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parliamo di taxi e tassisti / Gli appuntamenti di luglio e ... - Konrad

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CHIauLIs<br />

Fotografie <strong>di</strong> Gian Paolo Faustini<br />

La nostra rigenerazione <strong>di</strong>pende da una,<br />

per così <strong>di</strong>re, ultrafilosofia, che conoscendo<br />

l’intiero e l’intimo delle cose, ci ravvicini alla natura.<br />

Giacomo Leopar<strong>di</strong><br />

Nell’estate del 2008 il fotografo Gian Paolo Faustini mi fece conoscere<br />

Chiaulis <strong>di</strong> Paularo, un piccolo paese della Carnia. Le persone che trovammo<br />

furono così spontanee, umanamente ricche, e il contesto naturale<br />

in cui vivevano così vivo, che nel 2009 vi de<strong>di</strong>cammo un libretto. Oggi,<br />

due anni dopo la nostra avventura, sono ancora che ne parlo e so che<br />

continuerò a farlo.<br />

Capitare in un luogo grazie all’amicizia è uno dei mo<strong>di</strong> migliori per esplorarlo;<br />

e così è successo a me con Chiaulis. L’ospitalità della gente <strong>di</strong> mare<br />

e quella del Carso è grande, ma credo tenda a relegarsi alle generazioni<br />

che mi hanno preceduto. Se ciò valga anche per la montagna in generale,<br />

non lo so, ma posso constatare che a Chiaulis le persone conosciute, nate<br />

minimo due generazioni prima della mia, sono ospitali (la loro porta non<br />

conosce chiave) e genuine. L’autenticità si è vista negli occhi, nella stretta<br />

<strong>di</strong> mano, nel frico, nella <strong>di</strong>sponibilità al ricordo. Andare a Chiaulis significa<br />

semplicemente venire a conoscenza <strong>di</strong> questi valori che scorrono nei prati,<br />

nei mattoni e nel cuore dei suoi abitanti.<br />

Le persone che hanno riflesso il paese attraverso i loro occhi sono state<br />

per me quattro: tre sorelle (Gilda, Gisella e Lucina) e un’amica (Margherita):<br />

se il loro sguardo era <strong>di</strong>verso, il loro calore era unanime. A queste se<br />

ne sono ovviamente aggiunte altre il cui viso e la cui voce parlano più del<br />

loro nome (fra tutti, Maria).<br />

Far conoscere questo paesino non serve solo a <strong>di</strong>ffondere un sistema <strong>di</strong><br />

vita fondato su altri pilastri, ma serve soprattutto affinché questi pilastri non<br />

cedano e scompaiano: qui sono solamente 40 gli abitanti, quasi come le<br />

case. Una proporzione che non va bene e che testimonia un abbandono<br />

tristemente sociale: perdere una <strong>di</strong>versità, <strong>di</strong> cui questo paese è portatore,<br />

fa perdere il confronto con altri sistemi <strong>di</strong> vita <strong>di</strong>verso da quello imperante.<br />

E ciò è un pericolo. Non sono il solo, per fortuna o sensibilità e forse<br />

intelligenza, a comprendere ciò: per fare un esempio abbastanza recente,<br />

il Premio Nonino Risit d’âur <strong>di</strong> due anni fa è stato assegnato ai “Malgari <strong>di</strong><br />

Carnia”, gli ultimi depositari <strong>di</strong> un mestiere antico (descritti nel libro <strong>di</strong> Giorgio<br />

Ferigo Malghe e Malgari, Forum E<strong>di</strong>trice, mosso più o meno con gli<br />

stessi principi che hanno governato la stesura del nostro libretto). Clau<strong>di</strong>o<br />

Magris in quell’occasione ha detto, riferendosi a zone simili a queste, che<br />

possiamo “arricchire il nostro mondo con una parte <strong>di</strong> mondo <strong>di</strong>menticata”.<br />

E quant’è ricordato, e quin<strong>di</strong> vissuto, il paese <strong>di</strong> Chiaulis e le sue usanze<br />

fuori da Chiaulis? L’ultima nata <strong>di</strong> qui ha già quin<strong>di</strong>ci anni; in paese non ha<br />

coetanei e, ovviamente, nemmeno amici più piccoli: per giocare e socializzare<br />

deve inevitabilmente allontanarsi. Ma se l’ultima piccola speranza<br />

se ne va, per motivi più che comprensivi, a far vivere il paese rimarranno<br />

solamente le pietre e gli alberi, e ciò è da impe<strong>di</strong>re, nonostante non poche<br />

case assomiglino a dei grossi scheletri preistorici che affascinerebbero il<br />

viandante occasionale.<br />

24 konrad <strong>luglio</strong>/agosto 2011<br />

La Gomera è una piccola isola delle Canarie che ha varie peculiarità,<br />

una delle quali ci interessa: il silbo gomero è uno straor<strong>di</strong>nario linguaggio<br />

