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Giovanni Scavo, Il libro. - Atletica Giovanni Scavo Velletri

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FRANCO LAZZARI<br />

GIOVANNI SCAVO<br />

L’Atleta Volsco<br />

PREFAZIONE DI<br />

MARIO PESCANTE


RINGRAZIAMENTI<br />

Questa pubblicazione è il frutto della passione per<br />

l’atletica e per la figura di <strong>Giovanni</strong> <strong>Scavo</strong> a cui è indissolubilmente<br />

legata la mia esperienza sportiva.<br />

Passione che mi ha portato ad approfondire la storia di un<br />

periodo del nostro mezzofondo prima visitato solamente con<br />

occhio sfuggevole, magari alla ricerca di qualche dato statistico.<br />

<strong>Il</strong> risultato che ne è scaturito non sarebbe stato comunque<br />

possibile senza il contributo di quelle persone che sento il dovere<br />

di ringraziare. <strong>Il</strong> fratello di Gianni, Sergio <strong>Scavo</strong>, Pier Luigi<br />

Starace, Gianfranco Baraldi, Giorgio Lo Giudice e soprattutto il<br />

dott. Gianfranco Colasante, dell’ufficio stampa del CONI, la cui<br />

esperienza e professionalità hanno fatto di una massa di appunti<br />

sparsi, un <strong>libro</strong>.<br />

<strong>Velletri</strong>, dicembre 1996<br />

Franco Lazzari


PREFAZIONE<br />

Tra le foto più care che mi ricordano gli anni passati sulle<br />

piste di atletica, ne conservo gelosamente una che porta poche<br />

parole scritte da una mano amica, quella di <strong>Giovanni</strong> <strong>Scavo</strong>.<br />

Per quelle parole sincere, e per l’augurio che esse<br />

contenevano, sono sempre grato a <strong>Giovanni</strong>, con il quale ho avuto<br />

in comune il periodo più bello della vita e l’amore per l’atletica.<br />

Cercando nei ricordi più riposti, trovo un’altra immagine<br />

conservata nella memoria: la vittoria di <strong>Giovanni</strong> ai 1000 metri<br />

degli ‘studenteschi’. Una immagine di gioia e di giovinezza che mi<br />

ha accompagnato per tutta la vita e che ha sempre rappresentato<br />

per me la bellezza dell’atletica ed i profondi valori dello sport.<br />

<strong>Giovanni</strong> non ha avuto fortuna nella vita ed è scomparso<br />

quando la sua stella, come atleta e come uomo, cominciava a<br />

brillare più luminosa. Avrebbe merita to molto di più, perché<br />

molto aveva ancora da dare.<br />

Non posso che esprimere all’ ‘<strong>Atletica</strong> <strong>Velletri</strong>’ il mio più<br />

sincero compiacimento per aver voluto, con questo lavoro,<br />

ricordare <strong>Giovanni</strong> <strong>Scavo</strong> a quanti non hanno avuto la grande<br />

fortuna di conoscerlo e di essergli amico.<br />

Febbraio 1997<br />

Mario Pescante<br />

Presidente del CONI


PREMESSA<br />

<br />

Questa l’immancabile domanda che mi è stata rivolta ogniqualvolta<br />

avvicinavo le fonti utili alla mia ricerca. La semplice risposta, di colui<br />

che faceva parte della società sportiva legata al nome di <strong>Giovanni</strong><br />

<strong>Scavo</strong>, non bastava a soddisfare il meravigliato interlocutore. Questa<br />

ricorrente domanda mi ha allora indotto a verificare le motivazioni da<br />

cui era scaturito l’impulso primario e, effettivamente, il lavoro<br />

realizzato è certamente più titolato di quello che avevo intenzione di<br />

realizzare.<br />

Quando nel 1977 diventai uno dei tanti atleti della società,<br />

conoscevo di <strong>Giovanni</strong> <strong>Scavo</strong> quello che a tutti era noto: un grande<br />

atleta, che aveva dato lustro alla città di <strong>Velletri</strong>, prematuramente<br />

scomparso, e i suoi notevoli primati nei 400 e negli 800 metri. Nel<br />

1989, dodici anni più tardi il mio primo contatto con la società<br />

<strong>Giovanni</strong> <strong>Scavo</strong>, mi ritrovai ad essere uno dei promotori della sua<br />

rinascita dopo che, dal 1982, questa aveva cessato ogni attività. Tutto<br />

ciò che legava la rinata società sportiva con quella che aveva svolto<br />

attività negli anni sessanta a settanta era purtroppo solamente il nome<br />

di <strong>Giovanni</strong> <strong>Scavo</strong>, non esistendo più alcuna documentazione ufficiale<br />

né, tanto meno, l’albo dei primati sociali.<br />

L’insofferenza di aver perso la memoria storico-istituzionale<br />

mi spinse quindi alla ricerca di quei risultati che fin dal 1960 erano<br />

stati ottenuti da atleti che avevano gareggiato ricordando il nome di<br />

Gianni <strong>Scavo</strong>. La ricerca si è rivelata più proficua di quanto mi<br />

aspettassi, avendo ritrovato non solo i dati statistici, ma anche gli atti<br />

documentativi della storia atletica veliterna ben oltre il 1960. Una<br />

storia in cui <strong>Giovanni</strong> <strong>Scavo</strong> aveva recitato il ruolo del protagonista;<br />

una storia a cui non è stato possibile esimermi dal raccontare.<br />

9


1954. Studente-Atleta<br />

G<br />

li anni cinquanta. Anni duri, anni di ricostruzione,<br />

ma anche di grande fiducia nel futuro. Anni di una<br />

società divisa tra i fautori di don Camillo e quelli di<br />

Peppone. Anni di corsa.<br />

Gli italiani scappano dal loro recente e triste passato. E per<br />

andare più in fretta, per tutti, ma soprattutto per i più<br />

giovani, c’è la possibilità di correre. Corrono verso un<br />

sogno, e i sogni camminano più in fretta di quanto non<br />

possano i loro piedi.<br />

<strong>Velletri</strong>, come i1 resto del paese, ricostruisce dalle<br />

proprie macerie, e qui è la società più vicina all’ambiente<br />

ecclesiastico che fa da propulsore a questo bisogno di<br />

rinascita. Un ambiente che trova in prima linea 1e ACLI,<br />

punto cardine delle attività ludico-sportive-ricreative che<br />

orbitano intorno agli interessi più puramente religiosi.<br />

Grazie ad un contributo dell’allora papa Pio XII,<br />

l’ACLI <strong>Velletri</strong> acquista, ris truttura e mette a disposizione,<br />

la nuova sezione di via Guido Nati angolo via Novelli. È<br />

qui che, nei primi anni cinquanta, Aldo Mammucari<br />

coordina la società di atletica, un gruppo di persone ben<br />

amalgamate che correvano, divertendosi, in tutte le gare<br />

che allora si organizzavano in occasione delle feste<br />

religiose di <strong>Velletri</strong> e dei paesi viciniori.


Fervono le attività sportive e, accanto alle ACLI,<br />

sono le scuole, in quel felice connubio con lo sport voluto da<br />

Bruno Zauli, le più adatte ad estrinsecare 1a voglia di<br />

correre verso traguardi ideali. Bruno Zauli profuse ogni sua<br />

energia, si diede ‘anima e cuore’ per far entrare lo sport<br />

nella scuola, e lo sport nella scuola non poteva che<br />

significare 1’atletica leggera.<br />

Attraverso la scuola iniziò così un nuovo indirizzo<br />

che doveva portare ad un solido movimento atletico. Una<br />

scommessa, risultata vincente, che portò a rompere con il<br />

passato, tanto da segnare un netto confine a distinguere le<br />

vicende dell’atletica italiana in due parti: una, prima del<br />

1950 e una che ha come punto di partenza la nuova<br />

impostazione dell’educazione fisica nella scuola.<br />

Da quando era nata, la FIDAL aveva potuto contare<br />

su un numero relativamente piccolo di appassionati che<br />

cercavano, tra 1’indifferenza generale, di promuovere il<br />

movimento atletico reclutando i prodotti di un esiguo<br />

raccolto. E sotto questo aspetto si sono fatti miracoli<br />

raggiungendo risultati anche sproporzionati alle effettive<br />

forze.<br />

Cosa c’era infatti, nel mezzofondo italiano dietro i<br />

risultati di Luigi Beccali e Mario Lanzi? Per tutto il tempo si<br />

era selezionato e raccolto, ma non si era riusciti a trascinare<br />

i giovani verso 1’atletica.<br />

Una mancanza che, in quegli anni cinquanta, andava<br />

colmando la scuola.<br />

A <strong>Velletri</strong> è l’istituto tecnico ‘Cesare Battisti’ ad<br />

essere sempre in prima linea grazie anche a1 preside prof.<br />

Raffaele Uncini che ritiene lo sport, e 1’atletica in particolare,<br />

disciplina di pari dignità con le altre materie didattiche.<br />

12


È qui che subito emerge 1a figura di <strong>Giovanni</strong><br />

<strong>Scavo</strong> catapultato nel breve tempo di un batter di ciglia dai<br />

prati veliterni, luogo naturale delle campestri scolastiche,<br />

alle piste degli stadi di tutto il mondo.<br />

Testimone oculare del passaggio di Gianni <strong>Scavo</strong> da<br />

atleta ‘normale’ a campione, che avvenne tra la primavera e<br />

1’autunno del 1954, è Pier Luigi Starace che divideva con<br />

Gianni <strong>Scavo</strong> 1a passione per le corse di mezzofondo.<br />

Frequentavo allora il I Liceo all’ ‘Antonio Mancinelli’<br />

avevo due anni meno di Gianni. Ricordo una limpida<br />

mattina di maggio, quando il professore di Italiano, Alberto<br />

Puntoni, portando a termine una divagazione filosofica in<br />

margine alla sua lezione sull’Umanesimo, disse con aria di<br />

cordiale saggezza: «Eh si ragazzi, in fondo, a pensarci<br />

bene, l’uomo è sempre un po’ idolatra!» Io assentii<br />

involontariamente, abbassando gli occhi sul banco davanti<br />

a me, e dicendo pensierosamente al mio compagno di banco<br />

Pietro Giannone: .<br />

<strong>Il</strong> vecchio amico mi diede un’occhiata di compatimento, ma<br />

non contestò l’asserzione del professore. Cosa c’era dunque<br />

sul mio banco a comprovare le parole dell’Italianista ed a<br />

fomentare il disprezzo canzonatorio del vicino di posto?<br />

<strong>Il</strong> vecchio piano di legno, consumato, macchiato e<br />

scarabocchiato, recava alcuni segni vigorosamente incisi e<br />

chiaramente rimarcati con l’inchiostro. Risaltava per prima<br />

cosa una figuretta di atleta in atto di correre, intagliata<br />

profondamente nel legno, con sotto una grande scritta in<br />

maiuscole di ‘W SCAVO’. Poi, uno sotto l’altro, dei nomi<br />

sibillini, come S. Paolo, Tor di Quinto, Farnesina,<br />

Olimpico, seguiti da un primo a da cifre di minuti primi e<br />

secondi.


Ecco il complesso feticcio oggetto della mia adorazione,<br />

che ogni mattina contemplavo con occhio estatico di credente: le<br />

vittorie di <strong>Giovanni</strong> <strong>Scavo</strong>.<br />

Nonostante la collana consecutiva di quei successi,<br />

<strong>Giovanni</strong> <strong>Scavo</strong>, restò ignorato dal grande pubblico, perfino dai<br />

giornalisti. La ricompensa di quelle fatiche del diciottenne<br />

studente di ragioneria, fu solamente il tempo segnato da un<br />

quadrante di cronometro, il sorriso ammirato di qualche rivale<br />

generoso, l’istante di frenetica gioia del filo di lana infranto e il<br />

commosso elogio del suo allenatore di allora, il professor<br />

Armando Giallombardo, siciliano ed insegnante di educazione<br />

fisica presso il ‘Cesare Battisti’. Attimi di gioia per ore di<br />

tormento. Un tormento che <strong>Giovanni</strong> <strong>Scavo</strong> sopportava, con nel<br />

petto quello splendido, irresistibile stimolo che ad un certo punto,<br />

nei cuori dei giovani generosi, punge come un ferro rovente, e<br />

può calmarsi solo con una sterminata effusione di coraggio e di<br />

forza.<br />

In lui bruciava ciò che spinge il rocciatore sulle vette<br />

estreme, il nuotatare a profondità sempre maggiori, il sacerdote<br />

all’amore senza limiti per tutti. Ciò che supera il disprezzo della<br />

gente, sfonda la barriera del timore indeciso, implica il saper<br />

gustare l’asprezza reconditamente dolce del dolore; ciò che, se<br />

soffocato, produce le più paurose sensazioni di rimorso, e rimane<br />

come una cicatrice perenne nella personalità scialba dell’uomo.<br />

E <strong>Giovanni</strong> <strong>Scavo</strong> si addossò fino in fondo le conseguenze<br />

che comportava la sue sete spirituale, volle ignorare cosa<br />

fosse la paura, lo scoraggiamento, la rassegnazione fatalistica,<br />

volle ignorare perfino il logorio del suo fisico, e crollò due volte<br />

in quell’anno, ma solo dopo aver co mpletamente esaurito due<br />

cicli di imprese inimitabili, a testimoniare che non una bruta,<br />

puramente fisica energia lo aveva sorretto, ma che lui, il<br />

campione di tutte le vittorie, aveva richiesto alle sue forze più<br />

ancora di quanto chieda l’atleta dalle possibilità limitate; nel<br />

14


suo aspetto di dominatore era più maltrattato dalla fatica<br />

dell’ultimo mezzosangue arrancante, e la folla non lo capiva, non<br />

lo sapeva.<br />

<strong>Giovanni</strong> <strong>Scavo</strong> non era il tipo di mezzofondista<br />

esuberante, tanto solido a dai nervi tanto saldi da parer un bue<br />

possente cui le fatiche fanno il solletico, no, pur col suo torace e le<br />

sue gambe perfettamente muscolate, non aveva l’olimpica serenità<br />

dell’uomo forte. Era invece costantemente cupo e chiuso, di una<br />

severità quasi funebre, un’inguaribile malinconia preoccupata,<br />

accentuate dalla pelle scura, abbronzata, quasi olivastra, gli occhi<br />

nerissimi ma di rado scintillanti, le sapracciglia perfette color<br />

ebano, i capelli trascurati tagliati a spazzola, cupezza interrotta a<br />

tratti da scatti nervosi, e percorsa continuamente da una specie di<br />

fremito continuo che segnalava la presenza di una vitalità<br />

superiore, pronta all’esplosione.<br />

Sembrava sempre in attesa della prova, della battaglia.<br />

Perfino nel momento in cui l’atleta anche più serio e metodico,<br />

dopo la liberazione prodotta dalla gara, diventa pieno di una gioia<br />

espansiva, <strong>Giovanni</strong> <strong>Scavo</strong> non si scomponeva. Lo dico sulla base<br />

di un preciso ricordo.<br />

Era un giorno del febbraio 1954, <strong>Scavo</strong> aveva appena<br />

vinto, sbaragliando tutti gli avversari, la finale d’istituto del<br />

‘Battisti’ di corsa campestre sui circa 1500 metri del duro<br />

percorso di San <strong>Giovanni</strong> Vecchio.<br />

Forse era stata la cosa a cui aveva pensato di più per mesi,<br />

aveva battuto per la prima volta Eligio Leoni, il biondo camoscio<br />

dell’Artemisio, campione dell’istituto l’anno precedente, tra i<br />

migliori mezzofondisti della provincia di Roma e già noto dal 1952<br />

per i suoi inizi di stagione brillanti seguiti da relative opacità.<br />

Aveva battuto con margini notevoli, Romolo Centofanti, il piccolo<br />

artenese straripante di energie, Guglielmo Agamennone, dalla<br />

falcata lunghissima ed elegante, Antonio Martiello, altro siciliano<br />

dal fisico possente e la volontà<br />

15


d’acciaio, Andrea Andreozzi, dalla prorompente regolarità di<br />

rendimento.<br />

Era divenuto il leader del gruppo covato dal Prof.<br />

Giallombardo fin dai primi giorni d’ottobre, ed ora pronto a<br />

scatenarsi sui prati romani nei campionati provinciali<br />

studenteschi di cross. Aveva, insomma, ottenuto moltissimo. Ma<br />

non saltava dalla gioia. Non si esaltava per le parole di<br />

ammirazione dei compagni di finale.<br />

Con mosse brusche si fece largo fino alla borsa poggiata<br />

sul muretto vicino ai cipressi del ‘Camposanto Ve cchio’ si levò<br />

decisamente la maglietta di gara, indossò febbrilmente la<br />

canottiera asciutta, e continuò a rivestirsi in silenzio, fino a che<br />

ebbe completato l’operazione con sciarpa e cappotto. Poi<br />

cominciò a passeggiare per il luogo del suo trionfo, osservandolo<br />

come un oggetto finalmente acquistato, con sguardi a tratti<br />

fosforescenti di un’intima esultanza.<br />

Qualcuno continuava ad avvicinarlo, a portare la propria<br />

ammirazione, ma per la maggior parte del tempo rimase solo,<br />

aggirandosi a passi leggeri, con improvvise fermate e bruschi<br />

scatti.<br />

Intanto si stava preparando la partenza della finale<br />

d’istituto del ‘Mancinelli’. <strong>Scavo</strong>, tra 1’ironico ed il divertito,<br />

elargiva informazioni sul percorso e consigli tecnici ai liceali, ed<br />

era sulla linea del traguardo quando giunsero, con tempi sempre<br />

molto lontani dal suo, ma con volontà degne di lui, Augusto<br />

Venanzi, il primo, il roccioso lanuvino dalla voce di bronzo, già<br />

esperto di campestri, e che, a Roma, l’anno prima, aveva vinto la<br />

sua batteria col polpaccio forato e sanguinante per una chiodata<br />

ricevuta in partenza; poi Gigi Arcarese, efebo gentile e cordiale,<br />

ma lottatore formidabile, il piccolo Novelli, dalla generosità<br />

incredibile, Italo Giovannoni e Paolo Mengaroni, piombati sul<br />

traguardo con uno sprint alla morte, e Marcello Zani, sempre con<br />

l’aria da gentleman nonostante il fango e l’impegno nell’agone.


