strong>Giovanni</strong> era l’allievo dell’ultimo corso. Gli altri erano<br />
più piccoli di statura, naturalmente. <strong>Giovanni</strong>, soprattutto per i<br />
compagni, che della sua amicizia andavano fieri, era ‘quello<br />
grosso’.<br />
Era un gigante di statura. Era un bambino nei moti<br />
dell’animo. Semplice come un ragazzo cresciuto in una famiglia di<br />
costumi rigidi. Le famiglie che usavano una volta.<br />
Iniziava la lezione di ginnastica con me. Insieme agli altri, senza il<br />
desiderio di strafare negli esercizi, per dimostrare che lui era<br />
<strong>Scavo</strong>, e gli altri no. Partecipava a quel quarto d’ora di<br />
riscaldamento che io ritenevo indispensabile per svolgere una<br />
81
uona lezione sportiva. Poi mi veniva vicino e con un cenno e un<br />
sorriso mi salutava. Eravamo già d’accordo. Gli altri<br />
continuavano con me. <strong>Giovanni</strong> prendeva, invece, la via dei<br />
campi, che quasi finivano dove cominciava la scuola. E se ne<br />
andava. Dove andava? Non lo so, perché non l’ho mai seguito,<br />
fiducioso com’ero della sua inconfondibile inevitabile volontà di<br />
correre.<br />
Era il solitario maratoneta delle campagne di <strong>Velletri</strong>.<br />
Viottoli, sentieri, prati, boschi, giardini erano i testimoni delle sue<br />
esuberanti silenziose galoppate.<br />
Qualche mattina di sole, io, che venivo da Roma, arrivavo<br />
a scuola in anticipo sulla prima campanella. Erano i giorni in cui<br />
potevo giurare d’incontrarmi con <strong>Giovanni</strong> <strong>Scavo</strong>, reduce dal<br />
primo allenamento della giornata. Copriva un chilometro di corsa<br />
con la disinvoltura e il piacere con cui altri ragazzi fumavano una<br />
sigaretta. I chilometri di campagna erano per lui come ciliege.<br />
Uno tirava l’altro.<br />
Era l’unico allievo, di un Istituto grande e severo, ad aver<br />
ricevuto dal Preside un permesso singolare. Poteva uscire a suo<br />
piacimento, pur con la dovuta discrezione che non gli mancava,<br />
dal banco che lo sacrificava troppo. Poteva uscire a liberarsi un<br />
attimo d’un costringimento fisico più forte di lui. E non era<br />
l’ultimo della classe. Ma non poteva starsene fermo troppo. Aveva<br />
la corsa nelle gambe! E le gambe volevano muoversi. <strong>Il</strong> primo<br />
giorno di lezione gli chiesi se aveva la tuta con lui. Era modesto,<br />
ma non era presuntuoso, quant’altri ne conosco. Mi risposero gli<br />
amici, quella volta, e tutti in coro. Nessuno<br />
poteva seguirlo nelle sue corse matte verso le campagne a<br />
primavera. Sembrava un anacoreta. Era un ragazzo primitivo<br />
d’animo. Intendo dire che albergava in lui sotto una scorza dura<br />
la grazia e la gentilezza di pensieri di un bambino. E come un<br />
bambino era tenace e invincibile nelle sue idee caparbie, nei<br />
suoi ideali ostinati e<br />
82
vertiginosi, degni di un atleta di cuore grandissimo.<br />
La mamma gli era vicina particolarmente in questa sua<br />
innata voglia di fare sport. La mamma lo conosceva bene e<br />
sapeva il bisogno atletico di evasione di <strong>Giovanni</strong>. Fra gli<br />
insegnanti che la donna interpellava, quasi ogni giorno, io ero il<br />
primo. Non per meriti personali. Solo perché lo sport era il<br />
problema da risolvere per una felice impostazione della vita di<br />
Gianni <strong>Scavo</strong>.<br />
La corsa, soprattutto, era il termometro regolatore della<br />
sua smisurata esuberanza fisica. Sembrava inventata per il<br />
plastico moto delle sue gambe. E le sue gambe erano il blasone<br />
d’una autentica nobiltà atletica.<br />
Lo rividi l’ultima volta poche settimane prima della sua<br />
morte. Mi raccontò della sua vita a Palermo. Era una vita<br />
diversa, perché egli da studente s’era trasformato in impiegato.<br />
Ma le corse fuori erano ancora la sua sfrenata evasione fisica e<br />
spirituale. Come a <strong>Velletri</strong>. E come a <strong>Velletri</strong> nessuno poteva<br />
seguirlo, quando fuori dello stadio prendeva la via dei campi e,<br />
da un calloquio semplice con la natura, entrava nel mondo dei<br />
suoi sogni più grandi.”<br />
E se Gianni <strong>Scavo</strong> era il campione acclamato, una folta<br />
schiera di suoi coetanei viveva soddisfatta delle sue gesta, una<br />
generazione a cui bastava solamente correre vicino al ‘campione’<br />
quando questi tornava nella sua <strong>Velletri</strong>.<br />
