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opinioni<br />

Referendum, un sì per picconare<br />

una legge antidemocratica<br />

Devo partire, come sempre, dalle<br />

cose che sento quotidianamente<br />

per strada e negli ambienti che<br />

frequento. C’è l’indeciso su votare o<br />

meno, chi non si pone nemmeno il<br />

problema; orecchiando in Tv ha sentito<br />

qualcuno dire che il referendum<br />

è inutile perché non si raggiungerà il<br />

“ quorum” (il 50+ 1 %) e quindi ha<br />

rimosso la cosa. C’è quello che voterà<br />

-no- ai tre quesiti, quello che voterà<br />

-sì- al terzo e- no- agli altri due e<br />

quelli., non sono pochi, che non sanno<br />

nemmeno di che si tratta.<br />

Purtroppo l’informazione cartacea,<br />

che è quella che consente di rifl ettere<br />

meglio sui fatti, non si è, in generale,<br />

spesa molto per chiarire la situazione<br />

legata al refrendum elettorale. Desidero,<br />

con questo breve scritto, contribuire<br />

a far chiarezza sull’opportunità<br />

che i quesiti presentano.<br />

Cominciamo col dire che i referendum<br />

sono previsti dalla nostra Carta<br />

costituzionale e che sono uno straordinario<br />

mezzo per dare la parola<br />

ai cittadini quando ritengano che<br />

il Parlamento non si sia occupato,<br />

come avrebbe dovuto, di un certo argomento.<br />

L’attuale legge elettorale,<br />

legge Calderoli da lui stesso successivamente<br />

ripudiata, è una norma<br />

che permette al leader di un partito<br />

di presentarsi come capolista in vari<br />

collegi, anche quando non abbia alcuna<br />

possibilità di ricoprire il posto<br />

per il quale si è presentato.( vedi i<br />

casi Berlusconi e di Pietro). La gente<br />

ha votato loro e si ritroverà, per quel<br />

posto, un’altra persona. Il che non è<br />

certo corretto.<br />

Ma c’è di più. Il secondo in graduatoria<br />

che subentra al vincitore si troverà<br />

in una posizione di sudditanza<br />

rispetto al votato e gli dovrà eterna<br />

gratitudine politica, gratitudine che<br />

si dovrebbe , invece, avere solo verso<br />

chi ti ha dato fi ducia votandoti. Uno<br />

dei quesiti del referendum vuole eliminare<br />

questo baratto indegno.<br />

Un secondo e un terzo quesito si riferiscono<br />

alla stessa cosa, uno per il<br />

Senato e l’altro per la Camera. La legge<br />

in vigore prevede che la coalizione<br />

di liste o partiti che ottengono il maggior<br />

numero di voti abbia un premio<br />

che porta alla coalizione il 55% dei<br />

seggi delle due Camere, indipendentemente<br />

dalla percentuale realmente<br />

ottenuta. Cosa comporta questa possibilità?<br />

Prima delle elezioni, i partiti<br />

si mettono assieme nella stessa lista<br />

per ottenere il premio in caso di vittoria<br />

e, poi, una volta fatto il pieno di<br />

seggi, riprendono la loro autonomia<br />

dal partito maggiore assumendo sovente<br />

posizioni di aperto contrasto<br />

con lo stesso. Questo è capitato con<br />

il Governo Prodi e i partiti della sinistra<br />

estrema; questo capita, a volte,<br />

al Pdl con la Lega.<br />

Un partito del 2/3% avrà sempre nel<br />

proprio dna l’istinto di essere visibile<br />

e di far vedere ai propri elettori che<br />

, anche su problemi condivisi dalla<br />

maggioranza, lui ha le sue idee e le<br />

esprime anche in dissenso con il leader<br />

della coalizione. La coerenza è<br />

una cosa preziosa tuttavia, sovente,<br />

le battaglie di principio nascondono<br />

interessi di bassa bottega.<br />

Ecco, questi due quesiti del referendum<br />

vogliono che il premio di<br />

maggioranza ( il 55%) non vada più<br />

alla coalizione maggiormente votata,<br />

ma al partito( lista) più votato. Se si<br />

costringono i partiti minori a confl uire<br />

in quello maggiore, si perderà sì<br />

un po’ di libertà ma saranno impediti<br />

tutti quei ricatti che rallentano,<br />

quando non vanifi cano, l’azione di<br />

governo.<br />

Teniamo presente che nulla vieta alle<br />

varie componenti di discutere all’interno<br />

del partito, anche su ogni argomento,<br />

ma poi ci si deve adeguare<br />

alle decisioni della maggioranza.<br />

Molte perplessità di tanti elettori<br />

AI<br />

sono aumentate quando il presidente<br />

Berlusconi ha detto che avrebbe<br />

votato sì al referendum e avrebbe , di<br />

conseguenza, fatto campagna elettorale<br />

a favore. Alcuni hanno pensato<br />

che con il premio di maggioranza il<br />

Pdl sarebbe diventato il padrone del<br />

paese. Sfuggiva , forse, il fatto che,<br />

già ora, la coalizione Pdl ha il 55%<br />

dei seggi in Parlamento e che nella<br />

sostanza nulla cambierebbe rispetto<br />

alla situazione attuale. Qualche<br />

giorno fa è intervenuto l’accordo, a<br />

proposito di ricatti, tra Berlusconi e<br />

Bossi che ha fatto fare marcia in dietro<br />

al Presidente del Consiglio sulla<br />

campagna elettorale a favore del referendum.<br />

Io penso che una richiesta fatta da<br />

820.000 nostri concittadini per dare<br />

i primi colpi di piccone ad una legge<br />

Calderoli da tutti, a parole, considerata<br />

