Untitled - Istituto per la storia della Resistenza e della società ...
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LUIGI MORANINO<br />
Il primo inverno<br />
dei partigiani biellesi<br />
<strong>Istituto</strong> <strong>per</strong> <strong>la</strong> <strong>storia</strong> del<strong>la</strong> <strong>Resistenza</strong> e del<strong>la</strong> <strong>società</strong> contemporanea<br />
nelle province di Biel<strong>la</strong> e Vercelli “Cino Moscatelli”
La riedizione del volume è stata realizzata con il contributo del<strong>la</strong><br />
1 a edizione: <strong>Istituto</strong> <strong>per</strong> <strong>la</strong> <strong>storia</strong> del<strong>la</strong> <strong>Resistenza</strong> e del<strong>la</strong> <strong>società</strong> contemporanea in provincia<br />
di Vercelli e Associazione nazionale partigiani d’Italia. Comitato zona “Cossato - Valle Strona”,<br />
1994<br />
2 a edizione, in formato elettronico: <strong>Istituto</strong> <strong>per</strong> <strong>la</strong> <strong>storia</strong> del<strong>la</strong> <strong>Resistenza</strong> e del<strong>la</strong> <strong>società</strong> contemporanea<br />
nelle province di Biel<strong>la</strong> e Vercelli, 2010<br />
Varallo, via D’Adda, 6<br />
Sito web: http://www.<strong>storia</strong>900bivc.it<br />
E-mail: istituto@<strong>storia</strong>900bivc.it<br />
In co<strong>per</strong>tina: Il distaccamento “Bandiera” in regione Pratetto (Tavigliano) nel gennaio 1944
Prefazione al<strong>la</strong> seconda edizione<br />
Siamo nati <strong>per</strong> leggere. Non è soltanto lo slogan, felice e fortunato, di un programma<br />
promosso dall’alleanza tra bibliotecari e pediatri e proposto alle scuole italiane a partire<br />
dagli asili nido, è l’affermazione di una funzione che è propria di quanto di più prezioso<br />
e complesso possediamo come specie, cioè <strong>la</strong> mente. Non si vive <strong>per</strong> leggere, ma si<br />
legge <strong>per</strong> vivere consapevolmente: <strong>la</strong> lettura è ciò che serve <strong>per</strong> conoscere, <strong>per</strong> arricchirci<br />
interiormente, <strong>per</strong> alimentare con il pane del<strong>la</strong> sapienza il nostro bisogno di elevarci<br />
oltre <strong>la</strong> semplice vita animale.<br />
L’avvento delle nuove tecnologie ha cambiato profondamente i modi di scrivere: <strong>la</strong><br />
matita o <strong>la</strong> penna, dopo aver subito <strong>la</strong> concorrenza delle macchine <strong>per</strong> scrivere, hanno<br />
quasi definitivamente capito<strong>la</strong>to; e le stesse macchine <strong>per</strong> scrivere sono ormai oggetti<br />
d’antiquariato, soppiantate dai <strong>per</strong>sonal computer con programmi che diventano obsoleti<br />
dopo pochi mesi dal<strong>la</strong> loro uscita. Nemmeno più <strong>la</strong> paro<strong>la</strong> “antiquariato” regge il<br />
ritmo, tanto che si è coniato il termine “modernariato” <strong>per</strong> indicare tutti gli strumenti<br />
escogitati dal progresso tecnologico negli ultimi decenni che sembravano l’ultimo prodotto<br />
possibile del<strong>la</strong> ricerca e che invece appartengono ad un passato cui si guarda con<br />
indulgenza e nostalgia. Sono cambiati i tempi e i modi di scrivere e pubblicare i libri,<br />
sono scomparse le vecchie figure professionali delle tipografie di un tempo e quasi tutti<br />
oggi, purché dotati di un minimo di tecnologia, possono diventare editori di testi. Ma il<br />
modo di leggere, è cambiato anche quello? Romanticamente potremmo rispondere in<br />
negativo, idealizzando il caro e vecchio libro che ti puoi portare ovunque, <strong>la</strong> gioia <strong>per</strong> i<br />
sensi che ti dà un volume fresco di stampa, dal profumo del<strong>la</strong> carta al fruscio delle<br />
pagine, dal<strong>la</strong> suggestione delle immagini al<strong>la</strong> piacevole sensazione tattile. Il lettore più<br />
idealista dovrebbe tuttavia considerare che <strong>per</strong> ogni libro fortunato che trova un lettore,<br />
montagne di altri libri finiscono <strong>per</strong> giacere, invenduti, in magazzini deso<strong>la</strong>ti e polverosi;<br />
altri libri, che conobbero momenti di grande richiesta, hanno esaurito il loro appeal<br />
e sono finiti fuori catalogo <strong>per</strong> ragioni legate all’economia editoriale e difficilmente saranno<br />
re<strong>per</strong>ibili, se non su qualche bancarel<strong>la</strong> ambu<strong>la</strong>nte e solo grazie ad un colpo di<br />
fortuna; altri ancora hanno felicemente esaurito il loro ciclo economico e gli editori non<br />
ne prevedono più <strong>la</strong> ristampa, <strong>la</strong>sciando i potenziali acquirenti nell’impossibilità di soddisfare<br />
le proprie esigenze.<br />
Oggi è possibile considerare tutti questi problemi in una prospettiva nuova: basta<br />
conservare su un server un file di testo, adeguatamente impaginato, e il libro può essere<br />
replicato quante volte si vuole, risparmiando sugli spazi ed eliminando il problema del<strong>la</strong><br />
difficile re<strong>per</strong>ibilità e dei costi di ristampa. I benefici pratici sono evidenti, altrettanto<br />
evidenti i benefici culturali: è un modo <strong>per</strong> rendere immortale un testo, almeno fino a<br />
quando il sole risplenderà sulle sciagure umane, <strong>per</strong> eludere i tentativi di distruggerne<br />
l’esistenza con il fuoco, che <strong>per</strong>iodicamente ricorrono nelle vicende storiche dell’umanità,<br />
<strong>per</strong> garantirne <strong>la</strong> possibilità di diffusione oltre <strong>la</strong> dimensione spaziale e temporale<br />
contingente.<br />
Da quando è nato, il 7 ottobre del 1974, l’<strong>Istituto</strong> ha pubblicato, oltre al<strong>la</strong> rivista<br />
III
“l’impegno”, giunta al ventinovesimo anno e all’ottantatreesimo numero, settantaquattro<br />
volumi. Abbiamo in programma <strong>la</strong> pubblicazione di numerosi altri volumi in formato<br />
tradizionale, alcuni titoli sono ancora sul mercato editoriale, di altri è prevedibile una<br />
ristampa, molti sono ormai esauriti e senza prospettive di ripubblicazione <strong>per</strong> ragioni<br />
economiche, anche se ancora validi e interessanti. Per questi ultimi abbiamo scelto di<br />
avviare un programma di editoria digitale, che consentirà di mantenere, gratuitamente,<br />
<strong>la</strong> disponibilità del testo <strong>per</strong> i potenziali lettori e di divulgarlo presso il pubblico che frequenta<br />
il nostro sito internet, che si è attestato negli ultimi tempi su una media su<strong>per</strong>iore<br />
ai duecentomi<strong>la</strong> visitatori all’anno. Un modo <strong>per</strong> valorizzare <strong>la</strong> nostra produzione editoriale<br />
del passato, <strong>per</strong> venire incontro ad alcune richieste diversamente non evadibili, <strong>per</strong><br />
conservare in via definitiva o<strong>per</strong>e significative di <strong>storia</strong> locale.<br />
Inauguriamo questo nuovo settore editoriale con <strong>la</strong> riedizione de “Il primo inverno<br />
dei partigiani biellesi”, che l’<strong>Istituto</strong> pubblicò nel 1994 in col<strong>la</strong>borazione con l’Anpi<br />
“Cossato - Valle Strona”, autore Luigi Moranino “Pic”, partigiano del distaccamento e<br />
poi vicecommissario del<strong>la</strong> 2ª brigata Garibaldi “Ermanno Angiono Pensiero”.<br />
Il volume ricostruisce i primi sei mesi del<strong>la</strong> <strong>Resistenza</strong> partigiana nel Biellese orientale,<br />
caratterizzati innanzitutto dal<strong>la</strong> difficoltà di definire in senso militarmente attivo il<br />
carattere del<strong>la</strong> scelta del<strong>la</strong> montagna come luogo di rifiuto del<strong>la</strong> continuazione del<strong>la</strong> guerra<br />
sotto le insegne del<strong>la</strong> Repubblica sociale neofascista e con gli ex alleati nazisti. La costituzione<br />
dei primi distaccamenti biellesi, che si chiamavano “Bandiera”, “Bixio”, “Mameli”,<br />
“Pisacane”, incamerando <strong>la</strong> tradizione risorgimentale e garibaldina, “Matteotti”, ispirandosi<br />
al<strong>la</strong> più emblematica vittima del<strong>la</strong> violenza politica fascista, “Piave”, rifacendosi<br />
al<strong>la</strong> cultura del<strong>la</strong> difesa del suolo patrio risalente al<strong>la</strong> prima guerra mondiale, i rapporti<br />
tra l’organizzazione resistenziale e gli scio<strong>per</strong>i nelle fabbriche tessili, i tentativi di repressione<br />
del movimento partigiano da parte di tedeschi e fascisti del 63 o battaglione<br />
“Tagliamento” e del 115 o battaglione “Montebello” occupano <strong>la</strong> prima parte dell’o<strong>per</strong>a,<br />
<strong>la</strong> meno originale, in cui Moranino propone un quadro d’insieme ricostruito principalmente<br />
su fonti già edite. Nel<strong>la</strong> struttura complessiva del volume questa sezione si legge<br />
come preludio indispensabile <strong>per</strong> conoscere <strong>la</strong> parte più interessante e tragica, in cui si<br />
descrive l’occupazione partigiana di Rassa e il tormento del<strong>la</strong> successiva ritirata: qui <strong>la</strong><br />
scrupolosa ricostruzione storica del Moranino autore, attenta al dettaglio, si sovrappone,<br />
senza offuscarlo, al racconto del Moranino testimone e protagonista. Si produce<br />
così una lucida testimonianza storiografica sulle conseguenze del rastrel<strong>la</strong>mento avviato<br />
dai nazifascisti nel febbraio ’44 sul versante alpino biellese, che negli ultimi giorni del<br />
mese obbliga i partigiani a riparare in Valsesia, nel<strong>la</strong> valletta di Rassa, dove, agli inizi del<br />
Trecento trovarono rifugio Dolcino e i suoi seguaci.<br />
La suggestione del parallelo storico, proposta efficacemente da Alessandro Orsi nel<br />
suo “Un paese in guerra”, non tocca <strong>la</strong> pragmatica narrazione di Moranino, tesa a spiegare<br />
senza indugi retorici l’accoglienza del<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione di Rassa verso i partigiani,<br />
solidale o diffidente ma non ostile, i limiti organizzativi sul piano militare, le difficoltà<br />
psicologiche e pratiche, gli errori strategici che portarono all’eccidio del 12 e 13 marzo,<br />
in cui <strong>per</strong>sero <strong>la</strong> vita diciassette partigiani, undici dei quali catturati durante il tentativo<br />
di fuga e fuci<strong>la</strong>ti nei pressi del cimitero (tra loro anche una ragazza che, secondo<br />
alcune testimonianze, era incinta), gli altri caduti in combattimento; al<strong>la</strong> triste contabilità<br />
dell’episodio sono da aggiungere un altro partigiano, deceduto nei giorni successivi<br />
<strong>per</strong> le conseguenze del conge<strong>la</strong>mento di un arto, e un civile; inoltre, dopo <strong>la</strong> ritirata da<br />
IV
Rassa verso l’alta valle del Cervo, un altro partigiano fu arrestato e fuci<strong>la</strong>to ad Andorno<br />
e un civile fu colpito a morte a Montesinaro.<br />
Gli eventi che produssero una simile carneficina sono indagati con scrupolo, senza<br />
tacere l’errore fatale commesso al momento del<strong>la</strong> ritirata da parte del gruppo dei disarmati<br />
che, disattendendo le istruzioni impartite, si incamminarono lungo <strong>la</strong> mu<strong>la</strong>ttiera<br />
che porta in val Gronda anziché avviarsi in val Sorba, provocando il ritardo fatale nel<strong>la</strong><br />
marcia verso il bocchetto del Croso da cui sarebbe avvenuto il rientro nel meglio conosciuto<br />
versante biellese. L’ines<strong>per</strong>ienza e l’approssimazione organizzativa si intrecciarono<br />
con un’altra circostanza negativa, che fu determinante <strong>per</strong> il tragico finale dell’es<strong>per</strong>ienza<br />
di Rassa, cioè <strong>la</strong> neve, rara <strong>per</strong> tutto l’inverno e caduta invece abbondantemente<br />
negli ultimi giorni di febbraio, che rallentò <strong>la</strong> marcia dei partigiani in ritirata e<br />
rese evidenti le loro tracce, favorendo gli inseguitori. Il finale del libro si concentra sul<strong>la</strong><br />
testimonianza del parroco del paese, don Alfio Cristina, che si sforzò inutilmente di evitare<br />
le fuci<strong>la</strong>zioni, ottenendo soltanto che non avvenissero al centro del paese, ma nel più<br />
defi<strong>la</strong>to cimitero, sito all’inizio di Rassa.<br />
L’eccidio di Rassa cadde in un momento di crisi dell’intero movimento partigiano<br />
biellese: agli inizi del<strong>la</strong> primavera, dei sei distaccamenti sorti negli ultimi mesi del ’44 ne<br />
rimanevano in vita tre, con grossi problemi organizzativi. Al disorientamento provocato<br />
dall’elevato numero di vittime dell’intera o<strong>per</strong>azione, di cui quello di Rassa fu l’episodio<br />
più ec<strong>la</strong>tante ma non l’unico, si aggiungeva <strong>la</strong> resa al nemico del distaccamento “Matteotti”<br />
e <strong>la</strong> dis<strong>per</strong>sione del “Mameli” e del “Piave”. La primavera favorì tuttavia <strong>la</strong> ricostruzione<br />
del movimento, che subì <strong>per</strong>altro nuovi colpi mortali nel mese di maggio a<br />
Curino e Mottalciata. Considerando <strong>la</strong> lunga striscia di sangue che simboleggia <strong>la</strong> decimazione<br />
di formazioni ancora precarie nel<strong>la</strong> loro dimensione numerica, non può non<br />
sorgere <strong>la</strong> riflessione sul <strong>per</strong>durare del<strong>la</strong> capacità attrattiva che <strong>la</strong> <strong>Resistenza</strong>, nonostante<br />
i tracolli militari e le difficoltà di sopravvivenza, continuò ad esercitare sui giovani che,<br />
posti di fronte alle alternative dell’arruo<strong>la</strong>mento nel<strong>la</strong> Rsi, l’imboscamento attendista o<br />
l’adesione alle formazioni partigiane, optarono <strong>per</strong> quest’ultima scelta, mesco<strong>la</strong>ndosi a<br />
chi aveva già s<strong>per</strong>imentato <strong>la</strong> crudezza del conflitto nel ricordo dei compagni caduti.<br />
Enrico Pagano<br />
direttore dell’<strong>Istituto</strong><br />
V
Prefazione al<strong>la</strong> prima edizione<br />
I sei mesi ri<strong>per</strong>corsi da Luigi Moranino, che sboccano nel<strong>la</strong> battaglia di Rassa, ci<br />
consentono di conoscere il complesso e artico<strong>la</strong>to processo attraverso il quale, dall’8<br />
settembre 1943, nasce, si forma, si s<strong>per</strong>imenta <strong>la</strong> <strong>Resistenza</strong> biellese.<br />
Date <strong>per</strong> conosciute le grandi coordinate storiche, politiche, ideologiche che strutturano<br />
<strong>la</strong> <strong>Resistenza</strong>, è utile applicarvi una lente d’ingrandimento che, pur limitando<br />
l’ampiezza del campo di analisi, consenta di osservare molto più da vicino alcuni momenti<br />
e avvenimenti. Riusciamo più facilmente a <strong>per</strong>cepire il senso e le difficoltà delle<br />
scelte compiute dai resistenti, il coraggio e le sofferenze che sovente sono costate, ma<br />
anche le debolezze e gli errori, alcuni dei quali puniti dagli stessi resistenti.<br />
Ci viene descritto il momento in cui <strong>la</strong> <strong>Resistenza</strong> - mentre risponde al<strong>la</strong> necessità,<br />
variamente motivata, di lottare contro i nazisti e i fascisti - misura anche le difficoltà<br />
logistiche, militari, umane che l’impresa comporta. Al<strong>la</strong> fine del 1943 non è così sicura<br />
<strong>la</strong> sconfitta del<strong>la</strong> Germania. Questa aveva in Italia una forza bellica che, unita a quel<strong>la</strong><br />
raccolta dal<strong>la</strong> Rsi, poteva scoraggiare un intento non seriamente voluto e, soprattutto,<br />
poteva bloccare e annientare un movimento di opposizione armata che non avesse incontrato<br />
il consenso di <strong>la</strong>rga parte del<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione e <strong>la</strong> capacità organizzativa che <strong>la</strong><br />
<strong>Resistenza</strong> ha avuto.<br />
È significativo che uno dei primi motivi di discussione che poi susseguiranno e<br />
accompagneranno tutta <strong>la</strong> durata del<strong>la</strong> <strong>Resistenza</strong> riguardi proprio il metodo d’azione<br />
da seguire. Effettuare o no azioni contro i tedeschi e i fascisti? L’autore illustra come<br />
l’“attendismo”, atteggiamento così definito da parte di quelli che sollecitavano azioni<br />
immediate dopo l’8 settembre, comportò <strong>la</strong> defezione di parecchi partigiani. La presenza<br />
del commissario politico: altro motivo di contrasto tra le diverse posizioni politiche<br />
nel<strong>la</strong> <strong>Resistenza</strong>; il rischio delle de<strong>la</strong>zioni che, oltre a causare oggettivi e gravi danni alle<br />
formazioni partigiane, provocavano un pesante clima di sospetti; i rapporti con le altre<br />
formazioni partigiane, che, a seconda del<strong>la</strong> necessità, potevano servire come scambio<br />
di informazioni, di sostegno logistico, di aiuto militare; sono alcuni degli squarci che<br />
Moranino apre sul <strong>per</strong>iodo iniziale del<strong>la</strong> <strong>Resistenza</strong> nel Biellese.<br />
Moranino stesso è un protagonista dei fatti che racconta. È il “Pic” che viene, in<br />
alcuni casi, nominato. Ma è apprezzabile <strong>la</strong> discrezione, quasi pudore, che Moranino<br />
autore mette nel raccontare i fatti di cui Moranino giovane partigiano è protagonista. È<br />
prevalso lo scrupolo del ricostruttore storico che utilizza con corretto metodo le informazioni<br />
di cui è in possesso quale protagonista e le integra con quelle rinvenute con<br />
l’o<strong>per</strong>a di storico. È quindi un’o<strong>per</strong>a che consente di inserire l’importante evento del<strong>la</strong><br />
battaglia di Rassa in un quadro artico<strong>la</strong>to e complesso, aiutandoci anche a individuare<br />
con chiarezza le sequenze che, dall’inizio del<strong>la</strong> vita partigiana, porteranno al drammatico<br />
scontro sulle montagne valsesiane, il quale, come lo stesso Moranino afferma, sarà<br />
un’occasione, nel<strong>la</strong> <strong>Resistenza</strong>, di riflessione sul suo modo di azione.<br />
Luciano Castaldi<br />
presidente dell’<strong>Istituto</strong><br />
VI
Il tempo dell’“attendismo”<br />
Nel Biellese le centinaia e centinaia di militari che <strong>la</strong> sera dell’8 settembre 1943, dopo<br />
aver appreso <strong>la</strong> notizia dell’armistizio, avevano abbandonato l’esercito ed erano riusciti<br />
a raggiungere le loro famiglie, trascorsi un po’ di giorni a casa, salirono “in montagna”.<br />
La decisione presa dagli ex militari fu spontanea e, salvo in alcune località dove <strong>la</strong> loro<br />
partenza venne organizzata da comunisti e da qualche ufficiale, essi raggiunsero i luoghi<br />
scelti in gruppi più o meno numerosi.<br />
Occupate le baite di molti pascoli che si trovano nelle alte val<strong>la</strong>te del Viona, dell’Elvo,<br />
del Cervo, dello Strona e del Sessera, furono le famiglie che nei primi giorni resero<br />
possibile l’esistenza in montagna degli ex militari, il cui timore più grande era quello<br />
del<strong>la</strong> cattura e del<strong>la</strong> deportazione in Germania.<br />
Non meno drammatica di quel<strong>la</strong> degli ex soldati sbandati era, in quel momento, <strong>la</strong><br />
vicenda dei prigionieri inglesi, australiani, neoze<strong>la</strong>ndesi, fuggiti dopo l’8 settembre dal<br />
campo di prigionia Pg 106 situato nel Vercellese. Milleseicento uomini che, una volta<br />
liberi, scelsero in parte di raggiungere <strong>la</strong> Svizzera, come i mille che vi riuscirono grazie<br />
all’impegno di tanti antifascisti e molti col<strong>la</strong>boratori occasionali; oppure di partecipare<br />
al<strong>la</strong> lotta contro i nazifascisti come i non molti che rimasero con i partigiani; o anche di<br />
nascondersi fino al<strong>la</strong> liberazione con l’aiuto e <strong>la</strong> protezione del<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione in località<br />
del Biellese, del<strong>la</strong> Valsesia e del Vercellese come decisero gli altri 1 .<br />
Verso <strong>la</strong> fine di settembre alcuni ufficiali biellesi, d’accordo con un comando militare<br />
che si era sistemato all’Albergo Savoia vicino al <strong>la</strong>go Mucrone, si attivarono nelle<br />
zone di Donato, del santuario di Graglia, del<strong>la</strong> conca d’Oropa, del monte Cucco, del<br />
Bocchetto Sessera dove più alto era il numero degli ex militari, <strong>per</strong> organizzare gli sbandati<br />
e costituire dei reparti di cui prendere il comando.<br />
A sostenere l’iniziativa di questi ufficiali vi era il Comitato di liberazione nazionale di<br />
Biel<strong>la</strong> il quale, potendo contare su un rego<strong>la</strong>re e consistente contributo finanziario da<br />
parte di numerosi industriali, era in grado di garantire il sostentamento degli sbandati in<br />
montagna. Facile fu quindi <strong>per</strong> gli ufficiali aggregare gli sbandati e assumere il comando<br />
di questi gruppi: impossibile invece il ripristino di quel<strong>la</strong> disciplina formale, sommamente<br />
detestata dai soldati, già esistente nell’ex esercito e al<strong>la</strong> quale tenevano.<br />
Risolto il problema esistenziale con una rete logistica e di rifornimenti che assicurava<br />
il minimo vitale agli uomini, ai primi di ottobre i comunisti avanzarono <strong>la</strong> richiesta di<br />
poter affiancare al comandante un commissario politico, rec<strong>la</strong>marono <strong>la</strong> distribuzione<br />
delle armi, proposero di intraprendere delle azioni contro i nazifascisti.<br />
1 Notizie sugli ex prigionieri in ANELLO POMA - GIANNI PERONA, La <strong>Resistenza</strong> nel Biellese,<br />
Parma, Guanda, 1972, pp. 57-58; CLAUDIO DELLAVALLE, O<strong>per</strong>ai, industriali e Partito comunista<br />
nel Biellese 1940-1945, Mi<strong>la</strong>no, Feltrinelli, 1978, pp. 65-66; LUIGI MORANINO, ll campo di<br />
prigionia Pg 106, in “l’impegno”, a. V, n. 1, aprile 1989, pp. 44-48.<br />
1
Su queste richieste si accese allora un vivace confronto in seno al Cln e tra i componenti<br />
del Comando militare al<strong>la</strong>rgato, uno dei quali era comunista. Dopo non poche<br />
e animate discussioni e con molta diffidenza verso i comunisti, un accordo venne raggiunto<br />
sul<strong>la</strong> presenza di un commissario politico a fianco del comandante limitatamente<br />
al solo Comando generale. Contrari invece all’inizio del<strong>la</strong> lotta armata, <strong>la</strong> Democrazia<br />
cristiana, il Partito socialista, il Partito liberale e il Partito d’azione - gli altri partiti del<br />
Cln di Biel<strong>la</strong> - e il Comando generale che, adducendo <strong>per</strong> il loro rifiuto motivi di opportunità<br />
causati dal<strong>la</strong> scarsità degli armamenti, si opponevano anche al<strong>la</strong> distribuzione delle<br />
armi.<br />
Questi contrasti, che si acuirono col passare dei giorni e <strong>la</strong> rinuncia a qualsiasi azione<br />
contro i fascisti e i tedeschi che erano arrivati a Biel<strong>la</strong> il 21 settembre e vi insediarono<br />
un comando stabile solo il 15 ottobre, furono fatali <strong>per</strong> tutta l’organizzazione. Molti<br />
degli sbandati, non partecipi al<strong>la</strong> discussione politica e che non comprendevano i motivi<br />
dello scontro tra i comunisti, i militari e gli altri antifascisti, ritenendosi indifesi e<br />
considerando quel<strong>la</strong> vita inutilmente <strong>per</strong>icolosa, cominciarono ad andarsene dai gruppi.<br />
Delle numerose defezioni tra le file degli sbandati e delle cause che le provocarono<br />
vennero ben presto a conoscenza le autorità fasciste e il Comando tedesco di Biel<strong>la</strong><br />
che, intenzionati da tempo a riportare l’ordine nel Biellese, decisero di attuare due o<strong>per</strong>azioni<br />
finalizzate a questo scopo.<br />
La prima, un’azione terroristica con intenti dimostrativi, venne effettuata il 31 ottobre<br />
nel<strong>la</strong> zona del santuario di Graglia e del<strong>la</strong> valle dell’Elvo, dove reparti tedeschi bruciarono<br />
ventotto baite con i <strong>la</strong>nciafiamme e uccisero due marinai 2 . Al termine di essa<br />
dei trecento sbandati che si trovavano nel<strong>la</strong> zona restavano solo piccoli gruppi.<br />
La seconda, di carattere politico, fu l’appello del nuovo capo del<strong>la</strong> Provincia di Vercelli,<br />
Michele Morsero, pubblicato il 1 novembre, che invitava gli ex militari a ritornare<br />
al<strong>la</strong> vita civile entro il 10 novembre se non volevano essere «considerati ribelli a tutti gli<br />
effetti», e offriva a quelli che già avevano <strong>la</strong>vorato in passato <strong>la</strong> possibilità di presentarsi<br />
nelle fabbriche e farsi riassumere.<br />
L’azione concertata dai nazisti e da Morsero indebolì ulteriormente le aggregazioni<br />
degli ex militari e creò le premesse <strong>per</strong> il loro dissolvimento, che avvenne dopo una<br />
puntata effettuata da un reparto tedesco il 13 novembre a Sant’Eurosia (Pralungo).<br />
Un’o<strong>per</strong>azione nel corso del<strong>la</strong> quale i militari germanici, senza incontrare nessuna resistenza<br />
- ritenuta impossibile dagli ufficiali che comandavano gli sbandati presenti in zona<br />
- bruciarono tre baite, catturarono cinque ex prigionieri inglesi, provocarono sconcerto<br />
tra il centinaio di sbandati, non tutti disarmati, i quali abbandonarono le baite e vagarono<br />
<strong>per</strong> ore sul monte Cucco prima di tornare a casa. Solo un piccolo gruppo formato<br />
da comunisti ed ex militari non li segui e continuò a stare nel<strong>la</strong> baita dell’alpe Affittà di<br />
Sopra, sul monte Cucco, a mezz’ora di cammino dal<strong>la</strong> frazione Carameletto del comune<br />
di Tollegno.<br />
Le notizie sugli avvenimenti di Sant’Eurosia arrivarono in poco tempo agli sbandati<br />
2 Le due vittime si chiamavano Vito Baldini, nato a Foglianise (Bn) nel 1920, e Antonio<br />
Cosentino, anch’egli del 1920. Appartenenti al<strong>la</strong> Marina militare, dopo l’8 settembre erano<br />
giunti nel<strong>la</strong> valle dell’Elvo e si erano uniti agli sbandati di quel<strong>la</strong> zona.<br />
2
che si trovavano ancora nel<strong>la</strong> zona di Oropa, in quel<strong>la</strong> del Bocchetto Sessera e di Noveis.<br />
Quegli uomini ormai avviliti, ai quali era mancata una guida politica e l’esempio<br />
dei comandanti <strong>per</strong> diventare partigiani, fecero quello che avevano già fatto altri prima<br />
di loro: tornarono alle loro case e ripresero il <strong>la</strong>voro nelle fabbriche.<br />
Così, sul finire di novembre, si presentava <strong>la</strong> situazione dopo due mesi di “attendismo”<br />
3 : <strong>per</strong>iodo in cui non si erano compiute azioni contro i nazifascisti e dal quale, dai<br />
soli due fatti salienti del<strong>la</strong> valle dell’Elvo e di Sant’Eurosia, <strong>la</strong> gente non aveva tratto che<br />
dolore e smarrimento.<br />
3 Sul<strong>la</strong> nascita del<strong>la</strong> <strong>Resistenza</strong> nel Biellese e il fenomeno dell’“attendismo” cfr. A. POMA<br />
- G. PERONA, op. cit., pp. 62-70; C. DELLAVALLE, op. cit., pp. 65-70 e ALESSANDRO ORSI - GIAN-<br />
FRANCO FASANINO (a cura di), Una banda autonoma nel Biellese. Settembre 1943 - febbraio<br />
1944, in “l’impegno”, a. XIII, n. 2, agosto 1993, pp. 20-26.<br />
3
I distaccamenti garibaldini e le prime azioni<br />
I fatti di ottobre e novembre, seppur molto gravi, non lo furono al punto da pregiudicare<br />
<strong>la</strong> creazione, in poco tempo, di alcune unità partigiane di cui furono progenitori<br />
gli uomini rimasti in montagna. Infatti, giovani del 1924 e del 1925, accogliendo l’appello<br />
degli antifascisti che li chiamavano al<strong>la</strong> lotta, disubbidirono al bando di chiamata<br />
alle armi del<strong>la</strong> Repubblica sociale italiana, che scadeva il 30 novembre e, consapevoli di<br />
impugnare le armi, andarono in montagna. Al<strong>la</strong> fine di novembre un centinaio di giovani<br />
di diciotto e diciannove anni avevano fatto quel<strong>la</strong> scelta: non molti, ma bastanti <strong>per</strong> dar<br />
vita nelle val<strong>la</strong>te biellesi a sei distaccamenti d’assalto “Garibaldi” 4 che, insieme al distaccamento<br />
“Antonio Gramsci” che o<strong>per</strong>ava in Valsesia, costituirono <strong>la</strong> 2 a brigata d’assalto<br />
Garibaldi “Biel<strong>la</strong>”, fondata a Pratetto (Tavigliano) il 15 gennaio 1944.<br />
La costituzione del<strong>la</strong> 2 a brigata fu un avvenimento di grande importanza <strong>per</strong> lo sviluppo<br />
del movimento partigiano biellese <strong>per</strong>ché «poneva fine, in effetti, al<strong>la</strong> confusione e all’interferenza<br />
continua dell’azione politica del<strong>la</strong> federazione comunista e di quel<strong>la</strong> politico-militare<br />
del comitato militare, e collocava - con le dichiarazioni programmatiche rivolte<br />
agli uomini dei distaccamenti e con il saluto al Comitato di liberazione nazionale contenuti<br />
nei primi due ordini del giorno - <strong>la</strong> nuova brigata nell’ambito delle forze dell’esercito<br />
di liberazione, mantenendo così a<strong>per</strong>ta <strong>la</strong> via ad una ripresa del<strong>la</strong> col<strong>la</strong>borazione con<br />
4 I distaccamenti d’assalto “Garibaldi” erano unità di combattimento comprendenti normalmente<br />
dai trenta ai cinquanta uomini, suddivisi in squadre di dieci uomini. Il loro comando<br />
era affidato, con pari responsabilità, al comandante che ne curava <strong>la</strong> preparazione e l’efficienza<br />
sul piano militare e al commissario politico che aveva il compito di migliorare <strong>la</strong> coesione<br />
politica del distaccamento in una prospettiva fortemente politicizzata del<strong>la</strong> lotta. Questi<br />
i sei distaccamenti biellesi che formavano <strong>la</strong> 2 a brigata: “Nino Bixio”, comandante Bruno Salza<br />
“Mastrilli”, commissario Annibale Caneparo “Renati”, 45 effettivi, zona valle Elvo; “Fratelli<br />
Bandiera”, comandante Quinto Antonietti “Quinto”, commissario Mario Mancini “Grillo”,<br />
45 effettivi, zona valle Cervo; “Goffredo Mameli”, comandante Romano Casalino “Tonino”,<br />
commissario Remo Pel<strong>la</strong> “Remo”, 30 effettivi, zona valle Cervo; “Piave”, comandante<br />
Piemonte Boni “Piero Maffei”, commissario Ermanno Angiono “Pensiero”, 75 effettivi, zona<br />
valle Strona; “Giacomo Matteotti”, comandante Leo Vigna “Leo”, commissario Enrico Caso<strong>la</strong>ro<br />
“Rico”, 54 effettivi, zona Valsessera; “Carlo Pisacane”, comandante Francesco Moranino<br />
“Gemisto”, commissario Dolcino Colombo “Arrigo”, 60 effettivi, zona Valsessera. Il distaccamento<br />
“Gramsci” aveva <strong>per</strong> comandante Eraldo Gastone “Ciro” e <strong>per</strong> commissario Vincenzo<br />
Moscatelli “Cino” e contava 108 uomini. Nel febbraio, dato lo sviluppo raggiunto, il<br />
“Gramsci” si staccò dal<strong>la</strong> brigata “Biel<strong>la</strong>” e costituì <strong>la</strong> 6 a brigata d’assalto Garibaldi “Gramsci”<br />
Valsesia. Il Comando del<strong>la</strong> 2 a brigata era così formato: comandante Piero Pajetta “Nedo”,<br />
commissario Adriano Rossetti “Sergio”, vicecomandante Anello Poma “ltalo”, intendenza<br />
Luigi Viana “Olmo”, informazioni Lorenzo Bianchetto “Faro”. Cfr. A. POMA - G. PERONA, op.<br />
cit., pp. 111-114; C. DELLAVALLE, op. cit., pp. 114-116; PIETRO SECCHIA - CINO MOSCATELLI, Il<br />
Monte Rosa è sceso a Mi<strong>la</strong>no, Torino, Einaudi, 1958, pp. 119-120.<br />
4
tutte le forze politiche del Cln non appena si fosse riusciti a ricostituirne uno nel Biellese» 5 .<br />
All’inizio di dicembre l’avvio alle azioni partigiane nel Biellese venne dato dal distaccamento<br />
“Piave” 6 che aveva sede al Basto, sulle pendici dell’Argimonia, dal quale si<br />
domina <strong>la</strong> sottostante valle Strona.<br />
Agendo secondo un piano preordinato e rive<strong>la</strong>ndo una discreta capacità organizzativa<br />
