6 “Mi raccomando, ricordatevi che siete un gruppo, siete una rete che va in soccorso <strong>di</strong> chi inciampa o è in <strong>di</strong>fficoltà”, queste sono state le parole <strong>di</strong> Alessandra Cortesi qualche minuto prima della spettacolo “Esiti” al Teatro Dehon. Sul palcoscenico, in quel momento, un magico silenzio avvolgeva tutti noi, dolcemente: sentivo solo il battito del mio cuore all’ennesima potenza, finché un “rito propiziatorio” ha fatto esplodere tutto. Ero emozionata e avevo anche un po’ <strong>di</strong> paura, essendo il mio primo debutto, ma sapevo che potevo contare su qualcuno, sul gruppo appunto. Entrare nella compagnia gli <strong>Amici</strong> <strong>di</strong> <strong>Luca</strong> significa entrare a far parte <strong>di</strong> un gruppo che ti accetta per quello che sei, per la tua imperfezione, per i tuoi limiti, i tuoi <strong>di</strong>fetti e le tue qualità. Entri in un gruppo dove c’è voglia <strong>di</strong> vivere ma, soprattutto, <strong>di</strong> fare teatro insieme. Non c’è bisogno <strong>di</strong> saper fare chissà quali cose, non c’è bisogno <strong>di</strong> dover stupire con doti particolari tendendo alla perfezione assoluta; lì ti presenti per quello che realmente sei e per quello che sei <strong>di</strong>sposto a dare agli altri, senza essere giu<strong>di</strong>cato da nessuno; metti in scena unicamente te stesso in un silenzio che poi, si trasforma tutto in qualcosa <strong>di</strong> magico. Le parole d’or<strong>di</strong>ne sono saper ascoltare e saper aspettare, qualcosa succederà. L’importante è mettersi in gioco e non vergognarsi delle proprie emozioni e sentimenti. Non c’è competizione, si impara tutti insieme in uno scambio rec- iproco e chi è in <strong>di</strong>fficoltà per inesperienza o quant’altro, non viene escluso come succede in molte compagnie teatrali, ma viene coinvolto da tutto il gruppo e spronato a migliorare giorno dopo giorno. E’ un po’ quello che è successo a me inizialmente. Un giorno, ad esempio, ero arrivata molto presto al laboratorio, non c’era ancora nessuno e ne ho approfittato per fare un po’ <strong>di</strong> esercizi <strong>di</strong> riscaldamento. Dopo un quarto d’ora è arrivato Luigi e abbiamo lavorato insieme. Voi non ci crederete, ma è stato proprio lui ad insegnarmi alcuni esercizi, ad aiutarmi ad ascoltare il silenzio intorno a noi, seguendo il ritmo lento del suo trasformarsi; a farmi entrare in un mondo totalmente sconosciuto in piena serenità. Inoltre, mi ha detto una frase bellissima che mi ha anche commosso: mentre ero un po’ sconfortata perché non mi veniva un esercizio, mi è scappata sottovoce la frase “Non ce la faccio “ e lui, abbracciandomi, mi ha risposto “Insieme ce la faremo, perché la facciamo insieme”. Per me questa è stata una piccola lezione <strong>di</strong> vita; la sua spontaneità, la sua sincerità, il suo essere genuino, sono doti rare e importanti. In quel momento, mi sono sentita protetta. Lì è un piccolo gruppo che si prende davvero cura l’uno dell’altro, in maniera inspiegabile a parole. L’affetto è davvero tangibile e porta molta energia positiva nel gruppo. E’un’esperienza importante non solo emotivamente ma come scoperta e conoscenza, che aiuta a TEATRO Saper ascoltare, saper aspettare Durante lo spettacolo il narratore <strong>di</strong>ce “nel marzo del 2003 iniziammo il nostro primo laboratorio espressivo, a condurre il gruppo Enzo Toma”. Partono le immagini: avevo i capelli lunghi e ricci e sono passati quattro anni. Di solito si <strong>di</strong>ce che è passato troppo in fretta, in realtà a me sono successe tante cose. Mi sto per laureare e voglio iniziare a lavorare.A meno che non passi una ricchissima donna etiope che mi vuole sposare. A quel punto vivo <strong>di</strong> ren<strong>di</strong>ta. Secondo me io assomiglio ancora molto a quello delle immagini. Però qualcosa è cambiato. Guardo dall’alto