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364 Italian Bookshelf - Ibiblio

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“<strong>Italian</strong> <strong>Bookshelf</strong>” Annali d’ italianistica 24 (2006) 395<br />

stage irony in all Renaissance works discussed, even where the writings discussed are not<br />

plays. In the sixteenth century, era of rebirth for classical theater, consciousness of the<br />

“third wall,” of necessity, informed authors, allowing complicity through winks and nods<br />

to the audience from narrator(s), and shared humor on a wide range of subjects. At the<br />

end of the volume, there is a sense of twinned performance by the authors examined and<br />

the critics examining (who demonstrate the extent of their reading). Ferrara was at the<br />

center of the rebirth of classical theater, and played an essential role in its spread, so the<br />

theatricality – and humor – of Ferrarese rulers’ portraits is a perfect touchstone. Servants,<br />

non-courtly characters, and other marginal figures as objects of fun are nothing new;<br />

neither are substandard or scatological language and double entendres. But choices and<br />

acceptability of each object of ridicule vary according to the political context. The<br />

volume is itself ironic about humor but with an unfunny, pessimistic view of social and<br />

cultural trends in the Reformation-era <strong>Italian</strong> peninsula, perhaps inevitable when<br />

examining authors whose livelihood lay in political careers with individual princes. These<br />

readings merit examination, and their subjects deserve further juxtaposed close studies.<br />

Leslie Zarker Morgan, Loyola College in Maryland<br />

Luciano Bottoni. La messinscena del Rinascimento. I. Calandra, una commedia per il<br />

papato. Critica letteraria e linguistica. Milano: Franco Angeli, 2005. Pp. 119.<br />

In uno studio che dimostra le sue profonde conoscenze della letteratura e della cultura<br />

cortese dell’inizio del Cinquecento, Luciano Bottoni propone una stimolante rilettura in<br />

chiave di messinscena (termine privilegiato sin dal titolo della monografia) di alcuni testi<br />

teatrali chiave dei primi trent’anni del sedicesimo secolo. Bottoni utilizza un approccio<br />

ancora piuttosto inusitato nel campo dell’italianistica, ma già affermato nell’ambito<br />

dell’anglistica (ad esempio per lo studio del teatro inglese di Shakespeare e autori coevi):<br />

l’attenzione alla “specificità ‘istrionica’ [del testo] fatta di impliciti riferimenti tonali,<br />

mimici, iconici, ritmico-gestuali” (8). Benché quindi in questo senso questa monografia<br />

non rappresenti una novità assoluta in termini intellettuali, ha il merito di allargare il<br />

campo di questo assunto critico ad un ambito tanto vasto quanto cruciale, quello che<br />

Bottoni chiama l’“atto di nascita della commedia cinquecentesca” in Italia (7).<br />

Bottoni integra questo approccio con l’ormai altrettanto canonico self-fashioning di<br />

Stephen Greenblatt e del new historicism; in questo senso il titolo di questa monografia è<br />

particolarmente pregnante, in quanto le “messinscene” di cui Bottoni si occupa sono sia<br />

quelle propriamente teatrali che quelle dei cortigiani sul palcoscenico metaforico dei<br />

rapporti di potere a corte. La forza di questo studio scaturisce proprio dalla convergenza<br />

tra close reading (di testi teatrali ed altri documenti coevi, letterari e no) e attenzione per<br />

le messe in scena dei testi teatrali in questione.<br />

Lo studio si articola in sei capitoli ed un epilogo. Il primo, “La tecnica teatrale<br />

dell’Ariosto. Un preambolo discorsivo”, identifica nella Cassaria (1508) e nei Suppositi<br />

(1509) il nodo dell’emergere della commedia in vernacolo verso la fine del primo<br />

decennio del Cinquecento: i testi ariosteschi arrivano a “costruire una ‘fabula’ in volgare<br />

istituendo con i testi plautino-terenziani un rapporto di imitazione innovativo” (10).<br />

Bottoni legge entrambi testi con vasta sensibilità per le loro valenze fisiche e deittiche,<br />

concludendo che “l’Ariosto istituisce il genere commedia proprio nell’invenzione e nella<br />

pratica ludica di un linguaggio istrionico, fatto di ‘giochi,’ di parole e situazioni cariche

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