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Rosa d'Irlanda

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Elisa Giacalone<br />

<strong>Rosa</strong> <strong>d'Irlanda</strong><br />

Le sei meno sei segnava l'enorme orologio affisso su una delle pareti dell'<br />

Aeroporto Punta Raisi di Palermo. Il giovane alto in divisa di tenente dell'<br />

Aeronautica alzò il viso abbronzato stringendo gli occhi per notare l'ora<br />

esatta. Il cuore gli batteva con una violenza che lo turbava. Tra sei minuti<br />

avrebbe visto la donna che negli ultimi quindici mesi aveva occupato un<br />

posto tanto importante nella sua vita, la donna che non aveva mai visto<br />

e<br />

che tuttavia era stata per lui un sostegno continuo. Che strano modo, però,<br />

di imbattersi l'uno nell'altra.<br />

Un incontro telematico.<br />

Il tenente Croce stava finalmente imparando ad assaporare i suoi attimi<br />

di<br />

relax. Da quando, poi, aveva scoperto che la multimedialità e la telematica<br />

non erano oggetti per pochi eletti, ci si era buttato a capofitto. Aveva<br />

trascinato amici lontani e vicini in questa avventura virtuale. Lontano<br />

dal<br />

lavoro, il suo temperamento cambiava radicalmente. Aveva voglia di giocare,<br />

immergendosi in una diversa realtà, lontano dal vivere quotidiano. E poi<br />

impazziva per tutti quei nickname (Luna73, Fiordaliso, Blue, Mr Psyco,<br />

Licia, blackman.e chi ne ha, più ne metta). Un vero spasso! Che voglia di<br />

lasciarsi trasportare dalla fantasia, conoscere gente per mezzo di una<br />

tastiera e di un monitor, immaginare un volto dietro quelle parole che<br />

prendono vita nello schermo. Trascorreva delle ore a chiacchierare.<br />

Ops. chattare è il termine corretto.<br />

Ma una sera, un nuovo nomignolo era apparso nella lista degli utenti<br />

collegati alla chat, rosa <strong>d'Irlanda</strong>.<br />

In quello stesso istante Franco si presentò chiedendole di poterla conoscere<br />

meglio e da allora ebbe inizio la loro storia.<br />

<strong>Rosa</strong> <strong>d'Irlanda</strong>, come già preannunciava il nick, era una ragazza irlandese<br />

che chattava per imparare l'italiano. Era un'infermiera. Quando ricevette<br />

il<br />

messaggio rimase piacevolmente sorpresa dalla semplicità del nickname del<br />

suo nuovo interlocutore: Franco, un nome che sapeva di pulito, naturale,<br />

assolutamente non ricercato.<br />

Cominciarono così a raccontarsi le loro giornate, i loro sogni, le<br />

delusioni, le loro vite.<br />

Le mani scorrevano veloci sulla tastiera e, giorno dopo giorno, quello che<br />

inizialmente fu un relax, un modo per spezzare la monotonia, divenne un'<br />

esigenza. Poi le lettere, i regali per il compleanno.<br />

Ora avrebbe sentito la sua voce. Le sei meno quattro.<br />

Una ragazza gli passò accanto e il tenente Croce trasalì. Portava un fiore,<br />

ma non era la rosa rossa, come avevano stabilito. E poi dimostrava appena<br />

diciott'anni, mentre rosa <strong>d'Irlanda</strong> gli aveva detto di averne 30. "Che<br />

importa? - aveva risposto lui -, io ne ho 33". Ne aveva 28.Non voleva<br />

rischiare di perderla, fosse stato anche per quei due stupidi e<br />

insignificanti anni. Voleva approfondire quel dolce, dolcissimo legame.<br />

Non aveva mai creduto che una donna potesse leggere nel cuore d'un uomo


con<br />

tanta tenerezza e comprensione.<br />

Per quindici mesi era stata la sua fedele corrispondente.<br />

Ma lei aveva opposto un netto rifiuto a tutte le sue preghiere per avere<br />

una<br />

fotografia. Gliene aveva spiegato la ragione. "Se c'è qualcosa di serio<br />

nel<br />

sentimento che hai per me, il mio aspetto non ha importanza. Supponi che<br />

io<br />

sia bella. Sarei sempre ossessionata dall'idea che hai puntato su questa<br />

possibilità, e non sono alla ricerca di un amore del genere. Supponi che<br />

io<br />

non sia bella e allora rimarrei sempre col timore che hai continuato a<br />

scrivermi perché ti sentivi solo e non avevi nessun'altra. Quando un giorno<br />

verrò in Sicilia a trovarti mi vedrai e deciderai".<br />

Sembrava un evento così lontano e invece.<br />

Un minuto alle sei.<br />

Il tenente Croce tirò una boccata nervosa dalla sigaretta. Poi il suo cuore<br />

dette un balzo. Una giovane donna veniva verso di lui. Era alta e snella,<br />

i<br />

capelli biondi ricadevano in riccioli dietro gli orecchi delicati. Aveva<br />

gli<br />

occhi azzurri come fiordalisi, le labbra e il mento modellati con dolce<br />

fermezza. Nel suo abito verde pallido sembrava l'incarnazione della<br />

primavera. Il tenente Croce le andò incontro, dimenticando di notare che<br />

non<br />

aveva la rosa rossa; e al suo avvicinarsi un sorrisetto invitante increspò<br />

le labbra della ragazza.<br />

"Sta venendo verso di me?" mormorò. Franco fece un altro passo verso di<br />

lei.<br />

E allora vide rosa <strong>d'Irlanda</strong>. Era ferma dietro la ragazza, una donna ben<br />

oltre la quarantina con i capelli grigi ficcati sotto un vecchio cappello.<br />

Era più che grassoccia, calzava delle vecchie scarpe col tacco basso e aveva<br />

grosse caviglie. Ma portava una rosa rossa al risvolto del cappotto<br />

sgualcito. La ragazza dal vestito verde si allontanava in fretta. Franco<br />

ebbe l'impressione d'essere diviso in due, tanto forte era il desiderio<br />

di<br />

seguire la ragazza e pur tanto profondo il sentimento per la donna che con<br />

le doti del suo spirito gli era stata davvero compagna e sostegno. Ora<br />

quella donna era lì. Vedeva che il viso pallido e rotondo era dolce e<br />

sensibile, negli occhi le brillava un caldo sorriso.<br />

Il tenente Croce non esitò, strinse fra le dita la copia sgualcita di<br />

Schiavo d'amore (il libro regalatogli da lei per il suo compleanno), che<br />

doveva servirgli per farsi riconoscere. Questo non sarebbe stato amore,<br />

ma<br />

qualcosa di prezioso, un'amicizia di cui era stato e doveva sempre esser<br />

grato.<br />

Raddrizzò le spalle, saluto militarmente e tese il libro verso la donna,<br />

sebbene mentre parlava sentisse l'amarezza della delusione. "Sono il tenente<br />