Per Andrea Andreozzi, compagno del felice periodo di<br />
campestri scolastiche, Gianni “aveva l’anima candida di<br />
fanciullone timido, le risorse di un fisico eccezionale, tenacia e<br />
volonta fuori del comune. Doti che avevano ben presto rivelato la<br />
sua classe di campione.<br />
Gianni rimarrà sempre e comunque il fulgido esempio di<br />
atleta generoso che ha data tutto se stesso; rimarrà nel cuore
di tutti un ragazzo che degnamente onorò la scuola del Cesare<br />
Battisti. Lo rivedremo sempre seduto in quegli stessi banchi, con il<br />
medesimo sorriso sulle labbra nell’atteggiamento di chi si sente<br />
forte e ha fiducia nelle proprie possibilità. Sentiremo sempre la<br />
sua voce rievocare le fatiche sportive, rivedremo il suo sguardo<br />
limpido e sereno.”<br />
Con la sua morte, Gianni lascia effettivamente un grande<br />
vuoto, alla ricerca forse di traguardi più alti; un vuoto che <strong>Velletri</strong>,<br />
passata la grande Olimpiade sembra aver dimenticato quando<br />
Pierluigi Starace, Manlio Zaccari, don Eugenio Gabrielli e Alberto<br />
Colazingari raccolgono il messaggio lasciato dal loro eroe<br />
eponimo, il quale sopravvive nel ricordo avendo, nella sua pur<br />
breve vita, bevuto alla fonte di Mnemosine.<br />
Pierluigi è il capo riconosciuto ed è certamente colui che<br />
più fortemente vuole ricordare ai posteri la figura del grande<br />
campione, sinceramente colpito dal tragico evento.<br />
Cosi lo ricorderà qualche anno più tardi frugando nella<br />
memoria le emozioni di quel momento. “Addio... E da questa<br />
mattina che ho saputo la notizia. Lenta ma tenace sta prendendo<br />
piede nel mio cuore. Ogni volta che mi ripeto quelle parole, che<br />
accosto quel nome a quel participio passato, esse aumentano di<br />
dimensione: quelle lettere nere come i caratteri del titolo del<br />
giornale ogni volta diventano più grandi della mia anima,<br />
rimbombano come due campane sempre più assordanti, e lasciano<br />
in me ad ogni rintocco risonanze sempre più lunghe, grigie,<br />
disperate.<br />
Forse adesso, a distanza di ore, il rintocco della notizia<br />
atroce è svanito dal cuore della gente. Forse ora tutti ritornano ai<br />
loro affari, dopo aver allontanato il tuo ricordo da se stessi; forse<br />
ora parlano di scuola, di divertimento, di lavoro, di impegni, di<br />
preoccupazioni; forse tu sei rimasto abbandonato<br />
84
dalle anime di tutti, come il tuo corpo sul lettino di ospedale o<br />
nella camera ardente, chissà, dalle ultime persone che ti hanno<br />
visitato.<br />
Ma è adesso, Gianni, che sento montare in me più<br />
irresistibile una marea di tristezza senza fine. È adesso che ondate<br />
di struggente amarezza montano verso la mia gola, stringendola<br />
in duri spasimi. È adesso che i miei occhi inseguono pallide<br />
immagini di angoscia smarrita. Pagine di giornale sfogliate prima<br />
da mani febbrili di emozioni e poi sbattute giù da mani pesanti di<br />
dolore, l’eco di un anonimo comunicato radio, gli ammassi di<br />
ferraglia di una motocicletta e di una macchina, lo sguardo del<br />
commissario di polizia che stende le ultime righe di verbale, le<br />
copie del manifesto funebre di questa o quell’altra società<br />
sportiva, i volti straziati dei tuoi cari, e te, soprattutto. <strong>Il</strong> tuo<br />
sangue immobile e freddo, le tue membra gelide e spezzate per<br />
sempre.<br />
A questo spettacolo sento che nulla più mi importa di<br />
quello che ho intorno. Ho desiderio di restare solo, di accendere<br />
in solitudine la lampada del mio affetto antico, della mia<br />
ammirazione memore, per illuminare e riscaldare la tua oscura e<br />
fredda solitudine. Ma nessuna mia forza, lo so, potrà rinnovare un<br />
palpito o un fremito del tuo massiccio, irrevocabile letargo. E<br />
questo pensiero mi rende triste fino ad un muto, tragico<br />
annullamento di me. Mi sento sprofondare nel nulla, mi sembra di<br />
assaporare il terribile vuoto della morte e del non essere così<br />
paurosamente che, di colpo, riaffioro alla realtà. Mi guardo<br />
attorno. Fuori dalla finestra il cielo, il bel cielo della tua gloria<br />
giovane e sbocciante, è oscurato da nuvole fitte. Di momento in<br />
momento l’aria diviene più cupa. Le nuvole sono sempre più nere.<br />
<strong>Il</strong> cielo e la natura sembrano cadere in un dolore irreparabile.<br />
E non è forse un abbandonarsi all’impeto di un dolore<br />
