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LEZIONI DI LETTERATURA GRECA - Mondadori Education

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L.E. Rossi | R. Nicolai<br />

<strong>LEZIONI</strong> <strong>DI</strong><br />

<strong>LETTERATURA</strong><br />

<strong>GRECA</strong><br />

Corso integrato 1. L’età arcaica


Prefazione<br />

Il lavoro che viene qui presentato, con caratteristiche del tutto nuove, ha una storia decennale<br />

già felicemente intensa, testimoniata da una costante risposta positiva e della scuola e<br />

dell’università. Lo stratificarsi di molte collaborazioni e di diverse configurazioni impone di<br />

delinearne qui in sintesi la vicenda scientifica, didattica ed editoriale, cominciata con il manuale<br />

di letteratura nel 1995 1 e seguita dalla Storia e testi nel 2002-2003 2 . L’approdo di questo<br />

itinerario è il presente Corso. Va rilevato che il lavoro, nella sue varie metamorfosi, ha coinvolto<br />

diverse generazioni di studiosi, che si sono riconosciuti in un metodo comune.<br />

La Letteratura, fedele a un modello manualistico di collaudata antica tradizione, non aveva<br />

parti antologiche. Nel quadro di un coordinamento unitario, le competenze specifiche<br />

furono grosso modo le seguenti: Luigi Enrico Rossi (letteratura arcaica, tardo-arcaica e alessandrina),<br />

Roberto Nicolai (storiografia, geografia, oratoria, retorica, scienza), Luigi M. Segoloni<br />

(filosofia, alcuni autori della letteratura cristiana), Eleonora Tagliaferro (letteratura<br />

di età imperiale, e specialmente giudaico-ellenistica e cristiana) e Claudio Tartaglini (tragedia,<br />

commedia, epica tarda). Nell’ultima fase del lavoro intervennero alcuni studiosi più<br />

giovani: Giulio Colesanti, Michele Napolitano, Riccardo Palmisciano e Livio Sbardella. Caterina<br />

Lazzarini coordinò alla fine il tutto con grande competenza e passione.<br />

Il manuale, che, con alcuni interventi successivi, si ritrova nei profili dei generi e degli autori<br />

sia della Storia e testi sia del Corso, era stato costruito intorno a due idee di fondo: da<br />

una parte scrivere una storia della letteratura che fosse realmente quello che dichiarava di<br />

essere, cioè attenta allo specifico letterario; e dall’altra trattare la letteratura come fatto di<br />

comunicazione, considerando, accanto a chi la letteratura la produce, anche le condizioni<br />

della pubblicazione, il destinatario e il fruitore immediato. La lunga storia della fortuna<br />

successiva lega quei testi a noi, consapevoli fruitori moderni.<br />

La Storia e testi ha aggiunto all’impianto della Letteratura una selezione ampia di testi commentati,<br />

accompagnati da schede e percorsi, oltre che da strumenti (ampliamento degli apparati<br />

della Letteratura) ed esercizi. Alla Storia e testi hanno collaborato, in varia misura, molti<br />

giovani studiosi, ognuno dei quali ha dato il suo apporto di competenze specifiche. È giusto<br />

ricordarli qui tutti, rimandando alle pagine VIII dei vari volumi per le attribuzioni: Lorenzo<br />

Argentieri, Andrea Bagordo, Fabio Cannatà, Giulio Colesanti, Marina Di Simone, Andrea<br />

Ercolani, Carlo Franco, Manuela Giordano, Simone Madonna, Michele Napolitano,<br />

Riccardo Palmisciano, Laura Rossi, Livio Sbardella, Maurizio Sonnino, Eleonora Tagliaferro,<br />

Claudio Tartaglini; Marina Di Simone ha contribuito, in più, con eccezionale capacità<br />

organizzativa e partecipazione simpatetica. Esercizi, percorsi e verifiche erano stati collocati<br />

in tre volumetti a parte (vedi nota 2), vista la loro ingente mole. Con Storia e testi si è concretizzato<br />

in strumento didattico un principio base del nostro modo di insegnare e, prima<br />

ancora, di studiare e di fare filologia: partire dai testi letterari collegandoli tra loro e con altre<br />

testimonianze storiche e poi tornare ai testi stessi con un bagaglio di conoscenze che sono<br />

il vero guadagno, in termini conoscitivi, che si ricava dallo studio della letteratura.<br />

Proporre un’opera così ricca di testi commentati con impegno è stata un’operazione coraggiosa,<br />

non solo da parte nostra, ma anche da parte dell’Editore, che l’ha accolta e sostenuta.<br />

Non si possono chiudere gli occhi di fronte alla progressiva emarginazione del testo (in<br />

particolare del testo letterario) sia nella prassi didattica sia nella competenza scolastica: il<br />

1. L.E. Rossi, Letteratura greca. Con la collaboraz. di R. Nicolai, L.M. Segoloni, E. Tagliaferro, C. Tartaglini, Firenze (Le<br />

Monnier) 1995 (e successive edizioni).<br />

2. L.E. Rossi – R. Nicolai, Storia e testi della letteratura greca. Voll. I (con un fascicolo di Strumenti), II A, II B, III A, III B,<br />

Firenze (Le Monnier) 2002-2003 (con Esercizi e percorsi, I, II, III a cura di Fabio Cannatà, Giulio Colesanti, Maurizio<br />

Sonnino, allegati a ciascuno dei tre volumi).


IV<br />

Prefazione<br />

testo comporta fatica e molti giovani ne rifuggono. La parola letteraria si deve leggere e rileggere,<br />

scomporre e ricomporre, commentare e criticare, capire nella sua valenza originaria<br />

e nel suo significato per noi. Sui testi letterari si è formata, generazione dopo generazione,<br />

la nostra cultura, a cominciare da quando i Greci presero a insegnare la loro storia,<br />

e perfino la loro lingua, partendo dai poemi omerici.<br />

Questo Corso, ultima tappa della vicenda editoriale, realizzata con una impegnata immedesimazione<br />

didattica, presenta la letteratura attraverso profili agili e chiari (che sono debitori<br />

delle fasi precedenti), mantiene una ricca antologia di testi, alcuni in greco con traduzione<br />

italiana, altri soltanto in traduzione, e aggiunge una serie di testi soltanto in greco<br />

con commento morfologico e sintattico, nonché sobriamente esegetico. Molte schede<br />

sono state conservate o adattate e molti contenuti sono stati diversamente dislocati in nuove<br />

schede e percorsi, con in più, incorporati, esercizi di verifica. L’invitante presentazione<br />

dei materiali vuole guidare a una visione il più possibile chiara e immediata, in modo da<br />

consentire una facile selezione di quello a cui si voglia dare maggiore o minore rilievo. Le<br />

appendici bibliografiche sono state aggiornate. Si propone così uno strumento didattico<br />

completo e al tempo stesso di dimensioni contenute, risultato che è stato raggiunto con alcuni<br />

tagli che ci sono sembrati alle volte dolorosi, ma sicuramente funzionali, e del resto<br />

compensati da una opportuna ristrutturazione. Va da sé che noi ci auguriamo vita ulteriore<br />

alle due fasi precedenti, destinate a chi richieda maggiore abbondanza di materiali.<br />

Il merito di aver raggiunto questo traguardo va di nuovo a Marina Di Simone, ideatrice<br />

della ristrutturazione e coordinatrice appassionata, e a coloro che queste linee-guida hanno<br />

concretamente realizzato: Laura Rossi e Lorenzo Argentieri, già collaboratori attivi di<br />

Storia e testi, che sono riusciti nell’impresa davvero difficile di incidere nel tessuto originario<br />

senza tradirne la sostanza. Ogni espressione di gratitudine è inadeguata per una collaborazione<br />

editoriale così intensa e partecipata.<br />

All’Editore, a cui ci lega una lunga fedeltà reciproca e che continua a mantenere viva la sollecitudine<br />

per la diffusione della cultura, va la nostra sincera riconoscenza.<br />

LUIGI ENRICO ROSSI<br />

ROBERTO NICOLAI<br />

Questa edizione vuole rinnovare il Corso integrato, rendendolo più ricco e funzionale, senza<br />

intaccarne l’ispirazione originaria, che si deve all’attività di ricerca e di insegnamento di<br />

Luigi Enrico Rossi. Grazie al supporto della pagina web, la scelta antologica è stata arricchita,<br />

con l’inclusione di molti brani canonici che non avevano trovato posto nella precedente<br />

edizione. Sono state aggiunte schede sui luoghi della letteratura e su letteratura greca<br />

e cinema, un fenomeno che negli ultimi anni ha avuto interessanti ricadute sul rapporto<br />

tra i testi classici e la cultura di massa. Inoltre si è cercato di sfruttare la grafica per rendere<br />

più chiare le articolazioni del testo e sono stati aggiunti schemi sintetici e mappe concettuali.<br />