i quattro anni della Compagnia, li comprimo e penso che ho troppe cose da raccontare. Faccio una proposta: vengono a vedere le nostre prove molti studenti del Dams Teatro. Propongo una tesi sulla nostra Compagnia. Secondo me verrebbe un lavoro splen<strong>di</strong>do, storia e spettacoli, interviste ai partecipanti, i risultati (!), il manifesto (!). Dovrebbe essere scritto il manifesto <strong>di</strong> questo tipo <strong>di</strong> esperienza. Anche se non ho basi scientifiche per affermarlo, ha portato del nuovo, ci ha cambiato. Ieri durante le prove dello spettacolo, nella scena finale, Simona mi doveva abbracciare, come da copione. Ci siamo stretti e lei mi ha sussurrato: “dobbiamo girarci, ti sto coprendo”. Simona si è accorta che non eravamo a favore <strong>di</strong> pubblico, che l’abbraccio doveva essere con<strong>di</strong>viso dal pubblico. Secondo me questa è una cosa bellissima: abbiamo imparato a fare teatro, a pensare come deve pensare un attore. Se uno pensa come pensa il pubblico forse non capisce. E’ importante girarsi, non è una per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> autenticità. E’ come capire il significato della punteggiatura quando si scrive, o dell’a capo, è come imparare a farsi belli per la persona che si ama. A me questa cosa mi ha emozionato. Un altro momento bellissimo è quando siamo seduti sulle nostre se<strong>di</strong>e durante le prove, le nostre se<strong>di</strong>e sono in scena, e Alessandra e Stefano stanno decidendo sul da farsi. Allora Davide Sacchetti <strong>di</strong>ce una gran cazzata, Luigi gli risponde e tutti iniziano a ridere. Una volta dovevo andare a Ferrara a fare una lettura. La donna manager del locale doveva preparare le locan<strong>di</strong>ne e le schede degli attori e mi chiese “Quali sono state le tue esperienze teatrali più importanti?” Io le <strong>di</strong>ssi che lo spettacolo più bello a cui avevo partecipato era stato Sonno Muto con la Compagnia de <strong>Gli</strong> amici <strong>di</strong> <strong>Luca</strong>. Il giorno della mia lettura ho letto la locan<strong>di</strong>na e c’era scritto: “Davide Simoni ha partecipato a Sono morto, uno spettacolo con persone uscite dal coma”. In realtà questo incidente è importante perché involontariamente <strong>di</strong>ce l’esatto contrario preciso puntuale perfetto <strong>di</strong> quello che facciamo nella Compagnia de <strong>Gli</strong> amici <strong>di</strong> <strong>Luca</strong>. Una delle prime battute del manifesto dovrebbe <strong>di</strong>re che questo teatro mette in scena la Vita, secondo me abbiamo ragione se lo scriviamo. Adesso non riesco a spiegare ma relativizzare un po’ tutto il resto.. Saper ascoltare anche il gesto più semplice come il chiudersi della propria mano, gesto che nella quoti<strong>di</strong>anità non desta particolare interesse o attenzione, ma lì sì perchè ogni piccolo gesto viene valorizzato. Cosa succede se chiudo lentamente la mano? Cosa scopro? Cosa sento? E se poi alla mia si aggiunge quella <strong>di</strong> un’altra che cosa cambia? Cosa provo quando mi metto in relazione con un'altra persona in una maniera così intima? Intima perché metto a nudo le mie emozioni. Appoggiata a Marco, ad esempio, contavo i suoi battiti car<strong>di</strong>aci… questo non vuol <strong>di</strong>re forse entrare in intimità? E più il suo cuore batteva, più pensavo a quanta speranza, nonostante tutte le <strong>di</strong>fficoltà e dolore, lasciano questi ragazzi. Invito davvero tutti a venire alla Casa dei Risvegli <strong>Luca</strong> De Nigris, anche solo per cinque minuti, proprio per vedere la bellezza <strong>di</strong> quando la materia prende vita e i corpi forma. Venite a scoprire quanto l’amore, la fiducia e il sorriso, valgano più <strong>di</strong> qualsiasi cura me<strong>di</strong>ca; nel silenzio guardare tutti questi ragazzi negli occhi, abbracciateli per un