e di esecuzione, i garibaldini del “Piave”, in pochi giorni, effettuarono atti di sabotaggio<br />
in alcuni stabilimenti tessili del<strong>la</strong> valle Strona che producevano <strong>per</strong> i tedeschi; requisirono<br />
e bruciarono stoffe e co<strong>per</strong>te destinate a questi ultimi e distribuirono stoffa agli o<strong>per</strong>ai;<br />
sequestrarono prodotti tesserati e introvabili che assegnarono al<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione; si fecero<br />
consegnare da un industriale una somma di denaro necessaria <strong>per</strong> l’esistenza del<br />
distaccamento; non esitarono a ferire e uccidere militi, finanzieri, carabinieri inviati dalle<br />
autorità fasciste <strong>per</strong> impedire le loro azioni; giustiziarono, nel corso di un’azione in<br />
appoggio alle rivendicazioni degli o<strong>per</strong>ai del <strong>la</strong>nificio Giletti di Ponzone, il direttore dello<br />
stabilimento ed organizzatore del fascio repubblicano di Trivero, Bruno Ponzecchi.<br />
E, <strong>per</strong> presentarsi al<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione con una linea di comportamento che non doveva<br />
<strong>la</strong>sciare spazio a dubbi - in una situazione di incertezza e quasi scomparsa dei tutori<br />
dell’ordine - eliminarono alcuni delinquenti comuni che, spacciandosi <strong>per</strong> partigiani,<br />
compivano furti, grassazioni ed estorsioni a danno di privati: spiegando in un manifestino<br />
diffuso in tutta <strong>la</strong> valle Strona i motivi di quel<strong>la</strong> dura repressione 7 .<br />
I1 7 dicembre una pattuglia del “Bixio” attuò un atto dimostrativo di sabotaggio al<strong>la</strong><br />
Sateb di Biel<strong>la</strong>, <strong>la</strong> tipografia del <strong>per</strong>iodico repubblichino “Il <strong>la</strong>voro biellese” da poco<br />
fondato. L’11 dicembre il tempestivo intervento armato di una squadra del “Bandiera”<br />
in difesa degli o<strong>per</strong>ai in scio<strong>per</strong>o “bianco” del<strong>la</strong> Fi<strong>la</strong>tura di Tollegno costrinse un manipolo<br />
di carabinieri e questurini a <strong>la</strong>sciare liberi i capireparto arrestati ed in procinto di<br />
essere trasportati a Biel<strong>la</strong>. Il 15 dicembre i garibaldini del “Pisacane”, <strong>per</strong> sostenere con<br />
<strong>la</strong> loro presenza gli o<strong>per</strong>ai in agitazione di uno stabilimento <strong>la</strong>niero, si portarono a Crevacuore<br />
e nell’incontro che avvenne tra o<strong>per</strong>ai e partigiani cominciava a realizzarsi<br />
quell’unità di intenti che avrebbe caratterizzato <strong>la</strong> <strong>Resistenza</strong> biellese.<br />
In Valsesia <strong>la</strong> guerriglia iniziò il 2 dicembre quando i partigiani del distaccamento<br />
“Gramsci” attaccarono i fascisti del<strong>la</strong> 28 a legione nel centro di Varallo 8 .<br />
5 A. POMA - G. PERONA, op. cit., p. 112.<br />
6 Il distaccamento “Piave”, al<strong>la</strong> fine di novembre, contava più di trenta uomini. Esso si era<br />
formato attorno ad un nucleo di giovani antifascisti di Cossato e Lessona che dopo l’8 settembre<br />
avevano raggiunto il Basto. Qui si erano sistemati in una baracca di legno, provvista<br />
di corrente elettrica, utilizzata da una squadra di o<strong>per</strong>ai come dimora e come magazzino <strong>per</strong><br />
gli attrezzi durante <strong>la</strong> costruzione di una mu<strong>la</strong>ttiera. Nei due mesi di attendismo <strong>la</strong> vita del<br />
costituendo “Piave” venne assicurata dall’organizzazione comunista del<strong>la</strong> valle Strona. I<br />
comunisti, che volevano farne un distaccamento modello, ne impedirono <strong>la</strong> crisi che causò<br />
<strong>la</strong> fine del movimento degli ex militari. La tempestività con cui gli uomini del Basto si impossessarono<br />
delle armi in dotazione ad alcuni reparti di sbandati, nel momento del<strong>la</strong> disgregazione,<br />
consentì al “Piave” di disporre di una mitragliatrice, due fucili mitragliatori Breda, una<br />
trentina di fucili, pistole e bombe a mano.<br />
7 Cfr. C. DELLAVALLE, op. cit., pp. 79-80.<br />
8 Su questo avvenimento si veda ENZO BARBANO, Lo scontro a fuoco a Varallo del 2 dicembre<br />
1943, Borgosesia, <strong>Istituto</strong> <strong>per</strong> <strong>la</strong> <strong>storia</strong> del<strong>la</strong> <strong>Resistenza</strong> in provincia di Vercelli, 1982.<br />
5
L’inaspettata vitalità e <strong>la</strong> determinazione di cui diedero prova i distaccamenti garibaldini<br />
nel compiere quelle prime azioni se dimostrò l’infondatezza, <strong>la</strong> pavidità, l’opportunismo<br />
delle posizioni attendiste, sollevò anche diffidenza e <strong>per</strong>plessità. Specie in<br />
chi, nel prendere atto dell’esistenza di un movimento armato che proc<strong>la</strong>mava di lottare<br />
<strong>per</strong> <strong>la</strong> liberazione del Paese dai nazifascisti, constatò che i partigiani effettuavano azioni<br />
che <strong>la</strong> stampa e <strong>la</strong> propaganda fascista definivano atti di terrorismo.<br />
Ma il problema più urgente <strong>per</strong> i distaccamenti era quello delle armi e delle munizioni:<br />
<strong>per</strong> risolverlo, almeno in parte, i partigiani iniziarono nel mese di dicembre a disarmare<br />
i carabinieri di diverse stazioni senza che fosse loro opposta alcuna resistenza 9 .<br />
Il crescendo delle azioni partigiane, alcune delle quali contrastate senza successo da<br />
agenti e carabinieri, indusse le stesse autorità militari a sopravvalutare <strong>la</strong> forza e <strong>la</strong> capacità<br />
o<strong>per</strong>ativa dei distaccamenti partigiani e il loro ascendente sugli o<strong>per</strong>ai. Significativo<br />
è il rapporto del comandante del Gruppo carabinieri di Vercelli, maggiore Cornelio<br />
Ci<strong>la</strong>vegna, inviato il 18 dicembre al capo del<strong>la</strong> Provincia e ai comandi tedeschi di Torino<br />
e Vercelli: «La situazione dell’ordine e del<strong>la</strong> sicurezza pubblica nel<strong>la</strong> zona alpestre di<br />
questa provincia, già grave, sta peggiorando sempre più. I carabinieri non sono in condizioni<br />
di garantire <strong>la</strong> sicurezza delle popo<strong>la</strong>zioni <strong>per</strong> mancata deficienza (sic) di uomini,<br />
di mezzi di trasporto, di armamento. Infatti i quattro o cinque uomini delle stazioni rurali<br />
e i dieci o quindici delle stazioni capoluogo di Vercelli e Biel<strong>la</strong>, sufficienti in tempi<br />
normali, non lo sono più attualmente; non si può logicamente pensare che i pochi uomini<br />
delle stazioni possano affrontare gruppi di duecento, trecento ribelli che si aggirano<br />
nelle zone montane e pedemontane e provvedere nello stesso tempo al<strong>la</strong> difesa delle<br />
caserme [...] Per risolvere tale situazione che - ripeto - va aggravandosi ogni giorno,<br />
anche <strong>per</strong>ché ormai - volenti o nolenti - partecipano, sia pure passivamente, le masse<br />
o<strong>per</strong>aie dei vari stabilimenti del<strong>la</strong> zona, occorre non procrastinare ulteriormente l’invio<br />
di un battaglione di manovra, in <strong>per</strong>fetto assetto di guerra, <strong>per</strong> compiere una vera e<br />
propria azione bellica al fine di sterminare i ribelli, il cui numero aumenta ogni giorno,<br />
al<strong>la</strong>rma e terrorizza <strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione, e specialmente i datori di <strong>la</strong>voro che sono preoccupatissimi<br />
<strong>per</strong>ché si vedono indifesi. A Crevacuore gli o<strong>per</strong>ai di tre stabilimenti ivi esistenti<br />
(circa 1.800) <strong>per</strong> imposizione dei ribelli non <strong>la</strong>voreranno fino a che le paghe non<br />
saranno aumentate del 75 <strong>per</strong> cento [...] A Pray Biellese le maestranze non <strong>la</strong>vorano<br />
sino a che le paghe non saranno aumentate del 75 <strong>per</strong> cento. A Borgosesia gli o<strong>per</strong>ai<br />
hanno sospeso ogni attività sino a che le paghe non saranno aumentate del 75 <strong>per</strong> cento<br />
9 Queste le stazioni dei carabinieri che vennero disarmate: Crevacuore, 10 dicembre 1943;<br />
Serravalle Sesia, 12 dicembre; Scopa e Borgosesia, 14 dicembre; Coggio<strong>la</strong>, Buronzo e Varallo,<br />
16 dicembre; A<strong>la</strong>gna Valsesia, 17 dicembre; Trivero, 18 dicembre; Gattinara, 19 dicembre;<br />
Masserano e Andorno Micca, 20 dicembre; Cossato, Sordevolo, Gaglianico (posto fisso aeroporto)<br />
e Mongrando, 21 dicembre; Cavaglià, 23 dicembre; Mottalciata, 25 dicembre; Mosso<br />
Santa Maria, 28 dicembre; Netro, 30 dicembre. Delle sopracitate stazioni il maggiore comandante<br />
del Gruppo carabinieri di Vercelli, il 7 marzo 1944, informava le autorità fasciste e i comandi<br />
tedeschi che erano state riarmate quelle di: Buronzo, 17 dicembre 1943; Varallo, 1 gennaio<br />
1944; posto fisso di Gaglianico, 8 gennaio; Gattinara, 17 gennaio; Sordevolo, 11 febbraio;<br />
Borgosesia, 12 febbraio; Mosso Santa Maria, 21 febbraio; Cavaglià e Serravalle Sesia, 23<br />
febbraio; Andorno Micca, 25 febbraio (Archivio di Stato di Vercelli, d’ora in poi ASV, Prefettura<br />
repubblicana 1943-45, Gabinetto, mazzo 66).<br />
6
[...] Il 17 corrente, alle ore 17, in Coggio<strong>la</strong> e Portu<strong>la</strong> di Coggio<strong>la</strong> un numero imprecisato<br />
individui armati di moschetto, bombe a mano et armi automatiche, imponevano abbandono<br />
<strong>la</strong>voro 1.800 o<strong>per</strong>ai stabilimenti locali. Agli o<strong>per</strong>ai riuniti in piazza venivano<br />
rivolte parole inneggianti Badoglio et invitanti o<strong>per</strong>ai ad astensione <strong>la</strong>voro fino a che<br />
paghe non siano aumentate del 75 <strong>per</strong> cento» 10 .<br />
Ancora più preoccupato <strong>per</strong> <strong>la</strong> situazione venutasi a creare nel Biellese e in Valsesia<br />
era il capo del<strong>la</strong> Provincia Morsero il quale, dopo aver decretato dall’8 dicembre il coprifuoco<br />
dalle 20.30 alle 6 del mattino, chiuso i locali di divertimento, vietato le riunioni<br />
pubbliche e private e gli assembramenti con più di tre <strong>per</strong>sone su tutto il territorio del<strong>la</strong><br />
provincia, il 18 dicembre inviò un fonogramma al Ministero degli Interni in cui, fra l’altro,<br />
affermava: «Ribelli in questa provincia et partico<strong>la</strong>rmente zona Biellese e Valsesia<br />
da oltre una settimana continuano con crescendo attività terroristica [...] Carabinieri<br />
cui rendimento est molto discutibile appena sufficiente coprire fabbisogno minimo normali<br />
servizi et stazioni. Guardia Repubblicana forze limitatissime impegnate numerosi<br />
servizi fissi [...] Comandi tedeschi avvertiti et richiesti rinforzi sostengono dovere noi<br />
provvedere simili casi, riservandosi azione gran stile secondo loro piano prestabilito.<br />
Pure volendo attendere tale intervento <strong>per</strong> decisiva azione gran polizia militare et al<strong>la</strong><br />
quale converrebbe partecipare più che urgente et opportuno necessita quanto meno avere<br />
disponibile reparto manovra di almeno duecento uomini con armi adeguate <strong>per</strong> prevenire<br />
reprimere ovvero anche taluni casi solo dimostrazione forza sia <strong>per</strong> risultati diretti<br />
anche parziali sia <strong>per</strong> popo<strong>la</strong>zione et generali. Richiesti da tempo ripetuti rinforzi Comando<br />
Generale et Legione Torino et Comando Generale Guardia Repubblicana ma nul<strong>la</strong><br />
ottenuto [...] Oggi aggiungasi che giorni tra quindici et diciassette corrente ribelli hanno<br />
imposto scio<strong>per</strong>o stabilimenti comuni Crevacuore, Pray et Borgosesia. Detti dominano<br />
situazione comuni Varallo Borgosesia Crevacuore et Coggio<strong>la</strong>. Carabinieri costituiscono<br />
elemento negativo anzi <strong>per</strong>icoloso molti fattisi disarmare maggioranza passiva» 11 .<br />
Le pressanti richieste di Morsero e delle autorità militari del<strong>la</strong> provincia di Vercelli<br />
vennero accolte: domenica 19 dicembre proveniente da Chiari (Brescia) arrivò a Vercelli<br />
il 63 o battaglione “M” Tagliamento del<strong>la</strong> Guardia nazionale repubblicana 12 .<br />
10 ASV, Prefettura repubblicana 1943-45, Gabinetto, mazzo 1. La situazione «del<strong>la</strong> forza<br />
presente ai vari comandi» del Gruppo carabinieri di Vercelli al<strong>la</strong> data del 15 dicembre era:<br />
«Ufficiali Su<strong>per</strong>iori n. 1 Comandante di Gruppo; Ufficiali inferiori n. 2 Capitani comand. Comp.<br />
Vercelli e Biel<strong>la</strong>; Maresciallo Maggiore cariche speciali n. 1 comand. <strong>la</strong> Sezione di Biel<strong>la</strong>; Sottufficiali<br />
n. 79; Truppa n. 394; Totale Sottuff. e truppa n. 473; Sottufficiali comandanti di stazione<br />
n. 42; Forza impiegata alle stazioni <strong>per</strong> il normale servizio d’istituto n. 283; Forza comandata<br />
<strong>per</strong> servizi fissi e cariche speciali n. 168; Forza disponibile <strong>per</strong> o<strong>per</strong>azioni di polizia<br />
n. 22» (ASV, Prefettura repubblicana 1943-45, Gabinetto, mazzo 65). Una serie di rapporti dei<br />
carabinieri sull’attività dei “ribelli” tra <strong>la</strong> fine di novembre ’43 e il febbraio ’44 si trova in<br />
PIERO AMBROSIO, “Oltre duecento ribelli armati...”, in “l’impegno”, a. IV, n. 1, marzo 1984,<br />
pp. 2-10.<br />
11 ASV, Prefettura repubblicana 1943-45, Gabinetto, mazzo 65. Sul<strong>la</strong> fase organizzativa del<strong>la</strong><br />
Rsi in questo <strong>per</strong>iodo si veda l’ampia documentazione del Gabinetto del<strong>la</strong> Prefettura repubblicana<br />
pubblicata in P. AMBROSIO, Dicembre 1943: iniziano le azioni contro i “ribelli”, in<br />
“l’impegno”, a. III, n. 4, dicembre 1983, pp. 10-24.<br />
12 Il 63 o battaglione “M” Tagliamento, che aveva fatto parte del<strong>la</strong> Milizia volontaria sicu-<br />
7
ezza nazionale, dopo l’8 settembre, prima ancora del<strong>la</strong> fondazione del<strong>la</strong> Repubblica sociale<br />
italiana, era già in condizioni di servire agli scopi militari dei comandi tedeschi. Il 1 marzo<br />
1944, a Vercelli, al 63 o battaglione “M” Tagliamento si unì il 1 o battaglione “Camilluccia” e da<br />
questa unione nacque <strong>la</strong> I legione d’assalto “Tagliamento” del<strong>la</strong> Gnr.<br />
In data 21 dicembre 1943 <strong>la</strong> «Situazione forza, armamento, munizionamento e automezzi<br />
63 o battaglione “M”» era <strong>la</strong> seguente: «Forza effettiva, 17 ufficiali, 34 sottufficiali, 306 truppa,<br />
totale 357 effettivi. Armamento: moschetto modello 91 n. 425, fucili mitragl. Breda n. 26,<br />
mitragliatrici tedesche T. 42 n. 13, mortai Brixia da 45 mm. n. 4, mortai da 81 n. 6, cannoni<br />
anticarro da mm. 37 n. 3. Munizionamento: cartucce <strong>per</strong> moschetto n. 36.500, cartucce <strong>per</strong><br />
fucile mitragl. 62.000, cartucce <strong>per</strong> mitragliatrice T. 42 n. 110.000, proiettili <strong>per</strong> pezzi da 37 mm.<br />
n. 1.344, bombe a mano n. 4.000. Automezzi efficienti: Autocarri Fross Bussing n. 6, Autocarri<br />
Ford n. 13, Autovetture n. 2, Motociclette n. 2» (ASV, Prefettura repubblicana 1943-45, Gabinetto,<br />
mazzo 66).<br />
8
Lo scio<strong>per</strong>o generale e <strong>la</strong> repressione nazifascista<br />
Le agitazioni o<strong>per</strong>aie inizialmente indette o provocate, in alcune importanti fabbriche<br />
delle val<strong>la</strong>te biellesi, dagli stessi partigiani, trovavano <strong>la</strong> loro motivazione nel<strong>la</strong> mancata<br />
applicazione dell’accordo firmato il 16 novembre dal rappresentante dell’Unione<br />
industriale del<strong>la</strong> provincia e dal segretario dell’Unione dei <strong>la</strong>voratori dell’industria al<strong>la</strong><br />
presenza del capo del<strong>la</strong> Provincia Michele Morsero.<br />
Questo accordo, che aveva stabilito un aumento del 50 <strong>per</strong> cento del sa<strong>la</strong>rio a partire<br />
dal 23 novembre e una gratifica una tantum di 500 lire da corrispondere agli o<strong>per</strong>ai<br />
al di sopra di sedici anni, era stato disatteso dagli industriali: molti dei quali consideravano<br />
il premio di 500 lire come anticipo sugli aumenti e sostenevano che questi dovevano<br />
riferirsi solo ai minimi sa<strong>la</strong>riali precedenti e non al sa<strong>la</strong>rio reale. In questo contesto,<br />
aggravato dall’aumento dei prezzi degli scarsi generi alimentari, il malcontento e l’inquietudine<br />
aumentarono e si estesero. In partico<strong>la</strong>re tra gli o<strong>per</strong>ai del<strong>la</strong> Valsessera i quali,<br />
potendo contare sul<strong>la</strong> presenza dei partigiani del “Pisacane” e del “Matteotti” che, <strong>per</strong><br />
favorire - e in alcuni casi promuovere - l’astensione dal <strong>la</strong>voro, control<strong>la</strong>vano con blocchi<br />
stradali i centri più importanti del fondovalle, ripresero a scio<strong>per</strong>are nei giorni 16, 17 e<br />
18 dicembre.<br />
Lunedì 20 lo scio<strong>per</strong>o, che proseguiva negli stabilimenti di Coggio<strong>la</strong>, Pray e Crevacuore,<br />
si estese a quelli del<strong>la</strong> valle Strona ed il 21 a scio<strong>per</strong>are con l’appoggio di tutti i<br />
distaccamenti garibaldini biellesi furono gli o<strong>per</strong>ai di tutto il Biellese. Per stroncare l’attività<br />
dei partigiani in Valsesia, in Valsessera, in valle Strona e far cessare lo scio<strong>per</strong>o<br />
degli o<strong>per</strong>ai, il 21 dicembre, giunsero a Borgosesia duecentocinquanta fra militi, sottufficiali<br />
ed ufficiali del 63 o battaglione “M”. Li comandava il 1 o seniore Merico Zuccari 13 ,<br />
al quale il capo del<strong>la</strong> Provincia Morsero aveva fatto <strong>per</strong>venire, alle ore 4 del 21 dicem-<br />
13 Merico Zuccari venne processato - in contumacia - dal Tribunale militare di Mi<strong>la</strong>no nel<br />
1952. Riconosciuto colpevole del reato ascrittogli, il 28 agosto 1952, fu condannato all’ergastolo<br />
con questa sentenza: «Aiuto al nemico (art. 5 dll 27-7-1944 n. 159 in rel. all’art. 51 e 110<br />
c.p.) <strong>per</strong> avere: tra il settembre 1943 ed il maggio 1945, in territorio dello Stato italiano, quale<br />
comandante di un reparto del<strong>la</strong> Gnr forze armate del<strong>la</strong> pseudo repubblica sociale italiana (prima<br />
63 o battaglione “M” e poi legione “Tagliamento”) con azione diretta, o con ordini ed istruzioni<br />
a propri dipendenti, e col consentire l’azione di questi in tale senso, commesso fatti intesi<br />
a favorire le o<strong>per</strong>azioni militari ed i disegni politici del tedesco nemico invasore, a nuocere<br />
alle o<strong>per</strong>azioni delle forze armate del legittimo Stato italiano, ed a menomare <strong>la</strong> fedeltà dei<br />
cittadini dello Stato stesso: partecipando al<strong>la</strong> lotta contro i partigiani <strong>per</strong> <strong>la</strong> guerra di liberazione;<br />
attuando e facendo attuare, anche contro popo<strong>la</strong>zioni civili, rastrel<strong>la</strong>menti, sevizie,<br />
uccisioni, saccheggi, incendi e distruzioni, sequestri di <strong>per</strong>sone ed arbitrarie <strong>per</strong>quisizioni»<br />
(P. AMBROSIO, “In nome del popolo italiano”, in “l’impegno”, a. V, n. 2, giugno 1985, p. 3. Sul<br />
processo a Zuccari si veda anche Quando bastava un bicchiere d’acqua. Processo al<strong>la</strong><br />
legione “Tagliamento”. Requisitoria del dr. Egidio Liberti, Borgosesia, <strong>Istituto</strong> <strong>per</strong> <strong>la</strong> <strong>storia</strong><br />
del<strong>la</strong> <strong>Resistenza</strong> in provincia di Vercelli, 1980, pp. 30-70).<br />
9
e, un promemoria con notizie sul<strong>la</strong> situazione in Valsesia e nel Biellese e delle «direttive<br />
<strong>per</strong> azioni contro i ribelli» 14 .<br />
L’occupazione di Borgosesia avvenne inaspettatamente il mattino del 21 e Zuccari,<br />
<strong>per</strong> rendere più intimidatoria l’o<strong>per</strong>azione, fece insediare il comando del battaglione in<br />
municipio, predispose posti di blocco nelle più importanti vie di accesso al<strong>la</strong> città, ordinò<br />
un rastrel<strong>la</strong>mento, nel centro urbano e nelle frazioni, di tutti gli uomini trovati sul<br />
posto. Uomini i quali, dopo il loro fermo, dovevano essere portati al Comando <strong>per</strong> accertare<br />
se fra loro ci fossero col<strong>la</strong>boratori dei partigiani.<br />
Questa ostentazione di forza non intimorì <strong>per</strong>ò i partigiani di Moscatelli, che non<br />
<strong>per</strong>sero tempo nell’attaccare i fascisti. Negli scontri tra partigiani e due pattuglie fasciste,<br />
che avvennero nelle frazioni Agnona e Aranco di Borgosesia nello stesso pomeriggio<br />
del 21, morirono due militi e Angelo Bertone, il primo partigiano valsesiano caduto<br />
in combattimento.<br />
La morte dei due militi accrebbe in Zuccari e nei suoi uomini <strong>la</strong> volontà di dimostrare<br />
14 In questo documento Morsero segna<strong>la</strong>va che i centri ove i ribelli avevano svolto <strong>la</strong> loro<br />
azione delittuosa erano: «Varallo, Scopa, A<strong>la</strong>gna, Borgosesia, Crevacuore, Coggio<strong>la</strong>, Pray,<br />
Trivero, Portu<strong>la</strong>, Serravalle, Mosso Santa Maria, Valle Mosso, Andorno Micca, Tollegno,<br />
Pralungo, Biel<strong>la</strong>, Pollone, Graglia, Sordevolo, Occhieppo, Netro, Piedicavallo, Gattinara, Cossato<br />
[...] - secondo le informazioni più o meno attendibili - i gruppi o<strong>per</strong>anti avevano quasi<br />
sempre una forza oscil<strong>la</strong>nte tra i 10 ed i 70 uomini. Solo a Crevacuore si è detto esserne circa<br />
250. Alcuni gruppi di ribelli si dice avrebbero il Comando e si raccoglierebbero nelle seguenti<br />
località: Zona Cima Cucco (circa 300) - Zona di Oropa (Monte Mucrone) - Moncerchio (vi<br />
dovrebbe essere <strong>la</strong> banda di Moscatelli di Borgosesia - Zona Cellio-Breja dorsale Sesia-Lago<br />
d’Orta) - nel<strong>la</strong> cascina Campanile nei pressi di Mosso Santa Maria si riunirebbero dei ribelli,<br />
così in una vil<strong>la</strong> di un industriale biellese - nei pressi di San Paolo Cervo - vi era e vi è ancora<br />
un comando di ribelli [...] Sono discretamente riforniti di viveri, molto bene in denaro. Sono<br />
<strong>per</strong>lopiù bene armati. Qualche reparto pare abbia anche cannoni. Le bande sono composte<br />
da elementi eterogenei (ex militari-comunisti-prigionieri anglo-americani tra i quali qualche<br />
ufficiale inglese giovani del 24-25) [...] Le popo<strong>la</strong>zioni in genere danno aiuto e si manifestano<br />
favorevoli a detti elementi. Azione dei Carabinieri: negativa».<br />
Nelle “direttive” sui “Concetti di massima <strong>per</strong> le o<strong>per</strong>azioni a svolgersi” che, secondo<br />
Morsero, si sarebbero dovute tradurre in «dimostrazioni di forza-ripristino dell’autorità in<br />
determinate zone et paesi-neutralizzazione dei ribelli et loro struttura-rastrel<strong>la</strong>mento e fermo<br />
favoreggiatori», affermava: «Poiché le bande o<strong>per</strong>ano improvvisamente ed in paesi molto<br />
distanti tra essi e Vercelli e sono sempre autocarrate, non è sufficiente fare “le puntate” e<br />
rientrare in sede a Vercelli [...] Occorre portarsi con forte contingente di truppa (bene armata)<br />
in determinate zone, affrontare i ribelli che vi fossero, dare comunque dimostrazione di forza<br />
al<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione, raccogliere informazioni e rastrel<strong>la</strong>re arrestando anche eventuali favoreggiatori<br />
e <strong>per</strong>sone sospette ovvero antinazionali-antifascisti (ove possibile vi saranno forniti anche<br />
nominativi); poi <strong>la</strong>sciare un presidio nel paese più importante e meglio ubicato nel<strong>la</strong> zona<br />
di azione <strong>per</strong> ragione di viabilità, comunicazioni, ecc. [...] Nelle zone ove gli o<strong>per</strong>ai hanno<br />
scio<strong>per</strong>ato <strong>per</strong> intimidazione dei ribelli, si deve far riprendere il <strong>la</strong>voro. In questa partico<strong>la</strong>re<br />
azione dovete servirvi del Funzionario degli Agenti di P.S. del<strong>la</strong> località più vicina [...] Mantenere,<br />
sfruttando tutti i mezzi possibili, il maggior collegamento con lo scrivente, con <strong>la</strong> vostra<br />
base e il Comando del<strong>la</strong> 28 a Legione [...] rimetterci giornalmente entro le ore 18, re<strong>la</strong>zione<br />
generale e succinta dei vari fatti del<strong>la</strong> giornata» (ASV, Prefettura repubblicana 1943-45, Gabinetto,<br />
mazzo 66).<br />
10
ai valsesiani con quanta crudeltà e ferocia i fascisti del 63 o battaglione “M” uccidessero<br />
chiunque avesse dato aiuto di qualsiasi genere ai partigiani, che essi definivano “banditi”.<br />
Alle 11 di mercoledì 22 dicembre, <strong>per</strong> ordine e sotto <strong>la</strong> direzione di Zuccari, dieci<br />
dei fermati del giorno precedente, «<strong>per</strong>sone partico<strong>la</strong>rmente indiziate [...] che le de<strong>la</strong>zioni<br />
avevano indicato come attivi resistenti o comunque favoreggiatori», vennero fuci<strong>la</strong>ti<br />
nel<strong>la</strong> piazza di Borgosesia. Un’altra vittima, l’undicesima, fu un o<strong>per</strong>aio che, <strong>per</strong><br />
un colpo sparatogli proditoriamente da un milite e le <strong>per</strong>cosse ricevute al Comando del<br />
63 o battaglione, morì <strong>la</strong> sera del 22 dicembre all’ospedale di Borgosesia 15 .<br />
Compiuta <strong>la</strong> rappresaglia a Borgosesia, Zuccari al comando del battaglione in autocolonna<br />
puntò su Crevacuore che raggiunse verso le 15. Il comandante fascista, intenzionato<br />
a seminare il terrore tra <strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione di Crevacuore, che simpatizzava e aiutava<br />
i partigiani, dopo aver preso possesso del municipio, ingiunse al delegato del podestà di<br />
radunare gli industriali ai quali si rivolse con parole di minaccia. I militi, intanto, ormai<br />
avvezzi all’uso del<strong>la</strong> violenza di cui si serviva Zuccari, procedevano, su indicazione di<br />
una spia locale, all’arresto di numerosi antifascisti, che <strong>per</strong>cossero, e devastarono diverse<br />
abitazioni 16 .<br />
Uno degli arrestati, un pacifico commerciante sfol<strong>la</strong>to da Torino ingiustamente accusato<br />
di essere comunista ed ebreo, trascinato al Comando del battaglione dai militi,<br />
che gli avevano saccheggiato <strong>la</strong> casa e infierito su di lui <strong>per</strong> le vie del paese, venne, <strong>per</strong><br />
ordine di Zuccari, immediatamente passato <strong>per</strong> le armi da un plotone di esecuzione 17 .<br />
Dopo Crevacuore <strong>la</strong> colonna di Zuccari raggiunse verso sera Cossato. Altra località<br />
con una popo<strong>la</strong>zione che sosteneva <strong>la</strong> lotta partigiana, luogo di residenza di partigiani<br />
autori di c<strong>la</strong>morose azioni 18 .<br />
15 Si veda P. AMBROSIO, Dicembre 1943: iniziano le azioni contro i “ribelli”, cit., p. 20.<br />
I dieci fuci<strong>la</strong>ti furono: Enrico Borandi, Adelio Bricco, Mario Canova, Giuseppe Fontana, Emilio<br />
Galliziotti, Angelo Longhi, Silvio Loss, Giuseppe Osel<strong>la</strong>, Renato Rinolfi, Renato Topini. Virginio<br />
Tognol fu l’undicesima vittima. Nel<strong>la</strong> stessa mattinata del 22 a Pray due partigiani del<br />
“Matteotti” uccisero un ufficiale fascista e ferirono gravemente il graduato che era con lui<br />
ed a Coggio<strong>la</strong> altri loro compagni arrestarono e portarono al “campo” alcuni iscritti al fascio<br />
repubblicano del paese. O<strong>per</strong>azione sul<strong>la</strong> quale un “Pro memoria”, non datato, del<strong>la</strong> Prefettura<br />
repubblicana di Vercelli annotava: «Fonte fiduciaria informa che i banditi comunisti hanno<br />
prelevato in Coggio<strong>la</strong> le seguenti <strong>per</strong>sone iscritte al Partito Nazionale Repubblicano (nel<strong>la</strong><br />
giornata di ieri) Segretario Politico Gambetti Carlo Cc. Nn. scelta, Micotti Dante, Rag. Fizzotti<br />
Arturo, Daziere Pozzi Mario, Impiegata Sca<strong>la</strong>brino, O<strong>per</strong>aio Duviglio Ezio e forse altri. Gli iscritti<br />
al Pfr in Coggio<strong>la</strong> sono circa 30. I registri degli iscritti al Partito sono in mano ai banditi.<br />
I banditi si troverebbero nelle zone di Viera-Rivò-Alpe Novejs (altezza 1.200 m.). Sino a Viera<br />
si va in auto. Nome dei ribelli che ieri hanno o<strong>per</strong>ato a Coggio<strong>la</strong>: Marabelli Nello di Pray, residente<br />
a Coggio<strong>la</strong>, Debiasi Mimmo, residente a Coggio<strong>la</strong>, Angelino Angelo, Capitano ex<br />
Regio Esercito, Galdini residente a Coggio<strong>la</strong>, Mi<strong>la</strong>nesi (fratello di un milite) residente a Coggio<strong>la</strong>,<br />
Zecca Luciano residente a Coggio<strong>la</strong>» (ASV, Prefettura repubblicana 1943-45, Gabinetto,<br />
mazzo 65).<br />
16 Su questo episodio e altri re<strong>la</strong>tivi al<strong>la</strong> <strong>Resistenza</strong> in Valsessera si veda A. ORSI, Un paese<br />
in guerra, Borgosesia, <strong>Istituto</strong> <strong>per</strong> <strong>la</strong> <strong>storia</strong> del<strong>la</strong> <strong>Resistenza</strong> e del<strong>la</strong> <strong>società</strong> contemporanea<br />
in provincia di Vercelli, 1994.<br />
17 Il fuci<strong>la</strong>to si chiamava Remo Fava Frera.<br />
18 In un rapporto del 24 dicembre inviato a tre comandi tedeschi di Torino, al Comando<br />
tedesco ed al capo del<strong>la</strong> provincia di Vercelli, il comandante del Gruppo carabinieri di Vercelli<br />
11
Anche a Cossato il comandante del “Tagliamento” predispose i suoi uomini e si<br />
comportò come a Borgosesia e Crevacuore. Schierò i militi <strong>per</strong> le vie del paese, sguinzagliò<br />
delle pattuglie nelle case e, insediato il comando in municipio, convocò il podestà<br />
che venne pesantemente minacciato e svil<strong>la</strong>neggiato. Prima di <strong>la</strong>sciare Cossato e rientrare<br />
in serata col battaglione a Vercelli, Zuccari ricorse ancora una volta al terrorismo<br />
<strong>per</strong> intimidire <strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione: due <strong>per</strong>sone che - a dire dei militi che le avevano arrestate<br />
nelle proprie abitazioni - erano state trovate in possesso di armi, vennero, su suo ordine,<br />
fuci<strong>la</strong>te nel<strong>la</strong> piazza principale 19 .<br />
Sul suo comportamento a Cossato Zuccari alle ore 19.20 del 22 dicembre comunicava<br />
al segretario partico<strong>la</strong>re di Morsero, Enzo Lipartiti: «Stamane dalle 11 alle 12 un<br />
gruppo di ribelli a Cossato hanno devastato il Municipio <strong>la</strong> Caserma dei Carabinieri, <strong>la</strong><br />
Gil ed altri uffici pubblici. La popo<strong>la</strong>zione ha preso parte attiva al<strong>la</strong> dimostrazione svento<strong>la</strong>ndo<br />
bandiere rosse e salutando col pugno chiuso. Arrivato a Cossato attraverso<br />
Crevacuore col battaglione ove ho fatto fuci<strong>la</strong>re un ebreo favoreggiatore di ribelli, ho<br />
arrestato un buon numero di ribelli, in possesso di armi e munizioni. Ho intenzione di<br />
fuci<strong>la</strong>rne parecchi. Chi non si presenterà al <strong>la</strong>voro sarà passibile al<strong>la</strong> pena di morte. Ho<br />
emanato in proposito un bando» 20 .<br />
Ma le atrocità commesse a Borgosesia, Crevacuore e Cossato dai militi del 63 o battaglione<br />
“Tagliamento” non furono le sole, <strong>per</strong>ché a scatenare una rappresaglia non meno<br />
spietata di quel<strong>la</strong> fascista, nel<strong>la</strong> stessa giornata del 22 dicembre, ci pensarono i militari<br />
