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SIENKIEWICZ

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— 387 -<br />

erso.Oltre a te l'&yvk acorto pure Seneoa e for3'anoo Secondo Carino:<br />

ina mi sbarazzeró tosto di essi.<br />

Chiaraato Seiieca infatti gli ordinó di reoarsi eon Acrate e Secondo<br />

Carino nelle provincie italiche ed in altre per ricavar denaro dalie citti,<br />

dai paesi, dai templi p\ix celebri: in una parola, da ogni luogo ove se<br />

iie poteva trovare, e da ognuno a cui fosse stato possibile estorcerne.<br />

Ma Seneca vedendosi incaricato di saccheggio, di profanazione ai terapii<br />

o di furto, vi si ricusó apertamente.<br />

— Devo recarrai in campagna, o signore, ad attenderyi la raorte....,<br />

— disse, — poiche sono vecchio, ed ho i nervi raalati.<br />

I nervi iberici di Seneca erano piii forti di uelli di Chilone ; non<br />

erano raalati, raa ó certo che la sua salute peggiorava di continuo, ed<br />

egli appariva siraile ad un'ombra, ed ii capo gli era divenuto bianco.<br />

Anche Nerone, osservandolo , trovava in lui un decadiraento fisioo<br />

irapressionante, e gli disse :<br />

— Se sei raalaLo, non ti voglio esporre ai pericoli d'un viaggio, raa<br />

Taffetto che per te nutro<br />

adiinque nella tua casa, in<br />

lonarla raai.<br />

ra'irapone di volerti a rae vicino. Rimani<br />

luogo di recarti in campagna, e non abban-<br />

Poi :<br />

soggiunse — Se inoarico di tal missione i soli Acrate e Carino, sarebbe oorae<br />

raandare dei upi in raezzo alle pecore. Chi pórró a capo di essi?<br />

— Me, o — signore, disse Domizio Afro.<br />

— No, non vorrei attirare su Roma Tira di Merourio. Ho bisogno<br />

-d'uno stoico uale Seneca, o quale ii raio nuovo amico, ii filosofo Chilone.<br />

Poi guardandosi interno, chiese :<br />

— Ma che n'e di Chilone?<br />

Costui, riavutosi alFaria libera, era ritornato neiranfiteatro ad udirvi<br />

ii canto di Nerone; perció accorse tosto dicendo :<br />

— Qui son io, o lurainoso figlio del sole e delia terra; io fui raalato;<br />

ma ii tuo canto mi risanó.<br />

— Ti raanderó in Acaia, e tu vedrai tutti i tesori che ogni terapio<br />

i vi racchiude.<br />

— Pallo, o Giovo, e tutti gli Dei faranno piovere su te i loro doni.<br />

— Lo farei tosto, raa non voglio privarti delia vista dei nostri spet-<br />

icoli.<br />

I cortigiani, scorgendo ii rautamento d' uraore awenuto in Nerone,<br />

corainciarono anch'essi a ridere e sciaraarono :<br />

— No, o signore; non togliere airintrepido Greco, simile diyertimento.<br />

— Preservarai airaeno, o signore, dalia vista di uelle vocianti oche<br />

Capitoline, ii cui cervello preso insieme non basta a rierapire un guscio<br />

41 noce, — rispose Chilone. — O primogenito d' Apollo! Io sto giusto scrivendo<br />

un inno greco in tuo onore, e vorrei trascorrere ualche giorno<br />

nel terapio delie Muse, per attendervi un'ispirazione !<br />

--.No! sclaraó Nerone. — Tu vorresti eon ció sottrarti agli spet-<br />

— Ti giuro, o signore, che sto scrivendo un inno.<br />

tacoli, e uesto non puó essere !<br />

— Vuol dire che scriverai durante la notte. Prga adunque Diana,<br />

>rella di Apollo, perchó ti illumini.<br />

Chilone abbassó ii capo, e guardó borbottando verso gli augustiani<br />

che ripresero a ridere. Cesare si rivolse a Senecione e ad aitri dicendo:<br />

— Piguratevi che collo spettacolo d'oggi ci siamo liberati a raala<br />

pena delia meti di cristiani.

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