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Archeologia e storia dei castelli - Precedente versione del sito

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na fortificazione, che sia<br />

costituita da una torre o da<br />

un elemento più complesso<br />

quale è il castello, non esclude<br />

che trovi le sue origini nel fenomeno<br />

<strong>del</strong> popolamento, che in età tardoantica si<br />

circoscriveva a poche città e piccoli aggregati<br />

rurali, a discapito di altri centri1 che<br />

scomparvero a poco a poco definitivamente.<br />

La nascita o la crescita – anche in senso<br />

verticale – degli agglomerati urbani e l’evolversi<br />

di diversi tipi di occupazione <strong>del</strong><br />

suolo nell’altomedioevo, fecero registrare<br />

un fenomeno ben più vasto <strong>del</strong>la semplice<br />

costruzione <strong>dei</strong> <strong>castelli</strong>, che veniva formandosi<br />

in un processo articolato in tre<br />

fasi distinte:<br />

1) creazione giuridica e localizzazione<br />

<strong>del</strong> territorio;<br />

2) fortificazione <strong>del</strong>l’abitato;<br />

3) concentrazione <strong>del</strong>l’insediamento2 U<br />

.<br />

La creazione giuridica necessita in sé di un<br />

insediamento stabile, che subito dopo la<br />

guerra greco-gotica (535-553) e la spedizione<br />

di Costante II (663) non sembra<br />

CAPITOLO PRIMO<br />

ARCHEOLOGIA E STORIA DEI CASTELLI<br />

Castelli e incastellamento. Problemi di archeologia stratigrafica. <strong>Archeologia</strong> forestale.<br />

— 1 —<br />

avere peculiarità proprie data la mancanza<br />

di un sicuro e duraturo potere 3 .<br />

Questo fenomeno conosciuto col termine<br />

di incastellamento è ben distinto dalla<br />

costruzione <strong>del</strong> castello e si configura in<br />

quei rapporti linguistici che sono definiti<br />

dalle fonti chòrion, kastron, o locus e castellum,<br />

rispettivamente insediamento aperto<br />

(stabile) e fortificato, nei quali il sistema<br />

bizantino vede la sua organizzazione naturale<br />

nello sfruttamento <strong>del</strong> territorio 4 .<br />

A Bari fu il monaco Bernardo, tra l’864 e<br />

l’866 circa a notare che la città era duobus<br />

(...) a meridie latissimis munita muris 5 , ma<br />

già al tempo <strong>del</strong> secondo emiro Mufarràg<br />

ibn Sallàm (853-856) la prima attestazione<br />

sulla presenza di città fortificate ci informa<br />

che esse non erano poi così rare: «Mufarràg<br />

(...) – infatti – prese e tenne 24 castella» 6 .<br />

Non residenze con palazzo, ma fortificazioni<br />

a difesa <strong>del</strong>l’intera città che videro<br />

un ulteriore rafforzamento con la seconda<br />

dominazione bizantina, segnando anche<br />

una radicale trasformazione in una importante<br />

città <strong>del</strong> Mezzogiorno, Taranto,


<strong>Archeologia</strong> e Storia <strong>dei</strong> <strong>castelli</strong> di Basilicata e Puglia<br />

come è stato documentato in recentissimi<br />

scavi 7 .<br />

È però dal VI secolo che a Taranto inizia la<br />

<strong>storia</strong> <strong>del</strong> popolamento medievale. Nel<br />

ricordato conflitto greco-gotico fa da scenario<br />

un porto militare che dovette apparire<br />

troppo grande al duca bizantino Giovanni,<br />

giunto in aiuto contro i Goti, se<br />

questi, allora decise di separare con un<br />

istmo lungo venti stadi l’antica acropoli, la<br />

sola zona sicuramente difendibile. Resta<br />

da considerare però l’occupazione musulmana<br />

<strong>del</strong>l’840 che pare abbia conservato<br />

nel tessuto urbano un ordito ben evidente<br />

di vicoli ciechi e di cortili, specialmente<br />

nell’area compresa tra via Duomo e via<br />

Garibaldi: tutti moduli urbanistici arabi,<br />

ma effettivamente anche adattati a schemi<br />

castrali bizantini che fecero probabilmente<br />

perdere ogni traccia <strong>del</strong> vero castrum altomedievale<br />

che doveva occupare l’area <strong>del</strong>la<br />

batteria napoleonica detta di “Castel Saraceno”,<br />

dove oggi insiste Piazza Ebalia. In<br />

esso il primo emiro, Saba, inizia la dinastia<br />

araba che dura sino all’880, quando le<br />

armate di Basilio I riconquistarono Taranto<br />

consentendole di rafforzarsi come<br />

emporio commerciale e militare; lo testimonia<br />

una iscrizione trovata nell’arx <strong>del</strong><br />

967 che attesta la ricostruzione voluta da<br />

Niceforo Foca che riguardò la costa settentrionale<br />

<strong>del</strong> Mar Piccolo, colmata per la<br />

creazione di nuovi spazi ordinati in unità a<br />

schiera, secondo uno schema consueto di<br />

organizzazione urbana <strong>dei</strong> nuovi centri di<br />

fondazione bizantina.<br />

Nell’ambito <strong>del</strong>lo sviluppo di ogni singolo<br />

insediamento, particolare riguardo hanno<br />

— 2 —<br />

quelli di fondazione religiosa. Il materiale<br />

storico disponibile è abbastanza chiaro per<br />

quanto riguarda i monasteri e ripercorre<br />

un topos comune: una serie di leggende e<br />

documenti seriori che attesterebbero il<br />

popolamento – o ripopolamento – di<br />

un’area deserta; esempi se ne trovano in<br />

Campania, nel Molise, in Basilicata ed in<br />

Puglia. Nel monastero di Santa Maria<br />

sull’Isola di San Nicola di Tremiti è presente,<br />

all’interno di una grotta chiamata<br />

“Cegliere”, una tomba a sarcofago sagomato<br />

scavata nella viva roccia. Gli scavi condotti<br />

all’interno, pur non mostrando alcun<br />

metriale significativo, consentono di ipotizzare<br />

che si tratti di una tomba privilegiata,<br />

forse anteriore al XIII secolo. Al<br />

periodo federiciano, o meglio primoangioino,<br />

si riferiscono alcune murature <strong>del</strong>la<br />

fortezza <strong>del</strong>l’Isola di Tremiti. Si tratta <strong>del</strong><br />

periodo cosiddetto Cistercense, da ritenere<br />

importante sotto il punto di vista architettonico<br />

e storico; a questo si riferiscono<br />

strutture murarie come la torre quadrangolare<br />

d’ingresso alla Fortezza, ovvero il<br />

donjon, e le torri a pianta circolare facenti<br />

parte <strong>del</strong> circuito insulare. Ovviamente<br />

tutto coincide con una serie di provvedimenti<br />

difensivi che interessarono molti<br />

<strong>castelli</strong> e città costiere <strong>del</strong> Gargano.<br />

Tra XI e XII secolo i cambiamenti e le trasformazioni<br />

insediative erano già vistosi: la<br />

formazione di identità cittadine consentì<br />

la costruzione di vere e proprie residenze<br />

fortificate. Nella stessa città di Bari non<br />

appena i due fratellastri Boemondo e Ruggero<br />

Borsa nel 1089 si scambiarono le<br />

città di Cosenza e Bari, dove avevano giu-


— 3 —<br />

<strong>Archeologia</strong> e <strong>storia</strong> <strong>dei</strong> <strong>castelli</strong><br />

1. Ripacandida, Chiesa di S. Donato. Affresco <strong>del</strong> XV sec. raffigurante la costruzione <strong>del</strong>la Torre di<br />

Babele


<strong>Archeologia</strong> e Storia <strong>dei</strong> <strong>castelli</strong> di Basilicata e Puglia<br />

rato di non costruire <strong>castelli</strong> urbani 8 , le<br />

fonti attestano, dieci anni dopo, l’esistenza<br />

di un castello dove aveva sede la corte di<br />

Boemondo 9 .<br />

❖❖❖<br />

La residenza fortificata o, in generale, la<br />

fortificazione normanna, è caratterizzata<br />

da un baluardo artificiale di terra con elementi<br />

strutturali in legno, circondato da<br />

un fossato. Gli scavi archeologici lo hanno<br />

documentato a Scribla e a S. Marco Argentano,<br />

nella Calabria settentrionale, a<br />

Vaccarizza, nei pressi di Troia, in provincia<br />

2. Taranto, Tempio di Poseidon. Strutture<br />

moderne ed antiche convivono testimoniando<br />

continuità di vita ed anche stratigrafica.<br />

— 4 —<br />

di Foggia 10 e, come vedremo, anche a<br />

Gaudiano presso Lavello. La tipologia<br />

sembra sia stata abbastanza comune, tanto<br />

che la stessa funzione difensiva rendeva<br />

l’insediamento stabile e quindi abitabile;<br />

ma la differenza tra la fortezza realizzata<br />

con riporti di terra e il sistema costruito<br />

con pietra si fa netta quando a Bari, nel<br />

1079, il castello è distrutto dagli abitanti,<br />

che si pongono in netto contrasto con una<br />

struttura che rappresenta il dominio 11 .<br />

A quelle entità propriamente attrezzate<br />

però si affacciano altri tipi di occupazioni<br />

<strong>del</strong> suolo, i casali, che a loro volta convivendo<br />

con la struttura castellare dimostrano<br />

per la loro proprietà che «l’impronta<br />

normanna nell’habitat <strong>del</strong>l’Italia meridionale<br />

è profonda» 12 , ed è collegata alla crescita<br />

<strong>del</strong>la popolazione e alla natura <strong>del</strong><br />

potere. Abbiamo infatti già notato che<br />

l’instabilità <strong>del</strong> potere non portò nell’alto<br />

medioevo ad un insediamento duraturo e<br />

ciò costituisce un primo elemento di contrasto<br />

tra mondo bizantino e mondo normanno.<br />

Un altro sostanziale contrasto, inteso però<br />

come rapporto dialettico, consiste in quella<br />

funzione oppressiva <strong>del</strong>la residenza fortificata,<br />

come ha ben rilevato Raffaele Licinio<br />

nell’esaminare le vicende <strong>del</strong> castello<br />

barese, su alcuni lavori affidati nel 1131 a<br />

maestranze islamiche 13 e subito sospesi per<br />

motivi di sicurezza 14 .<br />

Oggi il castello di Bari può essere considerato<br />

uno <strong>dei</strong> più articolati e studiati, ma<br />

non scavati con metodo analitico e con<br />

finalità ben precise. Organizzato in un<br />

ambiente centrale più antico, di pianta


3. Miglionico, Castello. Dai restauri provengono le recenti ricerche archeologiche.<br />

— 5 —<br />

<strong>Archeologia</strong> e <strong>storia</strong> <strong>dei</strong> <strong>castelli</strong>


<strong>Archeologia</strong> e Storia <strong>dei</strong> <strong>castelli</strong> di Basilicata e Puglia<br />

