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20<br />

MUSEO REGIONALE DI SCIENZE NATURALI<br />

livello nomade. Con l’agricoltura è poi<br />

arrivata la stanzialità e si è verificato un<br />

piccolo incremento demografico, con<br />

un impatto ancora molto trascurabile.<br />

E’ con l’avvento della rivoluzione industriale<br />

e con l’inizio dello sfruttamento<br />

dei combustibili fossili che tutto è cambiato.<br />

La popolazione mondiale, che<br />

agli inizi del 1900 contava 1,6 miliardi<br />

di persone, è aumentata in modo esponenziale,<br />

arrivando a 6 miliardi nel<br />

2000 e a 6,8 miliardi nel 2010, e le previsioni<br />

sono di 9 miliardi nel 2050. E di<br />

pari passo sono aumentati il tenore di<br />

vita delle persone, almeno nei paesi<br />

più avanzati, e il relativo consumo di risorse.<br />

In questo modo in poche decine<br />

di anni la specie umana è diventata uno<br />

dei principali fattori di equilibrio, o meglio<br />

di disequilibrio, dell’intero “ecosistema<br />

Terra” e della sua biodiversità.<br />

Già oggi le risorse corrispondenti a<br />

quelle di un intero pianeta non bastano<br />

più e alla fine di ogni anno siamo costretti<br />

a intaccare le riserve degli anni<br />

successivi. Si è calcolato che, se tutti gli<br />

uomini vivessero come gli statunitensi,<br />

la Terra potrebbe sostenere solo 1,4 miliardi<br />

di individui. E stiamo tralasciando<br />

completamente tutti gli altri organismi.<br />

Biodiversità a rischio<br />

Recentemente, in un’intervista rilasciata<br />

al Guardian, Simon Stuart, presidente<br />

della Species Survival Commission<br />

dell’Iucn, ha dichiarato: «Per la prima<br />

volta dalla scomparsa dei dinosauri, gli<br />

esseri umani stanno portando animali e<br />

piante all’estinzione più rapidamente<br />

Per saperne di più:<br />

•D.H. Meadows, D.L. Meadows,<br />

J. Randers, W. Behrens, I limiti dello<br />

sviluppo. Mondadori, 1972.<br />

•Worldwatch Institute, State of the<br />

World 2010. Trasformare la cultura<br />

del consumo. Edizioni Ambiente,<br />

2010.<br />

•Kevin Gaston, John Spicer,<br />

Biodiversity: An introduction.<br />

Blackwell Publishing company, 2004.<br />

•Wwf, Zoological Society of<br />

London, Global Footprint Network,<br />

Living Planet Report 2008.<br />

Una megattera si dirige verso un iceberg - Baia di Ilulissat - Groenlandia occidentale<br />

(foto A. Bee)<br />

della capacità delle nuove specie di<br />

evolvere». E’ quella che gli scienziati<br />

chiamano “la sesta grande estinzione”<br />

delle specie, provocata dalla distruzione<br />

degli habitat naturali, dalla caccia,<br />

dalla diffusione di predatori alieni, e dal<br />

cambiamento climatico. Secondo la<br />

Lista Rossa Iucn delle specie minacciate,<br />

il 22% di tutti i mammiferi conosciuti<br />

è in pericolo, così come il 35% degli<br />

invertebrati, il 12% degli uccelli, il 28%<br />

dei rettili, e il 70% delle piante. Si legge<br />

poi sulle pagine della prestigiosa <strong>rivista</strong><br />

Nature che il tasso di estinzione<br />

delle specie è passato da quello preindustriale<br />

compreso fra 0.1 e 1 a quello<br />

odierno calcolato a oltre 100. Si ritiene<br />

che per essere accettabile dovrebbe re-<br />

stare entro 10. «Siamo di fronte ad una<br />

crisi globale di estinzioni, e dobbiamo<br />

ricordare che si tratta di un fenomeno<br />

irreversibile, una volta che una specie si<br />

estingue la perdiamo per sempre», ha<br />

dichiarato Jane Smart, direttrice del<br />

gruppo di Conservazione della biodiversità<br />

della Iucn.<br />

Il bivio<br />

«L’umanità non può continuare a proliferare<br />

a ritmo accelerato, considerando<br />

lo sviluppo materiale come scopo principale,<br />

senza scontrarsi con i limiti naturali<br />

del processo, di fronte ai quali essa<br />

può scegliere di imboccare nuove strade<br />

che le consentano di padroneggiare<br />

il futuro o di accettare le conseguenze

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