tedeschi, animati da spirito di vendetta <strong>per</strong> <strong>la</strong> morte di tre loro commilitoni (un ufficiale,<br />
un graduato, un soldato), uccisi dai partigiani del distaccamento “Fratelli Bandiera” il<br />
mattino del giorno precedente 21 .<br />
A Biel<strong>la</strong> le vittime del<strong>la</strong> repressione tedesca furono sette. A Tollegno quattro civili -<br />
due dei quali ragazzi - vennero trucidati dagli uomini di una autocolonna proveniente da<br />
Biel<strong>la</strong>. A Valle Mosche (Campiglia) un civile venne ucciso dal<strong>la</strong> stessa autocolonna che,<br />
scriveva: «Fra i componenti il gruppo di malviventi che alle 13 del 20 corrente, hanno aggredito<br />
<strong>la</strong> caserma dei carabinieri di Cossato, sono stati riconosciuti e sottonotati: Zona Imer da<br />
Cossato, già confinato politico, <strong>per</strong>icoloso; Bonello Diego, del<strong>la</strong> frazione Ronco di Cossato,<br />
<strong>per</strong>icoloso; Angiono - detto il Baraggione - non meglio identificato, <strong>per</strong>icoloso; Rivardo Silvio,<br />
già falegname del<strong>la</strong> tintoria Biellese in Cossato, <strong>per</strong>icolosissimo; Amisano Quinto, non armato<br />
istigava i ribelli ad uccidere il comandante <strong>la</strong> stazione; Bonardi, non meglio indicato, abitante<br />
al<strong>la</strong> frazione Cervo di Cossato, il quale veniva chiamato il capitano dai malviventi. I suddetti<br />
sono attivamente ricercati. Sono in corso indagini <strong>per</strong> <strong>la</strong> loro completa identificazione» (ASV,<br />
Prefettura repubblicana 1943-45, Gabinetto, mazzo 1). Sui fatti di Pray, Coggio<strong>la</strong>, Crevacuore<br />
e Cossato si veda anche C. DELLAVALLE, op. cit., pp. 98-99 e A. POMA - G. PERONA, op. cit., p.<br />
99, i quali erroneamente affermano essere il 23 dicembre il giorno in cui questi accaddero.<br />
19 I fuci<strong>la</strong>ti furono Ivo Boschetti e Giovan Battista Pizzorno.<br />
20 ASV, Prefettura repubblicana 1943-45, Gabinetto, mazzo 65.<br />
21 Dei tre tedeschi uccisi il mattino del 21 dicembre due (l’ufficiale e il graduato) trovarono<br />
<strong>la</strong> morte al bivio tra Tollegno e Pralungo, luogo in cui si erano appostati i partigiani del<br />
“Bandiera” <strong>per</strong> appoggiare e proteggere gli o<strong>per</strong>ai in scio<strong>per</strong>o del<strong>la</strong> valle Cervo. Il terzo, ferito<br />
con una raffica di mitra da una pattuglia dello stesso distaccamento nel<strong>la</strong> salita di Riva,<br />
venne trovato morto nel corridoio di una casa di via Umberto, fronteggiante <strong>la</strong> piazza S.<br />
Cassiano (oggi piazza S. Giovanni Bosco) di Biel<strong>la</strong>.<br />
12
ipartita da Tollegno, risalì <strong>la</strong> valle del Cervo sparando a caso <strong>per</strong> terrorizzare <strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione<br />
22 .<br />
Il mattino del 23 i tedeschi ripresero l’azione terroristica e scelsero come meta del<strong>la</strong><br />
loro spedizione punitiva Valle Mosso, l’importante centro industriale del<strong>la</strong> valle Strona<br />
i cui <strong>la</strong>voratori avevano sempre appoggiato i partigiani e dato un notevole apporto allo<br />
scio<strong>per</strong>o in corso 23 .<br />
Il compito dell’o<strong>per</strong>azione venne affidato dal Comando germanico ad un reparto<br />
militare che, muovendo su camion da Biel<strong>la</strong> e passando <strong>per</strong> Pettinengo, giunse a Valle<br />
Mosso verso metà mattina.<br />
Con scrupolo e meticolosità i militari tedeschi eseguirono un rastrel<strong>la</strong>mento nelle<br />
case del centro e le <strong>per</strong>sone prelevate dalle proprie abitazioni vennero condotte nel<strong>la</strong><br />
piazza del paese, ove altre, già arrestate durante il tragitto, erano in attesa. Tutti i fermati<br />
vennero sottoposti ad un accurato controllo dei documenti, quindi dal<strong>la</strong> cinquantina<br />
di fermati i rastrel<strong>la</strong>tori ne scelsero tre: tre o<strong>per</strong>ai in scio<strong>per</strong>o. «Dodici tedeschi formarono<br />
il plotone di esecuzione e fuci<strong>la</strong>rono i tre messi contro il muro» 24 . Erano le 11.30<br />
del 23 dicembre 1943.<br />
Secondo i piani dei nazisti e dei fascisti il loro terrorismo, deliberatamente atroce<br />
contro inermi cittadini, avrebbe dovuto suscitare tra i biellesi rancore e ostilità nei confronti<br />
dei partigiani. Ma quel<strong>la</strong> reazione antipartigiana, dopo <strong>la</strong> feroce repressione che<br />
aveva atterrito <strong>la</strong> gente e sul<strong>la</strong> quale i nazifascisti contavano <strong>per</strong> tagliare il legame tra<br />
popo<strong>la</strong>zione e garibaldini, non ci fu. Le aspettative dei nazifascisti non si avverarono:<br />
proprio gli o<strong>per</strong>ai e il ceto popo<strong>la</strong>re più colpito tramutarono il dolore <strong>per</strong> le rappresaglie<br />
in un duraturo odio <strong>per</strong> gli oppressori.<br />
22 Le vittime del<strong>la</strong> rappresaglia nazista furono: Angelo Cena ucciso a Biel<strong>la</strong> il 21 dicembre;<br />
Basilio Bianchi, partigiano del “Mameli”, Carlo Gardino, Norberto Minarolo, Aurelio Mosca,<br />
Pierino Mosca, Francesco Sassone fuci<strong>la</strong>ti a Biel<strong>la</strong> il 22 dicembre; Giacomo Janno, Angelo<br />
Martinazzo, Pietro Pastore, Alfonso Strippoli uccisi a Tollegno il 22 dicembre; Giuseppe Mosca<br />
Zunca ucciso a Valle Mosche (Campiglia Cervo) il 22 dicembre; Gino Camozza, Ugo Lanzone,<br />
Francesco Panichi fuci<strong>la</strong>ti il 23 dicembre a Valle Mosso.<br />
23 Durante le giornate di agitazione e di scio<strong>per</strong>o degli o<strong>per</strong>ai biellesi Ermanno Angiono<br />
“Pensiero”, il giovane comandante del “Piave”, il 22 dicembre parlò agli scio<strong>per</strong>anti di Cossato<br />
e Valle Mosso e Francesco Moranino “Gemisto”, comandante del “Pisacane”, nei giorni<br />
16, 17 e 18 dicembre si rivolse agli o<strong>per</strong>ai in scio<strong>per</strong>o di Crevacuore, Coggio<strong>la</strong> e Ponzone.<br />
L’intervento dei due comandanti garibaldini fu il momento più alto dell’incontro tra o<strong>per</strong>ai e<br />
partigiani e di entrambi accrebbe il prestigio e <strong>la</strong> popo<strong>la</strong>rità.<br />
24 Da una testimonianza di Edda Panichi in “La pulce di Valle Mosso”, n. 4, marzo 1983.<br />
13
Il “Pisacane” a Postua. Nuovi scio<strong>per</strong>i o<strong>per</strong>ai<br />
L’azione di rappresaglia dei nazifascisti cessò dopo l’eccidio di Valle Mosso, <strong>per</strong>ò in<br />
Valsessera e nel<strong>la</strong> valle Strona <strong>la</strong> presenza intimidatoria di reparti del 63 o battaglione “M”<br />
e tedeschi 25 si intensificò.<br />
Per i partigiani dei distaccamenti “Piave”, “Matteotti” e “Pisacane” l’arrivo improvviso<br />
di reparti nemici autotrasportati in località delle sopraddette val<strong>la</strong>te creò ulteriori<br />
problemi negli spostamenti. Per le squadre e le pattuglie dei garibaldini fu quindi giocoforza<br />
muoversi con più circospezione. Tanto più che al<strong>la</strong> rete stradale che univa i centri<br />
più importanti delle due val<strong>la</strong>te, un’altra rete secondaria, ma pur sempre carrozzabile,<br />
collegava le numerose frazioni esistenti nel<strong>la</strong> zona.<br />
La nuova situazione creatasi dopo il 23 dicembre non impedì tuttavia che nel<strong>la</strong> giornata<br />
del 25 dicembre i partigiani del “Piave”, del “Matteotti” e del “Pisacane” effettuassero<br />
azioni a Mottalciata, Coggio<strong>la</strong> e Crevacuore, mentre nello stesso giorno a Crocemosso<br />
ci fu uno scontro a fuoco tra un reparto tedesco ed uno fascista 26 . Oltre ai nuovi<br />
rischi che i partigiani potevano correre quando scendevano “in basso”, l’arrivo dell’inverno<br />
rese ancora più dura <strong>la</strong> loro vita “in montagna”. Il freddo e le nevicate di novembre<br />
e di dicembre che, al di sopra dei 1.000 metri, avevano su<strong>per</strong>ato i cinquanta centimetri,<br />
peggiorarono le condizioni di vita nelle baite disagevoli e malsane.<br />
Le numerose corvée cui i partigiani dovevano sottoporsi <strong>per</strong> portare alle loro basi i<br />
25 Sul<strong>la</strong> entità delle truppe tedesche impiegate nel Biellese nei giorni di cui si par<strong>la</strong>, <strong>la</strong> so<strong>la</strong><br />
notizia al riguardo è contenuta nel resoconto di una conversazione telefonica avvenuta tra<br />
il capo del<strong>la</strong> provincia Morsero e il ministro dell’Interno Guido Buffarini alle ore 12.40 del 21<br />
dicembre, da cui risulta che Morsero «ha confermato <strong>la</strong> situazione critica che si va diffondendo<br />
sempre più. Ha messo in partico<strong>la</strong>re evidenza lo scio<strong>per</strong>o totalitario [...] che il Battaglione<br />
“M”, avuto dei rinforzi, o<strong>per</strong>ava a Borgosesia e che Compagnia tedesca aveva raggiunto<br />
Biel<strong>la</strong>” (ASV, Prefettura repubblicana 1943-45, Gabinetto, mazzo 65). A Biel<strong>la</strong> in quel<br />
momento aveva sede un comando piazza ed a Vercelli vi era il Comando del 15 o reggimento<br />
di polizia germanica.<br />
26 Su questo fatto Morsero inviò al generale Nicchiarelli un fonogramma in cui fra l’altro<br />
affermava: «Giornata 25 corrente verso ore 10 <strong>per</strong> errore dovuto at equivoco ritenendosi<br />
reciprocamente partigiani verificavasi at distanza scontro at fuoco tra reparti battaglione “M”<br />
o<strong>per</strong>anti zona propria competenza del<strong>la</strong> Vallemosso et Valsesia in località Crocemosso-<br />
-Vallemosso con reparto tedesco di presidio a Biel<strong>la</strong> destinato o<strong>per</strong>are quel settore et insaputamente<br />
portatosi zona Valle Mosso punto Nostro reparto aveva tre feriti et un morto dovuto<br />
pare specialmente colpo mortaio punto Non ancora avuto notizie <strong>per</strong>dite tedesche punto<br />
Chiarito immediatamente doloroso equivoco entrambi reparti riunivansi at Crocemosso <strong>per</strong><br />
esaminare eventuale ulteriore sviluppo azione poi rientravano rispettive sedi punto Fatto<br />
ancora presente comandi tedeschi assoluta necessità maggiore contatto et collegamento tra<br />
truppe comunque o<strong>per</strong>anti punto Rinnovata eguale raccomandazione anche comando nostri<br />
reparti punto Non si esclude che incidente sia stato causato at o<strong>per</strong>a partigiani richiedenti<br />
improvviso intervento tedeschi ovvero indicando at questi come banda ribelli nostro reparto<br />
punto» (ASV, Prefettura repubblicana 1943-45, Gabinetto, mazzo 65).<br />
14
viveri e <strong>la</strong> guardia di due o tre ore, che di notte, ed a turno, dovevano fare al “campo”,<br />
affaticavano non poco quei giovani in armi. Ma molti partigiani, anche se male equipaggiati<br />
e ancor peggio calzati, cantavano: «Accorriamo al grido che sorge che ci chiama<br />
l’Italia salvar...».<br />
Il 5 gennaio 1944 il distaccamento “Pisacane”, ubbidendo alle direttive diramate dal<br />
Partito comunista e dal Comando generale dei garibaldini sull’opportunità di costituire<br />
delle zone control<strong>la</strong>te dai partigiani, in cui prefigurare <strong>la</strong> futura democrazia, <strong>la</strong>sciò <strong>la</strong><br />
base delle Piane di Roncole e si spostò a Postua. Un piccolo centro di una valle situata<br />
tra <strong>la</strong> Valsessera e <strong>la</strong> Valsesia in cui scorre il torrente Strona, collegato a Crevacuore da<br />
una carrozzabile di pochi chilometri 27 . L’iniziativa del “Pisacane”, che, <strong>per</strong> il momento<br />
in cui avveniva, era una dimostrazione di vitalità contro i nazifascisti, infuse fiducia agli<br />
abitanti del<strong>la</strong> Valsessera, in partico<strong>la</strong>re agli o<strong>per</strong>ai i quali contavano molto sull’appoggio<br />
dei partigiani alle loro richieste o agitazioni.<br />
Venerdì 7 gennaio a Biel<strong>la</strong> alcune centinaia di o<strong>per</strong>ai dei <strong>la</strong>nifici G. Rivetti & Figli,<br />
trasgredendo ancora una volta le leggi che vietavano le agitazioni e gli scio<strong>per</strong>i, interrup<strong>per</strong>o<br />
il <strong>la</strong>voro <strong>per</strong> protestare contro una detrazione sa<strong>la</strong>riale che ritenevano ingiusta 28 .<br />
Il giorno dopo il commissario Nardocci del<strong>la</strong> Questura di Vercelli, recatosi a Biel<strong>la</strong><br />
di primo mattino <strong>per</strong> rendersi conto del<strong>la</strong> “vera situazione”, constatò che «allo stabilimento<br />
Rivetti parte degli o<strong>per</strong>ai scio<strong>per</strong>avano pur rimanendo nei rispettivi reparti» e<br />
una analoga situazione esisteva nel <strong>la</strong>nificio Rista e in altri stabilimenti di Biel<strong>la</strong>.<br />
Le autorità, di fronte al <strong>per</strong>durare e all’estendersi dello scio<strong>per</strong>o, ricorsero al<strong>la</strong> forza<br />
e inviarono nel «maggior opificio di proprietà del conte Rivetti» un reparto di militari.<br />
Insieme ai cinquanta soldati tedeschi comandati da un tenente c’erano Nardocci, il<br />
capitano dei carabinieri, il commissario prefettizio e agenti di Ps. Vennero radunati gli<br />
o<strong>per</strong>ai e Nardocci ingiunse loro di «cessare lo scio<strong>per</strong>o e riprendere immediatamente il<br />
<strong>la</strong>voro». Pressione venne fatta anche dal comandante tedesco e dal commissario pre-<br />
27 Sul<strong>la</strong> occupazione di Postua il podestà, in una lettera al capo del<strong>la</strong> provincia di Vercelli<br />
del 10 gennaio 1944, scriveva: «La sera del 5 gennaio u.s. una squadra armata di 40/50 ribelli<br />
stanziata sui monti del<strong>la</strong> val<strong>la</strong>ta dello Strona è scesa nell’abitato, prendendo alloggio presso<br />
le scuole. Dopo una <strong>per</strong>manenza di quattro giorni ed in seguito all’interessamento delle Autorità<br />
locali, i predetti furono fatti sloggiare e si portarono in una casa privata dove alloggiano<br />
tutt’ora. Dalle aule sco<strong>la</strong>stiche nul<strong>la</strong> fu asportato; mentre dall’Ufficio comunale risultano<br />
asportati i ruoli <strong>per</strong> l’esazione delle imposte e tasse erariali, sindacali e comunali 1944, oggetti<br />
di cancelleria, stampati vari ecc. Del fatto è stato informato il Comando dei carabinieri di Serravalle<br />
<strong>per</strong> le necessarie segna<strong>la</strong>zioni» (ASV, Prefettura repubblicana 1943-45, Gabinetto, mazzo<br />
65). 28 Per questa astensione dal <strong>la</strong>voro Morsero inviò il giorno stesso un «fonogramma urgentissimo»<br />
al Ministero degli Interni a Maderno - in cui fra l’altro affermava: «Zona Biel<strong>la</strong><br />
oggi parziale scio<strong>per</strong>o maestranze Ditta Rivetti <strong>per</strong>ché non vorrebbero detrazione premio<br />
500 Lire da gratifica natalizia 192 ore. Minacciasi scio<strong>per</strong>o totale detta Ditta e forse altre.<br />
Disposto domani presenza rappresentante Sindacale et servizio funzionario et Agenti <strong>per</strong><br />
ultimo invito et diffida. Precisato che farò agire Forze Armate italo-tedesche se non riprenderanno<br />
subito <strong>la</strong>voro. Giudico pregiudizievole tutti fini continuare ancora tergiversare. Est<br />
invece assolutamente necessario dare avviso segno evidente forza Autorità. Diffidati Industriali<br />
at offrire gratifiche o comunque fare rinunce at favore o<strong>per</strong>ai in contrasto tassative<br />
disposizioni Commissariato Nazionale Lavoro» (ASV, Prefettura repubblicana 1943-45, Gabinetto,<br />
mazzo 65).<br />
15
fettizio, ma gli o<strong>per</strong>ai non ripresero il <strong>la</strong>voro. Alle 11.30 Nardocci, vista <strong>la</strong> «situazione<br />
grave», ordinò di arrestare «undici uomini e diciassette donne» fra gli scio<strong>per</strong>anti più<br />
indiziati di essere i «sobil<strong>la</strong>tori» dello scio<strong>per</strong>o. Gli arrestati vennero fatti salire su un<br />
autocarro e, scortati da «sei soldati tedeschi con mitragliatori e agenti», tradotti immediatamente<br />
nelle carceri di Vercelli.<br />
La risposta o<strong>per</strong>aia al<strong>la</strong> pesante intimidazione delle autorità nazifasciste non si fece<br />
attendere: «Alle ore 15.30 lo stabilimento Rivetti di Biel<strong>la</strong> scio<strong>per</strong>ava in pieno con circa<br />
tremi<strong>la</strong> o<strong>per</strong>ai. Al<strong>la</strong> Fi<strong>la</strong>tura Biellese scio<strong>per</strong>avano cento o<strong>per</strong>ai. Allo stabilimento fratelli<br />
Bertotto quattrocento o<strong>per</strong>ai. Allo stabilimento Badà venti o<strong>per</strong>ai. Allo stabilimento Simone<br />
Federico e figli 150 o<strong>per</strong>ai. Allo stabilimento Reda 150 o<strong>per</strong>ai» 29 .<br />
Alle ore 17 dello stesso 8 gennaio il capo del<strong>la</strong> provincia Morsero, «<strong>per</strong> fronteggiare<br />
scio<strong>per</strong>o o<strong>per</strong>ai minacciato anche <strong>per</strong> lunedì mattina nel<strong>la</strong> zona di Biel<strong>la</strong>», invitò Zuccari<br />
a voler disporre affinché almeno «una compagnia rinforzata» del 63 o battaglione “M”<br />
fosse trasferita «al più presto e non oltre le primissime ore del mattino» di domenica 9<br />
a Biel<strong>la</strong>.<br />
Lunedì 10 gennaio, nonostante <strong>la</strong> presenza intimidatrice delle pattuglie di militi del<br />
63 o battaglione, inviate a sorvegliare varie fabbriche di Biel<strong>la</strong> e le fermate delle linee tranviarie,<br />
lo scio<strong>per</strong>o continuò negli stabilimenti in cui era iniziato venerdì e venne pure<br />
attuato dagli o<strong>per</strong>ai di altri stabilimenti.<br />
Diversa fu invece l’azione tendente ad ottenere il pagamento delle centonovantadue<br />
ore che si sviluppò in Valsessera, nel Ponzone e nel Triverese il giorno 11. A prendere<br />
l’iniziativa in queste zone furono i garibaldini dei distaccamenti “Pisacane” e “Matteotti”<br />
che, <strong>per</strong> forzare le ditte a pagare, fecero uscire i <strong>la</strong>voratori dalle fabbriche e portarono<br />
nelle loro basi, <strong>per</strong>ché si opponevano alle richieste o<strong>per</strong>aie, due industriali fra i più<br />
noti e rappresentativi del<strong>la</strong> Valsessera 30 .<br />
29 ASV, Prefettura repubblicana 1943-45, Gabinetto, mazzo 65. Sul<strong>la</strong> causa dello scio<strong>per</strong>o il<br />
questore di Vercelli, nel comunicare a Morsero quanto il Nardocci gli aveva riferito, scriveva:<br />
«Detto Commissario si è convinto che lo scio<strong>per</strong>o ha sfondo sovversivo e non economico<br />
e ritiene che i datori di <strong>la</strong>voro non siano estranei al movimento. Ha chiesto ai dirigenti dello<br />
stabilimento Rivetti se nel<strong>la</strong> eventualità che venisse accordato l’aumento gli o<strong>per</strong>ai fossero<br />
soddisfatti, ma questi hanno risposto che si ritornerebbe sempre da capo, <strong>per</strong>ché invece di<br />
denari gli o<strong>per</strong>ai vorrebbero doppia razione di generi razionati» (ibidem).<br />
30 Sull’intervento partigiano il questore in data 11 gennaio comunicava al capo del<strong>la</strong> provincia:<br />
«Questa mattina ribelli presentatisi stabilimento Bozzal<strong>la</strong> e Lesna di Coggio<strong>la</strong> pretendevano<br />
che venissero pagate agli o<strong>per</strong>ai le 192 ore. Al rifiuto del direttore hanno fatto uscire<br />
le maestranze dallo stabilimento. Dopo circa un quarto d’ora si ripresentavano dal direttore<br />
che prelevavano come ostaggio, dichiarando che l’avrebbero ri<strong>la</strong>sciato so<strong>la</strong>mente quando<br />
sarebbero state pagate le 192 ore suddette. Il direttore risponde al nome di Hary Luigi. Stessi<br />
ribelli si portavano quindi dal<strong>la</strong> ditta Barberis Canonico Giovanni di Pratrivero, obbligando<br />
gli o<strong>per</strong>ai ad uscire dallo stabilimento. In seguito si portavano dal<strong>la</strong> ditta Ermenegildo Zegna<br />
di Trivero ed al<strong>la</strong> fi<strong>la</strong>tura Piemonte sempre obbligando gli o<strong>per</strong>ai ad astenersi dal <strong>la</strong>voro»<br />
(ASV, Prefettura repubblicana 1943-45, Gabinetto, mazzo 65). Il giorno 12 il capo del<strong>la</strong> provincia<br />
Morsero inviò al Comando polizia tedesco di Vercelli questo fonogramma a mano: «Informasi<br />
che 1000 o<strong>per</strong>ai stabilimento Bozzal<strong>la</strong> di Coggio<strong>la</strong> - 880 o<strong>per</strong>ai stabilimento Zegna di<br />
Trivero - 1000 o<strong>per</strong>ai stabilimento Fi<strong>la</strong> di Coggio<strong>la</strong> già assenti dal <strong>la</strong>voro da ieri non si sono<br />
presentati <strong>per</strong> paura rappresaglie. Direttore Amministrativo stabilimento Bozzal<strong>la</strong> ancora trattenuto<br />
ribelli» (ASV, Prefettura repubblicana 1943-45, Gabinetto, mazzo 65).<br />
16
Il risoluto intervento dei partigiani in favore degli o<strong>per</strong>ai convinse le ditte del<strong>la</strong> Valsessera<br />
e delle zone limitrofe a soddisfare le richieste dei <strong>la</strong>voratori. Fu poi <strong>la</strong> volta degli<br />
imprenditori delle altre val<strong>la</strong>te biellesi e di Biel<strong>la</strong>, i quali non poterono più tergiversare e<br />
furono costretti a dare ai propri dipendenti quanto era già stato corrisposto ai <strong>la</strong>voratori<br />
delle altre ditte.<br />
Nell’indurre gli industriali valsesserini ad accettare le richieste o<strong>per</strong>aie, decisivo fu<br />
il ruolo del “Pisacane”, nel<strong>la</strong> cui sede di Postua, oltre a parenti, amici e col<strong>la</strong>boratori dei<br />
partigiani, si recarono industriali <strong>per</strong> discutere con “Gemisto” (Francesco Moranino) i<br />
problemi re<strong>la</strong>tivi agli spacci aziendali ed alle forniture militari ai tedeschi.<br />
Il dinamismo del “Pisacane”, in alcune circostanze marcatamente antipadronale, sancì<br />
<strong>la</strong> definitiva rottura tra i partiti del Cln ed i comunisti, ai quali le forze antifasciste moderate<br />
e conservatrici attribuivano <strong>la</strong> responsabilità del<strong>la</strong> situazione che si era venuta a<br />
creare nel Biellese a causa degli scio<strong>per</strong>i, ma che di fatto erano stati <strong>la</strong>sciati soli nell’organizzare<br />
e dirigere <strong>la</strong> lotta armata contro i nazifascisti. Per le autorità provinciali nazifasciste<br />
invece, <strong>la</strong> presenza a Postua dei partigiani, le cui iniziative rafforzavano i loro<br />
rapporti con <strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione, diventava, col passare dei giorni, un problema politico serio<br />
da risolvere presto. Il fatto poi che i tito<strong>la</strong>ri dei <strong>la</strong>nifici Trabaldo Pietro Togna di Pray e<br />
Bozzal<strong>la</strong> & Lesna di Coggio<strong>la</strong> avessero avuto approcci <strong>per</strong> dirimere questioni inerenti<br />
al<strong>la</strong> produzione dei loro stabilimenti con il Comando del “Pisacane”, mandava in furia i<br />
fascisti che accusavano molti industriali di fare il doppio gioco e creava un precedente<br />
che i tedeschi non potevano accettare.<br />
Intanto i partigiani dei distaccamenti “Bixio”, “Mameli”, “Bandiera” 31 e “Piave”, dopo<br />
le azioni in appoggio agli o<strong>per</strong>ai in scio<strong>per</strong>o, erano ritornati alle loro basi. Praticamente<br />
iso<strong>la</strong>ti, alle prese con crescenti problemi <strong>per</strong> il rifornimento di viveri, essi erano<br />
preoccupati <strong>per</strong> come <strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione, ed in partico<strong>la</strong>re gli o<strong>per</strong>ai, si sarebbero comportati<br />
nei loro confronti in seguito al<strong>la</strong> rappresaglia attuata dai nazifascisti nelle giornate<br />
tra il 21 e il 23 dicembre. Una barbara ritorsione, pagata con decine di vittime inermi, <strong>la</strong><br />
cui responsabilità i nazifascisti cercavano di far ricadere sui partigiani, che avevano<br />
osato colpire a morte appartenenti alle loro forze armate. Ma il tentativo dei tedeschi e<br />
dei repubblichini di criminalizzare i partigiani <strong>per</strong> dividere il popolo da essi non riuscì.<br />
In breve tempo vennero ristabiliti i collegamenti tra i distaccamenti e <strong>la</strong> rete dei col<strong>la</strong>boratori,<br />
il che consentì ai partigiani di compiere nuovamente azioni in tutto il Biellese 32 .<br />
Purtroppo, l’impossibilità di dare ai giovani partigiani - molti dei quali non avevano<br />
mai sparato un colpo - un’adeguata istruzione all’uso delle armi e l’eccessiva disinvoltura<br />
con cui queste venivano maneggiate, fu causa del<strong>la</strong> morte di alcuni di essi. Pierino<br />
Mi<strong>la</strong>nesio (c<strong>la</strong>sse 1925), del distaccamento “Bixio”, <strong>per</strong>se <strong>la</strong> vita il 13 gennaio 1944 <strong>per</strong><br />
un colpo partito accidentalmente dall’arma di un compagno. Per lo stesso motivo Al-<br />
31 Il 24 dicembre il distaccamento “Bandiera” <strong>la</strong>sciava <strong>la</strong> base del monte Cucco. Dei suoi<br />
effettivi una trentina raggiunsero il Bocchetto Sessera, ove si sistemarono in un edificio colà<br />
esistente, mentre alcuni altri si trasferirono al “Bixio” nell’alta valle dell’Elvo.<br />
32 Il 6 gennaio 1944 Morsero telegrafava al Ministero dell’Interno: «In questi giorni gennaio<br />
rinnovatesi azioni sporadiche ribelli quasi in tutte le località ove reparti hanno o<strong>per</strong>ato<br />
rientrando senza possibilità <strong>la</strong>sciare presidi» (ASV, Prefettura repubblicana 1943-45, Gabinetto,<br />
mazzo 65).<br />
17
fonso Manoli (c<strong>la</strong>sse 1925), del distaccamento “Mameli”, morì il 14 gennaio 1944 e<br />
Ferdinando Barazia (c<strong>la</strong>sse 1925), responsabile del mortale incidente, non reggendo al<br />
senso di colpa, il 19 gennaio 1944 si suicidò con il mitra del comandante. Il 24 febbraio<br />
1944 un colpo partito dal<strong>la</strong> propria arma causò <strong>la</strong> morte di Roberto Becchia (c<strong>la</strong>sse<br />
1925), del distaccamento “Piave”.<br />
La ripresa degli scio<strong>per</strong>i nelle fabbriche all’inizio di gennaio confermava che il contributo<br />
dei <strong>la</strong>voratori al<strong>la</strong> lotta di liberazione anziché esaurirsi, si riproponeva con rinnovato<br />
vigore. Ai nazifascisti, verso i quali cresceva l’odio e l’ostilità del<strong>la</strong> gente, <strong>per</strong> cercare<br />
di sconfiggere il movimento di <strong>Resistenza</strong> non restavano che <strong>la</strong> violenza, il sopruso<br />
e l’intimidazione. Venne <strong>per</strong>ciò intensificata l’attività del<strong>la</strong> compagnia del 63 o battaglione<br />
di stanza a Biel<strong>la</strong>, i cui militi, «oltre a procedere a numerosi fermi di <strong>per</strong>sone<br />
sospette ed attingere informazioni sui ribelli e favoreggiatori», nei giorni 12, 13 e 14<br />
gennaio effettuarono puntate con i loro “veloci” autocarri a Masserano, Andorno Micca,<br />
Strona, Mosso Santa Maria. In quest’ultima località, il mattino del 14 gennaio, un<br />
plotone di fucilieri, inviato su «ordine del<strong>la</strong> polizia germanica», riuscì ad intercettare tre<br />
partigiani del “Piave” che erano andati a «prendere il pane». Nello scontro a fuoco che<br />
ebbe luogo <strong>per</strong>se <strong>la</strong> vita Imer Zona “Beretta” - primo caduto del distaccamento -, furono<br />
catturati gli altri due partigiani e morì un milite 33 .<br />
Il ferale avvenimento di Mosso Santa Maria, che <strong>per</strong> <strong>la</strong> sua dinamica presupponeva<br />
da parte dei nazifascisti <strong>la</strong> conoscenza degli itinerari abituali dei partigiani, indusse i<br />
garibaldini non solo ad una maggiore caute<strong>la</strong> nei loro spostamenti, ma anche ad una più<br />
attenta ricerca e individuazione degli informatori e delle spie nemiche <strong>per</strong> <strong>la</strong> loro eliminazione.<br />
Nell’ultima decade di gennaio, <strong>per</strong> boicottare <strong>la</strong> produzione di commesse militari ed<br />
evitare agli o<strong>per</strong>ai <strong>la</strong> reazione nazifascista, squadre di garibaldini ricorsero, in valle Strona<br />
e nel<strong>la</strong> valle Cervo, al sabotaggio di alcuni impianti elettrici, provocando <strong>la</strong> sospensione<br />
dell’erogazione di energia elettrica a diversi stabilimenti industriali 34 .<br />
33 Sull’episodio di Mosso Santa Maria il maresciallo maggiore comandante <strong>la</strong> sezione<br />
carabinieri di Biel<strong>la</strong> comunicava al<strong>la</strong> Prefettura di Vercelli: «Ore 12 oggi 14 corrente località<br />
“Bel<strong>la</strong>ria” di Mosso Santa Maria (Vercelli) gruppo ribelli veniva conflitto con milizia repubblicana<br />
e tedeschi giunti sul posto con due camion. Nel conflitto rimaneva ucciso un ribelle<br />
non potuto identificare e un milite. Ritiensi siano feriti da parte dei ribelli. Due ribelli sono<br />
stati catturati dai militi. Cadavere ribelle è stato trasportato in montagna dai compagni e cadavere<br />
repubblicano trasportato a Biel<strong>la</strong>» (Asv, Prefettura repubblicana 1943-45, Gabinetto,<br />
mazzo 1).<br />
34 Il 23 gennaio alle ore 20.30 al<strong>la</strong> frazione Baraggia di Lessona una squadra del “Piave”<br />
provocò <strong>la</strong> distruzione dei trasformatori del<strong>la</strong> cabina elettrica del<strong>la</strong> S.I.E. Dinamo. Alle ore<br />
20.30 del 24 gennaio partigiani del “Piave” fecero saltare, presso <strong>la</strong> fabbrica Picco di Valle<br />
Mosso, “i macchinari” del<strong>la</strong> centrale “Alta Italia”. Il 26 gennaio, alle ore 10, una squadra del<br />
“Bandiera” danneggiò gravemente le tre turbine del<strong>la</strong> centrale di Bogna (Quittengo) di proprietà<br />
del<strong>la</strong> S.A. Idroelettrica Maurizio Sel<strong>la</strong>. Il 27 gennaio, alle ore 20.30, una pattuglia del<br />
“Piave” arrecò notevoli danni “ai macchinari” del<strong>la</strong> centrale elettrica del<strong>la</strong> Società “Dinamo”<br />
di Valle Mosso. Il mattino del 28 gennaio partigiani del “Piave” si presentarono al direttore<br />
dello stabilimento Zegna di Trivero «al quale dichiaravano che se <strong>la</strong> ditta avesse ancora<br />
consegnato una so<strong>la</strong> pezza di stoffa alle autorità germaniche, avrebbero fatto saltare con <strong>la</strong><br />
dinamite tutto lo stabilimento» (ASV, Prefettura repubblicana 1943-45, Gabinetto, mazzo 66).<br />
18
I tedeschi a Postua. Il 115 o battaglione “M” Montebello a Biel<strong>la</strong><br />
Per far desistere i partigiani dal compiere altri atti di sabotaggio in valle Strona e<br />
porre fine al<strong>la</strong> presenza dei garibaldini a Postua, i tedeschi il 25 gennaio effettuarono<br />
una prima o<strong>per</strong>azione di “polizia militare” finalizzata al<strong>la</strong> distruzione dei tre distaccamenti<br />
che agivano in Valsessera e nel<strong>la</strong> valle Strona. Due val<strong>la</strong>te dove l’attività delle<br />
fabbriche e il comportamento degli industriali erano sempre più condizionati dalle azioni<br />
dei partigiani.<br />
Alle ore 8 del 25 gennaio «un reparto di polizia germanica al comando del tenente<br />
Kraus [...] forte di una sessantina di uomini, <strong>la</strong>rgamente dotati di armi automatiche, di<br />
bombe a mano e di armi portatili, appoggiato da due carri armati pesanti e da una autoblindo<br />
leggera», proveniente dal<strong>la</strong> zona di Varallo dove dal 15 al 24 gennaio avevano<br />
svolto «o<strong>per</strong>azioni di rastrel<strong>la</strong>mento di ribelli» 35 , attaccava il distaccamento “Pisacane”<br />
a Postua.<br />
Era <strong>la</strong> prima volta che i garibaldini biellesi venivano attaccati e <strong>per</strong> una fortuita coincidenza<br />
in visita al “Pisacane” si trovava “Nedo” (Piero Pajetta), l’infaticabile comandante<br />
di brigata <strong>la</strong> cui es<strong>per</strong>ienza fu di grande aiuto nell’apprestare il piano di difesa. I partigiani,<br />