4. Bari, Castello. L’ingresso e la cinta aragonesi.<br />

trapezoidale con quattro torri angolari –<br />

sudovest, <strong>dei</strong> Minorenni; sudest, <strong>del</strong> Faro;<br />

nordest, <strong>del</strong> Monaco e nordovest, <strong>del</strong><br />

Vento – di cui solo la prima più alta, è circondata<br />

da una cinta bastionata fatta<br />

costruire da Isabella d’Aragona prima <strong>del</strong><br />

1524, anno <strong>del</strong>la sua morte, secondo i<br />

nuovi canoni <strong>del</strong>l’arte di costruire fortificazioni<br />

con l’avvento <strong>del</strong>la polvere da<br />

sparo, definiti appunto “<strong>del</strong> periodo di<br />

tran<strong>sito</strong>”, dove la serie di archetti pensili<br />

che corrono sotto il toro tra il primo e il<br />

secondo ordine non hanno altra funzione<br />

se non estetica. Le caditoie disposte lungo<br />

i fianchi <strong>dei</strong> bastioni sono ancora pertinenti<br />

ad una difesa piombante.<br />

— 6 —<br />

All’interno la fortezza è coperta da archivolti<br />

e decorata con capitelli e cornici.<br />

L’intervento federiciano invece è documentato<br />

nel 1233 quando l’imperatore<br />

fortifica anche i <strong>castelli</strong> di Trani, Brindisi e<br />

Napoli 15 , e in questa attività si riconoscono<br />

l’archivolto riccamente scolpito all’ingresso<br />

<strong>del</strong>l’ala occidentale, il portico<br />

colonnato con volte a crociera e paraste<br />

finemente decorate con motivi antropomorfi<br />

e vegetali 16 .<br />

La tecnica con la quale il castello è stato realizzato,<br />

in una roccia calcarenitica plio-pleistocenica<br />

le cui cave possono provenire dai<br />

dintorni (contrade Fesca e S. Francesco), è<br />

perfettamente lineare, squadrata, con nessun<br />

elemento aggettante e con le basi <strong>del</strong>le torri<br />

lievemente a scarpa. I conci sono legati da<br />

una malta che non è stilata, dato il perfetto<br />

incastro <strong>del</strong>le pietre. Il modulo, di 210 centimetri,<br />

è assai diverso da quello registrato<br />

5. Genzano. Planimetria <strong>del</strong> Castello di<br />

Monteserico (da Pellettieri-Masini).


6. Bari, Castello. Il porticato medioevale nel XIX sec.<br />

nella cosiddetta Gipsoteca, dove negli anni<br />

Settanta apparvero murature <strong>del</strong>imitanti<br />

ambienti rettangolari con pavimenti lastricati<br />

e soglie poste ad una quota sopra il livello<br />

<strong>del</strong> mare di +2,91 metri. Gli elementi orizzontali<br />

si sovrapponevano ad un battuto più<br />

profondo (m. +1,96 s.l.m.) riferibile ad un<br />

altro precedente piano di calpestio 17 .<br />

Resti di strutture abitative e di una chiesa<br />

<strong>del</strong>la fine <strong>del</strong>l’XI secolo rinvenuti nell’ala<br />

nord e, recentemente, nel piazzale antistante<br />

il castello, tra gli “strati” tagliati dal fossato<br />

— 7 —<br />

<strong>Archeologia</strong> e <strong>storia</strong> <strong>dei</strong> <strong>castelli</strong><br />

cinquecentesco, sono associabili ai frammenti<br />

ceramici e monetali nei quali si può<br />

riscontrare una continuità di vita: acroma<br />

broad line, narrow line (il riferimento è alla<br />

decorazione e non ai tipi vascolari) con protomaiolica,<br />

invetriata policroma e graffita<br />

invetriata 18 , oltre a maiolica policroma rinascimentale<br />

19 .<br />

Ma sulla base di questi presupposti, è necessario,<br />

e soprattutto può risultare utile proseguire<br />

una ricerca sull’archeologia <strong>dei</strong> <strong>castelli</strong>?<br />

Superata la fase <strong>del</strong>la <strong>storia</strong> degli studi


<strong>Archeologia</strong> e Storia <strong>dei</strong> <strong>castelli</strong> di Basilicata e Puglia<br />

sulle più importanti fortezze, che hanno<br />

visto una sintesi suggestiva <strong>del</strong>la Calò<br />

Mariani nell’edizione italiana <strong>del</strong>l’opera di<br />

Arthur Haseloff 20 , analizziamo ciò che<br />

questo bilancio può indicare ai fini di un<br />

programma che si concretizzi nella <strong>storia</strong><br />

<strong>del</strong> <strong>sito</strong>.<br />

La ricerca pone la sua attenzione sulle città<br />

abbandonate 21 disposte soprattutto nel Tavoliere,<br />

proseguita ad opera di una collaborazione<br />

fra l’Università di Bari e l’Ecole<br />

Française de Rome. Si tratta di esplorazioni<br />

e scavi sistematici che hanno avuto<br />

come punto di riferimento il <strong>sito</strong> di Fio-<br />

7. Bari, Castello. La Torre <strong>del</strong> Semaforo.<br />

— 8 —<br />

rentino, <strong>del</strong> quale è stato messo in luce il<br />

palatium, parte <strong>del</strong>l’abitato e le fondazioni<br />

<strong>del</strong>la torre orientale. L’edificio imperiale,<br />

suddiviso in due ambienti, mostra nel muro<br />

ad est una preesistenza – non ancora<br />

datata – ed appare nell’impianto principale,<br />

secondo la Calò Mariani, come un probabile<br />

donjon normanno 22 . Che Federico<br />

II abbia modificato evidenze architettoniche<br />

più antiche è anche registrato nel<br />

castellum di Ordona, dove su un’altura a<br />

nord <strong>del</strong>l’abitato tardoromano fu trasformata<br />

una chiesa databile al IX-XI secolo in<br />

sede palaziale, mediante chiusura <strong>del</strong>le<br />

campate e probabile costruzione di quattro<br />

torri agli angoli 23 .<br />

Maggiori relazioni con gli scavi archeologici<br />

sono messe a fuoco nel restauro <strong>dei</strong><br />

grandi monumenti. Le prime indagini si<br />

svolsero attorno al castello di Lucera, a<br />

partire dagli anni Trenta, dove affiorò il<br />

materiale ceramico, come le protomaioliche<br />

con figura umana o i famosi vasi-filtro<br />

in argilla chiara, di tradizione islamica 24 .<br />

La fortezza, studiata anche a partire dal<br />

1964-65 per mezzo di scavi a trincea e nei<br />

pozzi neri <strong>del</strong>la struttura, rappresenta una<br />

<strong>del</strong>le più grandi mai costruite nel medioevo<br />

e conserva stratificazioni che coprono<br />

un lunghissimo arco di tempo dal neolitico<br />

ai nostri giorni 25 .<br />

La cinta, lunga oltre novecento metri, è<br />

realizzata con una cortina di torri cilindriche<br />

(la torre “<strong>del</strong>la Regina” nell’angolo<br />

sudest, alta 25 metri con diametro di 14<br />

metri e spessore <strong>dei</strong> muri 2 metri; l’altra,<br />

di diametro più piccolo, detta <strong>del</strong><br />

“Leone”), quadrate e pentagonali e rac-


8. Bari, Castello. Cortile centrale in un’immagine <strong>del</strong> XIX sec.<br />

— 9 —<br />

<strong>Archeologia</strong> e <strong>storia</strong> <strong>dei</strong> <strong>castelli</strong>


<strong>Archeologia</strong> e Storia <strong>dei</strong> <strong>castelli</strong> di Basilicata e Puglia<br />

chiude il nucleo svevo, ubicato nell’angolo<br />

nord-ovest, realizzato in mura di laterizi<br />

con cantonali in blocchi di pietra calcarea.<br />

L’imponente struttura fu costruita a partire<br />

dal settembre 1270 e con alterne vicende<br />

che portano a suddividere i lavori di<br />

costruzione in tre periodi sino al 1282<br />

sotto la direzione di Pierre d’Angicourt e<br />

di Riccardo da Foggia (dal 1274) 26 , poiché<br />

Lucera restò luogo strategicamente importante<br />

da quando Federico II vi trapiantò la<br />

colonia islamica che si disperse nel 1300<br />

sotto Carlo II 27 , e che segnò l’abbandono<br />

progressivo <strong>del</strong> castello.<br />

Attualmente nel castello di Lucera sono<br />

ben visibili una prima fase più antica,<br />

un’altra rappresentata dall’impianto federiciano,<br />

la successiva evidenziata dal muro a<br />

scarpa con feritoie e numerosi edifici rettangolari,<br />

sede <strong>del</strong>le abitazioni <strong>dei</strong> soldati,<br />

una cappella e il palazzo angioino.<br />

Ora, se la parte principale <strong>del</strong>la fortezza è<br />

il palazzo federiciano, mi sembra opportuno<br />

riferire alcune note sugli altri elementi<br />

strutturali fra i quali la cappella angioina.<br />

Da quest’ultima sono rilevabili importanti<br />

informazioni sulle tecniche costruttive; nel<br />

1276 l’opera procedeva cotidie et sollicite e<br />

nel 1279 era totaliter facta et completa<br />

– ma forse era ancora priva di copertura –<br />

con una cisterna longitudinis cannarum 6<br />

illius amplitudinis, cuius est cappella ipsa.<br />

La fabbrica con la sua cisterna conserva<br />

solo le fondazioni che restano di particolare<br />

interesse poiché mostrano una sola<br />

navata lunga 25,30 metri e larga 11,30,<br />

con un’attigua sacrestia.<br />

È interessante notare quanto sia necessaria<br />

— 10 —<br />

una ripresa sistematica degli scavi nel<br />

castello di Lucera che viene anche confermata<br />

da indagini e sondaggi finalizzati alla<br />

conservazione <strong>del</strong> monumento 28 .<br />

Per considerare il recupero obiettivo <strong>del</strong><br />

monumento è necessario anche programmare<br />

un’indagine verso elementi antichi e<br />

moderni cui associare eventi compiuti. A<br />

differenza però <strong>del</strong>le semplici stratificazioni<br />

interposte fra due o più limiti di uno<br />

stesso edificio, il castello diventa un bacino<br />

di depo<strong>sito</strong> soggetto a continue trasformazioni.<br />

In sostanza, pur ricavando dati<br />

stratigrafici affidabili, non è da trascurare<br />

che questi provengono dai limiti non<br />

naturali <strong>del</strong>le unità stratigrafiche. Esse<br />

sono in continuo rapporto con gli elementi<br />

verticali e permettono un inquadramento<br />

multiperiodale che è possibile solo con<br />

lo scavo stratigrafico.<br />

La chiusura di una porta, per esempio, o la<br />

messa in opera di pietre produce come<br />

effetto elementi orizzontali 29 come piani<br />

di malta e pietre angolari (schegge) simili a<br />

quelli ritrovati nel Saggio I <strong>del</strong> castello di<br />

Trani (US 200).<br />

Ora, questo metodo, sebbene unanimemente<br />

riconosciuto, procede con un criterio<br />

di tipo random, vale a dire non ancora<br />

sistematico; il problema può essere considerato<br />

da alcuni non apprezzabile e mostrerebbe<br />

forse interessi diversi nella pianificazione<br />

archeologica che, a questo punto,<br />

si rivela debole nei confronti <strong>del</strong>la pubblica<br />

opinione e di chi vuole ricavare una<br />

sostanza concreta, un dato sicuro da utilizzare<br />

per gli studi successivi. Il fatto che<br />

continuino a sfuggire le possibilità con cui


9. Bari, Castello. Le strutture abitative <strong>del</strong>l’XI-XII sec. rinvenute al disotto <strong>del</strong>la Gipsoteca.


