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TESTI 19<br />
Risvegli <strong>di</strong> parole<br />
a cura <strong>di</strong> Bruno Brunini<br />
Maria Gervasio è nata a Bologna nel 1961, dove risiede. Fondatrice e redattrice del foglio <strong>di</strong> scritture Lettera (1996-1999). Ha ideato la pagina domenicale de L’Alfabeto <strong>di</strong><br />
Atlantide de<strong>di</strong>cata alle scritture “sommerse”, che cura con altri autori per il quoti<strong>di</strong>ano Il Domani <strong>di</strong> Bologna. Ha <strong>di</strong>retto collane <strong>di</strong> poesia contemporanea e <strong>di</strong> cultura per la<br />
casa e<strong>di</strong>trice Gallo & Calzati. E’ stata redattrice della nuova e<strong>di</strong>zione della rivista <strong>di</strong> scritture contemporanee Frontiera. Nel 2005 ha fondato a Bologna la casa e<strong>di</strong>trice Bohumil,<br />
in collaborazione con altri artisti e poeti.<br />
Ha pubblicato: il saggio storico Il chiuso degli ebrei, nel volume Verso l’epilogo <strong>di</strong> una convivenza. <strong>Gli</strong> ebrei a Bologna nel XVI secolo, (E<strong>di</strong>trice Giuntina, 1996); Ricor<strong>di</strong><br />
della resistenza (ANPI <strong>di</strong> Galliera, 1996); la raccolta <strong>di</strong> racconti brevi Giovanni che assaggia l’acqua (Gallo &Calzati, 2004); il poemetto Maestrale (I quaderni <strong>di</strong> NUT,<br />
2004), il libro <strong>di</strong> poesie In un tempo lento (Bohumil, 2007); è coautrice <strong>di</strong> NUN 1 (Bohumil, 2007).<br />
Nel TAVOLO DI NUN, che rievoca momenti drammatici della Resistenza, immagini lontane s’insinuano poco a poco tra sensazioni, percezioni, fino a <strong>di</strong>ventare reali, in una<br />
fusione <strong>di</strong> presenze e assenze. Nel magma <strong>di</strong> questi versi, le azioni <strong>di</strong> un doloroso passato fioccano nel presente che le lascia rifluire, insieme al riecheggiare <strong>di</strong> voci, <strong>di</strong> espressioni,<br />
in un intenso <strong>di</strong>alogo tra tempi <strong>di</strong>stanti.<br />
Sono azioni queste<br />
il tavolo <strong>di</strong> NUN<br />
lo stato delle cose assunte qui<br />
una risposta che promette<br />
che mantiene<br />
il senso che ci ha spinto a queste azioni<br />
a conservare vita – e senso<br />
la città <strong>di</strong> notte dall’aereo<br />
è un circuito elettronico <strong>di</strong> luci<br />
l’ala un foglio bianco scritto<br />
no pisar fuera de la linea, <strong>di</strong>ce<br />
respiri lunghi<br />
aspettiamo insieme che accadano le cose<br />
l’atteggiamento che ci porta a queste azioni<br />
senza carattere o intelletto o scelta<br />
se il desiderio estremo è per l’amore<br />
lavorare, conservare<br />
è un gesto rozzo questo<br />
senza significati<br />
un gesto unico che mantiene<br />
e va a fondo<br />
e forza tutto<br />
muovendo polso e braccia e spalla<br />
forza tutto<br />
segna le foto dei ragazzi tedeschi<br />
petali <strong>di</strong> rosa bianca<br />
in una forma nuova<br />
<strong>di</strong>fficile da <strong>di</strong>re<br />
una forma severa <strong>di</strong> coscienza<br />
proso<strong>di</strong>a asciutta che mente<br />
fino in fondo<br />
fino alla fine<br />
e spezza tutto<br />
riparte la piccola automobile<br />
follow me <strong>di</strong>ce la sua insegna <strong>di</strong> luce<br />
la seguiamo sulla pista ad ali spiegate<br />
siamo gran<strong>di</strong> rigi<strong>di</strong> impacciati<br />
no, non si vola qui<br />