Franco Croce e tu.tu devi essere rosa <strong>d'Irlanda</strong>. Sono molto contento che<br />

tu


sia venuta. Posso.posso invitarti a pranzo?" Il viso della donna s'allargò<br />

in un sorriso benevolo. "Non capisco davvero cosa stia accadendo" gli<br />

rispose. "Quella signorina vestita di verde mi ha pregato di mettermi questa<br />

rosa sul cappotto. E mi ha detto che se un tenente con un libro in mano<br />

mi<br />

avesse chiesto di andare con lui, avrei dovuto rispondergli che rosa d'<br />

Irlanda l'aspettava in quel ristorante lì di fronte. Ha detto che questa<br />

era<br />

una sorta di prova".<br />

FINE<br />

Elisa Giacalone<br />

"Un giorno dopo l'altro"<br />

I CAPITOLO<br />

Settembre 1990<br />

Dalla laguna, ampia e scintillante, Venezia emergeva sull'orizzonte come<br />

una<br />

pennellata d'acquerello sotto il blu intenso del cielo. Ma mentre i<br />

vaporetti si avvicinavano dal Lido alla città, le forme si plasmavano in<br />

guglie e cupole. Quella che sembrava una visione sfocata e indistinta si<br />

concretizzava adesso in pietra, miracolosamente a galla sull'acqua, spavalda<br />

e solida sul suo basamento che si protendeva verso l'alto con una spuma<br />

di<br />

ornamenti architettonici.<br />

Erano finalmente arrivati. E come sempre, Lisa aveva annotato nel suo diario<br />

tutte le emozioni nel corso del viaggio, tutte le persone strane che aveva<br />

incontrato.<br />

Era la prima volta che si allontanava dalla Sicilia, la terra nella quale<br />

era nata e vissuta per diciassette anni.<br />

Quell'anno si sarebbe sposata Milena. Lisa aveva sentito la voce della<br />

cugina soltanto una volta al telefono, in occasione degli auguri dell'ultimo<br />

natale. Non si erano mai incontrate. Gli zii materni erano scappati dalla<br />

Sicilia prima che lei nascesse. La zia Sofia aveva sedici anni quando si<br />

innamorò del suo giovane amore. Lo incontrava segretamente sfuggendo alla<br />

rigida sorveglianza dei genitori. Nel paese veniva considerato un<br />

tradimento. Sofia rimase incinta. Scappò dalla Sicilia col suo innamorato<br />

e<br />

si stabilirono a Venezia. Non tornarono mai più in quella terra. Adesso<br />

quel<br />

frutto del peccato, Milena, si sposava. Tutti i parenti siciliani erano<br />

stati invitati al ricevimento ma nessuno vi partecipò. Non avevano<br />

dimenticato.<br />

Lisa venne a conoscenza di questa storia quando sentì litigare i suoi<br />

genitori. Sua madre non aveva alcuna intenzione di perdonare la sorella<br />

per<br />

ciò che aveva fatto e partecipare a quel matrimonio significava perdonare


il<br />

suo peccato. Suo marito, miracolosamente, riuscì a convincerla. E adesso<br />

erano lì, a Venezia, nella casa della futura sposa.<br />

Lisa era elettrizzata. Appena arrivata, conobbe i suoi zii e la cugina<br />

Milena. La zia Sofia l'accompagnò in quella che, per quei tre giorni,<br />

sarebbe stata la sua camera. Un letto, un comodino col piano di marmo, una<br />

sedia. Un piccolo armadio a due ante, delle mensole. E soprattutto una<br />

finestra, dalla quale poteva affacciarsi e godere dello splendido panorama.<br />

Venezia era un posto unico, "una città capovolta, che si fa beffe dei<br />

presupposti tradizionali dell'urbanistica, le strade sono invase dall'<br />

acqua.". Così scriveva nel suo diario.<br />

Si tolse i jeans, buttandoli con disinvoltura in un angolo. Accese la<br />

radiolina portatile e si avvicinò alla finestra, aprì la tenda e accostò<br />

il<br />

suo tiepido viso al vetro gelido, desiderosa di esplorare quella nuova<br />

città. Un dedalo di vicoli e marciapiedi, collegato da un puzzle di ponti.<br />

I<br />

soli rumori della città erano i passi e le chiacchiere dei pedoni, il ronzio<br />

dei traghetti, le grida dei gondolieri.<br />

"Lisa!". La voce tagliente di sua madre risuonò fuori dalla porta mentre<br />

la<br />

ragazza continuava a rimanere ferma, in piedi, di fronte la finestra. Pochi<br />

secondi dopo, eccola spalancare la porta.<br />

"Si può sapere perché stai lì in quel modo? Sbrigati! Datti una ripulita<br />

e<br />

indossa qualcosa di decente!"<br />

"Oh, mamma...". Sorrise, alzando le spalle, ma la madre continuò a<br />

rimproverarla.<br />

"Non sai che abbiamo ancora tanto da fare? Possibile che non pensi mai a<br />

renderti utile, Lisa?"<br />

Nonostante i rimproveri della madre, Lisa rimase inerte, immobile,<br />

indifferente. Non si era mai adattata ad ubbidire a regole e divieti imposti<br />

dagli altri. Stavolta, però, sua madre aveva ragione. Era tardi. Quella<br />

sera<br />

avrebbe cenato con la cugina. L'indomani avrebbero festeggiato il matrimonio<br />

e il giorno dopo ancora sarebbero tornati in Sicilia. Che tristezza, voleva<br />

conoscere meglio quella città, voleva assaporarne i panorami, gli odori<br />

e i<br />

profumi. Erano troppo pochi tre giorni. Dal corridoio ecco nuovamente i<br />

passi della madre, pronta a un'ulteriore sfuriata. Decise di mettersi in<br />

ordine e indossare il nuovo maglione che le aveva regalato il padre per<br />

il<br />

suo diciassettesimo compleanno. Era semplice, di lana bianca, caratterizzato<br />

da motivi floreali, anch'essi di colore bianco. Aveva buon gusto suo padre.<br />