antidemocratica al massimo, e,<br />

soprattutto, per costringere il Parlamento<br />

a realizzare una seria legge<br />

elettorale con l’apporto di tutti, sia<br />

una proposta da rispettare andando<br />

tutti a votare il 21/22, e votare, sì, ai<br />

3 quesiti.<br />

L’astensione , oltre a difendere la<br />

legge in vigore ( a parole da tutti<br />

disprezzata) , fi nisce per svuotare<br />

di senso il referendum, eccellente<br />

strumento di democrazia diretta voluto<br />

dal Costituente per bilanciare la<br />

possibile tirannia delle maggioranze<br />

parlamentari e dei governi in carica.<br />

Adriano Verlato<br />

responsabile del Comitato Provinciale<br />

per il Referendum elettorale<br />

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Forse mai come in questi giorni<br />

sono stato indeciso tra l’andare<br />

a votare al referendum e<br />

la prospettiva dell’astensione.<br />

Alla fine andrò alle urne, come<br />

ho sempre fatto in passato, ma<br />

con motivazioni che vanno al<br />

di là del semplice giudizio di<br />

merito sui quesiti proposti.<br />

Mi spiego: sono d’accordo con<br />

chi ritiene che l’attuale legge<br />

elettorale sia una porcata, per<br />

molte ragioni. Tanto per dirne<br />

una, il meccanismo delle liste<br />

bloccate e senza preferenze,<br />

che consegna tutto il potere decisionale<br />

alle segreterie di partito.<br />

Ma i tre referendum previsti<br />

rischiano di creare un sistema<br />

ancora peggiore. In particolare,<br />

se passano i due quesiti<br />

sul premio di maggioranza da<br />

assegnare alla lista più votata<br />

(invece che alla coalizione,<br />

come avviene ora), si permetterebbe<br />

ad un singolo partito<br />

di prendere il 55 per cento dei<br />

seggi. Se prendiamo come riferimento<br />

le ultime europee, il<br />

Pdl, con il 35 per cento dei voti,<br />

si accaparrerebbe da solo più<br />

della metà dei parlamentari<br />

(ma il discorso è valido anche<br />

nella remota ipotesi che fosse<br />

il Pd, un giorno, il partito più<br />

votato). Una mostruosità come<br />

neanche la Dc della “legge truffa”<br />

aveva immaginato, e che<br />

ha poco senso in un sistema<br />

politico articolato come quello<br />

italiano.<br />

Nelle democrazie rappresentative,<br />

i sistemi elettorali devono<br />

sempre giocare sul filo<br />

dell’equilibrio tra il principio<br />

della rappresentatività, in teoria<br />

garantito da un proporzionale<br />

puro, e quello della<br />

governabilità, favorito invece<br />

dal maggioritario secco. Qui,<br />

però, si esagera: e con il pretesto<br />

di garantire un governo<br />

solido si rischia di lasciare<br />

senza rappresentanza e senza<br />

voce in parlamento milioni di<br />

italiani.<br />

Quindi sono per il no, almeno<br />

per questi due quesiti (discorso<br />

a parte invece per il quesi-<br />

numero 154 de20 20 giugno 2009 pag 8<br />

E io dico No,<br />

ma andrò a votare<br />

to sulle preferenze, che chiede<br />

di eliminare le candidature<br />

multiple dei leader, e che mi<br />

vede d’accordo). E quindi, per<br />

come sono strutturati i nostri<br />

referendum, mi converrebbe<br />

starmene a casa in modo da<br />

far mancare il quorum. Solo<br />

che mi è capitato troppe volte<br />

di trovarmi dall’altra parte<br />

della barricata per non sapere<br />

quanto sia frustrante andare a<br />

votare e vedersi battuti da chi<br />

ha deciso di passare la giornata<br />

in spiaggia. Pur con tutti i<br />

loro limiti, i referendum sono<br />

uno dei pochi momenti in cui i<br />

cittadini hanno ancora la possibilità<br />

di incidere, direttamente,<br />

sulle scelte politiche di un<br />

sistema di partiti sempre più<br />

chiuso e arroccato in se stesso.<br />

E la strategia dell’astensione,<br />

a mio avviso, è una tattica che<br />

nel lungo periodo rischia solo<br />

di affossare quel poco di democrazia<br />

che ci è rimasta, perché<br />

mina quelli che dovrebbero essere<br />

i fondamenti della vita democratica:<br />

l’informazione (intesa<br />

come volontà e possibilità<br />

di informarsi) e la partecipazione.<br />

Una paese in cui la gente<br />

non va a votare non è un paese<br />

maturo, come sostengono gli<br />

innamorati del modello americano:<br />

è solo un paese in cui la<br />

gente non ha più fiducia nella<br />

classe politica (cosa non troppo<br />

difficile di questi tempi) e<br />

non vede prospettive di miglioramento<br />

per il proprio futuro.<br />

Dirò di più. Per i referendum<br />

il quorum andrebbe eliminato<br />

del tutto: se l’argomento ti interessa<br />

vai a votare, se non te<br />

ne frega niente vai al mare, ma<br />

poi non ti lamenti di quello che<br />

gli altri hanno deciso.<br />

E allora? Allora, turandomi un<br />

po’ il naso, andrò a votare no<br />

per due quesiti su tre. Anche se<br />

non mi conviene. Anche se rischio<br />

di far vincere chi non la<br />

pensa come me. È la democrazia,<br />

bellezza. O almeno quel che<br />

ne resta.<br />

Luca Matteazzi

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