Alcuni strumenti chiave sono stati posti in evidenza, in apertura dei capitoli più<br />

importanti: le carte geografiche, che permettono di collocare gli autori e i luoghi della letteratura,<br />

e lo schema della comunicazione di Roman Jakobson, grazie al quale si può indagare<br />

organicamente il fenomeno letterario, soprattutto in rapporto alla funzione che le opere<br />

avevano nel loro contesto sociale e culturale. Le nuove tecnologie permetteranno di avere<br />

una maggiore quantità di informazioni e di accedervi con diversi strumenti: l’antologia<br />

on line, il tutorial di analisi testuale, i ripassi in formato MP3, che si possono ascoltare sull’iPod,<br />

le schede di test e le cartine interattive.<br />

Anche a nome di tutti gli altri allievi che hanno collaborato a quest’opera, dedico questa<br />

nuova edizione alla memoria del nostro maestro Luigi Enrico Rossi, che avrebbe certamente<br />

apprezzato gli arricchimenti e avrebbe forse sorriso, lasciandoci fare, di fronte alle tante<br />

novità tecnologiche.<br />

ROBERTO NICOLAI


AVVERTENZE<br />

1. Sui criteri di traslitterazione<br />

I nomi propri vengono dati in forma italiana quando esista una forma corrente; in caso contrario,<br />

vengono traslitterati secondo l’usuale criterio fonetico (ph e ch per le sorde con stacco<br />

aspirato f e c). Se in italiano è invalsa nell’uso una forma, questa viene preferita alla forma linguisticamente<br />

più corretta (per esempio Teti rispetto a Tètide).<br />

2. Sugli accenti<br />

Si abbonda in accenti (senza ricercare sistematicità totale in modo da non appesantire tipograficamente<br />

il testo) per rendere chiara la corretta pronuncia, che è quella del sistema accentuativo<br />

latino, fondato sulla quantità della penultima sillaba: per cui, per esempio, Dioscùri da<br />

Dio;~ kou`roi; Dionìso perché la penultima è lunga; Èdipo perché la penultima è breve; e così<br />

Odìsseo, Òrfeo (le ultime due vocali sono un dittongo, e quindi anche in latino valgono per<br />

una sillaba sola) ecc. L’accentazione piana è in italiano la prevalente: quando si metterà l’accento<br />

sulla penultima (di per sé un pleonasmo) sarà per prevenire più o meno istintive pronunce<br />

sbagliate (Eubùlo da Eu[boulo~, ecc.).<br />

3. Sui dittonghi lunghi<br />

Nella resa dei cosiddetti dittonghi lunghi (e cioè con primo elemento lungo) si è rispettato in<br />

genere il testo dell’edizione critica di riferimento; lo iota può comparire così, alternativamente,<br />

ascritto o sottoscritto.<br />

4. Sulle traduzioni<br />

Le traduzioni molte volte sono ‘firmate’, senza che questo implichi che noi siamo d’accordo<br />

con ogni piega della traduzione stessa, che è stata scelta in molti casi perché ritenuta poetica<br />

ed efficace e non perché filologicamente corretta. Per non dover escludere testi significativi,<br />

sono state accolte anche traduzioni che integrano liberamente, in modo da consentire la lettura<br />

di testi che sarebbero altrimenti poco comprensibili.<br />

Le traduzioni non firmate si intendono a cura degli Autori di questo testo.<br />

Nota bibliografica<br />

Nelle bibliografie sono stati indicati: edizioni, commenti, lessici e studi fondamentali, con particolare<br />

attenzione alle opere in italiano o tradotte in italiano; traduzioni in commercio e<br />

poche altre, non più disponibili, ma importanti. Nella selezione degli studi moderni, che in<br />

parte è (di necessità) arbitraria, si è data la preferenza a lavori recenti, che possono aiutare nel<br />

reperimento di ulteriore bibliografia. Studi già citati in sezioni generali non sono stati sempre<br />

ripetuti sotto i singoli autori. Di opere frequentemente ristampate si è fornita per lo più la data<br />

della prima edizione.<br />

Quando, nel testo, si cita un autore antico di cui esista un’edizione con numerazione interna divenuta<br />

canonica, il riferimento a questa è omesso in quanto ovvio.<br />

Si danno qui di seguito le sigle usate.<br />

1. Grandi raccolte di testi<br />

Bühler = Zenobii Athoi proverbia. Ed. et enarr. W. Bühler. Vol. I, Gottingae 1987; IV,<br />

Gottingae 1982; V, Gottingae 1999<br />

CAF = Comicorum Atticorum fragmenta, ed. Th. Kock, Berlin 1880-1888 (= Utrecht 1977)<br />

CC = Corpus Christianorum, Turnholti 1954 ss.<br />

CGF = G. Kaibel, Comicorum Graecorum Fragmenta, I. Doriensium comoedia, mimi, flyaces,<br />

Berlin 1899 (= 1958, con integrazioni di K. Latte)<br />

Avvertenze V


VI<br />

Avvertenze<br />

CPG = Corpus Paroemiographorum Graecorum. Edd. E.L. Leutsch et F.G. Schneidewin. I-II,<br />

Göttingen 1839-1851 (= Hildesheim 1958). L. Cohn, Supplementum, Breslau 1887 (=<br />

Hildesheim 1961)<br />

D.-K. = Die Fragmente der Vorsokratiker. Griech. und deutsch von H. Diels, 6. Aufl. von W.<br />

Kranz, Berlin 1951-1952<br />

FCG = A. Meineke, Fragmenta comicorum Graecorum I-V, Berlin 1839-1857<br />

FGrHist = F. Jacoby, Die Fragmente der Griechischen Historiker, Berlin-Leiden 1923-1954<br />

GG = Grammatici Graeci. Edd. A. Hilgard, A. Lentz, R. Schneider, G. Uhlig. I-IV, Lipsiae<br />

1867-1910<br />

GGM = Geographi Graeci minores. Ed. C. Müller, Parisiis 1855-1861<br />

G.-P. = Poetae elegiaci. Edd. B. Gentili-C. Prato. I-II, Leipzig, 1988 2 (I); 2002 2 (II)<br />

HE = The Greek Anthology. Hellenistic Epigrams. Ed. by A.S.F. Gow and D.L. Page. I-II,<br />

Cambridge 1965; The Garland of Philip. Ed. by A.S.F. Gow and D.L. Page. I-II, Cambridge<br />

1968; Further Greek Epigrams. Ed. by D.L. Page, Cambridge 1981<br />

IEG = Iambi et Elegi Graeci ante Alexandrum cantati. Ed. M.L. West. I: Archilochus, Hipponax,<br />

Theognidea, Oxford 1989 2 . II: Callinus, Mimnermus, Semonides, Solon, Tyrtaeus, Minora,<br />

Adespota, Oxford 1992 2<br />

IG = Inscriptiones Graecae, Berlin 1837-1927 (ed. maior), 1913 ss. (ed. minor)<br />

PCG = Poetae Comici Graeci. Edd. R. Kassel et C. Austin. I: Comoedia Dorica, Mimi, Phlyaces,<br />

Berlin-New York 2001; II: Agathenor-Aristonymus, 1991; III. 2: Aristophanes. Testimonia et fragmenta,<br />

1984; IV: Aristophon-Crobylus, 1983; V: Damoxenus-Magnes, 1986; VI.2: Menander:<br />

Testimonia et fragmenta,1998; VII: Menecrates-Xenophon, 1989; VIII: Adespota, 1995<br />

PG = Patrologiae cursus completus. Series Graeca. Ed. J.-P. Migne, Parisiis 1857-1866<br />

PMG = Poetae Melici Graeci. Ed. D.L. Page, Oxford 1962<br />

Powell = I.U. Powell, Collectanea Alexandrina, Oxford 1925 (= Chicago 1981)<br />

SH = Supplementum Hellenisticum. Edd. H. Lloyd-Jones – P. Parsons, Berlin-New York 1983<br />

SIG = Sylloge Inscriptionum Graecarum. Tertium ed. G. Dittenberger et F. Hiller von<br />

Gaertringen, Lipsiae 1915-1924<br />

SLG = Supplementum Lyricis Graecis. Ed. D.L. Page, Oxford 1974<br />

SVF = Stoicorum Veterum fragmenta. Collegit I. von Arnim, I-IV, Leipzig 1903-1905<br />

(= Stuttgart 1964)<br />

TGF = A. Nauck, Tragicorum Graecorum Fragmenta, Lipsiae 1889 2 . Supplementum adiecit B.<br />

Snell, Hildesheim 1964<br />

TrGF = Tragicorum Graecorum Fragmenta. I: Didascaliae tragicae, catalogi tragicorum et tragoediarum,<br />

testimonia et fragmenta tragicorum minorum. Ed. B. Snell. Ed. correctior et addendis<br />

aucta, cur. R. Kannicht, Göttingen 1986; II: Fragmenta adespota, testimonia vol. I addenda,<br />

indices ad voll. I et II. Edd. R. Kannicht et B. Snell, Göttingen 1981; III: Aeschylus. Ed. S.L.<br />

Radt, Göttingen 1985; IV: Sophoclis Fragmenta. Ed. S.L. Radt, Göttingen 1977; V: 1-2:<br />

Euripidis Fragmenta. Ed. R. Kannicht, Göttingen 2004.<br />

2. Opere frequentemente citate<br />

ANRW = Aufstieg und Niedergang der römischen Welt. Hsg. v. H. Temporini-W. Haase, Berlin<br />

1972 ss.<br />

Bowra, Lir. = C.M. Bowra, La lirica greca da Alcmane a Simonide, trad. it. di G. Lanata, Firenze<br />