Lisa prese tra le mani il maglione e, prima di indossarlo, con aria<br />

compiaciuta, se lo strinse a sé. "È proprio bello! Grazie mille, paparino!"<br />

----------------------------------------------------------------------------<br />

--<br />

In casa regnava un'atmosfera irrequieta. Dopotutto era comprensibile, tra


poche ore avrebbe avuto luogo un matrimonio. Mentre Lisa era intenta a<br />

scrivere di sua cugina e della cena della sera precedente, le si avvicinò<br />

il<br />

padre abbracciandola affettuosamente.<br />

"Come sta la mia bambina?"<br />

"Ciao pà!"<br />

Lisa lo guardò dritto negli occhi, con un dolce sorriso.<br />

"Dov'è tua sorella? È un'ora che la sto cercando!"<br />

Lo disse in tono bonario, non si arrabbiava facilmente e con le sue due<br />

uniche figlie era sempre stato molto paziente.<br />

"Sicuramente sarà di fronte lo specchio ad acconciarsi la sua chioma e a<br />

perfezionare il trucco per stasera".<br />

Il padre le sorrise e il suo sguardo incrociò quello di Lisa.<br />

Sandra era una ragazzina romantica che sognava l'Amore e una vita senza<br />

problemi. Tutti avevano sempre cercato di proteggerla, di evitarle inutili<br />

sofferenze. Era sempre stata considerata una preziosa bambola di porcellana<br />

e per questo difesa e protetta per evitare che anche un leggero soffio di<br />

vento potesse farla cadere.<br />

Sandra era convinta di trovare la felicità incontrando "l'uomo della sua<br />

vita" che le avrebbe garantito un futuro pieno d'amore in una piccola<br />

casetta, al lago. Stile Due cuori e una capanna.<br />

Lisa era diversa, sognava altri luoghi e persone diverse da quelle in mezzo<br />

alle quali era cresciuta. Una delle sue aspirazioni era quella di scrivere<br />

un romanzo autobiografico. Attraverso le parole riusciva a trasmettere le<br />

proprie sensazioni, il proprio modo d'essere.<br />

"Sai papà, dopo il liceo mi piacerebbe iscrivermi al corso di laurea in<br />

giornalismo ma questo significherebbe allontanarmi dal paese. Voglio<br />

diventare una giornalista e fare qualcosa d'importante. Magari scrivere<br />

anche un libro".<br />

"Sembra che tu abbia le idee chiare su quello che desideri fare dopo la<br />

scuola. Sono sicuro che ce la farai. Sei una ragazza intelligente, tenace,<br />

possiedi un carattere forte e hai una volontà inflessibile. Hai tutte le<br />

carte per poterci riuscire. Se lo vuoi davvero, puoi farcela! Ma adesso,<br />

ti<br />

prego, prepariamoci per il matrimonio. Non facciamo arrabbiare la mamma."<br />

"Grazie papà!".<br />

Si strinsero in un caldo abbraccio e, mentre erano così uniti, sembrava<br />

che<br />

il mondo si fosse fermato.<br />

Il matrimonio si svolse secondo i programmi, la sposa era bellissima, la<br />

funzione in chiesa commovente e la cena ottima.<br />

Quella sarebbe stata l'ultima notte, poi tutta la famiglia sarebbe tornata<br />

in Sicilia.<br />

II CAPITOLO<br />

Il viaggio di ritorno a casa fu tranquillo. E in meno di ventiquattr'ore<br />

riprese la vita di sempre.<br />

O almeno così sembrava.


Lisa stava aiutando la mamma, come ogni giorno dopo la scuola, a rigovernare<br />

la cucina quando dalla finestra vide altre cucine, con donne che lavavano<br />

o<br />

asciugavano i piatti.<br />

Ogni giorno la colazione, il pranzo, ogni giorno lavare i piatti e<br />

riassettare la casa; ore che tornavano indefinitamente e che non conducevano<br />

a nulla. Per un attimo, nella sua mente si fermò un'immagine deprimente,<br />

sconfortante. Una fila di quadratini grigi che si estendevano a vista d'<br />

occhio, rimpicciolendo secondo le leggi della prospettiva, ma tutti<br />

identici, piatti; erano i giorni, i mesi, gli anni. Da quando era nata,<br />

ogni<br />

sera si era addormentata un pò più ricca della sera prima, giorno dopo<br />

giorno saliva un gradino, ma se in cima non avesse trovato nient'altro che<br />

un triste e modesto futuro senz'alcuna meta verso cui puntare, a che sarebbe<br />

servito?<br />

"No!" disse quasi gridando, come se si fosse svegliata da un incubo<br />

angosciante.<br />

"Che ti è preso?" le domando sua madre guardandola esterrefatta.<br />

"Niente, niente."rispose lei.<br />

Andò in camera, pensierosa. Aveva paura, paura di non riuscire a realizzare<br />

i suoi sogni nella vita e la città nella quale viveva cominciava a starle<br />

stretta. Aveva solo diciassette anni, eppure aveva le idee chiare sul suo<br />

futuro: voleva scrivere! Nient'altro importava, solo gridare il proprio<br />

stato d'animo attraverso le parole sui suoi diari, un giorno magari sui<br />

giornali, e poi chissà, sui libri.<br />

Ricordò le parole che il padre le scrisse nel biglietto di auguri, per il<br />

suo compleanno e che le diede insieme al maglione di lana dai motivi<br />

floreali. "Non dimenticare mai tutto ciò che ti ho insegnato durante questi<br />

anni. E soprattutto non rinunciare mai ai tuoi sogni. Hai cervello, audacia,<br />

coraggio. Non mi deludere! Auguri mia piccola grande bambina!"<br />

Suo padre aveva fiducia in lei e forse quella era una lama a doppio taglio.<br />