momento, parlate con loro: scoprirete che sono davvero persone speciali e che le <strong>di</strong>versità, nel momento che chiudete la porta <strong>di</strong>etro <strong>di</strong> voi, ed entrate in quella sala, non esistono più. Anche quando conoscerete Yuri, l’unico ragazzo purtroppo ancora sulla carrozzina, scoprirete che i limiti del corpo non sono credo che il nostro teatro non sia solo questione <strong>di</strong> abilità, e credo che per questo motivo, perché è così <strong>di</strong>fficile, a volte ho dovuto saltare le prove, non solo perché avevo altro da fare. Io mi ripeto, noi siamo stati molto fortunati. A me piace fare teatro e ho potuto fare teatro, andare nei teatri, nei camerini, tra le quinte, e ricevere tanti applausi. Se devo <strong>di</strong>re quali sono le mie esperienze teatrali posso raccontare <strong>di</strong> essere stato a Gorizia, a Roma, al Duse, al Dehon. Ma non è solo questo. Non è successo solo questo. Quin<strong>di</strong> avrei bisogno <strong>di</strong> un manifesto, e sono pronto a collaborare a scriverlo, per capire che cosa abbiamo imparato. Questo è un testo che ho scritto ispirato a tante cose, a Sonno Muto, a Esiti, a Don Chisciotte, a Luigi Ferrarini e a Davide Sacchetti. E se a qualcuno viene voglia <strong>di</strong> andare avanti :) io l’ho chiamato “il cavaliere e lo scu<strong>di</strong>ero”. ….Coreografia iniziale. Alle prime luci del mattino i due si misero in cammino.. L’aria era fresca e lontano il paese si faceva piccino piccino [il paese] Uno era cavaliere, ma dopo un incidente <strong>di</strong> guerra e <strong>di</strong> avventure non voleva più sapere niente. L’altro era un conta<strong>di</strong>no, stanco della terra e matto per il vino.. Sopra l’elmo del cavaliere e la zucca del suo fido scu<strong>di</strong>ero, uno stormo <strong>di</strong> ron<strong>di</strong>ni <strong>di</strong>segnava nel cielo il suo tratto nero. [le ron<strong>di</strong>ni]. Arrivati a una pianura l’eroe si fermò: niente se confrontati con la libertà dell’anima.Yuri è consapevole <strong>di</strong> fare teatro e gli piace; non si sente un <strong>di</strong>sabile, non si sente escluso e tutto ciò non perché le sue con<strong>di</strong>zioni fisiche lo rendono inconsapevole, ma perché nel gruppo è un attore al pari <strong>di</strong> tutti gli altri, anzi, forse con una marcia in più; se gli dai un bacio te lo restituisce, se gli stringi la mano, la stringe anche lui… magari non capirete tutte le sue parole ma, a volte, ricordatevi che il silenzio è più interessante e aiuta <strong>di</strong> più. Nel silenzio possono essere racchiuse le più belle poesie, solo che bisogna abituarsi a un tipo nuovo <strong>di</strong> linguaggio e in questo Alessandra e Stefano sono dei gran<strong>di</strong> maestri! Alessandra con il suo sorriso rassicurante ti regala serenità, è un po’come danzare su soffici nuvole rosa, sempre, sia quando sbagli che non. Stefano idem, sono entrambe persone che aiutano a rendere migliori le cose, anche quando apparentemente non sono così semplici. Li voglio ringraziare <strong>di</strong> cuore perché aiutano tutti a sentirsi vivi e utili, a coltivare i propri sogni e interessi, a dare risposte ai tanti “perché” della vita… grazie anche a Cristina Valenti per avermi fatto conoscere persone così speciali, con le quali è bello sorridere, è bello piangere, è bello emozionarsi ma soprattutto, è bello fare teatro!! Alessandra Consonni Per un “manifesto” della compagnia... [mulini a vento] “Guarda lì Sancio, ci sono più <strong>di</strong> trenta giganti… Quali giganti? Quelli che ve<strong>di</strong> là, dalle braccia enormi.. Mio signore, guar<strong>di</strong> che quelli non sono giganti ma mulini a vento Si vede che non te ne inten<strong>di</strong> <strong>di</strong> avventure..” Continuarono il cammino e arrivarono a un mercato. Di roba <strong>di</strong> animali e <strong>di</strong> persone