Passò del tempo, mentre i liceali si ricomponevano<br />

anche loro, e <strong>Scavo</strong> era sempre lì, come abbeverandosi alla fonte<br />

della sua grande gioia. Fummo gli ultimi, lui, Pietro Giannone<br />

ed io, ad imboccare la salita selciata per ritornare a scuola. Era<br />

spuntato un sole improvviso, che riscaldava i vapori umidi<br />

innalzatisi dalla terra bagnata per la pioggerella di tutta la<br />

mattina.<br />

<strong>Giovanni</strong> <strong>Scavo</strong> aveva iniziato a correre l’anno prima,<br />

nella società ACLI <strong>Velletri</strong>, animata dall’indimenticabile Aldo<br />

Mammucari, una delle società con squadre di corsa su strada più<br />

forti del Lazio, e che faceva man bassa di coppe alle varie gare<br />

domenicali che si svolgevano per le feste solenni dei paesi vicini.<br />

Tra i rudi vignaioli veliterni della squadra, sui duri e lunghissimi<br />

asfalti o selciati, il ragazzo non si perdeva di coraggio, si batteva<br />

contro avversari molto più maturi, si faceva notare.<br />

Nelle campestri del 1953 ottenne i primi, promettenti<br />

risultati. Alle eliminatorie di Tor di Quinto era stato terzo nella<br />

serie vinta da Carlo Bartolini del ‘Caetani’ e ancora terzo nel<br />

secondo turno di quella campestre provinciale disputata<br />

all’interno di villa Borghese. Alle finali del 12 aprile, ancora a<br />

Tor di Quinto, è decimo nella finale dei primi subito dietro ad<br />

Eligio Leoni.<br />

Poi cominciò quel 1954 fenomenale. <strong>Il</strong> 14 marzo di<br />

quell’anno, nella zona del Valco S. Paolo, alla presenza del<br />

segretario generale del Coni, Bruno Zauli e del prof. Scardamaglia,<br />

direttore generale dell’ufficio speciale di educazione<br />

fisica, circa 500 studenti tra i 16 e i 19 anni, in rappresentanza di<br />

83 istituti di tutta la provincia di Roma, divisi in 18 batterie,<br />

concorrevano per qualificarsi alle semifinali di corsa campestre.<br />

<strong>Giovanni</strong> <strong>Scavo</strong>, con 4’08” sui circa 1500 metri del percorso,<br />

trionfando in batteria, segnava il miglior tempo assoluto,<br />

staccando idealmente di sei secondi, cioè almeno quaranta metri,<br />

l’autore della seconda miglior prestazione, Ugo Sabatini


del ‘Da Vinci’ di Roma. Eligio Leoni, vincendo la propria<br />

batteria, seguiva a quattro decimi di secondo. Tutto il gruppo di<br />

Giallombardo passava alla fase successiva, piazzando cinque<br />

uomini entro i primi tre posti, e tutti e sei entro l’ottava posizione,<br />

valida per il superamento del tumo.<br />

<strong>Il</strong> ‘Cesare Battisti’ era secondo solo al ‘Righi’ di Roma<br />

come piazzamenti nei primi tre, ma lo superava come punte cioè<br />

nel ‘Righi’ non c’erano né uno <strong>Scavo</strong> né un Leoni.<br />

La domenica seguente i 144 qualificati, suddivisi in sei<br />

raggruppamenti, erano convocati a Tor di Quinto, sull’erba del<br />

galoppatoio, per affrontare le semifinali. <strong>Giovanni</strong> <strong>Scavo</strong>,<br />

vincendo la terza, restava ancora primo e solo su tutti, in 4’48”,<br />

seguito da Maurizio Notarangelo del ‘Marcantonio Colonna’ a<br />

quattro secondi e due, e da Eligio Leoni, trionfatore della prima<br />

in 4’53”3. <strong>Il</strong> ‘Battisti’ inseriva due uomini nella finale del primi,<br />

<strong>Scavo</strong> e Leoni, uno in quella dei secondi, Martiello, due in quella<br />

dei terzi, Centofanti e Andreozzi. L’uscita di Agamennone<br />

pregiudicava la vittoria di squadra.<br />

Ancora a Tor di Quinto la domenica successiva per le<br />

finali. Cominciava bene con la finale dei terzi dove Centofanti era<br />

secondo ed Andreozzi diciassettesimo. Quinto era Martiello in<br />

una finale dei secondi gremita di campioncini romani. E primo<br />

con 4’35”5, con quattro secondi su Sabatini, era ancora <strong>Giovanni</strong><br />

<strong>Scavo</strong>, mentre Eligio Leoni era ottavo. <strong>Il</strong> ‘Battisti’ era il terzo<br />

istituto dopo il ‘Righi’ e l”Albertelli; a pochissimi punti da<br />

quest’ultimo, e davanti di molto a scuole prestigiose come il<br />

‘Giulio Cesare’, il ‘Nautico’, il ‘Cavour’, il ‘Da Vinci’.<br />

<strong>Il</strong> ‘Mancinelli’ registrava il settimo posto di Arcarese<br />

nella finale dei terzi e la vittoria di Venanzi in quella dei quarti.<br />

La stampa sportiva, molto misurata nei suoi confronti,<br />

notò comunque il fatto che <strong>Scavo</strong> “tirava fino al palo le sue<br />

gare”, cioè correva non solo per vincere contro gli altri, ma<br />

anche contro se stesso.


Alfredo Berra 1 definì la sua, una gara da 10 e lode in un<br />

articolo che qui mi preme ricordare.<br />

“Piglio e autorità del campione quelli di <strong>Scavo</strong>, lo<br />

studente velletrano campione delle scuole romane per il 1954. Chi<br />

è <strong>Scavo</strong> lo sapete perché ormai ve n’è stato parlato abbastanza.<br />

La sua gara di ieri è apparsa tale da giustificare qualunque buona<br />

cosa si sia detta di lui. Pur potendolo considerare favorito, visti i<br />

tempi dei quarti e delle semifinali e la freschezza delle sue<br />

condizioni ad ogni arrivo, prima del via di Tor di Quinto non si<br />

era esattamente sicuri che egli vincesse; e soprattutto quasi non lo<br />

si voleva in quanto la gente metropolitana non si rassegnava -<br />

almeno in sede di previsione - a sfilare al traguardo alle spalle del<br />

bravo castellano.<br />

Maurizio Notarangelo, Piero Lener, Lorenzo Miroli,<br />

Gilberto Chini, Ugo Sabatini erano questi «cittadini» giusta mente<br />

ambiziosi. Sono stati passati per le armi da <strong>Scavo</strong>; ma se <strong>Scavo</strong> ha<br />

dettato la condanna a morte dei rivali, uno di questi ha manovrato<br />

la mannaia, di cui egli stesso è stato vittima: Gilberto Chini del<br />

‘Quintino Sella’ che l’altr’anno fu il sorprendente terzo, ieri ha<br />

voluto tentare la via della vittoria, buttandosi allo sbaraglio dopo<br />

poche centinaia di metri di corsa.<br />

<strong>Scavo</strong>, asciutto, accigliato, quasi cattivo nel bello sforzo,<br />

gli andò dietro e, più Chini spingeva meno egli cedeva; ancora, se<br />

l’atleta in maglia verde sentiva man mano il vuotarsi delle proprie<br />

energie, <strong>Scavo</strong> avvertiva con sempre minor tocco al suolo le<br />

spinte degli inseguitori, nessuno dei quali, ammesso che l’avesse<br />

tentato, era riuscito a svincolarsi dalla paura generale per vedere<br />

di accodarsi ai fuggitivi. Notarangelo<br />

1 Alfredo Berra, promotore dell’atletica laziale nel dopoguerra con l’UISP, venne a Roma da<br />

Torino, chiamato da Bruno Zauli. Qui fondò il movimento che diede origine al Club Atletico<br />

Centrale, società dove gareggiarono i vari Frinolli, Spinozzi, Viragh, Pescante. Berra è stato<br />

collaboratore prima e giomalista professionista poi al Corriere dello Sport; successivamente si<br />

trasferì a Milano alla Gazzetta dello Sport. Per stile appartenne da subito alla categoria dei<br />

“maestri”. Attualmente Berra, malato, ha lasciato la professione e vive in una clinica a<br />

Grottaferrata; gli sono vicini i vecchi amici, quelli che sono stati i suoi allievi di un tempo e che<br />

hanno cercato di sviluppare, non semp re riuscendoci, le sue idee.


arrancava a testa bassa senza reazione, sfinito da emozioni,<br />

discussioni e altro di questi ultimi tempi; Lener, poco meglio che<br />

ultimo dopo il via, non avrebbe incominciato che molto tardi il suo<br />

famoso finale e comunque non s’è certo comportato da corridore di<br />

millecinque; Miroli filosoficamente pensava che le campestri non<br />

erano per lui e procedeva «seduto». Con loro, per esser partito senza<br />

responsabilità si trovava qualcuno, come il solido Alessandro<br />

Pasquali, e come Carlo Bartolini a proprio agio; mentre Sabatini, da<br />

anni in attesa della buona giornata, vigilava, lui ben allenato,<br />

silenzioso e deciso.<br />

Quando Chini scoppiò (e fu miccia in una polveriera in<br />

quanto l’atleta si fermò e giunse al passo, fra gli ultimi) Sabatini era<br />

in prima linea dietro al lanciatissimo <strong>Scavo</strong>, che finì, secondo il suo<br />

solito, in bellezza. Primo pertanto un giovane di <strong>Velletri</strong> seguito da<br />

un altro che è cittadino solo come frequenza scolastica, ma in realtà<br />

è di Civitavecchia, allenato come ben si sa da Oscar Barletta.<br />

Non è una novità la prevalenza dei «provinciali» in gare di<br />

questo tipo. L’assenza di piste a casa loro, e le spedizioni di<br />

allenamento lungo le strade o i campi (dobbiamo aggiungere che<br />

oltre il suo professore assistono <strong>Scavo</strong> quelli dell’ACLI <strong>Velletri</strong>, e<br />

specificatamente il noto Fabio Lunatici: il successo quindi è anche<br />

loro); le corse dunque di lunga resistenza di chi non ha le Terme o la<br />

Farnesina per allenarsi o per chiacchierare sono utili alla<br />

costituzione per questi giovani di una solida base su cui lo sviluppo<br />

delle gare elabora i necessari progressi di ritmo e di velocità.”<br />

Alla fine di aprile, i1 24, allo stadio della Farnesina, le<br />

eliminatorie dei campionati provinciali studenteschi su pista. La<br />

tribunetta era gremita di studenti e il campo tenuto eccezionalmente<br />

sgombro dal bel lavoro dei professori Clemente Toscano dell<br />

‘Albertelli’ e Luciano Dresda del ‘Nautico’. Molti grossi nomi erano<br />

venuti: Bruno Zauli al pomeriggio, su per la


traballante scaletta dei giudici, a interessarsi di tutti; quindi<br />

Marcello Garroni, Giorgio Oberweger, Pasquale Stassano.<br />

<strong>Scavo</strong> e Leoni erano iscritti alla gara dei 1000 metri. Quel<br />

giorno, o perché non stava bene o perché effettivamente non aveva<br />

confidenza con l’anello scorrevole della pista, le cui curve erano<br />

molto diverse da quelle dello stadio calcistico di <strong>Velletri</strong> dove si<br />

allenava, Gianni, pur vincendo la sua batteria in 2’43”6, venne<br />

superato come tempo da tre atleti: Ugo Sabatini, Carlo Bartolini e<br />

Maurizio Natarangelo, il biondo idolo delle scuole romane, che<br />

nella finale della campestre era stato quinto.<br />

La stampa sportiva scrisse che <strong>Scavo</strong> andava bene nelle<br />

campestri, ma che la sua falcata non andava per la pista. La<br />

grande penna di Alfredo Berra, sul Corriere dello Sport, tra scrisse<br />

che “<strong>Scavo</strong> fu visto assai meno bello che per i prati: cioè quel<br />

passo corto ed economico, così adatto ai percorsi irregolari, in<br />

pista diventa quasi un affanno e un trapestio che Laurenti del<br />

‘Giulio Cesare’. che pure è assai duro di tronco e corre a spalle<br />

alzate, finì per sconvolgere con un pericoloso finale. Assai meglio<br />

Notarangelo, tranquillo e candido in una maglietta di tipo inglese;<br />

e arrabbiati, Sabatini e Bartolini, due figli di ferrovieri, che si<br />

sono battuti senza quartiere ottenendo i tempi migliori della<br />

giornata. Lorenzo Miroli è arrivato senza gambe con l’anima tra i<br />

denti ma tremebondo dei calci dei professori che non avrebbero<br />

tollerato un nuovo ritiro: occorre dargli atto della discreta<br />

impresa. Poi Piero Lener e Alessandro Pasquali, che hanno le<br />

gambe meno lunghe della compagnia ma Pasquali in compenso ha<br />

le mutandine meno corte, bordate di nero e più abbondanti di<br />

quelle di un reverendo. Ezio Bresciani, è la divisa del ‘Virgilio’?”<br />

Gianni <strong>Scavo</strong> si trovò così faccia a faccia con quel<br />

commento sbrigativo, con quei secondi persi rispetto ai tre rivali.<br />

Due grandi delusioni che avrebbero piegato molti.<br />

21


Ma lui non chinò il capo, non si creò complessi di inferiorità:<br />

continuò solamente ad allenarsi.<br />

Quattro giorni dopo, il 28 di aprile, ancora alla<br />

Farnesina, nella prima semifinale, che lo opponeva a Sabatini, il<br />

più forte delle eliminatorie, partì senza temporeggiare, senza<br />

risparmiarsi, dette tutto fino all’ultimo metro. Vinse sul rivale in<br />

2’39”1, superò tutti i tempi ottenuti nelle eliminatorie, fu di nuovo<br />

il migliore.<br />

La stampa non ne era molto convinta, i tempi ottenuti quel<br />

giorno da Bartolini, Miroli e Natarangelo erano poco meno o<br />

poco più di un secondo peggiori del suo.<br />

La finale all’Olimpico mercoledi cinque maggio: <strong>Scavo</strong>-<br />

Notarangelo!<br />

<strong>Il</strong> duello infiamma i cinquantamila ragazzi presenti. Era una<br />

questione di prestigio per i dieci finalisti romani (l’undicesimo era<br />

il veliterno Eligio Leoni) riuscire a battere <strong>Scavo</strong>. E per fare<br />

questo bisognava favorire in tutti i modi Notarangelo. Alla<br />

partenza, quindi, si cercò di chiudere l’atleta volsco, di non<br />

permettergli di giocare la carta dell’andatura. A causa di questo<br />

tentativo di frenamento, i primi duecento metri vennero coperti in<br />

un tempo poco brillante, con <strong>Scavo</strong> a sgomitare nelle retrovie e<br />

Notarangelo che vola via. Ma la distanza comincia a tagliare le<br />

gambe a tutti. Tutti meno che <strong>Scavo</strong>, in rimonta rabbiosa. Un<br />

duello splendido si accende a distanza tra il biondo Maurizio,<br />

lanciato da una falcata distesa e volante e sorretto dal tifo dei<br />

cinquantamila, e il nostro <strong>Giovanni</strong> che si è lasciato alle spalle<br />

tutti gli altri, e che è ormai in rimonta irresistibile. Gli ultimi<br />

duecento metri sono uno scontro all’ultimo sangue, che vede<br />

Notarangelo cedere di schianto nell’istante del sorpasso, e poi<br />

crollare a terra sulla linea del traguardo mentre <strong>Scavo</strong>, spezzato<br />

rabbiosamente il filo di lana 2 , continua a correre sul prato fino<br />

alla sua borsa.<br />

2 Gianni <strong>Scavo</strong> caratterizzava le sue vittorie, un’abitudine che conservò sempre, alla maniera di<br />

Luigi Beccali, spezzando il filo di lana con le mani invece che con il petto.<br />

22


La stampa parlerà poi di presunte scorrettezze di <strong>Scavo</strong> sul<br />

rettilineo d’arrivo. Grazie a Dio i giudici di gara furono meno<br />

faziosi e sancirono la vittoria in 2’37”7, nuovo miglior tempo<br />

assoluto.<br />

Dietro i primi due si assiste a una selezione durissima dalla<br />

quale esce fuori Carlo Bartolini che termina la sua fatica in<br />

2’40”5 dopo che aveva ceduto negli ultimi duecento metri rispetto<br />

ai battistrada. Quarto è Giorgio Lo Giudice con un tempo<br />

(2’42”3) di cui pochi lo credevano capace. Poi Lener, Giorgio<br />

Carone e Sabatini. Eligio Leoni è nono in 2’50”2.<br />

Dopo questa successione di sforzi, <strong>Scavo</strong> non comparve come al<br />

solito, a passeggiare con gli amici sul Ponte Rosso. Seppi che era<br />

malato, estenuato. Si era anche ritirato in una di quelle dure gare<br />

regionali di 800 metri, che furono la sua prima gara federale,<br />

sorpreso di quante cose ci fosse bisogno in pista, oltre che di<br />

correre a perdifiato. Pareva che la sua splendida meteora avesse<br />

esaurito la sua parabola. Ma, ai primi di giugno, ricomparve. Si<br />

era ripreso. Anche atleticamente. Infatti, quando scomparve di<br />

nuovo, si seppe che era stato convocato a Merano dalla FIDAL<br />

per un raduno dei migliori studenti-atleti italiani. Alla fine<br />

dell’intenso periodo di preparazione collettiva ci furono delle<br />

gare. <strong>Scavo</strong> si presenta sulla pista meranese fra il fior fiore della<br />

gioventù studentesca atletica del mezzofondo per fare i ‘suoi’<br />

1500. Ebbene, liguri o veneti, lombardi o piemontesi, veloci o<br />

resistenti, caparbi o puntigliosi, li battè tutti vincendo in 4’08”.<br />

Qui incontrò per la prima volta Gianfranco Baraldi il quale<br />

appariva il più titolato, almeno per la pista. In quel mese di<br />

permanenza a Castel Labers, s’era creata l’onesta rivalità dei<br />

giovani forti dai temperamenti opposti. Pioveva, allo stadietto di<br />

Merano, che Dio la mandava. Una pioggia maledetta che riduce in<br />

pessime condizioni il campetto su cui gli atleti si sono<br />

generosamente prodigati.


Nicola Placanica, 3 fedele alla consegna non corse al riparo<br />

nonostante piovesse ormai a dirotto e il suo vestito da villeggiante<br />

fosse pregno d’acqua come la gomena di un vaporetto.<br />

Fernando Silvestri, il direttore tecnico del corso, dalla tribuna si<br />

impietosì e gli procurò uno di quegli impermeabili trasparenti che<br />

il professore indossò direttamente sulla maglietta bianca<br />

liberandosi della giacca bagnata e se ne tornò a mettere in fila i<br />

ragazzi sulla linea di partenza, conciato in modo da far ridere, se<br />

gli altri ne avessero avuto voglia e coraggio.<br />

Avvenne qui, quella prima volta, quel duello che sarebbe<br />

capitato in seguito tante altre volte, ora con la vittoria dell’uno<br />

ora dell’altro. Mentre Baraldi pareva filare verso la vittoria,<br />

<strong>Scavo</strong> s’impegno in un disperato finale a testa bassa e vinse. Si<br />

manifestò, per un momento, la figura del Campione che riunisce<br />

in sé le qualità divine e mortali e da allora si affermò la ‘linea<br />

agonistica’ di <strong>Giovanni</strong> <strong>Scavo</strong>. Era l’inizio di una nuova serie di<br />

successi.<br />

Gianni <strong>Scavo</strong> aveva resistito o meglio aveva voluto<br />

resistere ai metodi di allenamento di Mario Lanzi, balzando così<br />

alla ribalta con un impeto tale da impressionare. E Mario Lanzi<br />

allenò Gianni, in questo periodo di raduno, come non aveva fatto<br />

con nessun altro atleta di quell’età, sveltendolo nell’azione e,<br />

soprattutto, facendolo progredire in velocità. E sotto<br />

quell’esperta guida, Gianni finiva il lavoro giornaliero quasi<br />

senza sudare.<br />

Tornato a casa, ricevette le cure di Giuseppe (Peppino)<br />

Cuccotti, l’anziano allenatore del CUS Roma, che lo inserì nella<br />

sua società.<br />

Ed ecco <strong>Scavo</strong> in agosto a Napoli, ai campionati italiani<br />

di seconda serie, dove è quarto nei 1500, fra atleti con molti anni<br />

di esperienza, e migliora il suo primato. Poco dopo è a Firenze,<br />

3 Nicola Placanica da Vercelli, fu il primo direttore tecnico e responsabile della scuola nazionale di<br />

atletica leggera di Formia, inaugurata il 23 Novembre 1955. Scuola che, fortemente voluta da<br />