1973 (Oxford 1964)<br />

Da Omero agli alessandrini = F. Montanari (a cura di), Da Omero agli alessandrini. Problemi e<br />

figure della letteratura greca, Roma 1988<br />

Dizionario = Dizionario degli scrittori greci e latini. Diretto da F. Della Corte, Milano 1987 ss.<br />

Gentili, Poesia = B. Gentili, Poesia e pubblico nella Grecia antica, Roma-Bari 1989 1 ; 1995 2<br />

Jaeger, Paideia = W. Jaeger, Paideia, Firenze 1959-70 (= Berlin 1934)<br />

Mazzarino, PSC = S. Mazzarino, Il pensiero storico classico, Roma-Bari I, 1965; II (1, 2) 1966<br />

RE = Realencyclopädie der classischen Altertumswissenschaft, Stuttgart-München 1893 ss.<br />

Spazio letterario = Lo spazio letterario della Grecia antica. A cura di G. Cambiano, L. Canfora,<br />

D. Lanza. I. 1, Roma 1992; I. 2, 1993; I. 3, 1994; II, 1995; III, 1996<br />

Storia e civiltà = AA.VV., Storia e civiltà dei Greci 1-10, Milano 1977-80 (ora ristampata in edizione<br />

economica)


Zeller-Mondolfo, Filos. = E. Zeller-R. Mondolfo, La filosofia dei Greci nel suo sviluppo storico.<br />

Parti I-III. Trad. it., Firenze 1932 ss. (Leipzig 1892 5 ss.)<br />

3. Riviste citate in sigla<br />

«AC» = L’Antiquité Classique<br />

«AJPh» = The American Journal of Philology<br />

«ASNP» = Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa<br />

«AuA» = Antike und Abendland<br />

«BICS» = Bulletin of the Institute of Classical Studies<br />

«BollClass» = Bollettino dei Classici<br />

«C&M» = Classica et Mediaevalia<br />

«CJ» = The Classical Journal<br />

«CQ» = The Classical Quarterly<br />

«CR» = The Classical Review<br />

«GIF» = Giornale Italiano di Filologia<br />

«G&R» = Greece and Rome<br />

«GRBS» = Greek, Roman and Byzantine Studies<br />

«HSPh» = Harvard Studies in Classical Philology<br />

«JHS» = The Journal of Hellenic Studies<br />

«JRS» = The Journal of Roman Studies<br />

«MD» = Materiali e discussioni per l’analisi dei testi classici<br />

«MH» = Museum Helveticum<br />

«PP» = La Parola del Passato<br />

«QS» = Quaderni di Storia<br />

«QUCC» = Quaderni Urbinati di Cultura Classica<br />

«RAL» = Rendiconti dell’Accademia dei Lincei<br />

«REA» = Revue des études anciennes<br />

«REG» = Revue des études grecques<br />

«RhM» = Rheinisches Museum für Philologie<br />

«RPh» = Revue de Philologie, de littérature et d’histoire anciennes<br />

«Riv. di Filol.» = Rivista di Filologia e di Istruzione Classica<br />

«SCO» = Studi Classici e Orientali<br />

«SemRom» = Seminari Romani di Cultura Greca<br />

«SIFC» = Studi Italiani di Filologia Classica<br />

«TAPhA» = Transactions and Proceedings of the American Philological Association<br />

«WS» = Wiener Studien. Zeitschrift für klassische Philologie und Patristik<br />

«YCS» = Yale Classical Studies<br />

«ZPE» = Zeitschrift für Papyrologie und Epigraphik<br />

4. Collane italiane di traduzioni e commenti<br />

Meritano di essere segnalate qui alcune collane di classici greci e latini pubblicate dalle maggiori<br />

case editrici italiane: BUR Classici Greci e Latini, Rizzoli; Classici Greci e Latini,<br />

<strong>Mondadori</strong>; la collana di letterature antiche dei Grandi Libri Garzanti; Il Convivio, Marsilio;<br />

Tascabili Classici, Bompiani. Tali edizioni condividono alcune caratteristiche comuni: presentano<br />

in genere, a fronte della traduzione, il testo originale, per quanto sprovvisto di apparato<br />

e spesso riproducente le edizioni critiche correnti (non sono rare, però, note preliminari nelle<br />

quali il curatore discute l’edizione adottata, alle volte distaccandosene); sono dotate di introduzioni<br />

spesso ampie ed esaurienti e di un apparato di note esplicative a piè di pagina; presentano<br />

bibliografie a volte molto utili per completezza e aggiornamento; sono caratterizzate da<br />

un prezzo accessibile. Di diverso carattere sono invece le edizioni della Fondazione Lorenzo<br />

Valla (<strong>Mondadori</strong>): di impianto scientifico, presentano infatti, oltre a una introduzione, a una<br />

traduzione italiana e a una bibliografia generalmente esaustiva, una nuova edizione critica del<br />

testo e un commento autonomo (le opere di poesia presentano anche un’appendice metrica).<br />

Di tutte queste edizioni sono forniti i dati nelle bibliografie dei singoli autori.<br />

Avvertenze VII


Le parti manualistiche derivano da quelle della Letteratura greca di Luigi Enrico Rossi (Firenze 1995),<br />

alla quale hanno collaborato per la letteratura storica, geografica e scientifica Roberto Nicolai e per la<br />

filosofia Luigi M. Segoloni.<br />

Le sezioni antologiche originarie della Storia e testi, qui rielaborate, erano a cura di: Lorenzo Argentieri<br />

(Esopo, Anacreonte); Fabio Cannatà (Alcmane, Ibico, Talete, Sette Sapienti, Empedocle, Anassagora,<br />

Democrito); Giulio Colesanti (Tirteo, Solone, Senofane, Teognide, Alceo); Andrea Ercolani (Stesicoro);<br />

Manuela Giordano (Archiloco, Eraclito, Parmenide); Riccardo Palmisciano (Saffo, Simonide, Bacchilide);<br />

Laura Rossi (Ipponatte, Pindaro); Livio Sbardella (Omero, ‘Omero minore’, Esiodo – con R. Nicolai –,<br />

Mimnermo); Maurizio Sonnino (Semonide).<br />

Alcune schede e percorsi della Storia e testi sono stati rielaborati dalle versioni originarie di: Luigi Enrico<br />

Rossi (La giovinezza e la vecchiaia nella Grecia arcaica, La musica greca nell’età arcaica, La donna nella<br />

Grecia arcaica); Roberto Nicolai (Il notturno da Alcmane a Goethe); Fabio Cannatà (Il dialetto del testo<br />

di Alcmane, L’encomio di Policrate: struttura e modi della narrazione, Parteni e cerimonie di iniziazione);<br />

Giulio Colesanti (Banchetto e simposio nell’età arcaica, Il Solon di Pascoli, La nave-città nella tempesta<br />

politica: fortuna di un’allegoria, La sintomatologia amorosa nel fr. 31 V. di Saffo, Il fr. 31 V. nella letteratura<br />

moderna); Riccardo Palmisciano (Le varie forme del canto popolare, L’eolico di Alceo e Saffo, Sport e<br />

agoni); Laura Rossi (Il dorico della melica corale); Livio Sbardella (L’eroe tra letteratura e culto nella Grecia<br />

arcaica, Il mito degli Eneadi da Omero a Virgilio: un filo rosso tra epica greca e romana, L’investitura poetica:<br />

un motivo ricorrente nelle letterature greca e latina – con Marina Di Simone).<br />

La revisione e l’integrazione del testo per il Corso integrato sono di: Lorenzo Argentieri (Introduzione,<br />

L’età arcaica, ‘Omero minore’, Esiodo, La favola, La poesia lirica, I giambografi, La lirica monodica tra VII<br />

e VI secolo a.C., La filosofia dell’età arcaica, La scienza dalle origini al IV secolo a.C., Ecateo di Mileto, La<br />

filosofia dalla tarda età arcaica all’età classica) e Laura Rossi (Introduzione, Gli inizi, Omero, La poesia<br />

lirica, I poeti elegiaci, Melica arcaica, Melica tardoarcaica).<br />

La revisione e l’integrazione del testo per le Lezioni di letteratura greca sono di: Laura Lulli<br />

(Introduzione, L’età delle colonizzazioni e delle tirannidi, Gli inizi, Omero, ‘Omero minore’, Esiodo, La<br />

favola, I poeti elegiaci) e Serena Pirrrotta (La poesia lirica, I giambografi, Melica arcaica, La lirica monodica,<br />

Melica tardoarcaica, La filosofia dell’età arcaica, La scienza dalle origini al IV secolo a.C., Ecateo di<br />

Mileto, La filosofia dalla tarda età arcaica all’età classica). Lorenzo Argentieri ha curato le schede I luoghi<br />

della letteratura e I Greci al cinema.


