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4<br />
TEATRO<br />
Esiti <strong>di</strong> coma...<br />
nella drammaturgia dello spettacolo, il vissuto della compagnia<br />
<strong>di</strong><br />
Stefano Masotti<br />
Alessandra Cortesi<br />
Operatori teatrali Casa dei Risvegli <strong>Luca</strong> De Nigris<br />
Il 6 marzo scorso è andato in scena, al teatro<br />
Dehon <strong>di</strong> Bologna, lo spettacolo<br />
“ESITI: <strong>di</strong> coma, <strong>di</strong> teatro, <strong>di</strong> un ideale<br />
comune..”. Lo spettacolo è stato replicato<br />
all’interno della rassegna “ Il teatro nel<br />
risveglio - Rassegna delle <strong>di</strong>fferenze” che<br />
ha visto la presentazione <strong>di</strong> tutte e quattro<br />
le produzioni della compagnia teatrale de<br />
“<strong>Gli</strong> amici <strong>di</strong> <strong>Luca</strong>”.<br />
“ESITI...” è la terza performance teatrale<br />
del gruppo, formato da attori con esiti <strong>di</strong><br />
coma, giovani attori, studenti, genitori ed<br />
anche alcuni operatori sanitari della Casa<br />
dei Risvegli <strong>Luca</strong> De Nigris. Questo spettacolo<br />
si propone <strong>di</strong>: raccontare il vissuto<br />
della compagnia, anche tramite alcuni<br />
materiali degli altri allestimenti (“Sonno<br />
muto”, “Qualcosa è cambiato”, “La partenza<br />
degli arrivi”) ; con<strong>di</strong>videre i dubbi<br />
nati all’interno del gruppo tramite alcune<br />
riflessioni sul mondo sociale e su alcune<br />
modalità <strong>di</strong> fare informazione sul coma:<br />
aumentare la consapevolezza sul percorso<br />
<strong>di</strong> costruzione <strong>di</strong> una propria poetica teatrale;<br />
indagare l’eventuale rapporto tra<br />
l’attività teatrale e i percorsi riabilitativi.<br />
“ESITI...” <strong>di</strong>viene così una metafora per<br />
parlare <strong>di</strong> persone, sebbene con ruoli<br />
molto <strong>di</strong>versi, che con<strong>di</strong>vidono ideali<br />
comuni e partecipano collettivamente al<br />
processo <strong>di</strong> riabilitazione <strong>di</strong> chi ha subito<br />
un brusco mo<strong>di</strong>ficarsi del normale procedere<br />
della vita.<br />
Oltre a dare voce alla compagnia lo spettacolo<br />
ha debuttato, nel marzo 2006, per<br />
inaugurare il nuovo allestimento <strong>di</strong> uno<br />
spazio all’interno della Casa dei Risvegli<br />
<strong>Luca</strong> De Nigris: la “Sala del Durante”,<br />
pensata per <strong>di</strong>ventare sempre più uno spazio<br />
delle arti, luogo d’incontro tra la città<br />
e la “comunità” che vive all’interno della<br />
struttura.<br />
L’ideazione, la regia e i testi dello spettacolo<br />
sono nostri, anche se con parecchie<br />
citazioni prese a prestito, e ce ne assumiamo<br />
tutte le responsabilità.<br />
A seguire presentiamo una parte della<br />
drammaturgia dello spettacolo, espressione<br />
attuale del nostro pensiero.<br />
Narratore B: Da dove cominciamo?<br />
Narratore A: Dall’inizio: ciao…. sono<br />
Lorena............in uno dei primi libri che ho<br />
letto sul teatro c’era scritto che la finzione<br />
è uno dei 4 elementi fondamentali per fare<br />
teatro. <strong>Gli</strong> altri tre sono: lo spazio, poi gli<br />
attori, e il quarto elemento è il pubblico. A<br />
<strong>di</strong>r la verità la parola finzione non mi è<br />
mai piaciuta, ho sempre preferito chiamarla<br />
azione, anche se il mio vero nome è<br />
