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Medicina Pontina - 2005 aprile - Ordine dei Medici chirurghi e degli ...

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Il conflitto<br />

di interessi e<br />

l’indipendenza<br />

della ricerca,<br />

delle società<br />

scientifiche,<br />

delle università,<br />

<strong>dei</strong> congressi,<br />

delle riviste,<br />

delle linee-guida,<br />

dell’EBM<br />

(<strong><strong>Medici</strong>na</strong> Basata<br />

sulle Evidenze)<br />

e… dell’ECM<br />

(Educazione<br />

Continua Medica)<br />

BOLLETTINO<br />

ORDINE DEI MEDICI DI LATINA ANNO XXVII - N. 1 - APRILE <strong>2005</strong> 34<br />

34<br />

da Il Sole 24 Ore Sanità<br />

25 settembre – 1 ottobre 2001<br />

SCIENZA & COSCIENZA/ Dopo l’editoriale<br />

di tredici autorevoli riviste medico-scientifiche<br />

il mondo della ricerca si interroga<br />

E IPPOCRATE CASCÒ<br />

NEL CONFLITTO DI INTERESSI<br />

All’indice il pressing dell’industria sugli articoli -<br />

La difesa: “Sì a regole ma senza discriminazioni”<br />

Gli interessi in conflitto fanno sempre discutere. In ambito politico, come<br />

noi italiani sappiamo bene. In ambito medico, ancor di più, essendo in gioco<br />

temi universali e delicatissimi, come la salute.<br />

Il 10 settembre tredici editori delle più autorevoli riviste mediche internazionali<br />

(tra cui Jama, New England Journal of <strong>Medici</strong>ne e The Lancet) pubblicano<br />

contemporaneamente un editoriale dal titolo “Sponsorship, autorship and<br />

accountability”. L’argomento è di quelli scottanti: I’obiettività della ricerca e i<br />

condizionamenti dell’industria. O meglio, come la prima sia messa in serio pericolo<br />

dai secondi.<br />

Gli editori non lasciano molto tra le righe: denunciano gli accordi contrattuali<br />

che “negano ai ricercatori il diritto di esaminare i dati con indipendenza o<br />

di consegnare un manoscritto per la pubblicazione senza aver prima ottenuto il<br />

consenso dello sponsor”. Criticano il ricorso ai trials clinici “per accelerare le<br />

procedure di autorizzazione di un dispositivo o di un farmaco piuttosto che per<br />

testare un’ipotesi scientifica”.<br />

E annunciano il rafforzamento <strong>dei</strong> requisiti per la pubblicazione (il documento<br />

aggiornato sarà disponibile dall’inizio del 2002), con una clausola ben<br />

precisa: non andranno in stampa ricerche “condotte sotto le condizioni che permettono<br />

allo sponsor di detenere l’unico controllo sui dati o di negare la pubblicazione”.<br />

Poca cosa, commenta Giovanni Fava, ordinario di psicologia a Bologna e<br />

direttore della rivista Psychotherapy and psychosomatics. Già a gennaio aveva<br />

sollevato la questione, definendo “ingenuo” lo scenario correntemente prospettato,<br />

con l’industria (“i cattivi”) che fa sempre più pressione sui medici (“vittime<br />

innocenti”), con le riviste mediche (“i buoni”) che cercano di proteggere<br />

sia i medici che i pazienti. A suo avviso, si dovrebbe prendere coscienza che<br />

esistono “gruppi d’interesse speciale, oligarchie accademiche auto-selezionate<br />

che influenzano l’informazione clinica e scientifica”. Nessuno è innocente. O<br />

quasi.<br />

E allora? Brian Ager, direttore generale dell’Efpia (European federation of<br />

pharmaceutical industries and association), respinge le accuse: “I ricercatori<br />

che conducono trial clinici sono tenuti all’indipendenza scientifica. Noi sosteniamo<br />

pienamente questo principio”. Più agguerrito Alan Holmer, presidente<br />

della PhRma (Pharmaceutical research and manufacturers of America) che, in<br />

una lettera agli editori, critica il tono “prevenuto” dell’editoriale, “che trascura

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