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PE 042011_Layout 1 - Unione delle comunità ebraiche italiane

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P2 POLITICA / SOCIETÀ<br />

A confronto<br />

Valerio Mieli<br />

Facebook, il più conosciuto social network<br />

al mondo, nuovo strumento di comunicazione<br />

e condivisione che sta caratterizzando<br />

questa nostra epoca, è stato e<br />

continua a essere oggetto di molti studi.<br />

Ma oggi, alla luce del ruolo avuto nelle rivolte<br />

in Medio Oriente e in Nord Africa, si<br />

discute soprattutto del suo contributo alla<br />

democrazia, promosso attraverso la condivisione<br />

<strong>delle</strong> idee, lo scambio di informazioni,<br />

la capacità di unire voci lontane ma<br />

mosse da uguali sentimenti e valori.<br />

Dell’invenzione di Mark Zuckerberg abbiamo<br />

discusso con alcuni tecnici, studiosi<br />

del settore o semplici utenti di social network:<br />

Simone Mortara, consigliere della<br />

Comunità ebraica di Milano; Franco Calò,<br />

esperto in comunicazioni; Alex Zarfati, sociofondatore<br />

di iSayblog; David Piazza, designer<br />

grafico e gestore della newsletter<br />

Kolòt-Voci; Ascer Habib, tecnico informatico;<br />

Alan Naccache, coordinatore del dipartimento<br />

Educazione e Cultura<br />

dell’<strong>Unione</strong> <strong>delle</strong> Comunità Ebraiche Ita-<br />

u A ventisei anni Mark<br />

Zuckerberg, ideatore e<br />

fondatore del celebre Facebook,<br />

è uno dei giovani più influenti<br />

del mondo. La sua creatura,<br />

seconda solo a Google per<br />

accessi giornalieri, continua ad<br />

accogliere utenti. In molti, però,<br />

rinfacciano al social network<br />

gravi violazioni sul fronte della<br />

tutela della privacy.<br />

liane e Paolo Prestinari, disegnatore<br />

e realizzatore tecnico<br />

del Portale dell’ebraismo italiano<br />

www.moked.it.<br />

Concordi gli intervistati sui rischi<br />

che si corrono utilizzando<br />

in maniera superficiale e non<br />

consapevole i social network. E<br />

pressoché unanimi sulla soluzione,<br />

che risiede non nell’abbandono<br />

del mezzo, ma nel<br />

cercare di capirlo e conoscerlo<br />

meglio al fine di tutelare la propria privacy<br />

e quella dei propri amici. È per questo<br />

che Alex Zarfati, parla di “inevitabilità”.<br />

“Far parte del social network più diffuso al<br />

mondo - spiega - non è una questione di<br />

scelta o volontà, bisogna prenderne atto,<br />

è il segno dei tempi, restarne esclusi sarebbe<br />

come scegliere di non utilizzare<br />

l’auto perché pericolosa”.<br />

Riguardo alla sicurezza nel web Simone<br />

Mortara, Franco Calò e Paolo Prestinari,<br />

sottolineano il paradosso da parte degli<br />

utenti del presentarsi in Rete con molte<br />

meno precauzioni che nella vita reale. “In<br />

www.moked.it<br />

Facebook rendiamo pubbliche informazioni<br />

che ci riguardano,<br />

pubblichiamo foto dei nostri<br />

figli, condividiamo i nostri interessi<br />

e aspetti riservati della nostra<br />

vita quotidiana - dice<br />

Mortara - per questo ciò che potrebbe<br />

tendenzialmente rappresentare<br />

qualcosa di positivo<br />

diventa un rischio enorme se<br />

fatto senza la dovuta attenzione”.<br />

Gli fa eco Franco Calò, autore di un incisivo<br />

e inquietante intervento in cui, fra l’altro,<br />

afferma che “Facebook può rivelarsi l’atomica<br />

dei poveri, in grado per la prima<br />

volta nella storia dell’umanità di collegare<br />

intorno a una pagina dal titolo accattivante,<br />

un esercito transnazionale di dementi,<br />

frustrati, o violenti che<br />

semplicemente condividono la medesima<br />

follia. Superfluo sottolineare che l’antisemitismo<br />

su scala globale risponde in maniera<br />

imbarazzante a questa perversa<br />

descrizione e fin qui si parlava di come<br />

possono radunarsi tra loro. Dopo l’aggre-<br />

n. 4 | aprile 2011 pagine <strong>ebraiche</strong><br />

Facebook. Una rivoluzione a rischio<br />

È tra i protagonisti <strong>delle</strong> rivolte in Medio Oriente. Ma per le minoranze può rivelarsi anche una grave minaccia<br />

ú–– Daniel Reichel<br />

aveva più scelta, se<br />

accettare o rifiutare il<br />

“Non<br />

processo, vi era dentro<br />

e doveva difendersi. Se era stanco,<br />

tanto peggio”. Come Joseph K. nel<br />

libro Il Processo di Franz Kafka,<br />

chiunque entri nel labirinto di internet,<br />

difficilmente riuscirà ad uscirne.<br />

Questa la teoria dell’avvocato americano<br />

Daniel Solove, professore alla<br />

George Washington University e autore<br />

del libro La Persona Digitale:<br />

tecnologia e privacy nell’era dell’informazione<br />

digitale. Secondo Solove,<br />

la condizione dell’utente virtuale non<br />

somiglia tanto ad un gigantesco<br />

Grande fratello ma piuttosto al mondo<br />

surreale raccontato da Kafka. “Le<br />

caratteristiche del Processo sono impotenza,<br />

rabbia e ansia – spiega il<br />

professore al New York Times – è il<br />

senso di disagio di Joseph K. che si<br />

trova a combattere una burocrazia<br />

invisibile che possiede informazioni<br />

su di lui e di cui lui stesso non ha alcun<br />

controllo. Questo è abbastanza<br />

simile – continua Solove – alla fastidiosa<br />

impotenza che prova una per-<br />

sona davanti alla perdita della privacy<br />

condotta da alcune banche dati informatizzate”.<br />

La stessa frustrazione che avranno<br />

provato gli utenti di Facebook scoprendo<br />

che alcune applicazioni del<br />

celebre social network (come Farmville<br />

o Texas HoldEm Poker) inviavano<br />

informazioni sui loro dati<br />

sensibili a società terze. A scoprirlo,<br />

un’inchiesta del Wall Street Journal<br />

che lo scorso autunno accusava Zuc-<br />

u MARK ZUCKERBERG: Dalla sua stanza di Harvard ha creato il social network più<br />