Alessandra. Un tableaux vivant e il saluto<br />
<strong>di</strong> Lorena erano l’inizio del nostro secondo<br />
spettacolo “Qualcosa è Cambiato”, ma<br />
la nostra storia <strong>di</strong> compagnia è iniziata<br />
qualche tempo prima, e con altre parole...<br />
Attore 1: Mi ricordo <strong>di</strong> quando avevamo<br />
ancora un pubblico, prima che anche l’ultimo<br />
spettatore venisse abbattuto.<br />
Attore 2: Mi ricordo che un tempo esistevano<br />
due luoghi dove morire era <strong>di</strong>vertente:<br />
dentro il gioco <strong>di</strong> un bambino o in teatro.<br />
In entrambi i casi bastava smettere <strong>di</strong><br />
giocare e tutti i morti si rialzavano. E si<br />
poteva ricominciare.<br />
Attore 3: Mi ricordo che un tempo c’erano<br />
tante risposte quante erano le domande e<br />
quando abbiamo imparato tutte le risposte,<br />
qualcuno ha cambiato le domande e noi non<br />
ce l’abbiamo più fatta a metterci in pari.<br />
Attore 4: Mi ricordo quando ancora c’era<br />
un futuro: ma c’erano anche tanti dubbi e<br />
non sapevamo cosa ci sarebbe accaduto.<br />
Ora è tutto più semplice: basta trovare<br />
qualcosa da ripetere per il tempo che resta.<br />
Finché non mi viene sonno.<br />
Attore 5: Mi ricordo <strong>di</strong> un cecchino. Vive<br />
chiuso in una soffitta ed uccide, a caso.<br />
Non ha un motivo per mirare ad una persona<br />
piuttosto che a un’altra: lo fa, imperterrito,<br />
per tutta la vita.<br />
Attore 6: Mi ricordo che un giorno è iniziata<br />
la guerra, ma non riesco a ricordare<br />
che giorno era. Non so nemmeno quale<br />
guerra. Nessuno l’ha <strong>di</strong>chiarata e non esiste<br />
un fronte. Piano piano tutti ci siamo<br />
accorti <strong>di</strong> essere in guerra. Di essere al<br />
fronte. E che il fronte è dappertutto.<br />
Narratore B: Cosa portiamo sulla scena?<br />
Narratore A: Queste parole appartengono<br />
al nostro primo spettacolo il cui titolo era<br />
Sonno Muto. Data la peculiarità della<br />
compagnia <strong>di</strong>venta <strong>di</strong>fficile non parlare <strong>di</strong><br />
“coma”. Per narrare <strong>di</strong> vite che incontrano<br />
un brusco mo<strong>di</strong>ficarsi del normale procedere,<br />
fu utilizzata lo strumento della<br />
metafora. La guerra, come l’evento traumatico<br />
colpisce con casualità e il dolore e<br />
la malattia si abbattono su chi, fino ad un<br />
attimo prima, era al sicuro, sano. In un<br />
giorno qualunque, in uno spazio indefinito,<br />
un fucile spara sulla folla e all’improvviso<br />
alcune persone si trovano catapultate<br />
a combattere una battaglia non voluta né<br />
cercata. Con questo spettacolo sono iniziate<br />
le prime domande: come parlare <strong>di</strong><br />
Coma senza usare esplicitamente il Coma?<br />
Narratore A: In seguito, nei successivi<br />
spettacoli, abbiamo cominciato ad occuparci<br />
dei nostri testi e a lavorare in autodrammaturgia.<br />
Ci siamo esercitati partendo<br />
da frasi incompiute, dubbi, frammenti<br />
<strong>di</strong> memoria, emozioni vissute, turbamenti,<br />
per parlare <strong>di</strong> una con<strong>di</strong>zione. Ma quali<br />
erano i nostri obiettivi?<br />
Narratore B: Il percorso che oramai da<br />
quattro anni stiamo realizzando con questa<br />
compagnia, per “<strong>Gli</strong> amici <strong>di</strong> <strong>Luca</strong>”, ha<br />
evidenziato un possibile intervento nel<br />
“sistema del coma“ occupandosi, oltre<br />