Indice<br />

I testi antologici in greco sono indicati con t , quelli in greco/italiano con t e quelli in italiano con t .<br />

Prefazione III<br />

Introduzione<br />

1. Per una storia della letteratura: metodi e strumenti<br />

1. La letteratura: un fatto di comunicazione 1<br />

2. La letteratura greca: luoghi e modi della comunicazione 4<br />

3. I generi letterari 5<br />

4. Il codice della comunicazione 8<br />

I dialetti letterari 8<br />

5. I messaggi 10<br />

6. Lo studio della letteratura greca 11<br />

Le correnti della critica 11<br />

2. La trasmissione dei testi della letteratura greca<br />

1. Il viaggio dei testi attraverso i secoli 13<br />

2. Il ruolo della filologia 15<br />

Le cosiddette discipline ausiliarie 17<br />

La produzione lirica: la pubblicazione di testi su papiro 18<br />

Tavola dei metri 19<br />

Bibliografia 21<br />

L’età arcaica (VIII-VI secolo a.C.)<br />

il contesto 1. L’età delle colonizzazioni e delle tirannidi<br />

La storia<br />

1. Dalla preistoria alla civiltà micenea 24<br />

2. Il Medioevo ellenico 24<br />

3. L’alto arcaismo 26<br />

4. Sparta 28<br />

5. Atene 28<br />

La letteratura<br />

6. Una produzione ‘coloniale’ 30<br />

Bibliografia 31


X<br />

Indice<br />

la letteratura 2. Gli inizi<br />

l’autore 3. Omero<br />

1. L’introduzione della scrittura 32<br />

2. La poesia prima di Omero: l’epica 32<br />

3. La poesia lirica preomerica 33<br />

Sitografia 34<br />

PROFILO 1. L’Iliade e l’Odissea: contenuti, temi e personaggi<br />

1. Ma Omero è realmente esistito? 36<br />

2. L’Iliade e l’Odissea: struttura e contenuti 37<br />

3. Le tematiche principali 39<br />

4. I personaggi 41<br />

5. La natura e la vita quotidiana 44<br />

6. Lingua e stile 45<br />

7. Metrica 46<br />

8. Formularità 47<br />

9. Fortuna dei poemi omerici 48<br />

La lingua omerica 48<br />

2. La genesi e la composizione dei poemi<br />

1. La ‘questione omerica’ 49<br />

Le varie tappe della ‘questione omerica’ 50<br />

2. L’«enciclopedia tribale» 51<br />

3. I poemi omerici tra oralità e scrittura 52<br />

Epiche a confronto 53<br />

4. L’aedo: una figura in evoluzione 54<br />

Bibliografia 56<br />

Sitografia 57<br />

I luoghi della letteratura Il luogo dell’epica: il mégaron 58<br />

Questionario di riepilogo<br />

60<br />

I Greci al cinema La guerra di Troia secondo Troy 61<br />

ANTOLOGIA Leggere OMERO<br />

64<br />

1. Le tematiche dell’Iliade 64<br />

La guerra e la sua etica 64<br />

t 1 Il proemio dell’Iliade (Iliade 1,1-7) 65<br />

I proemi alternativi dell’Iliade 66<br />

t 2 L’ira di Achille (Iliade 1,121-192; 223-246) 67<br />

t 3 Tersite: una voce fuori dal coro (Iliade 2,212-277) 69<br />

t 4 L’eroe in campo: l’aristìa di Diomede (Iliade 5,111-165;<br />

330-354; 846-863) 70


Indice XI<br />

La rappresentazione dei sentimenti: amore e dolore 89<br />

t 9 Le reazioni emotive: il pianto di Achille in riva al mare (Iliade 1,345-363) 90<br />

t 10 L’amore: Ettore e Andromaca (Iliade 6,390-493) 90<br />

2. Il racconto dell’Odissea 100<br />

I viaggi 100<br />

t 11 Il proemio dell’Odissea (Odissea 1,1-10) 100<br />

t 12 L’incontro tra Odisseo e Nausicaa (Odissea 6,85-144) 102<br />

t 13 La patria di Odisseo (Odissea 9,19-28) 105<br />

t 14 I motivi favolistici: Odisseo e il Ciclope (Odissea 9,216-414) 106<br />

I materiali folklorici: Omero e le Mille e una notte 111<br />

t 15 Le profezie di Circe: Odisseo nelle terre d’Occidente (Odissea 12,35-141) 112<br />

t 16 L’arrivo a Itaca (Odissea 13,187-196; 352-360) 114<br />

Il ritorno a casa 115<br />

t 17 L’incontro tra Odisseo e Telemaco (Odissea 16,164-212) 115<br />

t 18 Il cane Argo riconosce Odisseo (Odissea 17,290-327) 117<br />

t 19 Euriclea riconosce Odisseo (Odissea 19,349-395; 467-507) 119<br />

t 20 La gara con l’arco (Odissea 21,1-14; 63-79) 121<br />

t 21 Il finto mendicante tende l’arco (Odissea 21,390-434) 121<br />

t 22 La strage dei Proci (Odissea 22,1-41)<br />

t 23 Il riconoscimento fra Odisseo e Penelope: la ‘prova del letto’<br />

122<br />

(Odissea 23,153-239) 124<br />

PERCORSI Percorso tematico L’eroe tra letteratura e culto nella Grecia arcaica 127<br />

Letterature nei secoli Dai poemi omerici al poema cavalleresco 129<br />

ANTOLOGIA<br />

ONLINE<br />

t 5 Un ‘duello mancato’: l’incontro di Glauco e Diomede<br />

(Iliade 6,119-129; 142-236) 73<br />

t 6 La «civiltà di vergogna»: Ettore attende Achille per il duello<br />

(Iliade 22,33-138) 75<br />

t 7 La morte di Ettore (Iliade 22,248-363) 84<br />

t 8 La morale si evolve: la ‘compassione’ di Achille (Iliade 24,468-676) 86<br />

OMERO<br />

1. I personaggi divini<br />

L’antropomorfismo: gli dèi umani di Omero<br />

t 24 Il concilio degli dèi (Odissea 1,11-79)<br />

t 25 La lite fra Zeus ed Era (Iliade 1,531-611)<br />

t 26 Gli amori di Ares e Afrodite (Odissea 8,266-366)<br />

2. Non solo guerra: altri temi dell’Iliade<br />

La morte dell’eroe e la rappresentazione del dolore<br />

t 27 La morte di Patroclo (Iliade 16,777-861)<br />

t 28 Achille piange Patroclo (Iliade 18,22-126)


XII<br />

Indice<br />

t 29 Il pianto di Andromaca (Iliade 22,437-515)<br />

t 30 I giochi funebri in onore di Patroclo (Iliade 23,700-739)<br />

t 31 Il funerale di Ettore (Iliade 24,696-804)<br />

3. Nel laboratorio dell’epica<br />

I contenuti: l’«enciclopedia tribale»<br />

t 32 Criseide è riconsegnata al padre (Iliade 1,304-317; 432-487)<br />

t 33 Lo scudo di Achille (Iliade 18,478-607)<br />

La tecnica compositiva orale: le ‘scene tipiche’<br />

t 34 La vestizione di Paride... (Iliade 3,328-338)<br />

t 35 ...e quella di Agamennone (Iliade 11,15-46)<br />

t 36 Achille indossa le armi (Iliade 19,367-391)<br />

La figura dell’aedo nei poemi omerici<br />

t 37 L’aedo come poeta di corte: Demodoco (Odissea 8,62-82)<br />

t 38 Gli effetti del canto: fra incantesimo e commozione (Odissea 1,325-359)<br />

t 39 Il canto di Achille (Iliade 9,185-198)<br />

la letteratura 4. ‘Omero minore’<br />

ANTOLOGIA<br />

ONLINE<br />

1. Introduzione 141<br />

2. Il Ciclo epico 141<br />

3. La Batracomiomachia, il Margite e gli epigrammi 144<br />

4. Gli Inni omerici 146<br />

Agoni poetici e festività 148<br />

Cosa bisogna sapere su… ‘Omero minore’ 149<br />

Bibliografia 150<br />

Sitografia 150<br />

1. Il Ciclo epico<br />

I poemi ciclici in rapporto all’epos omerico<br />

t 1 L’Etiopide: un esempio di poema ciclico (Argumentum dell’Etiopide)<br />

2. Gli Inni<br />

‘OMERO MINORE’<br />

Proemi in onore di dèi ed eroi<br />

t 2 L’Inno ad Afrodite: celebrazione dell’eros ed encomio<br />

(Inno ad Afrodite 1-6; 45-201; 241-258; 273-293)<br />

Il mito degli Eneadi da Omero a Virgilio: un filo rosso tra epica greca e romana<br />

t 3 L’Inno ad Apollo: la figura del rapsodo (Inno ad Apollo 165-178)<br />

t 4 L’Inno a Eracle: l’onore tributato a un eroe (Inno a Eracle)


l’autore 5. Esiodo<br />

Indice XIII<br />

PROFILO 1. Il poeta che parla di sé 152<br />

2. La vita 152<br />

3. Le opere 153<br />

4. La Teogonia 153<br />

Le altre Teogonie 156<br />

5. Le Opere e i giorni 157<br />

6. La tecnica compositiva 161<br />

7. Occasione e pubblico 162<br />

8. Lingua, stile e metrica 162<br />

9. Le altre opere del corpus esiodeo 163<br />

10. Fortuna 164<br />

Bibliografia 164<br />

Sitografia 165<br />

Questionario di riepilogo<br />

166<br />

I Greci al cinema Il mito di Perseo in Scontro tra Titani 167<br />

ANTOLOGIA Leggere ESIODO<br />

170<br />

1. La Teogonia 170<br />

Il mondo degli dèi: le lotte di successione 170<br />

t 1 Il proemio: le Muse dell’Elicona e l’investitura poetica (Teogonia 1-34) 170<br />

