librosolari_2parte - Società Umanitaria
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i condivisi”. Politica, ma anche impegno sociale vivo tuttora. Per anni fu presente<br />
anche una Sezione dell’UDI (Unione Donne Italiane) e oggi c’è la sede dell’AISM<br />
(Associazione Italiana Sclerosi Multipla), della Lega Abolizione Caccia, del gruppo<br />
milanese di Greenpeace. Come dimenticarsi della Bocciofila poi, per anni luogo<br />
di incontro e socialità per centinaia di anziani, e non solo.<br />
L’ETICA DEL FARE<br />
La forza del quartiere è stata la Cooperativa inquilini, che in tutti questi anni ha<br />
saputo portare avanti con lucidità la gestione delle nostre case. A tutti, prima o poi,<br />
è toccato il turno di far parte del Consiglio d’amministrazione della Cooperativa e<br />
tutti lo hanno fatto con impegno, per il bene comune. E grazie alla disponibilità e al<br />
senso di responsabilità di tanti abitanti che dopo il lavoro, di sera e nel tempo libero,<br />
si riunivano insieme e passavano ore e ore a pensare come rendere migliori le<br />
nostre case, quello di via Solari è stato un quartiere che si è governato da solo per<br />
tanti anni, grazie alla partecipazione di tanta gente, che ha lavorato con coscienza,<br />
per il gusto di fare del bene, nel rispetto degli altri. Un modo di fare, che ha sempre<br />
contraddistinto gli abitanti dell’<strong>Umanitaria</strong>, cresciuti alla scuola del dovere, allevati<br />
con l’esempio di chi li aveva preceduti.<br />
Quando le case divennero proprietà del Comune, la Cooperativa inquilini venne<br />
chiusa. Ma temendo che la gestione comunale finisse col mutare lo spirito del quartiere<br />
riducendolo a semplice caseggiato-dormitorio, eliminando gli spazi comuni<br />
indispensabili per la vita sociale interna, i vecchi consiglieri pensarono bene di<br />
costituire un circolo ARCI, a cui affittare il salone conferenze, affinché i soci-inquilini<br />
potessero disporne per corsi, attività culturali e ricreative.<br />
IL PASSAGGIO AL COMUNE DI MILANO<br />
Gli ultimi anni di vita della Cooperativa furono quelli più difficili. A metà degli anni<br />
‘70 girò una voce che alla <strong>Società</strong> <strong>Umanitaria</strong>, proprietaria delle case, era stata fatta<br />
da parte di una società petrolifera un’offerta di acquisto tale da ripianare il bilancio<br />
dell’ente. Fortunatamente l’offerta non andò a buon fine, ma indusse la Cooperativa<br />
interna a passare al contrattacco. Si decise di cominciare ad applicare il “canone<br />
sociale”, lo stesso che il Comune aveva adottato per le sue case popolari: così facendo,<br />
si pensava che in futuro sarebbe stato più facile indirizzarsi verso una soluzione<br />
comunale. A quei tempi il canone d’affitto delle abitazioni era molto basso e<br />
quindi la decisione di passare al canone sociale, che rivedeva i canoni d’affitto rapportandoli<br />
ai locali abitati, fu molto contestata dagli inquilini. Dopo riunioni su<br />
riunioni, si riuscì a far passare questa linea, l’unica soluzione accettabile per salvaguarda<br />
il futuro del quartiere e allontanare le mani lunghe degli speculatori.<br />
A questo punto, i consiglieri della Cooperativa pensarono che fosse giunto il<br />
momento di costituire una Cooperativa a proprietà indivisa. A nulla valsero i loro<br />
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