che <strong>di</strong> pazienti in fase post acuta, accolti<br />
nella “Casa dei Risvegli <strong>Luca</strong> De Nigris”,<br />
anche <strong>di</strong> quei soggetti che, risvegliati, non<br />
hanno recuperato appieno le loro abilità e<br />
si trovano spesso isolati da un mondo<br />
esterno, che non permette loro adeguati<br />
livelli <strong>di</strong> partecipazione ad attività sociali.<br />
L’associazione nel 2003 cercava un’attività<br />
che rispondesse ad alcune esigenze:<br />
potenziare la rete <strong>di</strong> aiuto e favorire il reinserimento<br />
sociale <strong>di</strong> chi ha vissuto l’esperienza<br />
del coma; valorizzare le risorse e lo<br />
sviluppo <strong>di</strong> capacità relazionali, espressive<br />
ed emotive <strong>di</strong> persone con esiti <strong>di</strong> coma;<br />
sviluppare un percorso lu<strong>di</strong>co-<strong>di</strong>datticoesperienziale,<br />
ma che potesse avere anche<br />
una valenza riabilitativo-terapeutica dei<br />
partecipanti; fare conoscere ulteriormente<br />
l’attività dell’associazione; sensibilizzare<br />
la comuità al problema del coma, degli<br />
stati vegetativi e <strong>di</strong> minima coscienza; fare<br />
comprendere l’importanza della creazione<br />
<strong>di</strong> una rete <strong>di</strong> “case dei risvegli”. Il teatro,<br />
almeno sulla carta, sembrava poter sod<strong>di</strong>sfare<br />
questi requisiti. E così, nel maggio<br />
del 2003, ci incontriamo tutti per la prima<br />
volta. Inizia il laboratorio espressivo degli<br />
<strong>Amici</strong> <strong>di</strong> <strong>Luca</strong>. A condurre il gruppo Enzo<br />
Toma.<br />
Narratore A: Da allora com’è cambiato il<br />
nostro modo <strong>di</strong> fare teatro?<br />
Narratore B: Tutto quello che abbiamo<br />
presentato al pubblico e quello che presenteremo<br />
nasce dall’attività <strong>di</strong> laboratorio<br />
stabile del gruppo. Cerchiamo <strong>di</strong> fare teatro<br />
mettendo al centro l’attore come in<strong>di</strong>viduo...<br />
Narratore A: ...quin<strong>di</strong> un teatro delle persone….<br />
Narratore B: ...ci occupiamo <strong>di</strong> ricercare<br />
gesti reali per ricreare sulle tavole del<br />
palco la vita, quin<strong>di</strong> un teatro dell’azione<br />
reale, della spontaneità che crei opportunità<br />
<strong>di</strong> espressione. Usiamo un metodo<br />
fondato sull’ascolto e l’attenzione in modo<br />
totalmente sperimentale. Creiamo con<strong>di</strong>zioni<br />
per generare reazioni e impulsi<br />
umani che nascano dal contatto fra le persone,<br />
da sentimenti d’intesa reciproci e dal<br />
turbamento creato dall’apertura verso<br />
un’altro, <strong>di</strong>fferente, essere umano. Per<br />
farlo ci occorre imparare a non aver paura,<br />
momento per momento, <strong>di</strong> quel che succede.<br />
Ognuno è chiamato a un coinvolgimento<br />
non solo fisico, ma soprattutto <strong>di</strong><br />
apertura e con<strong>di</strong>visione della <strong>di</strong>mensione<br />
interiore ed emotiva. Proponiamo esperienze<br />
per-formative in un ottica pedagogica<br />
attraverso il rigore della non tecnica e il<br />
rigore dell’autenticità. <strong>Gli</strong> spettacoli si<br />
modellano dal suo interno nel corso delle<br />
prove. Tutto nasce dal caos, dalla gestione<br />
<strong>di</strong> materiale assolutamente vivo. Una scrittura<br />
scenica che emerge dal basso, dalle<br />
prove, dalle improvvisazioni, dalla ricerca.<br />