che disponevano di un fucile mitragliatore Breda e di una quarantina di fucili con<br />
scarse munizioni, nel reagire al soverchiante fuoco dei mezzi corazzati e delle avanzanti<br />
Ss, colpirono alcuni nemici ma <strong>la</strong>sciarono sul terreno Pietro Tel<strong>la</strong>roli “Barba” - il primo<br />
caduto del distaccamento - ed un altro partigiano venne ferito seriamente 36 . Costretti<br />
ad abbandonare le postazioni <strong>per</strong> non essere accerchiati, essi si ritirarono da Postua<br />
nelle baite dell’alpe Piane. Qui rimasero alcuni giorni, poi si spostarono a Noveis e presero<br />
dimora nell’Albergo Monte Barone. Occupato l’abitato di Postua, i tedeschi uccisero<br />
un vecchio, arrestarono due civili che, deportati in Germania, non fecero più ritorno,<br />
diedero alle fiamme alcune abitazioni e, a colpi di cannone, incendiarono alcune baite.<br />
Lasciata Postua, i mezzi corazzati e l’autocolonna prima di raggiungere Biel<strong>la</strong> risalirono<br />
<strong>la</strong> Valsessera, dove <strong>per</strong> terrorizzare <strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione le Ss uccisero cinque <strong>per</strong>sone<br />
in località diverse e distrussero coi cannoni dei carri armati diverse baite poste sui pendii<br />
del<strong>la</strong> val<strong>la</strong>ta 37 .<br />
35 Da un rapporto del comandante del Gruppo carabinieri di Vercelli inviato al<strong>la</strong> Prefettura<br />
di Vercelli il 26 gennaio 1944 (ASV, Prefettura repubblicana 1943-45, Gabinetto, mazzo 66).<br />
36 Il ferito, Arrigo Gallian “Russo”, venne salvato dal<strong>la</strong> cattura dalle suore che lo nascosero<br />
nell’asilo.<br />
37 Il vecchio ucciso a Postua era Ettore Viano. I due deportati in Germania si chiamavano<br />
Giacomo Galfione e Benedetto Gallina, <strong>per</strong> i quali si veda ALBERTO LOVATTO, Memoria del<strong>la</strong><br />
deportazione a Postua, in “l’impegno”, a. X, n. 3, dicembre 1990, pp. 12-24. In Valsessera, a<br />
Crevacuore, venne ucciso Vitale Vercel<strong>la</strong> Baglione; a Pray Nice Filera e Aldo Perrone; a Portu<strong>la</strong><br />
Mario Gi<strong>la</strong> e Carlo Angelino Giorset. Sul combattimento di Postua si veda anche FRANCESCO<br />
MORANINO “GEMISTO”, “Fra le vigne con una fascia di colpi da 20 mm. in mezzo al petto. Il<br />
primo combattimento in un paese del<strong>la</strong> Valsessera”, in “Baita”, n. 4, 28 gennaio 1946.<br />
19
I1 26 gennaio, proveniente da Novara, giungeva a Biel<strong>la</strong> il 115 o battaglione “M”<br />
Montebello del<strong>la</strong> Guardia nazionale repubblicana «con 20 ufficiali e 350 uomini di truppa<br />
al comando del Tenente Colonnello Languasco Aurelio» 38 . L’arrivo a Biel<strong>la</strong> del battaglione<br />
“Montebello”, formato da volontari fascisti determinati nel<strong>la</strong> repressione dei<br />
partigiani, rafforzò il dispositivo militare antipartigiano il cui Comando, potendo disporre<br />
di un altro reparto mobile, non tardò ad utilizzarlo <strong>per</strong> il controllo delle valli del Cervo,<br />
dell’EIvo e nel<strong>la</strong> zona del<strong>la</strong> Serra, dove o<strong>per</strong>avano i partigiani del “Bandiera”, del “Mameli”<br />
e del “Bixio”.<br />
Il mattino del 27 gennaio Salvatore Solinas “Cuffia” - primo caduto del “Bandiera”<br />
- venne ucciso a Tavigliano da un reparto tedesco, giunto improvvisamente sul posto,<br />
mentre con altri tre compagni stava ritirando in una panetteria il pane <strong>per</strong> il distaccamento.<br />
La morte di “Cuffia” dovuta - come in casi analoghi - ad una de<strong>la</strong>zione, ripropose ai<br />
partigiani il problema delle spie fasciste: individui del<strong>la</strong> cui attività si avvalevano i nazifascisti<br />
<strong>per</strong> uccidere, catturare, deportare in Germania chi lottava o col<strong>la</strong>borava con <strong>la</strong><br />
<strong>Resistenza</strong>. Per fronteggiare questo <strong>per</strong>icolo tutti i distaccamenti garibaldini intensificarono<br />
<strong>la</strong> caccia alle spie <strong>per</strong> <strong>la</strong> loro soppressione: un provvedimento drastico che si<br />
rese necessario <strong>per</strong> tute<strong>la</strong>re l’incolumità dei singoli partigiani, <strong>la</strong> sicurezza dei distaccamenti,<br />
dare protezione ai col<strong>la</strong>boratori.<br />
In risposta alle sempre più frequenti atrocità nazifasciste, essere imp<strong>la</strong>cabili contro<br />
dirigenti e responsabili del fascismo repubblicano, membri del<strong>la</strong> milizia e del<strong>la</strong> Guardia<br />
nazionale repubblicana, col<strong>la</strong>boratori attivi dei tedeschi e spie, diventò <strong>per</strong> i partigiani<br />
una necessità che non escludeva azioni mirate ad <strong>per</strong>sonam che avessero effetti deprimenti<br />
sul morale del nemico.<br />
In una di queste azioni, compiuta da quattro partigiani del “Bixio” <strong>la</strong> sera del 29<br />
gennaio a Muzzano, che molto scalpore suscitò all’epoca, vennero uccisi il centurione<br />
del<strong>la</strong> milizia Pietro Peraldo, componente del Tribunale speciale di Novara, il commissario<br />
prefettizio di Muzzano e rimasero feriti seriamente un capomanipolo del<strong>la</strong> milizia<br />
che abitava nel<strong>la</strong> stessa casa del Peraldo e il vicecomandante del distaccamento Enzo<br />
Pezzati “Ferrero” 39 .<br />
38 In una nota informativa del 6 marzo 1944 inviata al capo del<strong>la</strong> provincia di Vercelli, il<br />
maggiore Alessandro Manfredi, comandante del 115 o battaglione “M” Montebello, segnalò<br />
che alle ore 10.30 di quel<strong>la</strong> data <strong>la</strong> «forza effettiva» del battaglione era: «Ufficiali 17-Sottufficiali<br />
39-Truppa 344. La forza presente: Ufficiali 16-Sottufficiali 29-Truppa 253. Armamento<br />
e munizionamento in consegna: Elmetti metallici 355 - mortai d’assalto 9 - cassette <strong>per</strong> bombe<br />
mortai 36 - Fucili mitragliatori 9 - cassette portamunizioni 22 - mitragliatrici calibro 8 n. 8 -<br />
cassette portamunizioni <strong>per</strong> mitragliatrici 32 - cartucce <strong>per</strong> fucili mitragliatori 8.000 - bombe<br />
<strong>per</strong> mortai d’assalto 1.215 - cartucce <strong>per</strong> mitragliatrici 20.000 - fucili modello 91 n. 63 - moschetti<br />
91 T.S. 8 - moschetti modello 91 n. 149» (ASV, Prefettura repubblicana 1943-45, Gabinetto,<br />
mazzo 65).<br />
39 Sul<strong>la</strong> uccisione del Peraldo da parte dei partigiani del “Bixio” il comandante del Gruppo<br />
carabinieri di Vercelli in data 7 febbraio 1944 inviò al capo del<strong>la</strong> provincia Morsero un “promemoria<br />
<strong>per</strong>sonale” in cui fra l’altro affermava: «In re<strong>la</strong>zione al<strong>la</strong> Vostra richiesta di accertamenti<br />
fatta al comandante <strong>la</strong> compagnia di Biel<strong>la</strong>, sul conto del maresciallo maggiore Forte<br />
Pietro, comandante <strong>la</strong> stazione di Sordevolo, <strong>per</strong>ché simpatizzerebbe <strong>per</strong> il movimento dei<br />
ribelli nel<strong>la</strong> sua giurisdizione e che, date le sue conoscenze nell’ambito dei ribelli stessi e<br />
20
Lunedì 31 gennaio un’autocolonna di militari germanici dotata di cannoncini, mortai<br />
ed appoggiata da autoblindo puntò su Bagneri: località del<strong>la</strong> valle dell’Elvo ove da<br />
due giorni si trovava il distaccamento “Bixio”. I garibaldini, che disponevano solo di<br />
fucili con poche munizioni, più che a resistere si limitarono a control<strong>la</strong>re e a ostaco<strong>la</strong>re<br />
i movimenti del nemico con qualche colpo di fucile, ritirandosi poi più in alto <strong>per</strong> evitare<br />
l’accerchiamento.<br />
Il mattino del 2 febbraio un’autocolonna tedesca in azione di rastrel<strong>la</strong>mento, dopo<br />
aver raggiunto Oriomosso (Quittengo) nell’alta valle Cervo, attaccò il “Mameli”. Nel<br />
corso dell’o<strong>per</strong>azione, che si protrasse <strong>per</strong> diverse ore, vennero «sparati diversi colpi<br />
di cannone» che provocarono «incendi nei boschi, mentre molte cascine venivano incendiate<br />
dalle truppe stesse» 40 . Al<strong>la</strong> fine del<strong>la</strong> giornata i partigiani, che erano riusciti a<br />
su<strong>per</strong>are <strong>la</strong> prova del rastrel<strong>la</strong>mento senza dar segni di sbandamento, <strong>la</strong>mentavano <strong>la</strong><br />
morte di Pierino Lanati, fatto prigioniero e fuci<strong>la</strong>to dai tedeschi tra le macerie fumanti<br />
delle baite dell’alpe Orio Secco, e <strong>la</strong> distruzione delle modeste riserve di viveri. Costretti<br />
ad abbandonare Orio Secco, sede del distaccamento, gli uomini del “Mameli” ritornarono<br />
nuovamente in una baita del<strong>la</strong> Costa Pessine.<br />
comunque delle <strong>per</strong>sone antirepubblicane del<strong>la</strong> zona, dovrebbe certamente conoscere i retroscena<br />
ed i responsabili morali e materiali dell’uccisione del Centurione Peraldo e del Commissario<br />
prefettizio di Muzzano signor Dondana, il sottufficiale opportunamente interrogato<br />
ha dichiarato che è sua convinzione che l’aggressione predetta è esclusivamente dovuta ad<br />
iniziativa dei ribelli e che fosse diretta soprattutto, e forse unicamente contro il Peraldo il<br />
quale, sia come podestà del comune di Sordevolo prima, sia come giudice componente il<br />
tribunale speciale di Novara, era malvisto da molti. Agli atti di ufficio del<strong>la</strong> compagnia di<br />
Biel<strong>la</strong> sono stati rinvenuti gli allegati esposti contro il Peraldo, allorquando ricopriva <strong>la</strong> carica<br />
di podestà. Da essi si rileva che il Peraldo aveva nell’ambiente vari oppositori e <strong>per</strong>ciò<br />
non è importante che - specie ora che egli era stato chiamato a far parte del tribunale speciale<br />
- abbia attirato verso di sé le attenzioni di quanti lo osteggiavano, che forse gli hanno creato<br />
nell’ambiente dei ribelli quell’atmosfera di odio, senza <strong>la</strong> quale evidentemente essi non avrebbero<br />
osato recarsi a casa sua col determinato proposito di ucciderlo, come infatti è avvenuto.<br />
Dalle indagini sui responsabili morali e tanto meno sugli esecutori materiali, data <strong>la</strong> situazione<br />
- è ovvio dirlo - sono difficili. Il predetto sottufficiale ha dichiarato di non essere assolutamente<br />
in grado di fornire elementi in merito e non ritiene prudente <strong>per</strong> il momento fare<br />
delle indagini finché non migliori <strong>la</strong> situazione locale. Ho proposto il maresciallo Forte <strong>per</strong><br />
trasferimento ad altra sede» (ASV, Prefettura repubblicana 1943-45, Gabinetto, mazzo 66).<br />
40 ASV, Prefettura repubblicana 1943-45, Gabinetto, mazzo 66.<br />
21
Il 63 o battaglione a Pray. La resa del “Matteotti”<br />
Il 2 febbraio Morsero, in una lettera che confermava <strong>la</strong> sudditanza del<strong>la</strong> autorità del<strong>la</strong><br />
Rsi agli occupanti tedeschi, scriveva a Zuccari: «Ho avuto un colloquio col Comandante<br />
Tedesco del<strong>la</strong> Polizia il quale mi ha riferito che, <strong>per</strong> ordine del Generale Comandante<br />
in Capo delle Ss e del<strong>la</strong> Polizia dell’Italia Settentrionale avente sede a Monza, si è ravvisata<br />
<strong>la</strong> opportunità di dividere le zone di competenza <strong>per</strong> eventuali azioni, tra reparti<br />
tedeschi e reparti italiani, e più precisamente che ai reparti tedeschi venga affidata <strong>la</strong><br />
zona del Biellese vero e proprio e cioè ad occidente del<strong>la</strong> strada che congiunge Cossato<br />
a Crocemosso ed al 63 o Btg. <strong>la</strong> zona ad oriente del<strong>la</strong> stessa strada comprendente quindi<br />
<strong>la</strong> Valsessera e <strong>la</strong> Valsesia. Mi ha anche comunicato che vi sono stati accordi tra Voi e<br />
il detto Comando Tedesco» 41 .<br />
Poco dopo accadde un fatto che avrebbe influito sul<strong>la</strong> realizzazione di questa intesa.<br />
Il mattino del 3 febbraio Nedo, Moscatelli e altri tre partigiani provenienti da Rimel<strong>la</strong> e<br />
diretti in Valsessera a bordo di due automezzi, con una fulminea, quanto imprevista azione,<br />
bloccarono un’autovettura tedesca nel cortile del<strong>la</strong> cartiera di Serravalle Sesia e fecero<br />
prigionieri i quattro occupanti: tre alti funzionari civili dell’organizzazione tedesca che<br />
si occupava del<strong>la</strong> produzione bellica nei territori occupati, che venivano da Mi<strong>la</strong>no, e<br />
l’autista italiano. Portati in montagna, i quattro furono <strong>la</strong>sciati in custodia al distaccamento<br />
“Pisacane” e, con il consenso e <strong>la</strong> col<strong>la</strong>borazione degli stessi, venne proposto al<br />
Comando tedesco da cui dipendevano, uno scambio di prigionieri: <strong>la</strong> loro liberazione<br />
contro quel<strong>la</strong> di alcuni col<strong>la</strong>boratori dei partigiani valsesiani da tempo nelle carceri fasciste.<br />
Nel pomeriggio reparti di Ss inviati dal Comando tedesco di Vercelli occuparono<br />
Serravalle e il giorno 4, dopo aver posto l’abitato in stato d’assedio, minacciarono <strong>la</strong><br />
distruzione del paese e del<strong>la</strong> fabbrica se entro le ore 16 di domenica 6 non venivano<br />
liberati i prigionieri 42 .<br />
Quello stesso 4 febbraio Zuccari, in base agli accordi presi con il Comando tedesco<br />
e <strong>per</strong> dare pratica attuazione al piano a suo tempo e<strong>la</strong>borato «contro le note bande di<br />
41 ASV, Prefettura repubblicana 1943-45, Gabinetto, mazzo 66.<br />
42 Una intensa attività venne allora intrapresa dalle autorità locali <strong>per</strong> scongiurare <strong>la</strong> rappresaglia<br />
tedesca mentre <strong>per</strong> <strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione di Serravalle furono ore di paura e di crescente<br />
sgomento che provocarono anche l’esodo di buona parte di essa. Nel tardo pomeriggio di<br />
sabato il Comando tedesco di Verona comunicò al Comando garibaldino valsesiano <strong>la</strong> sua<br />
disponibilità allo scambio dei tre funzionari con quattro patrioti come proposto dai partigiani,<br />
ma solo domenica, poche ore prima del<strong>la</strong> scadenza dell’ultimatum, il commissario prefettizio<br />
di Serravalle poté annunciare al<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione che non vi sarebbe stata più nessuna<br />
rappresaglia e che tutti potevano tornare alle loro case e riprendere le normali attività. Per lo<br />
scambio dei prigionieri, che avvenne il 9 febbraio nei pressi di Quarona, svolse un ruolo importante<br />
padre Giuseppe Russo, del santuario di Rado a Gattinara. Una dettagliata ricostruzione<br />
di questo avvenimento in P. AMBROSIO, Rappresaglia kaputt. Serravalle Sesia, febbraio<br />
1944, Borgosesia, <strong>Istituto</strong> <strong>per</strong> <strong>la</strong> <strong>storia</strong> del<strong>la</strong> <strong>Resistenza</strong> in provincia di Vercelli, 1979.<br />
22
ibelli i cui campi sono all’alpe di Novejs e alle falde del Monte Barone», si trasferì a<br />
Pray con il 63 o battaglione.<br />
Dopo avere insediato il comando del battaglione nel pa<strong>la</strong>zzo comunale di Pray, Zuccari<br />
convocò i podestà, gli industriali ed una rappresentanza di o<strong>per</strong>ai di ogni fabbrica<br />
locale. Nel<strong>la</strong> riunione, che si tenne alle 15, presenti anche i parroci del<strong>la</strong> zona, il comandante<br />
del “Tagliamento”, dopo avere esposto «gli intendimenti del governo repubblicano<br />
e del Comando Militare Germanico», dettò le seguenti «condizioni di resa» <strong>per</strong> i ribelli:<br />
«1 - Ri<strong>la</strong>scio immediato dei quattro sudditi germanici catturati a Serravalle Sesia;<br />
2 - Ri<strong>la</strong>scio di tutti gli ostaggi italiani; 3 - Consegna di tutte le armi; 4 - Presentazione di<br />
tutti i giovani delle c<strong>la</strong>ssi di leva a questo Comando <strong>per</strong> il successivo invio al Distretto<br />
di Vercelli; 5 - Rientro alle città di provenienza di tutti gli altri partigiani non soggetti ad<br />
obblighi di leva; 6 - Consegna di tutti gli stranieri che si trovano nelle bande» 43 .<br />
Dai partigiani Zuccari esigeva una risposta entro le 10 del giorno seguente e <strong>per</strong><br />
aver<strong>la</strong> ordinò ai presenti di costituire un comitato, il quale entro <strong>la</strong> notte avrebbe dovuto<br />
recarsi ai comandi delle bande ribelli <strong>per</strong> imporre le condizioni di resa, minacciando che<br />
se non fossero state accettate, sarebbero state «immediatamente intraprese, d’accordo<br />
con le forze di terra e aeree Germaniche, le o<strong>per</strong>azioni che si [sarebbero ritenute] necessarie<br />
<strong>per</strong> ristabilire <strong>la</strong> situazione» 44 .<br />
Al comitato, formato dal commissario prefettizio di Coggio<strong>la</strong> Carlo Gambetti, da un<br />
industriale di Coggio<strong>la</strong>, dal parroco e da alcuni o<strong>per</strong>ai, recatosi al campo del “Matteotti”<br />
<strong>per</strong> esporre l’ultimatum di Zuccari e fare presente i gravi <strong>per</strong>icoli che si potevano correre<br />
nel caso di un suo rifiuto, rispose Silvio Bertona “Carlo”, respingendo le proposte<br />
e diffidando i membri del comitato dall’effettuare altre visite al distaccamento 45 .<br />
Nel piano di Zuccari l’occupazione stabile di Pray da parte del 63 o battaglione non<br />
era che <strong>la</strong> premessa di quell’ampia manovra che doveva concludersi con l’annientamento<br />
dei distaccamenti “Matteotti”, “Pisacane” e “Piave”. Egli di questo disegno ambizioso<br />
si occupava da tempo e, <strong>per</strong> <strong>la</strong> sua riuscita, sapeva di poter contare anche sul<strong>la</strong><br />
col<strong>la</strong>borazione di attendibili «fonti fiduciarie» residenti in Valsessera: spie che da tempo<br />
lo tenevano al corrente di quanto avveniva nelle bande del<strong>la</strong> zona, in partico<strong>la</strong>re nel distaccamento<br />
“Matteotti”. Una formazione composta quasi interamente da partigiani di<br />
Coggio<strong>la</strong>, comandata da Leo Vigna, ex sergente degli alpini, che essendo del paese e<br />
<strong>per</strong> l’es<strong>per</strong>ienza acquisita durante <strong>la</strong> guerra, esercitava, all’inizio del<strong>la</strong> lotta partigiana,<br />
un buon ascendente sugli uomini. Ascendente che, al momento dell’arrivo di Zuccari a<br />
Pray, Leo Vigna, con il suo comportamento non certo esemp<strong>la</strong>re e a causa del<strong>la</strong> sua<br />
incapacità di ottenere dai suoi uomini quell’autodisciplina, importante nel<strong>la</strong> lotta partigiana<br />
quanto le armi, non aveva più 46 .<br />
43 ASV, Prefettura repubblicana 1943-45, Gabinetto, mazzo 66.<br />
44 Ibidem.<br />
45 Carlo, che poco tempo dopo assunse l’incarico di commissario politico del<strong>la</strong> 2 a brigata<br />
in sostituzione di Adriano Rossetti “Sergio”, arrestato dai fascisti, all’arrivo del comitato si<br />
trovava in visita al “Matteotti”.<br />
46 Per rimediare alle gravi <strong>la</strong>cune che condizionavano negativamente <strong>la</strong> vita del distaccamento<br />
si impegnò con molta volontà e scarsi risultati Enrico Caso<strong>la</strong>ro “Rico”, il commissario<br />
politico che <strong>la</strong>sciò <strong>la</strong> formazione ai primi di febbraio <strong>per</strong> ragioni di salute. A screditare com-<br />
23
Questo stato di cose pregiudicò gravemente l’unità del “Matteotti”, verso il quale si<br />
intensificò l’attività disgregatrice di alcuni informatori di Zuccari, che avevano interlocutori<br />
anche tra i partigiani del<strong>la</strong> formazione.<br />
Ma i tedeschi avevano dato ordine di non compiere nessuna azione armata contro il<br />
“Matteotti” fintanto che in quel distaccamento fossero trattenuti i tre loro compatrioti<br />
- che invece erano stati presi in consegna dal “Pisacane” - <strong>per</strong> i quali essi stavano trattando<br />
con Moscatelli <strong>per</strong> lo scambio.<br />
Questo tuttavia non impedì a reparti del 63 o battaglione di effettuare, domenica 6<br />
febbraio, delle puntate, chiaramente intimidatorie, in direzione di Coggio<strong>la</strong>, Viera, Biol<strong>la</strong>,<br />
Noveis. Di ripetere, il giorno 7, con lo stesso intento, puntate in direzione di Trivero<br />
e del<strong>la</strong> frazione Ferrero. Di compiere, il giorno 8, «una azione di sorpresa» nel<strong>la</strong> frazione<br />
Viera di Coggio<strong>la</strong>, durante <strong>la</strong> quale i militi del “Tagliamento” distrussero «con qualche<br />
colpo di cannone <strong>la</strong> casa del capobanda Vigna ed una osteria dove si riunivano i<br />
ribelli», provocando <strong>per</strong> tema di rappresaglia <strong>la</strong> fuga del<strong>la</strong> «popo<strong>la</strong>zione <strong>la</strong> cui maggior<br />
parte è composta da o<strong>per</strong>ai che <strong>la</strong>vorano a Coggio<strong>la</strong>» 47 , molti dei quali il mattino dopo<br />
non si recarono al <strong>la</strong>voro.<br />
Per accrescere <strong>la</strong> paura tra <strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione, in partico<strong>la</strong>re tra i genitori dei renitenti e<br />
dei partigiani con obblighi di leva, nel<strong>la</strong> notte un “pattuglione” di militi incendiò tutti i<br />
rustici del<strong>la</strong> frazione Viera 48 .<br />
I soli a contrastare lo strapotere dei reparti del “Tagliamento”, che di giorno <strong>la</strong> facevano<br />
da padroni nelle strade e nelle località del<strong>la</strong> Valsessera, erano i garibaldini del “Pi-<br />
pletamente Leo Vigna e fargli <strong>per</strong>dere <strong>la</strong> fiducia del<strong>la</strong> maggior parte dei partigiani del “Matteotti”<br />
fu un avvenimento al centro del quale c’era una s<strong>la</strong>va di nome Sonia. Di questa donna,<br />
portata al campo del “Matteotti” in odore di spionaggio, e del<strong>la</strong> quale Vigna e alcuni altri<br />
partigiani, fra i più considerati del distaccamento, godettero i favori, egli impedì <strong>la</strong> fuci<strong>la</strong>zione,<br />
benché fosse accertato «che era una infiltrata che aveva il compito di disgregare le formazioni<br />
partigiane biellesi», e ne favorì <strong>la</strong> fuga prima che il distaccamento si arrendesse. Sul<strong>la</strong><br />
resa del “Matteotti” si veda A. POMA - G. PERONA, op. cit., p. 132; C. DELLAVALLE, op. cit., pp.<br />
120-123; NENELLO MARABELLI, Come e <strong>per</strong>ché si arrese il Matteotti, in “La Provincia”, 14-15<br />
novembre 1992.<br />
47 ASV, Prefettura repubblicana 1943-45, Gabinetto, mazzo 1. Nel corso di questa azione<br />
venne ferito Oreste Vigna, un invalido di guerra. Trasportato all’ospedale di Novara vi morì<br />
il 17 febbraio. Zuccari, quando mandò i suoi uomini a Viera, era certamente al corrente che al<br />
mattino presto di quel giorno i tre prigionieri tedeschi, scortati da due partigiani, erano stati<br />
alle Piane di Viera, dove si erano riforniti di viveri prima di proseguire a piedi e attraverso le<br />
montagne <strong>per</strong> <strong>la</strong> Valsesia, dove li attendeva il cambio.<br />
48 Sui risultati ottenuti con il terrore e l’intimidazione Zuccari, in data 7 febbraio, scriveva<br />
a Morsero: «La maggioranza del<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione dimostra d’essere stanca del<strong>la</strong> situazione<br />
creata dai banditi e vorrebbe a tutti i costi riavere i propri figli <strong>per</strong> farli presentare al Distretto<br />
Militare di Vercelli. Anche a Coggio<strong>la</strong> i giovani hanno incominciato a presentarsi al Commissario<br />
Prefettizio il quale ha avuto da me l’incarico di raccoglierli e avviarli con un documento<br />
al Distretto di Vercelli. Preciso che questi giovani si sono tutti presentati spontaneamente.<br />
Nessuna azione coercitiva è stata fatta finora da parte di questo Battaglione. Il Battaglione,<br />
come da ordini confermati anche stamane da codesto Comando non ha intrapreso alcuna<br />
azione. Si è limitato, come detto più sopra, a puntate esplorative con lo scopo di control<strong>la</strong>re<br />
il movimento delle bande ribelli e delle popo<strong>la</strong>zioni» (ASV, Prefettura repubblicana 1943-45,<br />
Gabinetto, mazzo 66).<br />
24
sacane”, che in pattuglie, di notte, attaccavano le postazioni e i posti di blocco dei fascisti<br />
da quando questi erano in Valsessera. Queste azioni di disturbo, che di fatto non<br />
modificavano <strong>la</strong> situazione esistente, se non altro servivano a tenere in continuo al<strong>la</strong>rme<br />
i legionari del 63 o battaglione i quali, stando a quanto affermava Zuccari, vivevano<br />
nell’assillo di un attacco notturno in forze da parte dei garibaldini 49 . Mentre in Valsessera<br />
Zuccari si giovava di spie e col<strong>la</strong>boratori <strong>per</strong> far arrendere il “Matteotti”, altre vittime<br />
dello spionaggio fascista - che <strong>per</strong> i partigiani era il <strong>per</strong>icolo più grande, sempre<br />
incombente - si ebbero a Sordevolo, nel<strong>la</strong> valle dell’Elvo. Infatti, <strong>la</strong> sera del 10 febbraio,<br />
alle ore 20.15, una pattuglia del “Bixio” che, su due automobili, stava rientrando dal<strong>la</strong><br />
Serra, venne intercettata su segna<strong>la</strong>zione di una spia da «truppe tedesche giunte a Sordevolo<br />
<strong>per</strong> o<strong>per</strong>azioni di polizia militare» 50 nelle vicinanze del<strong>la</strong> caserma dei carabinieri.<br />
Nel<strong>la</strong> breve ma intensa sparatoria dei militari germanici che investì una delle autovetture<br />
vennero uccisi i garibaldini Adriano Caralli “Omero”, Edoardo Chiorino, Francesco<br />
Manni “Renato Vanni” e il colonnello Eugenio Cattaneo “Tenno”, mentre il comandante<br />
del distaccamento, Bruno Salza “Mastrilli”, seppur ferito seriamente all’inguine, riuscì<br />
ad allontanarsi evitando <strong>la</strong> cattura.<br />
Rispettando gli accordi presi tra le parti, mercoledì 9 febbraio, alle ore 12, in prossimità<br />
di Varallo avvenne lo scambio dei “tre germanici” con partigiani e col<strong>la</strong>boratori di<br />
Moscatelli. Sull’esito positivo del<strong>la</strong> non facile o<strong>per</strong>azione il Comando tedesco informò<br />
Zuccari il quale non aspettava che questa notizia <strong>per</strong> attaccare il “Matteotti” e il “Pisacane”.<br />
L’attacco ai due distaccamenti prese l’avvio il mattino dell’11 febbraio e vide il 63 o<br />
battaglione muoversi da Pray su tre colonne. La prima, con direttrice «Pray-Coggio<strong>la</strong><br />
quota 886 a est di Viera», aveva il compito di «piombare sul campo dei banditi del Matteotti<br />
situato a La Piana, a Nord Ovest di Viera». La seconda, con direttrice «Pray-Pioglio-Cascina<br />
Solivo-Alpi Novejs», doveva «attaccare decisamente i banditi annidati negli<br />
alberghi e caseggiati delle Alpi di Novejs». La terza colonna, «più leggera», aveva l’incarico<br />
di «precludere un’eventuale ritirata dei banditi in direzione di Postua».<br />
Nel corso del rastrel<strong>la</strong>mento o<strong>per</strong>ato dal<strong>la</strong> prima colonna i militi, senza incontrare<br />
nessuna resistenza <strong>per</strong>ché da qualche giorno i partigiani del “Matteotti” si erano spostati<br />
più in alto, nelle baite dell’alpe Ranzo<strong>la</strong>, incendiarono tutti «gli accantonamenti e i<br />
depositi» del distaccamento. Proseguendo in direzione dell’alpe La Bura <strong>la</strong> colonna giunse<br />
al<strong>la</strong> portata delle armi degli uomini del “Matteotti”, ma inspiegabilmente il comandante<br />
“Leo” non diede ordine di sparare.<br />
La seconda colonna, invece, giunta al<strong>la</strong> sommità delle alpi di Noveis, venne «fatta<br />
49 Al riguardo Zuccari, in data 8 febbraio, comunicava a Morsero: «In conseguenza delle<br />
notizie avute si sono prese adeguate misure di sicurezza. Ai normali posti di blocco sono<br />
stati aggiunti dei posti di sbarramento col compito di impedire qualsiasi infiltrazione [...] Gli<br />
informatori tutti attendibili, insistono nel confermare <strong>la</strong> notizia secondo <strong>la</strong> quale le bande di<br />
Postua e Coggio<strong>la</strong>, unite a quel<strong>la</strong> del Basto [...] sono pronte ad attaccare questo Battaglione<br />
ed a questo scopo hanno da tutte le parti circondato il paese di Pray [...] Gli informatori anzi,<br />
nelle prime ore di questa mattina, mentre hanno confermato <strong>la</strong> notizia dell’attacco hanno<br />
dichiarato che esso sarà effettuato con quasi assoluta certezza nel<strong>la</strong> notte dall’8 al 9» (ASV,<br />
Prefettura repubblicana 1943-45 Gabinetto, mazzo 66).<br />
50 ASV, Prefettura repubblicana 1943-45, Gabinetto, mazzo 1.<br />
25
segno a un nutrito fuoco di armi automatiche appostate al<strong>la</strong> sinistra del<strong>la</strong> Cappel<strong>la</strong> degli<br />
Alpini». Ad opporre <strong>la</strong> tenace resistenza furono i partigiani del “Pisacane” che, dalle<br />
postazioni a suo tempo preparate, contesero il terreno ai militi del<strong>la</strong> compagnia fascista,<br />
«che reagirono con le mitragliatrici e i mortai facendo avanzare i fucilieri sotto <strong>la</strong><br />
protezione delle armi di cui sopra». Ritiratisi i partigiani «verso le alpi di Val Maggiore»,<br />
i fascisti, che <strong>la</strong>mentavano «un solo ufficiale ferito da una pallotto<strong>la</strong> di striscio all’ascel<strong>la</strong><br />
destra», distrussero tutti i dormitori e i depositi del “Pisacane”.<br />
La terza colonna, che si era spinta in <strong>per</strong>lustrazione fino a Postua, non trovò nul<strong>la</strong> di<br />
anormale, «ad eccezione di preziose informazioni sul movimento di un gruppo di banditi»<br />
che <strong>la</strong> sera del 10 «aveva ucciso l’appuntato dei carabinieri di Crevacuore» 51 .<br />
Nel pomeriggio del 12 Zuccari, <strong>per</strong> avere notizie sul<strong>la</strong> dislocazione del “Matteotti” e<br />
del “Pisacane”, inviò «in esplorazione» un reparto a «Le Piane ed a Monte Tovo a N.O.<br />
di Viera» ed un altro a Roncole, nel<strong>la</strong> valle Strona, a nord di Postua. Dalle informazioni<br />
riportate dai due reparti e da altre <strong>per</strong>venute al Comando, Zuccari venne a sa<strong>per</strong>e che il<br />
“Matteotti” si trovava alle alpi Ranzo<strong>la</strong> e Ponasca e «sta[va] disgregandosi» e che il<br />
“Pisacane” era insediato all’alpe Albarei ed era «ancora abbastanza compatto».<br />
Dopo queste notizie Zuccari fu ormai certo che l’o<strong>per</strong>azione «resa del<strong>la</strong> banda di<br />
Coggio<strong>la</strong>» andava verso l’epilogo ed era al corrente che, «se non fosse [stato] <strong>per</strong> l’azione<br />
intimidatrice» di Gemisto e di “Dante” (Alberto Gallo), il commissario politico del<strong>la</strong><br />
“banda”, questa «si [sarebbe] arre[sa]». Egli sapeva che i fautori del<strong>la</strong> resa, a cominciare<br />
dal comandante Leo Vigna e da altri partigiani di Coggio<strong>la</strong> non aventi obblighi di<br />
leva e <strong>per</strong> i quali gli industriali del<strong>la</strong> Valsessera avevano assicurato l’assunzione al <strong>la</strong>voro,<br />
premevano <strong>per</strong>ché questa avvenisse al più presto. Zuccari lo seppe da Carlo Gambetti,<br />
il segretario del fascio di Coggio<strong>la</strong>, con il quale i partigiani che volevano <strong>la</strong> resa<br />
avevano intensificato i contatti: l’uomo che, avvalendosi del terrorismo del 63 o battaglione<br />
“M” come arma di ricatto, era riuscito a convincere partigiani, industriali, parroci,<br />
familiari di partigiani che al<strong>la</strong> resa del “Matteotti” <strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione di Coggio<strong>la</strong> poteva<br />
tornare ad una esistenza normale non più turbata da o<strong>per</strong>azioni militari, da rappresaglie<br />
e da gravi fatti di sangue.<br />
Al mattino di lunedì 14 febbraio al Comando del 63 o battaglione di Pray giunse un<br />
