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«In viaggio come a casa propria» - FFS

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La scorsa notte, le ore erano blu. Stamattina, in questa foschia, in questo<br />

treno, i minuti sono gialli. per un verso inatteso, «partire» ha di nuovo un senso.<br />

Stare fra le mie due vite, ritrovarti da un estremo all’altro.<br />

La domenica sera è il momento dei militari. Il lunedì mattina è il momento<br />

degli amori a distanza. Non ho potuto rassegnarmi a prendere questo treno ieri,<br />

a vivere questa lunga domenica <strong>come</strong> un’agonia, un’attesa prima di lasciarti e<br />

di vedere di nuovo scorrere queste città sempre più famigliari. Guardare dalla<br />

finestra per sapere se si è tristi, cercare la presa per il portatile, aprire l’agenda,<br />

spostarsi nel vagone ristorante per un pessimo caffè, iniziare a lavorare di<br />

fronte al vetro del vagone ristorante, e, poco a poco, dimenticarti.<br />

ESTATE<br />

Treni svizzeri, treni tedeschi, treni francesi. Questa volta vengo a renderti visita<br />

direttamente da parigi. Confronto il comfort, l’aspetto delle stazioni, l’ambiente<br />

delle frontiere. E d’un tratto, questo tragitto che non mi è famigliare mi spaventa.<br />

Non ci sei. Tutto non è altro che un’illusione? Certo, vengo a trovarti, ma<br />

sono sempre sola. Saremo sempre e solo due solitudini che si amano.<br />

Mi hai detto: «Non addormentarti! Le Centovalli sono magnifiche!». Le palpebre<br />

erano pesanti, eppure ho resistito. Ma c’era anche quest’uomo grasso,<br />

con una polo colorata, che mi guardava, che mi travolgeva con lo sguardo<br />

senza autorizzazione, si passava la lingua sulle labbra. Allora, fra le nuvole delle<br />

Centovalli, preferisco dormire. O perlomeno far finta.<br />

Il treno è appena sbucato sul Lemano, in alto. Grandi stoffe d’acqua turchese,<br />

punteggiate però di movimenti più chiari. Il cielo è sgombro, da togliere<br />

il fiato. Ho l’impressione di poter vedere il paesaggio senza le sue infrastrutture<br />

umane, il lago <strong>come</strong> si presentava migliaia di anni fa, in una giornata chiara<br />

<strong>come</strong> oggi, quando gli uomini immagino si siano detti: «Sistemiamoci qui».<br />

Cammino sul marciapiede notturno. La pioggia estiva è dolce e muta, in<br />

direzione della stazione. È una situazione che mi assomiglia. Tolto il fatto che,<br />

questa volta, di fronte a me ci sia un uomo.<br />

3 del mattino, ti aspetto sul binario. Non c’è anima viva, nemmeno l’anima<br />

di un gatto, d’un ubriacone o d’un viandante, addormentato sul suo zaino. Le<br />

due piazze che incorniciano la stazione, i binari, i corridoi, le scale, le alcove<br />

delle cabine telefoniche, tutto è vuoto. Come nei film fantastici della mia infan­<br />

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