inverosimilmente affollato. [entrano tutti e fanno il rumoriccio del mercato] I due si presero la mano per non perdere la strada. [si prendono la mano]. Era quasi mezzogiorno e le pance del soldato e del suo amico Brontolavano come le comparse del teatro antico. [brontolii] “Mio signore, che ne <strong>di</strong>ce <strong>di</strong> un ristoro? Tu quanto possie<strong>di</strong>, Sancio? Niente signore Caro Sancio, inginocchiati e prega con me. Ti passerà la fame…” Allo scu<strong>di</strong>ero non vennero a mente tante preghiere Allora gli provò a domandare due cose che voleva sapere: “Per quale motivo ci siamo messi in viaggio? “Per conoscere”. “Quando finirà il nostro viaggio?” “Quando ne inizieremo un altro.” “Se ci fosse la guerra, che lavoro faresti?” “L’attore” Davide Simoni La poetica teatrale che ci fa incontrare il mondo Caro Fulvio, è con sempre grande emozione che mi appresto a raccontare le mie umili e modeste sensazioni, che Tu hai lasciato che ci portassero ad incontrare vite e volti sconosciuti! Ed è con sempre, una grande emozione, che tento <strong>di</strong> mostrare alla gente che incontriamo a teatro, emozione che penso non sia solo frutto <strong>di</strong> un freddo calcolo ma nasca da un'attenta e voluta maturazione del nostro animo e del nostro cuore!! Questo per tentare <strong>di</strong> <strong>di</strong>re e spiegare cose che mai pen- savamo potessero realizzarsi, eppure si sono realizzate!! ...penso nella più grande forma poetica e teatrale: LA NOSTRA VITA! Proprio questa cosiddetta "forma poetica e teatrale" ci ha portato, ci ha dato la possibilità <strong>di</strong> spiccare il salto verso quell'orizzonte infinito, che è il mondo che ci circonda, sempre a noi ostile e sempre con noi scuro! ....il tutto grazie all'affettuosa e paterna Tua presenza con la quale hai sempre cercato <strong>di</strong> venirci incontro per ascoltare i nostri mille problemi, a volte inesistenti, ma per te sempre importanti e principali!! Quin<strong>di</strong>, GRAZIE per tutto ciò che ci hai dato e fatto toccare con mano! Grazie <strong>di</strong> cuore e come può essere rimasto negli occhi <strong>di</strong> uno spettatore del nostro spettacolo: "questi ragazzi sembrano veramente aver capito e toccato il vero senso della Vita!!". Con grosso affetto Marco Macciantelli
TEATRO 7 La forza del teatro, della musica, dei suoni e una capretta vera dalle osservazioni del laboratorio con Salvatore, ospite della Casa dei Risvegli <strong>Luca</strong> De Nigris Credo uno dei più bei momenti vissuti al laboratorio espressivo della Casa dei Risvegli <strong>Luca</strong> De Nigris. L'amore purissimo, infinito e generoso <strong>di</strong> Alessandro, fratello <strong>di</strong> Salvatore; una capretta, vera, bianchissima e morbi<strong>di</strong>ssima come un peluches, <strong>di</strong> una dolcezza sconfinata, che emetteva suoni morbi<strong>di</strong>ssimi; lo sguardo tenero e attento <strong>di</strong> Salvatore incollato agli occhi del fratello e della capretta che lo fissavano teneramente; il “lamento <strong>di</strong> Didone” <strong>di</strong> Purcell come sottofondo musicale; la forza arcaica, ancestrale della lingua sarda, incomprensibile e meravigliosa; tutto l’ambiente colorato da luci ver<strong>di</strong>; l’odore dell’erba tagliata; un video sul maxi schermo con pascoli, capre, pecore e suoni della Sardegna. Un momento che mi spingeva a piangere. Bellissimo. Durante il laboratorio questo momento, durato una decina <strong>di</strong> minuti, ci ha paralizzati, affascinati, noi che dovevamo fare, facilitare, teatrare, comunicare, siamo rimasti congelati dalle emozioni per quello che stava succedendo. Forse solo amore puro, o teatro puro, raro, primitivo, inconsapevole ma potentissimo, fantastico. Alla Casa dei Risvegli <strong>Luca</strong> De Nigris. Stefano Masotti Operatore teatrale Casa dei Risvegli <strong>Luca</strong> De Nigris