364 Italian Bookshelf - Ibiblio
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“<strong>Italian</strong> <strong>Bookshelf</strong>” Annali d’ italianistica 24 (2006) 397<br />
nel ficiniano Libro dell’Amore sublimavano l’unione erotica attraverso l’exemplum regale<br />
della vedova Artemisia” (86), la quale, ridotto il cadavere del marito in polvere e<br />
mischiatolo con acqua, lo bevve; nonché quella del famoso scambio di battute tra il<br />
servio Fannio ed il negromante Ruffo riguardo la natura ermafrodita di Lidio-Santilla<br />
(III.17), attraverso il quale “la forza iconica della parola recitata in scena rende [...]<br />
visibile la fabulosa imago d’una originaria intercambialibità [dei sessi], ma [...]<br />
ostentando la genesi d’un terrestre ermafrodito, quasi trascinandolo sul tavolo d’un<br />
cerusico per la sbrigativa sostituzione degli attributi sessuali” (96-97).<br />
L’“Epilogo in commedia” segue i lasciti e l’eredità della Calandra a partire dalla<br />
sua fortuna scenica (102) per continuare con elementi ripresi nel Negromante<br />
dell’Ariosto (102-103), nella Betía del Ruzante (103), nel Marescalco dell’Aretino (103)<br />
fino all’Erofilomachia di Sforza Oddi (107-08) e alla Dodicesima notte di Shakespeare<br />
(103-04). Bottoni si concentra in particolare sulla Mandragola di Machiavelli,<br />
identificata come “controparte” della Calandra, “una replica, se non [...] una sfida:<br />
insieme ideologico-culturale e formale” (112). Bottoni non si spinge fino ad asserire<br />
esplicitamente che la Calandra sia stata più influente della Mandragola, perché se<br />
quest’ultima “non lascia dietro di sé una effettiva tradizione” (117), i suoi echi si<br />
avvertono nella letteratura inglese dell’ultimo decennio del Cinquecento e degli inizi del<br />
Seicento, fino a costituire un testo formativo del giovane Goldoni (119).<br />
La puntualità delle letture di Bottoni dimostrano la ricchezza dell’approccio da lui<br />
impiegato — approccio che si dimostrerebbe senz’altro valido per testi teatrali di altri<br />
periodi, nonché per altre valenze ideologiche (per esempio, il gender, che fa capolino<br />
quasi timidamente in testi non letterari quali l’epistolografia: cfr. 31 e 62). Questa<br />
monografia rappresenta un coraggioso passo verso l’affiancamento di messe in scena di<br />
testi teatrali alla ricerca testuale-filologica, ipotesi che fatica a farsi strada nell’ambito<br />
accademico, ancora fortemente legato ad una concezione specifica di testo e di “ricerca”<br />
filologica (si consideri, in contrapposizione, l’importanza delle performance di musica<br />
antica con strumenti coevi per i musicologi). Questo lettore spera che l’ordinale “I” che<br />
compare nel titolo di questa monografia stia ad indicare altri studi nella stessa vena, che<br />
sicuramente si dimostrerebbero tanto importanti quanto quello qui recensito.<br />
Maria Galli Stampino, University of Miami<br />
William Tronzo, ed. St. Peter’s in the Vatican. Cambridge: Cambridge UP, 2005. Pp.<br />
320.<br />
This book collects eight superb essays by first-rate international scholars of St. Peter’s in<br />
the Vatican to present a history of the building from the foundation of the original church<br />
to its influence on other buildings from the eighteenth century onwards. The careful<br />
introduction by medieval art historian William Tronzo describes how one would have<br />
experienced Old St. Peter’s, the fourth-century basilica in medias res, “Old St. Peter’s on<br />
the verge of its destruction,” at the end of the Middle Ages (1). A long history of what<br />
became the signature church of Roman Catholicism, this is not a “descriptive narrative”<br />
nor are its ample illustrations and bibliography intended to be exhaustive, he writes (3).<br />
The primary purpose of the collection of essays is “to give insight into specific moments<br />
in the life of the basilica” (3). Indeed, this outstanding book does just that, and for the