conosciuto e utilizzato al mondo. Con oltre 500 milioni di utenti e 600 milioni di<br />

dollari di fatturato nel 2009, Facebook<br />

è oggi una <strong>delle</strong> più importanti<br />

realtà del mondo dei media. E Zuckerberg,<br />

grazie ai suoi successi, si è guadagnato<br />

anche la prima pagina del<br />

Time e la nomina a “uomo dell’anno<br />

2010”. Osannato e odiato questo ragazzo<br />

ebreo, classe 1984, si è ritagliato<br />

nello spazio di sette anni un<br />

posto d’onore fra i grandi della rete.<br />

Sulla sua presunta antipatia si sono<br />

spesi in tanti, non ultimo il noto film<br />

The Social Network che lo dipinge<br />

come un antieroe geniale quanto arrogante. Di vero c’è - come racconta il film -<br />

che ha dovuto sborsare ingenti somme per risarcire alcuni suoi ex soci, estromessi<br />

lungo la creazione dell’impero Facebook.<br />

kerberg & Co. di violare la privacy<br />

<strong>delle</strong> persone, fornendo ad agenzie<br />

pubblicitarie i dati contenuti nel Facebook<br />

Id, un codice numerico univoco<br />

con cui è possibile identificare<br />

ciascun utente. Il creatore di Facebook<br />

nega ogni responsabilità in merito<br />

all’accaduto, definendo un incidente<br />

l’imbarazzante fuga di informazioni.<br />

A parte il caso specifico, è<br />

però ormai noto che il mondo dei<br />

social network è diventato uno degli<br />

strumenti principali in mano alla<br />

grande industria pubblicitaria. Decine<br />

e decine di società setacciano il web,<br />

creando database virtuali in cui indicare<br />

preferenze, desideri, gusti di<br />

ogni persona. L’I Like di Facebook<br />

o la frase twittata come la semplice<br />

ricerca in Google contribuiscono alla<br />

creazione di un profilo utente-cliente<br />

che permetterà all’azienda di vestiti<br />

o al tour operator di conoscere ogni<br />

informazione utile sul cybernauta. E<br />

così appariranno sulla pagina web<br />

inserti pubblicitari su voli low cost<br />

per Acapulco o offerte dell’ultimo<br />

cellulare della tal marca.<br />

Se si pensa che gli oltre 500 milioni<br />

di iscritti a Facebook producono ogni<br />

mese più di 30 miliardi di commenti,<br />

foto o post di file audio, video, articoli<br />

e quant’altro, ci si può rendere<br />

conto della gigantesca mole di informazioni<br />

presenti in rete. Se poi accade,<br />

come nel caso della società californiana<br />

RapLeaf, che una persona<br />

dia il consenso alla trattazione dei<br />

dati sensibili per un determinato scopo<br />

e questi vengono sfruttati per altri<br />

fini, allora il gioco non ha più regole<br />

e difendersi diventa complicato. La<br />

RapLeaf, infatti, è stata accusata,<br />

sempre dal Wall Street Journal, di<br />

aver creato veri e propri dossier sui<br />

propri iscritti, con indirizzi email, numeri<br />

di telefono e di conto corrente,<br />

e averli venduti ad agenzie pubblicitarie<br />

e di marketing. Decisamente diverso<br />

lo scopo dichiarato dal servizio:<br />

offrire agli utenti informazioni sulla<br />

reputazione di altre persone, attraverso<br />

una ricerca incrociata fra email<br />

e database pubblici di servizi come<br />

Così i social network aiutano il dialogo tra le Comunità<br />

gazione, il meno folle indicherebbe la fase<br />

B, cioè lo stesso mezzo quale riserva di<br />

caccia in cui localizzare le ignare prede al<br />

pascolo. E qui se non cambia l’attuale<br />

trend, siamo messi molto male. Ingenui<br />

per natura, la stragrande maggioranza<br />

degli ebrei di Facebook, si sbraccia gioiosamente<br />

nella comunicazione senza freni,<br />

troppi quelli che incautamente rispondono<br />

‘ebreo’ alla domanda religione (praticamente<br />

memorizzando chissà dove un’autodenuncia<br />

che potrebbe spuntar fuori al<br />

momento meno adatto)”.<br />

Paolo Prestinari si limita a ricordare che<br />

“internet e le sue applicazioni ‘social’ richiedono<br />

attenzione in generale come le<br />

attività di relazione che intraprendiamo<br />

nella vita normale”.<br />

David Piazza, dal canto suo, cita le parole<br />

del rabbino capo del Regno Unito, Jonathan<br />

Sacks: “Si sta diffondendo anche in<br />

campo ebraico, un atteggiamento luddista<br />

che tende a considerare le novità in questo<br />

campo come ‘epocali’ o radicalmente<br />

diverse da quelle che le hanno precedute.<br />

In realtà, come ben spiega rav Sacks, ogni

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