L’investitura poetica: un motivo ricorrente nelle letterature greca e latina 174<br />

t 2 Il mito della successione: da Urano a Crono... (Teogonia 126-200) 176<br />

t 3 ...e da Crono a Zeus (Teogonia 453-506) 180<br />

Esiodo e l’Oriente: il ciclo di Kumarbi 181<br />

t 4 Il Tartaro (Teogonia 726-745) 182<br />

2. Le Opere e i giorni 184<br />

Miti e favole per spiegare la vita 184<br />

t 5 Il proemio: le Muse della Pieria e l’‘inno’ a Zeus (Opere 1-10) 184<br />

t 6 Il mito delle cinque età (Opere 106-201) 186<br />

t 7 La favola dello sparviero e dell’usignolo (Opere 202-212) 189<br />

t 8 La forza di Dike (Opere 248-285) 189<br />

t 9 Pandora nelle Opere e i giorni (Opere 53-105) 190<br />

PERCORSI Letterature nei secoli Il mito delle età nella letteratura antica 193<br />

ANTOLOGIA<br />

ONLINE<br />

ESIODO<br />

1. La tecnica narrativa<br />

Lo stile catalogico<br />

t 10 La genealogia delle Nereidi (Teogonia 233-264)


XIV<br />

Indice<br />

la letteratura 6. La favola<br />

ANTOLOGIA<br />

ONLINE<br />

t 11 Le unioni di Zeus (Teogonia 886-929)<br />

Sezioni alternative e varianti funzionali<br />

t 12 Le sezioni alternative: i ‘due inverni’ (Opere 493-563)<br />

t 13 Le varianti funzionali: la creazione della donna nella Teogonia<br />

(Teogonia 570-612)<br />

2. Altri temi delle Opere<br />

L’autobiografismo in Esiodo<br />

t 14 Esortazioni al fratello Perse (Opere 27-41)<br />

t 15 L’agone per Amfidamante (Opere 650-662)<br />

Il lavoro nei campi: indicazioni per l’agricoltura in esametri<br />

t 16 Aratura e mietitura (Opere 383-404)<br />

t 17 La vendemmia (Opere 609-617)<br />

1. Origini e funzioni di un genere 198<br />

La favola: tra saggezza popolare ed esemplarità 198<br />

2. Esopo 200<br />

Cosa bisogna sapere su… La favola 201<br />

Bibliografia 202<br />

Sitografia 202<br />

Esopo<br />

LA FAVOLA<br />

La favola: tra saggezza popolare e letteratura<br />

t 1 L’aquila e la volpe (Aesop. 3 Chambry)<br />

t 2 Le due bisacce (Aesop. 303 Chambry)<br />

t 2a Zeus e l’orcio dei Beni (Aesop. 123 Chambry)<br />

t 3 I vasi (Aesop. 354 Chambry)<br />

t 4 Esopo nel cantiere navale (Aesop. 19 Chambry)<br />

il genere 7. La poesia lirica<br />

PROFILO 1. Una definizione di poesia lirica 204<br />

2. Un esperimento su Saffo: la traduzione di Quasimodo 205<br />

3. Una verifica su Archiloco 206<br />

Interpretazioni dei lirici nel corso dei secoli 206<br />

4. Il contesto della lirica arcaica e la sua funzione 207<br />

5. L’‘io lirico’, il ‘noi’ e la poesia dei ruoli 208


Indice XV<br />

6. Musica e metrica 209<br />

Gli strumenti musicali greci 210<br />

7. Elegia e giambo, due generi affini 211<br />

8. La poesia melica 213<br />

Le varie forme del canto popolare 215<br />

Bibliografia 217<br />

I luoghi della letteratura Il luogo della lirica monodica: il simposio 219<br />

Questionario di riepilogo<br />

222<br />

PERCORSI Percorso tematico Banchetto, simposio e letteratura arcaica 223<br />

Percorso tematico La musica greca nell’età arcaica 225<br />

l’autore 8. I giambografi<br />

PROFILO 1. Archiloco 228<br />

Una ‘nuova’ elegia di Archiloco 231<br />

2. Semonide 235<br />

3. Ipponatte 236<br />

Bibliografia 240<br />

Sitografia 241<br />

Questionario di riepilogo<br />

242<br />

ANTOLOGIA Leggere I GIAMBOGRAFI<br />

243<br />

1. Archiloco 243<br />

Il poeta soldato: una morale antiepica 243<br />

t 1 Il servo di Enialio (fr. 1 W.) 244<br />

t 2 Il mercenario per mare (fr. 2 W.) 245<br />

t 3 Bevute a bordo (fr. 4 W.) 245<br />

t 4 Al diavolo lo scudo! (fr. 5 W.) 246<br />

E anche Orazio getta lo scudo... 247<br />

t 5 Il comandante ideale (fr. 114 W.) 248<br />

Le passioni umane: l’etica dell’eterìa 248<br />

t 6 Ricambiare il male con il male (fr. 126 W.) 248<br />

t 7 Sopportare il dolore: l’elegia a Pericle (fr. 13 W.) 249<br />

t 8 Gioire e soffrire, ma con moderazione (fr. 128 W.) 249<br />

Il papiro di Colonia: amore e sesso 250<br />

t 9 Una scena di seduzione perfettamente riuscita (fr. 196a W.) 251<br />

2. Semonide 252<br />

Il giambo contro le donne 252<br />

t 10 Nove donne da evitare e una da sposare (fr. 7 W.) 252<br />

Leopardi traduce Semonide 255


XVI<br />

Indice<br />

ANTOLOGIA<br />

ONLINE<br />

3. Ipponatte 256<br />

Il ‘poeta pitocco’: un falso mito 256<br />

t 11 Una preghiera a Hermes… (fr. 32 W. = 42ab D.) 256<br />

t 12 …non esaudita (fr. 34 W. = 43 D.) 257<br />

t 13 Pluto, il dio cieco (fr. 36 W. = 44 D.) 258<br />

t 14 Ho fame! (fr. 39 W. = 48 D.) 259<br />

L’aggressività contro i nemici 260<br />

t 15 Bùpalo (frr. 120-121 W. = 121-122 D.) 260<br />

t 16 Il pharmakós (fr. 6 W. = 6 D.) 260<br />

L’epodo di Strasburgo 261<br />

t 17 La sorte degli spergiuri (fr. 115 W. = 194 D.) 261<br />

I GIAMBOGRAFI<br />

1. Archiloco<br />

La ‘biografia’ di Archiloco: chi dice ‘io’?<br />

t 18 I luoghi: Paro e Taso (frr. 116; 21 W.)<br />

t 19 Le date: l’eclissi del 648 a.C. (fr. 122 W.)<br />

t 20 La poesia: (anche) il ditirambo (fr. 120 W.)<br />

t 21 Aspirazioni modeste: il rifiuto delle ricchezze di Gige (fr. 19 W.)<br />

t 22 Aspettando la guerra: Glauco e il mare in tempesta (fr. 105 W.)<br />

2. Ipponatte<br />

La parodia in Ipponatte: rovesciare l’epica per colpire i nemici<br />

t 23 Il ghiottone scialacquatore... (fr 26 W. = 36 D.)<br />

t 24 ...e il ghiottone ‘omerico’ (fr. 26a W. = 37 D.)<br />

t 25 Come nasce un nemico (fr. 19 W. = 33 D.)<br />

t 26 Il galateo simposiale, questo sconosciuto (fr. 13 W. = 21 D.)<br />

l’autore 9. I poeti elegiaci<br />

PROFILO 1. Callino 264<br />

2. Tirteo 265<br />

3. Mimnermo 268<br />

4. Solone 270<br />

5. Senofane 274<br />

6. Teognide 277<br />

7. Focilide di Mileto 280<br />

Bibliografia 282<br />

Sitografia 283<br />

Questionario di riepilogo<br />

284


ANTOLOGIA Leggere I POETI ELEGIACI<br />

285<br />

1. Callino 285<br />

Un’elegia per esortare alla guerra 285<br />

t 1 Bisogna combattere! (fr. 1 W.) 285<br />

2. Tirteo 286<br />

Guerra ed ethos aristocratico 286<br />

t 2 La vera virtù (fr. 9 G.-P. = 12 W.) 286<br />

t 3 È bello morire per la patria (fr. 6 G.-P. = 10,1-14 W.) 288<br />

3. Mimnermo 290<br />

Indice XVII<br />

Riflessioni sulla caducità della vita 290<br />

t 4 Piaceri della giovinezza e dolori della vecchiaia<br />

(fr. 7 G.-P. = 1 W.) 290<br />

t 5 Come le foglie (fr. 8 G.-P. = 2 W.) 291<br />

t 6 Titono (fr. 1 G.-P. = 4; 5,4-8 W.) 293<br />

4. Solone 294<br />

La poesia di un riformatore aristocratico 294<br />

t 7 L’elegia alle Muse (fr. 1 G.-P. = 13,1-32 W.) 294<br />

t 8 Il Buongoverno (fr. 3 G.-P. = 4 W.) 296<br />

5. Senofane 297<br />

Il simposio: funzionamento e tematiche adeguate 297<br />

t 9 Come si inizia un simposio (fr. 1 G.-P. = 1 W.) 297<br />

t 10 L’amico reincarnato nel cagnolino (fr. 6 G.-P. = 7-7a W.) 298<br />

6. Teognide 299<br />

La struttura del corpus 299<br />

t 11 Inno ad Artemide (Corpus Theognideum 11-14) 299<br />

t 12 La sfragiv" (Corpus Theognideum 19-26) 299<br />

Le tematiche 300<br />

t 13 La politica: ajgaqoiv e kakoiv (Corpus Theognideum 27-38) 300<br />

t 14 Il simposio: i compiti del simposiarca... (Corpus Theognideum 467-496) 301<br />

t 15 ...e il riuso dei carmi (Corpus Theognideum 237-254) 301<br />

PERCORSI Percorso tematico La giovinezza e la vecchiaia nella Grecia arcaica 303<br />

