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18<br />
MONDO VEGETALE<br />
La Banca del germoplasma<br />
vegetale della<br />
<strong>Regione</strong> <strong>Piemonte</strong><br />
La Banca del germoplasma<br />
vegetale<br />
del <strong>Piemonte</strong> nasce nel<br />
2003, presso il Parco<br />
dell’Alta Valle Pesio e<br />
Tanaro, grazie ai finanziamenti<br />
europei di un<br />
progetto Interreg. Essa<br />
opera per la conservazione<br />
ex situ, cioè fuori dall’ambiente<br />
naturale, dei semi di specie vegetale<br />
spontanee del <strong>Piemonte</strong>, con<br />
particolare interesse per il settore alpino<br />
sud occidentale (Alpi Liguri e<br />
Marittime) e per le specie endemiche<br />
e a protezione assoluta (L.R 32/82) o<br />
per quelle a rischio di estinzione.<br />
La sua attività prevede lo<br />
studio, il trattamento<br />
e la conservazione,<br />
a breve e lungo<br />
termine, dei semi.<br />
Dal 2005 partecipa<br />
alla fondazione<br />
della Ribes (la Rete<br />
Italiana delle Banche<br />
del germoplasma, per la<br />
conservazione ex situ della flora<br />
spontanea italiana) e diviene uno<br />
dei 18 poli presenti sul territorio italiano,<br />
collaborando con il Dipartimento<br />
di Morfofisiologia, Settore Botanica,<br />
dell’Università di veterinaria di Torino,<br />
con il Con servatoire Bota nique Na -<br />
tional Alpin di Gap in Francia e con la<br />
Millenium Seed Bank di Wakehurst di<br />
Londra (Banca mondiale dei semi<br />
delle specie spontanee, afferente<br />
ai Royal Botanic Gardens di<br />
Kew, UK). Dal gennaio 2010 la<br />
struttura è stata riconosciuta<br />
quale Banca del germoplasma vegetale<br />
della <strong>Regione</strong> <strong>Piemonte</strong>.<br />
In questa pagina, un girasole –<br />
Helianthus annuus (foto<br />
G. Sordini/CeDRAP).<br />
Nelle immagini del box, semi<br />
in germinazione dell’endemica<br />
liguro-provenzale Fritillaria<br />
tubiformis subspecie moggridei<br />
e un bacello con semi di Astragalus<br />
penduliflorus, specie eurasiatica rara<br />
sulle nostre Alpi (arc. Parco<br />
Valle Pesio)<br />
del terzo millennio. Come novelle arche<br />
di Noè, raccolgono al loro interno<br />
campioni rappresentativi di più specie<br />
vegetali possibili, sia alimentari che<br />
spontanee, a seconda della loro specializzazione.<br />
A livello mondiale, esistono circa 250<br />
banche, organizzate in molti casi in<br />
network nazionali, mentre nella nostra<br />
penisola sono operativi più di venti<br />
istituti, per lo più legati alle Università,<br />
agli Orti Botanici e al CNR. Nel nord<br />
Italia ad esempio, quelle operative da<br />
diversi anni sono afferenti al Museo<br />
tridentino di Scienze Naturali di<br />
Trento, alle Università di Pavia,<br />
Padova, Genova e all’Ente di Gestione<br />
Parchi e Riserve Naturali cuneesi.<br />
Il loro obiettivo principale è la conservazione<br />
delle risorse genetiche delle<br />
specie vegetali arboree, arbustive ed<br />
erbacee minacciate di estinzione, operando<br />
sia in-situ (protezione dell’ambiente<br />
nel quale le piante vivono)<br />
che ex-situ (raccolta e conservazione<br />
nella Banca di collezioni rappresentative<br />
della variabilità genetica).<br />
A monte di tutto ciò, la Convenzione<br />
sulla diversità biologica (Rio de<br />
Janeiro, 1992), ratificata da 175 paesi,<br />
che sancì la possibilità di quest’ultima<br />
modalità di conservazione.<br />
Le tecniche di conservazione consistono<br />
nella deidratazione dei semi a bassi<br />
livelli di umidità interna e nel loro<br />
stoccaggio a temperature sotto zero.<br />
Questo passaggio delicato viene periodicamente<br />
sottoposto a un vaglio, per<br />
testare la vitalità e il potere germinativo<br />
dei semi e per procedere alle eventuali<br />
operazioni di rigenerazione, perché<br />
i semi possono invecchiare e<br />
quindi morire. Queste metodiche sono<br />
possibili per molte specie vegetali,<br />
mentre per altre è necessario utilizzare<br />
procedure più complesse.<br />
L’utilità delle banche, però, prescinde<br />
dall’esigenza di scongiurare temibili<br />
perdite. L’assenza sul mercato italiano<br />
di materiale vegetale autoctono di ecotipi<br />
locali, ad esempio, rappresenta<br />
uno dei primi problemi che queste<br />
strutture sono deputate ad affrontare.<br />
Esse possono contrastare così la massiccia<br />
importazione di germoplasma<br />
non autoctono da strutture straniere, a<br />
fini sia di interventi di rinaturazione<br />
che di recupero ambientale.<br />
Importazione che, se legittima da un<br />
punto di vista economico, non lo è<br />
certamente da un punto di vista ecologico<br />
e tecnico-applicativo. Inoltre permettono<br />
a queste risorse di essere utilizzate<br />
per ricerca e programmi di rigenerazione.<br />
Proteggere i semi attraverso queste<br />
speciali “arche di Noè”, assicurandone<br />
la conservazione nel tempo, significa<br />
in ogni caso garantire un futuro sereno<br />
a noi e alle generazioni a venire.