Bruno Zauli, radunò subito, sotto la direzione di Giorgio Oberweger, i migliori allenatori nazionali<br />

di allora.<br />

24


ai campionati italiani assoluti, lui alla sua terza corsa sui 1500<br />

metri contro i migliori specialisti d’Italia. Ci sono alla partenza<br />

Vittorio Maggioni, Mario Geat, Valentino Mansutti, uomini nella<br />

pienezza delle loro energie ed all’apice della loro carriera. <strong>Scavo</strong><br />

li battè tutti, migliorando ancora in 4’04”8. Dopo questa vittoria<br />

in batteria corse la finale nel pomeriggio e non si piazzò male,<br />

seppur svuotato di energie, con il suo quinto posto dietro Mansutti<br />

e Geat.<br />

Agli inizi di quell’autunno, ancora più interessante della<br />

primavera, alle Terme, battè ancora Mansutti, il grande atleta<br />

pontino. Nello stesso stadio, al Gran Premio delle Regioni, me<br />

presente, vinse ancora i 1500 con un tempo che rappresentò il suo<br />

primato (4’04”6), superando con una volata indescrivibile il<br />

fuoriclasse bergamasco Gianfranco Baraldi.<br />

La piccola tribuna delle Terme era gremita di diciotto<br />

‘colonie’ di colori diversi, uno per ogni regione. Gli atleti del<br />

Lazio indossavano le maglie nere che per regolamento vanno<br />

sempre alla squadra di casa.<br />

Di tutte le gare in programma, la più attesa era quella dei<br />

1500, specialità da troppo tempo in ribasso. E la gara non tradì le<br />

aspettative.<br />

Le batterie del sabato avevano selezionato i migliori. La<br />

domenica chi si aspettava la solita gara di attesa in gruppo, ha<br />

subito fugato i suoi timori. Al colpo di pistola Gianni <strong>Scavo</strong> va<br />

subito in testa: 59 secondi al primo giro, seguito come un’ombra<br />

da tutti gli altri. Stessa situazione al secondo giro poi, ad un primo<br />

tentativo di Gianfranco Baraldi a 200 metri dalla fine, Gianni<br />

reagisce con una grinta inaspettata, e s’è capito allora come la<br />

vittoria fosse suo diritto, avendo con la propria andatura fiaccato<br />

prima delle proprie energie quelle degli altri.<br />

La stagione e l’anno si concludevano con un’ultima<br />

vittoria nei 1000 metri del ‘Criterium Studentesco’ strabatten do<br />

con 3’34”2, il suo tempo dell’Olimpico, e rispondendo nel<br />

25


modo migliore a chi allora aveva avanzato dubbi sul titolo di<br />

campione provinciale, ora che anche su questa distanza, era il<br />

miglior studente d’Italia. Una gara che ebbe come teatro ancora il<br />

magnifico scenario delle Terme, e la regia fu curata con il solito<br />

impeccabile impegno da Peppino Tartaglia, l’elettrico direttore<br />

dello stadio.<br />

Avanzava intanto l’autunno, le erbette degli stadi<br />

rabbrividivano alle prime folate fredde, le piste si allagavano alle<br />

prime piogge.<br />

<strong>Scavo</strong> si riposa. Ma, di nuovo, la notizia che <strong>Scavo</strong> è<br />

ammalato; ha avuto una emorragia, è all’ospedale. L’ospedale di<br />

<strong>Velletri</strong>, sul fianco dell’Artemisio, vicino alla Villa Antonelli, fra i<br />

castagni, con uno splendido e luminoso paesaggio aperto sulla<br />

pianura e sul mare. Traducendo Orazio con Pietro Giannone a<br />

poche centinaia di metri da dove <strong>Giovanni</strong> <strong>Scavo</strong> giaceva, pensavo<br />

alla caducità delle cose umane, al contrasto sorprendente tra lo<br />

stato di degenza attuale e lo stato normale di super efficienza di<br />

quel fisico.<br />

A gennaio i giornali lo davano per finito riguardo allo<br />

sport. Poi, improvvisamente, a primavera, eccolo esordire negli<br />

800 con un tempo degno di lui, dopo aver regolato definitivamente<br />

i conti con Notarangelo sui 1000.<br />

Al campionato di società vince i 1500 migliorando il<br />

primato laziale di Oscar Barletta che era vecchio di tredici anni<br />

poi, il 30 settembre, si laurea addirittura campione italiano negli<br />

800 metri dopo un memorabile duello sin sul filo di lana con<br />

Gianfranco Baraldi. 4 Conquista i primati nazionali juniores degli<br />

800 e dei 1500 con i rispettivi tempi di 1’52”5 e 3’57”4, è ormai<br />

un campione acclamato.<br />

4 Gianfranco Baraldi si prese la rivincita due giorni dopo in una entusiasmante gara di 1500 metri.<br />

Baraldi segue <strong>Scavo</strong> fino ai mille metri, poi passa al comando e attacca con relativa facilità,<br />

involandosi solitario verso il traguardo. Baraldi termina in 3’53”6 migliorando il primato dei<br />

campionati detenuto da Beccali. Gianni <strong>Scavo</strong> è secondo in 3’57”4.<br />

26


1955. Aspirante campione<br />

I<br />

campionati italiani del 1955, che si svolgono presso la<br />

gloriosa Arena di Milano, rappresentano un punto di<br />

riferimento dell’atletica nazionale. I miglioramenti<br />

cronometrici e, soprattutto, il ricambio generazionale, incoraggiano<br />

1’aggiornamento a la modernizzazione dei programmi e dei<br />

sistemi di preparazione prendendo ad esempio i nuovi metodi già<br />

applicati nei paesi atleticamente più evoluti. In effetti, i nuovi<br />

sistemi di allenamento intensivo propugnati e divulgati dal<br />

commissario tecnico Giorgio Oberweger e dagli altri istruttori<br />

nazionali come Sandro Calvesi, Lauro Bononcini, Mario Lanzi,<br />

Giuseppe Russo, nei frequenti raduni di preparazione, consentono<br />

alla massa dei neofiti che allora 1’atletica reclutava, di compiere<br />

passi notevoli verso 1’eccellenza nazionale. Tra i molti che ben<br />

promettono ci si augura di trovare il fuoriclasse capace di<br />

competere anche a livello internazionale.<br />

E già in quel primo anno di attività, Gianni <strong>Scavo</strong> e<br />

Gianfranco Baraldi erano apparsi elementi di futuro avvenire.<br />

<strong>Scavo</strong> per rinverdire le imprese di Lanzi, di cui ne ricorda le<br />

caratteristiche negli 800 metri, e Baraldi per essere il nuovo<br />

Beccali nei 1500 metri. Gianni <strong>Scavo</strong> e Gianfranco Baraldi sono<br />

gli emblemi della nuova atletica italiana; contribuiscono<br />

grandemente a togliere dall’im mobilismo il settore del mezzofondo<br />

veloce, dimostrando la capacità di sostituire Lanzi e Beccali e


di riprendere quel discorso, rimasto in Italia lungamente interrotto,<br />

di inserirsi nei valori intemazionali. <strong>Scavo</strong> e Baraldi riassumono lo<br />

sforzo fatto nel dopoguerra, sul piano della ricerca atletica: lo<br />

sport scolastico vantava in loro, due dei più validi prodotti.<br />

Grande risalto ottiene il mezzofondo maschile sulle pagine<br />

di <strong>Atletica</strong>, ufficiale organo di stampa della FIDAL, allora<br />

periodico settimanale, più bollettino che rivista, ma senz’altro<br />

esaustivo di tutta 1’attività svolta. “La cortina di mediocrità che<br />

negli ultimi anni aveva avvolto e nascosto, le corse del<br />

mezzofondo nostrano pare finalmente dissolversi. Resistono i<br />

limiti di Luigi Beccali e Mario Lanzi; ma, a parte che in questo<br />

1955 sono state create solide premesse per avvicinarli, o<br />

superarli, nulla del passato, considerando le cose nel suo<br />

complesso, si può dire sia rimasto insuperato.<br />

In sede di bilancio della stagione 1954 parlammo con<br />

entusiasmo dei progressi dei giovani, illustrando ampiamente il<br />

medio livello qualitativo raggiunto, sia riferito agli indici dei<br />

valori di punta che a quelli della massa. Scrivemmo che alla base<br />

c’era molto di buono e che il tempo ci avrebbe dato ragione: chi<br />

poteva pensare che ciò sarebbe avvenuto in una sola stagione? Le<br />

considerazioni già positive del 1954 lasciano il passo ad altre<br />

note ben più rilevanti, note che naturalmente illustrano la realtà<br />

di magnifici progressi. Le medie precedenti sono state cancellate<br />

da una quantità di risultati mai registrata in Italia.<br />

E sono i giovani e i giovanissimi che hanno risposto<br />

all’appello: il coraggio e l’entusiasmo, di cui il nostro mezzofondo<br />

aveva bisogno, potevano esprimerli solo loro.<br />

Oggi si può dire che si sia fatto giorno.<br />

C’è stata letteralmente una rivalutazione, prima<br />

psicologica che tecnica, di valori attribuiti a determinati limiti<br />

negli 800 e nei 1500 metri. Correre in 1’55”- 1’56” o intorno ai<br />

32


4’ (più sopra che sotto) nelle rispettive distanze, fruttava nel più<br />

recente passato titoli e maglie azzurre a colpo sicuro, e di<br />

conseguenza tali limiti erano ritenuti un miraggio per la maggior<br />

parte dei praticanti e un patrimonio prezioso per quei pochissimi i<br />

quali, sbuffando un poco, l’avevano ottenuti.<br />

Ora con tali prestazioni non accadrà più , nella normalità<br />

delle cose, di vincere titoli assoluti o d’andar di filato in<br />

nazianale; e poi essi paiono improvvisamente declassati, alla<br />

portata di chiunque abbia un minimo di resistenza, facilità di<br />

corsa, voglia di allenarsi.<br />

C’è stata una rivoluzione nelle classifiche. Negli 800<br />

Gianni <strong>Scavo</strong> e Enrico Spinozzi che quest’anno comandano la<br />

graduatoria stagionale, nel ‘54 nemmeno vi apparivano; mentre<br />

Gianfranco Baraldi che li segue vicinissimo era decimo con tre<br />

secondi di peggio. Natale Coliva, Ambrogio Barili, Maurizio<br />

Notarangelo, Piero Porciatti e Giuseppe Fontanella, tutti nuovi<br />

alla cronaca dei primi dieci. Giuliano Gelmi è stato l’unico con<br />

Baraldi, che abbia migliorato la propria classifica tenendo il<br />

passo travolgente dei giovani, mentre Piero Patelli e Angelo<br />

Tagliapietra 5 sono ancora dentro, ma hanno perso posizioni e<br />

preminenza.<br />

Così è anche nei 1500 metri, dove Baraldi e Gelmi sono<br />

saliti dal settimo (per entrambi) al primo e terzo posto<br />

rispettivamente, mentre i soli due atleti presenti nei primi dieci sia<br />

nel 1954 che nel 1955, Vittorio Maggioni e Alfredo Rizzo, sono<br />

decimo e settimo, da primo e quinto che erano. Gli altri, <strong>Giovanni</strong><br />

<strong>Scavo</strong>, Antonio Ambu, Natale Coliva, Giorgio Gandini, Giuseppe<br />

Fontanella, Luigi Bassano, appaiono per la prima volta in tale<br />

graduatoria. Baraldi e <strong>Scavo</strong> sono stati i capi della bella rivolta.<br />

5 Angelo Tagliapietra, nel 1949, a 18 anni aveva alimentato grandi speranze correndo i 1500 in<br />

3’54”3 e gli 800 in 1’53”2. Speranze rimaste purtroppo senza seguito. Fece sensazione una sua<br />

vittoria sul quotato e famoso Gaston Reiff, nei 1000 metri, durante una tournèe che il belga fece in<br />

Italia nel 1950.<br />

33


Gianfranco Baraldi, che s’èra affermato nel 1954 come il<br />

migliore tra i terza serie con 1’56”1 e 4’03”6, ha avuto nel 1955<br />

una stagione molto felice correndo ben dodici volte i 1500 sotto i 4<br />

minuti e cinque sotto i 3’57”, conquistando il titolo di campione<br />

nazionale e, con 3’53”6, la seconda prestazione italiana di tutti i<br />

tempi. Anche negli 800 è stato uno dei migliori e nelle poche volte<br />

che ha corso la distanza ha sempre progredito scendenda via via a<br />

1’55”, 1’54”5, 1’53”9, fino a 1’53”1 con il quale ha conquistato<br />

la medaglia d’argento ai campionati assoluti. Con l’ottima<br />

resistenza organica e le doti di treno che lo distinguono, gli si<br />

apre un bell’avvenire, anche fino ai 5000.<br />

Di <strong>Giovanni</strong> <strong>Scavo</strong> si è tanto parlato qui e altrove: si<br />

attende l’annata di gare da giugno in poi (perché prima sarà<br />

impegnato nell’ultimo anno di ragioneria) per goderne la<br />

progressiva maturazione e il progressivo rendimento. Difficile<br />

porgli dei limiti per ora. Nel 1955, suo secondo anno di pratica<br />

atletica e prima stagione dedicata agli 800, 1’52”5 (quinto<br />

risultato italiano di ogni tempo), 1’52”6, 1’53” sono stati i suoi<br />

risultati migliori, oltre al 3’57”4 nei 1500. Ha anche provato i 400<br />

correndo in 50”2 con un avvio di gara lento e impacciato, il che<br />

dice tutto sulle sue qualità.<br />

Sua mira dovrebbe essere Melbourne anche se non potrà<br />

impegnarsi a fondo fin dall’inizio per i suddetti motivi di studio.<br />

Anche se, l’unoequarantanove verosimilmente è più difficile da<br />

raggiungere del treequarantanove per Baraldi.<br />

Ci preme anche mettere in luce l’andamento cronistico<br />

della più interessante stagione che il mezzofondo italiano abbia<br />

avuto nel dopoguerra.<br />

A tutto giugno Gelmi era capolista degli 800 con 1’55”4 e<br />

con Patelli aveva battuto <strong>Scavo</strong> a Bologna, finale del campionato<br />

di società, dal canto suo <strong>Scavo</strong> conduceva i 1500 con 3’58”6. A<br />

fine giugno cominciava ad affermarsi Baraldi, che non aveva<br />

partecipato alle finali del C.d.S. per l’esclusione<br />

34


della sua società: il 26 a Vigevano diveniva primatista degli 800<br />

con 1’55” e tre giorni dopo a Brescia (selezione per Italia -<br />

Grecia) anche dei 1500, vincendo in 3’58”4, una gara assai<br />

malaccortamente condotta da <strong>Scavo</strong> che pagò con il ritiro la sua<br />

audacia. Intanto si segnalava Gelmi per essere ben sotto i quattro<br />

minuti.<br />

<strong>Il</strong> sei luglio <strong>Scavo</strong> eguaglia lo stagionale degli 800 di<br />

Baraldi battendo di poco un altro diciannovenne, Coliva (1’55”<br />

contro 1’55”4).<br />

Luglio passava senza altre imprese di rilievo, eccettuato il<br />

risultato di Baraldi ai Giochi del Mediterraneo: il bergamasco<br />

scende in quella occasione ad un rimarchevole 3’55”6,<br />

consolidando la sua posizione alla guida della graduatoria<br />

stagionale ed inserendosi per la prima volta tra i migliori dieci<br />

atleti italiani di sempre. Intanto <strong>Scavo</strong>, il 31 luglio, esordisce<br />

vincendo (1’55”3), con la nazionale juniores, nell’incontro di<br />

Chambery contro i pari età transalpini.<br />

Ad agosto si maturano i presupposti per la grande<br />

rivoluzione. Mentre Baraldi, <strong>Scavo</strong> e Coliva, i tre giovani più<br />

interessanti del momento, partivano per la Finlandia, a Merano,<br />

nel centro addestramento per studenti-atleti, messisi in luce nel<br />

1955, un gruppetto d’altri ragazzi si misero di buzzo buono a<br />

preparare un ottocento che si sarebbe disputato a fine corso.<br />

A questi attacchi combinati, il primato stagionale non<br />

poteva resistere. Arrivarono prima quelli di Merano: il 10 agosto<br />

Enrico Spinozzi e Maurizio Natarangelo, alle loro prime<br />

esperienze sulla distanza, realizzano 1’54”7 e 1’54”8, mentre<br />

Barili, Fontanella e Vittorio Buzzi scendevano sotto l’1’56”. Data<br />

anche la scarsa notorietà degli autori, l’impresa fu ritenuta<br />

strepitosa, che non si ricordava, nel dopoguerra, simile sequenza<br />

di tempi ottenuti in una sola gara.<br />

Sette giorni dopo, nella lontana Finlandia, <strong>Scavo</strong> e<br />

Baraldi, impegnati in una garetta a Heimola, si riprendevano il


loro primato correndo entrambi in 1’54”5. Mentre in Italia la<br />

stagione languiva, i tre ‘finlandesi’ continuarono a correre: il 21<br />

agosto Coliva migliora, dietro Baraldi, il suo record dei 1500<br />

portandolo a 4’00”6; il 25 Baraldi realizza un buon 3’56” e<br />

Coliva non gli è da meno migliorando ancora (4’ netti), mentre<br />

<strong>Scavo</strong> si ripete sull’1’54”5, terzo di una gara balorda condotta in<br />

59” al passaggio ai 400 metri; tre giorni dopo era ancora la volta<br />

di Coliva che diveniva primatista stagionale degli 800 con 1’54”2,<br />

merito anche di Baraldi che fece il treno (1’54”4); e <strong>Scavo</strong> alle<br />

prese con un 1500 senza avversari scendeva facilmente sotto i 4’.<br />

Nell’ultima gara, il 2 settembre ad Helsinki, alle buone<br />

prove di Baraldi e Coliva nei 1500, si univa la gara di <strong>Scavo</strong> nei<br />

1000, da lui condotti a ritmo elevatissimo fino agli 800, con<br />

passaggio di 1’55”4, e scadente nel finale, per un totale di 2’28”9<br />

sulla distanza.<br />

Si ritorna in Italia, e viene la grande giornata: notturna l’8<br />

settembre a Bologna con Roger Moens, 6 fresco primatista<br />

mondiale degli 800 metri, che fa passerella vincendo in 1’47”9 di<br />

passaggio nella gara delle 880 yards.<br />

‘Finlandesi’ e ‘Meranesi’ si incontrano: Gianni <strong>Scavo</strong> si<br />

riprende di forza il primato, scendendo a 1’52”5, Enrico Spinozzi<br />

gli arriva vicino con 1’53”, Gelmi, Barili, Porciatti migliorano<br />

assai i loro personali scendendo tutti sotto l’1’55”; Coliva,<br />

primatista stagionale, è battuto nettamente. In un mese, dunque, lo<br />

scettro degli 800 è passato cinque volte di mano, da <strong>Scavo</strong>-Baraldi<br />

a Spinozzi, a <strong>Scavo</strong>-Baraldi ancora, a Coliva ed infine di nuovo a<br />

<strong>Scavo</strong>. Sempre nella nottuma di Bologna, Giorgio Gandini che<br />

dieci giorni prima aveva inopinatamente battuto Gelmi negli 800<br />

in 1’55”8, rivelando inaspettate doti di<br />

6 <strong>Il</strong> 16 agosto 1955, sulla famosa pista del Blisset di Oslo, Roger Moens migliora il record mondiale<br />

di Rudolf Harbig, correndo in 1’45”7 davanti al norvegese Audun Boysen capace di 1’45”9. Le due<br />

frazioni di 400 metri furono stimate in 52”0 e 53”7 per il belga e in 52”6 e 53” 3 per il norvegese.<br />

36


velocità, arriva assai vicino a Baraldi correndo i 1500 in 4’ netti,<br />

primato personale e Beppe Fontanella, un altro ‘meranese’<br />

scendeva a 4’01”.<br />

Enrico Spinozzi scrisse della magnifica gara di Moens, o<br />

meglio della sue gara, con un buon gusto peregrino e una certa<br />

confusione sintattica 7 sul settimanale ‘La Roma’. “Nel buio tutto<br />

era attutito, e c’erano anche pochi riflettori, sicché le curve erano<br />

piuttosto scure. Moens si scaldava buono buono con certi occhiali<br />

che poi si è tolto. Intanto i dirigenti del Racing cercavano la solita<br />

lepre. Da un’altra parte Raffaele Bonajuto 8 tirava sempre il<br />

giavellotto oltre i 65 (almeno nei primi tre lanci) e Raffaele Drei<br />

non si rendeva conto di come facesse. Fresco umido, pista ottima,<br />

anche se aveva piovuto il giorno precedente e la mattina stessa.<br />

Di qualche parte sbuca <strong>Scavo</strong> (meno male che qualcuno<br />

tira!) Ci siamo trovati là, alla partenza senza accorgersene e<br />

senza troppa emozione. Schierati dalla corda: io, Coliva, <strong>Scavo</strong>,<br />

Cesare Dordoni, Moens e la lepre Barbanti. In seconda fila:<br />

Barili, dietro a me, Gelmi e gli altri.<br />

Del via la gente pare che si sia accorta dopo lo sparo.<br />

Sono partito sveltissimo, ho fatto 30 metri in testa, quindi sul<br />

rettilineo sono passati la lepre, poi Moens, poi <strong>Scavo</strong>, poi Coliva.<br />