<strong>Archeologia</strong> e Storia <strong>dei</strong> <strong>castelli</strong> di Basilicata e Puglia<br />

l’archeologo <strong>del</strong> medioevo in Puglia e in<br />

Basilicata può costruire una <strong>storia</strong> reale<br />

non porta ad una valutazione complessiva<br />

<strong>dei</strong> singoli fenomeni registrati. Iniziando<br />

dalle strutture murarie si comprende che la<br />

destinazione con il passare <strong>del</strong> tempo può<br />

variare 30 componendosi infine in elemento<br />

architettonico. Preso in sé, cioè come prodotto<br />

finale, resta inutilizzato, ma recenti<br />

campionature ad Egnazia (Fasano, prov. di<br />

Bari) confermano che prosegue la tecnica<br />

costruttiva a secco (datata al XVII-XVIII<br />

secolo) in sovrapposizione all’opera poligonale<br />

messapica con le medesime funzioni,<br />

cioè di limite urbano o di campo.<br />

Tuttavia ciò che si vuole chiarire non è la<br />

semplice analisi <strong>dei</strong> procedimenti costruttivi,<br />

ma <strong>dei</strong> materiali e <strong>dei</strong> trattamenti utilizzati<br />

che condizionano l’intero paesaggio<br />

11. Il Castello di Lucera.<br />

— 12 —<br />

10. Castelfiorentino. L’abitato.<br />

urbano, e le pratiche edilizie nelle dimore<br />

rurali.<br />

È naturale che l’uso <strong>del</strong>la strumentazione


12. Bari, Castello. Planimetrie degli scavi nell’ala<br />

nord con i resti <strong>del</strong>la chiesa <strong>del</strong>l’XI sec.<br />

riveli destinazioni ben distinte: proseguendo<br />

con gli esempi un muretto iconostatico<br />

<strong>del</strong>l’XI secolo è lavorato con gradina, mentre<br />

alcuni muri di fondazione seriore di un<br />

centinaio di anni nella Cattedrale di Bitonto<br />

sono lavorati con martellina e i<br />

conci sono disposti su letti di posa dove si<br />

tende ad uniformare lo spessore <strong>del</strong>la<br />

malta per ricavare un valore più elevato <strong>del</strong><br />

“modulo”. Diversamente, nelle strutture<br />

fortificate “normanne” e “sveve”, oggetto<br />

<strong>del</strong> nostro studio, sono realizzati grossi<br />

conci a bugnato perfettamente squadarati<br />

e privi di stilatura, con un modulo che in<br />

età aragonese diverrà più piccolo. A propo<strong>sito</strong><br />

<strong>del</strong>le tracce lasciate sul concio lavorato<br />

esse permettono di verificare la datazione<br />

<strong>del</strong>lo strumento di lavoro o di ricostruirne<br />

la forma, secondo alcune recenti<br />

esperienze francesi 31 al fine di studiarne<br />

diffusione e possibilità di impiego. Riferendosi<br />

sempre ad indicazioni stratigrafiche,<br />

capisaldi nell’analisi descrittiva e nelle<br />

sintesi, si può accennare al problema <strong>del</strong>le<br />

origini <strong>del</strong>la bocciarda, le cui tracce sono<br />

— 13 —<br />

<strong>Archeologia</strong> e <strong>storia</strong> <strong>dei</strong> <strong>castelli</strong><br />

documentate in molte fortificazioni e abitazioni<br />

civili.<br />

Secondo Jean-Claude Bessac lo strumento<br />

appare in Italia nel XVII secolo 32 (ma forse<br />

si dovrebbe approfondire la questione),<br />

quindi è possibile ipotizzare che il tipo <strong>del</strong><br />

martello puntinato potrebbe avere un’origine<br />

più antica: lo scavo di un vano <strong>del</strong><br />

castello di Trani ha messo in luce alcuni<br />

proiettili in pietra bocciardata riferibili al<br />

periodo VII, databile al XIV-XV secolo,<br />

ma un solo scavo non può essere né elemento<br />

datante né dato sicuro.<br />

Restiamo, per ora, ai soli dati forniti al<br />

cantiere <strong>del</strong> castello di Lucera, che oltre a<br />

documentare modalità e tempi di esecuzione<br />

<strong>dei</strong> lavori, offrono un quadro interessante<br />

<strong>del</strong>la vita <strong>del</strong> cantiere e <strong>del</strong>la sua<br />

organizzazione.<br />

13. La fase angioina <strong>del</strong> Castello di Lucera. È<br />

da questo settore che possiamo ricavare maggiori<br />

informazioni sui caratteri costruttivi <strong>del</strong>la fortezza.


<strong>Archeologia</strong> e Storia <strong>dei</strong> <strong>castelli</strong> di Basilicata e Puglia<br />

Molti lavori, ad esempio, erano concessi<br />

ad extalium, cioè a cottimo, cui ad un<br />

livello superiore era la figura <strong>del</strong> carpentarius<br />

come il magister carpentarius gallicus<br />

Jean de Laum e l’ingenierius carpenterius<br />

Jean de Toul, il cui compito specifico era<br />

la costruzione degli ingenia o macchine di<br />

sollevamento <strong>dei</strong> materiali; per la parte<br />

tecnica sulle opere murarie vi sono magistri<br />

lutifiguli (artigiani di mattoni ed<br />

embrici), muratores, fabricatores, incisores<br />

(tagliapietre, scalpellini), scappatores (cavapietre),<br />

calcarii (addetti alle fornaci di<br />

calce), intunacatores (intonacatori), fabbri<br />

e magistri qui bene sciant laborare finestras<br />

vitrea...<br />

Di tutti questi e <strong>del</strong> loro lavoro, in parte a<br />

cottimo, ne troviamo conferma con i contrassegni<br />

lapicidi incisi dai tagliapietre sui<br />

blocchi lavorati ed utilizzati come cantonali<br />

<strong>del</strong>le torri e degli stipiti <strong>del</strong>le porte. I<br />

contrassegni permettevano al capocantiere<br />

di verificare il numero <strong>del</strong>le pietre lavorate<br />

in una giornata in modo da attribuire all’operaio<br />

il corrispondente pagamento 33 .<br />

Tra i vari segni sono evidenti le lettere, le<br />

croci ed altri simboli, la cui unica classificazione<br />

è quella operata da A. Haseloff 34 .<br />

Altre sono poi le esperienze che vanno<br />

maturando in seno all’archeologia 35 . Per<br />

esempio nel momento in cui si dovrà operare<br />

una scelta nei sistemi di campionatura<br />

<strong>del</strong>le malte, degli intonaci o di tutto quello<br />

che possa interessare la costruzione<br />

(capriate, volte, murature, eccetera) 36 , è<br />

necessario considerare un metodo già<br />

applicabile sotto qualsiasi forma di indagine:<br />

i1 rilievo in scala 1:20 in base ad un<br />

— 14 —<br />

reticolo di 1,00 x 2,00 metri, può essere<br />

circoscritto a tutti gli interventi post-classici,<br />

dalla survey al saggio stratigrafico che<br />

presenta difficoltà nelle sequenze cronologiche<br />

assolute. Tale analisi si impone<br />

quando ci troviamo di fronte a migliaia di<br />

unità stratigrafiche murarie (USM) documentate<br />

a loro volta in una struttura muraria<br />

(UER, Unità Edilizia Riassuntiva) 37<br />

che si presenta in diversi “moduli”, cioè<br />

con diversi spessori di malta e letti di posa<br />

<strong>dei</strong> blocchi 38 .<br />

Anche in questo caso è importante tenere<br />

conto che le ricerche effettuate nel territorio,<br />

iniziate nel 1991 in occasione <strong>del</strong>lo<br />

scavo nel castello di Trani e quindi portate<br />

a termine soprattutto nella Terra di Bari,<br />

furono <strong>del</strong> tutto fortuite non appena ci si<br />

accorse che sui materiali <strong>del</strong>la stessa natura<br />

si presentavano tracce diverse di lavorazione.<br />

In primo luogo su quelli più antichi<br />

sono riconoscibili la gradina (su pilastri e<br />

ghiere di archivolti), l’ascia dentata e la<br />

martellina a doppia punta (quest’ultima<br />

ritrovata sulle strutture murarie <strong>del</strong>la cattedrale<br />

di Ruvo datate all’XI-XII secolo);<br />

manca l’ascia piana, utilizzata in monumenti<br />

propriamente normanni. Sulle<br />

strutture più recenti <strong>del</strong> castello (XIX<br />

secolo) evidente è la bocciarda (in maggior<br />

percentuale a superficie convessa).<br />

Per quel che riguarda le cave di estrazione,<br />

si ricorda quella sicuramente antica in<br />

contrada Lamadoro, presso Trani, dove la<br />

roccia è bituminosa ed assume un colore<br />

grigio, che diventa, dopo l’estrazione, più<br />

scuro. Cave <strong>del</strong>lo stesso tipo si trovano a<br />

Bari (contrada S. Francesco, Fesca e Quat-


14. Brienza, il Castello con i resti <strong>del</strong>la fortificazione <strong>del</strong>l’abitato.<br />

— 15 —<br />

<strong>Archeologia</strong> e <strong>storia</strong> <strong>dei</strong> <strong>castelli</strong>


<strong>Archeologia</strong> e Storia <strong>dei</strong> <strong>castelli</strong> di Basilicata e Puglia<br />

— 16 —<br />

15. Lucera, Castello. La<br />

Torre <strong>del</strong>la Leonessa con<br />

l’alto basamento in<br />

bugnato ed il rinforzo a<br />

scarpa nel XIX sec.<br />

16. I potenti strati (US 2OO)<br />

effetto <strong>del</strong> lavoro di costruzione<br />

<strong>del</strong> Castello di Trani ricoperti<br />

da livelli di vita (US15).