Letterature nei secoli Il Solon di Pascoli: un simposio antico<br />

rivissuto in età moderna 305


XVIII Indice<br />

ANTOLOGIA<br />

ONLINE<br />

1. Tirteo<br />

I POETI ELEGIACI<br />

Il poeta e Sparta: politica e azioni militari<br />

t 16 Le campagne messeniche (fr. 5 W. = 2-4 G.-P.)<br />

t 17 La virtù spartana in battaglia (fr. 11 W. = 8 G.-P.)<br />

2. Mimnermo<br />

L’elegia narrativa: la storia della città e il mito<br />

t 18 L’eroe in battaglia (fr. 14 W. = 23 G.-P.)<br />

t 19 Vicende storiche cittadine (fr. 9 W. = 3 G.-P.)<br />

3. Solone<br />

La politica e l’esortazione alla battaglia<br />

t 20 Parenesi guerriera: la battaglia per Salamina (frr. 1-3 W. = 2 G.-P.)<br />

t 21 Il degrado morale e la rovina di Atene (frr. 4a-c W. = 4-5 G.-P.)<br />

4. Senofane<br />

La critica verso la tradizione<br />

t 22 Contro l’ideale agonale (fr. 2 G.-P.)<br />

t 23 L’aspetto degli dèi (fr. 19 G.-P.)<br />

5. Teognide<br />

Simposio e amore<br />

t 24 I doni degli dèi (Corpus Theognideum 149-150; 151-152; 153-154)<br />

t 25 L’amore incostante (Corpus Theognideum 1267-1270)<br />

il genere 10. Melica arcaica (VII-VI secolo a.C.)<br />

PROFILO 1. Alcmane e gli inizi della poesia corale 310<br />

Parteni e cerimonie di iniziazione 313<br />

Il ‘dorico’ della melica corale 316<br />

2. Stesicoro 316<br />

3. Ibico 322<br />

Bibliografia 325<br />

Sitografia 326<br />

Questionario di riepilogo<br />

327<br />

ANTOLOGIA Leggere LA MELICA ARCAICA<br />

328<br />

1. Alcmane 328<br />

I parteni 328<br />

t 1 Il Partenio del Louvre (fr. 3 C.) 328


2 L’alcione (fr. 90 C.) 332<br />

Il dialetto del testo di Alcmane 333<br />

I carmi ‘religiosi’ 333<br />

t 3 Una menade o una dea? (fr. 125 C.) 334<br />

t 4 Notturno (fr. 159 C.) 335<br />

Musica e poesia 336<br />

t 5 Il poeta imita il canto delle pernici (fr. 91 C.) 336<br />

t 6 Il canto degli uccelli (fr. 140 C.) 337<br />

t 7 La Musa e il canto (fr. 84 C.) 337<br />

2. Stesicoro 338<br />

Indice XIX<br />

Frammenti di epica lirica 338<br />

t 8 Il Papiro di Lilla (fr. 222(b) Davies) 338<br />

t 9 Il cavallo di Troia (fr. S 88) 340<br />

t 10 La ‘vera’ e la ‘falsa’ Elena (fr. 192 PMG) 340<br />

I volti di Elena 342<br />

3. Ibico 343<br />

Poesia di corte 343<br />

t 11 L’encomio di Policrate (fr. S 151 D.) 343<br />

Poesia erotica 345<br />

t 12 La forza di Eros (fr. 286 PMG) 346<br />

PERCORSI Letterature nei secoli Il notturno da Alcmane a Goethe 348<br />

ANTOLOGIA<br />

ONLINE<br />

t<br />

1. Alcmane<br />

I pasti in comune e il simposio<br />

t 13 Il tripode del ghiotto Alcmane (fr. 9 C.)<br />

t 14 Pasto in comune e peana (fr. 129 C.)<br />

t 15 Eros fanciullo (fr. 147 C.)<br />

2. Stesicoro<br />

La Gerioneide<br />

t 16 L’arrivo a Eritia (fr. S 8)<br />

t 17 L’uccisione di Gerione (fr. S 15)<br />

t 18 La fine dell’avventura (fr. S 17)<br />

3. Ibico<br />

MELICA ARCAICA<br />

La produzione epico-lirica<br />

t 19 La fine di Astianatte… (fr. 224 PMG)<br />

t 20 …e quella dei Molionidi (fr. 285 PMG)


XX<br />

Indice<br />

il genere 11. La lirica monodica tra VII e VI secolo a.C.<br />

PROFILO 1. La tradizione poetico-musicale di Lesbo 354<br />

La tradizione poetico-musicale a Lesbo prima di Alceo e Saffo 355<br />

2. Alceo 355<br />

3. Saffo 361<br />

L’eolico di Alceo e Saffo 362<br />

La ‘nuova’ Saffo 366<br />

4. La lirica ionica: Anacreonte 368<br />

5. La lirica monodica in Attica 373<br />

Bibliografia 376<br />

Sitografia 377<br />

Questionario di riepilogo<br />

378<br />

ANTOLOGIA Leggere LA LIRICA MONO<strong>DI</strong>CA<br />

379<br />

1. Alceo 379<br />

Il simposio, i compagni, il vino 379<br />

t 1 Bevi, finché sei giovane! (fr. 38a V.) 379<br />

t 2 Il vino, rimedio dei mali (fr. 335 V.) 381<br />

t 3 Il simposio invernale… (fr. 338 V.) 382<br />

t 4 …e quello estivo (fr. 347 V.) 382<br />

t 5 Un simposio contro le regole (fr. 346 V.) 383<br />

Gli avversari politici 384<br />

t 6 Mirsilo è morto! (fr. 332 V.) 384<br />

t 7 Il traditore Pittaco (fr. 129 V.) 385<br />

La lotta e l’esilio 386<br />

t 8 La sala delle armi (fr. 140 V.) 386<br />

t 9 La malinconia dell’esilio (fr. 130b V.) 388<br />

2. Saffo 391<br />

L’amore all’interno del tìaso 391<br />

t 10 L’ode ad Afrodite (fr. 1 V.) 391<br />

t 11 Il catalogo delle cose belle (fr. 16 V.) 394<br />

t 12 Malattia d’amore (fr. 31 V.) 395<br />

t 13 Eros dolceamaro (fr. 130 V.) 398<br />

t 14 Lontananza (fr. 96 V.) 398<br />

t 15 Solitudine (fr. 168b V.) 399<br />

Canti nuziali per un pubblico più ampio 399<br />

t 16 Il fiore della verginità (fr. 105 V.) 399


t 17 Lo sposo e la sposa (fr. 112 V.) 400<br />

t 18 Dialogo tra una sposa e la verginità (fr. 114 V.) 400<br />

3. Anacreonte 401<br />

Le gioie del simposio 401<br />

t 19 Vino, amore e musica (fr. 373 PMG) 401<br />

t 20 Cogli l’attimo! (fr. 395 PMG) 401<br />

Immagini di Eros 403<br />

t 21 Eros pugile (fr. 396 PMG) 403<br />

t 22 Eros gioca a palla (fr. 358 PMG) 403<br />

t 23 Eros fabbro (fr. 413 PMG) 405<br />

t 24 I dadi di Eros (fr. 398 PMG) 405<br />

Il poeta innamorato 406<br />

t 25 Un raffinato doppio senso (fr. 417 PMG) 406<br />

t 26 Pazzo d’amore (fr. 428 PMG) 407<br />

t 27 Un rimedio contro l’amore (fr. 376 PMG) 407<br />

PERCORSI Percorso tematico La donna nella Grecia arcaica 408<br />

Letterature nei secoli La sintomatologia amorosa e l’odio-amore 410<br />

ANTOLOGIA<br />

ONLINE<br />

1. Alceo<br />

L’allegoria della nave<br />

t 28 La nave-stato nella tempesta (fr. 208a V.)<br />

t 29 Una nuova tempesta (fr. 73,1-10 V.)<br />

La realtà del simposio<br />

t 30 Preparativi per il simposio (fr. 362 V.)<br />

t 31 Il cottabo (fr. 322 V.)<br />

t 32 Una serenata dopo la bevuta (fr. 374 V.)<br />

2. Saffo<br />

LA LIRICA MONO<strong>DI</strong>CA<br />

I carmi ‘popolari’<br />

t 33 Canto di lavoro (fr. 102 V.)<br />

t 34 L’amico dello sposo sbeffeggiato (fr. 110 V.)<br />

Le invettive contro le avversarie<br />

t 35 La maledizione (fr. 55 V.)<br />

t 36 La rozza rivale (fr. 57 V.)<br />

3. Anacreonte<br />

L’altra faccia di Anacreonte: l’eco della guerra<br />

t 37 Per la morte di un giovane valoroso (fr. 419 PMG = A.P. 13,4)<br />

t 38 Lo scudo gettato (fr. 381b PMG)<br />

Indice XXI


XXII<br />

Indice<br />

Le Anacreontiche<br />

t 39 Godiamo dell’oggi! (Anacreontiche 8 W.)<br />

PERCORSI Letterature nei secoli La metafora della nave: un motivo di successo<br />