Sano stato fino alla campana relativamente vicino, subito dietro<br />

<strong>Scavo</strong> e Coliva; all’inizio della penultima curva s’è fatto un po’ di<br />

spazio fra questi due, e con pronto intuito Barili e Gelmi si sono<br />

infilati. Penultimo rettilineo: <strong>Scavo</strong>, Barili e Gelmi vicini a due o<br />

tre metri, Coliva ad altri due o tre metri, io che come al solito non<br />

riuscivo a stare agganciato, però andavo con buona facilità. A<br />

metà dell’ultima curva, vedendo che finivo sempre più dietro e<br />

credendo, come Barili, che l’arrivo fosse a<br />

7 Introduzione redazionale all’articolo.<br />

8 Raffaele Bonaiuto, un pupillo di Raffaele Drei uno dei nostri migliori specialisti negli anni trenta.<br />

Bonaiuto, atleta di ottima taglia, fu capace di 70.14 a diciotto anni, nel ‘56. Quattro anni dopo<br />

arrivò a 74.88, senza peraltro realizzare le promesse dei suoi giorni più verdi. Cfr. Roberto L.<br />

Quercetani ‘<strong>Atletica</strong>’ Vallardi & Associati pag. 150.<br />

37


metà rettilineo, sono partito e girando a metà della terza corsia<br />

sono arrivato addosso a <strong>Scavo</strong>. Questi ha messo la testa nel solito<br />

mado, è ripartito ed abbiamo fatto spalla a spalla una trentina di<br />

metri di rettilineo.<br />

Quando già vedevo le linee del presunto traguardo, <strong>Scavo</strong><br />

aveva già sistemato la questione con mezzo metro di vantaggio,<br />

ho visto Moens avanti a noi ancora correva verso la fine del<br />

rettilineo, così in un momento ho perso tre o quattro metri e sono<br />

finito un po’ male. <strong>Scavo</strong> è stato fortissimo e dopo dieci minuti<br />

aveva già completamente ricuperato dopo aver dato di stomaco. ”<br />

Dopo tutto questo, 1’attenzione per 1’atletica si concentrò<br />

nel mezzofondo, vennero gli splendidi risultati di Baraldi ai<br />

campionati italiani e in nazionale con molti giovani a sfiorare i<br />

quattro minuti nei 1500, mentre Gianni <strong>Scavo</strong>, all’esordio con la<br />

nazionale assoluta, nell’incontro Germania-Italia a Friburgo del 15<br />

ottobre, cerca di tener testa ai più titolati tedeschi Edmund<br />

Brenner (1’49”6) a Friedel Stracke (1’50”3), ripetendosi negli 800<br />

sui suoi tempi migliori (1’52”6).<br />

Era ancora un imberbe, Gianni <strong>Scavo</strong>, quando dalla<br />

Finlandia, oltre al pukko, 1’acuminato coltello dei boscaioli<br />

careliani, che portò sempre con sé ovunque andasse, riportò quelle<br />

metodologie dell’allenamento di interval-training, a cui<br />

guardarono, emulandole, le giovani leve laziali che avevano<br />

dimenticato la lezione di quell’Oscar Barletta di Szabo 9 .<br />

9 Miklos Szabo, ungherese, campione europeo degli 800 metri a Torino nel 1934 davanti a Lanzi,<br />

che ebbe anche il primato del mondo dei 1000 metri, nei critici anni bellici, condusse gli specialisti<br />

italiani a tempi chiaramente sotto i quattro minuti, tempi che non si raggiungevano dalle stagioni di<br />

Luigi Beccali. Oltre a Oscar Barletta da Civitavecchia, si ricordano Carlo Bertocchi da Bologna,<br />

Eraldo Colombo da Milano, l’ex croato Zmago Kosic, italianizzato in Cosi, e D’Ercole da Firenze.


1956. La crisi<br />

N<br />

el 1956 però, Gianni sospese quasi del tutto i suoi<br />

allenamenti dopo accese discussioni con il padre, uomo<br />

tutto d’un pezzo, ufficiale palermitano, che volle a tutti i<br />

costi che suo figlio per prima cosa avesse pensato a diplomarsi.<br />

La scuola era la sua più grande preoccupazione. Si tenga presente<br />

che allora non era nemmeno pensabile un avvenire legato al mondo<br />

sportivo; si correva per puro spirito dilettantistico.<br />

“...Tra questi atleti poveri e onesti, semplici e generosi, si<br />

vive un clima insolito, quasi irreale, che riconcilia con lo sport,<br />

riaccende gli entusiasmi più genuini.<br />

Quando il torinese Boni ha caprioleggiato a lungo sul<br />

prato, come un puledro impazzito, in segno di gioia per aver<br />

saltato con l’asta metri 3 e 70, un garbato giovanotto, ci ha chiesto<br />

«li pagano bene per ogni salto riuscito?»<br />

Così su due piedi non abbiamo saputo rispondere a quella<br />

domanda ingenua e terribile insieme; poco dopo, al garbato<br />

giovinetto e ai mille altri che s’erano ficcati in testa quella stessa<br />

domanda, ha risposto per noi, esaurientemente, il dott. Zauli,<br />

presidente della federaziane di atletica leggera, quando si è<br />

avvicinato al podio dei vincitori dei 10 mila metri e ha consegnato<br />

loro le solite piccole, francescane medagliette.


Domani questi atleti, viaggiando in terza classe,<br />

torneranno alle loro case e, con orgogliosa fierezza, mostreranno<br />

ai parenti il cimelio dei loro trionfi; domani torneranno tutti al<br />

lavoro, silenziosi e modesti, con nelle orecchie l’eco degli<br />

applausi: qualcuno di loro andrà in officina indossando,<br />

furtivamente, sotto la tuta da lavoro, una maglietta bianca di lana<br />

sottile bordata di tricolore...” 10<br />

Gli incentivi, quando possibili, erano legati al filo, spesso<br />

tenue delle disponibilità economiche delle società a cui gli atleti<br />

appartenevano; solo ai campioni si offriva qualche volta<br />

1’opportunità di trattare sottobanco con gli organizzatori dei<br />

meetings internazionali per avere un gettone di presenza. <strong>Il</strong><br />

rovescio della medaglia di questo gioco, in cui vennero coinvolti<br />

atleti famosi come Paavo Nurmi, Jules Ladoumègue, Gunder Hagg<br />

e Årne Andersson, era quello di venire espulsi dalla famiglia della<br />

IAAF per leso dilettantismo.<br />

E a questi incentivi non poteva certo aspirare 1’aurea mediocrità<br />

del mezzofondo italiano di quel periodo. Logico quindi che Gianni<br />

abbandoni 1’atletica per concentrarsi sullo studio anche se<br />

all’orizzonte potevano profilarsi addirittura 1e olimpiadi.<br />


La mia più forte preoccupazione è ora quella della scuola,<br />

se me la toglierò dai piedi a giugno, e sto studiando<br />

discretamente, sarà un bel peso che mi sarò tolto...><br />

Si sente inoltre abbandonato dalla sua società, il CUS<br />

Roma, e dal comitato regionale in quel lungo inverno di silenzio.<br />

< Mi fa solo rabbia una cosa - si sfoga con il suo amico Baraldi -<br />

e cioè che sia la mia società che il comitato laziale sembra si<br />

siano completamente dimenticati di me; io ho fatto i salti mortali<br />

per essi in diverse occasioni: a Bari con quel vento e quella pista,<br />

e in 38 ore, ho fatto quattro gare, ai campionati provinciali di<br />

società senza allenamento e con molto sforzo i 1500 in 4’5” a gli<br />

800 in 1’56”6 vomitando tutte e due le volte l’anima e tutto il<br />

resto. Mi avevano promesso un cronometro, una medaglia d’oro e<br />

dei denari per i primati laziali, ma ancora non vedo un accidenti<br />

e quel che è peggio è che ho dovuto spendere i soldi che avevo<br />

per le cure a cui mi sono dovuto sottoporre e ora sono al verde da<br />

molto tempo, si da farmi prestare i soldi dalla donna che abbiamo<br />

in casa, per andare al cinema con la mia Giuliana. Bah!!»<br />

Che non sia 1’annata giusta lo si capisce anche dai<br />

problemi di salute. Sempre a Gianfranco Baraldi scrive.


Ma lasciamo questi discorsi... ho saputo che ci sarà un<br />

raduno a Chiavari, ma io ho deciso, se sarò invitato, di non venire<br />

perché con le assenze fatte mi trovo in difficoltà con la scuola.><br />

In tutta la stagione del 1956, sono pochissime le sue<br />

apparizioni su pista. Gianni <strong>Scavo</strong> si vede solamente in una gara<br />

post-raduno il 2 di aprile a Schio dove come i 400 in 51”7 e il 15<br />

dello stesso mese quando corre gli 800 in 1’55”9.<br />

“<strong>Il</strong> raduno di Schio che si tiene in occasione delle vacanze<br />

pasquali, ospita il primatista finlandese del 1500 metri, Denis<br />

Johansson. I tre, quattro giorni che precedono le gare del lunedì<br />

di Pasqua, il triangolare veneto con la partecipazione dei<br />

nazionali e degli juniores, sono confortati dal bel tempo. La pista<br />

allagata prima, comunque pesante dopo, non è disastrosa. Fa<br />

molto freddo.<br />

Fino a pochi minuti prima delle gare si parla di mutare il<br />

programma delle prove di mezzofondo (800, 1500, 5000) in due di<br />

1000 e 3000 per mimetizzare eventuali cattive presta zioni; poi<br />

però non se ne fa nulla.<br />

Nella prima serie dei 400 Antonio Serena non brilla,<br />

nell’altra Ambrogio Barili conduce fino ai 300 dopo di che<br />

Gianni <strong>Scavo</strong> lo passa di forza guadagnando sette, otto metri e<br />

perdendone qualcuno nel finale, vincendo tuttavia nettamente.<br />

Negli 800 metri, dove partecipa Johansson, tre partenze<br />

irregolari. Al via parte in testa Enrico Spinozzi seguito dal<br />

finlandese. Ai 600 Natale Coliva, spronato a gran voce da Lauro<br />

Bononcini, parte velocissimo e a metà dell’ultima curva guida con<br />

cinque, sei metri. Nel finale si assiste al ritorno di Spinozzi che<br />

chiude in 1’56”1. Nei 1500 metri Gianfranco Baraldi sempre in<br />

testa con Sergio Tomiato dietro. A quattrocento metri dall’arrivo,<br />

Baraldi se ne va al solito modo, anche se arriva un po’ indurito.<br />

Sul 5000, Francesco Perrone e Franco<br />

46


Volpi si altemano al comando fino ai duemila, coperti in 5’57”,<br />

poi Perrone si invola solitario mentre Piero Lener è autore di un<br />

ottimo ultimo giro.<br />

Si notano le mansioni di speaker svolte dall’atleta,<br />

scrittore, polemista Franco Bettella: segue le gare, dice i tempi di<br />

passaggio, fa apprezzamenti. Durante la gara degli 800, in<br />

omaggio a Johansson, fa gli annunci in finlandese oltre che in<br />

italiano.”<br />

Pressato dai noti problemi di studio Gianni si rivedrà<br />

solamente il 21 luglio quando, benché con una condizione<br />

approssimativa, riesce a scendere sotto i 4 minuti nei 1500 metri<br />

(3’59”8) e il 25 agosto ancora negli 800 dove non va oltre<br />

l’1’55”1. È costretto quindi a fermarsi di nuovo per problemi fisici,<br />

afflitto dal mal di fegato. Consapevole di non poter rientrare in<br />

tempo nella giusta condizione, abbandona i sogni olimpici e, libero<br />

da impegni di studio, pensa subito alla preparazione della<br />

successiva stagione di gare.<br />

Gianni <strong>Scavo</strong> cominciava così la sua travagliata altalenante<br />

carriera sportiva, mentre Gianfranco Baraldi, di contro, era ben<br />

intenzionato a mantenere le aspettative dei suoi innumerevoli<br />

estimatori. Dopo il 4’ netti dell’esordio in aprile a Schio, Baraldi<br />

inizia il suo attacco aggirante al record italiano di Beccali,<br />

migliorando dapprima quello dei 3000, correndo la distanza in<br />

8’26”8 (prec. 8’27”4 di Umberto Cerati), poi quello dei 2000<br />

(5’21”6) ed infine succedendo a Luigi Beccali nella graduatoria dei<br />

1500 correndo, il 19 agosto a Budapest, in 3’47”8, guadagnandosi<br />

così, meritatamente, il viaggio in occasione delle Olimpiadi di<br />

Melboume dove va soprattutto per fare esperienza.<br />

47


1957. La grande speranza<br />

G<br />

Ianniiianni <strong>Scavo</strong>, comunque, dopo la crisi fisica e morale del<br />

1956,1956, si ripresenta al via della stagione su pista del 1957, in<br />

ottimottime condizioni di forma. A Schio va vicinissimo a1 record<br />

italiano dei 2000 di Baraldi correndo in 5’23”7, poi batte<br />

Giuseppe Fontanella nei 1500 a Piacenza con un buon 3’54”2<br />

contro 3’55”. Ritorna protagonista principe nella gara degli 800<br />

imponendosi subito ai campionati di società, con il nuovo<br />

personale di 1’52”1, 11 poi in settembre, a Bologna, rivince il titolo<br />

individuale conquistato due anni prima, correndo la distanza in<br />

1’51”1. Solo il programma orario gli impedisce una probabile<br />

vittoria anche nei 400 metri piani, vista anche 1’assenza di Renato<br />

Panciera; fra le batterie dei 400 e la finale degli 800<br />

intercorrevano infatti solo pochi minuti. Nel corso di quei<br />

campionati, permette altresì, con una stupenda ultima frazione,<br />

alla A.S. Roma di fregiarsi del titolo della staffetta 4x400 .<br />

“Ancora un capitolo per <strong>Giovanni</strong> <strong>Scavo</strong>, non tanto per il<br />

successo riportato negli 800 come del resto preventivato, ma<br />

11 Arena di Milano. La seconda serie degli 800 metri è una gara entusiasmante. Dopo 100 metri<br />

Baraldi è gia al comando per evitare sorprese sul ritmo. Baraldi passa ai 200 in 26”8 e prosegue<br />

fino ai 400 in 55”2, quando viene sostituito al comando da <strong>Scavo</strong>. Ai 600 è ancora <strong>Scavo</strong> davanti<br />

con Baraldi alle spalle. L’andatura è elevata ma tutti sono ancora in gruppo. II finale è vorticoso.<br />

All’uscita dell’ultima curva Giovanbattista Paini tenta l’attacco, ma <strong>Scavo</strong> risponde cambiando<br />

velocità e facendo il vuoto. Alle sue spalle Fontanella e Attila Viragh si assicurano le piazze<br />

d’onore. I primi sei arrivati, tranne Baraldi, ottengono tutti i loro primati personali. Cfr. Renato<br />

Morino “Tuttosport” 15 Giugno 1957.<br />

53


per la sua indimenticabile ultima frazione della staffetta 4x400<br />

con cui è riuscito a dare la vittoria al suo sodalizio dopo una<br />

rimonta che ha mandato in visibilio il pubblico. La gara del<br />

veliterno ha forse definitivamente palesato quali siano le sue<br />

possibilità anche sulla distanza più breve, finora affrontata troppo<br />

di rado e senza troppa convinzione per poter realizzare i tempi<br />

che sono già evidentemente nelle sue gambe.” 12<br />

Sempre negli 800 metri e sempre nel 1957, manca per soli<br />

due decimi il famoso primato di Mario Lanzi: a Parigi, nel corso<br />

del meeting Pierre Bourtain, che si svolge allo stadio Jean Bouin il<br />

21 giugno, corre in 1’49”2 sulla scia del primatista mondiale<br />

Roger Moens primo in 1’47”5, e vicino al campione europeo in<br />

carica Lajos Szentgali che lo precede in 1’48”9. Ancora sul finire<br />

di quell’anno aveva ribadito le sue legittime aspirazioni a<br />

migliorare il limite degli 800, il 13 ottobre a Roma. Anche qui<br />

<strong>Scavo</strong> corre in eletta compagnia. Con lui sono al via atleti di gran<br />

classe come 1’inglese Michael Rawson, il greco Evangelos<br />

Depastas, il finlandese Olavi Salonen, il tedesco Max Reuntsch e<br />

1’altro azzurro Baraldi. 13 Nei primi 500 metri fanno 1’andatura<br />

Depastas e Reuntsch, Gianni, sempre tra i primi fino a quel<br />

momento, ai 600 è relegato in coda al gruppo con Baraldi. Sul<br />

rettilineo finale però, il nostro ragazzo fa scattare in piedi il<br />

pubblico: la sua volata da quattrocentista ‘brucia’ Rawson, che<br />

1’anno successivo conquisterà a Stoccolma il titolo di campione<br />

europeo sulla distanza, Reuntsch e Salonen. Soltanto Depastas<br />

riuscì a contenere il suo slancio. Primo è il greco in 1’49”2; <strong>Scavo</strong><br />

è secondo in<br />

12 Cfr. Sergio Gatti ‘<strong>Atletica</strong>’ 19 settembre 1957.<br />

13 Gianfranco Baraldi, nel 1957, concentra la sua preparazione sulle distanze maggiori.<br />

Preparazione che gli permette, tra le altre cose, la doppietta 1500-5000 ai campionati italiani<br />

assoluti.


1’49”3. 14 La stagione 1957 lo vede lottare sempre nelle prime<br />

posizioni. A Milano e Torino, nel doppio confronto con gli<br />

americani, aveva fatto risaltare tutto il suo agonismo, prima negli<br />

800 e poi nei 400 metri.<br />

Gli 800 di Milano sono assai belli. Belli ma sbagliati.<br />

Bisognava mantenere alto il ritmo, per condurre Gianni <strong>Scavo</strong>,<br />

reduce dalla splendida prova di Parigi, al nuovo limite italiano.<br />

Ma nessuno va a tirare. Gianni allora offre una prova di grande<br />

generosità conducendo in testa tutta 1a gara anche se, nel finale,<br />

doveva accontentarsi di finire secondo in 1’50”6 superato negli<br />

ultimi metri dal giovane specialista degli ostacoli bassi Clifton<br />

Cushman 14 (1’50”4) rimasto per tutto il tempo nelle retrovie.<br />

L’altro americano Lang Stanley, accreditato di un ottimo 1’48”5,<br />

era terzo su Enrico Spinozzi (1’51”2), mentre Gianfranco Baraldi<br />

teneva come poteva il passo e segnava abbondantemente il suo<br />

limite stagionale con 1’51”7. “La mancanza di una ‘lepre’ aveva<br />

costretto <strong>Scavo</strong> a fare l’andatura. <strong>Il</strong> passaggio a metà gara in<br />

55”6 comprometteva inevitabilmente un risultato migliore. Bella è<br />

comunque la lotta sul piano agonistico: dopo il primo giro <strong>Scavo</strong><br />

è sempre al comando e guida con autorità. Stanley lo attacca una<br />

prima volta ai 500 metri, ma <strong>Scavo</strong> resiste, Stanley attacca<br />

ancora, <strong>Scavo</strong> risponde; la lotta è furiosa. Ai 700 metri Gianni è<br />

ancora in testa, Stanley, entrando sul rettilineo attacca<br />

nuovamente ma il nostro atleta gli risponde e conserva il<br />

comando fino a 30 metri dal traguardo quando Cushman, sbucato<br />

dalle retrovie, vince in volata.” <strong>Il</strong> giorno successivo, il sette di<br />

luglio a<br />

14 Dopo i tempi aurei di Lanzi e Beccali, le prestazioni di <strong>Giovanni</strong> <strong>Scavo</strong> negli 800 e Gianfranco<br />

Baraldi nei 1500 ridanno fiato ad una asfittica atletica italiana anche se, alla fine degli anni ‘50,<br />

sono oramai un centinaio al mondo gli atleti capaci di correre gli 800 metri in meno di 1’50” e, con<br />

3’42” 3 nei 1500, Baraldi non riesce ad accedere alla finale dei campionati europei del 1958.<br />

15 A Clifton Cushman la vita non doveva regalargli più della medaglia d’argento dei 400 hs delle<br />

olimpiadi di Roma dietro il connazionale Glenn Davis. Sei anni più tardi trovò infatti la morte in<br />

quella sporca guerra del Vietnam.