17. Craco. L’abitato ai confini <strong>del</strong>l’antico insediamento medievale.<br />

— 17 —<br />

<strong>Archeologia</strong> e <strong>storia</strong> <strong>dei</strong> <strong>castelli</strong>


<strong>Archeologia</strong> e Storia <strong>dei</strong> <strong>castelli</strong> di Basilicata e Puglia<br />

a b c<br />

d e f<br />

18. Sistemi di campionatura di murature con rilievi a maglia di 1x2 metri in scala.<br />

a) abitazione <strong>del</strong> XVI sec. a Bitonto; b) muri d’ambito di Castel Lagopesole; c) mura bizantine di<br />

Canne <strong>del</strong>la Battaglia; d) fondazioni <strong>del</strong> Castello di Canosa; e) Torre <strong>dei</strong> Minorenni <strong>del</strong> Castello di<br />

Bari; f) un vano <strong>del</strong> Castello di Barletta.<br />

— 18 —


tro Strade), Ruvo (contrada S. Lucia),<br />

Canosa (contrada Profico) e Bitonto (contrade<br />

Pezza Santoro e Selva <strong>del</strong>la Città).<br />

Un altro tipo di calcare, maggiormente<br />

utilizzato, è quello compatto cretaceo a<br />

grana minuta, omogenea e cristallina, con<br />

frattura concoide, ottima per la lavorazione<br />

a bugnato, le cui cave sono situate nelle<br />

contrade <strong>del</strong> Puro, Gesumaria e S. Angelo<br />

a Trani, l’Avvantaggio a sud di Barletta ed<br />

anche ad Andria, Canosa, Terlizzi, Bitonto<br />

e Ruvo. A Lama Paterno di Trani esiste il<br />

tipo a grana ancora più fine, utilizzato per<br />

le cortine <strong>del</strong>l’impianto federiciano <strong>del</strong><br />

castello di Trani.<br />

Nell’area <strong>del</strong> Vulture pare non siano state<br />

utilizzate cave di tipo diverso da quelle a<br />

cielo aperto. Alcune piuttosto antiche<br />

Bitonto<br />

Trani<br />

Piano<br />

Subbia<br />

Gradina<br />

Bitonto<br />

Trani<br />

— 19 —<br />

<strong>Archeologia</strong> e <strong>storia</strong> <strong>dei</strong> <strong>castelli</strong><br />

sono state rintracciate a sud e ad est <strong>del</strong>la<br />

strada Venosa-Ripacandida, ed anche più a<br />

nord in località Toppo di Mosca, composte<br />

sia da calcareniti scuri che da pietrisco<br />

utilizzato come legante. Sul “Toppo di<br />

Monticchio” si trovano probabilmente<br />

cave in arenaria utilizzate per edificare la<br />

Badia di S. Ippolito a Monticchio e per<br />

l’ultimo rinforzo <strong>del</strong> castello omonimo. I<br />

materiali vulcanici sono presenti nel fossato<br />

<strong>del</strong> castello di Melfi e sulla strada Rionero<br />

in Vulture-Ripacandida.<br />

Poiché una US verticale può essere composta<br />

anche da materiale terroso, una particolare<br />

attenzione viene data al depo<strong>sito</strong><br />

archeologico: in Italia la prima indagine<br />

che metteva in relazione i due materiali al<br />

fine di approfondire la genesi di una for-<br />

Bitonto<br />

Mazza Martellina Martellina a<br />

punta orizzontale<br />

Bocciarda<br />

19. Iniziando dalle ricerche di R. Parenti, si procede all’analisi <strong>del</strong>le strutture in giacitura primaria.


<strong>Archeologia</strong> e Storia <strong>dei</strong> <strong>castelli</strong> di Basilicata e Puglia<br />

tezza e di registrare tecniche edilizie e rapporti<br />

commerciali fu lo scavo <strong>del</strong> “cassero”<br />

senese di Grosseto che, sotto la cura di<br />

Riccardo Francovich e Sauro Gelichi, restituì<br />

una miriade di informazioni sulla società<br />

e sull’economia medievali 39 .<br />

I diversi sviluppi <strong>del</strong>la <strong>storia</strong> <strong>del</strong>la cultura<br />

materiale, salvo il caso <strong>del</strong> palatium di<br />

Ordona, hanno comportato una serie di<br />

deduzioni stimolate dal rinvenimento fortuito<br />

<strong>dei</strong> reperti e dall’intensificarsi di<br />

restauri di chiese e <strong>castelli</strong>.<br />

Descrivere quindi i dati generali, fornendo<br />

un quadro alquanto completo <strong>dei</strong> <strong>castelli</strong><br />

scavati richiede una profonda riflessione e<br />

non pone che una visione problematica<br />

<strong>del</strong> monumento. Le considerazioni di carattere<br />

architettonico, per le quali ogni intervento<br />

è ascrivibile ad un periodo di<br />

breve durata (federiciano, svevo, angioino,<br />

aragonese) 40 o addirittura lunghissimo nell’accezione<br />

di “medievale” 41 sono prive di<br />

fondamento storico.<br />

Allo stato attuale solo gli scavi di Lucera<br />

hanno consentito così di definire una cronologia<br />

nella sequenza relativa alle acrome<br />

dipinte a bande larghe (broad line) o strette<br />

(narrorw line) e nella invetriata unita ai<br />

vasi-versatoio con tubolare obliquo 42 . Per i<br />

primi due tipi, la sequenza è oggi ritenuta<br />

superata, anche se questa classificazione ha<br />

mostrato la sua validità. Contemporaneamente<br />

ad una presunta e pur credibile origine<br />

<strong>del</strong>la maiolica in Italia, non si trascuri<br />

che l’impiego <strong>del</strong>lo smalto stannifero fu<br />

proprio <strong>del</strong>l’Islam, ed è fuori di ogni dubbio<br />

che attorno alla metà <strong>del</strong> XIII secolo<br />

essa appare in modo cospicuo in diverse<br />

— 20 —<br />

forme e tipologie decorative 43 . Nello scavo<br />

<strong>dei</strong> <strong>castelli</strong> è utile studiarne la presenza e di<br />

conseguenza la sua diffusione negli altri<br />

centri culturali tenendo conto che molti<br />

esemplari di vasellame non fanno parte <strong>del</strong><br />

“quotidiano” <strong>del</strong>l’abitato, ma convivono<br />

accanto ad esso.<br />

Il ritrovamento di questi reperti attesta<br />

invece una condizione privilegiata, considerata<br />

secondo un metodo che proprio<br />

perché casuale (laddove dovrebbe essere<br />

invece pianificato), non porta a tipologie<br />

tecnologiche, ergologiche e architettoniche<br />

determinate.<br />

Durante lo scavo <strong>del</strong> castello di Trani è<br />

stato possibile sperimentare alcuni sistemi<br />

di lettura <strong>dei</strong> suoli antichi e <strong>del</strong>le trasformazioni<br />

strutturali, ma in altri siti non è<br />

stato possibile il medesimo intervento,<br />

vale a dire che non si è potuto verificare se<br />

essi siano da ritenersi collegabili a fattori<br />

naturali o, al contrario, voluti dall’uomo.<br />

Gli eventi sono in maggior percentuale<br />

determinati e pianificati, il che avvicina lo<br />

stesso monumento alla condizione in cui<br />

si trovano le stratificazioni urbane.<br />

Meno complesso è il sistema fortificato<br />

caratterizzato dalle torri isolate come in<br />

A<strong>del</strong>fia (BA) (secondo la tradizione eretta<br />

nel 1146 nella contrada Canneto, a pianta<br />

quadrata) e Rutigliano, entrambe coronate<br />

da una serie di archetti pensili su mensole<br />

dove si innestano le caditoie su ogni lato 44 ,<br />

mentre il castello di Mola presenta un<br />

aspetto abbastanza semplice. Di pianta<br />

quadrangolare con un nucleo originario<br />

fondato da Carlo I intorno al 1278, di<br />

esso vengono date le dimensioni l’8 giu-


— 21 —<br />

<strong>Archeologia</strong> e <strong>storia</strong> <strong>dei</strong> <strong>castelli</strong><br />

20. Monticchio. Rinforzo esterno con fori per travicelli ad una fila di montanti <strong>del</strong> Castello.


<strong>Archeologia</strong> e Storia <strong>dei</strong> <strong>castelli</strong> di Basilicata e Puglia<br />

21. Monticchio. Le tre fasi edilizie <strong>del</strong> Castello. 22. A<strong>del</strong>fia. La torre normanna ricostruita nel<br />

XIV sec.<br />

23. Mola di Bari, Castello. Il cortile.<br />

— 22 —


gno 1277 45 . Dopo alterne vicende (è stato<br />

posseduto dai Veneziani nel 1495 e dagli<br />

Spagnoli nel 1511), in seguito fu ulteriormente<br />

ampliato tra il 1535 e il 1540, inglobando<br />

le vecchie torri 46 . Anche qui è<br />

stata documentata la presenza di ceramica<br />

narrow line con l’invetriata policroma nel<br />

tipo <strong>del</strong>la brocca 47 .<br />

Sulle singole torri di A<strong>del</strong>fia e Rutigliano,<br />

considerate <strong>del</strong> VII-VIII secolo ancora nei<br />

24. Conversano. Il cortile centrale <strong>del</strong> castello.<br />

— 23 —<br />

<strong>Archeologia</strong> e <strong>storia</strong> <strong>dei</strong> <strong>castelli</strong><br />

repertori <strong>dei</strong> <strong>castelli</strong>, troviamo, invece una<br />

felice intuizione a propo<strong>sito</strong> <strong>del</strong>la datazione<br />

di una torre presso Castiglione in agro<br />

di Conversano. La funzione <strong>del</strong> mastio,<br />

assimilabile alla torre centrale <strong>del</strong> castello<br />

di Conversano, faceva notare che nel <strong>sito</strong><br />

di Castiglione la pianta quadrilatera e la<br />

sopraelevazione con blocchi mediamente<br />

ben rifiniti e beccatelli posti al livello <strong>del</strong><br />

terzo ordine, riportava invece la datazione


<strong>Archeologia</strong> e Storia <strong>dei</strong> <strong>castelli</strong> di Basilicata e Puglia<br />

alla seconda metà <strong>del</strong> XIV secolo.<br />

Scavi sistematici, che hanno forse confuso<br />

diverse unità stratigrafiche riunendo quindi<br />

anche i loro componenti, furono effettuati<br />

nel singolare complesso di Sannicandro di<br />

Bari, già notato per l’originalità <strong>del</strong>le<br />

forme, essendo un quadrilatero<br />

— 24 —<br />

centrale con una cinta turrita composta<br />

complessivamente da otto torri, di cui tre<br />

fanno parte <strong>del</strong> complesso più antico. I1<br />

castello, che presenta vari aspetti icnografici,<br />

a mio parere, simili a quello di Ceglie<br />

<strong>del</strong> Campo (frazione di Bari) sorse secondo<br />

la leggenda su un antico casale, Castel<br />

Mezardo, dove poi alcuni monaci fondarono<br />

S. Nicandro – è l’antico nome <strong>del</strong><br />

paese – e su cui successivamente lo stratega<br />

Piccinigli nel 916 fece costruire un fortilizio<br />

a protezione <strong>del</strong>la strada che collegava<br />

Bari con Taranto 48 . Fu con i Normanni<br />

che venne incluso fra le venti<br />

baronie <strong>del</strong>la Contea di Montescaglioso.<br />

Nel 1119 il feudo di S. Nicandro<br />

è tenuto da Emma, sorella di<br />

Ruggero II, e Ruggero Maccabeo<br />

suo figlio; nel 1134 appartenne a<br />

Guido de Venusio, signore di Casamassima,<br />

mentre nel periodo<br />

svevo non si sa nulla tranne la<br />

probabilità che fosse<br />

appartenuto all’arcivescovo<br />

di<br />

Bari nel 1225 e<br />

nel 1242, dove è<br />

menzionato in<br />

quest’ultima<br />

data, un Grommando,Castaldo<br />

di S. Nicandro<br />

49 .<br />

25. Monticchio. Planimetria generale <strong>del</strong>la collina <strong>del</strong> Castello, un’importante zona archeologica da<br />

valorizzare: A,B,C: percorsi di accesso; D: ingresso in direzione <strong>del</strong>l’abitato.


— 25 —<br />

27. Bari, Ceglie <strong>del</strong> Campo.<br />

Una torre <strong>del</strong> Castello.<br />

<strong>Archeologia</strong> e <strong>storia</strong> <strong>dei</strong> <strong>castelli</strong><br />

26. Sannicandro di Bari. La<br />

fortezza nel XIX sec.


