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Il racconto di un catturando - Istituto per la storia della Resistenza e ...

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le traversate in barca dell’estuario del Magra (sul<strong>la</strong> barca che,<br />

al suo ritorno, avrebbe portato le damigiane <strong>di</strong> “acqua <strong>di</strong> Monte<br />

Marcello”, cioè <strong>di</strong> vino), <strong>la</strong> caduta <strong>di</strong> Giulio in acqua al suo arrivo<br />

dall’altra parte e, soprattutto, il grande e oscuro stanzone al pian<br />

terreno del<strong>la</strong> vil<strong>la</strong>-castello Fabbricotti in cui dovevo trascorrere<br />

l<strong>un</strong>ghe e noiosissime ore (che da questo sofferto inizio sia iniziata<br />

<strong>la</strong> mia successiva avversione <strong>per</strong> <strong>la</strong> scuo<strong>la</strong> e <strong>la</strong> mia abbastanza<br />

tormentata carriera sco<strong>la</strong>stica?).<br />

E, ovviamente, le immagini si fanno più fitte <strong>per</strong> gli anni<br />

successivi trascorsi a Bra, prima a casa degli zii Erberto ed Adele<br />

(strano che Giulio non abbia, ad esempio, par<strong>la</strong>to dell’incontro con<br />

il nonno Eugenio – il padre del babbo - che ricordo benissimo in<br />

pie<strong>di</strong> nel luminoso salotto <strong>di</strong> Via Vittorio Emanuele, e delle poesiole<br />

con le quali ci esortava a non giocare con “fiammiferi e tem<strong>per</strong>ini”) e<br />

poi nel<strong>la</strong> casetta <strong>di</strong> via Caduti Fascisti situata <strong>di</strong> fronte al<strong>la</strong> fabbrica<br />

sul cui tetto andavamo a giocare con i figli del proprietario che<br />

avevano tanti meravigliosi giocattoli. Ricordo l’invi<strong>di</strong>a provata <strong>per</strong><br />

i compagni che indossavano <strong>la</strong> <strong>di</strong>visa da Figli del<strong>la</strong> Lupa e quel<strong>la</strong><br />

volta che siamo andati a vederli sfi<strong>la</strong>re nel cortile delle pubbliche<br />

scuole in occasione <strong>di</strong> qualche celebrazione (io quel<strong>la</strong> <strong>di</strong>visa non<br />

l’ho mai indossata, neppure <strong>per</strong> finta, ma non era <strong>un</strong> segno <strong>di</strong><br />

precoce antifascismo, dal momento che <strong>la</strong> cosa mi faceva molto<br />

soffrire); ricordo <strong>un</strong>a recita in <strong>un</strong> teatro in cui qualc<strong>un</strong>o (era Elda?<br />

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