Torino, è ancora una battaglia agonistica; questa volta nei 400<br />

metri. <strong>Il</strong> duello è ancora con Lang Stanley. L’americano parte alla<br />

corda, Gianni <strong>Scavo</strong> in terza corsia. Dopo cento metri Stanley è già<br />

primo mentre Gianni è quarto. Poi però si lancia all’inseguimento e<br />

arriva a minacciare 1a vittoria dello statunitense che resiste<br />

comunque in testa chiudendo in 48”3 contro il 48”5 di <strong>Giovanni</strong><br />

<strong>Scavo</strong>. <strong>Il</strong> 28 luglio a Bruxelles, in occasione dell’esagonale con<br />

Germania, Francia, Belgio, Svizzera e Olanda, Gianni incrocia<br />

nuovamente il grande Roger Moens negli 800 metri. Una gara che<br />

‘soffre’ della presenza del primatista mandiale. Moens è<br />

interessato esclusivamente nella vittoria e del tutto indifferente alla<br />

prestazione. I 400 metri erano corsi così in un normalissimo 55”6 e<br />

Moens realizzava infine i suoi piani con il solito sprint (1’49”1 il<br />

suo tempo finale) al quale solamente il tedesco Friedel Stracke<br />

(1’50”2) poteva opporre qualcosa. Gianni <strong>Scavo</strong> era quarto in<br />

1’50”8 subito dietro al francese Michel Jazy (1’50”7).<br />

Alla nottuma di Milano, prima dei campionati italiani, nella serata<br />

del record italiano di Baraldi nei 2000 (5’12”1), Gianni <strong>Scavo</strong><br />

confermava le sue doti di quattrocentista correndo la distanza<br />

prima in 48”6 in batteria, e poi migliorando in finale con 48”3<br />

dietro allo svizzero Renè Weber (47”9) e al francese Jacques<br />

Degats (48”2).<br />

<strong>Il</strong> 29 di settembre, a Trieste, negli 800 metri di Italia-Svezia, tiene<br />

il passo di Dan Waern, lo svedese che sarà quarto nei 1500 metri<br />

delle olimpiadi di Roma.<br />

Per tutta la stagione aveva dato dimostrazione di valere il record<br />

italiano degli 800 metri. Un traguardo che nessuno pensa possa<br />

sfuggirgli, al più tardi rimandato alla stagione successiva.<br />

56


1958. Tra incertezze a dimostrazioni di classe<br />

este, naturalmente, più volte la maglia azzurra. Nel 1958<br />

partecipa ai Campionati Europei dove è quarto nella<br />

staffetta 4x400 insieme a Nereo Fossati, Mario Fraschini e<br />

Renato Panciera e stupendo protagonista in terza frazione. Corse<br />

come al solito senza risparmiarsi, recuperando metri e posizioni.<br />

Nonostante Gianni vantasse il miglior tempo della stagione, un<br />

tempo da finale europea nei 400, 16 le sue sgradevoli oscillazioni<br />

nella gara degli 800 metri fecero si che, le scelte tecniche di Lauro<br />

Bononcini portassero a schierare Fraschini e Panciera 17 V<br />

nella gara<br />

individuale, riservando <strong>Scavo</strong> solamente per 1a staffetta, una gara<br />

dove i nostri quattro moschettieri sfiorano la medaglia di bronzo<br />

correndo in 3’11”1 a soli tre decimi dal primato italiano.<br />

“La sorpresa lieta ci è invece venuta dalla 4x400, su cui le<br />

speranze erano poche e si erano affievolite dopo la disputa dei<br />

400 individuali. <strong>Il</strong> quartetto ha invece superato l’attesa,<br />

mostrandoci una volontà e una classe veramente degne del posto<br />

ottenuto. Un grande <strong>Scavo</strong> si è riabilitato dalle precedente prove<br />

scialbe, e forse è stato un peccato non provare il romano anche<br />

nelle gare individuali, e Panciera benché non al pieno della<br />

forma, ha rasentato quel terzo posto che sarebbe stato<br />

16 La gara fu vinta dall’inglese John Wrighton in 46”3 davanti a John Salisbury 46”5,<br />

Karl-Friedrich Haas 47’0, Karl Kaufman 47”0, Åke Pettersson 47”5 e Stanislaw Svatowski 47”8.<br />

17 I due azzurri furono eliminati in batteria dopo aver corso entrambi in un modesto 49”.<br />

59


veramente miracoloso. Comunque dieci e lode alla staffetta<br />

italiana.” 18<br />

<strong>Il</strong> 1958 non costituì infatti, per Gianni <strong>Scavo</strong>, la<br />

prosecuzione che si attendeva logica, della sua attività di<br />

ottocentista. Dopo il buon avvio di stagione, con la vittoria di<br />

Atene in maggio su Depastas, Gianni non riesce a ripetere le<br />

eccelse prestazioni dell’anno precedente. In una sola occasione, il<br />

28 giugno, nella finale dei campianati di società a Firenze, dietro<br />

Baraldi (1’49”3), riusci a scendere sotto l’1’50” (1’49”8). E<br />

questa volta successe il contrario di quanto era successo altre<br />

volte. Dopo aver lasciato agli altri il compito iniziale per i primi<br />

400 metri, <strong>Scavo</strong> passa in testa con decisione, come per<br />

significare un diritto alla vittoria. Ma sul rettalineo opposto<br />

risaliva Baraldi con estrema facilità. Baraldi e <strong>Scavo</strong> fanno<br />

insieme 1’ultima curva, Baraldi all’esterno. Nel finale il<br />

bergamasco opera 1’allungo decisivo e Gianni risponde<br />

sprintando: ma era uno sprint senza nerbo.<br />

Qualcosa in lui era cambiato. Lo si avvertì in una serie di<br />

gare sconcertanti, incerte e malamente concluse. Una di queste fu<br />

a Torino nell’incontro Italia-Svizzera. Finì ultimo e staccatissimo,<br />

concluse al passo in 2’03”2!, in una gara di 800 dominata da<br />

Christian Wägli (1’49”6) davanti a Baraldi (1’49”8): diede al<br />

pubblico, che lo fischio, l’impressione di un assoluto<br />

menefreghismo.<br />

Naufraga negli 800 dell’arena contro gli<br />

americani il 15 luglio, dove si ritira dopo 500<br />

metri, in una gara vinta dal campione olimpico<br />

Tom Courtney in 1’48”5 davanti ad un ancora spumeggiante<br />

Gianfranco Baraldi (1’49”5). E poi ancora ai campionati italiani il<br />

12 settembre dove è quinto con un modesto 1’54”5 dietro a<br />

Gianfranco Baraldi (1’52”), incontrastato numero uno dell’anno<br />

18 Cfr. Alfonso Castelli ‘<strong>Atletica</strong>’ 30 agosto 1958.<br />

60


anche su questa distanza, e superato anche da Alfredo Rizzo<br />

(1’52”2), Mario Fraschini (1’52”4) e Giuseppe Della Minola<br />

(1’52”4) protagonista di un finale serratissimo. Per poi risorgere, a<br />

distanza di poche ore, in virtù di quegli arcani di cui non si cerca<br />

nemmeno la risposta, correndo una grandissima frazione di<br />

staffetta da qualcuno cronometrata in meno di 48 secondi.<br />

“Gli 800 sono praticamente mancati per il crollo inatteso e<br />

imprevedibile di <strong>Scavo</strong>, che molti consideravano il favorito.<br />

Baraldi, un po’ affaticato e forse preoccupato di risparmiarsi per i<br />

1500 non ha spinto a fondo e si è limitato a vincere con bella<br />

sicurezza. Rizzo e Fraschini sono stati i suoi avversari più<br />

pericolosi e soprattutto il milanese si è messo in luce per la sua<br />

grinta agonistica che lo ha portato ad insidiare fortemente, sul<br />

finale, la vittoria di Baraldi.” 19<br />

Tutto ciò era dovuto alla sua stranezza atletica, che aveva<br />

dirette radici nella sua generosità, nella spregiudicata visione dello<br />

sport e quindi della gara. Scendeva in pista per arrivare primo,<br />

senza calcoli o particolari piani di battaglia. <strong>Il</strong> traguardo era là, e<br />

bisognava arrivare prima degli altri. Logico che con tali concetti<br />

venisse battuto malamente, oppure incappasse in giornate negative.<br />

La stagione 1958 lo vede comunque primo nella<br />

graduatoria nazionale dei 400 (47”2), secondo negli 800 (1’49”8) a<br />

nei 1000 (2’25”2).<br />

Se nel 1957 dominò negli 800, 1’anno seguente è quello<br />

della distanza inferiore. Gianni <strong>Scavo</strong> inizia con un record<br />

universitario (47”9) nei campionati CUSI il 4 maggio a Pisa e<br />

finisce dominando, il 5 ottobre a Lione (Italia-Francia) in 48”6 su<br />

una pista allentata e poco veloce, passando per i campionati italiani<br />

di società in<br />

19 Cfr. Alfonso Gastelli ‘<strong>Atletica</strong>’ 20 settembre 1958.<br />

61


giugno, a Firenze, dove Gianni corre in 47”5 perché i1 suo cuore<br />

è grandissimo come la sue classe. A dieci metri dal filo era ancora<br />

dietro a Fraschini. Alla fine, invece, una zampata da campione lo<br />

porta su1 traguardo con una incredibile esplosione di energie.<br />

<strong>Scavo</strong> viene incoronato della ‘Nike Volteggiante’: è sua la<br />

vittoria. 20<br />

Così Renato Morino descrisse la gara sulle pagine di<br />

Tuttosport. “I 400 metri di oggi, come gli 800 di ieri. Forse più<br />

esaltanti ancora come tono agonistico, certo più elevati come<br />

tecnica collettiva. Una gara stupenda, di assoluto valore europeo.<br />

Già i sintomi s’erano avuti in mattinata, nelle batterie che<br />

avevano offerto tempi incredibilmente elevati e dove tredici<br />

corridori erano scesi sotto i 50 secondi. Nel pomeriggio poi,<br />

quando si poteva pensare che la stanchezza impiombasse le<br />

gambe a tutti i concorrenti, ecco la conferma, una conferma<br />

talmente stupefacente da superare anche le più ottimistiche<br />

previsioni. II tema della lotta doveva essere svolto da <strong>Scavo</strong> e<br />

Fraschini, con possibili diversioni di Panciera e Fossati. Venne il<br />

momento dell’incontro. Panciera all’esterno, senza punti di<br />

riferimento, partì fortissimo e prese subito il comando, tallonato<br />

da Fraschini all’interno, mentre <strong>Scavo</strong>, in quarta corsia, aveva<br />

un avvio piuttosto lento. A metà gara Panciera era sempre al<br />

comando seguito a un metro da Fraschini; ma <strong>Scavo</strong> ormai<br />

lanciato lo tallonava d’un passo. Cento metri più avanti, cioè a<br />

tre quarti di gara, Fraschini partì a fondo e infilò il rettilineo<br />

d’arrivo al massimo della velocità. Panciera resistette validamente<br />

fino ai 350, momento in cui anche <strong>Scavo</strong> lo attaccò con<br />

decisione. Preso tra i due, Panciera andò a fondo, facendosi<br />

superare anche da Fossati, mentre più avanti, <strong>Scavo</strong>, remando<br />

con volontà furiosa, agguantava Fraschini a dieci metri dal<br />

20 Gianni <strong>Scavo</strong> realizza il quinto tempo stagionale del vecchio continente. Mario Fraschini con<br />

47”6 il sesto; con loro anche Nereo Fossati (47”9) scende sotto i 48”, in una gara che vede quarto<br />

Renato Panciera con 48’’4, quinto Enrico Spinozzi con 48”6 e sesto il giovane Antonio Orlando<br />

con 48”7.<br />

62


traguardo e lo staccava di prepotenza balzando sul filo con un<br />

metro di vantaggio.”<br />

La sua grande giornata è però nel ‘Meeting’ capitolino dove<br />

corre due volte i 400 metri in meno di due ore. Dapprima in batteria<br />

dove fa segnare 47”6 con una gara autoritaria e senza risparmio sin<br />

sul filo di lana, poi in finale. Qui Gianni si presenta in una veste<br />

nuova, riesce infatti a frenare il suo istinto che lo porterebbe a<br />

resistere al folle avvio del campione europeo John Wrighton e del<br />

finlandese Voitto Hellsten. Quando distende la sua azione, la<br />

rimonta è entusiasmante: Wrighton vince facendo sentire il peso<br />

della sua classe e dell’esperienza ma Hellsten, già medaglia di<br />

bronzo alle olimpiadi di Melbourne, è agguantato e i due finiscono<br />

a spalla. I giudici sono bugiardi e danno 47”l al finlandese e 47”2<br />

(secondo tempo assoluto italiano dopo il 46”7 di Lanzi) a <strong>Giovanni</strong><br />

<strong>Scavo</strong>.<br />

Un tempo che lo fa rientrare tra i migliori specialisti europei<br />

dell’anno e che impose una revisione di giudizi su Gianni <strong>Scavo</strong>.<br />

Era stato sempre considerato un mezzofondista veloce; un uomo da<br />

800 metri. Tutta la stagione 1958 era stata invece una smentita<br />

continua a questo dettame. Una stagione in cui dimostrò di non<br />

gradire affatto 1a distanza fallendo clamorosamente le due prove di<br />

Milano (con gli americani) e di Torino (con gli svizzeri).<br />

Al contrario tutte le sue gare di 400 della stagione sono<br />

sempre di alto livello, tanto da porre un interrogativo per il suo<br />

avvenire. quattrocento o ottocento metri?<br />

<strong>Giovanni</strong> <strong>Scavo</strong> si esaltava in particolar modo nelle staffette<br />

non escluse quelle della 4x100, nelle quali veniva utilizzato per<br />

ragioni di squadra, come il 14 settembre 1958, quando fu medaglia<br />

di bronzo, in<br />

63


occasione dei campionati assoluti di Roma. Le sue esibizioni<br />

migliori rimanevano però, ovviamente, nelle staffette del miglio.<br />

Come a Stoccolma, come ai campionati italiani del 1957 prima e<br />

del 1958 dopo. Quest’ultima gara definita da Alfredo Berra, la più<br />

bella della riunione vinta alla maniera forte da una squadra assai<br />

inattesa. “Lo stadio Olimpico ristette dalla stupefazione nel 1956,<br />

allorché il vecchio atleta veneto giramondo Franco Bettella,<br />

barbuto padre di numerosi figli, reduce dall’annuale scorriban da<br />

in Finlandia, vinse il titolo nazionale dei 400 metri a ostacoli. Fu<br />

quella l’occasione in cui si rivelò il giovanissimo Salvatore<br />

Morale e l’ambience ufficiale avrebbe forse preferito che lui<br />

avesse conquistato l’alloro e non l’agitatore Bettella, più volte<br />

colpito da provvedimenti per attività antifederali. <strong>Il</strong> finale di<br />

quella stagione fu assai interessante per Bettella. Nell’incontro<br />

con la Francia fece il diavolo a quattro in una staffetta 4x400<br />

messa su quasi contro il parere dei tecnici ed in compagnia di<br />

Vincenzo Lombardo, Spinozzi e Panciera stabilì un primato<br />

italiano (3’10”8) che finora ha resistito a tutti gli assalti, anche di<br />

quattrocentisti individualmente più forti quali sono stati<br />

guest’anno <strong>Scavo</strong>, Fraschini, Fossati e lo stesso Panciera. Da<br />

allora Bettella si creò la fama di mezzo mago e vagò una<br />

definizione di Rasputin che impressionò più d’uno.<br />

Agonisticamente ebbe sfortuna, rovinandosi un piede e forse la sue<br />

carriera è finita. Non così quella di stregone o come lo si può<br />

chiamare. Legato ancora, per la più strana fase dei suoi<br />

spostamenti, alle Assicurazioni Generali di Palermo, non potendo<br />

contribuire come atleta, s’è messo dietro alla staffetta 4x400 che<br />

questa società ha schierato per i campionati, affiancando al<br />

campione <strong>Scavo</strong> il valido Bonmarito e i modesti ma utili Lo<br />

Grasso e Puleo. Era in campo Bettella prima della finale della<br />

4x400 mentre le tenebre scendevano, utili a mascherare notevoli<br />

pecche organizzative; consigliava e incuorava. Sorteggiò la corsia<br />

(e non sappiamo neanche se ciò si possa ammettere da<br />

64


parte di un non componente la squadra) comunque ebbe mano<br />

felice. La gara ebbe inizio. Le Assicurazioni furono subito a posto<br />

con una buona prima frazione, davanti al Capitolino e alle<br />

Fiamme Gialle, mentre la Comense cedeva per via del suo primo<br />

frazionista molto scarso. Si sapeva però che sarebbe venuta su nei<br />

restanti percorsi.<br />

Equilibrio tra le prime tre squadre sino all’ultima<br />

frazione: nel Capitolino s’era particolarmente distinto Michele<br />

Lopatto e dunque Spinozzi partì per primo davanti a Fossati per i<br />

comensi ed a <strong>Scavo</strong> per i palermitani. Essi procedettero in un tris<br />

unico nel gioco e perso nella notte, compatto fino ai 100 metri dal<br />

traguardo: poi <strong>Scavo</strong> passò con una potenza straordinaria e si<br />

liberò non soltanto di Spinozzi, che nel frattempo cedeva, ma<br />

anche di Fossati. Tutti con il cuore in gola, atleti e pubblico nella<br />

gara svoltasi di notte e che ha visto due squadre battere il primato<br />

italiano di società, senza che l’altoparlante ne desse l’annuncio e<br />

senza che la premiazione venisse fatta con opportuno fasto. È vero<br />

che l’agonismo non conosce limiti di tempo, di luce o<br />

d’organizzazione. Una gara così bella situata nell’orario peggiore<br />

della giornata, quello in cui tutti se ne vanno, il pubblico un po’<br />

stanco, i giornalisti per la fretta dei servizi. Potevamo pensare che<br />

Bettella riserbava una sorpresa. Troppo grigia quest’annata per<br />

lui, come dirigente e come atleta, perché finisse così. Ed ecco il<br />

primato: non solo il primato, ma <strong>Scavo</strong> restituito alla condizione<br />

migliore, pur essendo ancora lontano dal massimo.<br />

Questi non sono esorcismi, è la realtà. Una staffetta di<br />

Palermo campione e primatista d’Italia, anche se vivificata da un<br />

veneto che s’è ispirato in Finlandia, è sempre nota degna di<br />

grande rilievo.”