il genere 12. Melica tardoarcaica (VI-V secolo a.C.)<br />

PROFILO 1. Simonide 416<br />

2. Pindaro 422<br />

L’esecuzione corale e i due tipi di pubblico 427<br />

3. Bacchilide 429<br />

4. Corinna 433<br />

Bibliografia 434<br />

Sitografia 436<br />

I luoghi della letteratura I luoghi della corale: cerimonie e feste 437<br />

Questionario di riepilogo<br />

ANTOLOGIA Leggere LA MELICA TARDOARCAICA<br />

440<br />

1. Simonide 440<br />

I lamenti funebri 440<br />

t 1 Il qrh`no~ per i caduti alle Termopili (fr. 531 PMG) 440<br />

t 2 La precarietà della vita umana (fr. 520 PMG) 442<br />

t 3 Il destino umano è nelle mani degli dèi (fr. 527 PMG) 442<br />

Il Lamento di Danae 443<br />

t 4 La disperazione di una madre (fr. 543 PMG) 443<br />

Un’elegia per la vittoria di Platea 445<br />

t 5 Un’eroica battaglia (fr. 11 W.) 445<br />

2. Pindaro 448<br />

Un epinicio esemplare 448<br />

t 6 L’epinicio più famoso: l’Olimpica I (Olimpica 1) 448<br />

La funzione del mito 451<br />

t 7 Un mito per celebrare la città (Pitica 9,1-75) 451<br />

t 8 Mito e occasione: le scelte del poeta (Pitica 9,76-125) 454<br />

Riflessioni morali 457<br />

t 9 L’uomo, sogno di un’ombra (Pitica 8) 457<br />

3. Bacchilide 461<br />

Epinici e ditirambi 461<br />

t 10 La vittoria olimpica di Ierone: la versione di Bacchilide (Epinicio 5) 461<br />

t 11 I giovani ovvero Tèseo (Ditirambo 17) 466<br />

439


ANTOLOGIA<br />

ONLINE<br />

1. Simonide<br />

MELICA TARDOARCAICA<br />

Gli epinici tra serio e faceto<br />

t<br />

12 Il pugile tosato (fr. 507 PMG)<br />

t 13 Le mule di Anassila (fr. 515 PMG)<br />

L’eros<br />

t 14 Uno scolio simposiale (fr. 22,9-18 W.)<br />

2. Pindaro<br />

Gli elementi dell’epinicio: il proemio<br />

t 15 Un proemio a forma di inno… (Pitica 11,1-16)<br />

t 16 ...e uno a forma di Priamel (Olimpica 11,1-6)<br />

Sport e agoni<br />

La lode<br />

t 17 Lode della ricchezza (Pitica 5,1-23)<br />

t 18 Fama immortale (Istmica 1,40-52; 67 s.)<br />

La gnome<br />

t 19 La sorte è mutevole tranne che per gli dèi (Istmica 3)<br />

Le dichiarazioni di poetica<br />

t 20 L’immortalità della poesia (Pitica 6,1-18)<br />

t 21 Il successo dell’epinicio (Nemea 5,1-5; Istmica 2,43-46)<br />

t 22 Poeta e committente (Pitica 10,64-66)<br />

Gli altri libri<br />

t 23 Il peana dei Cei (fr. 52d,21-62 Sn.-M.)<br />

t 24 Il ditirambo per gli Ateniesi (fr. 75 Sn.-M.)<br />

3. Bacchilide<br />

Un ditirambo particolare<br />

t 25 Il ditirambo dialogico (Ditirambo 18)<br />

Il III epinicio<br />

t 26 Ierone e Creso (Epinicio 3)<br />

la letteratura 13. La filosofia dell’età arcaica<br />

1. Filosofia e sofiva 471<br />

2. Filosofia e mito 471<br />

3. La nascita della filosofia nella Ionia 472<br />

4. Filosofia e letteratura 473<br />

Indice XXIII


XXIV<br />

Indice<br />

ANTOLOGIA<br />

ONLINE<br />

La trasmissione delle opere dei filosofi arcaici 474<br />

5. I filosofi di Mileto: Talete, Anassimandro, Anassìmene 474<br />

6. Pitagora 476<br />

7. Eraclìto 477<br />

8. I Sette Sapienti 479<br />

Cosa bisogna sapere su…<br />

La filosofia arcaica 480<br />

Bibliografia 480<br />

Sitografia 481<br />

LA FILOSOFIA ARCAICA<br />

1. I filosofi ionici<br />

La ricerca del principio<br />

t 1 Talete: l’acqua (fr. 11 A 12 D.-K.)<br />

t 2 Anassimene: l’aria (fr. 13 A 6 D.-K. = Pseudo Plutarco, Stromateis 3)<br />

2. Pitagora<br />

La dottrina della metempsicosi<br />

t 3 Le reincarnazioni di Pitagora (Diogene Laerzio, Vite dei filosofi 8,4-5)<br />

t 4 L’immortalità dell’anima (Diogene Laerzio, Vite dei filosofi 8,28)<br />

3. Eraclito<br />

L’unità degli opposti e l’eterno divenire<br />

t 5 Tutto scorre! (frr. 22 B 49a, 22 A 6, 22 B 50, 22 B 60 D.-K.)<br />

La critica al sapere tradizionale<br />

t 6 Eraclito contro gli altri ‘sapienti’ (frr. 22 B 40, 42 D.-K.)<br />

Le difficoltà della ricerca<br />

t 7 L’arduo percorso verso la sapienza (frr. 22 B 101, 123, 18, 54, 52 D.-K.)<br />

4. I Sette Sapienti<br />

Massime di saggezza<br />

t 8 Moderazione e misura<br />

t 9 Il silenzio e la riflessione<br />

la letteratura 14. La scienza dalle origini al IV secolo a.C.<br />

1. Scienza e filosofia 482<br />

2. Le scienze della Terra: geografia e geofisica 482<br />

3. L’astronomia, la matematica e le scienze naturali 483<br />

Bibliografia 483<br />

Sitografia 483


la letteratura 15. Ecateo di Mileto<br />

1. Ecateo di Mileto: il primo geografo o il primo storico? 484<br />

2. La vita 484<br />

3. Le opere 484<br />

4. La Periegèsi 484<br />

5. Le Genealogie 485<br />

6. Ecateo e la storiografia arcaica 486<br />

7. Lo stile 486<br />

Geografia, storie regionali e genealogie 487<br />

Cosa bisogna sapere su… Ecateo di Mileto 487<br />

Bibliografia 488<br />

la letteratura 16. La filosofia dalla tarda età arcaica<br />

all’età classica<br />

ANTOLOGIA<br />

ONLINE<br />

1. La filosofia tra il VI e il V secolo a.C. 489<br />

2. Parmenide 489<br />

La scuola eleatica: Zenone e Melisso 490<br />

3. Empedocle 490<br />

4. Anassagora 492<br />

5. Democrito e l’atomismo 494<br />

Cosa bisogna sapere su… La filosofia tardoarcaica 496<br />

Bibliografia 496<br />

Sitografia 496<br />

LA FILOSOFIA TARDOARCAICA<br />

1. Parmenide<br />

La ‘filosofia dell’Essere’<br />

t 1 L’iniziazione del filosofo (fr. 28 B 1 D.-K.)<br />

t 2 L’Essere (fr. 7/8 Cerri = 28 B 7/8 D.-K., vv. 1-11)<br />

2. Empedocle<br />

I quattro elementi e la loro mescolanza<br />

t 3 L’azione di Amore (frr. 31 B 21 e 23 D.-K.)<br />

t 4 L’alternanza di Amore e Odio (fr. 31 B 26 D.-K.)<br />

3. Anassagora<br />

Il razionalismo di Anassagora e l’accusa di empietà<br />

t 5 Le teorie ‘empie’ di Anassagora (fr. 59 A 1,8-9 e 12 D.-K.)<br />

t 6 Anassagora e il montone (fr. 59 A 16 D.-K.)<br />

Indice XXV


XXVI<br />

Indice<br />

4. Democrito<br />

LibroPiùWeb<br />

Il cosmo e l’uomo<br />

t 7 L’infinità degli atomi e dei mondi (fr. 68 A 40 D.-K.)<br />

La teoria poetica di Democrito<br />

t 8 Poesia e divina pazzia<br />

t 9 Il ‘divino’ Omero (fr. 68 B 21 D.-K.)<br />

Glossario 497<br />

Indice dei nomi 516<br />

La sintesi audio dei profili in formato MP3,<br />

per ripassare le nozioni e i concetti<br />

principali.<br />

Il questionario interattivo con autoverifica<br />

sui capitoli maggiori, per prepararsi<br />

all’interrogazione.<br />

Un’antologia integrativa in formato pdf<br />

di autori ‘maggiori’ e ‘minori’,<br />

per ampliare le proprie letture.<br />

L’analisi di brani esemplari, per imparare a<br />

leggere un testo letterario: da soli a casa o<br />

in classe con la LIM.<br />

Cartine interattive, per visualizzare<br />

la geografia degli eventi storici,<br />

degli autori e dei generi letterari.<br />

Tavole cronologiche in formato pdf,<br />

per comparare le date dei fatti storici,<br />

letterari, filosofici e artistici.


