«In viaggio come a casa propria» - FFS

per una manica, mi guardò pieno di aspettativa mentre io cercavo di liberarmi
dalla sua presa.
– Mi lasci. Cosa vuole?
– Lo zucchero.
– Cosa?
– potrei avere lo zucchero, per favore?
Spinsi lo zucchero verso di lui e strizzai gli occhi. I miei occhiali sembravano
appannati. Da quando mi trovavo seduta lì avevo l’impressione di respirare con
un immenso peso sul petto. pulii gli occhiali.
L’uomo aveva avvicinato ancor più a sé lo zucchero, ma invece di prenderne,
si era rimesso a guardare fuori dalla finestra, mentre girava il cucchiaino
nel suo caffè.
Osservavo quel movimento con la coda dell’occhio, guardavo la mano che
lo compiva, il modo in cui cambiava direzione, ancora e ancora. Avevo come
l’impressione che gli annunci vocali, così come il rollìo delle valige, la stazione
con i suoi piccioni svolazzanti, il sole che entrava obliquo, la luce chiara e tutti
i fruscii, ogni rumore, si mescolasserro nel vortice della schiuma del caffè, e io
ero tentata di allungare il dito verso l’epicentro di quella corona schiumosa che
lentamente crollava, per assaporarla come qualcosa di dolce, di tanto dolce da
far male ai denti.
– Lei è proprio un bel tipo. È buono?
L’uomo mi squadrava.
– Tolga le dita dal mio caffè.
– Come prego?
– Il suo dito era nel mio caffè. per la seconda volta. Non è uno di quegli
scherzi con la telecamera nascosta, vero?
Si guardò in giro, e quando il suo sguardo tornò su di me non riuscii a capire
se era irritato o divertito. La mia mano destra poggiava sul mio grembo, la guardai
furtiva, l’indice era sporco.
– polvere di cacao. Le piace il cappuccino?
Spinse la tazza verso di me.
– può prenderlo, io non ne ho più voglia.
– Di sicuro sarà già freddo.
Lui rise.
– Non è possibile. Ora ne vuole addirittura uno fresco?
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