1959. Addio Gianni<br />

el 1959 quando era stato già inserito tra i probabili<br />

olimpici per le Olimpiadi di Roma dell’anno successivo,<br />

dove 1’Italia contava particolarmente su di lui in<br />

funzione della staffetta del miglio, è a Palermo per gareggiare con<br />

le Assicurazioni Generali presso 1e quali, l’anno prima, aveva<br />

ottenuto un posto di ragioniere. Gianni, difatti, non era rimasto a<br />

Roma perché non vi aveva trovato una conveniente sistemazione<br />

di lavoro nonostante 1’interessamento dello stesso presidente della<br />

FIDAL, marchese Luigi Ridolfi. 21 N<br />

Questa volta i1 padre,<br />

trattandosi di Palermo, non aveva ostacolato i suoi programmi.<br />

Aveva scelto però una sede scomoda per fare atletica. Non<br />

che Palermo fosse, per clima o carattere, ostile a questa attività;<br />

ma nella Conca d’Oro non erano<br />

molte, per lui, le occasioni per battersi con atleti della sua<br />

levatura, e i confronti doveva andarli a cercare in giro per 1’Italia,<br />

gettando il guanto di sfida su tutte le distanze.<br />

La FIDAL 1’aveva più volte invitato al nord per offrirgli<br />

condizioni d’ambiente più favorevoli. Gianni sempre<br />

rifiutò, Lanzi disse che era sfuggito al suo controllo,<br />

21 Lettera di Mario Lanzi a Gianfranco Baraldi in data 5 dicembre 1957. “... A Roma ho trovato<br />

<strong>Scavo</strong> e sembra si trasterisca a Palermo ma il Presidente sta facendo di tutto perché lo <strong>Scavo</strong><br />

rimanga a Roma impiegato in Roma stessa..:”<br />

69


guadagnandosi la fama di ‘ribelle’ che contrastava invece con il<br />

suo carattere. Era solo affezionato a Palermo e alla sua società<br />

che gli aveva dato 1’occasione di conciliare in modo<br />

soddisfacente, tendendogli la mano in un brutto periodo, la sua<br />

professione di ragioniere con 1’attività agonistica.<br />

Qui trovò, purtroppo, una prematura morte, era il 9 aprile 1959.<br />

Stava tornando da Palermo, a Mondello, dove si era recato per<br />

prenotare un volo per Milano, dove avrebbe dovuto gareggiare tre<br />

giorni dopo in occasione della ‘Pasqua dell’Atleta’. A bordo della<br />

sua motoretta, all’altezza dello Stadio, nel superare un’auto in<br />

sosta, si scontrava con una 600 multipla che a sua volta tentava di<br />

superare un autobus.<br />

A Milano avrebbe dovuto gareggiare nella prova dei 2000<br />

metri e sarebbe stato il primo test impegnativo di una stagione che<br />

Gianni stesso aveva riconosciuto importantissima, il trampolino<br />

di lancio per una grande stagione olimpica. Gianni <strong>Scavo</strong> dopo la<br />

discontinua stagione 1958, aveva promesso infatti un rendimento<br />

più continuo e positivo.<br />

Al termine del meeting di Roma aveva dichiarato:<br />

. La gara<br />

era finita da pochi minuti ma Gianni 1’aveva già dimenticata,<br />

guardava già al futuro.<br />

70


<strong>Il</strong> suo pallino, il suo recondito desiderio e una delle sue<br />

maggiori aspirazioni era quella di battere il suo amico-rivale<br />

Baraldi nella gara dei 1500 metri.<br />

Per questo all’inizio della sua ultima stagione, fu attore<br />

impegnato dell’attivita campestre, con piazzamenti sempre tra i<br />

migliori anche in gare di sette chilometri. A marzo nella classica<br />

‘Cinque Mulini’, valida come seconda prova del CdS di corsa<br />

campestre, presenti i migliori specialisti, chiude al quinto posto<br />

una gara che vede la vittoria di Francesco Perrone.<br />

Parecchie volte si era recato presso i1 centro tecnico di Formia<br />

dove Bononcini aveva potuto osservare come egli avesse svolto<br />

una preparazione invernale di grande portata.<br />

Avrebbe voluto riparare, nel corso di quella stagione, come aveva<br />

promesso tra le lacrime negli spogliatoi dopo 1’incontro<br />

Italia-Svizzera, i1 debito che sentiva di avere con gli sportivi<br />

torinesi. L’occasione purtroppo non verra più.<br />

Non aveva certamente le caratteristiche adatte per poter<br />

impensierire Gianfranco Baraldi nei 1500 metri, ma la sua<br />

caparbietà e la sua ostinazione di volerlo fare, gli avrebbero<br />

probabilmente permesso di superare il limite di Lanzi negli 800<br />

metri, mancato 1’anno prima a causa di una preparazione troppo<br />

improntata sulla velocità.<br />

Fu subito chiaro che la sua attività si sarebbe circoscritta sempre<br />

più alle distanze tra i 400 e i 1500 metri, era però un atleta<br />

versatile. Una versatilità che gli consentì di improvvisare i 100<br />

metri in 11”1, nonché di sfiorare i cinquemila punti nel decathlon.<br />

Era particolarmente fiero, e ricordava volentieri, il primato italiano<br />

di società (3’17”0) conquistato con la staffetta 4x400 con Paolo<br />

Puleo, Secondo Lo Grasso e


Giuseppe Bonmarito, per i1 quale aveva ricevuto la medaglia<br />

d’oro del CONI e sulla quale scherzava dicendo .<br />

Gianni <strong>Scavo</strong> non parlava però quasi mai dei successi già<br />

ottenuti. Una gara era semplicemente una tappa. Da archiviare,<br />

quando non serviva come esperie nza per le altre gare. Era<br />

eternamente insoddisfatto dei suoi risultati. Parlava spesso invece<br />

di ciò che voleva, di ciò che sapeva di poter fare. <strong>Il</strong> record di<br />

Lanzi prima. Prestissimo. E poi le olimpiadi.<br />

Gianni <strong>Scavo</strong> sognava le olimpiadi di Roma. quale atleta<br />

non sogna di indossare 1a maglia nazionale, di partecipare alla<br />

classica ed immortale rassegna. Gianni <strong>Scavo</strong> le sognava portando<br />

costantemente all’occhiello il distintivo di P.O. e agli amici<br />

palermitani parlava delle olimpiadi in ogni occasione. «Vedrete<br />

che spettacolo. Ho casa vicino Roma. Venite a vederla. Io sono<br />

felice di farle e se non le facessi andrei a vederle. Venite a casa<br />

mia, una sedia e un letto ci sarà per tutti.» Ne parlava<br />

continuamente, con entusiasmo. Studiava con Bettella 1e tappe<br />

del miglioramento delle sue prestazioni, considerando come<br />

culmine la performance romana. Parlava poi dei campioni<br />

stranieri che avrebbe incontrato e si considerava felice anche solo<br />

di gareggiare con loro. .<br />

A chi gli chiedeva cosa avrebbe fatto dopo 1e olimpiadi,<br />

rispondeva come se il futuro non andasse al di là della<br />

manifestazione romana.


perché fatta per stroncare tutte le altre imprese: 1a morte. Non<br />

prima di aver battuto la via che lo conduce in modo inevitabile<br />

alla tragedia.<br />

La madre, ricevuta la ferale notizia, parte in automobile la<br />

sera stessa dell’infausto evento alla volta di Palermo. Alla guida<br />

della vettura Luigi, il secondogenito della famiglia <strong>Scavo</strong> che<br />

all’altezza di Sapri accusa conati di vomito e giramenti di testa. La<br />

mamma non si perde d’animo, fa sdraiare il giovane figlio su1<br />

sedile posteriore e si mette alla guida. Vuole arrivare a Palermo<br />

prima dell’alba; vuole rivedere per 1’ultima volta il volto,<br />

ancorché immobile, di quella parte del suo stesso corpo che si è<br />

fermata per sempre. Arriva alle porte di Palermo che è 1’alba dove<br />

sono in attesa gli amici palermitani di Gianni che fungono da<br />

staffetta. Raccolte le spoglie opime, il ritorno a <strong>Velletri</strong> dove<br />

hanno luogo, nella chiesa di S. Maria in Trivio, i più solenni<br />

funerali che, a memoria d’uomo, 1a nostra città ricordi. Tutti, dai<br />

massimi dirigenti sportivi financo 1’ultimo suo più distratto tifoso,<br />

vogliono essere presenti. Ali di folla lo accompagnano nel suo<br />

ultimo viaggio, chiuso in quella bara che i compagni della<br />

nazionale consegnano alla sua ultima dimora.<br />

“Di nobil pompa i fidi amici ornaro il gran feretro, ove sublime ei<br />

giace. “<br />

Adesso Gianni non correrà più. Nessuno avra più il piacere<br />

di vedere 1a sua falcata veloce e possente; il suo viso scuro di bel<br />

saraceno, affilato dalla fatica. Le membra distese armonicamente<br />

nello sforzo, classiche della scultorea bellezza.


II ricordo<br />

G<br />

ianni <strong>Scavo</strong> era troppo noto e troppo benvoluto, per non<br />

destare la sua morte un senso di tristezza e di profondo<br />

dolore. Impulsivo e generoso in gara, Gianni <strong>Scavo</strong> nella<br />

vita privata di tutti i giorni era un ragazzo serio e posato. Per<br />

distendersi nelle pause della sua preparazione, coltivava 1’hobby<br />

della radiotecnica nella quale faceva rifulgere il suo non comune<br />

spirito di osservazione. La sua stanzetta era letteralmente intessuta<br />

di fili che si intersecavano, era piena di apparecchi radio costruiti<br />

con mezzi di fortuna, tappezzata alle pareti di libri e manuali di<br />

elettronica, che la rendevano simile ad un laboratorio scientifico<br />

nel quale Gianni evadeva compiendo prove ed esperimenti. Amava<br />

la natura. Un giorno sul treno che attraversava le dolci vallate<br />

svizzere, dove il verde dei prati affoga nell’azzurro dei laghi, in<br />

una tranquillità quasi irreale, si lasciò trasportare da un pe nsiero<br />

venato di malinconia. .<br />

Era un ragazzo generoso ed entusiasta, aveva saputo<br />

conquistarsi vaste e meritate simpatie tra i suoi compagni di scuola<br />

e di allenamento come anche tra i suoi avversari, come Gianfranco<br />

Baraldi. “<strong>Il</strong> ricordo che ho di Lui, delle battaglie sportive e dei<br />

giorni trascorsi insieme un po’<br />

75


ovunque, sta a testimoniare come sia possibile essere avversari<br />

irriducibili sul campo ed amici fraterni nella vita di tutti i giorni.<br />

Gianni ed io lo eravamo.<br />

Le nostre gare sugli 800 e 1500 metri erano le più seguite<br />

e le più belle proprio per i nostri duelli alla morte che tanto bene<br />

fecero al mezzofondo italiano.<br />

Certo bisagna dire che di Gianni non era difficile essere<br />

contemporaneamente avversario ed amico; basta ricordare il suo<br />

sorriso aperto e inimitabile per capire quanto avesse di buono in<br />

sé. Ricordo il prima raduno collegiale di Castel Labers, con tutti<br />

gli scherzi che si facevano ed a cui entrambi partecipavamo<br />

attivamente.<br />

La prima tournèe all’estero, in Scandinavia, con<br />

l’inseparabile Silvano Meconi e Raffaele Bonaiuto, Natale<br />

Coliva, Francesco Ziggiotti ed il finnico Bettella, anche essi cavie<br />

come noi due per gli esperimenti tecnici della rinnovata atletica<br />

italiana, E ancora le lunghe galoppate nelle quasi vergini foreste<br />

di Vierumacky in Finlandia, paese favoloso per un mezzofondista.<br />

Lassù noi vivevamo come puledri allo sta to brado, la corsa era la<br />

nostra vita.<br />

Gianni era nato per correre, per i mezzi fisici, per volontà<br />

e per i sani principi morali che lo distinguevano. Come non<br />

ricordare i lunghi periodi trascorsi a Schio, forse la sede dei<br />

raduni che più amavamo e dove noi del mezzofondo formavamo<br />

una affiatatissima famiglia di cui Gianni ed io eravamo un po’ i<br />

portabandiera. Dal 1955 al 1959 per lunghi periodi, alternati da<br />

brevi scappate a casa da trasferte per gare, siamo vissuti felici in<br />

quell’accogliente cittadina. <strong>Il</strong> nostro mondo, il mondo degli anni<br />

migliori lo abbiamo vissuto sulla rossa pista di Schio e<br />

ripensando con nostalgia a quei tempi dico che quelle corsie e<br />

quello stadio un poco ci appartengono.”<br />

<strong>Il</strong> ricordo di <strong>Giovanni</strong> <strong>Scavo</strong> rimane scolpito nel cuore di<br />

tutti. Mario Lanzi, i1 campionissimo, di cui Gianni, nel<br />

1957,<br />

76


sfiorò il record italiano degli 800 metri, lo valutava una enorme<br />

bontà racchiusa in una dura corteccia. Lanzi aveva avuto modo di<br />

conoscerlo bene sin dall’inizio della sua carriera atletica e in<br />

qualita di direttore della scuola di Schio. Una carica che aveva<br />

ricoperto fin dal 1953. “<strong>Scavo</strong>! Tra l’Etrusco e il Romano, aveva<br />

ereditato tutte le qualità di quei famosi Volsci che adirono sfidare<br />

Roma. Armonica in tutta la sua linea fisica, sembrava un modello<br />

di Fidia o di Prassitele per le sue fattezze. I suoi occhi dolci nella<br />

conversaziane privata, diventavano fiammeggianti negli stadi e<br />

sulle piste, pronti a bruciare e perpetrare il segreto della vittoria.<br />

Al primo contatto dava l’impressione di essere diffidente,<br />

ritirato, burbero, talché gli venne dato l’appellativo di ‘selvaggio’!<br />

Ma quanta generosità, bontà, simpatia sotto quell’apparente dura<br />

corteccia. Però quando entravi nella sua dimestichezza, ti<br />

confidava tutto, anche le cose più intime. Non aveva problemi<br />

contestativi, mirava diritto a crearsi un avvenire, una famiglia, pur<br />

assecondando quella sua innata combattività esprimendola in<br />

prestazioni atletiche degne della più alta considerazione.<br />

Parsimonioso, quante volte mi ha affidato il suo portafogli, carico<br />

di risparmi confusi con le foto della ragazza che doveva diventare<br />

la compagna della sua vita. Questo l’uomo <strong>Scavo</strong>.<br />

L’atleta <strong>Scavo</strong> ricalca, per le sue qualità positive, le orme<br />

dell’uomo <strong>Scavo</strong>, anzi qui sublima quelle sue innate qualità di<br />

caparbietà. Non sono le nude cifre di tempi e distanze delle sue<br />

gare quelle che esaltano il suo valore, ma il modo con cui<br />

affrontava l’agone. Quel puntiglio, quella generosità, quella leale<br />

combattività che lo rendeva temibile e temuto ma, nello stesso<br />

tempo, amato ed ammirato.<br />

Aveva raggiunto giovanissimo la condizione di essere un<br />

predestinato a grandi cose. Niente mancava allo <strong>Scavo</strong> atleta:<br />

organismo, mezzi, volontà e quella che indefinitamente viene<br />

chiamata classe.<br />

77


Nelle competizioni internazionali era un leone sentiva il peso e la<br />

responsabilità della maglia azzurra, simbolo della sua patria<br />

sportiva. Particolarmente nelle staffette era il frazionista d’oro<br />

della rappresentativa italiana. Insomma si era di fronte al<br />

fenomeno che ogni tanto la stirpe italica regala allo sport<br />

italiano. Un uomo d’Olimpia con i requisiti morali e fisici per<br />

trionfare negli stadi e nei giochi quadrienna li.<br />

Tutto lascia credere che Gianni <strong>Scavo</strong> sarebbe pervenuto a<br />

risultati formidabili.<br />

Gli sarebbe bastato seguire il suo istinto. Quell’istinto che<br />

lo aveva rivelato atleta staraordinario nel 1954 al tempo della<br />

campestre scolastica, che lo introdusse fra gli aspiranti campioni<br />

nel 1955 quando vinse il titolo nazionale degli 800 metri.<br />

Quell’istinto che lo fece piombare in una profonda crisi nel 1956,<br />

quell’istinto che gli permise di risorgere, facendo nutrire grandi<br />

speranze nel 1957 e che provocò talune incertezze nel 1958,<br />

peraltro sgominate da frequenti dimostrazioni di pura classe nelle<br />

prove dei 400 metri. Quell’istinto che lo portò lontano, a Palermo,<br />

per sfuggire alla classificazione standardizzata di atleta che poteva<br />

equivalere al suo spegnimento, e a ricercare quella lontananza<br />

geografica che significava libertà di azione e libero e generoso<br />

sfogo del sopraddetto istinto di cui Gianni aveva<br />

incontrovertibilmente bisogno.<br />

Gli sarebbe bastato seguire la sua azione di corsa per<br />

confermarsi quel campione, quello splendido veltro, dai polmoni<br />

capaci e dai garretti saldissimi.<br />

Purtroppo le cose non sono andate per il verso giusto,<br />

facendo mancare prematuramente a <strong>Velletri</strong> e all’Italia uno dei<br />

suoi figli migliori.<br />

78


Talvolta i giudizi su di lui sono stati troppo severi. Giudizi<br />

che non hanno mai approfondito 1e cause di certe sue inattese<br />

battute a vuoto. Sempre protesi alla ricerca della perfezione, non si<br />

è considerato nella dovuta maniera che un corridore matura per<br />

gradi e che è impossibile pretendere continuamente il massimo.<br />

Gianni <strong>Scavo</strong> mancava di esperienza e basta: era candido in corsa<br />

come nella vita. Ingenuo e generoso. Uno che non conosceva<br />

1’opportunismo, e anche per questo era amato da tutti.<br />

Da considerare altresì come la piena maturità atletica si<br />

completi intorno ai 24-26 anni, come dimostrano le migliori<br />

prestazioni di Luigi Beccali (a 26 anni), Mario Lanzi (25), Rudolf<br />

Harbig (26), Herbert McKenley (25), Roger Moens (25), Tom<br />

Courtney (24), nonché quelle di Antonio Siddi che, sempre a 26<br />

anni, nel 1949, corse i 400 metri in 47”2 come <strong>Scavo</strong>. Ed erano i<br />

migliori.<br />

Un episodio, che vale la pena di ricordare, fu i1 tentativo di<br />

Francesco (Franco) Bettella, barba di profeta e ministro senza<br />

legge, già allenatore di Gianni e suo mentore, di portare, nel 1960,<br />

la fiaccola olimpica di passaggio a <strong>Velletri</strong> sulla tomba del nostro<br />

campione. Pur di riuscire nel suo tentativo, che avvertiva come un<br />

atto dovuto, un ultimo tributo alla grandezza atletica di <strong>Scavo</strong>,<br />

Bettella non rinunciò al gesto eclatante, di tentare, seppur<br />

vanamente, di strappare la fiaccola olimpica dalle mani del<br />

tedoforo.<br />

Proprio Bettella fu la causa, seppur indiretta, di<br />

quell’alternanza di risultati della stagione 1958. Gianni lo aveva<br />

seguito a Palermo e sotto 1a sua guida aveva cambiato metodiche<br />

di allenamento.<br />

79


In una lettera scritta il 3 marzo 1958 al suo amico Baraldi,<br />

Gianni racconta che «...Per quanto riguarda gli allenamenti e la<br />

preparazione, mi sono avviato decisamente verso la velocità pura<br />

(100-200-400) con puntate sugli 800 e sui 1000 (ma solo a fine<br />

stagione); mi sto preparando anche per i 400 hs che comincerò a<br />

frequentare dopo gli europei. Debbo dire che tale preparazione mi<br />

soddisfa più del mezzofondo vero e proprio, forse perché è meno<br />

lunga e noiosa. Un giornalista calabrese, sul Corriere dello Sport,<br />

invece mi fa futuro recordman del 1500, del 3000 siepi e dei 5000<br />

e tuo terribile concorrente!... »<br />

E di Bettella, Gianni <strong>Scavo</strong> aveva assoluta fiducia. In quei<br />

mesi di intensa e accuratissima preparazione, Gianni <strong>Scavo</strong><br />

parlava continuamente con il suo allenatore e ne ascoltava le<br />

parole quasi con attenzione religiosa. Naturale quindi il profondo<br />

dolore in cui Bettella cade davanti al ‘suo’ atleta, composto nella<br />

morte in casa di Vittorio Orlando, 1’allora presidente delle<br />

Assicurazioni Generali. Bettella pare assente, come rapito. Certo<br />

nella sua mente turbinano i più cari ricordi. Poi scappa, si rifugia<br />

nella sua solitudine e scrive il suo ultimo saluto. “Ecco vedi<br />

Gianni ora non piango più. Sono calmo come tante volte mi hai<br />

chiesto di essere. Solo vedi, è un po’ difficile, questo lo capisci,<br />

abituarmi all’idea che non ti sarò più vicino, che non ti vedro più<br />

solcare con quel tuo inconfondibile passo la terra rossa.<br />

A proposito, ti ricordi che avevamo giurato con una mono<br />

su di lei che saremmo partiti per la più bella toumèe che la<br />

fantasia possa permettere? Finlandia, Svezia, Stati Uniti,<br />

Australia. Non importa vero? È solo rimandata. Un giorno o<br />

l’altro sentirai come un tuono e il vecchiaccio maledetto arriverà<br />

con lui, naturalmente con i cronometri e il fischietto. Allora<br />

insieme partiremo. Non si può mancare ai giuramenti, figurati poi<br />

quelli fatti sulla terra rossa.


