Untitled - Istituto per la storia della Resistenza e della società ...
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Rassa verso l’alta valle del Cervo, un altro partigiano fu arrestato e fuci<strong>la</strong>to ad Andorno<br />
e un civile fu colpito a morte a Montesinaro.<br />
Gli eventi che produssero una simile carneficina sono indagati con scrupolo, senza<br />
tacere l’errore fatale commesso al momento del<strong>la</strong> ritirata da parte del gruppo dei disarmati<br />
che, disattendendo le istruzioni impartite, si incamminarono lungo <strong>la</strong> mu<strong>la</strong>ttiera<br />
che porta in val Gronda anziché avviarsi in val Sorba, provocando il ritardo fatale nel<strong>la</strong><br />
marcia verso il bocchetto del Croso da cui sarebbe avvenuto il rientro nel meglio conosciuto<br />
versante biellese. L’ines<strong>per</strong>ienza e l’approssimazione organizzativa si intrecciarono<br />
con un’altra circostanza negativa, che fu determinante <strong>per</strong> il tragico finale dell’es<strong>per</strong>ienza<br />
di Rassa, cioè <strong>la</strong> neve, rara <strong>per</strong> tutto l’inverno e caduta invece abbondantemente<br />
negli ultimi giorni di febbraio, che rallentò <strong>la</strong> marcia dei partigiani in ritirata e<br />
rese evidenti le loro tracce, favorendo gli inseguitori. Il finale del libro si concentra sul<strong>la</strong><br />
testimonianza del parroco del paese, don Alfio Cristina, che si sforzò inutilmente di evitare<br />
le fuci<strong>la</strong>zioni, ottenendo soltanto che non avvenissero al centro del paese, ma nel più<br />
defi<strong>la</strong>to cimitero, sito all’inizio di Rassa.<br />
L’eccidio di Rassa cadde in un momento di crisi dell’intero movimento partigiano<br />
biellese: agli inizi del<strong>la</strong> primavera, dei sei distaccamenti sorti negli ultimi mesi del ’44 ne<br />
rimanevano in vita tre, con grossi problemi organizzativi. Al disorientamento provocato<br />
dall’elevato numero di vittime dell’intera o<strong>per</strong>azione, di cui quello di Rassa fu l’episodio<br />
più ec<strong>la</strong>tante ma non l’unico, si aggiungeva <strong>la</strong> resa al nemico del distaccamento “Matteotti”<br />
e <strong>la</strong> dis<strong>per</strong>sione del “Mameli” e del “Piave”. La primavera favorì tuttavia <strong>la</strong> ricostruzione<br />
del movimento, che subì <strong>per</strong>altro nuovi colpi mortali nel mese di maggio a<br />
Curino e Mottalciata. Considerando <strong>la</strong> lunga striscia di sangue che simboleggia <strong>la</strong> decimazione<br />
di formazioni ancora precarie nel<strong>la</strong> loro dimensione numerica, non può non<br />
sorgere <strong>la</strong> riflessione sul <strong>per</strong>durare del<strong>la</strong> capacità attrattiva che <strong>la</strong> <strong>Resistenza</strong>, nonostante<br />
i tracolli militari e le difficoltà di sopravvivenza, continuò ad esercitare sui giovani che,<br />
posti di fronte alle alternative dell’arruo<strong>la</strong>mento nel<strong>la</strong> Rsi, l’imboscamento attendista o<br />
l’adesione alle formazioni partigiane, optarono <strong>per</strong> quest’ultima scelta, mesco<strong>la</strong>ndosi a<br />
chi aveva già s<strong>per</strong>imentato <strong>la</strong> crudezza del conflitto nel ricordo dei compagni caduti.<br />
Enrico Pagano<br />
direttore dell’<strong>Istituto</strong><br />
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