colonnello germanico <strong>la</strong>tore di questi ordini del generale delle Ss di Monza: pacificare<br />
completamente <strong>la</strong> Valsessera distruggendo le tre note bande partigiane; pacificare successivamente<br />
<strong>la</strong> Valsesia distruggendo <strong>la</strong> banda Moscatelli. In base a questi ordini Zuccari,<br />
d’accordo con l’alto ufficiale tedesco, predispose questo piano d’azione: mercoledì<br />
16 attacco al “Pisacane” all’alpe Albarei; attacco al “Matteotti”, se questo distaccamento<br />
non si fosse arreso entro il 15. Venerdì 17 il battaglione, «rinforzato da una com-<br />
51 Nel<strong>la</strong> «re<strong>la</strong>zione sulle o<strong>per</strong>azioni svolte il giorno 11 febbraio 1944 dal 63 o Battaglione»,<br />
inviata al Comando del 15 o reggimento di polizia germanica di Vercelli e a Morsero, Zuccari<br />
precisava altresì che: «Il collegamento del Comando di Battaglione e le colonne o<strong>per</strong>anti è<br />
stato assicurato a mezzo radio e razzi illuminanti. Alle 19.15 il Comando e tutte le colonne<br />
sono rientrate al<strong>la</strong> base di Pray, assumendo il dispositivo di sicurezza atto a control<strong>la</strong>re tutte<br />
le strade dei dintorni ed evitare qualsiasi sorpresa. Non appena questo comando avrà assunto<br />
le necessarie informazioni sulle nuove posizioni occupate dai banditi, proseguirà le<br />
o<strong>per</strong>azioni di polizia» (ASV, Prefettura repubblicana 1943-45, Gabinetto, mazzo 66).<br />
26
pagnia germanica proveniente da Biel<strong>la</strong>», avrebbe attaccato il “Piave”, dislocato a «Bocchetta<br />
di Margosio, Cima del<strong>la</strong> Ragna e Moncerchio di Mosso Santa Maria».<br />
Nel<strong>la</strong> lettera con cui Zuccari dava conto al capo del<strong>la</strong> provincia Morsero delle o<strong>per</strong>azioni<br />
che intendeva compiere, affermava che il giorno dopo, 15 febbraio, alle 11 «il<br />
Commissario Prefettizio Gambetti e Massara» 52 si sarebbero incontrati con «i comandanti<br />
del<strong>la</strong> banda di Coggio<strong>la</strong> alcuni dei quali [avevano] espresso il desiderio di arrendersi».<br />
Zuccari precisava che <strong>per</strong> <strong>la</strong> resa aveva posto le condizioni del<strong>la</strong> settimana precedente<br />
e cioè: «Consegna di tutte le armi, i giovani delle c<strong>la</strong>ssi ’24 e ’25 da avviarsi<br />
subito al Distretto militare, gli altri non soggetti ad obblighi di leva il rientro immediato<br />
alle rispettive sedi con <strong>la</strong> conseguente ripresa delle normali occupazioni». Egli comunicava<br />
altresì che i due partigiani «che hanno ferito il Massara e da noi individuati verrebbero<br />
<strong>per</strong>donati se consegnassero a me il feroce commissario politico del<strong>la</strong> banda, recentemente<br />
inviato dal Comitato allo scopo di propagandare le idee comuniste e di rialzare<br />
il morale del<strong>la</strong> banda. Questo commissario è di Asti» 53 .<br />
Il mattino del 15, in previsione dell’attacco al “Piave”, Zuccari inviò un reparto nel<strong>la</strong><br />
zona di Trivero, Pratrivero, Mosso, «con il compito di catturare qualche ribelle allo<br />
scopo di avere informazioni»: ma l’esito del<strong>la</strong> spedizione fu negativo. Più tardi, alle 11,<br />
nell’incontro che ci fu al santuario del Cavallero, in territorio di Coggio<strong>la</strong>, tra Gambetti,<br />
Massara e <strong>la</strong> delegazione dei partigiani del “Matteotti”, Leo Vigna dichiarò che il distaccamento<br />
si sarebbe arreso in serata, alle condizioni volute da Zuccari.<br />
Tornato al campo, Leo riunì tutti i partigiani e disse loro: «Tutti voi sapete come<br />
stanno le cose. Hanno bruciato case e cascinali terrorizzando <strong>la</strong> nostra gente, se non ci<br />
arrendiamo faranno di peggio. Io mi arrendo e voi fate come volete, <strong>per</strong>ò sappiate che<br />
sanno il nome di tutti e dove abitate, in special modo tutti quelli residenti in Valsessera<br />
e se non vi arrenderete le vostre famiglie saranno prese» 54 .<br />
Al<strong>la</strong> sera, nel locale del<strong>la</strong> Società vinaria di Masseranga (Portu<strong>la</strong>), quasi tutti i partigiani<br />
del “Matteotti” si arresero. Mancavano il commissario politico Dante e altri quattro<br />
garibaldini che, il giorno dopo, con le loro armi e dei viveri raggiunsero il distaccamento<br />
“Piave” al Basto 55 .<br />
Sul<strong>la</strong> resa del “Matteotti”, in un rapporto inviato il 16 al Comando tedesco di Vercelli<br />
ed a Morsero, Zuccari, scriveva tra l’altro: «Venuto a conoscenza del<strong>la</strong> cosa mi sono<br />
52 Si tratta di Ferdinando Massara, il graduato fascista ferito a Pray il 22 dicembre 1943 da<br />
due partigiani del “Matteotti”.<br />
53 Il commissario politico in paro<strong>la</strong> è Alberto Gallo “Dante”, inviato nel Biellese dal Pci di<br />
Asti, il quale aveva assunto quell’incarico pochi giorni prima in sostituzione di Carlo, che<br />
era stato chiamato a far parte del Comando del<strong>la</strong> 2 a brigata.<br />
54 N. MARABELLI, art. cit.<br />
55 Per impedire che i fascisti si impossessassero dei viveri, delle co<strong>per</strong>te e anche delle armi<br />
che erano state abbandonate dai partigiani del “Matteotti” nel loro “campo”, dal Basto<br />
partì immediatamente una squadra di dieci partigiani al comando di Giuseppe Maroino “Artiglio”.<br />
La tempestività con cui nel<strong>la</strong> notte del 16 febbraio venne portata a termine l’azione di<br />
ricu<strong>per</strong>o di quel prezioso materiale precedette quel<strong>la</strong> che i fascisti effettuarono con lo stesso<br />
scopo il mattino del 17, dopo che i partigiani, al mattino presto, erano ripartiti al<strong>la</strong> volta del<br />
Basto. Su questi avvenimenti si veda anche ALBERTO GALLO “DANTE”, Due mesi con i partigiani,<br />
in “l’impegno”, a. IV, n. 1, marzo 1984, pp. 40-43.<br />
27
portato subito nel<strong>la</strong> predetta località prendendo contatto prima con i capi e poi con tutti<br />
i gregari i quali hanno espresso tutta <strong>la</strong> loro gratitudine <strong>per</strong> <strong>la</strong> possibilità che abbiamo<br />
dato loro di redimersi. Si sono arresi in numero di 49 compreso il comandante del<strong>la</strong><br />
banda. Tre erano stati precedentemente catturati a Trivero, il vicecomandante si era<br />
presentato a Vercelli già da giorni. Perciò nessuno è sfuggito. Le armi consegnate sono:<br />
1 fucile mitragliatore Breda 30; 40 moschetti 1891; 9 pistole. Tutta <strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione di<br />
Coggio<strong>la</strong> e Pray ha manifestato il giubilo <strong>per</strong> l’evento. Ritengo che ciò contribuisca in<br />
maniera notevole se non allo sgreto<strong>la</strong>mento, almeno al<strong>la</strong> demoralizzazione dei gregari<br />
delle altre bande del<strong>la</strong> zona» 56 .<br />
La resa del “Matteotti” accrebbe in Zuccari <strong>la</strong> volontà di annientare anche il “Pisacane”,<br />
ma <strong>la</strong> tattica, adottata da Gemisto e dai suoi uomini, di eludere le ricerche dei<br />
fascisti non attaccandoli e spostandosi sovente, vanificò le puntate effettuate dai reparti<br />
del 63 o battaglione all’alpe Albarei e all’alpe Canale, nei giorni successivi al 15 febbraio.<br />
Raggiunta l’alpe Panin, a nord del monte Barone, i partigiani del “Pisacane” si divisero:<br />
una ventina, al comando di Gemisto e Annibale Giachetti “Danda” con due fucili mitragliatori,<br />
si spostarono all’alpe Camparient, gli altri, con Secondo Saracco “Secondo”<br />
e Argante Bocchio “Massimo”, restarono all’alpe Panin.<br />
56 Giovedì 17 Zuccari inviò al Comando provinciale militare di Vercelli ventidue giovani<br />
delle c<strong>la</strong>ssi 1924-25 già appartenenti al “Matteotti” con questa avvertenza: «I predetti hanno<br />
esposto il desiderio di essere assegnati al corpo degli Alpini; <strong>per</strong>ò io non lo ritengo opportuno<br />
<strong>per</strong>ché sono elementi che non danno eccessivo affidamento e <strong>per</strong>tanto sarebbe opportuno<br />
smistarli nei vari corpi» (ASV, Prefettura repubblicana 1943-45, Gabinetto, mazzo 66). Sull’affidamento<br />
Zuccari aveva intuito quello che sarebbe successo: <strong>la</strong> fuga dai reparti dell’esercito<br />
del<strong>la</strong> Rsi di quei giovani e il loro ritorno nelle file delle formazioni partigiane. Per <strong>la</strong> resa del<br />
“Matteotti” vennero in seguito giustiziati dai partigiani il comandante Leo Vigna, il vicecomandante<br />
Giovanni Scaglia e Carlo Gambetti, ritenuti dai partigiani i maggiori responsabili di quel<br />
drammatico avvenimento.<br />
28
Domenica 20 febbraio: attacco al “Piave” e al “Mameli”<br />
Negli stessi giorni in cui si consumava <strong>la</strong> resa del “Matteotti” lo spionaggio fascista<br />
provocò altre due gravi <strong>per</strong>dite al distaccamento “Piave”.<br />
La sera del 14 febbraio a Lessona venne arrestato Mario Grazio<strong>la</strong> “Arcos”, antifascista<br />
militante, tra i primi a col<strong>la</strong>borare attivamente “dal basso” con il gruppo di partigiani<br />
del Basto 57 .<br />
Vincenzo Variara “Turin”, uno dei fondatori del “Piave”, arrestato a Biel<strong>la</strong> dove si<br />
era recato <strong>per</strong> definire una fornitura di scarponi, venne fuci<strong>la</strong>to verso le 7 del 15 febbraio<br />
«dai militi del 115 o Battaglione “Montebello” del<strong>la</strong> Gnr nei pressi del cimitero di<br />
Biel<strong>la</strong> [...] <strong>per</strong>ché trovato in possesso di armi» 58 .<br />
Il Comando del “Piave”, nell’intento di stroncare l’attività spionistica antipartigiana<br />
nel<strong>la</strong> zona del<strong>la</strong> valle Strona, decise di passare all’azione. La sera del 17 febbraio un’autovettura<br />
con a bordo il comandante Piemonte Boni “Piero Maffei”, il commissario<br />
Ermanno Angiono “Pensiero”, il caposquadra Edis Valle Dell’Acqua “Edis” e un camion<br />
con una quindicina di partigiani si portarono a Lessona e a Cossato <strong>per</strong> prelevare<br />
dodici <strong>per</strong>sone indiziate di spionaggio. La presenza dei garibaldini venne <strong>per</strong>ò segna<strong>la</strong>ta<br />
con una telefonata al Comando tedesco di Biel<strong>la</strong> che inviò immediatamente un reparto<br />
di militari a Cossato. Verso le 23 il ritardo di una pattuglia indusse i tre responsabili del<br />
“Piave” a ritornare nell’abitato di Cossato. Giunti al<strong>la</strong> frazione Broglio, essi incapparono<br />
nei militari germanici, i quali con il fuoco dei loro mitra ebbero ragione del<strong>la</strong> pronta<br />
ed eroica reazione di Piero, Pensiero ed Edis che caddero con le armi in pugno 59 .<br />
Il giorno dopo il comando del “Piave” venne affidato a Quinto Antonietti “Quinto”,<br />
che <strong>la</strong>sciò il comando del “Bandiera” <strong>per</strong> condividere con Giuseppe Maroino “Artiglio”,<br />
nominato commissario politico, <strong>la</strong> responsabilità di risollevare il morale e ridare fiducia<br />
ai partigiani di questo distaccamento molto provati dagli ultimi avvenimenti.<br />
Mentre i garibaldini del “Piave” erano alle prese con i gravi problemi sorti dal<strong>la</strong> <strong>per</strong>dita<br />
del comando, Zuccari stava predisponendo il piano di attacco al loro distaccamento, da<br />
57 Mario Grazio<strong>la</strong> venne fuci<strong>la</strong>to <strong>per</strong> rappresaglia dai nazifascisti, insieme ad altri partigiani,<br />
il 7 aprile 1944 a Caluso (To).<br />
58 ASV, Prefettura repubblicana 1943-45, Gabinetto, mazzo 1.<br />
59 Sul<strong>la</strong> telefonata ai tedeschi Renato Sandretti scriveva nel<strong>la</strong> “Squil<strong>la</strong> Alpina” n. 14, del<br />
16 dicembre 1945: «La sera del 17 febbraio 1944 alcuni valorosi Garibaldini <strong>la</strong>sciavano i monti<br />
<strong>per</strong> scendere a Cossato onde prelevare degli indiziati <strong>per</strong> poterli interrogare [...] Avevano<br />
appena prelevato il primo quando una fatale telefonata effettuata da elementi subdoli e malvagi<br />
partì da Cossato e tanta era l’agitazione di quegli assassini che <strong>per</strong>sino sbagliarono il<br />
numero dell’ex comando tedesco mettendosi in comunicazione con una casa privata dove<br />
una Pia Suora adempiva il suo dovere di carità presso un amma<strong>la</strong>to. Ecco cosa diceva il<br />
famigerato incognito: “Presto tedeschi e repubblica a Cossato”. Chi era non si sa, ma un<br />
giorno verrà che luce e giustizia saranno fatte [...]». Il giorno dopo, 18 febbraio, i dodici prelevati<br />
furono fuci<strong>la</strong>ti presso il cimitero di Mosso Santa Maria dai partigiani del “Piave” (cfr.<br />
A. POMA - G. PERONA, op. cit., p. 134).<br />
29
lui chiamato “banda del Basto”. Un attacco che aveva posticipato dal 17 al 20 febbraio<br />
<strong>per</strong> avere, dai responsabili del “Matteotti”, notizie più aggiornate sul<strong>la</strong> dislocazione, <strong>la</strong><br />
consistenza, l’armamento di quel distaccamento. L’“ordine di o<strong>per</strong>azioni” e<strong>la</strong>borato da<br />
Zuccari stabiliva che l’attacco del «63 o Battaglione “M”, rinforzato da una compagnia<br />
del<strong>la</strong> Polizia Germanica», al<strong>la</strong> «banda del Basto, forte di un centinaio di uomini e fornita<br />
di armi automatiche pesanti e leggere», era fissato <strong>per</strong> il mattino di domenica 20 ed<br />
aveva lo scopo di «distruggere e catturare tutti i ribelli; distruggere le basi e i depositi<br />
del<strong>la</strong> banda; catturare possibilmente il Comandante del<strong>la</strong> Brigata Garibaldi e tutti i Commissari<br />
politici» 60 .<br />
60 Nello stesso “ordine di o<strong>per</strong>azioni” Zuccari precisava che <strong>la</strong> banda era «sistemata: un<br />
distaccamento a Bocchetta di Margosio; un distaccamento a Cima del<strong>la</strong> Ragna, a sud di Margosio;<br />
un distaccamento a Moncerchio di Mosso Santa Maria; il comando sembra che stia<br />
a Bocchetta di Margosio». Affermava che intendeva «attaccare tutti e tre i distaccamenti» e,<br />
al<strong>la</strong> compagnia del «15 o Reggimento di Polizia Germanico» ordinava: «Alle ore 8 muova da<br />
Oriomosso in direzione di Moncerchio con il compito di eliminare quel distaccamento e proseguire<br />
poscia in direzione del Bocchetto Margosio e Cima del<strong>la</strong> Ragna a cavallo del<strong>la</strong> mu<strong>la</strong>ttiera<br />
Moncerchio-Rocca d’Argimonia-Bocchetta di Luvera. Prima di giungere in vista di<br />
Bocchetto di Margosio e Cima del<strong>la</strong> Ragna <strong>la</strong> Compagnia germanica si scinda in tre plotoni<br />
a ciascuno dei quali si assegni il seguente compito: 1 o Plotone sosti e sistemi <strong>la</strong> difesa dell’Alpe<br />
Margosio. Impedisca <strong>la</strong> fuga dei ribelli in direzione dell’Alpe Solivo. 2 o Plotone sosti<br />
e si sistemi a difesa nel<strong>la</strong> zona a cavallo del Bocchetto di Luvera. Impedisca <strong>la</strong> fuga dei ribelli<br />
in direzione di Rocca d’Argimonia. 3 o Plotone sosti e si sistemi a q. 125 a sud di Cima del<strong>la</strong><br />
Ragna. Impedisca <strong>la</strong> fuga dei ribelli in direzione di Capo Mosso e Cascina Crolle. Interverranno<br />
con il fuoco e con il movimento soltanto quando l’attacco delle due compagnie del 63 o<br />
Battaglione “M” avrà avuto inizio e sempre che non ci sia alcun <strong>per</strong>icolo <strong>per</strong> gli uomini di<br />
queste due compagnie. L’attacco da parte del 63 o Battaglione “M” avrà inizio soltanto quando<br />
<strong>la</strong> compagnia germanica a mezzo radio avrà comunicato di aver raggiunto le posizioni di<br />
cui sopra. Nel caso che <strong>la</strong> radio non funzionasse <strong>la</strong> compagnia germanica <strong>la</strong>ncerà un razzo<br />
verde al cui segnale sarà risposto da parte delle due compagnie del 63 o Battaglione con un<br />
altro razzo verde. L’inizio dell’attacco sarà comunicato a mezzo radio e nel caso ciò non fosse<br />
possibile con un razzo rosso <strong>la</strong>nciato dal Comando di Battaglione». Il compito che Zuccari<br />
assegnò a due compagnie del 63 o battaglione era il seguente: «La 1 a Compagnia di formazione<br />
al comando del Cent. Ravaglia muova da Trivero alle ore 7 e <strong>per</strong>correndo <strong>la</strong> mu<strong>la</strong>ttiera<br />
Trivero-Castagnea-Bocchetta di Caulera-Bocchetta di Stavello-San Bernardo-q. 1.332 a sud<br />
di San Bernardo-Monte Rubello, si porti a M. Prapian dove inizierà l’attacco a Bocchetta di<br />
Margosio all’ora che sarà da me comunicata. Comunque non prima che <strong>la</strong> Cp. germanica<br />
abbia raggiunto le posizioni prestabilite che si prevede non prima delle ore 10.30. La 2 a Compagnia<br />
di formazione, al comando del Cent. Ragonese, muova da Trivero al<strong>la</strong> stessa ora del<strong>la</strong><br />
precedente e <strong>per</strong>correndo <strong>la</strong> strada Trivero-Lora-Marone-Bulliana e <strong>la</strong> mu<strong>la</strong>ttiera Bulliana-Madonna<br />
del<strong>la</strong> Brughiera-Prapian dove inizierà l’attacco a Cima del<strong>la</strong> Ragna all’ora che sarà da<br />
me comunicata. Comunque non prima che <strong>la</strong> Compagnia germanica e <strong>la</strong> 1 a Compagnia del 63 o<br />
abbiano raggiunto le posizioni che si prevede non prima delle ore 10.30. Il reparto centrale al<br />
comando del Scm. Mazzoni, a mia disposizione, ha il compito di bloccare <strong>la</strong> valle al centro<br />
delle direttrici di marcia delle due colonne di cui sopra e di proteggere il Comando del Battaglione<br />
e <strong>la</strong> stazione radio. Posto di Comando del Battaglione, Piana d’Or a Nord-Ovest di<br />
Roveglio - Servizio Sanitario: con <strong>la</strong> colonna del Cent. Ravaglia andrà l’aiutante di sanità,<br />
con quel<strong>la</strong> del Cent. Ragonese l’Ufficiale medico. L’ambu<strong>la</strong>nza con un medico civile sarà a<br />
Roveglio dove dovranno essere avviati gli eventuali feriti gravi. Collegamenti: a mezzo radio<br />
e razzi. La stazione radio ricevente e trasmittente sarà collocata a Roveglio. Allego il codice<br />
delle segna<strong>la</strong>zioni con razzi e <strong>la</strong> tabel<strong>la</strong> delle comunicazioni radio (ora e cifre convenzionali)»<br />
(ASV, Prefettura repubblicana 1943-45, Gabinetto, mazzo 66).<br />
30
A dire il vero, i garibaldini del “Piave” - una sessantina circa - avevano il comando<br />
al Basto ed occupavano <strong>la</strong> “cascina bianca” all’alpe Campello sovrastante Veglio Mosso,<br />
<strong>la</strong> cascina Nole situata in prossimità del bocchetto di Luvera e <strong>la</strong> cascina Branda<br />
non lontana dal<strong>la</strong> bocchetta di Margosio. Il distaccamento disponeva di una mitragliatrice<br />
Fiat 35, tre fucili mitragliatori Breda 30 e di una cinquantina tra fucili e moschetti,<br />
tutte armi con scarse riserve di munizioni.<br />
Il sistema di difesa predisposto dal Comando del “Piave” era affidato ai partigiani<br />
che occupavano le cascine ed avevano allestito delle postazioni. Una postazione si trovava<br />
sul monte Prapian o Massaro: da essa si control<strong>la</strong>vano le mu<strong>la</strong>ttiere provenienti<br />
dal San Bernardo e da Trivero, ed era tenuta da una quindicina di uomini armati di fucili<br />
e con un fucile mitragliatore Breda, comandati da Luigi Tortel<strong>la</strong> “Lupo”. Un’altra postazione<br />
in cui si sarebbero disposti una quindicina di partigiani con fucili e <strong>la</strong> mitragliatrice<br />
Fiat, comandati da Artiglio, era collocata sul<strong>la</strong> Cima del<strong>la</strong> Ragna e control<strong>la</strong>va le<br />
mu<strong>la</strong>ttiere provenienti da Capo Mosso, da Prapian, dal<strong>la</strong> bocchetta di Margosio e il vallone<br />
del rio Poa<strong>la</strong>. La terza postazione, con una ventina di uomini forniti di fucili e di due<br />
mitragliatori Breda, era posta al Basto a difesa del Comando. La decina di partigiani<br />
del<strong>la</strong> “cascina bianca”, armati solo di fucili, avevano il compito di control<strong>la</strong>re le mu<strong>la</strong>ttiere<br />
e i sentieri provenienti da Veglio e Camandona, di dare l’al<strong>la</strong>rme e ritirarsi al Basto.<br />
Ma Zuccari, nel suo piano, non aveva tenuto conto che <strong>per</strong> compiere il tratto di<br />
mu<strong>la</strong>ttiera da Oriomosso al Basto ci volevano, in condizioni normali, più di due ore e<br />
che in quel<strong>la</strong> dorsale montana compresa tra <strong>la</strong> valle del Cervo e <strong>la</strong> Valsessera vi erano<br />
altri due distaccamenti: il “Mameli”, forte di una trentina di partigiani armati di fucili,<br />
moschetti e di un fucile mitragliatore Breda, con poche munizioni, che aveva <strong>la</strong> base in<br />
una baita del<strong>la</strong> Costa Pessine non lontana dal<strong>la</strong> Sel<strong>la</strong> del Cucco; il “Bandiera”, formato<br />
da una quarantina di garibaldini - tutti armati con fucili, moschetti, pistole - in possesso<br />
di una mitragliatrice Breda calibro 8 con 600 colpi, di due fucili mitragliatori Breda con<br />
400 colpi ognuno, con sede al Bocchetto Sessera. Due distaccamenti che con il “Piave”<br />
costituivano un insieme in cui ogni formazione, pur conservando <strong>la</strong> più ampia libertà<br />
di manovra, sapeva di poter contare sull’aiuto di quel<strong>la</strong> più vicina, in caso di attacco<br />
o di forzato ripiegamento.<br />
Il mattino di sabato 19 <strong>per</strong> rafforzare lo schieramento delle truppe nazifasciste «reparti<br />
del 115 o battaglione si trasferivano, con automezzi forniti dal Commissario Prefettizio<br />
di Biel<strong>la</strong>, a Vallemosso» 61 .<br />
61 A dare l’ordine di questo trasferimento era stato il capo del<strong>la</strong> provincia Morsero al<br />
quale il comandante del 115 o battaglione, Alessandro Manfredi, domenica 20 comunicava<br />
fra l’altro: «La colonna composta da n. 8 autocarri e due autovetture, con le misure di sicurezza<br />
di colonna autocarrata, raggiunse senza incidenti <strong>la</strong> località prefissata. Subito dopo il<br />
nostro arrivo, furono prese posizioni di sicurezza con armi automatiche nei punti dominanti<br />
il paese e dislocate pattuglie ai crocevia delle strade di accesso all’abitato. Il Battaglione fu<br />
accantonato nelle Scuole elementari e nel<strong>la</strong> Palestra dell’Ond messa a disposizione dal Commissario<br />
Prefettizio di Vallemosso. Nel pomeriggio alle ore 15 furono da me convocati gli<br />
industriali del paese <strong>per</strong> una presa di contatto e <strong>per</strong> chiarire <strong>la</strong> posizione degli stessi e dei<br />
loro dipendenti [...] Tutti i presenti al<strong>la</strong> riunione si sono impegnati a col<strong>la</strong>borare <strong>per</strong> l’azione<br />
che il Battaglione svolge nel<strong>la</strong> Zona. Il coprifuoco è stato mantenuto dalle ore 21 alle ore<br />
5.30, <strong>per</strong> dar modo agli o<strong>per</strong>ai di effettuare i rego<strong>la</strong>ri turni di <strong>la</strong>voro e di rientrare alle abitazio-<br />
31
Alle 7 del mattino di domenica l’autocolonna del 63 o battaglione partì da Pray, giunse<br />
a Trivero da dove i militi, muovendo su due colonne, ripartirono <strong>per</strong> raggiungere le<br />
«basi di partenza <strong>per</strong> l’attacco» al “Piave”. L’arrivo dei fascisti non passò inosservato<br />
ad una «staffetta che era in <strong>per</strong>manenza a Trivero» 62 , <strong>la</strong> quale partì immediatamente<br />
al<strong>la</strong> volta del Basto <strong>per</strong> dare <strong>la</strong> notizia. La tempestiva segna<strong>la</strong>zione consentì ai responsabili<br />
del “Piave” di approntare con calma <strong>la</strong> difesa. Lupo e i garibaldini del suo gruppo<br />
presero posizione con il mitragliatore nel<strong>la</strong> postazione di monte Prapian; Artiglio e <strong>la</strong><br />
squadra del<strong>la</strong> mitragliatrice Fiat si disposero sul<strong>la</strong> Cima del<strong>la</strong> Ragna; i partigiani del Basto,<br />
ai quali si unirono poi anche quelli del<strong>la</strong> “cascina bianca”, si appostarono con le<br />
armi in loro possesso tra i dirupi circostanti. Al momento dell’attacco Quinto, che si<br />
trovava al Bocchetto Sessera <strong>per</strong> par<strong>la</strong>re con Mario Mancini “Grillo” e Silvio Ortona<br />
“Lungo”, sentendo sparare ripartì immediatamente <strong>per</strong> il Basto. Altrettanto fece Nedo<br />
dal rifugio del Cerchio 63 , dove era giunto da poco.<br />
L’attacco delle due colonne del 63 o battaglione alle postazioni partigiane del<strong>la</strong> Cima<br />
del<strong>la</strong> Ragna e di monte Prapian iniziò dopo le 10 e, date le pessime condizioni di visibi-<br />
ni in tempo utile. Furono richiesti i libri di contabilità (pagai <strong>per</strong> control<strong>la</strong>re le presenze ed i<br />
nominativi degli o<strong>per</strong>ai. Altresì furono richiesti gli elenchi degli automezzi e motomezzi <strong>per</strong> le<br />
eventuali necessità del Battaglione. Nel contempo l’Ufficio Politico del Battaglione procedeva<br />
al fermo di numerosi giovani soggetti al<strong>la</strong> chiamata alle armi, i quali, entro oggi, saranno<br />
avviati al Distretto Militare di Vercelli. Al nostro arrivo, una parte di giovani residenti nelle<br />
frazioni del Comune si allontanavano dalle loro abitazioni, ma si pensa che nei prossimi giorni,<br />
costoro rientreranno al loro domicilio. Questa mattina al<strong>la</strong> S. Messa di maggior concorso di<br />
popo<strong>la</strong>zione, il nostro Cappel<strong>la</strong>no ha reso edotta <strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione sugli scopi dell’invio del<br />
Battaglione nel<strong>la</strong> zona, avvertendo<strong>la</strong> inoltre sulle sanzioni che verranno prese nei confronti<br />
di coloro che trasgrediranno gli ordini da me emanati. Dopo un primo momento di sgomento,<br />
dovuto in buona parte alle errate supposizioni nei nostri riguardi, <strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione si dimostra<br />
molto soddisfatta dall’o<strong>per</strong>a svolta e dal contegno disciplinato dei legionari. [...] Per il pomeriggio<br />
di domani, ho invitato al comando di Btg. in Vallemosso, tutti gli industriali ed il Corpo<br />
Insegnante di Mosso S. Maria. Quest’oggi ho preso contatti col 63° Btg. Gnr dislocato a<br />
Prai. Vi informo che truppe alpine tedesche, hanno oggi compiuto una azione di rastrel<strong>la</strong>mento<br />
nei dintorni del<strong>la</strong> val<strong>la</strong>ta. Non sono <strong>per</strong>ò a conoscenza dei risultati di questa azione di polizia.<br />
Domani in giornata, i Reparti del Btg. dislocati a Vallemosso eseguiranno ai miei ordini un rastrel<strong>la</strong>mento<br />
<strong>per</strong> un raggio di sei km. dal Capoluogo. La forza del Btg. è <strong>la</strong> seguente: A Vallemosso:<br />
Ufficiali 13, sottufficiali e truppa 222; a Biel<strong>la</strong>: Ufficiali 5, sottufficiali e truppa 74»<br />
(ASV, Prefettura repubblicana 1943-45, Gabinetto, mazzo 65). Sui fatti di cui si par<strong>la</strong> in questo<br />
rapporto si veda GUIDO QUAZZA, La <strong>Resistenza</strong> italiana. Appunti e documenti, Torino, Giappichelli,<br />
1966, p. 168.<br />
62 Testimonianza di Giuseppe Maroino “Artiglio” ri<strong>la</strong>sciata all’autore.<br />
63 Il rifugio del Cerchio era una costruzione ad un piano fatta erigere dall’industriale Zegna<br />
di Trivero sul versante nord dell’alpe Moncerchio di Mosso Santa Maria. All’epoca dei<br />
fatti vi era un custode con <strong>la</strong> famiglia (moglie e figlia), e nei giorni 25-29 gennaio e 31gennaio-3<br />
febbraio alcuni dirigenti del Partito comunista avevano tenuto due corsi “rapidi” tendenti ad<br />
«elevare il livello politico medio dei giovani compagni e simpatizzanti, in vista di un possibile<br />
avanzamento a funzioni di Commissario Politico o Comandante di Reparto». Solevano recarsi<br />
al rifugio anche dirigenti politici e militari dei garibaldini biellesi. Il rifugio, che non subì danni<br />
nel rastrel<strong>la</strong>mento del 20 febbraio 1944, fu distrutto dai nazifascisti nel gennaio 1945. Su ciò<br />
si veda L. MORANINO, La “scuo<strong>la</strong>” <strong>per</strong> quadri partigiani al rifugio del monte Cerchio. Gennaio-febbraio<br />
1944, in “l’impegno”, a. IV, n. 1, marzo 1984, pp. 35-40.<br />
32
lità dovute al<strong>la</strong> nebbia che andava e veniva, <strong>per</strong> i garibaldini, che non potevano control<strong>la</strong>re<br />
tutti i movimenti degli attaccanti, aumentarono i <strong>per</strong>icoli.<br />
Alle prime raffiche di mitraglia dei fascisti i partigiani risposero con il fuoco delle<br />
loro armi. Su<strong>per</strong>ata <strong>la</strong> sorpresa provocata dal<strong>la</strong> pronta reazione dei garibaldini, dal reparto<br />
fascista o<strong>per</strong>ante nel<strong>la</strong> zona «S. Bernardo-Monte Rubello-Bocchetta di Margosio»<br />
si staccarono diverse pattuglie «con il compito di aggirare [...] soprattutto da<br />
Nord» 64 i partigiani comandati da Lupo, appostati sul versante meridionale del monte<br />
Prapian: appoggiando questa manovra con i mortai da 45 che battevano <strong>la</strong> postazione<br />
partigiana sempre più da vicino.<br />
Le pattuglie fasciste, guidate da qualcuno pratico dei luoghi, <strong>per</strong>correndo un tratto<br />
del sentiero esistente sul versante settentrionale del<strong>la</strong> dorsale Bocchetto Sessera-monte<br />
Civetta, ancora co<strong>per</strong>to di «abbondante neve», piombarono sul<strong>la</strong> postazione di monte<br />
Prapian. Dei partigiani presenti alcuni sfuggirono al<strong>la</strong> cattura, otto vennero fatti prigionieri<br />
e Lupo, piuttosto che arrendersi, si tolse <strong>la</strong> vita.<br />
Identica manovra i fascisti tentarono nel primo pomeriggio contro <strong>la</strong> postazione del<strong>la</strong><br />
Cima del<strong>la</strong> Ragna dal<strong>la</strong> quale i garibaldini ne control<strong>la</strong>vano <strong>per</strong>ò i due versanti: ma questa<br />
volta fallì. Infatti il reparto di militi, che durante una schiarita si presentò allo sco<strong>per</strong>to<br />
sul versante nord del<strong>la</strong> Cima del<strong>la</strong> Ragna, colto di sorpresa dalle raffiche del<strong>la</strong><br />
mitraglia, usata con <strong>per</strong>izia da Riccardo Grosso “Dinamite”, desistette dal tentativo.<br />
All’imbrunire Nedo e Quinto, non poco preoccupati <strong>per</strong> i partigiani del Prapian e<br />
del<strong>la</strong> Ragna di cui non sapevano niente, giunsero al Bocchetto Sessera con <strong>la</strong> trentina di<br />
uomini con i quali erano stati in postazione al Basto. Verso sera Artiglio e i suoi uomini,<br />
abbandonata <strong>la</strong> mitragliatrice priva di munizioni, seguendo il sentiero che dal bocchetto<br />
di Luvera risale il versante nord dell’Argimonia, raggiunsero le baite di Moncerchio.<br />
Ben altro svolgimento ebbe l’attacco del<strong>la</strong> compagnia germanica proveniente da Biel<strong>la</strong><br />
al distaccamento “Mameli”, nell’alta valle del Cervo. Il mattino presto i tedeschi, <strong>la</strong>sciati<br />
gli autocarri ad Oriomosso, s’avvicinarono indisturbati al<strong>la</strong> sede del distaccamento.<br />
Quando i partigiani si resero conto del<strong>la</strong> presenza dei militari germanici, questi non erano<br />
molto lontano dal<strong>la</strong> loro baita.<br />
In questa situazione d’emergenza il comandante “Tonino” 65 e altri due capisquadra<br />
se ne andarono <strong>per</strong> conto loro, provocando sconcerto e smarrimento tra i partigiani.<br />
Non si <strong>per</strong>sero d’animo <strong>per</strong>ò quelli del<strong>la</strong> squadra comandata da Guido Pel<strong>la</strong> “Freccia”<br />
che avevano in dotazione il fucile mitragliatore: <strong>la</strong> loro resistenza al soverchiante fuoco<br />
degli attaccanti, seppur di breve durata, diede <strong>la</strong> possibilità a molti compagni di porsi in<br />