<strong>Archeologia</strong> e Storia <strong>dei</strong> <strong>castelli</strong> di Basilicata e Puglia<br />

28. Manfredonia, Castello. Cortile centrale.<br />

— 26 —


Successivamente il castello è citato nel<br />

1277 quando Carlo I nomina Egidio di<br />

Capua alla custodia palatii nostri Sancti<br />

Nicandri Terre Bari 50 .<br />

La fortuna ha voluto che il castello fosse in<br />

pieno centro storico, mostrando negli<br />

scavi ben dieci fasi di frequentazione che<br />

ininterrottamente partono dall’Età <strong>del</strong><br />

Ferro sino al XIX secolo 51 . A propo<strong>sito</strong><br />

<strong>del</strong>la ceramica non sembra opportuno collegare<br />

il ritrovamento <strong>del</strong> tipo narrow line<br />

con l’attività di Federico II 52 , perché è<br />

stato dimostrato che questo reperto è un<br />

retaggio <strong>del</strong> vasaio locale e non una peculiarità<br />

<strong>del</strong> basso medioevo. La ceramica è<br />

in questo caso non il “fossile-guida” 53 , ma<br />

29. Il Castello di Manfredonia.<br />

— 27 —<br />

<strong>Archeologia</strong> e <strong>storia</strong> <strong>dei</strong> <strong>castelli</strong><br />

un “fossile-guida”, cui associare l’invetriata<br />

per la quale però si possono riscontrare<br />

influenze e rapporti commerciali diretti,<br />

come nelle importanti Salapia, presso<br />

Manfredonia, e Trani, dove forse il contatto<br />

con il mondo orientale è stato più frequente<br />

54 . Il suo ritrovamento in particolari<br />

unità stratigrafiche (livelli d’incendio, strati<br />

primari definiti di abbandono) consente<br />

una lettura <strong>del</strong>la dinamica di formazione<br />

<strong>del</strong> suolo e <strong>del</strong> depo<strong>sito</strong> che è circoscritta<br />

all’attività di bonifica o produzione di<br />

rifiuti (cortili <strong>del</strong> castello di Trani; cortile<br />

minore <strong>del</strong> castello di Lagopesole), eventi<br />

che rappresentano quindi livelli di vita<br />

anziché di abbandono.


<strong>Archeologia</strong> e Storia <strong>dei</strong> <strong>castelli</strong> di Basilicata e Puglia<br />

30. Manfredonia, Castello. L’intervento aragonese si impianta su quello precedente.<br />

— 28 —


31. Rocchetta Sant’Antonio, Castello D’Acquino.<br />

I1 recupero <strong>del</strong>la ceramica definita invetriata<br />

policroma, databile al XIV secolo,<br />

portò alla conservazione di suddetto materiale<br />

durante gli sterri <strong>del</strong> castello di<br />

Brindisi, allo studio <strong>del</strong> castello di Oria 55<br />

e, recentemente, di Manfredonia 56 . A<br />

Brindisi il castello, costruito da Federico II<br />

con materiale di reimpiego, si protende sul<br />

mare con una pianta trapezia, e con poderosi<br />

torrioni angolari circondati da un<br />

largo e profondo fossato.<br />

Abbiamo già assimilato il concetto che la<br />

— 29 —<br />

<strong>Archeologia</strong> e <strong>storia</strong> <strong>dei</strong> <strong>castelli</strong><br />

diversa ubicazione <strong>del</strong>le strutture ha reso<br />

lo stato <strong>del</strong>le stratificazioni vario e perciò<br />

unico, sebbene le cause <strong>del</strong>le trasformazioni<br />

pavimentali e portanti siano da attribuire<br />

ad eventi ben distinti: ogni castello è<br />

bacino di depo<strong>sito</strong> e segue la morfologia<br />

<strong>del</strong> territorio, <strong>del</strong>la roccia con le sue pendenze<br />

e le sue asperità, adattamento quest’ultimo<br />

che si accentuerà volutamente<br />

nel castello-palazzo di Rocchetta S. Antonio.


<strong>Archeologia</strong> e Storia <strong>dei</strong> <strong>castelli</strong> di Basilicata e Puglia<br />

❖❖❖<br />

La ricerca diretta sul campo, lo studio <strong>del</strong><br />

<strong>sito</strong> e <strong>dei</strong> suoi processi di formazione (e di<br />

degrado) dipendono anche dal dibattito<br />

storiografico in merito al paesaggio e all’archeologia<br />

forestale, che si intenderà<br />

inoltre anche come studio <strong>dei</strong> sistemi<br />

annessi alle costruzioni, osservazioni rigorose<br />

messe a punto dalll’eccezionale contributo<br />

di Diego Moreno 57 . Simili ricerche<br />

ricadono, oggi, nell’historical ecology che<br />

ha trovato nell’archeologia estensiva il suo<br />

più grande sviluppo, il quale vede ancora<br />

nell’Italia meridionale alcune resistenze<br />

dovute ad un diverso approccio sulla geo-<br />

— 30 —<br />

grafia <strong>del</strong> popolamento.<br />

A completamento <strong>del</strong> paesaggio, accanto<br />

ai <strong>castelli</strong> e alle abitazioni civili e religiose,<br />

non poteva mancare la foresta che ha<br />

avuto un ruolo preminente nella società<br />

medievale 58 .<br />

A partire dall’età normanna i termini afforestare,<br />

forestare e i toponimi di silva, foresta,<br />

gualdus, indicavano un territorio riservato<br />

legato al particolarismo feudale ecclesiastico<br />

e cittadino 59 . Senza soffermarsi a<br />

lungo sul fondamento <strong>del</strong>la ricerca, che ha<br />

avuto uno sviluppo straordinario in due<br />

interventi apparsi sui Quaderni Storici,<br />

sotto la direzione esperta di Diego<br />

Moreno 60 e che ha ottenuto solo un ap-<br />

32. Montescaglioso, Difesa San Biagio. Strutture preromane conservatesi sotto il bosco ormai scomparso.


33. Montescaglioso, Difesa San Biagio. Necropoli con bosco residuale.<br />

profondimento da parte di Benedetta<br />

Cascella, si vuole qui piuttosto porre l’accento<br />

da un punto di vista storico: è vero,<br />

infatti, che l’interesse per i boschi si accentuò<br />

in Italia meridionale con i successori<br />

di Ruggero II i quali ponendolo come<br />

risorsa finanziaria resero tale diritto più un<br />

sopruso che un privilegio. Fu Federico II a<br />

completare il controllo diretto sul patrimonio<br />

boschivo, imponendo nelle Costituzioni<br />

melfitane <strong>del</strong> 1231 che omnia<br />

nemora et pascua sunt curiae 61 . E Carlo I<br />

non fece altro che proseguirne la politica<br />

lungo i territori dove allora si estendevano<br />

— 31 —<br />

<strong>Archeologia</strong> e <strong>storia</strong> <strong>dei</strong> <strong>castelli</strong><br />

i boschi: il Gargano, il Subappennino<br />

Dauno (Troia, Lucera, Bovino, Guardiola,<br />

Salpi, Ascoli, Ordona), la Murgia barese<br />

(Minervino, Bitonto, Castel <strong>del</strong> Monte,<br />

Spinazzola, Canosa, Corato, Gravina, Cassano),<br />

il Salento (Ugento, Salvia, Taranto,<br />

Oria, Belvedere) e la Basilicata (Lagopesole,<br />

Guasto, Vitalba, Pietragalla,<br />

Melfi, Palazzo San Gervasio) 62 .<br />

Si riscontra così la presenza <strong>del</strong> leccio<br />

(quercus ilex), <strong>dei</strong> querceti a fragno (quercus<br />

trojana), <strong>del</strong>la ghianna (quercus pubescens),<br />

<strong>del</strong> frassino (fraxinus ornus), <strong>del</strong>la<br />

sughera (quercus suber), <strong>dei</strong> faggi (fagus


<strong>Archeologia</strong> e Storia <strong>dei</strong> <strong>castelli</strong> di Basilicata e Puglia<br />

latifolia) e tra la flora spontanea il lentisco<br />

(pistacia lentiscus), il rovo (rubus fruticosus),<br />

il cappero (capparis spinosa) e il mirto<br />

(mirtus communis).<br />

Un lavoro che l’archeologia dovrebbe<br />

compiere è quello di evidenziare, attraverso<br />

la toponomastica e la fotografia storica<br />

affiancate alla survey, le trasformazioni che<br />

ha subìto il paesaggio agrario. Poiché i<br />

boschi sono importanti per l’alimentazione<br />

umana e anche animale, possiamo<br />

comprendere che l’attuale forte antropizzazione<br />

<strong>del</strong>la copertura vegetale porta<br />

verso una falsa <strong>storia</strong> <strong>del</strong> <strong>sito</strong>. Una recente<br />

esperienza di scavo condotta dalla Scuola<br />

di Specializzazione in <strong>Archeologia</strong> <strong>del</strong>l’Università<br />

<strong>del</strong>la Basilicata nella Difesa<br />

San Biagio presso Montescaglioso, ha<br />

dimostrato che il bosco medievale (oggi<br />

scomparso) si impiantò su un insediamento<br />

classico conservando le vestigia antiche<br />

e i caratteri <strong>del</strong>la topografia naturale (stagni,<br />

depressioni, sistema viario) 63 ; pertanto<br />

il <strong>sito</strong> non è stato sempre necessariamente<br />

un bosco.<br />

Se, dunque, «un bosco è parte <strong>del</strong>la società<br />

locale» 64 esso può anche consentire una<br />

più agevole lettura <strong>del</strong> paesaggio (in quanto<br />

dimensione geografico-ambientale) suggerendone<br />

anche una possibile <strong>storia</strong>, e<br />

quindi far considerare quei fattori di degradazione<br />

che vengono inclusi nella <strong>storia</strong><br />

degli usi <strong>del</strong> suolo.<br />

La necessità di attingere all’osservazione<br />

etnografica, alla decifrazione toponomastica<br />

e all’iconografia storica per trovare i<br />

fondamenti di un’ipotesi di datazione <strong>del</strong>le<br />

strutture indagate, ha avuto significato<br />

— 32 —<br />

soprattutto per lo studio di quell’edilizia<br />

degli insediamenti abbandonati intesi<br />

come documenti storici per risposta ad<br />

alcuni problemi di utilizzo <strong>del</strong>le colture<br />

legnose nei centri abitati (si pensi alle<br />

campionature effettuate a Craco, Campomaggiore<br />

e Trani).<br />

Le ragioni <strong>del</strong>la trasformazione, dovute<br />

alla coltura seminativa e intensiva, non<br />

giustificherebbero più costruzioni di grandi<br />

<strong>castelli</strong>, giacché essi nacquero per vicinanza<br />

con piante d’alto fusto, che si conservano<br />

ancora in Basilicata, come il cerro<br />

(quercus cerris), il farnetto (quercus<br />

farnetto), e altre varietà di querce, castagni<br />

ed elci accompagnate da sparto (lygeum<br />

spartum), ginestra (genista saggittalis), asfo<strong>del</strong>o<br />

(aspho<strong>del</strong>ina liburnica) e, oltre i cento<br />

metri, faggeta (fagus silvatica) e abete bianco<br />

(abies alba).<br />

Ma se ciò resta un buon campo di ricerca,<br />

solo di recente si affrontano i problemi <strong>del</strong><br />

paesaggio, come dimostrano gli studi sul<br />

Gargano dove sono presenti pochi resti di<br />

un immenso bosco noto nel medioevo 65 .<br />

Mi sembra opportuno rilevare che le considerazioni<br />

che saranno fornite nelle pagine<br />

successive tenteranno solo di arricchire<br />

ed innovare, come fonti storiche, quelle<br />

che si sono prodotte realmente sul terreno.<br />

1) Cfr. J. M. MARTIN-G. NOYE, La Capitanata nella <strong>storia</strong><br />

<strong>del</strong> Mezzogiorno mediedievale, Bari 1991, passim.


