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Libreria Alberto Govi - Libreria Antiquaria Alberto Govi

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Il testo si basa in gran parte su quello allestito da Nicolò Delfin per l’edizione di De Gregori del 1516, ma<br />

recupera anche le tre novelle pseudo-boccaccesche che furono pubblicate per la prima volta a Firenze da<br />

Filippo Giunta sempre nel 1516.<br />

L’edizione aldina del 1522 assurse a modello testuale e venne infatti utilizzata dai correttori della celebre<br />

ventisettana (Firenze, eredi di Filippo Giunta, 1527), ossia Bardo Segni, Pier Vettori, Baccio Cavalcanti e<br />

Francesco Guidetti, i quali, confrontando appunto il testo del 1522 con alcuni manoscritti, in particolate<br />

con l’autorevole codice Mannelli, approntarono la migliore edizione del Decameron fino ai tempi moderni.<br />

Ne è prova l’esemplare dell’edizione aldina, oggi conservato alla BNF, che conserva tutte le postille dei<br />

correttori fiorentini (cfr. M. Pacioni, Il paratesto nelle edizioni rinascimentali italiane del ‘Decameron’, in: “Dante,<br />

Petrarca, Boccaccio e il paratesto: le edizioni rinascimentali delle Tre Corone”, a cura di M. Santoro,<br />

Roma, 2006, p. 87; inoltre P. Trovato, Con ogni diligenza corretto. La stampa e le revisioni editoriali dei testi<br />

letterari italiani (1470-1570), Bologna, 1991, pp. 94-95 e 166).<br />

Edit16, CNCE6258. A. Bacchi della Lega, Serie delle edizioni delle opere di Giovanni Boccaccio, Bologna, 1875,<br />

p. 35. Gamba, 171. Renouard, 95/9. A. Cataldi Palau, Gian Francesco d’Asola e la tipografia aldina, Genova,<br />

1998, nr. 82. € 15.000,00<br />

27) BOCCACCIO, Giovanni (1313-1375). Il Decameron... Ricorretto in Roma, et Emendato<br />

secondo l’ordine del Sacro Conc. di Trento, e riscontrato in Firenze con Testi Antichi & alla sua vera<br />

lezione ridotto da’ Deputati di loro Alt. Ser... Firenze, Giunti, 1573.<br />

In 4to (cm 20,5); legatura di inizio Ottocento in mezza pergamena, dorso con duplice tassello rosso e blu<br />

con titolo e dati tipografici impressi in oro; pp. (32), 578, (3). Marca tipografica al titolo e numerosi iniziali<br />

istoriate. Piccola macchia alle pp. 197-198, antico timbro sul titolo, per il resto ottima copia.<br />

PRIMA EDIZIONE di questa celebre revisione del Decameron prodotta<br />

da un gruppo di deputati dell’Accademia Fiorentina guidati<br />

dal grande filologo volgare Vincenzo Borghini. Il progetto fu realizzato<br />

con la benedizione papale. Gli editori ebbero in sostanza il<br />

ruolo di censori e misero in pratica quanto enunciato nell’Indice<br />

tridentino del 1564 che imponeva la lettura del Decameron solo in<br />

versione espurgata. A selezionare i passaggi da epurare furono il<br />

Maestro del Sacro Palazzo, Tommaso Manriques, e il confessore di<br />

Pio V, Eustachio Locatelli. Dopo l’uscita dell’edizione, tuttavia, fu<br />

nominato un nuovo Maestro, Fra Paolo Costabili, per il quale la<br />

censura dei deputati non era andata abbastanza lontano. Di conseguenza,<br />

egli ordinò che l’edizione fosse rimossa dalla circolazione.<br />

Il divieto delle vendite dell’edizione del 1573 indusse i Giunti<br />

ad affidare a Leonardo Salviati una seconda versione riveduta, al<br />

fine di cercare di recuperare le perdite subite (cfr. R. Mordenti, Le<br />

due censure: la collazione dei testi del ‘Decameron’ ‘rassettati’ da Vincenzo<br />

Borghi e Lionardo Salviati, in: “Le Pouvoir et la Plume”, Paris,<br />

1982, pp. 253-273).<br />

Il dolore per l’epurazione fu compensato da Borghini e Salviati<br />

con un grande scrupolo filologico. Furono loro a creare il mito del<br />

codice Mannelli, che per secoli, prima della scoperta del codice<br />

Hamilton della biblioteca di Berlino, fu considerato come il testimone<br />

più autorevole del capolavoro boccaccesco. Nel corso dei<br />

due secoli seguenti l’assoluto dominio delle edizioni giuntine del<br />

1573 e del 1582 andò di pari passo con la venerazione per quel<br />

codice, il cui trascrittore era considerato molto vicino al Boccaccio.<br />

I deputati fecero uno studio comparativo dei manoscritti e delle prime fonti a stampa. Il loro lavoro si fondò<br />

inoltre su una conoscenza, incomparabilmente superiore a quella dei loro predecessori, di tutte le varietà di<br />

toscano dal Duecento ai loro giorni. Essi presero poi in considerazione anche l’uso orale, in particolare<br />

quello delle figure più conservatrici, come le donne ed i contadini, per trovare conferma della correttezza di<br />

certe forme scritte (cfr. B. Richardson, Editing the ‘Decameron’ in the Sixteenth Century, in: “Italian Studies”,<br />

45, 1990, pp. 28-30).<br />

Adams, B-2156. Index Aureliensis, 120.384. B. Gamba, Serie dei testi di lingua, (Venezia, 1839), nr. 180.<br />

€ 1.400,00<br />

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