salvo. Questo, tuttavia, non impedì ai tedeschi di colpire a morte, a monte del<strong>la</strong> cascina<br />
Monticchia, il commissario politico Remo Pel<strong>la</strong> “Remo”, di uccidere Roberto Simeoni<br />
“Roberto” all’alpe Vajetto e Irmo Barbi “Buronzo” al<strong>la</strong> Sel<strong>la</strong> del Cucco.<br />
Molto provati e divisi in piccoli gruppi, una ventina di garibaldini del “Mameli” raggiunsero<br />
nel<strong>la</strong> mattinata il Bocchetto Sessera, ove vennero fraternamente accolti da quelli<br />
del “Bandiera”, non attaccati dai nazifascisti.<br />
64 Dal<strong>la</strong> «re<strong>la</strong>zione sulle o<strong>per</strong>azioni del giorno 20 c.m.», inviata da Zuccari a Morsero il 21<br />
febbraio 1944 (ASV, Prefettura repubblicana 1943-45, Gabinetto, mazzo 66).<br />
65 Per questo atto e <strong>per</strong> essere successivamente passato con i fascisti Tonino venne condannato<br />
a morte da un Tribunale militare partigiano e fuci<strong>la</strong>to nell’autunno del 1944.<br />
33
I partigiani, messi in al<strong>la</strong>rme dagli scoppi delle bombe e dagli spari provenienti da<br />
destra e da sinistra, stettero sul “chi vive” <strong>per</strong> tutto il giorno. Al ca<strong>la</strong>r del<strong>la</strong> sera, presa<br />
<strong>la</strong> decisione di spostarsi dal Bocchetto, i partigiani dei tre distaccamenti, incoraggiati<br />
uno ad uno da Nedo, s’incamminarono nel<strong>la</strong> mu<strong>la</strong>ttiera che scende al<strong>la</strong> Piana del Ponte:<br />
di quel<strong>la</strong> colonna lui era l’ultimo.<br />
Era ormai buio quando i tedeschi, provenienti da Oriomosso, con un incendio e a<br />
colpi di bombe a mano, resero inabitabile l’Albergo del Bocchetto Sessera 66 .<br />
Raggiunte le baite e <strong>la</strong> Casermetta del<strong>la</strong> Forestale al<strong>la</strong> Piana del Ponte, i garibaldini si<br />
sistemarono al<strong>la</strong> meglio <strong>per</strong> passare <strong>la</strong> notte, mentre Nedo, Quinto, Grillo, Lungo e<br />
“Renato” (Renato Sasso) dopo una vivace discussione decisero di inviare una pattuglia<br />
in Valsesia <strong>per</strong> prendere contatti con Moscatelli onde concordare una sistemazione temporanea<br />
dei partigiani biellesi in quel<strong>la</strong> zona. L’incarico venne affidato ad una pattuglia<br />
di sette partigiani del “Bandiera” comandata da “Pic” (Luigi Moranino), che il mattino<br />
dopo di buon’ora partirono <strong>per</strong> Scopello.<br />
Nel<strong>la</strong> stessa mattinata Artiglio, che con i suoi uomini aveva trascorso <strong>la</strong> notte in una<br />
baita di Moncerchio, decise di tornare, con due di essi, al<strong>la</strong> bocchetta di Margosio <strong>per</strong><br />
ricu<strong>per</strong>are delle forme di formaggio occultate nel<strong>la</strong> baita dell’alpe Margosio. Nel compiere<br />
questa ricognizione Artiglio fece inavvertitamente esplodere una bomba a mano<br />
<strong>la</strong>sciata dai fascisti senza sicurezza, riportando ferite in varie parti del corpo, che gli<br />
impedirono di riprendere il suo posto di commissario politico al “Piave” 67 .<br />
Alle ore 13 di lunedì 21 febbraio 1944 i militi del 63 o battaglione “M” Tagliamento<br />
66 Sull’andamento e l’esito dell’attacco al “Piave” e al “Mameli”, nel<strong>la</strong> citata «re<strong>la</strong>zione<br />
sulle o<strong>per</strong>azioni del giorno 20 c.m.» di Zuccari si legge ancora: «Ho potuto seguire, a mezzo<br />
di posti di vedetta situati sul Monte San Bernardo alle pendici del quale avevo collocato il<br />
comando di Battaglione ed a mezzo delle scarse comunicazioni radio, il movimento delle due<br />
colonne. Non ho, durante l’azione, impartito alcun ordine, poiché fin dal primo momento<br />
avevo intuito che <strong>la</strong> località era stata scelta bene e che l’azione sarebbe riuscita in pieno.<br />
Tutte le vie erano state bloccate ed i ribelli dovevano essere assolutamente annientati dal<br />
fuoco delle armi nostre e tedesche. Ho so<strong>la</strong>mente chiesto più volte al<strong>la</strong> Compagnia germanica<br />
se aveva raggiunto le posizioni assegnate e l’assicurazione che ne ho ricevuto mi ha convinto<br />
dell’assoluta inutilità di modificare l’ordine di o<strong>per</strong>azioni che avevo fatto il giorno prima.<br />
La banda del Basto era forte di più di cento uomini, tutti rinchiusi nel<strong>la</strong> zona fissata e<br />
senza alcuna possibilità di uscita. La maggior parte si sono potuti allontanare sfuggendo<br />
al<strong>la</strong> nostra azione, so<strong>la</strong>mente <strong>per</strong>ché è venuto a mancare o è stato insufficientemente efficace<br />
il blocco dal <strong>la</strong>to ovest. La 1 a Compagnia a monte Prapian ed all’Alpe Margosio ha distrutto<br />
<strong>la</strong> base dei ribelli dove era conservata una ingente quantità di viveri e stoffe, ha fatto<br />
otto prigionieri, ha catturato una mitragliatrice, un fucile mitragliatore e diverse armi individuali<br />
e preso documenti importanti. L’azione ha avuto termine alle 18. Ritengo che i ribelli<br />
su<strong>per</strong>stiti si siano diretti in direzione ovest verso Camandona. Sono in corso accertamenti»<br />
(ASV, Prefettura repubblicana 1943-45, Gabinetto, mazzo 66).<br />
67 Portato dai due partigiani all’alpe Moncerchio dove ricevette le prime cure, Artiglio<br />
venne in seguito ospitato dal<strong>la</strong> famiglia di un boscaiolo alle Piane di Buronzo (valle Dolca).<br />
Alcuni giorni dopo un gruppo di boscaioli lo portò a Scopello su una barel<strong>la</strong> di fortuna,<br />
quindi in slitta venne trasferito a Cam<strong>per</strong>togno. Dopo essere stato condotto all’infermeria<br />
partigiana di Fobello ed aver vissuto le drammatiche vicende di un prolungato rastrel<strong>la</strong>mento,<br />
con documenti falsi, venne ricoverato all’Ospedale di Novara dal quale, privo dell’alluce<br />
sinistro e con l’occhio destro accecato, venne dimesso l’11 maggio 1944.<br />
34
fuci<strong>la</strong>rono presso il cimitero di Mosso Santa Maria: Roberto Arrigoni (c<strong>la</strong>sse 1925),<br />
Palmiro Camerlo (c<strong>la</strong>sse 1925), Francesco Crestani (c<strong>la</strong>sse 1924), Antonio Gavasso<br />
(c<strong>la</strong>sse 1925), Corrado Lanza (c<strong>la</strong>sse 1925), Frank Bowes, ex prigioniero neoze<strong>la</strong>ndese,<br />
Ernest Osborne, ex prigioniero australiano, sette degli otto garibaldini del “Piave”<br />
fatti prigionieri il giorno prima al monte Prapian 68 . Il 24 febbraio i militi del battaglione<br />
“Montebello” fuci<strong>la</strong>rono a Valle Mosso il partigiano del “Piave” Vincenzo Lazzarotto.<br />
68 L’ottavo partigiano fatto prigioniero non venne fuci<strong>la</strong>to ma denunciato al Tribunale<br />
militare «<strong>per</strong>ché è stato provato che fa parte del<strong>la</strong> banda soltanto da tre giorni e non ha preso<br />
parte ad alcuna azione con elementi del<strong>la</strong> banda stessa» (dal rapporto su: “Ribelli italiani e<br />
stranieri fuci<strong>la</strong>ti <strong>per</strong>ché catturati con le armi in pugno”, inviato da Zuccari a Morsero e ai<br />
tedeschi il 21 febbraio 1944, in ASV, Prefettura repubblicana 1943-45, Gabinetto, mazzo 66).<br />
35
Il trasferimento a Rassa<br />
La pattuglia del “Bandiera” diretta in Valsesia, dopo alcune ore di marcia, quando<br />
era ormai vicina al bocchetto del<strong>la</strong> Boscaro<strong>la</strong>, ebbe un incontro gradito quanto inatteso.<br />
All’alpe Camparient trovò Gemisto, Danda e una ventina di partigiani del “Pisacane”, i<br />
quali, <strong>la</strong>sciata l’alpe Panin, erano intenzionati a raggiungere <strong>la</strong> zona di Moncerchio, <strong>per</strong><br />
prendere contatti con il “Piave” e il “Bandiera”.<br />
Messi al corrente di quanto avvenuto, anch’essi convennero sull’opportunità di<br />
spostarsi in Valsesia e Gemisto si assunse l’impegno di contattare Moscatelli <strong>per</strong> esporgli<br />
le intenzioni e le necessità dei partigiani biellesi.<br />
Giunti a Scopello nel primo pomeriggio, Gemisto si incontrò con Bartolomeo Chiodo<br />
e Jean Taglioretti, due comandanti delle formazioni valsesiane, i quali da subito offrirono<br />
<strong>la</strong> loro col<strong>la</strong>borazione. Per loro interessamento i garibaldini biellesi vennero trasportati<br />
con un autocarro al ponte del<strong>la</strong> Gu<strong>la</strong> e provvisoriamente aggregati al reparto di<br />
Moscatelli, posto a guardia dell’importante passaggio del<strong>la</strong> valle Mastallone. Danda,<br />
febbricitante <strong>per</strong> una <strong>per</strong>sistente bronchite, Gemisto e Pic proseguirono <strong>per</strong> Mollia, ove<br />
furono ospitati nel<strong>la</strong> casa di un tollegnese parente di Danda. Martedì mattina Gemisto e<br />
Pic tornarono a Scopello ed il primo, oltre ad accordarsi con Moscatelli sul<strong>la</strong> presenza<br />
dei partigiani biellesi a Rassa, ebbe dallo stesso l’assicurazione che si poteva contare su<br />
di lui <strong>per</strong> re<strong>per</strong>ire i generi alimentari di prima necessità quali farina, riso, pasta, patate.<br />
Alcuni giorni dopo, con una marcia lunga, ma non faticosa <strong>per</strong> <strong>la</strong> mancanza di neve<br />
che non era più caduta - se non in quantità trascurabili - dai primi di dicembre del 1943,<br />
Quinto, Grillo e Renato, insieme ad una settantina di garibaldini appartenenti al “Piave”<br />
al “Bandiera” ed al “Mameli”, giunsero a Scopello. Erano tutti armati e disponevano di<br />
una mitragliatrice Breda, tre fucili mitragliatori Breda con le munizioni sempre più scarse,<br />
ed avevano con sé co<strong>per</strong>te e vettovaglie <strong>per</strong> diversi giorni.<br />
Quel trasferimento era stato preparato con cura ed il ricu<strong>per</strong>o delle scorte alimentari<br />
non andate <strong>per</strong>dute durante il rastrel<strong>la</strong>mento del 20 febbraio consentiva ad essi di<br />
giungere in Valsesia non a mani vuote. La presenza di Nedo tra di loro fino al mattino di<br />
giovedì 24, quando aveva <strong>la</strong>sciato <strong>la</strong> Casermetta del<strong>la</strong> Piana del Ponte <strong>per</strong> scendere a<br />
San Giuseppe di Casto 69 , aveva, inoltre, ridato a quei partigiani fiducia e volontà <strong>per</strong><br />
continuare quel<strong>la</strong> lotta impari e mortale contro un nemico spietato e bene armato.<br />
Non tutti i partigiani del “Bandiera” <strong>la</strong>sciarono <strong>per</strong>ò <strong>la</strong> Casermetta. Una quindicina di<br />
essi, comandati da Lungo, nel<strong>la</strong> previsione che <strong>la</strong> legge emanata il 18 febbraio dal governo<br />
del<strong>la</strong> Repubblica sociale italiana che decretava <strong>la</strong> pena di morte ai disertori e ai<br />
69 Nedo a San Giuseppe di Casto si doveva incontrare con Battista Santhià “Antonio”,<br />
ma non vi giunse. Il suo corpo, scioltasi <strong>la</strong> copiosa nevicata di fine febbraio, venne trovato<br />
verso <strong>la</strong> fine di marzo sul monte Casto, sul<strong>la</strong> sommità di un dirupo, chiamato Roc d<strong>la</strong> marenda,<br />
da due donne di Tavigliano che si erano recate a raccogliere brugo. Egli trovò <strong>la</strong> morte il<br />
24 febbraio, nel corso di un rastrel<strong>la</strong>mento compiuto da un reparto nazifascista nel<strong>la</strong> zona di<br />
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enitenti e fissava alle ore 24 dell’8 marzo 1944 il termine ultimo di presentazione <strong>per</strong><br />
gli appartenenti alle c<strong>la</strong>ssi dal 1922 al 1925 dell’esercito, del<strong>la</strong> marina e dell’aeronautica,<br />
sarebbe stata trasgredita da molti giovani, rimasero in quel luogo <strong>per</strong> fungere da<br />
punto di riferimento <strong>per</strong> quelli intenzionati ad arruo<strong>la</strong>rsi nelle formazioni partigiane 70 .<br />
Raggiunta Rassa, <strong>la</strong> picco<strong>la</strong> località al<strong>la</strong> confluenza dei torrenti Sorba e Gronda 71 , i<br />
su<strong>per</strong>stiti del “Mameli” vennero aggregati al “Bandiera” che si sistemò, con il consenso<br />
del parroco don Alfio Cristina, nel<strong>la</strong> casa parrocchiale 72 . Il distaccamento “Piave” occupò<br />
una capiente casa disabitata ed il Comando del “Pisacane”, in attesa degli effettivi che<br />
erano al ponte del<strong>la</strong> Gu<strong>la</strong>, si insediò in un’altra casetta disabitata all’entrata del paese.<br />
Se in un primo momento l’arrivo dei garibaldini biellesi destò qualche preoccupazione<br />
negli abitanti di Rassa, questa svanì col passare dei giorni e <strong>la</strong> gente, su<strong>per</strong>ata<br />
l’iniziale apprensione, manifestò comprensione e solidarietà nei loro confronti.<br />
A vincere <strong>la</strong> diffidenza di quei valligiani certamente giovarono alcune iniziative di<br />
carattere disciplinare prese dal Comando unificato dei tre distaccamenti di cui Gemisto<br />
si poteva considerare il portavoce, ma determinante fu il comportamento dei garibaldini<br />
improntato al massimo rispetto <strong>per</strong> quel<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione già duramente provata dalle condizioni<br />
di vita dovute al<strong>la</strong> guerra.<br />
«Sono arrivati e sono stati onesti e organizzati bene. Non hanno dato noia a nessuno.<br />
Nel paese erano dislocati in tante case molte delle quali disabitate, e hanno preso<br />
monte Casto-Pratetto-Case Falletti. Sul<strong>la</strong> sua morte il Gruppo presidi Gnr di Biel<strong>la</strong>, in data 3<br />
aprile 1944, scriveva al<strong>la</strong> Prefettura di Vercelli: «1 o corrente in regione Rocaia del<strong>la</strong> Marenda<br />
del Monte Casto, comune di Andorno Micca (Vercelli) rinvenuto cadavere di uno sconosciuto<br />
privo di documenti età apparente 40 anni, muti<strong>la</strong>to braccio destro al terzo medio e munito<br />
apparecchio ortopedico, che secondo voci identificherebbesi nel noto capo comunista soprannominato<br />
Nedo non meglio identificato. Morte risale ad oltre un mese <strong>per</strong> colpo di arma<br />
da fuoco al<strong>la</strong> testa» (ASV, Prefettura repubblicana 1943-45, Gabinetto, mazzo 1). A Nedo venne<br />
poi concessa <strong>la</strong> medaglia d’oro al valor militare, <strong>la</strong> cui motivazione si può leggere in P.<br />
SECCHIA - C. MOSCATELLI, op. cit., p. 204.<br />
70 Con Lungo c’erano: Danilo Bibolotti “Marco”, Eugenio Bonino “Picchiato”, Guerrino<br />
Bozzal<strong>la</strong> “Miseria”, Carlo Cantone “Studente”, Aldo Mattei “Riccio”, Giuseppe Modica<br />
“Caino”, Giuseppe Motta “Rampia”, Ferdinando Schellino “Santhià”, Bruno Sentinelli “Camus”,<br />
Gino Ugliengo “Marinaio”, Isidoro Zanchi “Gaio” e gli australiani “A<strong>la</strong>n”, “Brin” e<br />
“Den”.<br />
71 Rassa era stata scelta in considerazione del fatto che in caso di attacco nemico ai partigiani<br />
biellesi non era preclusa <strong>la</strong> possibilità di raggiungere l’alta valle del Cervo. Infatti,<br />
risalendo <strong>la</strong> mu<strong>la</strong>ttiera che costeggia il torrente Sorba fino all’alpe il Toso e presa quel<strong>la</strong> che<br />
porta al<strong>la</strong> bocchetta del Croso (m 1.940) e scende nel vallone del rio Chiobbia, si raggiunge<br />
Montesinaro (Piedicavallo). Un itinerario <strong>per</strong>corso da sempre dai valligiani di Rassa che<br />
solevano recarsi nei comuni dell’alta valle Cervo e al santuario d’Oropa.<br />
72 “[...] e mi han detto che sarebbero andati dentro <strong>per</strong>ché avevano bisogno anche del<strong>la</strong><br />
casa parrocchiale di Rassa, siccome era disabitata come altre case che prendevano [...] Mi<br />
ricordo di avere risposto: dite che aspettino, oggi pomeriggio vengo su io, <strong>la</strong> chiave glie<strong>la</strong> do<br />
io, che non vadano dentro prima, non rovinino porte né niente [...] Allora mi ricordo che<br />
sono andato su a Rassa ed ho portato fuori i registri e li ho messi nel<strong>la</strong> sagrestia [...] Però non<br />
han fatto nessuna scorrettezza, si sono comportati bene [...] Hanno poi rotto gli armadi i<br />
tedeschi <strong>per</strong>ché pensavano che forse c’era dentro qualche cosa» (testimonianza di don Alfio<br />
Cristina, ri<strong>la</strong>sciata all’autore il 30 maggio 1980).<br />
37
alloggio in quelle disabitate. Non hanno dato noia a nessuno. Sono stati onesti e <strong>per</strong>fetti.<br />
Per il mangiare si sono aggiustati da soli, senza danno a nessuno» 73 .<br />
«Di notte c’era <strong>la</strong> ronda e c’era il posto di blocco al<strong>la</strong> cascina Barmosa [...] e Gemisto<br />
mi disse che se qualcuno dei suoi soldati non avesse fatto il proprio dovere o<br />
veniva con <strong>la</strong> prepotenza <strong>per</strong> avere qualche cosa di andare denunciarlo immediatamente<br />
al Comando, che era lì a ca’ di Sabrei [...] Ma erano molto disciplinati, quello che<br />
prendevano lo pagavano sempre, non potei mai dargli da mangiare <strong>per</strong>ché non ce n’era<br />
e nessuno si comportò mai da prepotente» 74 . «I partigiani il mangiare se lo procuravano.<br />
Non penso che abbiano portato via delle cose, oppure se han preso quello che avevano<br />
bisogno, han pagato; magari, non so, qualche vitello, qui poi tutti avevano le mucche<br />
<strong>per</strong>ò non era un problema se qualcuno chiedeva un vitello che ammazzavano. Per il<br />
pane non so, se lo facevano venire su da Scopello o da Cam<strong>per</strong>togno e come se lo<br />
procuravano non lo so. Io a Rassa andavo un giorno sì e un giorno no, e io andavo e<br />
venivo con <strong>la</strong> massima libertà e nessuno mi ha mai dato fastidio, mi hanno sempre rispettato.<br />
Tante volte andavo lì appunto dal<strong>la</strong> Gina a far co<strong>la</strong>zione e venivano dentro<br />
anche i partigiani. Loro si mettevano in un tavolo, io ero da un’altra parte, par<strong>la</strong>vano<br />
così come si par<strong>la</strong>, come van le cose, bene, male. Ed al posto di blocco mi han sempre<br />
<strong>la</strong>sciato passare di giorno e di notte [...] E nel <strong>per</strong>iodo in cui voi siete stati qui da noi <strong>la</strong><br />
popo<strong>la</strong>zione si è <strong>la</strong>mentata di niente, non ci davate fastidio, sapevamo che c’era questo<br />
posto di blocco» 75 .<br />
Il clima che si creò tra <strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione e i partigiani consentì <strong>la</strong> sistemazione nelle<br />
case dei distaccamenti e <strong>la</strong> loro riorganizzazione in tempi brevi: vennero formate le<br />
squadre, affidati gli incarichi, ripresa <strong>la</strong> consuetudine dell’ora politica 76 . Renato e Grillo<br />
assunsero ufficialmente l’incarico di comandante e commissario politico del “Bandiera”;<br />
Quinto poté accertare se <strong>la</strong> sua nomina a comandante del “Piave” era ben accetta<br />
agli uomini del distaccamento; Gemisto predispose un piano di difesa - corredato da<br />
una cartina in cui era chiaramente indicata <strong>la</strong> via del<strong>la</strong> ritirata da Rassa -, che venne<br />
consegnato al Comando di ogni formazione. Al corrente di quanto avveniva a Rassa era<br />
73 Testimonianza di Teresa Patrosso ri<strong>la</strong>sciata all’autore il 27 giugno 1981. All’epoca dei<br />
fatti a Teresa Patrosso fu distrutta una casa al<strong>la</strong> frazione Albergo e il marito, che insieme ad<br />
altri cercava di salvare il bestiame, fu minacciato di fuci<strong>la</strong>zione da parte dei tedeschi.<br />
74 Testimonianza di Gina Patrosso in Tocchio, sorel<strong>la</strong> di Teresa, ri<strong>la</strong>sciata all’autore il 27<br />
giugno 1981. All’epoca dei fatti Gina Tocchio gestiva a Rassa l’Osteria delle Alpi.<br />
75 Testimonianze di don Alfio Cristina, cit.<br />
76 L’ora politica era generalmente tenuta dal commissario il quale era «partico<strong>la</strong>rmente<br />
responsabile del morale, del<strong>la</strong> disciplina e dell’orientamento politico degli uomini». Essa era<br />
dedicata «allo studio ed al<strong>la</strong> chiarificazione delle questioni politiche da farsi a seconda dei<br />
casi, sul<strong>la</strong> base del nucleo, del<strong>la</strong> squadra e del distaccamento». L’ora politica poteva consistere<br />
«ora nello studio di qualche questione di politica generale, ora nello studio di qualche<br />
fatto od avvenimento importante, ora nel momento sul<strong>la</strong> situazione militare sui vari fronti,<br />
ora nel<strong>la</strong> esposizione degli aspetti salienti del<strong>la</strong> politica tedesca e fascista in Italia, ora nel<strong>la</strong><br />
chiarificazione dei vari momenti del<strong>la</strong> politica del Cln, ora nel<strong>la</strong> discussione sul<strong>la</strong> vita del<br />
distaccamento, delle debolezze e delle deficienze da su<strong>per</strong>are, ora sui rapporti da avere col<strong>la</strong><br />
popo<strong>la</strong>zione. In questa ora politica [doveva] sempre trovar posto <strong>la</strong> lettura ed il commento<br />
collettivo dei giornali di cui il distaccamento [poteva] disporre». Da Compito di Commissario<br />
Politico di un distaccamento di partigiani, in “Il Combattente”, sd.<br />
38
anche “Italo” (Anello Poma), il vicecomandante del<strong>la</strong> brigata sul quale, dopo l’arresto<br />
di Sergio, sostituito da Carlo da poco tempo, e <strong>la</strong> scomparsa di Nedo, ricadeva <strong>la</strong> responsabilità<br />
di mantenere i contatti con il Comando delle brigate “Garibaldi” del Piemonte,<br />
l’organizzazione politica (Pci) e i distaccamenti.<br />
Informato del<strong>la</strong> presenza dei garibaldini biellesi a Rassa era altresì Zuccari, il quale,<br />
in data 26 febbraio, comunicava a Morsero e al Comando del 15 o reggimento di polizia<br />
germanica a Vercelli: «Secondo le ultime notizie giunteci, i su<strong>per</strong>stiti del<strong>la</strong> banda di Postua,<br />
non essendo riusciti a mettersi d’accordo con Moscatelli <strong>per</strong> <strong>la</strong> fusione, si sono<br />
trasferiti a Rassa, ad ovest di Piode, sul<strong>la</strong> strada Varallo-A<strong>la</strong>gna. Mi risulta che il Comando<br />
del<strong>la</strong> predetta banda ha intenzione di fare saltare il ponte sul<strong>la</strong> strada nei pressi<br />
di Piode» 77 .<br />
Negli ultimi giorni di febbraio decine di giovani di diversi paesi del Biellese, che avevano<br />
deciso di disubbidire al bando di chiamata alle armi del governo fascista e di andare<br />
con i partigiani, giunsero a Rassa. Domenica 27, con un viaggio in autocarro dal<br />
ponte del<strong>la</strong> Gu<strong>la</strong> a Rassa, i garibaldini del “Bandiera” e del “Pisacane” si ricongiunsero<br />
ai loro compagni di distaccamento. Nel<strong>la</strong> stessa giornata un’altra cinquantina di giovani<br />
biellesi che volevano unirsi ai partigiani, dopo aver sostato all’alpe Casary, non lontano<br />
dal<strong>la</strong> Casermetta del<strong>la</strong> Piana del Ponte, arrivarono a Rassa dove il tempo, che fino ad<br />
allora non aveva creato grossi problemi ai partigiani, improvvisamente peggiorò. Una<br />
abbondante nevicata caduta il 28 febbraio a Rassa raggiunse i settanta centimetri, al<br />
bocchetto del<strong>la</strong> Boscaro<strong>la</strong>, al<strong>la</strong> Casermetta del<strong>la</strong> Piana del Ponte, al Bocchetto Sessera<br />
su<strong>per</strong>ò il metro. Le nuove condizioni ambientali e meteorologiche, pur aumentando<br />
notevolmente i disagi e <strong>la</strong> fatica dei partigiani nei loro spostamenti, non impedirono a<br />
pattuglie del “Bandiera” di raggiungere i compagni al<strong>la</strong> Casermetta - praticamente iso<strong>la</strong>ti<br />
- <strong>per</strong> rifornirsi di generi alimentari da portare a Rassa. Così come continuò l’afflusso<br />
di renitenti biellesi che, <strong>per</strong> raggiungere i partigiani nel<strong>la</strong> località valsesiana, fecero<br />
ore di faticosissima marcia.<br />
All’inizio di marzo il numero dei renitenti giunti a Rassa, che si aggirava sui duecento,<br />
confermava il fallimento del<strong>la</strong> chiamata alle armi del governo di Salò. Una bruciante<br />
sconfitta politica <strong>per</strong> Mussolini che s<strong>per</strong>ava di far rinascere un esercito nazionale, ma<br />
che poneva al Comando garibaldino di Rassa problemi di non facile soluzione quali i<br />
rifornimenti alimentari, l’equipaggiamento dei nuovi arrivati, molti dei quali con calzature<br />
inadatte <strong>per</strong> <strong>la</strong> montagna, il re<strong>per</strong>imento delle armi. Frattanto le autorità fasciste, <strong>per</strong><br />
control<strong>la</strong>re meglio il territorio biellese, insediarono presidi militari a Valle Mosso, Andorno<br />
Micca, Cossato e predisposero posti di blocco nelle più importanti vie di accesso a<br />
Biel<strong>la</strong> 78 .<br />
77 ASV, Prefettura repubblicana 1943-45, Gabinetto, mazzo 65.<br />
78 La “forza dislocata” in detti presidi, appartenente al 115 o battaglione “M” Montebello<br />
di stanza a Biel<strong>la</strong> in data 6 marzo 1944 era <strong>la</strong> seguente: «Presidio di Valle Mosso, 3 Ufficiali -<br />
5 Sottufficiali - 69 Truppa; Presidio di Andorno Micca: 2 Ufficiali - 8 Sottufficiali - 63 Truppa;<br />
Presidio di Cossato: 2 Ufficiali - 5 Sottufficiali - 55 Truppa» (ASV, Prefettura repubblicana<br />
1943-45, Gabinetto, mazzo 65). Sull’attività svolta dai militi dei presidi, il maggiore Alessandro<br />
Manfredi, comandante del 115 o battaglione, in data 6 marzo scriveva a Morsero: «Il Comando<br />
di questo Battaglione ha disposto il dislocamento di parte dei suoi effettivi in Valle<br />
39
Negli stessi giorni le medesime difficoltà che doveva affrontare il Comando partigiano<br />
di Rassa si presentarono al “Bixio”. Il distaccamento dislocato all’alpe Varney,<br />
nell’alta valle Elvo, il cui Comando, dopo l’arrivo di numerosi renitenti al cosiddetto<br />
“bando Graziani” del 18 febbraio, aveva ritenuto opportuno costituire un secondo distaccamento<br />
che prese il nome del caduto Adriano Caralli. Una formazione di una trentina<br />
di uomini con Renzo Pedrazzo “Libero” comandante, Annibale Caneparo “Renati”<br />
commissario politico, che si trasferì nel<strong>la</strong> valle del Viona, a nord del<strong>la</strong> carrozzabile<br />
Donato-Andrate.<br />
Dopo <strong>la</strong> neve un inaspettato contrattempo creò ulteriori problemi ai garibaldini a<br />
Rassa. Quinto, <strong>per</strong> il riacutizzarsi di una ma<strong>la</strong>ttia alle vie respiratorie 79 , fu costretto a<br />
<strong>la</strong>sciare il comando del “Piave” <strong>per</strong> farsi ricoverare nell’infermeria dei garibaldini valsesiani<br />
a Rimel<strong>la</strong>. Un’assenza forzata quel<strong>la</strong> di Quinto che pregiudicò <strong>la</strong> ripresa del “Piave”<br />
e privò il Comando dell’apporto di un comandante capace, stimato e benvoluto dai<br />
partigiani.<br />
La situazione militare, invece, al<strong>la</strong> fine del<strong>la</strong> prima decade di marzo non presentava<br />
alcunché di nuovo. Dall’arrivo dei partigiani biellesi a Rassa nessuna puntata nazifascista<br />
era stata effettuata nell’alta Valsesia ed i soli militari preposti all’ordine pubblico da<br />
Varallo ad A<strong>la</strong>gna erano i carabinieri del presidio di Varallo e quelli delle stazioni di Scopa<br />
ed A<strong>la</strong>gna, a suo tempo disarmati dai partigiani valsesiani e non riarmati.<br />
Nul<strong>la</strong> <strong>la</strong>sciava presagire un imminente attacco nemico in forze. La nevicata di fine<br />
febbraio aveva inoltre fatto nascere nei partigiani, ed anche nel Comando, <strong>la</strong> convinzione<br />
che i nazifascisti, a causa di quelle condizioni ambientali che rendevano difficili <strong>la</strong><br />
circo<strong>la</strong>zione degli autoveicoli e le eventuali azioni di rastrel<strong>la</strong>mento, non avrebbero attaccato.<br />
Con questo convincimento il mattino di sabato 11 marzo Gemisto, <strong>per</strong> rendersi conto<br />
di come stavano i partigiani del “Pisacane” rimasti all’alpe Panin, partì con uno dei suoi<br />
<strong>per</strong> quell’alpeggio. Nel pomeriggio a <strong>la</strong>sciare Rassa fu Grillo, il quale si incamminò al<strong>la</strong><br />
Mosso, Andorno Micca, Cossato, costituendovi dei re<strong>la</strong>tivi Presidi che control<strong>la</strong>no totalmente<br />
tutta <strong>la</strong> zona destra del Biellese. Ha pure posti fissi in Candelo e degli sbarramenti [posti<br />
di blocco] e servizi in Biel<strong>la</strong> in col<strong>la</strong>borazione con il Commissariato di P.S. Avvenuto l’arresto<br />
dei facinorosi sovversivi e <strong>la</strong> fuci<strong>la</strong>zione dei maggiori responsabili, con il ferreo controllo<br />
del nostro Presidio ad ogni <strong>per</strong>sona, ad ogni attività di Valle Mosso, Mosso Santa Maria,<br />
Croce Mosso, <strong>la</strong> tranquillità, <strong>la</strong> calma e l’ordine sono tornati a regnare nel<strong>la</strong> zona, dove <strong>la</strong><br />
popo<strong>la</strong>zione accentua sempre più <strong>la</strong> sua simpatia verso <strong>la</strong> Milizia che o<strong>per</strong>a con serenità e<br />
giustizia. In Andorno è iniziata l’o<strong>per</strong>a di epurazione che tutt’ora è in corso: sono stati o<strong>per</strong>ati<br />
arresti di comunisti e partigiani. Il giorno 4 u.s. è stato ferito e tratto in arresto mentre <strong>per</strong><br />
<strong>la</strong> seconda volta tentava <strong>la</strong> fuga, il comunista Loiodice Felice di Cataldo sovversivo <strong>per</strong>icolosissimo<br />
e schedato, segna<strong>la</strong>to dal comando del<strong>la</strong> Compagnia dei Carabinieri di Biel<strong>la</strong>, con<br />
lettera del 3 marzo 1944 XXII. [...] Anche a Cossato il Presidio è a<strong>la</strong>cremente all’o<strong>per</strong>a <strong>per</strong><br />
ricondurre <strong>la</strong> zona al primitivo stato di normalità e tranquillità: sono stati arrestati alcuni<br />
partigiani che attualmente sono alle carceri di Vercelli» (ASV, Prefettura repubblicana 1943-45,<br />
Gabinetto, mazzo 65).<br />
79 Quinto aveva contratta <strong>la</strong> ma<strong>la</strong>ttia nel carcere di Castelfranco Emilia, dove insieme ad<br />
altri diciassette comunisti biellesi - fra i quali Grillo e Gemisto - scontava una condanna, inflittagli<br />
nel 1941 dal Tribunale speciale <strong>per</strong> <strong>la</strong> sicurezza dello Stato <strong>per</strong> attività sovversiva.<br />
40
volta di A<strong>la</strong>gna con quattro uomini del “Pisacane” <strong>per</strong> prelevare da una miniera colà<br />
esistente il necessario <strong>per</strong> minare il ponte di Quare (Cam<strong>per</strong>togno) sul Sesia.<br />
Inatteso, verso sera, giunse Carlo, il commissario di brigata, portando <strong>la</strong> notizia poco<br />
tranquillizzante dell’arrivo a Varallo di una settantina di autocarri con truppe tedesche e<br />
fasciste 80 . Questa notizia, che modificava improvvisamente <strong>la</strong> situazione pur senza creare<br />
al<strong>la</strong>rmismo tra i partigiani, indusse i responsabili dei distaccamenti ad aumentare <strong>la</strong> vigi<strong>la</strong>nza<br />
ed a prendere in considerazione l’eventualità di un attacco nemico nei giorni<br />
seguenti.<br />
80 Al riguardo il diario del 63 o battaglione del<strong>la</strong> legione “Tagliamento” riporta: «11 [marzo]<br />
sabato. Battaglione del 63 o Battaglione del<strong>la</strong> Legione Tagliamento parte da Pray Biellese autotrasportato<br />
<strong>per</strong> raggiungere Borgosesia, dove sarà alle dipendenze del 15 o Reggimento Polizia<br />
Germanica <strong>per</strong> le o<strong>per</strong>azioni che vi dovranno essere svolte. Alle 4 viene effettuato lo stabilito<br />
appuntamento con il Comando Tedesco. Alle 5 il Battaglione sempre autotrasportato<br />
parte e punta su Varallo. Alle 6 giunge a Roccapietra dove rimane a presidio [...] Tempo buono-cielo<br />
sco<strong>per</strong>to».<br />
41
Il combattimento di Rassa<br />
Domenica 12, fin dalle prime ore del mattino, il Comando, <strong>per</strong> evitare brutte sorprese,<br />