2) Tali fenomeni sono ottimamente<br />

descritti da C. WICKHAM, Castelli e<br />

incastellamento nell’Italia centrale: la<br />

problematica storica, in R. FRANCO-<br />

VICH(ed.), <strong>Archeologia</strong> e <strong>storia</strong> <strong>del</strong><br />

Medioevo italiano, Urbino 1987, p.<br />

94. Ho dovuto invertire i primi due<br />

punti, anche se non è da escludere<br />

che essi possono convivere per ragioni<br />

intrinseche alla natura e all’atteggiamento<br />

<strong>del</strong>l’insediamento di<br />

farsi fortificare: M. DEL TREPPO,<br />

Frazionamento <strong>del</strong>l’unità curtense,<br />

incastellamento e formazioni signorili<br />

sui beni <strong>del</strong>l’Abbazia di San Vincenzo<br />

al Volturno tra X e XI secolo, in<br />

G. ROSSETTI(ed.), Forme di potere e<br />

struttura sociale in Italia nel Medioevo,<br />

Bologna 1977, p. 286 sgg.; in<br />

questo studio l’autore ipotizzò che i<br />

Longobardi si fossero insediati in<br />

antichi <strong>castelli</strong> romani per far fronte<br />

ad infiltrazioni bizantine. Per tutta<br />

questa problematica si vedano i<br />

fondamentali saggi di M. DEL<br />

TREPPO, La vita economica e sociale<br />

in una grande abbazia <strong>del</strong> Mezzogiorno:<br />

San Vincenzo al Volturno<br />

nell’Alto Medioevo, in Archivio<br />

Storico per le Province Napoletane,<br />

LXXXIV, 1956, pp. 31-110; A. A.<br />

SETTIA, Castelli e villaggi nell’Italia<br />

padana. Popolamento, potere e sicurezza<br />

fra IX e XIII secolo, Napoli<br />

1984; C. WICKHAM, I1 problema<br />

<strong>del</strong>l’incastellamento nell’Italia centrale.<br />

L’esempio di San Vincenzo al Volturno,<br />

Studi sulla società degli Appennini<br />

nell’alto medioevo. II, Firenze<br />

1985; in parallelo L. FELLER,<br />

Casaux et castra dans les Abruzzes:<br />

NOTE AL CAPITOLO PRIMO<br />

San Salvatore a Maiella et San Clemente<br />

a Casauria (XIe-XIIIe siècle),<br />

in Mèlanges de l’Ecole Française de<br />

Rome-Moyen Age-Temps Modernes,<br />

97, 1985, pp. 185-192; ID., L’“incastellamento”<br />

inachevé des Abruzzes,<br />

in <strong>Archeologia</strong> Medievale, XVI,<br />

1989, pp. 121-136; P. NATELLA-P.<br />

PEDUTO, Il problema <strong>del</strong>l’insediamento<br />

e il sistema castrense altomedievale,<br />

in Atti <strong>del</strong> IV Congresso<br />

Internazionale. Castelli e vita di Castello.<br />

Testimonianze storiche e progetti<br />

ambientali, (Napoli-Salerno,<br />

ottobre 1985), Castella 45, Roma<br />

1994, pp. 401-412.<br />

3) P. CORSI, La spedizione italiana di<br />

Costante II, Bologna 1977.<br />

4) A. GUILLOU, Città e campagna<br />

nell’Italia meridionale bizantina:<br />

(VI-XI secolo). Dalle collettività rurali<br />

alla collettività urbana, in Habitat<br />

-Strutture-Territorio, Atti <strong>del</strong> III<br />

Convegno Internazionale di Studi<br />

sulla Civiltà Rupestre medievale nel<br />

Mezzogiorno, Galatina 1978, pp.<br />

27-40; ID., La Puglia e Bisanzio, in<br />

C. D. FONSECA(ed.), La Puglia tra<br />

Bisanzio e l’Occidente, Milano 1980,<br />

pp. 5-36.<br />

5) BERNARDUS MONACHUS FRANCUS,<br />

Itinerarium in loca sancta anno 870<br />

factum, in T. TOBLER-A. MOLI-<br />

NIER(eds.), Itinera Hierosolymitana<br />

latina, I, 1879, p. 310.<br />

6) Sull’emirato barese, G. MUSCA,<br />

L’emirato di Bari (847-871), Bari<br />

1964.<br />

7) A. GUILLOU, La seconda colonizzazione<br />

bizantina nell’Italia meridionale,<br />

in La civiltà rupestre medievale<br />

— 33 —<br />

nel Mezzogiorno d’Italia: ricerche e<br />

problemi, Atti <strong>del</strong> I Convegno Internazionale<br />

di studi sulla Civiltà<br />

Rupestre medievale nel Mezzogiorno<br />

d’Italia, Genova 1975, pp. 27-44;<br />

ID., Aspetti <strong>del</strong>la civiltà bizantina in<br />

Italia. Società e Cultura, Bari 1977;<br />

V. VON FALKENHAUSEN, La dominazione<br />

bizantina nell’Italia meridionale<br />

dal IX all’XI secolo, Bari<br />

1978. Su Taranto, EAD., Taranto in<br />

epoca bizantina, in Studi Medievali,<br />

IX, 1968, in part. pp. 138-139 e<br />

PASSIM.<br />

8) R. LICINIO, Bari e il suo castello:<br />

scelte insediative problemi politici,<br />

funzioni istituzionali. Parte I. Dall’età<br />

prenormanna agli ultimi svevi,<br />

in Annali <strong>del</strong>la Facoltà di Lettere e<br />

Filosofia <strong>del</strong>l’Università degli Studi<br />

di Bari, XXX, 1988, p. 221 sgg.<br />

9) Codice Diplomatico Barese, V, n.<br />

32, a. 1099.<br />

10) J. M. MARTIN-G. NOYÈ, Vaccarizza<br />

(Monte Castellaccio, comune di<br />

Troia, prov.di Foggia), in Mèlanges<br />

de l’Ecole Française de Rome, Moyen-<br />

Age, 98, 1986, pp. 1225-1231; G.<br />

NOYÈ, Recherches sur le site de Vaccarizza,<br />

in Profili <strong>del</strong>la Daunia Antica,<br />

II, Foggia 1986, pp. 91-115.<br />

11) Cfr. R. LICINIO, Castelli Medievali.<br />

Puglia e Basilicata: dai Normanni a<br />

Federico II e Carlo I d’Angiò, Bari<br />

1994, passim.<br />

12) J. M. MARTIN, L’ impronta normanna<br />

sul territorio, in I Normanni<br />

popolo d’Europa. MXXX-MCC, a<br />

cura di M. D’Onofrio, Venezia<br />

1994, p. 216.<br />

13) R. LICINIO, Bari e il suo castello...,


<strong>Archeologia</strong> e Storia <strong>dei</strong> <strong>castelli</strong> di Basilicata e Puglia<br />

cit. a nota 8, p. 228.<br />

14) G. BACILE DI CASTIGLIONE, Castelli<br />

pugliesi, Roma 1927, p. 42. Sul<br />

castello di Bari è in corso di stampa<br />

una monografia specifica di M. S.<br />

Calò Mariani, G. B. De Tommasi,<br />

R. Iorio, R. Licinio e R. Mola, ma<br />

si vedano G. PETRONI, Della <strong>storia</strong><br />

di Bari dagli antichi tempi sino<br />

all’anno 1856, I-II, Napoli 1857-<br />

58; M. GERVASIO, Il castello di Bari,<br />

Bari 1927; F. SCHETTINI, Per la <strong>storia</strong><br />

<strong>del</strong> castello di Bari, in Archivio<br />

Storico Pugliese, I, 1948, pp. 121-<br />

133; ID., Il Castello di Bari, Bari<br />

1964; A. HASELOFF, in Architettura<br />

sveva nell’Italia meridionale, a cura<br />

di M. S. CALÒ MARIANI, Bari,<br />

1992, Appendice, pp. 411-429.<br />

15) Cfr. Capitolo Quarto, p. 108.<br />

16) A. WILLEMSEN, I <strong>castelli</strong> di Federico<br />

II nell’Italia meridionale, Napoli<br />

1979, p. 27; M. S. CALÒ MARIANI,<br />

in F. TATEO(ed.), Storia di Bari. 2.<br />

Dalla conquista normanna al ducato<br />

sforzesco, Roma-Bari 1990, p. 328<br />

sgg.<br />

17) A. FORNARO, in AA.VV., Restauri<br />

in Puglia, II, Fasano 1986, fig.<br />

8.50.<br />

18) Per l’acroma e l’invetriata policroma,<br />

M. R. SALVATORE, Ceramica<br />

medievale da alcuni restauri e recuperi<br />

in Puglia e Basilicata, in Faenza,<br />

XVI, 1980, pp. 51-57; quanto alla<br />

protomaiolica ho avuto modo di<br />

riscontrarne la presenza seguendo<br />

su richiesta <strong>del</strong> Soprintendente ai<br />

BAAAS <strong>del</strong>la Puglia arch. Roberto<br />

di Paola, l’estensione <strong>dei</strong> saggi di<br />

scavo sotto la Gipsoteca nel luglioagosto<br />

1993; per la graffita, un<br />

esemplare è pubblicato in AA.VV.,<br />

Restauri in Puglia..., cit. a nota 17,<br />

fig. 8.53. Altri dati, da rivedere,<br />

sono in A. FORNARO-M. G. DI<br />

CAPUA, Castello, in AA.VV., <strong>Archeologia</strong><br />

di una città. Bari dalle origini<br />

al X secolo, Bari 1988, pp. 574-<br />

580.<br />

19) A. PEPE, in F. TATEO(ed.), Storia di<br />

Bari..., cit. a nota 16, p. 348, fig.<br />

55. Recenti scavi (1991) hanno presentato<br />

le medesime stratificazioni.<br />

A propo<strong>sito</strong> <strong>del</strong>la continuità inse-<br />

diativa, tema assai caro all’archeologia<br />

stratigrafica e alla <strong>storia</strong>, significativa<br />

è la notizia <strong>del</strong> monaco Giovanni<br />

e di Romualdo salernitano<br />

per cui i Normanni edificarono i<br />

<strong>castelli</strong> in quei luoghi conquistati<br />

lasciandone la denominazione<br />

immutata: JOHANNES MONACHUS<br />

S. VINCENTII, Chronicon Vulturnense,<br />

in F.S.I., I, ed. V. FEDERI-<br />

CI, Roma 1925, p. 231; ROMUAL-<br />

DUS SALERNITANUS, Chronicon, in<br />

R.I.S, ed. C. A. GARUFI, VII, parte<br />

I, Città di Castello 1909-1935, p.<br />

197.<br />

20) Cit. a nota 14.<br />

21) J. M. MARTIN-G. NOYÈ, La Capitanata...,<br />

cit. a nota 1, ma si confrontino<br />

le considerazioni di P.<br />

CAMMAROSANO, Problemi di convergenza<br />

interdisciplinare nello studio<br />

<strong>dei</strong> <strong>castelli</strong>, in R. COMBA-A. A.<br />

SETTIA(eds.), Castelli. Storia e archeologia,<br />

Torino 1984, pp. 11-25.<br />

22) M. S. CALÒ MARIANI, <strong>Archeologia</strong>,<br />

<strong>storia</strong> e <strong>storia</strong> <strong>del</strong>l’arte medievale in<br />