Ci alleniamo a stare in modo naturale in un<br />
tempo che non è naturale, ci esercitiamo a<br />
stare nel <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne teatrale, anzi un or<strong>di</strong>ne<br />
senza or<strong>di</strong>ne. Poi ci <strong>di</strong>vertiamo a mettere<br />
in corto circuito i materiali creati e li strutturiamo<br />
in una messa in scena che ci permetta<br />
un ulteriore incontro. Ciò che conta<br />
è l’incontro tra noi e la comunità per una<br />
rigenerazione della relazione e per metterci<br />
in <strong>di</strong>scussione, per metterci in riflessione.<br />
Infatti il teatro è anche un’esperienza<br />
che l’attore fa con lo spettatore, è anche<br />
ciò che avviene tra spettatore e attore. Vorremmo<br />
fare un teatro che sia in grado <strong>di</strong><br />
riconoscere e valorizzare le <strong>di</strong>fferenze per<br />
dare centralità, visibilità, protagonismo e<br />
voce a chi non ce l’ha. Facciamo teatro<br />
come addestramento alla creatività per gli<br />
spettacoli, ma soprattutto per noi stessi.<br />
Narratore A: Ma il teatro ha una funzione<br />
terapeutica?<br />
Narratore B: Il teatro è insopportabile se<br />
si limita solo allo spettacolo. Il teatro è<br />
bene che trasformi, la trasformazione <strong>di</strong><br />
una con<strong>di</strong>zione altra, dove la povertà <strong>di</strong><br />
una imperfezione incontra e cerca <strong>di</strong> gestire<br />
il bisogno <strong>di</strong> perfezione della società.<br />
Oppure, come ci piace pensare, dove la<br />
ricchezza <strong>di</strong> una imperfezione affronta se<br />
stessa, nella relazione con l’altro, e cerca<br />
<strong>di</strong> esprimere potenziali <strong>di</strong> recupero psicofisico<br />
e permettere, anche a molti anni <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>stanza dall’evento traumatico, un<br />
miglioramento delle funzioni e delle autonomie.<br />
Il teatro contiene in sé lo scandalo<br />
del corpo, della carne. Alcuni dei nostri<br />
attori portano addosso tratti irriducibili<br />
della loro storia, tratti che <strong>di</strong>vengono narranti,<br />
espressione <strong>di</strong> quel soffrire della <strong>di</strong>fficoltà<br />
<strong>di</strong> confrontarsi con regole che non<br />
appartengono al mondo dei perfetti, con il<br />
linguaggio verbale che non può venire<br />
prima del gesto, della relazione, della scoperta<br />
dell’altro, dell’ascolto dell’altro,<br />
della conoscenza <strong>di</strong> ciò che ho <strong>di</strong> unico in<br />
me e <strong>di</strong> ciò che posso con<strong>di</strong>videre, compresa<br />
l’imperfezione, la fallibilità, il senso<br />
<strong>di</strong> solitu<strong>di</strong>ne e tutto ciò che scopriamo<br />
nascendo. Persone in <strong>di</strong>sagio che <strong>di</strong>vengono<br />
attori spontanei, che si conquistano<br />
valore e <strong>di</strong>gnità d’arte, che compiono gesti<br />
e azioni reali, urgenti, le uniche che riescono<br />
a compiere, vere e <strong>di</strong>stanti dalla<br />
forma della finzione. Così, sogni e speranze<br />
<strong>di</strong> persone in <strong>di</strong>sagio, possono incontrare<br />
percorsi <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfazione. Abilità sopite<br />
e nuove percezioni <strong>di</strong> benessere, possono<br />
trovare il risveglio nella pratica teatrale. E’<br />
emerso che dopo aver cominciato a fare<br />