Te l’ho detto non piango più. So che se lo faccio ti arrabbi.<br />

So che sei finalmente davvero felice perché sei arrivato nel più bel<br />

campo che i tuoi occhi abbiano mai visto; so che ti allenerai<br />

sempre tutti i giorni, come al solito, assieme a Jean Bouin, Jules<br />

Ladoumegue, <strong>Il</strong>mari Salminen, Rudolf Harbig, Toivo Loukola e<br />

tutti i più forti mezzofondisti del passato che ti guarderanno<br />

passare con grande ammirazione, la stessa con la quale io,<br />

vecchia scarpa, ti ho sempre guardato”.<br />

“Conoscevo <strong>Giovanni</strong> <strong>Scavo</strong> - dirà invece, ricordando 1a<br />

sua figura, il prof. Gian Luigi Ulisse, suo insegnante di educazione<br />

fisica quando questi era studente dell’ultimo anno di ragioneria -<br />

per la sua fama che già sui campi dell’atletica egli si era<br />

procurato.<br />

Lo conobbi personalmente il primo giorno di scuola,<br />

quando il Preside dell’Istituto, nel quale insegnavo, mi presentò la<br />

scolaresca. < Quello è Marcelli Umberto. E quello - mi precisava<br />

- è <strong>Scavo</strong> <strong>Giovanni</strong>>. Poi, guardandami con l’aria trionfante d’un<br />

bersagliere in corsa, quale egli era, aggiungeva subito: .<br />

Presi l’abitudine di chiamarlo per nome quando dovetti<br />

distinguerlo da altri due piccoli <strong>Scavo</strong> che di <strong>Giovanni</strong> erano i<br />

fratelli. <strong>Giovanni</strong> era l’allievo dell’ultimo corso. Gli altri erano<br />

più piccoli di statura, naturalmente. <strong>Giovanni</strong>, soprattutto per i<br />

compagni, che della sua amicizia andavano fieri, era ‘quello<br />

grosso’.<br />

Era un gigante di statura. Era un bambino nei moti<br />

dell’animo. Semplice come un ragazzo cresciuto in una famiglia di<br />

costumi rigidi. Le famiglie che usavano una volta.<br />

Iniziava la lezione di ginnastica con me. Insieme agli altri, senza il<br />

desiderio di strafare negli esercizi, per dimostrare che lui era<br />

<strong>Scavo</strong>, e gli altri no. Partecipava a quel quarto d’ora di<br />

riscaldamento che io ritenevo indispensabile per svolgere una<br />

81


uona lezione sportiva. Poi mi veniva vicino e con un cenno e un<br />

sorriso mi salutava. Eravamo già d’accordo. Gli altri<br />

continuavano con me. <strong>Giovanni</strong> prendeva, invece, la via dei<br />

campi, che quasi finivano dove cominciava la scuola. E se ne<br />

andava. Dove andava? Non lo so, perché non l’ho mai seguito,<br />

fiducioso com’ero della sua inconfondibile inevitabile volontà di<br />

correre.<br />

Era il solitario maratoneta delle campagne di <strong>Velletri</strong>.<br />

Viottoli, sentieri, prati, boschi, giardini erano i testimoni delle sue<br />

esuberanti silenziose galoppate.<br />

Qualche mattina di sole, io, che venivo da Roma, arrivavo<br />

a scuola in anticipo sulla prima campanella. Erano i giorni in cui<br />

potevo giurare d’incontrarmi con <strong>Giovanni</strong> <strong>Scavo</strong>, reduce dal<br />

primo allenamento della giornata. Copriva un chilometro di corsa<br />

con la disinvoltura e il piacere con cui altri ragazzi fumavano una<br />

sigaretta. I chilometri di campagna erano per lui come ciliege.<br />

Uno tirava l’altro.<br />

Era l’unico allievo, di un Istituto grande e severo, ad aver<br />

ricevuto dal Preside un permesso singolare. Poteva uscire a suo<br />

piacimento, pur con la dovuta discrezione che non gli mancava,<br />

dal banco che lo sacrificava troppo. Poteva uscire a liberarsi un<br />

attimo d’un costringimento fisico più forte di lui. E non era<br />

l’ultimo della classe. Ma non poteva starsene fermo troppo. Aveva<br />

la corsa nelle gambe! E le gambe volevano muoversi. <strong>Il</strong> primo<br />

giorno di lezione gli chiesi se aveva la tuta con lui. Era modesto,<br />

ma non era presuntuoso, quant’altri ne conosco. Mi risposero gli<br />

amici, quella volta, e tutti in coro. Nessuno<br />

poteva seguirlo nelle sue corse matte verso le campagne a<br />

primavera. Sembrava un anacoreta. Era un ragazzo primitivo<br />

d’animo. Intendo dire che albergava in lui sotto una scorza dura<br />

la grazia e la gentilezza di pensieri di un bambino. E come un<br />

bambino era tenace e invincibile nelle sue idee caparbie, nei<br />

suoi ideali ostinati e<br />

82


vertiginosi, degni di un atleta di cuore grandissimo.<br />

La mamma gli era vicina particolarmente in questa sua<br />

innata voglia di fare sport. La mamma lo conosceva bene e<br />

sapeva il bisogno atletico di evasione di <strong>Giovanni</strong>. Fra gli<br />

insegnanti che la donna interpellava, quasi ogni giorno, io ero il<br />

primo. Non per meriti personali. Solo perché lo sport era il<br />

problema da risolvere per una felice impostazione della vita di<br />

Gianni <strong>Scavo</strong>.<br />

La corsa, soprattutto, era il termometro regolatore della<br />

sua smisurata esuberanza fisica. Sembrava inventata per il<br />

plastico moto delle sue gambe. E le sue gambe erano il blasone<br />

d’una autentica nobiltà atletica.<br />

Lo rividi l’ultima volta poche settimane prima della sua<br />

morte. Mi raccontò della sua vita a Palermo. Era una vita<br />

diversa, perché egli da studente s’era trasformato in impiegato.<br />

Ma le corse fuori erano ancora la sua sfrenata evasione fisica e<br />

spirituale. Come a <strong>Velletri</strong>. E come a <strong>Velletri</strong> nessuno poteva<br />

seguirlo, quando fuori dello stadio prendeva la via dei campi e,<br />

da un calloquio semplice con la natura, entrava nel mondo dei<br />

suoi sogni più grandi.”<br />

E se Gianni <strong>Scavo</strong> era il campione acclamato, una folta<br />

schiera di suoi coetanei viveva soddisfatta delle sue gesta, una<br />

generazione a cui bastava solamente correre vicino al ‘campione’<br />

quando questi tornava nella sua <strong>Velletri</strong>.<br />

Per Andrea Andreozzi, compagno del felice periodo di<br />

campestri scolastiche, Gianni “aveva l’anima candida di<br />

fanciullone timido, le risorse di un fisico eccezionale, tenacia e<br />

volonta fuori del comune. Doti che avevano ben presto rivelato la<br />

sua classe di campione.<br />

Gianni rimarrà sempre e comunque il fulgido esempio di<br />

atleta generoso che ha data tutto se stesso; rimarrà nel cuore


di tutti un ragazzo che degnamente onorò la scuola del Cesare<br />

Battisti. Lo rivedremo sempre seduto in quegli stessi banchi, con il<br />

medesimo sorriso sulle labbra nell’atteggiamento di chi si sente<br />

forte e ha fiducia nelle proprie possibilità. Sentiremo sempre la<br />

sua voce rievocare le fatiche sportive, rivedremo il suo sguardo<br />

limpido e sereno.”<br />

Con la sua morte, Gianni lascia effettivamente un grande<br />

vuoto, alla ricerca forse di traguardi più alti; un vuoto che <strong>Velletri</strong>,<br />

passata la grande Olimpiade sembra aver dimenticato quando<br />

Pierluigi Starace, Manlio Zaccari, don Eugenio Gabrielli e Alberto<br />

Colazingari raccolgono il messaggio lasciato dal loro eroe<br />

eponimo, il quale sopravvive nel ricordo avendo, nella sua pur<br />

breve vita, bevuto alla fonte di Mnemosine.<br />

Pierluigi è il capo riconosciuto ed è certamente colui che<br />

più fortemente vuole ricordare ai posteri la figura del grande<br />

campione, sinceramente colpito dal tragico evento.<br />

Cosi lo ricorderà qualche anno più tardi frugando nella<br />

memoria le emozioni di quel momento. “Addio... E da questa<br />

mattina che ho saputo la notizia. Lenta ma tenace sta prendendo<br />

piede nel mio cuore. Ogni volta che mi ripeto quelle parole, che<br />

accosto quel nome a quel participio passato, esse aumentano di<br />

dimensione: quelle lettere nere come i caratteri del titolo del<br />

giornale ogni volta diventano più grandi della mia anima,<br />

rimbombano come due campane sempre più assordanti, e lasciano<br />

in me ad ogni rintocco risonanze sempre più lunghe, grigie,<br />

disperate.<br />

Forse adesso, a distanza di ore, il rintocco della notizia<br />

atroce è svanito dal cuore della gente. Forse ora tutti ritornano ai<br />

loro affari, dopo aver allontanato il tuo ricordo da se stessi; forse<br />

ora parlano di scuola, di divertimento, di lavoro, di impegni, di<br />

preoccupazioni; forse tu sei rimasto abbandonato<br />

84


dalle anime di tutti, come il tuo corpo sul lettino di ospedale o<br />

nella camera ardente, chissà, dalle ultime persone che ti hanno<br />

visitato.<br />

Ma è adesso, Gianni, che sento montare in me più<br />

irresistibile una marea di tristezza senza fine. È adesso che ondate<br />

di struggente amarezza montano verso la mia gola, stringendola<br />

in duri spasimi. È adesso che i miei occhi inseguono pallide<br />

immagini di angoscia smarrita. Pagine di giornale sfogliate prima<br />

da mani febbrili di emozioni e poi sbattute giù da mani pesanti di<br />

dolore, l’eco di un anonimo comunicato radio, gli ammassi di<br />

ferraglia di una motocicletta e di una macchina, lo sguardo del<br />

commissario di polizia che stende le ultime righe di verbale, le<br />

copie del manifesto funebre di questa o quell’altra società<br />

sportiva, i volti straziati dei tuoi cari, e te, soprattutto. <strong>Il</strong> tuo<br />

sangue immobile e freddo, le tue membra gelide e spezzate per<br />

sempre.<br />

A questo spettacolo sento che nulla più mi importa di<br />

quello che ho intorno. Ho desiderio di restare solo, di accendere<br />

in solitudine la lampada del mio affetto antico, della mia<br />

ammirazione memore, per illuminare e riscaldare la tua oscura e<br />

fredda solitudine. Ma nessuna mia forza, lo so, potrà rinnovare un<br />

palpito o un fremito del tuo massiccio, irrevocabile letargo. E<br />

questo pensiero mi rende triste fino ad un muto, tragico<br />

annullamento di me. Mi sento sprofondare nel nulla, mi sembra di<br />

assaporare il terribile vuoto della morte e del non essere così<br />

paurosamente che, di colpo, riaffioro alla realtà. Mi guardo<br />

attorno. Fuori dalla finestra il cielo, il bel cielo della tua gloria<br />

giovane e sbocciante, è oscurato da nuvole fitte. Di momento in<br />

momento l’aria diviene più cupa. Le nuvole sono sempre più nere.<br />

<strong>Il</strong> cielo e la natura sembrano cadere in un dolore irreparabile.<br />

E non è forse un abbandonarsi all’impeto di un dolore<br />

questo incupirsi progressivo del cielo, non è un lacrimare sotto il<br />

peso di una angoscia che inchioda immoti gli alberi e le case<br />

85


sotto le nubi di piombo questo cadere di gocce sperdute, non è un<br />

pianto irrefrenabile e immenso questo aprirsi di cateratte sulla<br />

terra immalinconita, non è un singhiozzo possente ed un singulto<br />

incalzante questo crescendo di tuoni dal rombo che trema e che<br />

s’incrina come una voce poderosa aggredita dal turbamento di<br />

un’emozione troppo profonda?<br />

<strong>Giovanni</strong>, con te muore un mondo, un intero mondo. È la<br />

mia e la nostra adolescenza malata dell’amore penetrante per la<br />

gloria che muore con te. Con i colpi di martello sulla tua cassa<br />

funebre si sigilleranno nel mio e nel nostro cuore le finestre<br />

spalancate su orizzonti infuocati di gloria e di sacrificio, dove<br />

lanciavamo i più bei sogni della nostra vita. Dopo che la tua bara<br />

sarà stata sigillata, dopo che quella finestra sarà stata ben chiusa<br />

in noi, cominceremo la piccola esistenza banale e mediocre, la<br />

piccola avventura di piccolissimi uomini che non hanno più il<br />

tempo di lanciare i loro sogni verso la gloria, piccoli uomini che<br />

avranno, nel mancare della tua presenza materiata di eroismo,<br />

perduto il più trascinante esempio di grandezza e d’ideale.<br />

Ma se fosse proprio così allora non potrei non seguirti nella<br />

fredda tomba. Non è, non può essere assolutamente così. Io credo<br />

che il tuo spirito indomito, più libero e gagliardo, dall’alto<br />

continuerà a donarci il suo fervore. Io credo che il tuo ricordo non<br />

potrà essere bandito dalle nostre anime. Io credo che la tua<br />

immagine, nello sguardo in cui si vedeva divampare il fuoco<br />

assorto di una volontà senza eguali, nel sorriso che racchiudeva la<br />

solare felicità di mille stadi entusiasti, nel petto palpitante come<br />

una bandiera ai battiti di un immenso cuore, nei garretti in cui<br />

guizza il brivido di una forza invincibile ed armoniosa, non potrà<br />

cancellarsi dai nostri cuori mesti finché in essi sarà rimasta una<br />

sole fibra capace di fremere per ciò che è bello, che è grande, che è<br />

puro.<br />

86


<strong>Giovanni</strong>, tu hai serbato nel tuo cuore il tuo formidabile<br />

mistero, e lo hai portato nella tomba per sempre.<br />

La domanda curiosa del ragazzino, interessata del tifoso,<br />

apprensiva della mamma, annoiata del profano, ponderata e<br />

meditata del professore, ammirata e forse appassionata della<br />

fanciulla romantica è rimasta per tutti<br />

senza una risposta.<br />

Io, il più trascurabile dei tuoi ammiratori, ho speso lunghi<br />

mesi ed anni per tentare di trovarla. Ho interrogato le piste, le<br />

scalinate chiassose e quelle mute, il fremito delle foglie, gli abbrivi<br />

del vento, lo schiudersi delle praterie, il serpeggiare svelto di rossi<br />

sentieri per la campagna, il veleggiare delle nubi, il drizzarsi teso<br />

dei pendii, ho scrutato e meditato ogni tuo atto e passo. Ed ho<br />

capito qualcosa, ho sentito il flusso invisibile di armonia che dalla<br />

natura si effonde verso di noi per invitarci a dispiegare, nel moto<br />

spontaneo, tutta la nostra forza...<br />

Ma sono rimasto alla superficie del mistero. Quale mistero<br />

ti spingeva così veloce, così lontano, così incommensurabilmente<br />

superiore a tutti? Quale linfa misteriosa invigoriva le tue membra<br />

leggere? Quale misterioso fermento esaltava la tua volontà<br />

allorché, distendendoti in un irresistibile, spasmo dico volo, non<br />

conoscevi risparmio o pietà per te stesso fino a che non avevi<br />

ghermito, nel sudore di una volontaria agonia, le ali azzurre della<br />

vittoria?<br />

Questo mistero che nessuno al mondo, neppure i tuoi più<br />

intimi forse, hanno capito fino in fondo, è il mistero della tua<br />

fedeltà al sacrificio, alla durezza, alla rinuncia, il mistero della<br />

tua scontrosa solitudine, il mistero delle tue estreme,<br />

paurosamente chiuse concentrazioni prima della gara, tu lo hai<br />

portato nella bara. Esso circonda e permea, come un’aureola<br />

mistica, il progresso prodigioso della tua carriera atletica,<br />

sbocciata sempre più riccamente, di anno in anno, di mese in<br />

mese, senza indugi o fermate, e che è il più bel fiore che sorge<br />

sulla tua tomba.<br />

87


E di questo tuo mistero, del tuo saper volere e saper<br />

soffrire più di tutti, sono rimasti dei muti, solitari custodi: gli stadi.<br />

Gli stadi della tua gloria. <strong>Il</strong> campo sportivo comunale di <strong>Velletri</strong>,<br />

buon vecchio stadio di provincia che contemplò stupito le tue<br />

prime, precoci galoppate; lo stadio delle Terme di Roma, dove il<br />

tuo nome scandito dal pubblico che ti fu più appassionato passava<br />

con rumore di tuono come un vento impetuoso tra le alte chiome<br />

dei pini e suscitava nascosti fremiti nelle circostanti moli rossigne<br />

ed impassibili di Caracalla; lo stadio Olimpico, che nello<br />

scintillante abbraccio dei suoi marmi candidi ti sorrideva come al<br />

suo atleta prediletto; la vecchia Arena milanese, la cui secolare<br />

maestà ti vide per la prima volta Campione d’Italia; gli stadi di<br />

Napoli, di Torino, di Firenze, di Bologna, fortunati testimoni del<br />

tuo saltare di vittoria in vittoria; e poi i campi silenziosi e sereni di<br />

allenamento, in cui preparavi nella pace e nel nascondimento le<br />

gemme delle tue imprese future; i campi di Merano, di Schio, di<br />

Formia, di Chiavari, di cui eri l’ospite ambito ed assiduo; gli stadi<br />

stranieri che dalle serenità alpine di Chambery, attraverso le<br />

fragorose maestosità di Parigi, le solenni solitudini finniche, le<br />

ignote ed immense vastità di Berlino, di Varsavia, di Mosca, fino<br />

alle brume di Stoccolma ed all’olimpica bellezza di Atene, ti<br />

videro, nel fremito azzurro del tuo petto vittorioso, come una<br />

fiaccola di italianissima bellezza e purezza atletica; e, alla fine di<br />

tutti, lo stadio del tuo tramonto innanzi sera, la olezzante ed<br />

assolata Favorita di Palermo, dove incidesti, nel cuori ardenti dei<br />

tuoi siciliani, una traccia profonda di te, una traccia che non può<br />

perire.<br />

Non tutto muore, non tutto passa, nell’uomo. Anche di<br />

<strong>Giovanni</strong> <strong>Scavo</strong> qualcosa è rimasto, È rimasta la parte più<br />

preziosa, quella che è la più vera, quella che era la sua intima<br />

vita, l’anima. L’anima è quella che non muore. Siamo illuminati<br />

da questa speranza. <strong>Il</strong> dolore per la sua morte<br />

88


mantiene aperte le ferite dei nostri cuori: il rammemorare di lui<br />

riempie ancora le nostre menti: ogni parte di noi geme nel suo<br />

rimpianto. Ma questa speranza ci illumina e ci guida. Essa è come<br />

il sole del nuovo giorno che sorge sulle nostre pupille stanche,<br />

dove sono inaridite le sorgenti delle lacrime; è il sole che oggi<br />

ascende sulla nostra vita emergendo dai nembi di una aurora che<br />

oggi sembra imporporata del suo sangue luminoso.”<br />

Le vacanze di natale del 1958 furono 1’ultima occasione di<br />

permanenza di Gianni <strong>Scavo</strong> a <strong>Velletri</strong>. Fu allora che Manlio<br />

Zaccari lo vide allenarsi per 1’ultima volta nei pressi di Genzano,<br />

dove 1’Appia si incrocia con un lungo viale di pini marittimi che<br />

porta in direzione del lago di Nemi.<br />

Qualche settimana dopo 1a sua scomparsa, esattamente il<br />

26 maggio del 1959, da quel ricordo nacquero alcuni versi di Pier<br />

Luigi Starace, scritti con 1’inchiostro rosso del suo sangue.<br />

89


VOLATA<br />

Benigno invemo. Cristallino cielo.<br />

Qualche nuvola nell’immensità<br />

vagola a un fiato freddo d’aria<br />

tenue. Stanco ma chiaro il gran<br />

sole laziale tace tra i pini<br />

mareggianti e vasti. Vola alto,<br />

radendo l’erbe morte, netto il tuo<br />

passo da lunga distanza.<br />

Passano siepi, passeri, le ore, e<br />

corri ancora, all’ombra del<br />

crepuscolo. Ed incominci una gran<br />

volata, senza perché, mentre più<br />

densa e dura scendendo dalle<br />

immobili montagne ti ferisce la<br />

brezza della notte. E vai, e vai, fin<br />

che non vedi il lago specchio di<br />

Diana, solo nel tramonto. L’algente<br />

ultimo raggio del solstizio dona alle<br />

onde un brivido d’acciaio e una<br />

sognante porpora dorata ancora<br />

dura ai rami delle selve, pronte alle<br />

lotte estreme col rovaio.<br />

Sull’onda immota e sulle foglie<br />

mute guarda, il raggio si spegne<br />

lentamente come un sospiro del<br />

cuore profondo. Rimane la gran<br />

cavea, umida e nera, deserta come<br />

stadio abbandonato alla tua corsa<br />

senza premio o plauso: ti seguono<br />

nelle ultime falcate ritornati nei<br />

loro luoghi antichi con le pallide<br />

fronti arse di gloria Pallante,<br />

Turno, Eurialo, Niso a Lauso.