inviò una pattuglia al<strong>la</strong> frazione Dughera <strong>per</strong> control<strong>la</strong>re da posizione favorevole il<br />
tratto di rotabile tra Piode e Cam<strong>per</strong>togno e il ponte di Quare. Successivamente i reparti<br />
armati vennero posti in stato di al<strong>la</strong>rme ed ai disarmati si raccomandò di seguire l’itinerario<br />
prestabilito in caso di ritirata.<br />
La gente di Rassa, consapevole del potenziale <strong>per</strong>icolo, si comportò, senza dar segni<br />
di nervosismo, come ogni domenica mattina. Di quel mattino don Cristina racconta:<br />
«Mi ricordo che era di domenica, che ero salito a dire <strong>la</strong> messa alle 9 a Rassa, e dopo<br />
Messa alcuni partigiani mi hanno avvisato che c’era l’al<strong>la</strong>rme <strong>per</strong>ché stavan salendo<br />
dei camion di tedeschi e fascisti. Io nonostante questo scendevo <strong>per</strong> dire l’altra messa<br />
a Piode alle 11, pensando che se li avessi trovati, non mi avrebbero ammazzato su una<br />
strada senza chiedermi chi ero, cosa facevo: tutt’al più mi avrebbero portato indietro.<br />
Ma sono arrivato fino al<strong>la</strong> scorciatoia che scende a Piode senza trovare nessuno. Arrivato<br />
a Piode, nel<strong>la</strong> piazzetta di Piode <strong>la</strong> gente era tutta al<strong>la</strong>rmata <strong>per</strong>ché erano passati<br />
una cinquantina di camion di tedeschi e fascisti e dicevano che andavano a Rassa» 81 .<br />
La notizia che numerosi camion nemici si dirigevano a Rassa <strong>per</strong>venne al Comando<br />
verso le 10, ma solo intorno a mezzogiorno un colpo di fucile sparato dagli uomini del<br />
posto di blocco del<strong>la</strong> Barmosa avvisò che <strong>la</strong> colonna si stava avvicinando. A quel segnale<br />
convenuto gli uomini del “Bandiera” e del “Piave” andarono a prendere posizione nelle<br />
postazioni allestite al<strong>la</strong> frazione Albergo e quelli del “Pisacane” si inoltrarono nell’im<strong>per</strong>vio<br />
e boscoso versante al<strong>la</strong> destra orografica del Sorba <strong>per</strong> occupare <strong>la</strong> posizione<br />
loro assegnata.<br />
Questa o<strong>per</strong>azione si svolse nel massimo ordine ed anche se dei responsabili di distaccamento<br />
il solo presente era Renato del “Bandiera” 82 , “Atti<strong>la</strong>” (Remo Colombo),<br />
81 Testimonianza di don Alfio Cristina, cit. I reparti trasportati dal<strong>la</strong> cinquantina di camion<br />
verso Rassa di cui fa cenno don Cristina, verosimilmente sono quelli citati nel diario del 63 o<br />
battaglione che, a proposito degli avvenimenti di domenica 12 marzo, riporta fra l’altro: «12<br />
Domenica. Alle sette il Battaglione autotrasportato raggiunge Varallo come disposto dal<br />
Comando 15 o Reggimento S.S. Polizia germanico, viene fatto tornare a Roccapietra [...] Nel<br />
pomeriggio il Comando del 15 o Reggimento Polizia Tedesca, che è rimasto in Varallo senza<br />
presidio, richiede una compagnia a protezione [...] L’azione lungo <strong>la</strong> Valsesia vien compiuta<br />
dal reparto Germanico [il comandante del<strong>la</strong> 28 a legione del<strong>la</strong> Gnr in un rapporto a Morsero in<br />
data 15 marzo par<strong>la</strong>va di «un battaglione di truppe tedesche»], dal reparto del<strong>la</strong> Milizia fascista<br />
di Mi<strong>la</strong>no a cui si è aggiunta <strong>la</strong> squadra cannoni del nostro Battaglione col cannone da<br />
37 [...] Tempo buono-cielo sco<strong>per</strong>to».<br />
82 Degli altri responsabili Quinto e Gemisto erano assenti <strong>per</strong> i motivi già esposti. Grillo e<br />
i quattro partigiani che con lui, in auto, il mattino di domenica 12, tornavano a Rassa con<br />
l’esplosivo preso ad A<strong>la</strong>gna, giunsero vicinissimi al ponte di Quare nel momento in cui stava<br />
transitando <strong>la</strong> colonna nemica. Riuscirono ad evitare <strong>la</strong> cattura, abbandonando velocemente<br />
l’automezzo ed addentrandosi nel boscoso pendio <strong>la</strong> cui visibilità dal ponte è impedita da<br />
una accentuata curva del<strong>la</strong> strada.<br />
42
che fungeva da comandante del “Piave”, e Danda, il vice di Gemisto, si dimostrarono<br />
all’altezza del<strong>la</strong> situazione. Intanto i disarmati con il commissario di brigata Carlo, si<br />
allontanavano dal piccolo centro abitato.<br />
La colonna nazifascista al<strong>la</strong> cascina Barmosa fu costretta a fermarsi <strong>per</strong> rimuovere<br />
dal<strong>la</strong> sede stradale tronchi d’albero <strong>la</strong>sciati dai partigiani. Rimosso l’ostacolo, dal<strong>la</strong><br />
colonna si staccò un plotone di uomini - presumibilmente fascisti - che in fi<strong>la</strong> indiana si<br />
misero in marcia verso il paese.<br />
Dal<strong>la</strong> posizione dominante del<strong>la</strong> frazione Albergo i partigiani, che control<strong>la</strong>vano l’ultimo<br />
tratto del<strong>la</strong> tortuosa e stretta strada che, costeggiando il torrente Sorba, giunge a<br />
Rassa, videro avvicinarsi i rastrel<strong>la</strong>tori ed attesero l’ordine di sparare. Renato ordinò di<br />
far fuoco quando <strong>la</strong> fi<strong>la</strong> degli attaccanti si presentò allo sco<strong>per</strong>to ad una distanza molto<br />
ravvicinata. Molti dei militi che forse credevano di poter raggiungere Rassa senza colpo<br />
ferire, colti di sorpresa dalle nutrite e ripetute scariche di fucileria e dalle raffiche<br />
del<strong>la</strong> mitraglia e dei mitragliatori, rimasero sul terreno, mentre gli incolumi, ripiegando<br />
non senza difficoltà, riuscirono a porsi in salvo. Lo sconcerto tra i nazifascisti, se ci fu,<br />
non durò molto: il tempo di piazzare i mortai, puntare il cannoncino e le mitraglie. Quindi<br />
dal<strong>la</strong> colonna partì il contrattacco. Con il fuoco intenso delle loro armi pesanti sulle<br />
postazioni del<strong>la</strong> frazione Albergo i nazifascisti costrinsero i partigiani ad abbandonarle e<br />
porsi al riparo dalle bombe dietro i muri delle case del<strong>la</strong> picco<strong>la</strong> frazione.<br />
I responsabili e i garibaldini del “Piave” e del “Bandiera”, rendendosi conto che troppo<br />
grande era <strong>la</strong> sproporzione dell’armamento <strong>per</strong> continuare a resistere e che le poche<br />
munizioni stavano esaurendosi, cominciarono a ritirarsi dopo avere occultato <strong>la</strong> mitragliatrice<br />
Breda ormai senza colpi.<br />
Fino a quel momento nessun partigiano era stato colpito e questo, unitamente al<br />
comportamento esemp<strong>la</strong>re di Renato e degli elementi più preparati politicamente - alcuni<br />
dei quali capisquadra non ancora ventenni - consentì ai partigiani di ripiegare con<br />
calma: il che non impedì ad un gruppo di uomini del “Piave” e ad una squadra del “Bandiera”<br />
di trovarsi divisi dal grosso dei due distaccamenti 83 .<br />
Impossibile quantificare le <strong>per</strong>dite nemiche. Danda che, prima di ritirarsi con gli<br />
uomini del “Pisacane” in direzione di Mera, visse da vicino le fasi del combattimento,<br />
ricorda: «La sparatoria che dal<strong>la</strong> frazione Albergo investì il reparto nemico fu impressionante<br />
sia <strong>per</strong> il volume di fuoco che <strong>per</strong> l’effetto che ebbe sui suoi componenti. Il<br />
nostro successivo intervento sui militi che indietreggiavano in un tratto di strada allo<br />
sco<strong>per</strong>to, aumentò il numero dei colpiti. Contro di noi i nazifascisti concentrarono al-<br />
83 Loris Bertone “Gavetta” del “Piave”, che faceva parte di quel gruppo, ricorda: «Noi<br />
eravamo a sinistra vicino ad una baita vuota un po’ allo sco<strong>per</strong>to e penso che i tedeschi con<br />
i cannocchiali ci avessero bene inquadrati. Si misero a sparare e il primo colpo di mortaio<br />
cadde proprio vicino a noi e sollevando <strong>la</strong> neve <strong>per</strong> fortuna non scoppiò. Il secondo centrò<br />
<strong>la</strong> baita e ne distrusse il tetto. Noi allora ci ritirammo: alle spalle dopo qualche centinaio di<br />
metri avevamo una fitta pineta, nel<strong>la</strong> quale dopo non poca fatica riparammo. Qui sempre in<br />
silenzio ci unimmo ad altri partigiani ritiratisi da Rassa: ricordo i fratelli Bianchetto, Merlin,<br />
Aglietti (tutti caduti a Mottalciata) e da allora da quel mezzogiorno di quel<strong>la</strong> triste domenica,<br />
incominciò di nuovo il lungo calvario di ritirata più penoso che il precedente quello del 20<br />
febbraio che durò tre giorni, in mezzo al<strong>la</strong> neve alta, senza pista, con scarponi e vestiti bagnati<br />
e senza mangiare [...] eravamo in 14 o 15 [...] Non avevamo più comandanti, andavamo<br />
43
lora il fuoco dei loro mortai che ci indusse ad abbandonare <strong>la</strong> postazione. Dopo <strong>la</strong> cessazione<br />
del fuoco, <strong>per</strong> trasportare i feriti e i morti, vi fu un andare e venire di autoambu<strong>la</strong>nze<br />
e autocarri nemici col simbolo del<strong>la</strong> croce rossa» 84 .<br />
Il morale dei garibaldini, anche se furono costretti a ritirarsi, era buono, e il sa<strong>per</strong>e<br />
di dover camminare molte ore nel<strong>la</strong> neve <strong>per</strong> raggiungere l’alta valle del Cervo non li<br />
preoccupava più di tanto.<br />
Giunti al bivio dove, tra le ultime case di Rassa, si congiungono le mu<strong>la</strong>ttiere del<strong>la</strong><br />
val Sorba e delle val Gronda, essi appresero che i disarmati avevano proseguito, contrariamente<br />
a quanto era stato disposto dal Comando in caso di attacco, <strong>per</strong> <strong>la</strong> val Gronda.<br />
Questa notizia, che significava lo stravolgimento del piano di ritirata, destò non poca<br />
apprensione, ma nessuno si sottrasse al dovere di proteggere i disarmati: tutti si incamminarono<br />
<strong>per</strong> <strong>la</strong> mu<strong>la</strong>ttiera del<strong>la</strong> val Gronda e, al<strong>la</strong> squadra del “Bandiera” in possesso<br />
del mitragliatore, comandata da Pic, Renato affidò l’incarico di coprire il ripiegamento.<br />
Raggiunta Rassa, i nazifascisti inviarono un plotone ad incendiare le case del<strong>la</strong> frazione<br />
Albergo ed un altro reparto, <strong>per</strong> incalzare i garibaldini, proseguì <strong>per</strong> <strong>la</strong> val Gronda.<br />
La colonna nemica, mai <strong>per</strong>sa di vista dal<strong>la</strong> retroguardia partigiana, risalì un buon<br />
tratto del<strong>la</strong> mu<strong>la</strong>ttiera sparando raffiche di armi automatiche e solo nel tardo pomeriggio<br />
tornò indietro. Giunti in prossimità di Rassa sull’imbrunire, i rastrel<strong>la</strong>tori avvistarono<br />
due partigiani nelle vicinanze di una picco<strong>la</strong> baita. La breve e intensa sparatoria contro<br />
di essi non gli <strong>la</strong>sciò scampo: Ezio Gallotto “Ciclone” e Ferruccio Mongi<strong>la</strong>rdi vennero<br />
uccisi. Erano i primi due caduti partigiani.<br />
Nel frattempo i partigiani, su<strong>per</strong>ate le frazioni Oro, Ortigoso, Piana, Rassetta e Fontana,<br />
tutte abitate ma che non davano segno di vita, giunsero a Mezzanaccio (m 1.294), l’ultima<br />
frazione di Rassa in val Gronda. Erano le 18 e <strong>la</strong> fatica <strong>per</strong> arrivare fin <strong>la</strong>ssù, anche<br />
se essi avevano trovato <strong>la</strong> pista nel<strong>la</strong> neve alta già battuta dai valligiani, non era stata<br />
poca. Di mangiare non se ne par<strong>la</strong>va. Nessuno oltre alle co<strong>per</strong>te e agli effetti <strong>per</strong>sonali<br />
aveva ritenuto opportuno prendere pasta, farina da polenta, riso o patate dalle cucine<br />
dei reparti. Ad un certo punto saltò fuori un mastello da cinque chili di marmel<strong>la</strong>ta autarchica<br />
che fece il giro fra i presenti: ad ognuno ne toccò un cucchiaio. Era ormai<br />
buio, il cielo terso e l’aria pungente presagivano, anche <strong>per</strong> l’indomani, il bel tempo che<br />
durava da qualche giorno.<br />
Carlo e Renato chiamarono allora a raccolta i partigiani sullo spiazzo antistante <strong>la</strong><br />
al<strong>la</strong> buona ventura [...] nostro intento era di raggiungere nuovamente <strong>la</strong> mu<strong>la</strong>ttiera che dal<br />
bocchetto del<strong>la</strong> Boscaro<strong>la</strong> portava al Bocchetto Sessera. Il giorno di lunedì camminammo<br />
tutto il giorno e al<strong>la</strong> sera arrivammo in vista del<strong>la</strong> tanta agognata mu<strong>la</strong>ttiera [...] Il giorno<br />
dopo martedì, terzo giorno, camminando lungo <strong>la</strong> mu<strong>la</strong>ttiera, arrivammo nel pomeriggio, passando<br />
dalle Casermette, al Bocchetto Sessera; l’albergo era metà distrutto dall’incendio di<br />
quel<strong>la</strong> domenica 20 febbraio e decidemmo di tornare a casa <strong>per</strong> un po’ di tempo. Ci dividemmo<br />
[...]» (da un memoriale inviato all’autore in data 3 giugno 1984). La squadra del “Bandiera”<br />
era quel<strong>la</strong> comandata da “Bibi” (William Valsesia) che aveva in dotazione <strong>la</strong> mitragliatrice<br />
Breda. Sulle vicissitudini dei partigiani di questa squadra che raggiunsero <strong>la</strong> zona del<strong>la</strong> Serra,<br />
nel Biellese occidentale, il 18 marzo, si veda WILLIAM VALSESIA “BIBI”, Sui combattimenti<br />
di Rassa, in “l’impegno”, a. IV, n. 1, marzo 1984, pp. 43-45. Sullo stesso avvenimento si veda<br />
ANNIBALE GIACHETTI “DANDA”, Il Pisacane a Rassa, in “l’impegno”, a. IV, n. 2, giugno 1984,<br />
pp. 53-54.<br />
84 Testimonianza ri<strong>la</strong>sciata all’autore il 13 ottobre 1993.<br />
44
chiesetta di Mezzanaccio <strong>per</strong> stabilire insieme il da farsi. Dopo un attento esame del<strong>la</strong><br />
situazione, sentite diverse opinioni, si decise di formare due gruppi con questi obiettivi:<br />
il gruppo formato dai residenti nel<strong>la</strong> Valsessera e zone limitrofe avrebbe tentato di raggiungere<br />
il Biellese orientale portandosi a Cam<strong>per</strong>togno, Scopello, il bocchetto del<strong>la</strong> Boscaro<strong>la</strong><br />
e l’alta Valsessera; l’altro gruppo, che puntava su Piedicavallo, avrebbe dovuto<br />
su<strong>per</strong>are <strong>la</strong> dorsale montana che separa <strong>la</strong> val Gronda dal<strong>la</strong> val Sorba tra <strong>la</strong> Testa del<br />
Cerone (m 2.232) e il Turrio (m 1.940) <strong>per</strong> arrivare in val Sorba e di là iniziare l’ascesa<br />
al<strong>la</strong> bocchetta del Croso (m 1.940) <strong>per</strong> scendere ad alpe Finestre e Montesinaro nell’alta<br />
valle Cervo. A Mezzanaccio <strong>la</strong> neve su<strong>per</strong>ava il metro: nessuno pensava che i nazifascisti<br />
sarebbero tornati ad attaccare.<br />
Si formarono i due gruppi: una sessantina di disarmati con alcuni partigiani del “Piave”<br />
optarono <strong>per</strong> <strong>la</strong> Valsessera, gli altri, più di un centinaio, decisero <strong>per</strong> l’alta valle del<br />
Cervo. Incolonnati i partigiani dei due gruppi, prendendo direzioni opposte, si misero in<br />
cammino verso un alpeggio, nelle cui baite trascorrere <strong>la</strong> notte stel<strong>la</strong>ta sempre più fredda.<br />
E più essi risalivano il bosco di pini, <strong>la</strong>rici ed abeti <strong>per</strong> giungere nel<strong>la</strong> zona pascoliva,<br />
più aumentava <strong>la</strong> neve e, dovendo battere <strong>la</strong> pista, <strong>la</strong> fatica. Verso le 21 <strong>la</strong> colonna diretta<br />
nel<strong>la</strong> valle Cervo raggiunse le baite dell’alpe Sul<strong>la</strong> Piana, e i partigiani dell’altra trovarono<br />
rifugio in quelle di un’alpe sul versante di fronte.<br />
I nazifascisti intanto, contrariamente al<strong>la</strong> condotta tenuta nel corso dei precedenti<br />
rastrel<strong>la</strong>menti effettuati nel Biellese, si erano acquartierati a Rassa, avevano allestito<br />
postazioni, piazzato alcuni potenti riflettori che accendevano ogni tanto <strong>per</strong> illuminare<br />
gli scoscesi pendii che circondano <strong>la</strong> picco<strong>la</strong> località.<br />
45
“Arrendetevi, banditi!”<br />
Alle 4 del mattino di lunedì 13 i garibaldini, che avevano trascorso <strong>la</strong> notte nelle<br />
provvidenziali baite del<strong>la</strong> Piana, erano già in piedi. Il tragitto <strong>per</strong> raggiungere Montesinaro<br />
era ancora lungo e le difficoltà da su<strong>per</strong>are non poche. Essi non avevano riposato<br />
molto ma <strong>la</strong> stanchezza era stata in parte smaltita; non avevano da mangiare ma si erano<br />
riscaldati ed asciugati davanti al grande fuoco acceso nel casun; non avevano un’idea<br />
di cosa li attendesse ma non dis<strong>per</strong>avano di raggiungere il Biellese prima di sera.<br />
Si riformò <strong>la</strong> colonna e con una luna piena che illuminava a giorno un mondo di<br />
neve si riprese a salire. I partigiani, che a turno si alternavano al<strong>la</strong> testa del<strong>la</strong> colonna,<br />
affondavano nel<strong>la</strong> neve fino al<strong>la</strong> cinto<strong>la</strong>, ma passo dopo passo ed aiutandosi come potevano,<br />
si avvicinarono sempre più, seguiti dai loro compagni, al crinale dal quale si<br />
spazia nel<strong>la</strong> val Sorba e s’intravede <strong>la</strong> bocchetta del Croso. Alle 8 raggiunsero <strong>la</strong> dorsale.<br />
I partigiani presero fiato e guardarono seicento metri più in basso dove scorre il<br />
torrente Sorba e vi è <strong>la</strong> mu<strong>la</strong>ttiera che porta al<strong>la</strong> bocchetta del Croso.<br />
Lentamente, con circospezione <strong>per</strong> evitare le insidie del<strong>la</strong> montagna, essi iniziarono<br />
<strong>la</strong> discesa che si concluse verso le 9.30 vicino all’alpe Massucco. Qui <strong>la</strong> colonna si<br />
divise: una trentina di garibaldini - quelli bagnatissimi che si erano alternati nel battere <strong>la</strong><br />
pista - si fermarono nel<strong>la</strong> baita dell’alpe <strong>per</strong> accendere il fuoco ed asciugarsi un po’, gli<br />
altri proseguirono. Tutto sembrava andare secondo il piano prestabilito, ed anche il tiepido<br />
sole che preannunciava <strong>la</strong> primavera e tem<strong>per</strong>ava l’aria fredda e pungente diede forza<br />
ai partigiani, che si sentirono più vicini al Biellese, ai loro paesi, alle <strong>per</strong>sone che vi abitavano<br />
e che conoscevano, molte delle quali erano dal<strong>la</strong> loro parte e li appoggiavano.<br />
Improvvisamente raffiche di armi automatiche, di Maschinengewehr (<strong>la</strong> terribile “sega<br />
d’Hitler”), colpi di fucile e di tac-pun dei Mauser di precisione, rintronarono nel<strong>la</strong> val<strong>la</strong>ta.<br />
Erano i nazifascisti i quali, risalendo <strong>la</strong> val Sorba e seguendo le piste dei partigiani<br />
nel<strong>la</strong> val Gronda, giunti a ridosso del<strong>la</strong> colonna, cercavano con quell’attacco di annientare<br />
i garibaldini biellesi.<br />
Colti di sorpresa, gli armati, che si stavano asciugando, ebbero il loro da fare <strong>per</strong><br />
uscire dall’unica porta del<strong>la</strong> baita e non furono in grado di opporre resistenza ed ai disarmati<br />
non restò che cercare scampo nel <strong>per</strong>correre il più velocemente possibile <strong>la</strong><br />
mu<strong>la</strong>ttiera innevata che avevano dinanzi. Ma i nazifascisti adeguatamente equipaggiati<br />
ed invisibili continuavano a guadagnare terreno e raggiunta una posizione favorevole,<br />
con delle mitragliatrici, cominciarono a battere un passaggio obbligato sul ripido e ge<strong>la</strong>to<br />
canalone che porta al<strong>la</strong> bocchetta del Croso, mentre sparavano sempre più da vicino<br />
sui partigiani. Il primo di essi ad essere colpito fu Sergio Mu<strong>la</strong>tero “Tarzan”, di<br />
Torino, quindi vennero feriti F<strong>la</strong>vio Recanzone “Tan-Tan” e Giuseppe Recanzone “Soia”,<br />
due fratelli di Miagliano, e Bartolomeo Cantono “Sbornia”, di Andorno.<br />
La situazione <strong>per</strong> i garibaldini che dovevano compiere tratti allo sco<strong>per</strong>to sotto una<br />
incessante gragnuo<strong>la</strong> di colpi si fece più drammatica: alcuni spossati e feriti vennero<br />
catturati, il sangue dei colpiti continuava ad arrossare <strong>la</strong> spessa coltre di neve. Tutto<br />
sembrava <strong>per</strong>duto, ma un piccolo dosso offrì <strong>la</strong> possibilità di opporre una estrema re-<br />
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sistenza. Ad organizzar<strong>la</strong> fu Renato di Biel<strong>la</strong> e con lui c’erano Pietro Nastasi “Cucuzza”,<br />
il piccolo fantaccino siciliano del “Bandiera”, con il mitragliatore Breda, Gino Mattei<br />
“Caramba”, un ebreo triestino, “Bagai”, un partigiano del “Piave” proveniente da<br />
Rovigo, ed i biellesi Sergio Ravetti “Terribile”, di Cossi<strong>la</strong>, Mario Antonietti “Molotof’,<br />
Nunzio Strippoli “Talpa” e Pic, di Tollegno.<br />
Dall’improvvisata postazione gli otto partigiani spararono tutti i colpi dei loro fucili<br />
e il solo caricatore del mitragliatore. L’inattesa reazione durata pochi minuti fu sufficiente<br />
<strong>per</strong> contenere temporaneamente l’azione dei nazifascisti i quali ripresero ad avanzare<br />
con caute<strong>la</strong>.<br />
L’attenuata pressione consentì a numerosi partigiani di distanziarsi dagli assalitori,<br />
evitare <strong>la</strong> cattura e raggiungere il ponticello sul torrente Sorba, al di là del quale con <strong>la</strong><br />
s<strong>per</strong>anza c’era <strong>la</strong> possibilità di salvarsi. Per Renato e gli uomini che rimasero con lui <strong>la</strong><br />
so<strong>la</strong> alternativa rimasta fu quel<strong>la</strong> di trovare una picco<strong>la</strong> nicchia tra <strong>la</strong> neve, il ghiaccio e<br />
le pietre del torrente e attendere gli eventi. Durante questo tentativo venne ucciso Talpa.<br />
Altri due partigiani: Michele Lombardi “Buk”, di Minervino Murge, e Vincenzo Abbafati<br />
“Leone”, di Velletri, morirono al<strong>la</strong> bocchetta del Croso <strong>per</strong> le ferite riportate.<br />
Cessato il fuoco, i rastrel<strong>la</strong>tori, invece di seguire le orme nel<strong>la</strong> neve che avrebbero<br />
<strong>per</strong>messo di rintracciare molti partigiani, forse <strong>per</strong> tema di dover pagare un caro prezzo<br />
<strong>per</strong> quell’o<strong>per</strong>azione, si limitarono ad intimare: «Arrendetevi, banditi!» <strong>per</strong> alcune volte.<br />
Poi il loro ritorno a Rassa con undici partigiani prigionieri, sul<strong>la</strong> cui morte - avvenuta<br />
il pomeriggio di quello stesso giorno - e i fatti che <strong>la</strong> precedettero don Alfio Cristina<br />
ricorda: «Il mattino di lunedì 13 con il mio sacrista sono andato su presto a Rassa <strong>per</strong>ché<br />
dovevo dire <strong>la</strong> messa [...] Sono entrato in paese, nessuno mi ha chiesto niente, ma<br />
siccome pensavo che il suono delle campane poteva essere considerato dai tedeschi un<br />
segnale <strong>per</strong> i partigiani, sono andato dal tabaccaio che era il Ferrari Pierino, dove c’era<br />
il Comando tedesco e <strong>per</strong> mezzo di un interprete mi hanno presentato questo maggiore<br />
tedesco. Mi sono presentato: “Io sono il parroco e dovrei dire <strong>la</strong> messa, posso suonare<br />
le campane?”. Lui mi ha risposto: “Faccia pure quel che deve fare”. Allora io vado in<br />
chiesa, suono le campane e <strong>la</strong> gente è venuta. Tra l’altro in chiesa avevano portato anche<br />
materassi, delle lenzuo<strong>la</strong> <strong>per</strong>ché c’era questo <strong>per</strong>icolo: che i tedeschi volessero bruciare<br />
tutto il paese come avevano bruciato <strong>la</strong> frazione Albergo [...] Finita <strong>la</strong> funzione, io<br />
sono andato a far co<strong>la</strong>zione dal<strong>la</strong> Gina Tocchio al<strong>la</strong> Locanda delle Alpi e intanto <strong>la</strong> gente<br />
mi pregava di rimanere. “Guardate io sto qui tutto il giorno e vediamo cosa possiamo<br />
fare <strong>per</strong> salvare il paese, le case”, <strong>per</strong>ché se bruciavano una casa, bruciavano tutte<br />
essendo una attaccata all’altra. Verso le 10.30 andai ancora dal comandante tedesco e<br />
lui mi disse che erano andati in <strong>per</strong>lustrazione <strong>per</strong> vedere se trovavano dei partigiani.<br />
Sono tornato ancora dal<strong>la</strong> Tocchio dove si erano radunati gli uomini del paese: i giovanotti<br />
no, <strong>per</strong>ché, quelli che c’erano, erano nascosti e giustamente non si <strong>la</strong>sciavano<br />
prendere. Abbiamo pranzato lì e appena dopo il pranzo mi hanno detto che avevano<br />
preso dei partigiani che li avevano portati giù e che li fuci<strong>la</strong>vano. Allora io sono andato<br />
da questo comandante tedesco e <strong>per</strong> mezzo dell’interprete gli ho chiesto di salvarli. Dico:<br />
“Guardate, <strong>per</strong>ché volete ammazzarli?”. E questi giovanotti erano già contro il muro lì<br />
fuori dal<strong>la</strong> bottega del Ferrari, quel<strong>la</strong> che c’era in metà del paese a sinistra andando in<br />
su, dove c’è quel piccolo spiazzo vicino al<strong>la</strong> chiesa. Io sono andato <strong>per</strong> vedere se riuscivo<br />
a salvarli questi ragazzi: “Portateli via, non ammazzateli”. Ma questo maggiore mi<br />
ha risposto: “È <strong>la</strong> legge di guerra, se loro prendono noi ci ammazzano, noi li abbiamo<br />
47
presi e dobbiamo fuci<strong>la</strong>rli”. Allora io ho chiesto se potevo almeno par<strong>la</strong>re con questi<br />
ragazzi, <strong>per</strong> sentire se qualcuno voleva confessarsi: tra l’altro avevo visto che c’era il<br />
Nico<strong>la</strong> [Nico<strong>la</strong> Cardetta “Tigre”] il quale se avesse potuto si sarebbe confessato. Aveva<br />
fatto <strong>la</strong> Comunione domenica mattina, <strong>per</strong>ché lui faceva <strong>la</strong> Comunione quando io andavo<br />
su a Rassa. Mi hanno detto che non potevo avvicinarli, ma che se volevo potevo dirgli<br />
due parole. E loro erano già lì al muro: gli ho detto qualche giacu<strong>la</strong>toria, gli ho fatto dire<br />
qualche cosa e gli ho dato l’assoluzione. Poi il maggiore tedesco mi ha detto di andare<br />
a suonare le campane, e io gli ho chiesto: “Ma <strong>per</strong> che cosa?”. “Perché <strong>la</strong> gente assista<br />
al<strong>la</strong> fuci<strong>la</strong>zione”, fu <strong>la</strong> risposta. “Guardi, questo non lo faccio <strong>per</strong>ché nessuno vuole<br />
assistere a queste cose”. E voleva fuci<strong>la</strong>rli. “Guardi - gli dissi -, non li fucili proprio in<br />
mezzo al paese, ci saranno bambini, una cosa, un’altra: è una cosa che fa pietà. Se volete<br />
fuci<strong>la</strong>rli, fuci<strong>la</strong>teli in un altro posto, ma non qui”. Allora li hanno presi, li hanno<br />
incolonnati e con i loro soldati li hanno portati vicini al cimitero. E ha fatto andare anche<br />
me: mi ha obbligato ad andare assistere al<strong>la</strong> fuci<strong>la</strong>zione. Mi han preso in mezzo a<br />
loro, mi han portato giù, era già verso sera... E poi mi ricordo che ha messo lì il plotone<br />
e questi ragazzi là, ragazzi, con questa ragazza [Nel<strong>la</strong> Pastorello “Nel<strong>la</strong>”] tutti già al muro.<br />
Tra l’altro mi ricordo che quando io ho par<strong>la</strong>to lì fuori a questi ragazzi, qualcuno che<br />
cercava di guardare indietro lo picchiavano, qualcuno aveva delle fasciature alle mani,<br />
ai piedi. Si vede che quando li hanno presi non so se li han bastonati, se li han picchiati,<br />
questo non lo so <strong>per</strong>ché non ho potuto par<strong>la</strong>re con nessuno di loro, <strong>per</strong>ché mi han dato<br />
nessuna possibilità di par<strong>la</strong>re con loro. Poi li hanno messi lì e con il plotone di esecuzione<br />
li hanno ammazzati. Penso che il plotone di esecuzione sia stato misto, <strong>per</strong>ò chi<br />
comandava, chi ha dato l’ordine era questo interprete che si chiamava Guido, mi ricordo<br />
che si chiamava Guido, mi pare che fosse un ragioniere che faceva da interprete e<br />
comandava i fascisti che c’erano con i tedeschi. Poi ho visto uno che è andato lì con<br />
<strong>la</strong> rivoltel<strong>la</strong> e ha dato il colpo di grazia a tutti. Quindi questo maggiore mi ha detto: “Adesso<br />
noi ce ne andiamo, se sappiamo che qui ci mette piede ancora un partigiano, noi bruciamo<br />
tutto il paese. Questa volta l’abbiamo salvato <strong>per</strong>ché...”, insomma, così... Io gli ho detto:<br />
“Arrivate voi siete armati, arrivano gli altri sono armati, e noi dobbiamo subire gli uni e<br />
gli altri...”. Noi naturalmente eravamo <strong>per</strong> i partigiani, tra l’altro essendo io di Varallo<br />
molti partigiani tra i quali il Chiodo, il “Ranghin”, il Leo Colombo e tanti altri erano quasi<br />
miei compagni di scuo<strong>la</strong> [...]. Non è che avessero paura i fuci<strong>la</strong>ti di Rassa. Io - pensandoci<br />
dopo - non so se avrei avuto il coraggio di stare lì ad aspettare, non so se non sarei<br />
caduto prima mezzo morto dal<strong>la</strong> paura. Niente: si sono comportati veramente bene. Sono<br />
caduti quando c’è stata <strong>la</strong> scarica e poi ricordo questo tale che è andato lì con <strong>la</strong> rivoltel<strong>la</strong>,<br />
doveva essere un sottotenente o qualcuno così a dargli il colpo di grazia» 85 .<br />
I corpi di Luigi Bolzon “Alì”, Giovanni Borsato, Nico<strong>la</strong> Cardetta “Tigre”, Delfo Castaldi<br />
“Aqui<strong>la</strong>”, Sandro Colongo, Walter Gallotto, Gino Lori “Job”, Luciano Malinverni<br />
“Bris”, Adelio Moro “Bestia”, Nel<strong>la</strong> Pastorello “Nel<strong>la</strong>”, Benvenuto Pivotto “Lacit”, gli<br />
undici partigiani fuci<strong>la</strong>ti il 13 marzo, vennero sepolti il giorno dopo in una fossa comune<br />
nel piccolo cimitero di Rassa. A comporre le salme c’era Teresa Patrosso che così<br />
rammenta quell’atto di umana pietà: «Siamo andate io e <strong>la</strong> Irene. Ho tirato via i documenti.<br />
Soldi non ne avevano, qualche cinghia e ho messo tutto in una scato<strong>la</strong>. Gli ab-<br />
85 Testimonianza di don Alfio Cristina, cit.<br />
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iamo pulito <strong>la</strong> faccia e li abbiamo co<strong>per</strong>ti tutti con uno straccio bianco e mi ricordo di<br />
uno che si chiamava Canuto, nome di battaglia, che era stato catturato, ed aveva l’orologio<br />
incastrato dentro al braccio tutto ferito, senza scarpe, con gli stracci fatti su nei<br />
piedi» 86 . Nel pomeriggio del 13 <strong>la</strong> maggior parte dei garibaldini, seppur provati dal<strong>la</strong><br />
terribile es<strong>per</strong>ienza del mattino, riuscì a su<strong>per</strong>are <strong>la</strong> bocchetta del Croso e raggiungere<br />
nel Biellese le località prescelte. Per gli altri, che <strong>per</strong> motivi diversi furono costretti a<br />
rimandare lo spostamento al giorno successivo, le traversie non erano ancora finite.<br />
Ad aspettarli dalle prime ore del pomeriggio del 14 a Montesinaro vi era un plotone<br />
di militi del 115 o battaglione “Montebello” del presidio di Andorno Micca. L’azione che<br />
ne seguì diede <strong>la</strong> possibilità ad una squadra di fascisti di catturare il garibaldino Walter<br />
Ramel<strong>la</strong> di Vaglio Chiavazza che <strong>la</strong> sera stessa venne ucciso ad Andorno, mentre una<br />
seconda squadra, che effettuava un rastrel<strong>la</strong>mento nei «cascinali vicini», colpì a morte<br />
un civile di Montesinaro, «il quale o <strong>per</strong> paura o <strong>per</strong> non farsi fermare si dava al<strong>la</strong> fuga» 87 .<br />
Persistendo nel<strong>la</strong> caccia ai partigiani, il 16 marzo i militi del «Presidio di Andorno ai<br />
quali si aggiunse un plotone del Comando di Battaglione» partivano <strong>per</strong> «un’azione di<br />