Capitanata, in A. HASELOFF, cit. a<br />

nota 14, p. XX.<br />

23) J. MERTENS, Deux monuments d’èpoque<br />

mèdièvale à Ordona (Apulie),<br />

in Bullettin de 1’Institut Historique<br />

Belge de Rome, 44, 1974, pp. 405-<br />

421.<br />

24) F. SARRE, L’arte mussulmana nel sud<br />

<strong>del</strong>l’Italia e in Sicilia, in Archivio<br />

Storico per la Calabria e la Lucania,<br />

III, 1933, pp. 441-447; D. WHITE-<br />

HOUSE, Ceramiche e vetri medioevali<br />

provenienti dal Castello di Lucera, in<br />

Bollettino d’Arte, 1966, p. 176 e fig.<br />

29; U. SCERRATO, Arte islamica in<br />

Italia, in di F. GABRIELI-U. SCER-<br />

RATO(eds.), Gli Arabi in Italia, Milano<br />

1979, in particolare le pp.<br />

399-344 (figg. 280-286-287-288-<br />

364-365-366).<br />

25) D. B. JONES, Apulia. Neolithic Settlements<br />

in the Tavoliere, I, London<br />

1987, p. 143 sgg.; M. D. MARIN,<br />

Un angolo <strong>del</strong>la Daunia anteriore al<br />

periodo federiciano: Teanum Apulum,<br />

Luceria, Arpi, in Federico II e<br />

Fiorentino, Atti <strong>del</strong> Primo Convegno<br />

di Studi Medievali <strong>del</strong>la Capitanata,<br />

a cura di M. S. Calò Maria-<br />

— 34 —<br />

ni, Galatina 1985, pp. 55-77; cfr. il<br />

volume Lucera dal tardoantico<br />

all’Altomedioevo, Atti <strong>del</strong> Diciottesimo<br />

Convegno <strong>del</strong>la Storia <strong>del</strong> cristianesimo<br />

in Puglia, Lucera 1987.<br />

26) V. DEL POZZO, Il castello lucerino,<br />

Napoli 1858; B. COLASANTO, Storia<br />

<strong>del</strong>l’antica Lucera, Lucera 1894; G.<br />

GIFUNI, La fortezza di Lucera, in Le<br />

vie d’Italia, XXXIX, 1933, pp. 925-<br />

932; S. FOLLIERO, Il castello di Lucera,<br />

in Bollettino <strong>del</strong>l’Istituto Militare<br />

<strong>del</strong>l’Arma e <strong>del</strong> Genio, 17,<br />

1951, pp. 39-51; L. SANTORO, Castelli<br />

angioini e aragonesi nel Regno<br />

di Napoli, Milano 1982, pp. 56-60.<br />

27) P. EGIDI, La colonia saracena di<br />

Lucera e la sua distruzione, in Archivio<br />

Storico per le Province Napoletane,<br />

1911, pp. 597-697; ID.,<br />

Codice Diplomatico <strong>dei</strong> Saraceni di<br />

Lucera (1285-1343), Napoli 1917;<br />

A. ABBATANTUONO, I Saraceni in<br />

Puglia, in Japigia, II, 1931, pp.<br />

328-339; R. BEVERE, Ancora sulla<br />

causa <strong>del</strong>la distruzione <strong>del</strong>la colonia<br />

saracena di Lucera, in Archivio Storico<br />

per le Province Napoletane, 60,<br />

1935, pp. 222-228; F. GABRIELI, La<br />

colonia saracena di Lucera e la sua<br />

fine, in Archivio Storico Pugliese,<br />

XXX, 1977, pp. 169-175.<br />

28) La Calò Mariani, nell’introduzione<br />

all’opera di Haseloff, cit. a nota 22,<br />

p. XXX, riferisce anche <strong>del</strong>la presenza<br />

<strong>del</strong> «capannone da guerra, le<br />

logge <strong>dei</strong> carpentieri e degli scalpellini,<br />

la fucina <strong>del</strong> fabbro, le scuderie»,<br />

il cui studio può davvero fornirci<br />

indicazioni utili per lo studio<br />

<strong>del</strong>la fortezza. Sulla valutazione <strong>del</strong><br />

depo<strong>sito</strong> archeologico, si consulti J.<br />

D. B. JONES, Apulia..., cit. a nota<br />

25, fig. 75 (è calcolato in circa m.<br />

2,60).<br />

29) G. P. BROGIOLO, <strong>Archeologia</strong> <strong>del</strong>l’edilizia<br />

storica, Como 1988; R.<br />

FRANCOVICH-R. PARENTI(eds.), <strong>Archeologia</strong><br />

e restauro <strong>dei</strong> monumenti, I<br />

Ciclo di lezioni sulla Ricerca applicata<br />

in archeologia, Firenze 1988; T.<br />

MANNONI, Caratteri costruttivi <strong>del</strong>l’Edilizia<br />

storica (<strong>Archeologia</strong> <strong>del</strong>l’Architettura),<br />

Genova 1994.<br />

30) A. A. SETTIA, Castelli medievali, un


problema storiografico, in Quaderni<br />

medievali, 5, 1978, p. 117.<br />

31) Seminario <strong>del</strong> prof. Giovanni Coppola<br />

titolare <strong>del</strong>la Cattedra di Storia<br />

<strong>del</strong>l’architettura e <strong>del</strong>l’urbanistica<br />

medievali presso la Scuola di Specializzazione<br />

in <strong>Archeologia</strong> <strong>del</strong>l’Università<br />

<strong>del</strong>la Basilicata, a.a. 1993/94.<br />

32) Cfr. P. NOËL, Technologie de la Pierre<br />

de Taille, in Dictionaire des termes<br />

couramment employès dans l’extraction,<br />

l’emploi et la conservation de la<br />

pierre de taille, Paris 1968, p. 67; J.<br />

C. BESSAC, L’outillage traditionnel<br />

du tailleur de pierre de l’Antiquitè à<br />

nos jours, in Revue Archelogique de<br />

Narbonnaise, suplement 14, 1987,<br />

pp. 76-85. Ringrazio il prof. Giovanni<br />

Coppola per avermi fornito<br />

questi due importanti contributi.<br />

33) Un’indagine sistematica con relativa<br />

classificazione <strong>dei</strong> contrassegni lapicidi<br />

è stata recentemente condotta<br />

su numerosi monumenti normanni.<br />

A tal propo<strong>sito</strong> si consulti: G.<br />

COPPOLA-J. Y. MARIN, Les signes<br />

lapidaires sur les monuments de Caen<br />

(XIe-XIIe), in Revue Archeologique<br />

de l’Ouest, 7, 1990, pp. 101-109.<br />

34) A. HASELOFF, cit. a nota 14, pp.<br />

300-304 e fig. 57.<br />

35) Gli interventi non sono <strong>del</strong> tutto<br />

pianificati, poiché legati ancora alle<br />

indagini che vengono effettuate nei<br />

monumenti per conto <strong>del</strong>le soprintendenze<br />

e in scavi di emergenza.<br />

Cfr. solamente A. AMBROSI-E. DE-<br />

GANO, Les marques des tailleurs de<br />

pierre au Moyen-Age dans les<br />

Pouilles, in Acta <strong>del</strong> Coloquio Intenacional<br />

de glyptografia de Potevedra<br />

(Julio 1986), 1988, pp. 497-<br />

507.<br />

36) Si vedano seguenti lavori apparsi<br />

nella rivista <strong>Archeologia</strong> Medievale:<br />

F. BONORA, Nota su un’archeologia<br />

<strong>del</strong>l’edilizia, VI, 1979, pp.171-182;<br />

I. FERRANDO CABONA, Tecniche<br />

d’indagine per un’archeologia <strong>del</strong>l’edilizia<br />

povera. L’analisi dendrocronologica,<br />

VIII, 1981, pp. 605-620; D.<br />

ANDREWS, L’archeologia <strong>del</strong>la città<br />

bassomedievale, X, 1983, pp. 125-<br />

142; S. FOSSATI, Possibilità di datare<br />

complessi di mattoni, XI, 1984, p.<br />

395; T. MANNONI, Metodi di datazione<br />

<strong>del</strong>l’edilizia storica, XI, 1984,<br />

pp. 396-404; S. FOSSATI, La datazione<br />

<strong>dei</strong> mattoni: una proposta di<br />

metodo, XII, 1985, pp. 731-736; T.<br />

MANNONI, <strong>Archeologia</strong> <strong>del</strong>la. produzione,<br />

XIV, 1987, pp. 559-564; I.<br />

FERRANDO CABONA-T. MANNONI-<br />

R. PAGELLA, Cronotipologia, XVI,<br />

1989, pp. 647-662; R. RICCI, Composizione<br />

e datazione <strong>del</strong>le malte e<br />

degli intonaci in Liguria. Nota 1,<br />

XVI, 1989, pp. 663-674; F. GHI-<br />

SLANZONI-D. PITTALUGA, Un metodo<br />

di datazione <strong>del</strong> patrimonio edilizio:<br />

la curva mensiocronologica <strong>dei</strong><br />

mattoni in Liguria, XVI, 1989, pp.<br />

675-682; D. PITTALUGA-F. GHI-<br />

SLANZONI, Mensiocronologia <strong>dei</strong><br />

mattoni: la statistica applicata all’analisi,<br />

XVIII, 1991, pp. 683-686.<br />

37) Secondo una scheda <strong>del</strong>l’Insegnamento<br />

di <strong>Archeologia</strong> Medievale<br />

<strong>del</strong>l’Università di Siena (prof. Riccardo<br />

Francovich).<br />

38) R. PARENTI, Le tecniche di documentazione<br />

per una lettura grafica <strong>del</strong>l’elevato,<br />

in di R. FRANCOVICH-R.<br />

PARENTI(eds. ), <strong>Archeologia</strong> e restauro<br />

<strong>dei</strong> monumenti..., cit. a nota 29,<br />

pp. 249-279. Nel testo è stata utilizzata<br />

la terminologia fornita in P.<br />

ROCKWELL, Lavorare la pietra,<br />

Roma 1989; U. MENICALLI, I materiali<br />

<strong>del</strong>l’edilizia storica, Roma<br />

1992.<br />

39) R. FRANCOVICH-S. GELICHI, <strong>Archeologia</strong><br />

e <strong>storia</strong> di un monumento<br />

mediceo. Gli scavi nel “cassero” senese<br />

<strong>del</strong>la Fortezza di Grosseto, Bari<br />

1980. Della presenza di un “muro”<br />

di terra in Puglia, ad Egnazia, si è<br />

data notizia (con riferimenti stratigrafici)<br />

in P. RESCIO, Città altomedievali:<br />

prima valutazione di depositi<br />

archeologici, elaborato per la<br />

Cattedra di Metodologia e tecnica<br />

<strong>del</strong>lo scavo, Scuola di Specializzazione<br />

in <strong>Archeologia</strong>, Università<br />

<strong>del</strong>la Basilicata, a. a. 1993/94. Relatore<br />

Prof. Paul Arthur.<br />

40) H. BLAKE, Archelogia e <strong>storia</strong>, in<br />

Quaderni Medievali, 12, 1981, pp.<br />

136-151.<br />

41) A. A. SETTIA, Castelli medievali...,<br />

— 35 —<br />

<strong>Archeologia</strong> e <strong>storia</strong> <strong>dei</strong> <strong>castelli</strong><br />