teatro i nostri ragazzi con esiti <strong>di</strong> coma<br />
hanno avuto una notevole mo<strong>di</strong>ficazione<br />
della percezione <strong>di</strong> sé stessi e dei propri<br />
livelli <strong>di</strong> auto-stima, un’aumentata conoscenza<br />
delle proprie abilità, e la ri-acquisizione<br />
<strong>di</strong> alcune funzionalità perdute.<br />
Hanno affrontato ed elaborato problematiche<br />
<strong>di</strong> carattere emozionale, esercitate<br />
funzioni mentali, mitigate alcune durezze<br />
comportamentali, sviluppate competenze<br />
fisico/motorie e relazionali. Insomma<br />
hanno allenato l’esercizio del proprio<br />
potere. Interessanti esiti con gli esiti che ci<br />
rimandano agli intenti della me<strong>di</strong>cina riabilitativa<br />
Narratore A: “... noi siamo palombari<br />
siamo a decine <strong>di</strong> metri <strong>di</strong> profon<strong>di</strong>tà, <strong>di</strong>fficilmente<br />
siamo raggiungibili. Siamo<br />
come su un’isola. Ma non è una semplice<br />
isola. E’ un’isola <strong>di</strong> un’isola. Ad<strong>di</strong>rittura<br />
un’isola dell’isola <strong>di</strong> una penisola. Noi<br />
siamo come su un’isola, ma non abbiamo<br />
scelto <strong>di</strong> starci”<br />
Narratore B: …mi piace.. cos’è?...<br />
Narratore A: ...lo narrerà un nostro attore<br />
nel prossimo spettacolo. L’Organizzazione<br />
Mon<strong>di</strong>ale della Sanità nel 1999 ha invitato<br />
a non utilizzare più i termini <strong>di</strong>sabilità<br />
ed han<strong>di</strong>cap, e a sostituirli con i concetti <strong>di</strong><br />
restrizione dell’attività personale e limitazione<br />
della partecipazione sociale. In questo<br />
modo l’OMS sposta il peso della <strong>di</strong>sabilità<br />
e dell’han<strong>di</strong>cap dalla persona alla<br />
società. Diviene quin<strong>di</strong> compito della<br />
società adattare il proprio sguardo e il proprio<br />
agire affinché certe persone non si<br />
trovino a dover portare sulle proprie spalle<br />
un’han<strong>di</strong>cap e se possibile nemmeno<br />
incontrarlo nelle strade e negli sguar<strong>di</strong><br />
della gente. L’Organizzazione Mon<strong>di</strong>ale<br />
della Sanità definisce inoltre la Qualità<br />
della Vita come “…la percezione soggettiva<br />
che un in<strong>di</strong>viduo ha della propria posizione<br />
nella vita...”, e non solo assenza <strong>di</strong><br />
malattia. Il concetto <strong>di</strong> Qualità della Vita<br />
in questa definizione si focalizza sulla soggettività<br />
della percezione e su una visione<br />
estesa <strong>di</strong> salute descritta sia come “capacità<br />
<strong>di</strong> funzionare” nella vita quoti<strong>di</strong>ana,<br />
sia come benessere percepito soggettivamente,<br />
nelle sue componenti fisica, psicologica,<br />
emotiva e sociale. In questo modo<br />
si restituisce ad ogni soggetto il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong><br />
sentirsi completi, realizzati, sod<strong>di</strong>sfatti e<br />
non eventualmente mancanti <strong>di</strong> un qualcosa<br />
che per la società <strong>di</strong>viene lo stigma del<br />
<strong>di</strong>verso. Quin<strong>di</strong> tutti <strong>di</strong>fferenti e allo stesso<br />
tempo tutti uguali: un paradosso <strong>di</strong>fficile<br />
da far proprio. Ci piace pensare che il teatro<br />
possa creare con<strong>di</strong>zioni calibrate per<br />
ridurre le restrizioni dell’attività personale