Rappresentava sicuramente un grande stimolo ma anche tanta responsabilità.<br />

Cosa gli avrebbe raccontato, se non fosse riuscita a realizzarsi come<br />

voleva?<br />

Tentò di riprendere quel grazioso biglietto di auguri ma stranamente non<br />

lo<br />

trovò. Eppure era nel cofanetto dei gioielli!<br />

Intanto suonavano alla porta. Lisa andò ad aprire. Il dottor Alagna?<br />

Cercava suo padre.<br />

"No, mio padre è uscito in anticipo, aveva un appuntamento con un amico".<br />

"Chi è?" sopraggiunse la madre mentre si asciugava le mani nel grembiule.<br />

"Oh, buongiorno, mio marito non c'è, può dire a me?" Se ne andarono in<br />

cucina e Lisa fu spedita in cameretta a studiare.<br />

"Signora, sarebbe inutile sottoporre suo marito ad un'operazione. Ormai<br />

la<br />

malattia si è estesa. Mi sono permesso di venire a casa per convincere suo<br />

marito, che è un mio grandissimo amico, oltre che un paziente, a cominciare<br />

questa dannata cura. Servirebbe comunque ad allungargli la vita. Lui è a<br />

conoscenza di tutto quanto, troppo intelligente per non capire, ma non vuole<br />

saperne di sottoporsi a delle terapie. Lo convinca lei, per favore! Una<br />

malattia come il cancro ai polmoni non va sottovalutata!".


Lisa era nel corridoio e ascoltò, in silenzio, tutto quanto. CANCRO, era<br />

questa la malattia che avrebbe strappato suo padre alla vita terrena. Le<br />

crollò il mondo addosso, pianse nella sua cameretta. Non ne parlò con<br />

nessuno. Tutto sembrava così assurdo e incredibile. Si ripeteva mille volte<br />

che quello era solamente un bruttissimo sogno, un orribile incubo dal quale<br />

si sarebbe presto svegliata. Ma non era vero.<br />

---------------------------------------------------------------------------<br />

--- Sembrò che il resto dell'inverno passasse quasi senza che Lisa se ne<br />

accorgesse. L'argomento non veniva menzionato. Si faceva finta di niente.<br />

Papà ha l'influenza, continuava a dire la madre. Forse andava bene per<br />

Sandra questa giustificazione ma non per Lisa. Lei sapeva. Intanto il padre<br />

era sempre più pallido e stanco, tossiva in continuazione. Quell'uomo, che<br />

in tutta la sua esistenza aveva sempre creduto invincibile, improvvisamente<br />

era diventato debole, privo di forze. Quando arrivò l'estate, era talmente<br />

fragile che non se la sentì più di alzarsi dal letto. Nel frattempo l'anno<br />

scolastico era terminato e Lisa, con enormi sacrifici, superò gli esami<br />

con<br />

ottimi voti ricevendo i complimenti dalla commissione. Era una ragazza<br />

forte. Per tutta l'estate trascorse le giornate in casa, insieme al padre.<br />

Sedeva vicino il suo letto per ore ed ore stimolandolo a mangiare, facendolo<br />

parlare e rimanendo accanto a lui anche mentre dormiva. E guardandolo<br />

lasciava che le lacrime scorressero silenziose sulle sue guance. Lo<br />

assisteva con tutto l'affetto possibile. Al contrario, Sandra preferiva<br />

allontanarsi, la sua natura debole e fragile non le permetteva di restargli<br />

accanto e assisterlo.<br />

Ormai Lisa aveva preso l'abitudine di sedere in silenzio vicino il suo<br />

letto, giorno e notte, tenendogli la mano. Si allontanava solo per lavarsi<br />

o<br />

andare in cucina a mangiare qualcosa. Sedeva in cucina e solo lì poteva<br />

piangere liberamente. Calde lacrime le rigavano il dolce viso ormai<br />

consumato dalla stanchezza e dallo sfinimento. Pregava Dio ogni giorno<br />

perché facesse guarire suo padre ma nel profondo del suo cuore sapeva già<br />

che ciò non sarebbe accaduto.<br />

----------------------------------------------------------------------------<br />

--<br />

Agosto 1991<br />

Era il 30 Agosto. Lisa vide il padre più pallido del solito; non aveva più<br />

la forza né di mangiare, né di parlare. Quel giorno non sarebbe stato come<br />

tutti gli altri.<br />

"Lisa", invocò il padre debolmente.<br />

"Sì, Papà", rispose Lisa alzandosi dalla sedia e sedendosi sulla sponda<br />

del<br />

letto. Gli prese una mano tra le sue.<br />

"Io purtroppo me ne sto andando.andando per sempre. Vorrei che tu mi facessi<br />

una promessa".<br />

"Sì, tutto quello che vuoi!", faticò a pronunciare queste parole tra le<br />

lacrime.<br />

"Promettimi che non rinuncerai mai ai tuoi sogni, che farai valere sempre<br />

le<br />

tue idee. Non arrenderti e non perdere mai le speranze, io sarò sempre con<br />

te". Le sorrise e gli occhi di Lisa si colmarono di lacrime mentre gli


stringeva la mano. Accostò la guancia a quella di lui e gli diede un lieve<br />

bacio sulla fronte. La sentì fredda, umida e sudata. Dopo aver pronunciato<br />

queste parole, i suoi occhi si chiusero. Si addormentò. Pareva in pace.<br />

Morì come voleva.nel sonno, portandosi nel cuore l'immagine del volto di<br />

Lisa, la sua bambina.<br />

Il funerale fu celebrato il giorno successivo; tutti rimasero sbalorditi<br />

da<br />

quella figuretta snella, Lisa, che camminava dietro la bara ammantata di<br />

fiori. Procedeva eretta, senza appoggiarsi al braccio della madre o della<br />

sorella che le erano a fianco. Indossava un abito nero semplicissimo. Quando<br />

il servizio funebre fu terminato, le si avvicinarono per farle le<br />

condoglianze. Con serenità e grazia, stringeva le mani, imperturbabile.<br />

"Dio<br />

mio, che donna è diventata", pensò sua sorella Sandra che la guardava. Lisa<br />

era coraggiosa, bella e forte.<br />

La folla cominciava ad assottigliarsi. Appena terminò il funerale, Lisa<br />

tornò a casa, si distese sul letto, al buio, ancora vestita. Pianse<br />

disperatamente, con il corpo scosso dai singhiozzi. Si guardò intorno e<br />

quella che, per anni, era stata il suo luogo di studio, di speranze, di<br />

sogni, adesso sembrava essere diventata una stanza cupa, buia che ospitava<br />

una ragazza distrutta dal dolore.<br />

III CAPITOLO<br />

Settembre 1991<br />

Era trascorsa una settimana dal funerale e Lisa, ogni giorno, andava a<br />

pregare sulla tomba del padre. Viveva di ricordi, guardava malinconica le<br />

foto della sua famiglia al completo. Già, al completo. Adesso mancava un<br />

tassello importante, una Persona Importante, suo padre. Nulla sarebbe<br />

tornato come prima. Chi l'avrebbe sostenuta nelle sue scelte? Chi l'avrebbe<br />