questo incupirsi progressivo del cielo, non è un lacrimare sotto il<br />
peso di una angoscia che inchioda immoti gli alberi e le case<br />
85
sotto le nubi di piombo questo cadere di gocce sperdute, non è un<br />
pianto irrefrenabile e immenso questo aprirsi di cateratte sulla<br />
terra immalinconita, non è un singhiozzo possente ed un singulto<br />
incalzante questo crescendo di tuoni dal rombo che trema e che<br />
s’incrina come una voce poderosa aggredita dal turbamento di<br />
un’emozione troppo profonda?<br />
<strong>Giovanni</strong>, con te muore un mondo, un intero mondo. È la<br />
mia e la nostra adolescenza malata dell’amore penetrante per la<br />
gloria che muore con te. Con i colpi di martello sulla tua cassa<br />
funebre si sigilleranno nel mio e nel nostro cuore le finestre<br />
spalancate su orizzonti infuocati di gloria e di sacrificio, dove<br />
lanciavamo i più bei sogni della nostra vita. Dopo che la tua bara<br />
sarà stata sigillata, dopo che quella finestra sarà stata ben chiusa<br />
in noi, cominceremo la piccola esistenza banale e mediocre, la<br />
piccola avventura di piccolissimi uomini che non hanno più il<br />
tempo di lanciare i loro sogni verso la gloria, piccoli uomini che<br />
avranno, nel mancare della tua presenza materiata di eroismo,<br />
perduto il più trascinante esempio di grandezza e d’ideale.<br />
Ma se fosse proprio così allora non potrei non seguirti nella<br />
fredda tomba. Non è, non può essere assolutamente così. Io credo<br />
che il tuo spirito indomito, più libero e gagliardo, dall’alto<br />
continuerà a donarci il suo fervore. Io credo che il tuo ricordo non<br />
potrà essere bandito dalle nostre anime. Io credo che la tua<br />
immagine, nello sguardo in cui si vedeva divampare il fuoco<br />
assorto di una volontà senza eguali, nel sorriso che racchiudeva la<br />
solare felicità di mille stadi entusiasti, nel petto palpitante come<br />
una bandiera ai battiti di un immenso cuore, nei garretti in cui<br />
guizza il brivido di una forza invincibile ed armoniosa, non potrà<br />
cancellarsi dai nostri cuori mesti finché in essi sarà rimasta una<br />
sole fibra capace di fremere per ciò che è bello, che è grande, che è<br />
puro.<br />
86
<strong>Giovanni</strong>, tu hai serbato nel tuo cuore il tuo formidabile<br />
mistero, e lo hai portato nella tomba per sempre.<br />
La domanda curiosa del ragazzino, interessata del tifoso,<br />
apprensiva della mamma, annoiata del profano, ponderata e<br />
meditata del professore, ammirata e forse appassionata della<br />
fanciulla romantica è rimasta per tutti<br />
senza una risposta.<br />
Io, il più trascurabile dei tuoi ammiratori, ho speso lunghi<br />
mesi ed anni per tentare di trovarla. Ho interrogato le piste, le<br />
scalinate chiassose e quelle mute, il fremito delle foglie, gli abbrivi<br />
del vento, lo schiudersi delle praterie, il serpeggiare svelto di rossi<br />
sentieri per la campagna, il veleggiare delle nubi, il drizzarsi teso<br />
dei pendii, ho scrutato e meditato ogni tuo atto e passo. Ed ho<br />
capito qualcosa, ho sentito il flusso invisibile di armonia che dalla<br />
natura si effonde verso di noi per invitarci a dispiegare, nel moto<br />
spontaneo, tutta la nostra forza...<br />
Ma sono rimasto alla superficie del mistero. Quale mistero<br />
ti spingeva così veloce, così lontano, così incommensurabilmente<br />
superiore a tutti? Quale linfa misteriosa invigoriva le tue membra<br />
leggere? Quale misterioso fermento esaltava la tua volontà<br />
allorché, distendendoti in un irresistibile, spasmo dico volo, non<br />
conoscevi risparmio o pietà per te stesso fino a che non avevi<br />
ghermito, nel sudore di una volontaria agonia, le ali azzurre della<br />
vittoria?<br />
Questo mistero che nessuno al mondo, neppure i tuoi più<br />
intimi forse, hanno capito fino in fondo, è il mistero della tua<br />
fedeltà al sacrificio, alla durezza, alla rinuncia, il mistero della<br />
tua scontrosa solitudine, il mistero delle tue estreme,<br />
paurosamente chiuse concentrazioni prima della gara, tu lo hai<br />
portato nella bara. Esso circonda e permea, come un’aureola<br />
mistica, il progresso prodigioso della tua carriera atletica,<br />
sbocciata sempre più riccamente, di anno in anno, di mese in<br />
mese, senza indugi o fermate, e che è il più bel fiore che sorge<br />
sulla tua tomba.<br />
87
E di questo tuo mistero, del tuo saper volere e saper<br />
