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Indialogo N.199 - Tagliuno

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RUBRICHE<br />

mantenere l'ordine e di riferire<br />

qualsiasi avvenimento sospetto.<br />

Nel pomeriggio, dello stesso<br />

giorno, a turno di cinquanta<br />

uomini, fummo condotti nella<br />

baracca lavatoi dove sotto una<br />

decina di tubi doccia, due di noi<br />

insieme si lavavano con un dado<br />

di sapone. Erano parecchi mesi<br />

che non si faceva la doccia, era<br />

un fatto bellissimo, veniva quasi<br />

la voglia di cantare, s'intende<br />

che il tutto si svolgeva di fretta.<br />

All'ordine di basta passavamo a<br />

ritirare i nostri miseri vestiti, che<br />

nel frattempo erano stati disinfettati,<br />

mediante un tubo dal<br />

quale uscivano spruzzi di polvere<br />

gialla.<br />

Oh! come si stava bene puliti, e<br />

senza pidocchi. Purtroppo non<br />

so ben descrivere l'esser contento<br />

- Come non so ben spie-<br />

gare la miseria, la fame, la sofferenza,<br />

lo stato d'animo dello<br />

schiavo indifeso e oggetto di<br />

violenza, la paura. E' come spiegare<br />

lo. stato di ebbrezza, generato<br />

dalla ricchezza o dal<br />

pote¬re a chi non la mai avuto.<br />

Riprendendo il racconto, dirò<br />

che alle 6,30 di sera, ci radunarono<br />

in cortile per poi essere<br />

invitati, con le solite belle<br />

maniere, a disporsi in fila indiana<br />

e passare rasenti davanti la finestra<br />

della baracca dei cucinieri,<br />

dove porgendo loro la gavetta<br />

versarono un grosso mestolo di<br />

rape fumanti. Poi di corsa in<br />

baracca a mangiare avidamente<br />

quella brodaglia,seduti ognuno<br />

al proprio posto branda.<br />

Poi alle otto, ci imposero il silenzio<br />

assoluto. Così si spense il<br />

nostro primo giorno al Lager di<br />

Vinost. Era il 10 Ottobre 1943.<br />

Alla mattina del giorno dopo,ci<br />

svegliarono alle ore 3 e trenta.<br />

Era ancora buio, ci radunarono<br />

tutti nel corridoio della baracca,<br />

fatto l'appello ci diedero un'ora<br />

di tempo per andare a lavarsi<br />

fuori ai lavatoi, andare a ritirare<br />

alla baracca cucinieri, un mattone<br />

di pane nero più un dado di<br />

margarina per ogni cinque persone<br />

dividerlo e mangiare per<br />

poi, radunarci noi in cortile tutti<br />

in fila per quattro. Tutto questo<br />

avveniva sotto l'incalzare di tre<br />

soldati tedeschi che con urla e<br />

qualche sferzata con un tubo di<br />

gomma, continuavano a gridare<br />

di fare presto.<br />

Fatta ancora la conta al lume dl<br />

torce elettriche, il cancello si<br />

aprì e cominciò, il cammino<br />

verso il centro della città evitando<br />

cumuli di macerie ancora<br />

fumanti, incontrando un andare<br />

e veni¬re di soldati e tantissimi<br />

prigionieri che lavoravano per lo<br />

sgombero delle macerie.<br />

Pochissimi i civili e nessuna<br />

lamentela. Si lavorava, si camminava<br />

in si1enzio. Finalmente<br />

dopo, aver camminato per oltre<br />

dieci kilometri. arrivammo nei<br />

pressi di una grande fabbrica in<br />

mattoni rossi. Era il nostro luogo<br />

lavoro. Entrandovi, sempre incolonnati<br />

e scortati ai lati dalle<br />

sentinelle, riuscimmo a leggere<br />

al di sopra del portone d'ingresso<br />

la scritta - HANOMAG -<br />

Eravamo in duecento, ci fermarono<br />

in un grande piazzale<br />

<strong>Indialogo</strong> n. 199<br />

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