incoraggiata nei momenti di sconforto? Nessuno. Era sola.<br />

Tre giorni dopo, scatenando i pettegolezzi del paese, Lisa preparò la<br />

valigia, mise dentro tutti i regali e tutti i ricordi che aveva. Avrebbe<br />

voluto portare con sé il biglietto di auguri che le aveva scritto suo padre<br />

per il suo diciassettesimo compleanno. Erano le ultime righe che era<br />

riuscito a comporre per lei. Le ricordava bene. Non dimenticare mai tutto<br />

ciò che ti ho insegnato durante questi anni. E soprattutto non rinunciare<br />

mai ai tuoi sogni. Hai cervello, audacia, coraggio. Non mi deludere! Auguri<br />

mia piccola grande bambina! Aveva bisogno di rileggere quelle frasi e tenere<br />

quel biglietto tra le mani, come a voler creare una sorte di ponte tra di<br />

loro. Non lo trovò, neanche stavolta. Eppure era così sicura di averlo<br />

riposto in quel dannato cofanetto.<br />

Prese il primo volo per Milano. Aveva letto sul giornale dell'Istituto


"Carlo De Martino" per la formazione al giornalismo. Il corso era della<br />

durata di due anni, la frequenza obbligatoria e a tempo pieno ma, cosa più<br />

importante, non era una scuola privata, i costi per l'iscrizione non erano<br />

sconsiderati come invece aveva letto per gli altri istituti. Doveva partire.<br />

Anche se in fondo al cuore, si sentiva morire, questa era una sfida con<br />

se<br />

stessa. Sua madre non ebbe il tempo di attaccarla, facendola sentire in<br />

colpa, come aveva del resto fatto per tutta la vita . Lisa scappò come una<br />

ladra. Lasciò semplicemente una lettera alla sorella, nella quale scriveva<br />

che aveva bisogno di respirare un'aria nuova, con altri odori, altri volti<br />

che non fossero quelli del paese. Doveva andare incontro alla sua vita.<br />

Si<br />

sarebbe fatta sentire lei.<br />

Adesso era sull'aereo, si sentiva già libera, nessuno le prestava<br />

attenzione, nessuno le chiedeva come si sentisse. Era questo ciò di cui<br />

aveva bisogno. Un po' di sana solitudine.<br />

L'hostess annunciava di allacciare le cinture di sicurezza.<br />

Sentiva una strana sensazione nel petto, un po' come quando era partita<br />

con<br />

tutta la famiglia per il matrimonio della cugina. Non avrebbe mai<br />

dimenticato lo splendore di Venezia, né l'euforia di conoscere quella nuova<br />

città. Anche stavolta portava con sé il suo diario, inseparabile compagno<br />

di<br />

vita. Avrebbe scritto dell'avventura che si apprestava a vivere nella nuova<br />

città. Milano l'aspettava. È lì che avrebbe studiato, lì che si sarebbe<br />

costruita una nuova vita e che avrebbe realizzato i suoi sogni. Scrisse<br />

per<br />

tutto il viaggio, raccontò delle persone che aveva incontrato. Era una<br />

fanatica delle fisionomie, delle espressioni dei volti, del modo di muovere<br />

le mani. Osservava gli sguardi e l'atteggiarsi delle signore ben vestite,<br />

degli uomini importanti, sicuramente in viaggio per lavoro e bambini<br />

piagnucolanti che dovevano andare in bagno. E poi gli accenti, che passione!<br />

Lisa odiava il suo modo di parlare, non andava orgogliosa del suo paese,<br />

quello stesso paese dal quale sua zia fu costretta a scappare per amore.<br />

Chissà quante ne avrebbero dette di lei, adesso. Orfana di padre, scappa<br />

di<br />

casa per andare a fare la donnaccia chissà dove e con chi. Che sgualdrina,<br />

che svergognata. E se fosse incinta? Povera memoria di suo padre.pace all'<br />

anima sua!<br />

Credeva già di sentirle quelle pettegole. Che cattiveria, pensava Lisa.<br />

Era<br />

quel genere di chiacchiere che le avevano fatto odiare quel paese. Amava,<br />

invece, gli odori prepotenti della terra bagnata, il vocio dei bambini in<br />

aperta campagna, l'odore del pane appena sfornato e poi le fragole, l'odore<br />

di gelsomino.<br />

Per la prima volta e con sua enorme sorpresa sentì che gli mancavano.<br />

Un vuoto d'aria. sentì il cuore in gola, eccone un altro e un altro ancora.<br />

Che stava succedendo? La penna trasse dei brevi tratti tremolanti sul<br />

diario. Ecco sopraggiungere l'hostess che tranquillizzava tutti quanti.<br />

Tra<br />

pochi minuti sarebbero atterrati all'aeroporto. Lisa chiuse il suo diario.


Avrebbe continuato più tardi.<br />

----------------------------------------------------------------------------<br />

--<br />

La vita a Milano non andò come si aspettava. Erano trascorsi circa tre mesi<br />

da quando aveva cominciato a frequentare l'Università. Le ore di studio<br />

erano lunghe e l'impegno pesante. Suo padre, prima di morire, le aveva<br />

lasciato un modesto conto in banca ma quei mesi bastarono a prosciugarlo.<br />

L'<br />

anticipo della casa, l'affitto mensile, l'acqua, la luce, il condominio<br />

e<br />

poi le tasse universitarie, i libri. Aveva tentato di trovare un impiego<br />

ma,<br />

appena sentivano il suo accento siculo, improvvisamente cambiavano<br />

atteggiamento. Alcuni troncavano subito la conversazione, altri le<br />

chiedevano il libretto sanitario, la certificazione di alcuni vaccini. Non<br />

aveva nulla di tutto ciò, né aveva avuto il tempo per occuparsene. Il ritmo<br />

con cui procedevano le sue giornate era scalpitante. In compenso, da alcune<br />