soffrire più di tutti, sono rimasti dei muti, solitari custodi: gli stadi.<br />
Gli stadi della tua gloria. <strong>Il</strong> campo sportivo comunale di <strong>Velletri</strong>,<br />
buon vecchio stadio di provincia che contemplò stupito le tue<br />
prime, precoci galoppate; lo stadio delle Terme di Roma, dove il<br />
tuo nome scandito dal pubblico che ti fu più appassionato passava<br />
con rumore di tuono come un vento impetuoso tra le alte chiome<br />
dei pini e suscitava nascosti fremiti nelle circostanti moli rossigne<br />
ed impassibili di Caracalla; lo stadio Olimpico, che nello<br />
scintillante abbraccio dei suoi marmi candidi ti sorrideva come al<br />
suo atleta prediletto; la vecchia Arena milanese, la cui secolare<br />
maestà ti vide per la prima volta Campione d’Italia; gli stadi di<br />
Napoli, di Torino, di Firenze, di Bologna, fortunati testimoni del<br />
tuo saltare di vittoria in vittoria; e poi i campi silenziosi e sereni di<br />
allenamento, in cui preparavi nella pace e nel nascondimento le<br />
gemme delle tue imprese future; i campi di Merano, di Schio, di<br />
Formia, di Chiavari, di cui eri l’ospite ambito ed assiduo; gli stadi<br />
stranieri che dalle serenità alpine di Chambery, attraverso le<br />
fragorose maestosità di Parigi, le solenni solitudini finniche, le<br />
ignote ed immense vastità di Berlino, di Varsavia, di Mosca, fino<br />
alle brume di Stoccolma ed all’olimpica bellezza di Atene, ti<br />
videro, nel fremito azzurro del tuo petto vittorioso, come una<br />
fiaccola di italianissima bellezza e purezza atletica; e, alla fine di<br />
tutti, lo stadio del tuo tramonto innanzi sera, la olezzante ed<br />
assolata Favorita di Palermo, dove incidesti, nel cuori ardenti dei<br />
tuoi siciliani, una traccia profonda di te, una traccia che non può<br />
perire.<br />
Non tutto muore, non tutto passa, nell’uomo. Anche di<br />
<strong>Giovanni</strong> <strong>Scavo</strong> qualcosa è rimasto, È rimasta la parte più<br />
preziosa, quella che è la più vera, quella che era la sua intima<br />
vita, l’anima. L’anima è quella che non muore. Siamo illuminati<br />
da questa speranza. <strong>Il</strong> dolore per la sua morte<br />
88
mantiene aperte le ferite dei nostri cuori: il rammemorare di lui<br />
riempie ancora le nostre menti: ogni parte di noi geme nel suo<br />
rimpianto. Ma questa speranza ci illumina e ci guida. Essa è come<br />
il sole del nuovo giorno che sorge sulle nostre pupille stanche,<br />
dove sono inaridite le sorgenti delle lacrime; è il sole che oggi<br />
ascende sulla nostra vita emergendo dai nembi di una aurora che<br />
oggi sembra imporporata del suo sangue luminoso.”<br />
Le vacanze di natale del 1958 furono 1’ultima occasione di<br />
permanenza di Gianni <strong>Scavo</strong> a <strong>Velletri</strong>. Fu allora che Manlio<br />
Zaccari lo vide allenarsi per 1’ultima volta nei pressi di Genzano,<br />
dove 1’Appia si incrocia con un lungo viale di pini marittimi che<br />
porta in direzione del lago di Nemi.<br />
Qualche settimana dopo 1a sua scomparsa, esattamente il<br />
26 maggio del 1959, da quel ricordo nacquero alcuni versi di Pier<br />
Luigi Starace, scritti con 1’inchiostro rosso del suo sangue.<br />
89
VOLATA<br />
Benigno invemo. Cristallino cielo.<br />
Qualche nuvola nell’immensità<br />
vagola a un fiato freddo d’aria<br />
tenue. Stanco ma chiaro il gran<br />
sole laziale tace tra i pini<br />
mareggianti e vasti. Vola alto,<br />
radendo l’erbe morte, netto il tuo<br />
passo da lunga distanza.<br />
Passano siepi, passeri, le ore, e<br />
corri ancora, all’ombra del<br />
crepuscolo. Ed incominci una gran<br />
volata, senza perché, mentre più<br />
densa e dura scendendo dalle<br />
immobili montagne ti ferisce la<br />
brezza della notte. E vai, e vai, fin<br />
che non vedi il lago specchio di<br />
Diana, solo nel tramonto. L’algente<br />
ultimo raggio del solstizio dona alle<br />
onde un brivido d’acciaio e una<br />
sognante porpora dorata ancora<br />
dura ai rami delle selve, pronte alle<br />
lotte estreme col rovaio.<br />
Sull’onda immota e sulle foglie<br />
mute guarda, il raggio si spegne<br />
lentamente come un sospiro del<br />
cuore profondo. Rimane la gran<br />
cavea, umida e nera, deserta come<br />
stadio abbandonato alla tua corsa<br />
senza premio o plauso: ti seguono<br />
nelle ultime falcate ritornati nei<br />
loro luoghi antichi con le pallide<br />
fronti arse di gloria Pallante,<br />
Turno, Eurialo, Niso a Lauso.
