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La Pandemia siLenziosa - Ordine dei medici-chirurghi ed odontoiatri ...

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il cesalpino<br />

Risorse finite<br />

A ppare<br />

sempre più diffusa e condivisa la consapevolezza che il sistema-terra non è un patrimonio<br />

inesauribile ma una risorsa che si può estinguere.<br />

I cambiamenti climatici, gli inquinamenti, la scarsità di risorse idriche, l’insicurezza alimentare,<br />

la perdita delle biodiversità fatta di frequenti disastri ambientali sono solo alcuni degli elementi<br />

che hanno contribuito a questa presa di coscienza.<br />

Appare sempre più concreta la consapevolezza che le risorse naturali sono un patrimonio da<br />

usare con parsimonia e ciò esige di porre sotto controllo non solo il modo di produrre ma anche<br />

quello di consumare.<br />

quanto sopra vale non solo per lo stile di vita individuale, ma anche per quello collettivo. Oggi,<br />

come non mai, la crisi che investe la capacità di fornire risorse e di assorbire ulteriori alterazioni<br />

ambientali, riguarda non solo un singolo territorio o una particolare area geografica, bensì<br />

l’intero pianeta. ¢<br />

Il limite della scienza è quello di cr<strong>ed</strong>ere di non avere limiti<br />

È<br />

sempre più profondo il divario tra progresso tecnico-scientifico e sviluppo industriale da<br />

un lato e progresso etico-filosofico dall’altro.<br />

un divario che è andato sviluppandosi nel tempo e si traduce ora in una preminenza netta della<br />

ragione strumentale, sulla saggezza pratica che deve governare la vita dell’uomo.<br />

Il mondo moderno ha spinto l’acceleratore sulla tecnica fine a se stessa, al punto da indurre<br />

diversi autori a parlare di delirio tecnologico, totalitarismo tecnico, situazione in cui la natura<br />

viene considerata come matrigna da sottomettere, padroneggiare e la conoscenza scientifica<br />

si è diluita nel cosiddetto know how, cioè una pura abilità tecnica che è andata acquistando<br />

autonomia rispetto alle esigenze dell’uomo. Diretta conseguenza è stato che l’ambito del giudizio<br />

di valore morale è stato collocato al di fuori della ricerca, che viene percepita come spazio<br />

dell’assoluto completamente svincolata dal controllo etico. ¢<br />

Pensiero dominante nella nostra cultura tra antropocentrismo e<br />

biocentrismo<br />

A<br />

questo punto si impone di riesaminare le tradizioni di pensiero dominanti nella nostra cultura.<br />

Sono due le posizioni estreme che da tempo si confrontano in questo contesto. <strong>La</strong><br />

prima, pressoché dominante nella prima metà del secolo scorso, è la visione completamente<br />

antropocentrica, relativa cioè al dominio dell’uomo sulla natura; la seconda, al contrario naturalistica,<br />

per la quale l’uomo non è altro che una parte di essa e perciò ad essa soggiogato.<br />

<strong>La</strong> visione naturalistica (le cui origini primarie sono tipiche di un evidente neopaganesimo) privilegia<br />

il concetto di immanenza, per cui l’uomo è considerato integrato a tutti gli effetti nell’ambito<br />

naturale, anche se poi se ne differenzia per ciò che riguarda le sue responsabilità verso<br />

un ambiente che gli impone <strong>dei</strong> vincoli.<br />

Tale visione dà priorità alla conservazione della natura (o dell’ambiente) intesa come entità incontaminata,<br />

“intoccabile”.<br />

L’ambiente è un habitat da non modificare o, almeno, da modificare il meno possibile.<br />

questa concezione è riduttiva, in quanto tende a minimizzare in termini assoluti l’intervento<br />

umano, talora ad escluderlo totalmente.<br />

In questo modo di v<strong>ed</strong>ere, la società umana è vincolata al rispetto, sempre e comunque, del<br />

cosiddetto principio di precauzione che impone una limitazione allo sviluppo economico e<br />

spesso allo stesso progresso tecnico-scientifico.<br />

L’altra visione, definita antropocentrica, è tipica della concezione ellenico-cristiana che è alla<br />

base della civiltà occidentale. Essa riconosce il progr<strong>ed</strong>ire delle civiltà umane in termini di confronto<br />

(e anche di scontro) con la dinamica del Pianeta. In questo caso il rapporto uomo/natura<br />

non è solo dialettico ma si esprime nel concetto di uomo costruttore e guardiano, con<br />

un compito primario che deriva non solo dal suo DNA ma anche dalla sua evoluzione culturale.<br />

questa seconda visione riconosce fondamentale l’intervento umano sull’habitat naturale ai fini<br />

di un migliore adattamento della natura all’uomo e non solo dell’uomo alla natura.<br />

Sicuramente ha una posizione privilegiata perchè è facilitata dalla capacità e possibilità di misurare<br />

in termini oggettivi scientifici gli effetti delle azioni umane sulla natura e quelli naturali<br />

sull’uomo. E da uomini di scienza non possiamo che abbracciare il criterio scientifico.<br />

Dobbiamo affrontare il problema con una chiave di lettura della cultura ambientale, in sinergia<br />

attiva con la cultura scientifica moderna correttamente intesa.<br />

È questa prospettiva, a mio avviso, la più fondata per una seria politica ambientale.

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