settimane lavorava già per un giornale; inizialmente ne fu felice, poi si<br />

rese conto di quanto veniva sfruttata dagli "esperti del mestiere".<br />

Impiegava notti intere per svolgere i servizi che le assegnavano ma non<br />

firmava i pezzi che scriveva. "Era troppo presto", le disse la redattrice.<br />

A<br />

detta sua, Lisa doveva anzi esserle grata per l'opportunità che le veniva<br />

offerta. Cercava di farsi coraggio, diceva a se stessa che questa era la<br />

dura gavetta di una giornalista. Non aveva santi in paradiso, lei! Aveva<br />

soltanto tanta tenacia e volontà di arrivare.<br />

L'Università procedeva discretamente e, incoraggiata dal professore di<br />

storia della lingua italiana (l'esame che aveva appena dato con 28),<br />

cominciò la stesura di un libro.<br />

Che fatica, però. Per i servizi giornalistici doveva usare un linguaggio<br />

immediato, incisivo e raccontare fatti reali. Poche parole ma buone, le<br />

ripeteva il direttore del settimanale. Per la stesura del libro, era<br />

diverso. Poteva lasciarsi andare a descrizioni particolareggiate, all'<br />

introspezione, alla creatività, alla fantasia.<br />

Ce l'avrebbe fatta, continuava a ripetersi, anche se nel corso della<br />

giornata doveva sdoppiarsi nella studentessa universitaria, nell'aspirante<br />

giornalista, nella ragazza umile in cerca di qualsiasi impiego temporaneo.<br />

Ma la sua vita era diventata invivibile: doveva dare gli esami, lavorare<br />

per<br />

il giornale, continuare il libro, arrangiarsi con qualche lavoretto qua<br />

e là<br />

e pregare il padrone di casa di non cacciarla via. Doveva resistere. Eppure<br />

com'era diventata brava a fingere, al telefono, con sua madre. Non le<br />

avrebbe mai chiesto aiuto. Continuava a ripetere che aveva trovato un buon<br />

lavoro, che si arrangiava facendo la baby-sitter e che riusciva<br />

tranquillamente a studiare e a mantenersi. Che bugiarda! Quanto soffriva,<br />

invece. Le mancava terribilmente suo padre, quell'uomo che era riuscito,<br />

negli anni, a tirarle fuori quella carica che a volte ignorava di possedere.<br />

E i sacrifici che faceva, in quella città, stavano indebolendo la sua figura<br />

già snella. Mangiava poco e dormiva ancora meno. Doveva fare qualcosa.<br />

Forse avrebbe fatto bene a ritornare in Sicilia, lì un pasto sicuro e un


letto caldo non le sarebbero di certo mancati. Ma i suoi sogni? Tornare<br />

a<br />

casa avrebbe significato perdere la sfida, e non far fede alla promessa<br />

fatta al padre negli ultimi istanti della sua vita terrena. Non poteva<br />

farlo. Doveva inventarsi qualcosa. Aveva bisogno necessariamente di soldi.<br />

----------------------------------------------------------------------------<br />

--<br />

Dicembre 1992<br />

L'occasione di Lisa sembrò presentarsi l'autunno seguente. Il comune di<br />

Milano aveva organizzato una serie di incontri con autori prestigiosi che<br />

venivano a presentare il loro ultimo successo letterario. Dalla famosa<br />

scrittrice Dacia Maraini fino al direttore del Corriere della Sera Ferruccio<br />

De Bortoli senza contare tutti gli altri autori di veri e propri capolavori.<br />

La serie di questi incontri si sarebbe conclusa con il concorso letterario<br />

"Nuovi Talenti". I romanzi sarebbero stati letti e valutati da una giuria<br />

prestigiosa composta da tutti gli autori protagonisti degli incontri e i<br />

migliori romanzi pubblicati. Era questo il premio del concorso: la<br />

Pubblicazione!<br />

Non riusciva a crederci. Il suo sogno!<br />

Quante volte aveva fantasticato il suo libro finito, posto sugli scaffali<br />

delle librerie, con il suo nominativo in alto, Lisa Maria Rubino, era questo<br />

il suo nome completo.<br />

Adesso era arrivata la sua occasione!<br />

IV CAPITOLO<br />

Maggio 1993<br />

I mesi trascorrevano inesorabili. Aveva finalmente trovato un lavoro.<br />

Stirava la biancheria di un vicino di casa. E, ogni tanto, la sera, gli<br />

teneva il bambino quando con la moglie uscivano a cena. Si considerava più<br />

che fortunata. Stirava di notte, mentre ripeteva quei fastidiosi capitoli<br />

di<br />

semiotica. Ormai cominciava il conto alla rovescia. Tre materie prima del<br />

sospirato diploma. Ultimi capitoli per completare il libro su cui lavorava<br />

da mesi, ormai. Quanti sacrifici.! Le compagne che dividevano la casa con<br />

lei la soprannominarono affettuosamente "mostro". Non si fermava un momento,<br />

mai un giorno di vacanza, né una domenica all'insegna del relax. I suoi<br />

momenti di pausa erano esclusivamente quando scriveva il suo libro per<br />

partecipare a quel concorso. Si lasciava andare e riacquistava l'energia<br />

perduta. Che ragazza straordinaria!<br />

Al giornale aveva cominciato a firmare con la sua sigla e qualcuno<br />

cominciava ad accorgersi di quelle iniziali. Erano cominciati anche gli<br />

stage per conto della scuola di giornalismo. E anche lì cominciava a farsi<br />

notare ma purtroppo niente di determinante per una svolta. Doveva fare<br />

esperienza, continuavano a ripeterle.<br />

----------------------------------------------------------------------------<br />

--<br />

Settembre 1993<br />

Il giorno della premiazione era stato fissato. Lo stesso giorno in cui<br />

avrebbe discusso la tesi. Quasi a voler simboleggiare un regalo di diploma.<br />

Lisa aveva già ricevuto la comunicazione scritta nella quale la informavano<br />

in via del tutto confidenziale che era una delle cinque vincitrici del


concorso. Non riusciva a crederci. Non importava se non si fosse<br />

classificata tra i primi posti, se non avesse vinto la borsa di studio che<br />

era in palio per i primi tre classificati. Aveva comunque diritto alla<br />

pubblicazione del suo libro. Ed era ciò che più contava. Che enorme<br />

soddisfazione veder pubblicato il suo primo esperimento narrativo!<br />

---------------------------------------------------------------------------<br />