Nel nome di <strong>Scavo</strong><br />
A<br />
<strong>Giovanni</strong> <strong>Scavo</strong> è così legato il ricordo gioioso di tante<br />
gesta sui prati e piste laziali. La sua generosa natura lo<br />
portò lontano, non senza che 1’atletica veliterna abbia<br />
tratto dal suo talento la speranza di sfondare 1a barriera della<br />
mediocrità, alla quale talvolta molte circostanze ambientali<br />
parrebbero condannarla.<br />
È in questo spirito che i fondatori della società coagula rono intorno<br />
a loro, nell’ottobre del 1960, in seno al locale comitato diocesano<br />
CSI, un nucleo di ragazzotti di belle speranze e li iniziarono ai<br />
misteri dello sport olimpico per eccellenza. Si iniziò per gioco, con<br />
grande spirito di amicizia, con intendimenti educativi, ma anche<br />
con goliardica spensieratezza. <strong>Il</strong> Pierluigi che sale alla montagna a<br />
cercarsi il suo ‘vice’ Fausto Ercolani da colle Caldara, scelto da lui<br />
in virtù di una presunta capacità organizzativa del soggetto ma, in<br />
realtà, come lo stesso Fausto confiderà qualche anno più tardi,<br />
scelto in virtù della disponibilità di avere già in quegli anni<br />
1’entrata di uno stipendio fisso da cui poter attingere per 1e<br />
necessità più impellenti; il ‘vecchio’ Manlio, atleta che ha<br />
conosciuto mille battaglie che si accinge a dare, con il suo esempio,<br />
la spinta entusiastica necessaria al decollo; il grintoso Alberto che<br />
porta con sé gli atleti della terra di Giuliano; don Eugenio il<br />
consigliere spirituale e, spesso, il finanziatore. La u.s. CSI<br />
‘<strong>Giovanni</strong> <strong>Scavo</strong>’ muove i primi passi, inizia 1a sua avventura nel<br />
mondo sportivo.
<strong>Il</strong> clima fraterno e spensierato, goliardico ed educativo di<br />
quel periodo trasuda in maniera palpabile nei ricordi di Manlio<br />
Zaccari da lui stesso considerati come appunti di vita.
mio cugino Armando Bonifazi, pugile professionista in forza alla<br />
Vjs Pugilato, per avere accesso alla palestra di San <strong>Giovanni</strong><br />
Vecchio. È stato un primo piccolo ma significativo passo in avanti<br />
il poter usufruire di un locale dove poter lasciare i nostri abiti e<br />
rivestirci senza il pericolo di ‘beccarci’ un malanno. Dalla palestra<br />
si partiva così per i prati e le campagne di <strong>Velletri</strong> ed al ritorno<br />
stanchi nel fisico ma non nello spirito infilavamo i guantoni<br />
incrociando i colpi sul ring.<br />
Non eravamo certo atleti specialisti, facevamo tutto e di<br />
tutto, specialmente in occasione dei campionati di società su pista,<br />
dove coprivamo gare che andavano dai 110 ostacoli al triplo. Ma<br />
la nostra prerogativa erano le campestri dato il naturale scenario<br />
dei nostri allenamenti e durante la stagione estiva quella di andare<br />
a ‘correre per i paesi’ dove io, Alberto, Gian Paolo Brencio e<br />
Quinto Sellaroli non tenendo conto del nostro ordine di arrivo,<br />
dividevamo i premi vinti in parti uguali poiché ci sentivamo e<br />
ancora oggi la sento una famiglia.<br />
Ricordo che in contrada Morice era stata organizzata una<br />
gara per non tesserati con in palio ricchi premi in natura. Avverto<br />
Gian Paolo e ci presentiamo alla partenza. Per l’occasione<br />
indossai una canottiera di lana, piena di buchi per non farmi<br />
riconoscere, ma nonostante ciò l’organizzatore non appena mi<br />
vede mi dice che non potevo partecipare in quanta ‘patentato’ che<br />
nel suo gergo stava ad indicare che ero tesserato. Professo,<br />
spudoratamente, la mia innocenza con il pensiero fisso ai premi in<br />
palio, e mi ritrovo con gli altri sulla linea di partenza. Si parte con<br />
Gian Paolo che voleva andare in testa a fare l’andatura. Lo fermo<br />
dicendogli di aspettare per non far capire che eravamo atleti<br />
allenati e di dare anzi un po’ di vantaggio agli altri concorrenti.<br />
Però aspettammo troppo e quando decidemmo di prendere<br />
l’iniziativa era troppo tardi. Arrivammo al traguardo tra gli ultimi<br />
e fuggimmo subito cercando di non farci notare tanta era la<br />
vergogna, mentre gli atleti del posto festeggiavano orgogliosi.<br />
95
Le trasferte di quegli anni erano un evento. Una volta<br />
andammo a correre ad Alatri e per quei tempi era come andare a<br />
correre all’estero. Ci vollero sei ore di autobus (di linea) e<br />
siccome era stracolmo il mio posto l’alternavo con una cantante<br />
lirica che finì per sedersi sulle mie ginocchia. All’arrivo della<br />
gara non sentii più le gambe e mi presi anche il rimprovero di<br />
Ercole Tudoni (compianto e valido allenatore dell’ACLI ATAC)<br />
per la mia scialba prestazione.<br />
Nonostante non avessimo a disposizione alcun impianto,<br />