rastrel<strong>la</strong>mento sulle Alpi Briolo Q. 1.248». Nel corso dell’o<strong>per</strong>azione, dopo avere «oltrepassato<br />
il Bocchetto Sessera e seguendo piste fresche sul<strong>la</strong> neve che raggiungeva<br />
oltre il metro di altezza» 88 , i fascisti avvistarono una pattuglia partigiana contro <strong>la</strong> quale<br />
spararono vanamente numerose raffiche di armi automatiche. I quattro del<strong>la</strong> pattuglia<br />
che andavano al<strong>la</strong> ricerca di partigiani provenienti da Rassa, erano Italo, Lungo, Andrea<br />
Taverna “Svizzero” e “Biondo” i quali, su<strong>per</strong>ata <strong>la</strong> Bassa del Campo, nel discendere <strong>la</strong><br />
valle del rio Concabbia incontrarono Terribile, Caramba, Bagai, Franco Bianco “Nebrasca”,<br />
Giovanni De Toffol “Balil<strong>la</strong>”, due ex prigionieri inglesi e Pic che venivano dal<strong>la</strong><br />
località valsesiana ed erano diretti al<strong>la</strong> Casermetta del<strong>la</strong> Piana del Ponte, ove pensavano<br />
ci fosse ancora <strong>la</strong> base del “Bandiera”.<br />
Stante <strong>la</strong> situazione, anche Italo e i suoi compagni decisero allora - come avevano<br />
già fatto altri garibaldini - di avviarsi verso l’alta valle dell’Elvo <strong>per</strong> raggiungere l’alpe<br />
Varney, dove furono accolti fraternamente dai partigiani del distaccamento “Bixio” 89<br />
intorno a mezzogiorno del giorno dopo.<br />
86 Testimonianza di Teresa Patrosso, cit.<br />
87 Il civile si chiamava F<strong>la</strong>vio Borghese Rat fu Emilio: si veda il rapporto inviato dal comandante<br />
del presidio di Andorno al Comando del 115 o battaglione a Biel<strong>la</strong> il 15 marzo 1944<br />
(ASV, Prefettura repubblicana 1943-45, Gabinetto, mazzo 65). Nello stesso rapporto, sull’uccisione<br />
del partigiano si affermava: «Rientrato in presidio a tarda sera con il ribelle catturato,<br />
questi veniva interrogato dall’Ufficiale addetto all’Ufficio Politico Tenente Carlettini [...]<br />
Mentre veniva ricondotto nel<strong>la</strong> camera di punizione, approfittando del<strong>la</strong> oscurità, tentava di<br />
fuggire. La scorta gli intimava il fermo inutilmente; furono sparati alcuni colpi di moschetto<br />
ed il Ramel<strong>la</strong> cadeva a terra colpito a morte». La solita versione che i fascisti ado<strong>per</strong>avano<br />
<strong>per</strong> giustificare l’uccisione dei loro prigionieri.<br />
88 Dal rapporto inviato dal comandante del 115 o battaglione “Montebello” al capo del<strong>la</strong><br />
provincia Morsero il 18 marzo 1944 (ASV, Prefettura repubblicana 1943-45, Gabinetto, mazzo 65).<br />
89 Dei sei distaccamenti garibaldini fondati nel Biellese l’unico ancora efficiente ed organizzato<br />
in quel momento era il “Bixio”. Una formazione che, pur avendo subito attacchi nemici,<br />
non era stata costretta ad abbandonare l’alta valle Elvo. Questa presenza fu di grande<br />
aiuto <strong>per</strong> i partigiani che giungevano dalle zone sottoposte a massicci rastrel<strong>la</strong>menti i quali,<br />
dopo avere beneficiato di un aiuto fraterno, potevano rientrare nelle stesse <strong>per</strong> riorganizzare<br />
i distaccamenti.<br />
49
Ma il Comando tedesco non demordeva e <strong>la</strong> <strong>per</strong>vicacia con cui inviava i reparti da<br />
esso dipendenti alle calcagna dei partigiani che dopo Rassa transitarono nel<strong>la</strong> zona di<br />
Piedicavallo <strong>la</strong> si deduce da questa annotazione contenuta nel diario del 63 o battaglione:<br />
«Venerdì 17 marzo. Battaglione in movimento. La 1 a Compagnia al comando del C.M.<br />
Fabbri <strong>per</strong> un’azione da compiersi unitamente alle truppe tedesche su Piedicavallo: si<br />
prevede che resterà in azione <strong>per</strong> 3 giorni».<br />
L’epilogo del<strong>la</strong> drammatica es<strong>per</strong>ienza dei garibaldini biellesi a Rassa si ebbe con <strong>la</strong><br />
morte di Ermanno Agosti “Lupo”, un partigiano del “Mameli” passato al “Bandiera”, il<br />
quale, dopo il combattimento di domenica 12, invece di proseguire coi compagni, si<br />
fermò al<strong>la</strong> frazione Fontana <strong>per</strong> dei forti dolori ai piedi provocati da un principio di<br />
conge<strong>la</strong>mento. In queste condizioni Lupo, in preda a <strong>la</strong>ncinanti e incessanti sensazioni<br />
dolorose <strong>per</strong> l’aggravarsi del conge<strong>la</strong>mento, trascorse diversi giorni nascosto in una<br />
baita prima di farsi vivo, sabato 18 marzo, agli abitanti del<strong>la</strong> picco<strong>la</strong> frazione del<strong>la</strong> val<br />
Gronda. Di quello che avvenne nei giorni successivi don Cristina, che si impegnò in<br />
tutti i modi <strong>per</strong> aiutare Lupo, ricorda: «Era domenica 19, vado su a Rassa <strong>per</strong> dire messa<br />
e viene una donna del<strong>la</strong> frazione Fontana che mi dice: “Guardi che ieri è arrivato un<br />
giovanotto con <strong>la</strong> cancrena ai piedi che non può più camminare”. Un giovanotto che è<br />
stato fuori diversi giorni, da quando due squadre il 14 erano andate in <strong>per</strong>lustrazione<br />
<strong>per</strong> cercare i partigiani morti, una nel<strong>la</strong> val Sorba e l’altra nel<strong>la</strong> val Gronda. Lui li ha<br />
visti, ha visto questi che si par<strong>la</strong>vano - adesso io non so di preciso <strong>la</strong> località dove l’hanno<br />
trovato, in quale casera lui era nascosto - <strong>per</strong>ò ha avuto paura che fosse ancora qualcuno<br />
che andasse a cercare i partigiani e non si è fatto sentire, e non si è fatto vedere,<br />
ed è rimasto lì diversi giorni in mezzo al<strong>la</strong> neve. Mangiava, non so, <strong>la</strong> neve, quel che<br />
l’era... Poi è riuscito in qualche maniera ad arrivare giù fino a questa frazione, mi pare<br />
<strong>la</strong> Fontana, che è quel<strong>la</strong> <strong>per</strong> arrivare su al Mezzanaccio. Lì <strong>la</strong> gente aveva paura <strong>per</strong>ché<br />
aveva sentito dire che se si ricoverava ancora un partigiano i tedeschi bruciavano tutto<br />
il paese. “Cosa dobbiamo fare?”. “Cosa dobbiamo fare non è facile. Per intanto incominciate<br />
a tenerlo lì”. Io in giornata vado su dal medico di Cam<strong>per</strong>togno, che era il<br />
dottor Fornara, gli parlo e andiamo su a vedere questo ragazzo com’è. Perché non<br />
sapevamo in che condizioni fosse. Siamo andati al<strong>la</strong> frazione Fontana io e il dottor Fornara<br />
è venuto con me e abbiamo visto che non poteva camminare <strong>per</strong>ché aveva <strong>la</strong> cancrena<br />
ai piedi. “Qui non si può tenere questo ragazzo, bisogna farlo ricoverare”. Io gli<br />
ho chiesto: “Dove vuoi andare? Che cosa vuoi fare? Vuoi che ti portiamo all’Ospedale<br />
di Varallo? In qualche posto... dicci tu cosa dobbiamo fare...”. Lui fa: “Se vado giù mi<br />
prendono e mi ammazzano. Cercate di portarmi all’Ospedale - mi pare che lui m’abbia<br />
detto di Fobello o di Rimel<strong>la</strong>, adesso non ricordo più - che lì abbiamo un nostro ospedale<br />
partigiano”. “Va bene - dissi -, <strong>per</strong>ò devi darmi <strong>la</strong> possibilità... tu abbi pazienza”.<br />
Ho pregato ’sta gente di tenerlo ancora, di nasconderlo <strong>per</strong>ché nessuno lo sapeva che<br />
c’era, eccetto quei pochi lì. Sono andato giù a Scopello e sono riuscito a trovare Gemisto<br />
e gli ho detto che c’era questo partigiano in queste condizioni. “Ci penso io, mando<br />
su io un infermiere”. Poi sono passati due o tre giorni e non l’aveva mandato questo<br />
infermiere... Poi vado su un mattino a dire <strong>la</strong> messa e mi dicono che quel ragazzo l’avevano<br />
portato via dal<strong>la</strong> frazione Fontana e l’avevano messo nel<strong>la</strong> prima casa a destra<br />
entrando a Rassa dove c’era una ragazza che si chiamava Bianca» 90 .<br />
90 Testimonianza di don Alfio Cristina, cit.<br />
50
Sul<strong>la</strong> <strong>per</strong>manenza di Lupo nel<strong>la</strong> sua casa Bianca Ventura, <strong>la</strong> giovane che coraggiosamente<br />
lo accolse, ha <strong>la</strong>sciato questa testimonianza: «Il 24 marzo 1944 nelle ore pomeridiane<br />
dietro mia richiesta si presentavano in casa mia due partigiani dal nome di battaglia<br />
uno “Giorgio” e l’altro “Siluro”, il primo di Torino abitante in via Caserta numero<br />
8 e il secondo di Failungo comune di Piode, i quali portarono il partigiano Agosti Ermanno<br />
fu Antonio e di Pavesi Enrichetta, nato a Vercelli il 23 luglio 1925 abitante a Vercelli<br />
via Trieste, che era gravemente amma<strong>la</strong>to <strong>per</strong> conge<strong>la</strong>mento ai piedi di terzo grado<br />
e che fino a tale data era stato nascosto in una stal<strong>la</strong> sita in località Frazione Fontana<br />
causa il rastrel<strong>la</strong>mento dei nazifascisti. Il partigiano Agosti è stato ricoverato in casa<br />
mia ed assistito da me <strong>per</strong>sonalmente dal giorno 24 marzo fino al 29 di detto mese, data<br />
sotto <strong>la</strong> quale <strong>per</strong> l’aggravarsi del conge<strong>la</strong>mento ed in seguito colpito da cancrena e<br />
meningite tetanica l’Agosti decedeva. Tutti i giorni i due partigiani venivano a casa mia<br />
<strong>per</strong> far visita all’amma<strong>la</strong>to e visto che questa andava peggiorando decisero di farlo ricoverare<br />
all’ospedale di Varallo, ma al sopraggiungere dell’autoambu<strong>la</strong>nza l’Agosti era<br />
già spirato. Subito dopo il decesso i due partigiani si interessarono presso le autorità<br />
locali e nel giorno stesso del decesso veniva seppellito nel cimitero di Rassa con gli<br />
onori dovuti» 91 .<br />
Rassa - come ha scritto C<strong>la</strong>udio Del<strong>la</strong>valle - «segnò <strong>la</strong> fine di un <strong>per</strong>iodo ben definito<br />
del partigianato biellese, che potremmo complessivamente definire “del<strong>la</strong> montagna”.<br />
La dura es<strong>per</strong>ienza che i partigiani ne ricavarono servì a mettere a punto, prima<br />
di tutto, una nuova tattica di guerriglia, <strong>la</strong> cui applicazione nei mesi successivi non solo<br />
mutò il concetto di lotta partigiana fino allora seguito, ma, sommandosi ad eventi esterni,<br />
comportò mutamenti profondi nel<strong>la</strong> vita delle formazioni in tutte le sue espressioni<br />
e servì a stabilire i rapporti con <strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione su basi nuove» 92 .<br />
91 Da un verbale d’interrogatorio ri<strong>la</strong>sciato ai carabinieri del<strong>la</strong> stazione di Scopa l’11 agosto<br />
1945.<br />
92 C. DELLAVALLE, op. cit., p. 127.<br />
Questi i caduti di Rassa: Vincenzo Abbafati “Leone”, anni 20, nato a Velletri (Roma), residente<br />
a Lariano (Roma); Ermanno Agosti “Lupo”, anni 18, nato e residente a Vercelli; Giovanni<br />
Borsato, anni 20, nato a Vallonara (Vi), residente a Valle San Nico<strong>la</strong>o; Luigi Bolzon<br />
“Alì”, anni 17, nato e residente a Castelletto Cervo; Nico<strong>la</strong> Cardetta “Tigre”, anni 18, nato a<br />
Gioia del Colle (Ba), residente a Trivero; Delfo Castaldi “Aqui<strong>la</strong>”, anni 18, nato e residente a<br />
Vigliano Biellese; Sandro Colongo, anni 21, nato e residente a Valle San Nico<strong>la</strong>o; Walter Gallotto,<br />
anni 21, nato e residente a Valle San Nico<strong>la</strong>o; Ezio Gallotto “Ciclone”, anni 20, nato e<br />
residente a Valle San Nico<strong>la</strong>o; Michele Lombardi “Buk”, anni 20, nato e residente a Minervino<br />
Murge (Ba); Gino Lori “Job”, anni 27, nato a Quinto Vercellese, residente a Trivero; Luciano<br />
Malinverni “Bris”, anni 20, nato a Vercelli, residente a Trivero; Ferruccio Mongi<strong>la</strong>rdi,<br />
anni 21, nato e residente a Valle San Nico<strong>la</strong>o; Adelio Moro “Bestia”, anni 19, nato a Valrovina<br />
(Vi), residente a Valle Mosso; Sergio Mu<strong>la</strong>tero “Tarzan”, anni 19, nato e residente a Torino;<br />
Nel<strong>la</strong> Pastorello “Nel<strong>la</strong>”, anni 19, nata a Vil<strong>la</strong> Estense (Pd), residente a Biel<strong>la</strong>; Benvenuto<br />
Pivotto “Lacit”, anni 17, nato e residente a Trivero; Nunzio Strippoli “Talpa”, anni 18, nato<br />
a Corato (Ba), residente a Tollegno.<br />
51
Indice dei nomi di <strong>per</strong>sona<br />
Abbafati, Vincenzo “Leone” 47, 51<br />
Aglietti, Aldo “Terribile” 43<br />
Agosti, Ermanno “Lupo” 50, 51, 51<br />
“A<strong>la</strong>n”, ex prigioniero australiano 37<br />
“Alì” v. Bolzon, Luigi<br />
Ambrosio, Piero 7, 9, 11, 22<br />
Amisano, Quinto 12<br />
Angelino, Angelo 11<br />
Angelino Giorset, Carlo 19<br />
Angiono, Ermanno “Pensiero” 4, 12, 13, 29<br />
Antonietti, Mario “Molotof” 47<br />
Antonietti, Quinto “Quinto” 4, 29, 32-34, 36,<br />
38, 40, 40, 42<br />
“Aqui<strong>la</strong>” v. Castaldi, Delfo<br />
“Aramis” v. Marabelli, Nenello<br />
“Arcos” v. Grazio<strong>la</strong>, Mario<br />
Arrigoni, Roberto 35<br />
“Artiglio” v. Maroino, Giuseppe<br />
Badoglio, Pietro 7<br />
“Bagai”, partigiano del “Piave” 47, 49<br />
Baldini, Vito 2<br />
Barazia, Ferdinando 18<br />
Barbano, Enzo 5<br />
Barbi, Irmo “Buronzo” 33<br />
Becchia, Roberto 18<br />
“Beretta” v. Zona, Imer<br />
Bertona, Silvio “Carlo” 23, 23, 27, 39, 41, 43,<br />
44<br />
Bertone, Angelo 10<br />
Bertone, Loris “Gavetta” 43<br />
“Bestia” v. Moro, Adelio<br />
Bianchetto, Eraldo “Drago” 43<br />
Bianchetto, Lorenzo “Faro” 4<br />
Bianchetto, Renato “Falco” 43<br />
Bianchi, Basilio 13<br />
Bianco, Franco “Nebrasca” 49<br />
“Bibi” v. Valsesia, William<br />
Bibolotti, Danilo “Marco” 37<br />
“Biondo”, partigiano del “Bandiera” 49<br />
Bocchio, Argante “Massimo” 28<br />
Bolzon, Luigi “Alì” 48, 51<br />
Bonardi, di Cossato 12<br />
Bonello, Diego 12<br />
Boni, Piemonte “Piero Maffei” 4, 29<br />
Bonino, Eugenio “Picchiato” 37<br />
Borandi, Enrico 11<br />
Borghese Rat, F<strong>la</strong>vio 49<br />
Borsato, Giovanni 48, 51<br />
Boschetti, Ivo 12<br />
Bowes, Frank 35<br />
Bozzal<strong>la</strong>, Guerrino “Miseria” 37<br />
Bricco, Adelio 11<br />
“Brin”, ex prigioniero australiano 37<br />
“Bris” v. Malinverni, Luciano<br />
Buffarini Guidi, Guido 14<br />
“Buk” v. Lombardi, Michele<br />
Camerlo, Palmiro 35<br />
Camozza, Gino 13<br />
Caneparo, Annibale “Renati” 4, 40<br />
Canova, Mario 11<br />
Cantone, Carlo “Studente” 37<br />
Cantono, Bartolomeo “Sbornia” 46<br />
“Canuto”, partigiano 49<br />
Caralli, Adriano “Omero” 25, 40<br />
“Caramba” v. Mattei, Gino<br />
Cardetta, Nico<strong>la</strong> “Tigre” 48, 51<br />
Carlettini, tenente 49<br />
“Carlo” v. Bertona, Silvio<br />
Casalino, Romano “Tonino” 4, 33, 33<br />
Caso<strong>la</strong>ro, Enrico “Rico” 4, 23<br />
Castaldi, Delfo “Aqui<strong>la</strong>” 48, 51<br />
Cattaneo, Eugenio “Tenno” 25<br />
Cena, Angelo 13<br />
Chiodo, Bartolomeo 36, 48<br />
Chiorino, Edoardo 25<br />
“Ciclone” v. Gallotto, Ezio<br />
Ci<strong>la</strong>vegna, Cornelio 6<br />
“Cino” v. Moscatelli, Vincenzo<br />
Colombo, Dolcino “Arrigo” 4<br />
Colombo, Leo 48<br />
Colombo, Remo “Atti<strong>la</strong>” 42<br />
Colongo, Sandro 48, 51<br />
Cosentino, Antonio 2<br />
Crestani, Francesco 35<br />
Cristina, don Alfio 37, 37, 38, 42, 42, 47, 48,<br />
50, 50<br />
“Danda” v. Giachetti, Annibale<br />
“Dante” v. Gallo, Alberto<br />
De Biasio, Matteo “Athos” 11<br />
Del<strong>la</strong>valle, C<strong>la</strong>udio 1, 3-5, 12, 24, 51, 51<br />
“Den”, ex prigioniero australiano 37<br />
De Toffol, Giovanni “Balil<strong>la</strong>” 49<br />
Dondana, Luigi 21<br />
Duviglio, Ezio 11<br />
Fabbri, Antonio 50<br />
Fasanino, Gianfranco 3<br />
52
Fava Frera, Remo 11<br />
Ferrari, Pierino 47<br />
Filera, Nice 19<br />
Fizzotti, Arturo 11<br />
Fontana, Giuseppe 11<br />
Fornara, medico 50<br />
Forte, Pietro 20, 21<br />
Galdini, Ottavio 11<br />
Galfione, Giacomo 19<br />
Gallian, Arrigo “Russo” 19<br />
Gallina, Benedetto 19<br />
Galliziotti, Emilio 11<br />
Gallo, Alberto “Dante” 26, 27, 27<br />
Gallotto, Ezio “Ciclone” 44, 51<br />
Gallotto, Walter 48, 51<br />
Gambetti, Carlo 11, 23, 26, 27, 28<br />
Gardino, Carlo 13<br />
Gastone, Eraldo “Ciro” 4<br />
Gavasso, Antonio 35<br />
“Gemisto” v. Moranino, Francesco<br />
Giachetti, Annibale “Danda” 28, 36, 43, 44<br />
Gi<strong>la</strong>, Mario 19<br />
“Giorgio”, partigiano 51<br />
Grazio<strong>la</strong>, Mario “Arcos” 29, 29<br />
“Grillo” v. Mancini, Mario<br />
Grosso, Riccardo “Dinamite” 33<br />
Guido, interprete 48<br />
Hary, Luigi 16<br />
Irene, donna di Rassa 48<br />
“Italo” v. Poma, Anello<br />
Janno, Giacomo 13<br />
“Job” v. Lori, Gino<br />
Kraus, tenente 19<br />
“Lacit” v. Pivotto, Benvenuto<br />
Lanati, Pierino 21<br />
Languasco, Aurelio 20<br />
Lanza, Corrado 35<br />
Lanzone, Ugo 13<br />
Lazzarotto, Vincenzo 35<br />
“Leo” v. Vigna, Leo<br />
“Leone” V. Abbafati, Vincenzo<br />
Lipartiti, Enzo 12<br />
Loiodice, Felice 40<br />
Lombardi, Michele “Buk” 47, 51<br />
Longhi, Angelo 11<br />
Lori, Gino “Job” 48, 51<br />
Loss, Silvio 11<br />
Lovatto, Alberto 19<br />
“Lungo” v. Ortona, Silvio<br />
“Lupo” v. Agosti, Ermanno<br />
“Lupo” v. Tortel<strong>la</strong>, Luigi<br />
Malinverni, Luciano “Bris” 48, 51<br />
Mancini, Mario “Grillo” 4, 32, 34, 36, 38, 40,<br />
40, 42<br />
Manfredi, Alessandro 20, 31, 39<br />
Manni, Francesco “Renato Vanni” 25<br />
Manoli, Alfonso 18<br />
Marabelli, Nenello “Aramis” 11, 24, 27<br />
Maroino, Giuseppe “Artiglio” 27, 29, 31, 32,<br />
32, 33, 34, 34<br />
Martinazzo, Angelo 13<br />
Massara, Ferdinando 27, 27<br />
“Mastrillli” v. Salza, Bruno<br />
Mattei, Aldo “Riccio” 37<br />
Mattei, Gino “Caramba” 47, 49<br />
Mazzoni, Giuseppe 30<br />
Merlin, Ernesto “Merlo” 43<br />
Micotti, Dante 11<br />
Mi<strong>la</strong>nesi, fratello di un milite 11<br />
Mi<strong>la</strong>nesio, Pierino 17<br />
Minarolo, Norberto 13<br />
Modica, Giuseppe “Caino” 37<br />
Mongi<strong>la</strong>rdi, Ferruccio 44, 51<br />
Moranino, Francesco “Gemisto” 4, 13, 17,<br />
19, 26, 28, 36-38, 40, 40, 42, 43, 50<br />
Moranino, Luigi “Pic” 1, 32, 34, 36, 44, 47,<br />
49<br />
Moro, Adelio “Bestia” 48, 51<br />
Morsero, Michele 2, 7, 9, 10, 12, 14, 15, 16,<br />
16, 17, 20, 22, 24-26, 27, 31, 33, 35, 39,<br />
39, 42, 49<br />
Mosca, Aurelio 13<br />
Mosca, Pierino 13<br />
Mosca Zunca, Giuseppe 13<br />
Moscatelli, Vincenzo “Cino” 4, 10, 10, 22, 24-<br />
26, 34, 36, 37, 39<br />
Motta, Giuseppe “Rampia” 37<br />
Mu<strong>la</strong>tero, Sergio “Tarzan” 46, 51<br />
Mussolini, Benito 39<br />
Nardocci, commissario 15, 16, 16<br />
Nastasi, Pietro “Cucuzza” 47<br />
“Nedo” v. Pajetta, Piero<br />
“Nel<strong>la</strong>” v. Pastorello, Nel<strong>la</strong><br />
Nicchiarelli, Nicolò 14<br />
“Omero” v. Caralli, Adriano<br />
Orsi, Alessandro 3, 11<br />
Ortona, Silvio “Lungo” 32, 34, 36, 37, 49<br />
Osborne, Ernest 35<br />
Osel<strong>la</strong>, Giuseppe 11<br />
53
Pajetta, Piero “Nedo” 4, 19, 22, 32-34, 36, 36,<br />
37, 39<br />
Panichi, Edda 13<br />
Panichi, Francesco 13<br />
Pastore, Pietro 13<br />
Pastorello, Nel<strong>la</strong> “Nel<strong>la</strong>” 48, 51<br />
Patrosso, Teresa 38, 48, 49<br />
Patrosso, Gina in Tocchio 38, 38, 47<br />
Pavesi, Enrichetta 51<br />
Pedrazzo, Renzo “Libero” 40<br />
Pel<strong>la</strong>, Guido “Freccia” 33<br />
Pel<strong>la</strong>, Remo “Remo” 4, 33<br />
“Pensiero” v. Angiono, Ermanno<br />
Peraldo, Pietro 20, 20, 21<br />
Perona, Gianni 1, 3-5, 12, 24, 29<br />
Perrone, Aldo 19<br />
Pezzati, Enzo “Ferrero” 20<br />
“Pic” v. Moranino, Luigi<br />
“Piero Maffei” v. Boni, Piemonte<br />
Pivotto, Benvenuto “Lacit” 48, 51<br />
Pizzorno, Giovan Battista 12<br />
Poma, Anello “Italo” 1, 3-5, 12, 24, 29, 39,<br />
49<br />
Ponzecchi, Bruno 5<br />
Pozzi, Mario 11<br />
Quazza, Guido 32<br />
“Quinto”, v. Antonietti, Quinto<br />
Ragonese, Giuseppe 30<br />
Ramel<strong>la</strong>, Walter 49, 49<br />
“Ranghin” v. Ranghini, Celso<br />
Ranghini, Celso “Ranghin” 48<br />
Ravaglia, Silvio 30<br />
Ravetti, Sergio “Terribile” 47, 49<br />
Recanzone, F<strong>la</strong>vio “Tan-Tan” 46<br />
Recanzone, Giuseppe “Soia” 46<br />
“Remo” v. Pel<strong>la</strong>, Remo<br />
“Renati” v. Caneparo, Annibale<br />
“Renato” v. Sasso, Renato<br />
“Rico” v. Caso<strong>la</strong>ro, Enrico<br />
Rinolfi, Renato 11<br />
Rivardo, Silvio 12<br />
Rivetti, Oreste 15<br />
Rossetti, Adriano “Sergio” 4, 23, 39<br />
Russo, padre Giuseppe 22<br />
Salza, Bruno “Mastrilli” 4, 25<br />
Sandretti, Renato 29<br />
“Santhià” v. Schellino, Ferdinando<br />
Santhià, Battista “Antonio” 36<br />
Saracco, Secondo “Secondo” 28<br />
Sasso, Renato “Renato” 34, 36, 38, 42-44, 47<br />
Sassone, Francesco 13<br />
Scaglia, Giovanni 28<br />
Sca<strong>la</strong>brino, impiegata 11<br />
Schellino, Ferdinando “Santhià” 37<br />
Secchia, Pietro 4, 37<br />
Sentinelli, Bruno “Camus” 37<br />
“Sergio” v. Rossetti, Adriano<br />
“Siluro”, partigiano 51<br />
Simeoni, Roberto “Roberto” 33<br />
Solinas, Salvatore “Cuffia” 20<br />
Sonia, spia fascista 24<br />
Strippoli, Alfonso 13<br />
Strippoli, Nunzio “Talpa” 47, 51<br />
Taglioretti, Jean “Jean” 36<br />
“Talpa” v. Strippoli, Nunzio<br />
“Tarzan” v. Mu<strong>la</strong>tero, Sergio<br />
Taverna, Andrea “Svizzero” 49<br />
Tel<strong>la</strong>roli, Pietro “Barba” 19<br />
“Terribile” v. Ravetti, Sergio<br />
“Tigre” v. Cardetta, Nico<strong>la</strong><br />
Tognol, Virginio 11<br />
“Tonino” v. Casalino, Romano<br />
Topini, Renato 11<br />
Tortel<strong>la</strong>, Luigi “Lupo” 31-33<br />
Ugliengo, Gino “Marinaio” 37<br />
Valle Dell’Acqua, Edis “Edis” 29<br />
Valsesia, William “Bibi” 44<br />
Variara, Vincenzo “Turin” 29<br />
Ventura, Bianca 50, 51<br />
Vercel<strong>la</strong> Baglione, Vitale 19<br />
Viana, Luigi “Olmo” 4<br />
Viano, Ettore 19<br />
Vigna, Leo “Leo” 4, 23, 24, 24, 26, 27, 28<br />
Vigna, Oreste 24<br />
Zanchi, Isidoro “Gaio” 37<br />
Zecca, Luciano 11<br />
Zegna, Ermenegildo 32<br />
Zona, Imer “Beretta” 12, 18<br />
Zuccari, Merico 9, 9, 10-12, 16, 22-24, 24, 25,<br />
25, 26, 26, 27, 28, 28, 29, 30, 30, 31, 33-<br />
35, 39<br />
54
Indice dei nomi di luogo<br />
Affittà di Sopra, alpe (monte Cucco) 2<br />
Agnona (Borgosesia) 10<br />
A<strong>la</strong>gna Valsesia 6, 10, 39-41, 42<br />
Albarei, alpe (valle Strona di Postua) 26, 28<br />
Albergo (Rassa) 38, 42-44, 47<br />
Andorno Micca 6, 10, 18, 37, 39, 39, 40, 46,<br />
49, 49<br />
Andrate (To) 40<br />
Aranco (Borgosesia) 10<br />
Asti 27, 27<br />
Bagneri (Muzzano) 21<br />
Baraggia (Lessona) 18<br />
Barmosa, cascina (Rassa) 38, 42, 43<br />
Barone, monte 23, 28<br />
Bassa del Campo (valle Cervo) 49<br />
Basto (Rocca d’Argimonia) 5, 5, 25, 27, 27,<br />
29, 30-33, 34<br />
Bel<strong>la</strong>ria (Mosso Santa Maria) 18<br />
Biel<strong>la</strong> 1, 2, 5, 6, 7, 10, 12, 12, 13, 13, 14, 15,<br />
15, 16-18, 18, 19, 20, 20, 21, 27, 29, 31, 32,<br />
33, 37, 39, 39, 40, 47, 49, 51<br />
Biellese 1, 2, 3, 5, 7, 9, 10, 14, 17, 22, 27, 39,<br />
40, 44, 45, 46, 49, 49<br />
Biol<strong>la</strong> (Coggio<strong>la</strong>) 24<br />
Bocchetto Sessera 1, 3, 17, 31-34, 39, 44, 49<br />
Bogna (Quittengo) 18<br />
Borgosesia 6, 6, 7, 9, 10, 10, 11, 12, 14, 41<br />
Boscaro<strong>la</strong>, bocchetto (Valsessera-Valsesia)<br />
36, 39, 44, 45<br />
Branda, cascina (Mosso Santa Maria) 31<br />
Breia 10<br />
Briolo, alpe (Valsessera) 49<br />
Broglio (Cossato) 29<br />
Brughiera, santuario 30<br />
Bulliana (Trivero) 30<br />
Buronzo 6<br />
Caluso (To) 29<br />
Camandona 31, 34<br />
Campanile, cascina (Mossa Santa Maria) 10<br />
Camparient, alpe (Valsesia) 28, 36<br />
Campello, alpe (Veglio) 31<br />
Cam<strong>per</strong>togno 34, 38, 42, 45, 50<br />
Canale, alpe (valle Strona di Postua) 28<br />
Candelo (Bi) 40<br />
Capo Mosso (Mosso Santa Maria) 30, 31<br />
Carameletto (Tollegno) 2<br />
Casary, alpe (Valsessera) 39<br />
Castagnea (Portu<strong>la</strong>) 30<br />
Castelfranco Emilia (Mo) 40<br />
Castelletto Cervo 51<br />
Casto, monte 36, 37<br />
Caulera, bocchetta (Valsessera) 30<br />
Cavaglià 6<br />
Cavallero, santuario 27<br />
Cellio 10<br />
Cerchio, monte 32, 32<br />
Cervo (Cossato) 12<br />
Cervo, valle 1, 4, 12, 13, 18, 20, 21, 31, 33, 37,<br />
44, 45<br />
Chiari (Bs) 7<br />
Cima del<strong>la</strong> Ragna, monte 27, 30, 31-33<br />
Civetta, monte 33<br />
Coggio<strong>la</strong> 6, 7, 9, 10-13, 14, 16, 17, 23, 24, 24,<br />
25, 25, 26-28<br />
Corato (Ba) 51<br />
Cossato 5, 6, 10, 11, 12, 12, 13, 22, 29, 29,<br />
39, 39, 40<br />
Cossi<strong>la</strong> San Grato (Biel<strong>la</strong>) 47<br />
Costa Pessine (Sagliano Micca) 21, 31<br />
Crevacuore 5, 6, 6, 7, 9, 10, 11, 12, 12, 13, 14,<br />
15, 19, 26<br />
Crocemosso (Valle Mosso) 14, 14, 22, 40<br />
Crolle, cascina (Mosso Santa Maria) 30<br />
Croso, bocchetta (valle Cervo) 37, 45-47, 49<br />
Cucco, monte 1, 2, 10, 17<br />
Dolca, valle 34<br />
Donato 1, 40<br />
Dughera (Piode) 42<br />
Elvo, valle 1, 2, 2, 3, 4, 17, 20, 21, 25, 40, 49,<br />
49<br />
Failungo (Piode) 51<br />
Falletti (Sagliano Micca) 37<br />
Ferrero (Trivero) 24<br />
Finestre, alpe (valle Cervo) 45<br />
Fobello 34, 50<br />
Foglianise (Bn) 2<br />
Fontana (Rassa) 44, 50, 51<br />
Gaglianico 6<br />
Gattinara 6, 10, 22<br />
Germania 1, 19, 19, 20<br />
Gioia del Colle (Ba) 51<br />
Graglia 10<br />
Graglia, santuario (Bi) 1, 2<br />
Gronda, valle 44-46, 50<br />
55
Gu<strong>la</strong>, ponte 36, 37, 39<br />
La Bura, alpe (Valsessera) 25<br />
Lariano (Roma) 51<br />
Lessona 5, 29<br />
Lora (Trivero) 30<br />
Luvera, bocchetto (Valsessera) 30, 31, 33<br />
Maderno (Bs) 15<br />
Margosio, alpe (Valsessera) 30, 34, 34<br />
Margosio, bocchetta (Valsessera) 27, 30, 31,<br />
33, 34<br />
Marone (Trivero) 30<br />
Masseranga (Portu<strong>la</strong>) 27<br />
Masserano 6, 18<br />
Massucco, alpe (val Sorba) 46<br />
Mastallone, valle 36<br />
Mera, alpe (Valsesia) 43<br />
Mezzanaccio (Rassa) 44, 45, 50<br />
Miagliano 46<br />
Mi<strong>la</strong>no 9, 22, 42<br />
Minervino Murge (Ba) 47, 51<br />
Mollia 36<br />
Moncerchio, alpe 10, 27, 30, 32, 33, 34, 34,<br />
36<br />
Moncerchio, monte<br />
Mongrando 6<br />
Montesinaro (Piedicavallo) 37, 45, 46, 49<br />
Monticchia, cascina (Sagliano Micca) 33<br />
Monza (Mb) 22, 26<br />
Mosso Santa Maria 6, 10, 18, 18, 27, 29, 30,<br />
32, 35, 40<br />
Mottalciata 6, 14, 43<br />
Mucrone, monte 10<br />
Muzzano 20, 21<br />
Netro 6, 10<br />
Nole, cascina (Mosso Santa Maria) 31<br />
Novara 20, 21, 24, 34<br />
Noveis, alpi (Valsessera) 3, 11, 19, 23-25<br />
Occhieppo 10<br />
Oriomosso (Quittengo) 21, 30, 31, 33, 34<br />
Orio Secco, alpe (Quittengo) 21<br />
Oro (Rassa) 44<br />
Oropa, santuario 37<br />
Oropa, valle 1, 3, 10<br />
Ortigoso (Rassa) 44<br />
Panin, alpe (valle Strona di Postua) 28, 36,<br />
40<br />
Pettinengo 13<br />
Piana (Rassa) 44, 46<br />
Piana del Ponte (Valsessera) 34, 36, 39, 49<br />
Piana d’Or (Trivero) 30<br />
Piane, alpe (valle Strona di Postua) 15, 19<br />
Piane, alpe (Valsessera) 24, 25, 26<br />
Piane di Buronzo, alpe (Valsessera) 34<br />
Piedicavallo 10, 45, 50<br />
Piemonte 39<br />
Piode 39, 42, 51<br />
Pioglio, regione (Caprile) 25<br />
Pollone 10<br />
Ponasca, alpe (Valsessera) 26<br />
Ponzone (Trivero) 5, 13<br />
Ponzone, zona 16<br />
Portu<strong>la</strong> 7, 10, 19<br />
Postua 14, 15, 15, 17, 19, 19, 25, 25, 26, 39<br />
Pralungo 10, 12<br />
Prapian o Massaro, monte 30, 31-33, 34, 35<br />
Pratetto, regione (Tavigliano) 4, 37<br />
Pratrivero (Trivero) 16, 27<br />
Pray Biellese 6, 7, 9, 10-12, 17, 19, 22, 23, 25,<br />
25, 26, 26, 27, 28, 32, 32, 41<br />
Quare (Cam<strong>per</strong>togno) 41, 42, 42<br />
Quarona 22<br />
Quinto Vercellese 51<br />
Rado, santuario 22<br />
Ranzo<strong>la</strong>, alpe (Valsessera) 25, 26<br />
Rassa 36, 37, 37, 38, 38, 39, 40, 42, 42, 43, 43,<br />
44, 45, 47-51, 51<br />
Rassetta (Rassa) 44<br />
Rimel<strong>la</strong> 22, 40, 50<br />
Riva, quartiere di Biel<strong>la</strong> 12<br />
Rivò (Coggio<strong>la</strong>) 11<br />
Roc d<strong>la</strong> marenda (monte Casto) 36, 37<br />
Rocca d’Argimonia, monte 5, 30, 33<br />
Roccapietra (Varallo) 41, 42<br />
Ronco (Cossato) 12<br />
Roncole (Postua) 26<br />
Roveglio (Trivero) 30<br />
Rovigo 47<br />
Rubello, monte 30, 33<br />
Salò (Bs) 39<br />
San Bernardo, monte 30, 31, 33, 34<br />
San Giuseppe di Casto (Andorno Micca) 36,<br />
36<br />
San Paolo Cervo 10<br />
Sant’Eurosia (Pralungo) 2, 3<br />
Scopa 6, 10, 40, 51<br />
Scopello 34, 36, 38, 45, 50<br />
Sel<strong>la</strong> del Cucco (Sagliano Micca) 31, 33<br />
Serra 20, 25, 44<br />
Serravalle Sesia 6, 10, 15, 22, 22, 23<br />
Solivo, alpe (Valsessera) 30<br />
56
Solivo, cascina (Caprile) 25<br />
Sorba, valle 44-46, 50<br />
Sordevolo 6, 10, 20, 21, 25<br />
Stavello, bocchetta (Valsessera) 30<br />
Strona 18<br />
Strona, valle 1, 4, 5, 5, 9, 13, 14, 15, 18, 19, 26,<br />
29<br />
Sul<strong>la</strong> Piana, alpe (valle Gronda) 45<br />
Svizzera 1<br />
Tavigliano 20, 36<br />
Testa del Cerone, monte 45<br />
Tollegno 2, 5, 10, 12, 12, 13, 13, 47, 51<br />
Torino 6, 11, 11, 46, 51<br />
Toso, alpe (valle Sorba) 37<br />
Tovo, monte (Valsessera) 26<br />
Triverese 16<br />
Trivero 5, 6, 10, 16, 18, 24, 27, 28, 30, 31, 32,<br />
32, 51<br />
Turrio, monte 45<br />
Vaglio Chiavazza (Biel<strong>la</strong>) 49<br />
Vajetto, alpe (Quittengo) 33<br />
Val Maggiore, alpi (valle Strona di Postua) 26<br />
Valle Mosche (Campiglia Cervo) 12, 13<br />
Valle Mosso 10, 13, 13, 14, 14, 18, 31, 31,<br />
32, 35, 39, 39, 40, 51<br />
Valle San Nico<strong>la</strong>o 51<br />
Vallonara (Vi) 51<br />
Valrovina (Vi) 51<br />
Valsesia 1, 4, 5, 7, 9, 10, 14, 15, 22, 24, 26, 34,<br />
36, 40, 42<br />
Valsessera 1, 4, 9, 11, 14-17, 19, 19, 22-27, 31,<br />
45<br />
Varallo 5, 6, 7, 10, 19, 25, 39-41, 41, 42, 48,<br />
50, 51<br />
Varney, alpe (valle Elvo) 40, 49<br />
Veglio Mosso 31<br />
Velletri (Roma) 47, 51<br />
Vercellese 1<br />
Vercelli 2, 6, 6, 7, 7, 8, 10, 11, 12, 14, 15, 16,<br />
16, 18-20, 22, 23, 24, 26, 27, 28, 28, 32,<br />
37, 39, 40, 51, 51<br />
Vercelli, provincia 7, 11, 15, 20<br />
Verona 22<br />
Viera (Coggio<strong>la</strong>) 11, 24, 24, 25-26<br />
Vigliano Biellese 51<br />
Vil<strong>la</strong> Estense (Pd) 51<br />
Viona, valle 1, 40<br />
57
Biografia dell’autore<br />
Nato a Tollegno il 1 novembre del 1925, Luigi Moranino “Pic”, tecnico tessile, partecipa<br />
al<strong>la</strong> guerra di liberazione nelle fi<strong>la</strong> del<strong>la</strong> 2 a brigata Garibaldi “Ermanno Angiono Pensiero”,<br />
nel<strong>la</strong> quale assume il ruolo di vicecommissario politico. È decorato di croce di<br />
guerra al valor militare. Militante del Pci, membro del direttivo dell’Anpi provinciale<br />
Biellese-Valsesia, ha scritto, oltre a questo volume: “Le donne socialiste nel Biellese 1900-<br />
1918”, Borgosesia, Isr Vc, 1984; “4 giugno 1944. L’eccidio di piazza Q. Sel<strong>la</strong>”, Biel<strong>la</strong>,<br />
Comune, 1984; “La Camera del <strong>la</strong>voro di Biel<strong>la</strong> dall’armistizio al patto di Pa<strong>la</strong>zzo Vidoni<br />
(1918-1922)”, in “L’altra <strong>storia</strong>. Sindacato e lotte nel Biellese 1901-1986”, Roma, Ediesse,<br />
1987; “Piero Pajetta Nedo un combattente <strong>per</strong> <strong>la</strong> libertà”, Taino, Associazione culturale<br />
Elvira Berrini Pajetta, stampa 1995. Col<strong>la</strong>boratore del<strong>la</strong> rivista “l’impegno”.<br />
58
Indice<br />
Prefazione al<strong>la</strong> seconda edizione p. III<br />
Prefazione al<strong>la</strong> prima edizione ”<br />
Il tempo dell’“attendismo” ” 1<br />
I distaccamenti garibaldini e le prime azioni ” 4<br />
Lo scio<strong>per</strong>o generale e <strong>la</strong> repressione nazifascista ” 9<br />
Il “Pisacane” a Postua. Nuovi scio<strong>per</strong>i o<strong>per</strong>ai ” 14<br />
I tedeschi a Postua. Il 115 o battaglione “M” Montebello a Biel<strong>la</strong> ” 19<br />
Il 63 o battaglione a Pray. La resa del “Matteotti” ” 22<br />
Domenica 20 febbraio: attacco al “Piave” e al “Mameli” ” 29<br />
Il trasferimento a Rassa ” 36<br />
Il combattimento di Rassa ” 42<br />
“Arrendetevi, banditi!” ” 46<br />
Indice dei nomi di <strong>per</strong>sona ” 52<br />
Indice dei nomi di luogo ” 55<br />
Biografia dell’autore ” 58<br />
VI<br />
59