cit. a nota 30, passim.<br />

42) F. D’ANGELO, Ceramica e vetro, in<br />

Uomo e ambiente nel Mezzogiorno<br />

normanno-svevo, Atti <strong>del</strong>le ottave<br />

giornate normanno-sveve, Bari<br />

1989, pp. 273-291.<br />

43) Ibidem.<br />

44) A<strong>del</strong>fia: AA.VV., Restauri in Puglia...,<br />

cit. a nota 17, pp. 15-16;<br />

Rutigliano: R. DE VITA(ed.), Castelli,<br />

torri ed opere fortificate di Puglia,<br />

Bari 1984 (2 a edizione), s.v.<br />

45) E. STHAMER, Dokumente zur Geschichte<br />

der Kastellbauten. Kaiser<br />

Friedrich II. und Karl I.von Anjou<br />

(Ergänzungsband II, in Die Bauten<br />

der Hoenstaufen in Unteritalien),<br />

band II, Apulien und Basilicata,<br />

Leipzig 1926, n. 573 e 584.<br />

46) G. DE TOMMASI, Mola di Bari<br />

(BA), Castello, in AA.VV., Restauri<br />

in Puglia..., cit., a nota 17, pp. 178-<br />

182.<br />

47) R. SALVATORE, Ceramica..., cit. a<br />

nota 18, p. 255.<br />

48) G. SCALERA, Notizie storiche sulla<br />

terra di San Nicandro di Bari, Palo<br />

<strong>del</strong> Colle (Ba) 1900. Sul problema<br />

<strong>del</strong>la datazione <strong>del</strong>la torre di Castiglione<br />

si veda E. DEGANO, Caratteristiche<br />

tipologiche e costruttive<br />

di Torre di Castiglione, in V. L’AB-<br />

BATE(ed.), Società, cultura, economia<br />

nella Puglia medievale, Bari 1985,<br />

pp. 337-354.<br />

49) Codice Diplomatico Barese, VI, n.<br />

74, a. 1242; G. BACILE DI CASTI-<br />

GIONE, Castelli pugliesi..., cit. a nota<br />

14, p. 251.<br />

50) F. CARABELLESE, I1 restauro angioino<br />

<strong>dei</strong> <strong>castelli</strong> di Puglia, in l’Arte, XI,<br />

1908, pp. 367-372; nello stesso<br />

anno si trova confermato a Jannoctus<br />

de Culant, figlio di Arnolfo; nel<br />

1283 a Guido de Arcellis e ad Iverio<br />

de Mignach; nel 1289 ad AnseImo<br />

de Chevreuse (Caprosia); nel 1293 a<br />

Baldovino d’Alagni, sino a ritornare<br />

nel 1415 alla Basilica di San Nicola.<br />

51) AA. VV., Restauri in Puglia..., cit. a<br />

nota 17, pp. 203-225.<br />

52) G. MAETZKE, Problemi relativi allo<br />

studio <strong>del</strong>la ceramica nell’Italia meridionale<br />

nei secoli XI-XIII, in Ruggero<br />

il Gran Conte e l’inizio <strong>del</strong>lo


<strong>Archeologia</strong> e Storia <strong>dei</strong> <strong>castelli</strong> di Basilicata e Puglia<br />

Stato normanno, Atti <strong>del</strong>le seconde<br />

giornate normanno-sveve, Bari<br />

1991 (2 a edizione), pp. 79-104.<br />

53) Cfr. a propo<strong>sito</strong> S. DI LERNIA,<br />

L’indicatore ceramico nell’archeologia<br />

mineraria: il caso-studio <strong>del</strong>la Defensola-Vieste<br />

(FG), in Rassegna di<br />

<strong>Archeologia</strong>, 11, 1993, pp. 45-65.<br />

54) P. RESCIO, Trani (Bari). Castello, in<br />

Taras, XIV, 1, 1994, pp. 164-166.<br />

Su Salapia cfr. P. RESCIO, Reperti<br />

ceramici da Salapia medievale, in la<br />

Capitanata, XXV, 1997, pp. 315-<br />

348.<br />

55) Brindisi: S. PATITUCCI UGGERI, La<br />

ceramica a Brindisi in epoca federiciana,<br />

in Federico II..., a cura di M.<br />

S. CALÒ MARIANI, cit. a nota 28,<br />

pp. 221-225; Oria: R. FORLEO,<br />

Oria e il suo castello medievale, in<br />

Rassegna Tecnica Pugliese, 6, 1907,<br />

pp. 82-92.<br />

56) G. ABATINO, Il castello di Manfredonia,<br />

in Napoli Nobilissima, XI,<br />

1902, pp. 44-45; A. HASELOFF, Architettura<br />

sveva...,cit. a nota 14, pp.<br />

387-407; L. SANTORO, Castelli angioini<br />

e aragonesi..., cit. a nota 26,<br />

passim.<br />

57) D. MORENO, Dal documento al terreno.<br />

Storia e archeologia <strong>dei</strong> sistemi<br />

agro-silvo-pastorali, Bologna 1990.<br />

58) R. BECHMANN, Le radici <strong>del</strong>le cattedrali,<br />

Casale Monferrato 1984, pp.<br />

1-117; M. MONTANARI, Uomini,<br />

terre, boschi nell’Occidente medievale,<br />

Catania 1992.<br />

59) P. CORRAO, Boschi e legno, in Uomo<br />

e ambiente..., cit. a nota 40, pp.<br />

135-164; sull’amministrazione <strong>dei</strong><br />

boschi, B. CASCELLA, I “magistri<br />

forestarii” e la gestione <strong>del</strong>le foreste, in<br />

R. LICINIO(ed.), Castelli, foreste e<br />

masserie. Potere centrale e funzionari<br />

periferici nella Puglia <strong>del</strong> XIII secolo,<br />

Bari 1991, pp. 47-94.<br />

60) A tal propo<strong>sito</strong> si segnalano gli<br />

interventi apparsi su “Quaderni<br />

Storici”, n° 49 e 62 rispettivamente<br />

<strong>del</strong> 1992 e <strong>del</strong> 1986. D. MORENO,<br />

Storia e archeologia forestale; O.<br />

RACKHAM, Boschi e <strong>storia</strong> <strong>dei</strong> sistemi<br />

silvo pastorali in Inghilterra; F.<br />

SIGAUT, Gli alberi da foraggio in<br />

Europa: significato tecnico ed economico;<br />

E. CORENA, Il contributo <strong>del</strong>la<br />

dendocronologia alla <strong>storia</strong> <strong>del</strong> paesaggio<br />

silvo-pastorale cisalpino (XVI-<br />

XIX secolo); G. FILIPPI, Un canale<br />

per la fluitazione nell’appennino<br />

bolognese. Primi rilievi; P. PIUSSI,<br />

Utilizzazione <strong>del</strong> bosco e trasformazione<br />

<strong>del</strong> paesaggio. Il caso di Montefalcone<br />

(XVII-XIX secolo); H.<br />

KILIANN, Una innovazione selvicolturale:<br />

l’introduzione <strong>del</strong>la sega nell’Europa<br />

centro-settentrionale (XV-<br />

XIX secolo); D. MORENO, Querce come<br />

olivi. Sulla rovericoltura in Liguria<br />

tra XVIII e XIV secolo; S.<br />

ANSELMI-E. BIONDI-R. PACI, Foreste<br />

e boschi nella bassa Vallesina <strong>del</strong><br />

’400: fonti cartografiche e resti subfossili.<br />

Su “Quaderni Storici”, 62,<br />

1986; D. MORENO, Boschi, <strong>storia</strong> e<br />

archeologia. Riprese, continuità, attese;<br />

P. PIUSSI-S. STIAVELLI, Dal documento<br />

al terreno. <strong>Archeologia</strong> <strong>del</strong><br />

bosco <strong>del</strong>le Pianora (colline <strong>del</strong>le<br />

Cerbaie, Pisa); P. DI MARTINO,<br />

“Pascoli boscosi <strong>del</strong> Molise”. Pratiche<br />

silvo-pastorali nella foresta di Montedimezzo<br />

(XVII-XIX secolo); M.<br />

AGNOLETTI-E. TOGNOTTI-A. ZAN-<br />

ZI SULLI, Appunti per una <strong>storia</strong> <strong>del</strong><br />

trasporto di legname in Val di Fiem-<br />

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sRddcddcddcddddddddddcddddHw<br />

— 36 —<br />

me; J. D. HUGHES, Storici e <strong>storia</strong><br />

ambientale. L’“American Society for<br />

Enviromental History”; W. LIN-<br />

NARD, Testimonianze etnografiche e<br />

<strong>storia</strong> forestale: il caso <strong>del</strong> Galles.<br />

Per l’Italia meridionale si veda: R.<br />

TRIFONE, Diritti d’uso <strong>del</strong>le foreste,<br />

Napoli 1913; P. TOUBERT, Paysages<br />

ruraux et techniques des production<br />

en Italie Mèridionale dans la seconde<br />

moitiè du XII siècle, in Potere Società<br />

e Popolo nell’età <strong>dei</strong> due Guglielmi,<br />

Atti <strong>del</strong>le quarte giornate normanno-sveve,<br />

Bari 1981, pp. 201-229;<br />

M. MONTANARI, Campagne medievali,<br />

Torino 1984; AA. VV., Il bosco<br />

nel Medioevo, Bologna 1988.<br />

61) H. ZUG TUCCI, La caccia da bene<br />

comune a privilegio, in Storia d’Italia.<br />

Annali 6, Torino 1983, pp.<br />

399-445; B. CASCELLA, I “magistri<br />

forestarii”..., cit. a nota 59, p. 59; P.<br />

GALLONI, Il cervo e il lupo. Caccia e<br />

cultura nobiliare nel Medioevo, Roma-Bari<br />

1993.<br />

62) Ibidem .<br />

63) R. LICINIO, L’organizzazione <strong>del</strong> territorio<br />

fra XIII e XIV secolo, in C. D.<br />

FONSECA(ed.), La Puglia tra Medioevo<br />

ed Età moderna.Città e Campagna,<br />

Milano 1981, pp. 226-228.<br />

64) Le ricerche, ancora in corso, sono<br />

dirette da chi scrive.<br />

65) Cfr. ad esempio, N. ANGELICCHIO-<br />

N. BISCOTTI-F. FIORENTINO, Paesaggio<br />

<strong>del</strong> Gargano, Fasano 1993;<br />

AA. VV., <strong>Archeologia</strong> <strong>del</strong> paesaggio,<br />

Firenze 1991.

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