riuscimmo ad organizzare presso il campo sportivo, un<br />
triangolare con la Libertas Latina e la Fiamma Latina con in<br />
programma, ovviamente, solo le gare che potevano essere svolte<br />
su un campo di calcio come la velocità, qualche lancio e qualche<br />
salto. <strong>Il</strong> giorno prima della manifestazione Alberto, Pierluigi,<br />
Giampaolo ed il sottoscritto, costruiamo dal nulla la buca per il<br />
salto in lungo. La stanchezza è immensa ma è proporzionale alla<br />
gioia di essere riusciti a portare l’atletica nel ‘tempio’ del calcio.<br />
L’indomani, domenica, c’è un folto pubblico in attesa. Arrivano<br />
gli atleti ospiti; bellicosi e sicuri di sé, nelle loro divise. Noi<br />
eravamo quattro gatti con in dosso i soliti indumenti consunti<br />
tanto da suscitare tenerezza. Quando però alla fine della giornata<br />
il risultato ci diede ragione, gli ospiti ci guardarono come dei<br />
fenomeni. <strong>Il</strong> giorno dopo come risultato di questa immensa fatica<br />
mi venne una forte tallonite con 38 di febbre. Venne il vecchio<br />
dottor Argenti che dopo avermi visitato prese le forbici di casa a<br />
mi asportò il pus...<br />
In questi miei ricordi volutamente non avrei voluto parlare<br />
di Gianni <strong>Scavo</strong>, poiché lui ancora vive in me, un caro amico che<br />
incontro tutti i giorni.<br />
L’alta ammirazione e quella profonda e sentita amicizia<br />
che ci legava, mi aveva indotto, in un primo momento a respingere<br />
questa dolorosa rimembranza.<br />
Gianni mi venne presentato da un amico comune, nel 1952,<br />
poco prima la partenza per una corsa di allenamento.<br />
96
Era un giovane semplice nell’aspetto, possente nella<br />
natura. Dopo le presentazioni di circostanza, ci avviammo verso<br />
Acqua Lucia: afosa, scottante giornata di luglio.<br />
Di tanto in tanto mi voltavo a guardarlo incedere con<br />
quella sua falcata caratteristica. Pensavo tra me che non avrebbe<br />
tenuto quel ritmo e lo guardavo con interesse aspettando che, da<br />
un momento all’altro, mi chiedesse di diminuire il ‘passo’. Invece,<br />
freschissima, terminò quella sua prima faccia di allenamento.<br />
Lo presentai ad Aldo Mammucari, il quale lo tessera<br />
immediatamente tra le fila della società ACLI <strong>Velletri</strong>. Vennero<br />
poi i primi trionfi. Lo sport veliterno, lo stendardo del ‘Cesare<br />
Battisti’ salirono e sventolarono sui più alti pennoni dello stadio<br />
Olimpico. Ma, non mi sono più cari i ricordi dei suoi trionfi. È il<br />
suo spirito di abnegazione, la sua passione per lo sport e il<br />
cordoglio della perdita di un amico, quello che mi rimane.<br />
Quando di ritorno da Palermo, venne a passare le feste in<br />
famiglia, mi raccontò dei suoi allenamenti, delle sue ansie, delle<br />
sue aspirazioni future; è ancora viva la meraviglia che provai<br />
nell’apprendere che dormiva in una stanzetta all’interno dello<br />
stadio di Palermo. Mi ha insegnato e mi ha infuso quel coraggio<br />
che rende l’uomo campione.”<br />
Benché siano passati molti anni, il nome di <strong>Giovanni</strong><br />
<strong>Scavo</strong> continua così a calcare le piste e gli stadi d’Italia. Da quel<br />
lontano 1960 una cosa è comunque rimasta immutata negli anni:<br />
i1 desiderio di andare avanti, di tenere fede ad ogni costo ad una<br />
promessa ideale, di continuare a portare ai giovani, nel nome di<br />
Gianni <strong>Scavo</strong>, il messaggio di un impegno sportivo che è e rimane<br />
soprattutto un impegno di vita, un modo di essere giovani.<br />
Rimarrà scolpito un ricordo che neppure 1’opera<br />
inesorabile del tempo potrà cancellare.<br />
97
La carriera di <strong>Giovanni</strong> <strong>Scavo</strong> in cifre<br />
SOCIETÀ DI APPARTENENZA<br />
1954 ACLI <strong>Velletri</strong><br />
1955 CUS Roma<br />
1957 A.S. Roma<br />
1958 Assicurazioni Generali Palermo<br />
I TITOLI ITALIANI<br />
1955 Campione Italiano metri 800<br />
1957 Campione Italiano metri 800, staffetta 4x400<br />
1958 Campione Italiano staffetta 4x400<br />
I PRIMATI NAZIONALI<br />
1955 primatista italiano juniores m.800 1’52”5<br />
1955 primatista italiano juniores m.1500 3’57”4<br />
1958 primatista italiano staffetta 4x400 di società 3’17”0<br />
LE MAGLIE AZZURRE<br />
31/7/55 Chambery (F) Francia-Italia juniores m.800 1’55”3 (1)<br />
28/7/57Bruxelles (B) esagonale. Germania-Francia-Belgio-<br />
Italia- Svizzera-Olanda m. 800 1’50”8 (4)<br />
29/9/57 Trieste Italia-Svezia m. 800 1’50”7 (2), 4x400 3’14”0 (2)<br />
26/7/58 Torino Italia-Svizzera m. 800 2’03” 2 (4), 4x400 3’11”1 (2)<br />
22/8 /58 Helsinki Campionati Europei staffetta 4x400 3’11”1 (4)<br />
5/10/58 Lione (F) Francia-Italia m.400 48”6 (1), 4x400 3’16”8 (1)