fischiato, talmente potente che lo si può u<strong>di</strong>re a 5 km <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza; è molto<br />

articolato e si possono trasmettere fischiando numerose informazioni.<br />

è stato proposto perché l’Unesco lo riconosca come Capolavoro del<br />

Patrimonio Orale e Immateriale dell’Umanità. Bene, senza scomodare<br />

l’Unesco, vorrei fare il possibile affinché un bene, sia materiale che immateriale,<br />

continui a vivere, proprio come quel fischio delle lontane Canarie:<br />

la gente non dovrebbe lasciar morire i racconti e le favole dei nonni o degli<br />

avi, non dovrebbe lasciar scomparire le antiche usanze, siano esse conta<strong>di</strong>ne,<br />

artigiane, culinarie, o culturali in senso lato, per un mondo sempre<br />

più omologato, consumistico e freddo. Non sta a me qui <strong>di</strong>re se questo<br />

modo <strong>di</strong> vivere debba essere <strong>di</strong> riferimento ma, questo sì lo posso <strong>di</strong>re,<br />

deve almeno “essere”: Chiaulis, e ciò che rappresenta, non può, o non<br />

dovrebbe <strong>di</strong>ventare un paese <strong>di</strong>sabitato: tanto ha dato (con il suo vivere<br />

antico), tanto sta dando (con le poche ma squisite voci) e tanto potrebbe<br />

dare. Molto <strong>di</strong>pende da noi.<br />

La straor<strong>di</strong>narietà del paese è data dalla sua antica or<strong>di</strong>narietà: la vita che<br />

vi si svolge non è slegata dal tempo, anzi, a mio avviso vi è assolutamente<br />

inserita dentro: un tempo naturale, lento e faticoso, che ha forgiato le<br />

persone che ho conosciuto e da cui ho ricevuto tanto, persino quel tempo<br />

poco vissuto dagli abitanti <strong>di</strong> città. Non possiamo <strong>di</strong>menticarci che, come<br />

ha detto Silvia Pérez-Vitoria, “più conta<strong>di</strong>ni ci sono in una società, più<br />

probabilità avrà la società <strong>di</strong> sopravvivere”.<br />

Parlare <strong>di</strong> un paese non è un atto eroico, lo so, ma può essere la<br />

preparazione <strong>di</strong> un atto che voi deciderete se far <strong>di</strong>ventare propositivo o<br />

inesistente. Io, intanto, cerco <strong>di</strong> far conoscere un paesino assolutamente<br />

degno <strong>di</strong> essere preservato: parlare con alcuni dei suoi rappresentanti è<br />

già un aiuto alla sua salvaguar<strong>di</strong>a. I confini del paese non <strong>di</strong>stano più <strong>di</strong><br />

cinque minuti fra loro, le case sono più delle persone e la sua delicatezza<br />

si confonde come una pietra in montagna, ma all’incontrario della pietra,<br />

questo paese può scomparire facilmente e irrime<strong>di</strong>abilmente.<br />

Il paese è fatto dagli abitanti che l’hanno costruito e dagli abitanti che<br />

ora vi risiedono e che con il loro fare costruiscono un altro tipo <strong>di</strong> case,<br />

senza legno e senza pietra. Ecco, io sono stato inglobato, se non proprio<br />

fagocitato, da alcuni abitanti <strong>di</strong> Chiaulis, <strong>di</strong>ventando un mattone metaforico<br />

per una buona frequentazione. Una volta inseriti in questo contesto, cioè<br />

sia nel paese reale che in quello dell’anima, non si può più andar via,<br />

nemmeno quando si ha un’altra vita, magari vicino al mare.<br />

La descrizione e la storia del paese l’ho lasciata alle immagini <strong>di</strong> Faustini<br />

che vogliono essere, assieme alle mie parole, un invito (che giro a tutta la<br />

redazione <strong>di</strong> <strong>Konrad</strong>) alla sua scoperta.<br />

Ho scritto <strong>di</strong> questo paese perché sono convinto che possa piacere, o<br />

almeno interessare, non tanto ai suoi vicini carnici, che già lo apprezzano,<br />

né ai chiaulisani che vi ci abitano, a cui va tutta la nostra amicizia<br />

e solidarietà e da cui siamo già stati ricambiati, ma alle persone che <strong>di</strong><br />

questo posto non hanno mai sentito parlare. è a questi ultimi che rivolgo<br />

l’invito a viaggiare per scoprire Chiaulis, le sue case (alcune delle quali del<br />

XVIII secolo), i suoi <strong>di</strong>ntorni (i sentieri, la Costa dei venti, il fiume Chiarsò),<br />

i vecchi gra<strong>di</strong>ni, gli orti e i recinti, i proverbi (“se la prima farfalla è chiara<br />

l’annata sarà buona”), la polenta compatta, le erbe, gli alberi (come i<br />

gattici, cioè il vimini), i cervi…<br />

Riccardo Re<strong>di</strong>vo

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