---<br />

Lisa fu invitata nel palco a leggere un passo del suo romanzo. La sua<br />

Sicilia. Era di quella terra tanto amata e tanto odiata che aveva scritto,<br />

di una ragazza siciliana che aveva affrontato la vita con dignità,<br />

inseguendo i suoi ideali, anche dopo la morte del padre. Di una ragazza<br />

che<br />

aveva vinto. Era un po' la sua storia. Si aggiudicò il quarto posto e gli<br />

applausi degli intervenuti alla manifestazione. Ma soprattutto i complimenti<br />

di Dacia Maraini, da sempre considerata il suo modello.<br />

Riuscì a farsi notare dal direttore di un'importante testata romana. Era<br />

tra<br />

il pubblico e si trovava a Milano per un puro e semplice scherzo del<br />

destino. Sapeva intuire un talento e, ascoltando Lisa leggere un passaggio<br />

del suo libro, capì che stava per aggiungere all'équipe della sua testata<br />

una grande penna. Appena scese dal palco, la chiamò in disparte, volle<br />

conoscerla meglio. Alla fine della conversazione il direttore le propose<br />

ciò<br />

che Lisa aveva sognato per una vita intera: entrare a far parte di una<br />

grande testata. Era un sogno che si realizzava.<br />

Bastò che il direttore scendesse nei particolari per farla piombare nella<br />

cruda realtà. Ciò che le veniva proposto era di andare all'estero, a Londra<br />

precisamente. Avrebbe dovuto scrivere un diario di viaggio, ciò a cui era<br />

ormai abituata, e poi svolgere una sorta di inchiesta, per inserirla nella<br />

rubrica Notizie dal mondo. Il tutto a proprie spese. Era una possibilità<br />

che<br />

le veniva offerta. Avrebbe dovuto partire tra due settimane. Se avesse fatto<br />

un buon lavoro, avrebbe avuto il rimborso completo delle spese e sarebbe<br />

stata assunta subito. In caso contrario avrebbe continuato a fare<br />

esperienza, aspettando un'altra occasione.<br />

Lisa parlò chiaramente con Franco Ritondi, il direttore che le proponeva<br />

di<br />

dare una svolta alla propria vita. Disse chiaramente che non poteva, per<br />

questioni economiche, affrontare quel viaggio. E in due settimane, per<br />

quanto lavorasse, non avrebbe mai potuto mettere insieme tutto quel denaro.<br />

Lui rimase in silenzio, l'espressione infastidita per quella risposta. Come<br />

poteva una ragazza, a 22 anni, rifiutare una proposta del genere? Aveva<br />

la<br />

chiave del suo futuro offerta in un piatto d'argento e stava per rifiutarla.<br />

"Tutto quel denaro? Dovrà star via una settimana, mica un anno! Basteranno<br />

due milioni circa per il biglietto e un posto dove mangiare e dormire. Ha<br />

appena concluso il suo corso di studi, ha vinto un concorso letterario e<br />

le<br />

viene data una possibilità del genere. È davvero una pazza se rifiuta la<br />

proposta. Oggi è stata baciata dalla fortuna ma forse è troppo giovane per<br />

rendersene conto. Ci pensi bene, signorina. Ha due settimane di tempo per


ipensarci. Sa dove trovarmi". Se ne andò così, lasciandole tra le mani<br />

il<br />

suo biglietto da visita con il suo recapito telefonico.<br />

----------------------------------------------------------------------------<br />

--<br />

Lisa pensò e ripensò a quella proposta. La sua vita poteva cambiare da un<br />

giorno all'altro ma non aveva i mezzi per farlo. Aveva concluso gli studi,<br />

vinto il concorso ma non era stato abbastanza per aggiudicarsi quel lavoro.<br />

Doveva, ancora una volta, dimostrare quanto valesse. Doveva affrontare un'<br />

altra sfida: Londra. Dove avrebbe trovato quei soldi? Non sarebbe bastato<br />

stirare tutta la biancheria dei vicini per guadagnare quella cifra. Decise<br />

di chiedere quella somma alle ragazze con le quali viveva ma anche loro<br />

andavano avanti a stento. Non avevano quella disponibilità immediata. Sua<br />

madre? Figurati, ormai vivevano della pensione di suo padre e poi non l'<br />

avrebbe mai aiutata. Suo padre avrebbe fatto carte false per aiutarla, aveva<br />

enorme fiducia in sua figlia. Avrebbe perfino chiesto un prestito ad un<br />

amico per accontentarla. Ma lui non c'era più, doveva cavarsela da sola.<br />

Ma<br />

come?<br />

I giorni trascorrevano, Lisa era stanca. Risentiva improvvisamente tutta<br />

la<br />

stanchezza, lo sfinimento dei mesi passati. Ricordava ancora quando era<br />

arrivata a Milano piena di buoni propositi e quanto aveva dovuto lottare<br />

per<br />

ottenere quel pezzo di carta che ora possedeva. Aveva ottenuto il diploma.<br />

Ma quello era solo il primo passo. Adesso avrebbe dovuto cominciare a<br />

mandare curriculum da tutte le parti nella speranza che qualche giornale<br />

la<br />

chiamasse. Doveva ricominciare! Era stanca! Erano passati due anni davvero<br />

estenuanti. Da qualche tempo, poi, aveva cominciato a fare strani sogni,<br />

sognava di guidare la macchina dentro una galleria e improvvisamente perdere<br />

il controllo dell'auto. Si svegliava terrorizzata. Ogni notte lo stesso<br />

terribile sogno. Non si sentiva più al sicuro, non era più forte, non era<br />

più la stessa Lisa che sorprese tutti al funerale del padre per la sua forza<br />

d'animo, non era più quella che non dormiva la notte per scrivere il suo<br />

libro che, a causa di motivi tecnici, non era stato ancora pubblicato. Dov'<br />

era finita quella Lisa?<br />

Aveva bisogno di essere scrollata, di reagire.<br />

Ogni notte la stessa tensione, la stessa paura, la stessa auto che non<br />

riusciva a controllare, la sua vita spegnersi in un attimo. Ma una notte<br />

il<br />

sogno continuò; dopo il solito schianto dell'auto nella parete della<br />

galleria, una luce uscì dalla macchina, era lei che andava in fondo alla<br />

galleria, rivide suo padre. Era morta? Si presero per mano, lui la condusse<br />

in un fabbricato vecchio e pericolante in aperta campagna, circondato da<br />

vitigni tipici siciliani, sentì il profumo dell'uva matura. Il sogno era<br />

sfocato, Lisa si sentiva a cavallo tra il delirio e la realtà. Ecco dal<br />

nulla un'inquietante scala di pietre e tufi, alla fine della quale un baule.<br />