I SUOI PRIMATI<br />
100 11”1(1958)<br />
200 22”8 (1958)<br />
400 47” 2 (1958)<br />
800 1’49”2 (1957)<br />
1000 2’25”2 (1958)<br />
1500 3’54”2 (1957)<br />
2000 5’23”7 (1957)<br />
400 hs 54”0 (1958)<br />
3000 st 9’53”9 (1958)<br />
decathlon 4995 p. (1958)<br />
LA SUA PROGRESSIONE<br />
1954<br />
1955<br />
1956<br />
1957<br />
1958<br />
LE SUE GARE 22<br />
1954<br />
24/4 1000 2’43”6 (1) Roma Farnesina campionati studenteschi<br />
28/4 1000 2’39”1 (1) Roma Farnesina campionati studenteschi<br />
5/5 1000 2’37”7 (1) Roma Olimpico campionati studenteschi<br />
22/8 1500 4’08”0 (1) Merano raduno studenti-atleti<br />
19/9 1500 4’06”5 (4) Napoli campionati italiano II serie<br />
26/9 1500 4’05”8 (1) Roma<br />
2/10 1500 4’04”8(b) (1)<br />
3/10 1500 4’06”8(f) (5) Firenze campionati italiani assoluti<br />
17/10 1500 4’04”6 (1) Roma Terme Gran Premio delle Regioni<br />
24/10 1000 2’34” 2 (1) Roma Criterium Studentesco<br />
22 I risultati qui di seguito riportati, sono la storia atletica, purtroppo incompleta, dell’attività in<br />
pista di Gianni <strong>Scavo</strong>.<br />
100<br />
400 800 1500<br />
4’04”6<br />
50” 2 1’52”5 3’57”4<br />
51”7 I’55”1 3’59”8<br />
48”2 1’49”2 3’54” 2<br />
47”2 1’49”8 3’56” 3
1955<br />
28/5 1500 4’09” 2 (1) Roma Farnesina<br />
4/6 8001 1’56”6 (1) Roma campionati provinciali di società<br />
5/6 1500 4’05”4 (1) Roma campionati provinciali di società<br />
18/6 800 1’55”5 (3) Bologna campionati italiani di società<br />
19/6 1500 3’58”b (1) Bologna campionati italiani di società<br />
29/6 1500 rit. Brescia selezione Italia-Grecia<br />
6/7 800 1’55”0 (1) Schio<br />
31/7 800 1’55” 3 (1) Chambery (F) Italia-Francia juniores<br />
17/8 800 1’54”5 (1) Heinola (SF)<br />
21/8 800 1’54”5 (3) Saarjarvi. (SF)<br />
28/8 1500 3’58”8 (1) Ruokolahti (SF)<br />
2/9 1000 2’28”9 (5) Helsinki<br />
8/9 800 1’52”5 23 (2) Bologna notturna internazionale<br />
17/9 800 1’55”9 (1) Bari campionati italiani di società di II serie<br />
18/9 1500 4’03”4 (1) Bari campionati italiani di società di II serie<br />
25/9 400 50” 2 (1) Roma<br />
30/9 800 1’53”0 (1) Milano campionati italiani individuali<br />
2/10 1500 3’57”4 (2) Milano campionati italiani individuali<br />
15/10 800 1’52”6 (3) Friburgo (D) Italia-Germania<br />
4/11 800 1’54”1 (3) Roma meeting internazionale<br />
1956<br />
2/4 400 51”7 (1) Schio<br />
15/4 800 1’55”9 (1) Roma<br />
21/7 1500 3’59”8 (1) Roma<br />
25/8 800 1’55”1 (1) Roma<br />
23 Di passaggio alle 880 yards (1’53”2).
1957<br />
7/4 800 1’54”1 (1) Schio<br />
8/4 2000 5’23”7 (1) Schio<br />
25/4 1500 3’54” 2 (1) Piacenza<br />
27/4 800 1’53”8 (1) Roma CdS fase provinciale<br />
