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San Leonardo degli Slavi - Dott. Faustino Nazzi

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contrasti economici. Si chiede di dichiarare la contumacia dell’avversario "*addossandogli le<br />

spese" 112 .<br />

Pre Andrea Lazzaro, come vicario di <strong>San</strong> <strong>Leonardo</strong>, si presenta dal cancelliere del capitolo<br />

a chiedere che "*l'accolito Antonio, nipote di sua sorella, venga promosso all’ordine del<br />

sacro suddiaconato". Si procede alla costituzione della dote: "*Promise a nome proprio e dei<br />

suoi eredi e si obbligò solennemente a somministrare ed a garantire in modo permanente ad<br />

Antonio vitto e vestito dignitosi e di ogni cosa necessaria, finché non acquisirà qualche<br />

beneficio col quale garantirsi un mantenimento dignitoso, legando come garanzia tutti i suoi<br />

beni mobili ed immobili, presenti e futuri" 113 . È la solita formula stereotipa. Si tratta di un<br />

secondo prete "di famiglia" di pre Giovanni Lazzari, un casato benestante, residente in<br />

Cividale, che trovava nella carriera ecclesiastica una promozione sociale.<br />

Vi è un accenno ad un altro caso matrimoniale in cui c’entra anche il vicario di <strong>San</strong><br />

<strong>Leonardo</strong>. Si tratta dei coniugi Ermacora, figlio di Juri Petrussa e di Anna in contrasto con<br />

Simone Tomcig di Mezzana. L’arcidiacono chiama pre Andrea Lazzari, disponendo "*che<br />

debba, ad un’eventuale richiesta di Ermacora e di Anna quali coniugi legittimi, sposarli<br />

secondo la consuetudine slavonica (juxta consuetudinem sclabonicam) nel migliore dei<br />

modi". Testimoni pre Giovanni Schiavetto ed il maestro Tommaso campanario 114 . I due<br />

jugales sono legittimamente tali in quanto si sono scambiati la promessa di matrimonio "per<br />

verba de praesenti", appunto "more sclabonico", di propria iniziativa, laicamente. Ora<br />

chiedono la "benedizione" del sacerdote, che non è de substantia per un matrimonio valido e<br />

legittimo, né una convalida di quello di "fatto", ma un semplice coronamento "cerimoniale",<br />

una specie di premio ai buoni cristiani. Il vicario non ha motivo di rifiutare o ritardare tale<br />

benedizione, magari perché ormai se ne dibatte nelle sedute del Concilio di Trento che, al<br />

riguardo, sta riformando radicalmente la prassi tradizionale. L'ordine al vicario di sposarli<br />

indica l'incidenza del dibattito tridentino, ma la qualifica di coniugi legittimi dice la loro<br />

precedente realtà coniugale. Si parla di "more scalbonico" e come tale continuerà<br />

pacificamente per molto tempo tra il popolo della Schiavonia, nonostante le raccomandazioni<br />

alle volte drastiche della Controrifoma. Non si trattava né d’insensibilità né di opposizione ai<br />

nuovi indirizzi, ma del peso di tutta una tradizione che non poteva essere ignorata<br />

unilateralmente, magari perché a qualcuno, si trattasse pure del Concilio di Trento o del papa,<br />

veniva in mente di cambiare le carte in tavola. La consuetudine aveva un suo statuto legittimo<br />

ed incontestabile e chi intendeva metterla in discussione non poteva che contrattare con la<br />

controparte. Se così non fosse, nulla di sicuro e stabile sarebbe sopravvissuto nel tempo, né<br />

alcun diritto si sarebbe confermato tra le singole parti e l’ordine sociale sarebbe divenuta<br />

un’espropriazione più o meno violenta. Stravolgere, magari in nome della "verità", della<br />

"moralità", per un miglior funzionamento dell'istituto matrimoniale, per garantire la parte<br />

debole ecc. significava offendere la controparte, privarla dei suoi diritti, espropriarla della sua<br />

dignità, offenderla a morte, violando quello che oggi si direbbe il patto costituzionale. Forse<br />

non si è capito bene la conseguenza di questo esproprio o scippo operato in nome del<br />

sacramento da parte della gerarchia. L'uomo e la donna, la sessualità, la generazione, quello<br />

che si dice patto matrimoniale costituiscono l'essenza della dignità umana. È come se si<br />

privasse l'uomo della sua intelligenza, della sua coscienza, cosa che purtroppo è avvenuta,<br />

imponendogli con l'ortodossia di adeguarsi al dettato dogmatico e giuridico come elaborato<br />

esterno e imposto. Questa disposizione tridentina ha rappresentato un atto unilaterale della<br />

gerarchia a danno delle chiese locali, <strong>degli</strong> enti intermedi e del soggetto credente, in nome di<br />

112 AMC Def n. 28, 4-3-1559, p. 189. "Pro venerabili presbitero Andrea Lazari, vicario in <strong>San</strong>cto Petro de<br />

Sclabonibus cum Paulo Dusiutto de Purgessimo… cum expensis".<br />

113 AMC Def n. 28, 17-9-1559, p. 224. "Antonius, eius ex sorore nepos, acolytus, ad sacrum subdiaconatum<br />

ordinem promoveatur… Per se et heredes suos promisit seque solemniter obligavit perpetuis temporibus et tam diu<br />

antefato Antonio vitum et vestitum condecentem subministrare et tribuere neque ei in oportunis deesse, donec<br />

adipiscetur aliquod beneficium quo se commode valeat sustentare, obligando ad haec omnia et singula sua mobilia et<br />

immobilia praesentia et futura".<br />

114 AMC Def n. 28 7-2-1561, p. 320. "eosdem Hermacoram et Annam, uti jugales legittimos, debeat ad omnem<br />

eorum requistionem copulare, juxta consuetudinem sclabonicam, sic et omni meliori modo".<br />

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