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Argentovivo - dicembre 2009 - Spi-Cgil Emilia-Romagna

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<strong>Argentovivo</strong> <strong>dicembre</strong> <strong>2009</strong><br />

30<br />

marito e oggi risiede con la sua famiglia<br />

(hanno tre figli) a Novellara (Re).<br />

Dopo alcune esperienze di lavoro<br />

presso la Casa Protetta del suo paese,<br />

da circa nove anni lavora presso<br />

la ditta Selecta di San Martino in Rio.<br />

Si è sempre impegnata nella associazione<br />

di volontariato “Organizzazione<br />

di amicizia italo-marocchina”, nata<br />

per favorire le relazioni tra gli italiani<br />

autoctoni e le persone che provengono<br />

da altri luoghi.<br />

Io e tutta la mia famiglia siamo musulmani,<br />

io mi ritengo una musulmana moderna,<br />

non come quelle che portano il velo…<br />

per l’amor di Dio, io rispetto la loro scelta,<br />

personalmente per il momento non mi<br />

sento di portarlo, però penso che potrei<br />

arrivare anch’io a portarlo. Io dico sempre<br />

che la fede prima bisogna sentirla<br />

qui nel cuore, credo fermamente in Dio,<br />

lo sento vicino a me ogni giorno, ci parlo,<br />

perciò nonostante non porti il velo, io mi<br />

sento musulmana (…).<br />

Nel mondo del lavoro non ho mai trovato<br />

difficoltà, perché mi sento uguale ai miei<br />

colleghi e loro uguali a me, io dico che anche<br />

da parte nostra, in veste di immigrati,<br />

non dobbiamo chiuderci in noi stessi,<br />

dobbiamo cercare di avere un contatto con<br />

tutto il nostro prossimo e far sì che l’altro<br />

ci accetti, io apro una porta e l’altro a sua<br />

volta mi apre la sua.<br />

Io lavoro con ragazzi giovani, anche di<br />

vent’anni, e vedo che non sono prevenuti<br />

nei miei confronti, vogliono capire e mi<br />

fanno domande, così ci confrontiamo amichevolmente.<br />

Penso che sia l’ignoranza a<br />

portare diffidenza nei confronti dell’altro.<br />

L’altro giorno ad un ragazzo giovane che<br />

si chiama Michele ho detto: “Se tu entri in<br />

un giardino e vedi tutti fiori bianchi, ma<br />

poi entri in un altro giardino e vedi fiori<br />

bianchi, gialli, rosa, rossi, multicolori,<br />

quale giardino ti piace di più?”. “Quello<br />

colorato” mi ha detto. “Vedi, i fiori sono<br />

fiori e non qualcosa d’altro, come noi esseri<br />

umani. Se fossimo tutti uguali che<br />

bellezza avrebbe il mondo? La bellezza,<br />

Michele, sta nel vedere la diversità, come<br />

I temi della memoria<br />

La gabbia del sarchiapone<br />

Il Bianco Natale<br />

e i veleni nelle parole<br />

Ogni lingua è ricca di belle e innocue metafore. Siamo contenti quando qualcuno<br />

ci dice “sei un drago”, un po’ meno quando veniamo accusati di avere “le mani<br />

bucate” o di “bere un bicchiere di troppo”. Alcune metafore sono d’importazione.<br />

Da quando la canzone di Bing Crosby “White Christmas” ha conquistato il mondo<br />

il “Bianco Natale” è sulla bocca di tutti. Certo bianco sta anche per pulito e per<br />

una persona dalla pelle poco pigmentata, ma chi fino a ieri avrebbe mai inteso<br />

l’aggettivo bianco riferito a Natale se non per la neve?<br />

È di un Comune leghista del Bresciano l’idea di pervertire questa metafora cara<br />

a tutti usandola come nome per un’azione di polizia nei confronti dei migranti.<br />

L’operazione punitiva viene condotta durante il periodo natalizio. Per prima cosa<br />

colpisce la perfidia di scegliere per un’azione volta a scovare e cacciare persone<br />

inermi un’espressione poetica. Specialità dei militari di molti Paesi, tra cui quelli<br />

israeliani che hanno chiamato le loro offensive militari “Pace in Galilea”, “Piogge<br />

estive” o “Piombo fuso”. Quest’ultimo nome era preso da una filastrocca scritta<br />

dal poeta nazionale israeliano Chaim Nachman Bialik e cantata dai bambini per<br />

la festa di Hanukkah e l’operazione costò a cavallo del <strong>2009</strong> la vita a più di 1300<br />

abitanti della striscia di Gaza. Poi lascia esterrefatti l’affermazione del sindaco del<br />

paesino bresciano: “Da noi non c’è criminalità, vogliamo soltanto iniziare a fare<br />

pulizia”.<br />

Già, la pulizia. Quanto sia pericolosa questa metafora lo ha dimostrato la scrittrice<br />

croata Dubravka Ugrěsiě. In un articolo sul settimanale tedesco “Die Zeit” descrisse<br />

nel 1992 come un barattolo con la scritta “Aria croata pulita” – un gadget<br />

venduto ai tempi in cui i cittadini croati votarono per la secessione dalla Jugoslavia<br />

e per l’indipendenza – si trasformò rapidamente in metafora che permeò il<br />

discorso dei politici, dei mass media e man mano anche il linguaggio quotidiano<br />

fin quando la dicotomia “pulito – sporco” conficcatasi nella testa della gente<br />

preparava sul piano simbolico le atrocità commesse da lì a poco in nome della<br />

“pulizia etnica”.<br />

C’è da chiedersi se il cinismo manifestato dai leghisti era calcolato o se è soltanto<br />

segno di stupidità sociale. Chi progetta e attua operazioni di pulizia deve sapere<br />

di giocare con il fuoco oltre che con le parole. Viene in mente una frase di Victor<br />

Klemperer, analista e critico del linguaggio nazista, che scrisse: “Le parole possono<br />

essere come minuscole dosi di arsenico. Sembrano non avere conseguenze,<br />

eppure dopo un po’ di tempo ecco che il veleno fa effetto”.<br />

Eva Lindenmayer<br />

i fiori di ogni colore: oggi si nota in giro,<br />

una persona nera, una bianca, una mulatta<br />

e altre razze come i cinesi… anche<br />

noi siamo come un giardino colorato”. Sai<br />

come lui mi ha risposto? “Guarda, Kelly,<br />

quello che mi hai detto è una cosa bella.<br />

Sì, perché se vediamo solo fiori bianchi, ci<br />

sembreranno banali, anche se sono belli,<br />

ma sempre quelli, se vediamo invece fiori<br />

multicolori ci comunicheranno il senso<br />

dell’Universalità”.<br />

Testimonianza raccolta<br />

da Clara Velluti e Agostino Paluan,<br />

<strong>Spi</strong>-<strong>Cgil</strong> Reggiolo (RE)

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