18/5 800 1’53”2 (1) Roma CdS fase regionale<br />
19/5 1500 3’56”2 (1) Roma CdS fase regionale<br />
19/5 4x100 42”8 (2) Roma CdS fase regionale<br />
15/6 800 1’52”1 (1) Milano campionati italiani di società<br />
15/6 4x400 3’21”5 (3) Milano campionati italiani di società<br />
21/6 800 1’49”2 (3) Parigi meeting internazionale<br />
6/7 800 1’50”6 (2) Milano meeting internazionale<br />
7/7 400 48”5 (2) Torino meeting internazionale<br />
28/7 800 1’50”8 (4) Bruxelles esagonale Germania-Francia-<br />
Belgio-Svizzera-Olanda-Italia<br />
3/8 800 1’53”1 Mosca meeting internazionale<br />
1/9 400 48”9 (1) Bolzano’Trofeo Rossi’<br />
7/9 400 48”6b(1)<br />
48”3f(3) Milano<br />
14/9 800 1’51”1 (1) Bologna campionati italiani individuali<br />
14/9 4x100 43”0b<br />
43”4f(4) Bologna campionati italiani individuali<br />
15/9 4x400 3’18”9 (1) Bologna campionati italiani individuali<br />
29/9 800 1’50”6 (2) Trieste Italia-Svezia<br />
14/ 10 800 1’49”3 (2) Roma meeting intemazionale<br />
19/10 400 48”2 (1) Napoli meeting internazionale<br />
102
1958<br />
27/4 400 49”8 (1) Roma C.d.S.fase provinciale<br />
4/5 400 47”9 (1) Pisa campionati CUSI<br />
14/5 800 1’52”0 (1) Palermo C.d.S. fase regionale<br />
15/5 400 48”4 (1) Palermo C.d.S. fase regionale<br />
19/5 800 1’52”9 (1) Atene meeting internazionale<br />
31/5 200 22”8 Palermo recupero C.d.S. fase regionale<br />
5/6 800 1’50”8 (1) Napoli<br />
5/6 4x400 3’21”2 (1) Napoli<br />
8/6 1500 3’56”3<br />
14/6 800 1’53”0 (1) Palermo C.d.S. fase interregionale<br />
15/6 400 48”4 (1) Palermo C.d.S. fase interregionale<br />
15/6 4x100 43”0 (2) Palermo C.d.S. fase interregionale<br />
26/6 1000 2’25”2 (1)<br />
28/6 800 1’49”8 (2) Firenze campionati italiani di società<br />
29/6 400 47”5 (1) Firenze campionati italiani di società<br />
5/7 800 rit. Milano meeting internazionale<br />
27/7 800 2’03”2 (4) Torino Italia-Svizzera<br />
4x400 3’11”1 (2) Torino Italia-Svizzera<br />
22/8 4x400 3’11”1 (4) Stoccolma campionati europei<br />
12/9 800 1’54”5 (5) Roma campionati italiani individuali<br />
13/9 4x400 3’17”0 (1) Roma campionati italiani individuali<br />
14/9 4x100 42”6 (3) Roma campionati italiani individuali<br />
20-21/9 decathlon 4.995 p. Palermo campionati regionali<br />
5/10 400 48”6 (1) Lione Italia -Francia<br />
5/10 4x400 3’16”8 (1) Lione Italia-Francia<br />
12/10 400 47”6b(1)<br />
47” 2f (3) Roma meeting internazionale<br />
18/10 100 11”1 Roma Terme<br />
18/10 400hs 54”0 Roma Terme<br />
29/10 3000st 9’53”9<br />
1959<br />
2/4 1500 4’04”3 (1) Bari<br />
5/4 1500 4’01”5 (1) Palermo<br />
5/4 4x400 3’20”3 (1) Palermo<br />
103