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Indialogo N.199 - Tagliuno

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DIARIO ORATORIO<br />

«Bisogna farci caso, guardarsi<br />

attorno per accorgersene.<br />

Fermarsi a osservare ragazzi e le<br />

ragazze che ci circondano.<br />

Leggere dentro quella euforia<br />

eccessiva, quegli sguardi un po’<br />

persi. E poi guardare con più<br />

attenzione i loro gesti, ascoltare le<br />

loro parole per saperne di più su<br />

questa nuova generation drink.<br />

Farci caso per accorgersi di vivere<br />

in un’epoca ebbra, un mondo in<br />

cui lo sballo abbonda. Soprattutto<br />

si diffonde tra i giovani e giovanissimi.<br />

L’aspetto più inquietante è<br />

che l’età è sempre più bassa. Si<br />

debutta con l’alcol a 12 anni per i<br />

maschi e a 13 per le femmine.<br />

Tutto ser ve per uscire di testa:<br />

birra per iniziare, superalcolici,<br />

bevande imbottigliate a base di<br />

agrumi o succhi di frutta, dal gusto<br />

gradevole e dalla pericolosità<br />

insospettabile a causa della loro<br />

gradazione alcolica».<br />

E’ l’inizio di uno dei tanti articoli di<br />

questa estate, dedicato alla generazione<br />

che beve. Un fenomeno<br />

assai noto nel Nord Europa, che<br />

ha contagiato rapidamente anche<br />

i giovanissimi del nostro Paese. Il<br />

fenomeno non è nuovo. Nuovo,<br />

invece, l’atteggiamento che alcune<br />

istituzioni pubbliche hanno manifestato<br />

questa estate.<br />

Il sindaco di Milano ha emesso<br />

un’ordinanza che vieta la vendita<br />

di alcolici ai minori di 16 anni. Una<br />

a cura di Don Matteo Perini<br />

ALL’EDUCAZIONE SERVONO<br />

DIGHE SIMBOLICHE Arturo Bellini<br />

misura giusta. Una misura più che<br />

ovvia. Quale istituzione pubblica<br />

potrebbe accettare che i giovani si<br />

autodistruggano, senza far nulla? A<br />

prender simili misure non siamo<br />

certo i primi. Già ne ha prese la<br />

Francia, paese dove la lobby dei<br />

produttori di alcolici è tradizionalmente<br />

fortissima. In Usa sono attive<br />

da alcuni anni con buoni risultati<br />

sia sulla diminuzione dei consumi,<br />

che delle patologie legate<br />

all’alcol.<br />

Lo psicologo Claudio Risè, in un<br />

articolo pubblicato da Avvenire,<br />

sostiene l’urgenza e la necessità di<br />

interventi come questi. Scrive:<br />

«Chi detiene poteri decisionali<br />

pubblici, per essere credibile, non<br />

può limitarsi a dichiarazioni d’intenzioni,<br />

deve accompagnarle con<br />

delibere, ordinanze, leggi. È stato<br />

detto che si tratta di un “gesto<br />

simbolico”, dove simbolico sembra<br />

sinonimo di “inutile”. Ma ogni<br />

norma ha innanzitutto un valore<br />

simbolico: essa indica la posizione<br />

presa sulla questione dalla comunità,<br />

attraverso le delibere dei suoi<br />

rappresentanti. Senza questa<br />

prima assunzione di responsabilità,<br />

e orientamento, non si dà nessun<br />

sviluppo educativo (è qui che<br />

nasce l’”emergenza educativa”).<br />

Poi le norme vanno applicate,<br />

fatte rispettare, e non è mai una<br />

passeggiate. Ogni genitore, ogni<br />

educatore conosce il delicatissimo<br />

processo di ascolto, attenzione,<br />

contrattazione che la norma<br />

mette in moto, prima arrivare alla<br />

sanzione».<br />

Anche don Chino Pezzoli, fondatore<br />

della comunità Promozione<br />

umana, ha espresso il suo consenso<br />

all’ordinanza. Ma ha aggiunto:<br />

«Ci vuole maggiore responsabilità<br />

e maturità da parte dei genitori di<br />

fronte a un ragazzo che si sbronza.<br />

Devono finirla di difenderli, giustificarli<br />

in tutto. Il permissivismo<br />

educativo è il “tumore” più diffuso:<br />

azzera i sentimenti, annulla il<br />

senso, genera dei campioni d’egoismo».<br />

Occorre ridare le norme di comportamento.<br />

«C’è più amore – ha<br />

scritto Risè – in un “no”, anche<br />

dolente, sempre faticoso, ma franco<br />

e aperto alla speranza, che un<br />

“ni” ambiguo, che non chiarisce<br />

affatto da che parte tu, adulto,<br />

realmente stia. A quel “no”, certo<br />

a forte vocazione simbolica, come<br />

sempre il “no” del padre (che non<br />

è un carceriere ma, per necessità,<br />

un legislatore), il ragazzo potrà<br />

aggrapparsi quando potrà e vorrà,<br />

come a una mano pronta a tirarlo<br />

fuori della palude dello sballo<br />

(apparentemente euforica ma<br />

profondamente depressiva), per<br />

restituirlo al rispetto di sé e all’avventura<br />

della propria vita».<br />

<strong>Indialogo</strong> n. 193<br />

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