Archeologia e storia dei castelli - Precedente versione del sito
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<strong>Archeologia</strong> e Storia <strong>dei</strong> <strong>castelli</strong> di Basilicata e Puglia<br />
latifolia) e tra la flora spontanea il lentisco<br />
(pistacia lentiscus), il rovo (rubus fruticosus),<br />
il cappero (capparis spinosa) e il mirto<br />
(mirtus communis).<br />
Un lavoro che l’archeologia dovrebbe<br />
compiere è quello di evidenziare, attraverso<br />
la toponomastica e la fotografia storica<br />
affiancate alla survey, le trasformazioni che<br />
ha subìto il paesaggio agrario. Poiché i<br />
boschi sono importanti per l’alimentazione<br />
umana e anche animale, possiamo<br />
comprendere che l’attuale forte antropizzazione<br />
<strong>del</strong>la copertura vegetale porta<br />
verso una falsa <strong>storia</strong> <strong>del</strong> <strong>sito</strong>. Una recente<br />
esperienza di scavo condotta dalla Scuola<br />
di Specializzazione in <strong>Archeologia</strong> <strong>del</strong>l’Università<br />
<strong>del</strong>la Basilicata nella Difesa<br />
San Biagio presso Montescaglioso, ha<br />
dimostrato che il bosco medievale (oggi<br />
scomparso) si impiantò su un insediamento<br />
classico conservando le vestigia antiche<br />
e i caratteri <strong>del</strong>la topografia naturale (stagni,<br />
depressioni, sistema viario) 63 ; pertanto<br />
il <strong>sito</strong> non è stato sempre necessariamente<br />
un bosco.<br />
Se, dunque, «un bosco è parte <strong>del</strong>la società<br />
locale» 64 esso può anche consentire una<br />
più agevole lettura <strong>del</strong> paesaggio (in quanto<br />
dimensione geografico-ambientale) suggerendone<br />
anche una possibile <strong>storia</strong>, e<br />
quindi far considerare quei fattori di degradazione<br />
che vengono inclusi nella <strong>storia</strong><br />
degli usi <strong>del</strong> suolo.<br />
La necessità di attingere all’osservazione<br />
etnografica, alla decifrazione toponomastica<br />
e all’iconografia storica per trovare i<br />
fondamenti di un’ipotesi di datazione <strong>del</strong>le<br />
strutture indagate, ha avuto significato<br />
— 32 —<br />
soprattutto per lo studio di quell’edilizia<br />
degli insediamenti abbandonati intesi<br />
come documenti storici per risposta ad<br />
alcuni problemi di utilizzo <strong>del</strong>le colture<br />
legnose nei centri abitati (si pensi alle<br />
campionature effettuate a Craco, Campomaggiore<br />
e Trani).<br />
Le ragioni <strong>del</strong>la trasformazione, dovute<br />
alla coltura seminativa e intensiva, non<br />
giustificherebbero più costruzioni di grandi<br />
<strong>castelli</strong>, giacché essi nacquero per vicinanza<br />
con piante d’alto fusto, che si conservano<br />
ancora in Basilicata, come il cerro<br />
(quercus cerris), il farnetto (quercus<br />
farnetto), e altre varietà di querce, castagni<br />
ed elci accompagnate da sparto (lygeum<br />
spartum), ginestra (genista saggittalis), asfo<strong>del</strong>o<br />
(aspho<strong>del</strong>ina liburnica) e, oltre i cento<br />
metri, faggeta (fagus silvatica) e abete bianco<br />
(abies alba).<br />
Ma se ciò resta un buon campo di ricerca,<br />
solo di recente si affrontano i problemi <strong>del</strong><br />
paesaggio, come dimostrano gli studi sul<br />
Gargano dove sono presenti pochi resti di<br />
un immenso bosco noto nel medioevo 65 .<br />
Mi sembra opportuno rilevare che le considerazioni<br />
che saranno fornite nelle pagine<br />
successive tenteranno solo di arricchire<br />
ed innovare, come fonti storiche, quelle<br />
che si sono prodotte realmente sul terreno.<br />
1) Cfr. J. M. MARTIN-G. NOYE, La Capitanata nella <strong>storia</strong><br />
<strong>del</strong> Mezzogiorno mediedievale, Bari 1991, passim.