è lo stato delle cose che<br />
ci ha spinto a queste azioni<br />
siamo scesi dal cielo<br />
e c’era altro<br />
ma qui i bambini non vogliono dormire<br />
noi parliamo del dolore e li culliamo<br />
ci raccontiamo<br />
al tramonto in queste sere<br />
ci salviamo<br />
in quei <strong>di</strong>segni <strong>di</strong> urne aperte e chiuse ci salviamo<br />
mancano le <strong>di</strong>dascalie ma è sempre chiaro<br />
forzando i gesti<br />
sopravvivere, si <strong>di</strong>ce<br />
Mattia Di Leva, smalto su carta<br />
e respiriamo l’umido dell’aria<br />
il temporale<br />
adesso che è l’inizio dell’estate<br />
e volano i nostri fogli per il vento<br />
ma cosa resta a terra se non sa parlare<br />
sotto la lingua nella bocca in gola<br />
il sapore si mischia a queste azioni<br />
le trascina<br />
le fa amare<br />
dentro al caffè che ho preparato e offerto<br />
mescoliamo piano io mescolo<br />
lo zucchero più dolce ai suoi sorrisi<br />
azioni NUN, <strong>di</strong>fficili da <strong>di</strong>re<br />
noi non sappiamo scrivere parole<br />
leggerle perfino ci fa male<br />
una resistenza densa <strong>di</strong> paura<br />
poi entra Bricca<br />
e io lo lascio fare<br />
voglio che <strong>di</strong>ca e chiedo<br />
com’è andata Bricca, com’è stato<br />
cosa ha portato a queste azioni<br />
è ancora questo e solo che ci affranca<br />
un’azione umile che salva e che ci mente<br />
ma Bricca <strong>di</strong>gnità ne aveva<br />
da toglierci il cappello insieme a <strong>di</strong>o<br />
al suo passare<br />
io lo immagino partire<br />
vedo sua madre, è in pianti<br />
forziamo tutto<br />
fino al segno<br />
a forme su cui scrivere dei versi<br />
muoviamo polsi braccia spalle…<br />
il cielo è coperto<br />
sono persi i limiti, e noi feroci<br />
noi no<br />
noi non vogliamo, <strong>di</strong>ce<br />
e come me ha paura <strong>di</strong> morire<br />
il principio del fare<br />
come usiamo la matita è un fatto<br />
e come ci guar<strong>di</strong>amo ancora…<br />
a terra, senza ali adesso<br />
non siamo più angeli<br />
noi raccogliamo i resti<br />
e li mettiamo in bella copia<br />
tracciamo scie <strong>di</strong> sogni e poi fuggiamo<br />
non tutti, noi no, <strong>di</strong>ce<br />
ma è già scappato un’altra volta<br />
senza voltarsi per paura del dolore<br />
senza lasciare neanche un fazzoletto per pulire<br />
guar<strong>di</strong>amo ancora quei <strong>di</strong>segni<br />
è l’ora dei bambini, le cinque della sera<br />
e ce ne an<strong>di</strong>amo<br />
è piena oggi la strada, è piena<br />
se la guardo fino in fondo e da lontano<br />
è piena<br />
giorni come notti<br />
a rompere il destino e ogni purezza<br />
cantando nenie dondolando adagio<br />
ma non dormono mai i nostri bambini<br />
a cullargli intorno il tempo<br />
e il tempo è tempo<br />
farlo tacere forzandolo<br />
cullando piano giorni come notti<br />
a bocca aperta<br />
erano muri e lager<br />
vetri spezzati <strong>di</strong> bottiglie posate sui confini<br />
con altri gesti e denti d’oro e rotti<br />
ma io mi sdraio oggi e come mai ti guardo<br />
accanto io ho il mio lupo, tenero accucciato<br />
ha il pelo nero<br />
è il più crudele al mondo<br />
si ricompone adesso, in un tempo salvato<br />
il ricordo inelu<strong>di</strong>bile dentro quel dolore<br />
si ricompone adesso il senso delle cose.<br />
(da: NUN 1, a cura <strong>di</strong> Giacomo della Maria,<br />
Mattia Di Leva, Maria Gervasio, Jean Robaey<br />
Bohumil e<strong>di</strong>zioni, 2007)