Nel nome di <strong>Scavo</strong><br />

A<br />

<strong>Giovanni</strong> <strong>Scavo</strong> è così legato il ricordo gioioso di tante<br />

gesta sui prati e piste laziali. La sua generosa natura lo<br />

portò lontano, non senza che 1’atletica veliterna abbia<br />

tratto dal suo talento la speranza di sfondare 1a barriera della<br />

mediocrità, alla quale talvolta molte circostanze ambientali<br />

parrebbero condannarla.<br />

È in questo spirito che i fondatori della società coagula rono intorno<br />

a loro, nell’ottobre del 1960, in seno al locale comitato diocesano<br />

CSI, un nucleo di ragazzotti di belle speranze e li iniziarono ai<br />

misteri dello sport olimpico per eccellenza. Si iniziò per gioco, con<br />

grande spirito di amicizia, con intendimenti educativi, ma anche<br />

con goliardica spensieratezza. <strong>Il</strong> Pierluigi che sale alla montagna a<br />

cercarsi il suo ‘vice’ Fausto Ercolani da colle Caldara, scelto da lui<br />

in virtù di una presunta capacità organizzativa del soggetto ma, in<br />

realtà, come lo stesso Fausto confiderà qualche anno più tardi,<br />

scelto in virtù della disponibilità di avere già in quegli anni<br />

1’entrata di uno stipendio fisso da cui poter attingere per 1e<br />

necessità più impellenti; il ‘vecchio’ Manlio, atleta che ha<br />

conosciuto mille battaglie che si accinge a dare, con il suo esempio,<br />

la spinta entusiastica necessaria al decollo; il grintoso Alberto che<br />

porta con sé gli atleti della terra di Giuliano; don Eugenio il<br />

consigliere spirituale e, spesso, il finanziatore. La u.s. CSI<br />

‘<strong>Giovanni</strong> <strong>Scavo</strong>’ muove i primi passi, inizia 1a sua avventura nel<br />

mondo sportivo.


<strong>Il</strong> clima fraterno e spensierato, goliardico ed educativo di<br />

quel periodo trasuda in maniera palpabile nei ricordi di Manlio<br />

Zaccari da lui stesso considerati come appunti di vita.


mio cugino Armando Bonifazi, pugile professionista in forza alla<br />

Vjs Pugilato, per avere accesso alla palestra di San <strong>Giovanni</strong><br />

Vecchio. È stato un primo piccolo ma significativo passo in avanti<br />

il poter usufruire di un locale dove poter lasciare i nostri abiti e<br />

rivestirci senza il pericolo di ‘beccarci’ un malanno. Dalla palestra<br />

si partiva così per i prati e le campagne di <strong>Velletri</strong> ed al ritorno<br />

stanchi nel fisico ma non nello spirito infilavamo i guantoni<br />

incrociando i colpi sul ring.<br />

Non eravamo certo atleti specialisti, facevamo tutto e di<br />

tutto, specialmente in occasione dei campionati di società su pista,<br />

dove coprivamo gare che andavano dai 110 ostacoli al triplo. Ma<br />

la nostra prerogativa erano le campestri dato il naturale scenario<br />

dei nostri allenamenti e durante la stagione estiva quella di andare<br />

a ‘correre per i paesi’ dove io, Alberto, Gian Paolo Brencio e<br />

Quinto Sellaroli non tenendo conto del nostro ordine di arrivo,<br />

dividevamo i premi vinti in parti uguali poiché ci sentivamo e<br />

ancora oggi la sento una famiglia.<br />

Ricordo che in contrada Morice era stata organizzata una<br />

gara per non tesserati con in palio ricchi premi in natura. Avverto<br />

Gian Paolo e ci presentiamo alla partenza. Per l’occasione<br />

indossai una canottiera di lana, piena di buchi per non farmi<br />

riconoscere, ma nonostante ciò l’organizzatore non appena mi<br />

vede mi dice che non potevo partecipare in quanta ‘patentato’ che<br />

nel suo gergo stava ad indicare che ero tesserato. Professo,<br />

spudoratamente, la mia innocenza con il pensiero fisso ai premi in<br />

palio, e mi ritrovo con gli altri sulla linea di partenza. Si parte con<br />

Gian Paolo che voleva andare in testa a fare l’andatura. Lo fermo<br />

dicendogli di aspettare per non far capire che eravamo atleti<br />

allenati e di dare anzi un po’ di vantaggio agli altri concorrenti.<br />

Però aspettammo troppo e quando decidemmo di prendere<br />

l’iniziativa era troppo tardi. Arrivammo al traguardo tra gli ultimi<br />

e fuggimmo subito cercando di non farci notare tanta era la<br />

vergogna, mentre gli atleti del posto festeggiavano orgogliosi.<br />

95


Le trasferte di quegli anni erano un evento. Una volta<br />

andammo a correre ad Alatri e per quei tempi era come andare a<br />

correre all’estero. Ci vollero sei ore di autobus (di linea) e<br />

siccome era stracolmo il mio posto l’alternavo con una cantante<br />

lirica che finì per sedersi sulle mie ginocchia. All’arrivo della<br />

gara non sentii più le gambe e mi presi anche il rimprovero di<br />

Ercole Tudoni (compianto e valido allenatore dell’ACLI ATAC)<br />

per la mia scialba prestazione.<br />

Nonostante non avessimo a disposizione alcun impianto,<br />

riuscimmo ad organizzare presso il campo sportivo, un<br />

triangolare con la Libertas Latina e la Fiamma Latina con in<br />

programma, ovviamente, solo le gare che potevano essere svolte<br />

su un campo di calcio come la velocità, qualche lancio e qualche<br />

salto. <strong>Il</strong> giorno prima della manifestazione Alberto, Pierluigi,<br />

Giampaolo ed il sottoscritto, costruiamo dal nulla la buca per il<br />

salto in lungo. La stanchezza è immensa ma è proporzionale alla<br />

gioia di essere riusciti a portare l’atletica nel ‘tempio’ del calcio.<br />

L’indomani, domenica, c’è un folto pubblico in attesa. Arrivano<br />

gli atleti ospiti; bellicosi e sicuri di sé, nelle loro divise. Noi<br />

eravamo quattro gatti con in dosso i soliti indumenti consunti<br />

tanto da suscitare tenerezza. Quando però alla fine della giornata<br />

il risultato ci diede ragione, gli ospiti ci guardarono come dei<br />

fenomeni. <strong>Il</strong> giorno dopo come risultato di questa immensa fatica<br />

mi venne una forte tallonite con 38 di febbre. Venne il vecchio<br />

dottor Argenti che dopo avermi visitato prese le forbici di casa a<br />

mi asportò il pus...<br />

In questi miei ricordi volutamente non avrei voluto parlare<br />

di Gianni <strong>Scavo</strong>, poiché lui ancora vive in me, un caro amico che<br />

incontro tutti i giorni.<br />

L’alta ammirazione e quella profonda e sentita amicizia<br />

che ci legava, mi aveva indotto, in un primo momento a respingere<br />

questa dolorosa rimembranza.<br />

Gianni mi venne presentato da un amico comune, nel 1952,<br />

poco prima la partenza per una corsa di allenamento.<br />

96


Era un giovane semplice nell’aspetto, possente nella<br />

natura. Dopo le presentazioni di circostanza, ci avviammo verso<br />

Acqua Lucia: afosa, scottante giornata di luglio.<br />

Di tanto in tanto mi voltavo a guardarlo incedere con<br />

quella sua falcata caratteristica. Pensavo tra me che non avrebbe<br />

tenuto quel ritmo e lo guardavo con interesse aspettando che, da<br />

un momento all’altro, mi chiedesse di diminuire il ‘passo’. Invece,<br />

freschissima, terminò quella sua prima faccia di allenamento.<br />

Lo presentai ad Aldo Mammucari, il quale lo tessera<br />

immediatamente tra le fila della società ACLI <strong>Velletri</strong>. Vennero<br />

poi i primi trionfi. Lo sport veliterno, lo stendardo del ‘Cesare<br />

Battisti’ salirono e sventolarono sui più alti pennoni dello stadio<br />

Olimpico. Ma, non mi sono più cari i ricordi dei suoi trionfi. È il<br />

suo spirito di abnegazione, la sua passione per lo sport e il<br />

cordoglio della perdita di un amico, quello che mi rimane.<br />

Quando di ritorno da Palermo, venne a passare le feste in<br />

famiglia, mi raccontò dei suoi allenamenti, delle sue ansie, delle<br />

sue aspirazioni future; è ancora viva la meraviglia che provai<br />

nell’apprendere che dormiva in una stanzetta all’interno dello<br />

stadio di Palermo. Mi ha insegnato e mi ha infuso quel coraggio<br />

che rende l’uomo campione.”<br />

Benché siano passati molti anni, il nome di <strong>Giovanni</strong><br />

<strong>Scavo</strong> continua così a calcare le piste e gli stadi d’Italia. Da quel<br />

lontano 1960 una cosa è comunque rimasta immutata negli anni:<br />

i1 desiderio di andare avanti, di tenere fede ad ogni costo ad una<br />

promessa ideale, di continuare a portare ai giovani, nel nome di<br />

Gianni <strong>Scavo</strong>, il messaggio di un impegno sportivo che è e rimane<br />

soprattutto un impegno di vita, un modo di essere giovani.<br />

Rimarrà scolpito un ricordo che neppure 1’opera<br />

inesorabile del tempo potrà cancellare.<br />

97


La carriera di <strong>Giovanni</strong> <strong>Scavo</strong> in cifre<br />

SOCIETÀ DI APPARTENENZA<br />

1954 ACLI <strong>Velletri</strong><br />

1955 CUS Roma<br />

1957 A.S. Roma<br />

1958 Assicurazioni Generali Palermo<br />

I TITOLI ITALIANI<br />

1955 Campione Italiano metri 800<br />

1957 Campione Italiano metri 800, staffetta 4x400<br />

1958 Campione Italiano staffetta 4x400<br />

I PRIMATI NAZIONALI<br />

1955 primatista italiano juniores m.800 1’52”5<br />

1955 primatista italiano juniores m.1500 3’57”4<br />

1958 primatista italiano staffetta 4x400 di società 3’17”0<br />

LE MAGLIE AZZURRE<br />

31/7/55 Chambery (F) Francia-Italia juniores m.800 1’55”3 (1)<br />

28/7/57Bruxelles (B) esagonale. Germania-Francia-Belgio-<br />

Italia- Svizzera-Olanda m. 800 1’50”8 (4)<br />

29/9/57 Trieste Italia-Svezia m. 800 1’50”7 (2), 4x400 3’14”0 (2)<br />

26/7/58 Torino Italia-Svizzera m. 800 2’03” 2 (4), 4x400 3’11”1 (2)<br />

22/8 /58 Helsinki Campionati Europei staffetta 4x400 3’11”1 (4)<br />

5/10/58 Lione (F) Francia-Italia m.400 48”6 (1), 4x400 3’16”8 (1)


I SUOI PRIMATI<br />

100 11”1(1958)<br />

200 22”8 (1958)<br />

400 47” 2 (1958)<br />

800 1’49”2 (1957)<br />

1000 2’25”2 (1958)<br />

1500 3’54”2 (1957)<br />

2000 5’23”7 (1957)<br />

400 hs 54”0 (1958)<br />

3000 st 9’53”9 (1958)<br />

decathlon 4995 p. (1958)<br />

LA SUA PROGRESSIONE<br />

1954<br />

1955<br />

1956<br />

1957<br />

1958<br />

LE SUE GARE 22<br />

1954<br />

24/4 1000 2’43”6 (1) Roma Farnesina campionati studenteschi<br />

28/4 1000 2’39”1 (1) Roma Farnesina campionati studenteschi<br />

5/5 1000 2’37”7 (1) Roma Olimpico campionati studenteschi<br />

22/8 1500 4’08”0 (1) Merano raduno studenti-atleti<br />

19/9 1500 4’06”5 (4) Napoli campionati italiano II serie<br />

26/9 1500 4’05”8 (1) Roma<br />

2/10 1500 4’04”8(b) (1)<br />

3/10 1500 4’06”8(f) (5) Firenze campionati italiani assoluti<br />

17/10 1500 4’04”6 (1) Roma Terme Gran Premio delle Regioni<br />

24/10 1000 2’34” 2 (1) Roma Criterium Studentesco<br />

22 I risultati qui di seguito riportati, sono la storia atletica, purtroppo incompleta, dell’attività in<br />

pista di Gianni <strong>Scavo</strong>.<br />

100<br />

400 800 1500<br />

4’04”6<br />

50” 2 1’52”5 3’57”4<br />

51”7 I’55”1 3’59”8<br />

48”2 1’49”2 3’54” 2<br />

47”2 1’49”8 3’56” 3


1955<br />

28/5 1500 4’09” 2 (1) Roma Farnesina<br />

4/6 8001 1’56”6 (1) Roma campionati provinciali di società<br />

5/6 1500 4’05”4 (1) Roma campionati provinciali di società<br />

18/6 800 1’55”5 (3) Bologna campionati italiani di società<br />

19/6 1500 3’58”b (1) Bologna campionati italiani di società<br />

29/6 1500 rit. Brescia selezione Italia-Grecia<br />

6/7 800 1’55”0 (1) Schio<br />

31/7 800 1’55” 3 (1) Chambery (F) Italia-Francia juniores<br />

17/8 800 1’54”5 (1) Heinola (SF)<br />

21/8 800 1’54”5 (3) Saarjarvi. (SF)<br />

28/8 1500 3’58”8 (1) Ruokolahti (SF)<br />

2/9 1000 2’28”9 (5) Helsinki<br />

8/9 800 1’52”5 23 (2) Bologna notturna internazionale<br />

17/9 800 1’55”9 (1) Bari campionati italiani di società di II serie<br />

18/9 1500 4’03”4 (1) Bari campionati italiani di società di II serie<br />

25/9 400 50” 2 (1) Roma<br />

30/9 800 1’53”0 (1) Milano campionati italiani individuali<br />

2/10 1500 3’57”4 (2) Milano campionati italiani individuali<br />

15/10 800 1’52”6 (3) Friburgo (D) Italia-Germania<br />

4/11 800 1’54”1 (3) Roma meeting internazionale<br />

1956<br />

2/4 400 51”7 (1) Schio<br />

15/4 800 1’55”9 (1) Roma<br />

21/7 1500 3’59”8 (1) Roma<br />

25/8 800 1’55”1 (1) Roma<br />

23 Di passaggio alle 880 yards (1’53”2).


1957<br />

7/4 800 1’54”1 (1) Schio<br />

8/4 2000 5’23”7 (1) Schio<br />

25/4 1500 3’54” 2 (1) Piacenza<br />

27/4 800 1’53”8 (1) Roma CdS fase provinciale<br />

18/5 800 1’53”2 (1) Roma CdS fase regionale<br />

19/5 1500 3’56”2 (1) Roma CdS fase regionale<br />

19/5 4x100 42”8 (2) Roma CdS fase regionale<br />

15/6 800 1’52”1 (1) Milano campionati italiani di società<br />

15/6 4x400 3’21”5 (3) Milano campionati italiani di società<br />

21/6 800 1’49”2 (3) Parigi meeting internazionale<br />

6/7 800 1’50”6 (2) Milano meeting internazionale<br />

7/7 400 48”5 (2) Torino meeting internazionale<br />

28/7 800 1’50”8 (4) Bruxelles esagonale Germania-Francia-<br />

Belgio-Svizzera-Olanda-Italia<br />

3/8 800 1’53”1 Mosca meeting internazionale<br />

1/9 400 48”9 (1) Bolzano’Trofeo Rossi’<br />

7/9 400 48”6b(1)<br />

48”3f(3) Milano<br />

14/9 800 1’51”1 (1) Bologna campionati italiani individuali<br />

14/9 4x100 43”0b<br />

43”4f(4) Bologna campionati italiani individuali<br />

15/9 4x400 3’18”9 (1) Bologna campionati italiani individuali<br />

29/9 800 1’50”6 (2) Trieste Italia-Svezia<br />

14/ 10 800 1’49”3 (2) Roma meeting intemazionale<br />

19/10 400 48”2 (1) Napoli meeting internazionale<br />

102


1958<br />

27/4 400 49”8 (1) Roma C.d.S.fase provinciale<br />

4/5 400 47”9 (1) Pisa campionati CUSI<br />

14/5 800 1’52”0 (1) Palermo C.d.S. fase regionale<br />

15/5 400 48”4 (1) Palermo C.d.S. fase regionale<br />

19/5 800 1’52”9 (1) Atene meeting internazionale<br />

31/5 200 22”8 Palermo recupero C.d.S. fase regionale<br />

5/6 800 1’50”8 (1) Napoli<br />

5/6 4x400 3’21”2 (1) Napoli<br />

8/6 1500 3’56”3<br />

14/6 800 1’53”0 (1) Palermo C.d.S. fase interregionale<br />

15/6 400 48”4 (1) Palermo C.d.S. fase interregionale<br />

15/6 4x100 43”0 (2) Palermo C.d.S. fase interregionale<br />

26/6 1000 2’25”2 (1)<br />

28/6 800 1’49”8 (2) Firenze campionati italiani di società<br />

29/6 400 47”5 (1) Firenze campionati italiani di società<br />

5/7 800 rit. Milano meeting internazionale<br />

27/7 800 2’03”2 (4) Torino Italia-Svizzera<br />

4x400 3’11”1 (2) Torino Italia-Svizzera<br />

22/8 4x400 3’11”1 (4) Stoccolma campionati europei<br />

12/9 800 1’54”5 (5) Roma campionati italiani individuali<br />

13/9 4x400 3’17”0 (1) Roma campionati italiani individuali<br />

14/9 4x100 42”6 (3) Roma campionati italiani individuali<br />

20-21/9 decathlon 4.995 p. Palermo campionati regionali<br />

5/10 400 48”6 (1) Lione Italia -Francia<br />

5/10 4x400 3’16”8 (1) Lione Italia-Francia<br />

12/10 400 47”6b(1)<br />

47” 2f (3) Roma meeting internazionale<br />

18/10 100 11”1 Roma Terme<br />

18/10 400hs 54”0 Roma Terme<br />

29/10 3000st 9’53”9<br />

1959<br />

2/4 1500 4’04”3 (1) Bari<br />

5/4 1500 4’01”5 (1) Palermo<br />

5/4 4x400 3’20”3 (1) Palermo<br />

103

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