Suo padre le indicava proprio quella vecchia cassapanca. La invitava ad<br />

aprirla ma Lisa ne ebbe paura. Rivide sua madre, sua sorella Sandra. Erano<br />

tutti insieme ma c'era una strana atmosfera. Si svegliò bruscamente un


attimo dopo e sentì che doveva tornare in Sicilia.<br />

----------------------------------------------------------------------------<br />

--<br />

Aveva le ultime centinaia di mila lire e decise di impiegarle prendendo<br />

il<br />

primo volo per Palermo. Da lì avrebbe preso l'autobus e sarebbe tornata<br />

nel<br />

suo paese. Aveva bisogno di tornare per qualche giorno alle vecchie radici,<br />

di rivedere la sua famiglia. Magari avrebbe chiesto i due milioni a qualche<br />

parente; chissà, glieli avrebbero dati e inventato altre malignità sul suo<br />

conto. Sorrise all'idea. L'importante era ritornare in Sicilia.<br />

L'accoglienza non fu certo quella che si aspettava. Solo sua sorella la<br />

andò<br />

a riabbracciare appena la vide sull'uscio di casa. Sua madre la salutò<br />

freddamente. I vicini rientrarono in casa e chiusero la porta. Che aveva<br />

fatto per meritarsi questo? Sua sorella si era fidanzata. Uno di buona<br />

famiglia mormoravano in paese. Era contenta per lei. Era innamorata. E anche<br />

lui lo era. Sarebbero stati felici, lo sentiva. Cenarono e subito dopo Lisa<br />

andò a dormire nella sua camera. Tutto come aveva lasciato. Era così stanca<br />

per il viaggio che non vedeva l'ora di sprofondare nel letto. Si tolse il<br />

giubbotto e dalle tasche scivolò il biglietto da visita di Franco Ritondi.<br />

Già, Londra! Il suo sogno. Sapeva che, se ne avesse avuto la possibilità,<br />

avrebbe fatto un ottimo lavoro. Ma non ce l'aveva. Abbandonò l'idea di<br />

chiedere un prestito ai parenti, né tantomeno ai vicini. Quanto aveva<br />

lottato e adesso, a un passo dalla felicità, avrebbe dovuto rinunciare.<br />

Le<br />

due settimane di tempo erano quasi passate e Lisa non aveva richiamato il<br />

direttore. Si addormentò piangendo, sentiva di aver perso. Avrebbe dovuto<br />

ricominciare.<br />

Per quei dannati due milioni! Non erano una gran cifra ma abbastanza per<br />

farle perdere quella grandiosa opportunità.<br />

----------------------------------------------------------------------------<br />

--<br />

Erano appena le nove quando Lisa si svegliò e decise di fare una lunga<br />

passeggiata per la campagna. Cercò un cappello per proteggersi dal sole,<br />

sapeva che nel comò della mamma ne avrebbe trovati una gran quantità. Aprì<br />

uno dei cassetti e oltre al cappello che indossò immediatamente, trovò anche<br />

delle chiavi che non ricordava di aver mai visto. Decise di prenderle e<br />

chiedere a sua madre a chi appartenessero. Ma la madre era già uscita di<br />

casa.<br />

Camminò per tutta la mattinata e si inebriò dei dolci profumi campagnoli.<br />

Intravide poi una casa disabitata. Che strano, non ricordava di averla mai<br />

vista. Eppure da piccola, in sella alla bicicletta, aveva esplorato quei<br />

giardini, quelle costruzioni. Con la curiosità che da sempre l'animava<br />

decise di entrare. Quel vecchio fabbricato era sfuggito alla sua attenzione.<br />

La stanza era attraversata da un solo fascio di luce che tagliava la stanza<br />

partendo da una finestrina accanto un armadio.<br />

Sentì il cuore in gola. Il baule era lì, padrone di tanta vecchiezza.<br />

Quello stesso baule che aveva sognato due notti precedenti a Milano. Aprirlo<br />

fu facile. Era il più vecchio baule che avesse mai visto. Da un lato, sotto<br />

delle tovaglie c'era dell'argenteria e dei ninnoli senza valore, dall'altro


un mucchio di certificati, lettere, vecchi libri, una bibbia, delle<br />

fotografie. Le sue foto di famiglia; a Carnevale, vestita da principessa;<br />

il<br />

primo giorno di scuola; ai giardinetti. C'erano poi delle foto legate da<br />

un<br />

elastico. Le foto di sua madre, gli occhi pieni di luce, le gambe snelle.<br />

Com'era bella pensò tra sé Lisa. Come poteva essere così cambiata? Perché<br />

era diventata dura e ombrosa? Dov'era finita quella luce che aveva negli<br />

occhi? Poi una busta, una vecchissima busta gialla. L'aprì. Non credeva<br />

ai<br />

suoi occhi. Trovò la foto di suo padre, il biglietto di auguri per il suo<br />

diciassettesimo compleanno che aveva cercato inutilmente per mesi e poi<br />

un<br />

assegno. Due milioni. Era valido. Riportava la data del giorno. Scoppiò<br />

in<br />

un pianto irrefrenabile. Si guardò in giro, forse c'era qualcuno che si<br />

prendeva gioco di lei. Nessuno. Mise in tasca quella busta gialla, credendo<br />

di trovarsi in uno dei tanti sogni strani a cui da alcuni giorni era<br />

abituata. Uscì da quella vecchia casa, stringendo al petto la foto di suo<br />

padre. Appena oltrepassò l'uscio, voltò le spalle per rivederla, ma quel<br />

fabbricato era scomparso.<br />

Telefonò immediatamente al direttore. Sarebbe partita due giorni dopo per<br />

Londra. Avrebbe fatto un ottimo lavoro, come sempre.<br />

E al ritorno avrebbe ottenuto quel posto. Avrebbe scritto un altro libro<br />

e<br />

affrontato altri viaggi. Ma per ora, la prossima meta era l'Inghilterra.

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