L’autore<br />

Omero<br />

Profilo<br />

IL GENERE<br />

epica<br />

LA LINEA DEL GENERE La poesia epica<br />

tradizione epica<br />

oralità<br />

VIII secolo a.C.<br />

auralità<br />

LE OPERE<br />

Iliade<br />

Odissea<br />

Omero<br />

L’OCCASIONE<br />

LA PAROLA CHIAVE<br />

agoni rapsodici<br />

in festival pubblici<br />

LA PAROLA<br />

CHIAVE enciclopedia<br />

tribale<br />

I LUOGHI <strong>DI</strong> OMERO<br />

M A R E<br />

E G E O<br />

Chio<br />

Smirne


36<br />

Profilo<br />

1.<br />

Omero come<br />

figura simbolo<br />

Le biografie<br />

antiche<br />

La valutazione<br />

delle notizie<br />

biografiche<br />

3. Omero<br />

La comunicazione<br />

in Omero<br />

MITTENTE CONTATTO MESSAGGIO CO<strong>DI</strong>CE DESTINATARIO<br />

v<br />

C O N T E S T O : F E S T I V A L P U B B L I C I<br />

poeta epico<br />

voce poesia epica lingua omerica<br />

(‘artificiale’ e ‘mista’<br />

con influenze<br />

dialettali ioniche<br />

ed eoliche)<br />

l’intera comunità<br />

L’Iliade e l’Odissea: contenuti, temi e personaggi<br />

1. Ma Omero è realmente esistito?<br />

Secondo la tradizione antica, l’Iliade e l’Odissea furono composte da un poeta di nome<br />

Omero, che per noi rappresenta il primo nome della letteratura greca. Ma, come aveva<br />

intuito Giambattista Vico già nella prima metà del Settecento (vedi la scheda a p. 50),<br />

Omero non fu in realtà l’autore dei due poemi: simboleggia piuttosto l’attività letteraria<br />

di un’intera cultura, che nel corso dei secoli ha elaborato il materiale epico quale oggi ci<br />

appare nella forma fissata per iscritto e poi trasmessa fino a noi. Anzi, data la natura dei<br />

poemi omerici, possiamo persino dubitare del fatto che Omero sia realmente esistito; in<br />

ogni caso, non possiamo assegnargli se non un’attività ridotta, magari semplicemente<br />

redazionale, e non compositiva in senso proprio.<br />

Possiamo quindi anticipare sin da ora che il nome ‘Omero’ è oggi una designazione convenzionale<br />

comunemente usata per riferirsi ai due poemi; tuttavia gli antichi hanno creduto<br />

di poter ricostruire almeno in parte la vita del poeta.<br />

A partire almeno dal VI secolo a.C., infatti, intorno alla figura di Omero cominciarono<br />

a fiorire numerose notizie biografiche che in seguito confluirono in alcune Vite, ricche di<br />

aneddoti palesemente costruiti in età tarda. Limitandoci ai dati essenziali, riguardo alla<br />

cronologia lo storico Erodoto (Storie 2,53, vedi p. 33), vissuto nel V secolo a.C., riteneva<br />

che Omero dovesse essere datato circa quattrocento anni prima di lui, quindi nel IX<br />

secolo a.C. Circa il luogo di nascita, numerose città si contendevano i natali del poeta;<br />

tra queste, le più accreditate erano Chio e Smirne. Inoltre, si tramandava che Omero<br />

fosse cieco.<br />

Riguardo all’attendibilità delle biografie antiche, conviene precisare un importante principio<br />

di metodo; sebbene le notizie biografiche siano in genere sospette e quasi sempre<br />

confutabili con elementari procedimenti di critica storica, esse rappresentano pur sem-


pre l’espressione di interessi culturali ben definiti: le varie tradizioni non dicono nulla di<br />

attendibile su Omero, ma dicono molto del momento in cui queste leggende sono state<br />

create.<br />

Per esempio, oggi sappiamo che la cronologia fornita da Erodoto è troppo alta, e che,<br />

anche solo pensando a una redazione scritta, va abbassata di un secolo (dal IX all’VIII);<br />

tuttavia, la testimonianza erodotea si rivela preziosa per il fatto che conferma come già nel<br />

V secolo Omero fosse considerato un poeta molto antico. Ancora: se la nascita di Omero<br />

era contesa fra tante città, questo dipendeva dal fatto che tutti i Greci volevano appropriarsi<br />

di una figura che era per loro il simbolo di un’unità culturale che sentivano di possedere,<br />

pur nei loro particolarismi locali. Infine, la notizia che Omero fosse cieco rispettava una<br />

tradizione di grande valore antropologico: il poeta è per definizione un veggente, e il veggente<br />

è cieco perché vede con l’occhio interiore.<br />

2. L’Iliade e l’Odissea: struttura e contenuti<br />

I due poemi si compongono di 24 libri ciascuno. Questa divisione, che risale ai grammatici<br />

alessandrini (III-I secolo a.C.), si basa su una corrispondenza fra i singoli libri<br />

e le 24 lettere dell’alfabeto greco (convenzionalmente si usano le maiuscole per l’Iliade<br />

e le minuscole per l’Odissea: A è il primo libro dell’Iliade, a il primo libro dell’Odissea,<br />

ecc.).<br />

Ma già molto tempo prima alcune singole sezioni narrative, che nella successiva divisione<br />

alessandrina potevano coincidere anche con più libri consecutivi, erano sentite come unità<br />

autonome: per esempio, nel V secolo a.C. Erodoto (Storie 2,116) parla di una Diomhvdeo~<br />

ajristeivh, e cioè di un’«aristìa di Diomede», narrata nel V e in parte del VI libro<br />

dell’Iliade; nel IV secolo Platone fa in più di un luogo riferimento alle Litaiv (le «suppliche»),<br />

e cioè all’ambasceria dei Greci ad Achille narrata nel IX libro dell’Iliade, e definisce<br />

ΔAlkivnou ajpovlogo~ («racconto ad Alcinoo») i libri IX-XII dell’Odissea; sempre nel IV<br />

secolo Aristotele (Poetica 54b 30; 60a 25) cita ta; nivptra («il bagno»), e cioè l’episodio del<br />

riconoscimento di Odisseo da parte della nutrice Euriclea narrato nel XIX libro<br />

dell’Odissea.<br />

L’Iliade non racconta tutta la decennale guerra di Troia (Ilio), come farebbe pensare il titolo,<br />

ma solo una cinquantina di giorni dell’ultimo anno. Questo tipo di selezione del materiale,<br />

secondo Aristotele (Poetica 59a 30 ss.), era un pregio che i due grandi poemi avevano<br />

nei confronti del Ciclo epico che, come si vedrà, tendeva invece a raccontare tutto,<br />

senza proporsi un centro narrativo.<br />

La prima parola del poema è «l’ira» (mh`ni~) di Achille: da molti è considerata l’argomento<br />

del poema, e certo è il centro di quello che sembra essere il suo nucleo più antico. La<br />

guerra scaturisce dall’offesa fatta da Paride, figlio del re di Troia Priamo, al re di Sparta<br />

Menelao: poiché Paride ha rapito Elena, moglie di Menelao, Agamennone, fratello di<br />

Menelao, raccoglie un esercito e lo conduce in guerra contro Troia, insieme con tutti gli<br />

altri principi greci.<br />

Dal sommario esposto a pagina seguente restano fuori i concili degli dèi e molti dei loro<br />

numerosi interventi nelle battaglie e presso i mortali in generale, i concili dei capi militari,<br />

le cosiddette ajristeiài, ovvero le imprese valorose di singoli eroi, come Diomede (V),<br />

Agamennone (XI), Patroclo (XVI), Achille (XIX-XXII), ecc. Duelli, ferimenti e morti di<br />

guerrieri sono alle volte descritti in dettaglio.<br />

Numerose sono le sezioni narrative in qualche modo autosufficienti: la cosiddetta ‘messa<br />

alla prova’ dell’esercito, l’episodio di Tersite, il deforme ribelle che insulta i capi achei, e il<br />

catalogo sia delle navi achee sia dell’esercito di Troiani e alleati (II); la suggestiva rassegna<br />

dei capi greci fatta da Elena al suocero Priamo dall’alto delle mura di Ilio (III); l’incontro<br />

La divisione<br />

in libri e le grandi<br />

unità narrative<br />

T4<br />

T19<br />

La trama<br />

dell’Iliade<br />

Omero<br />

37


38<br />

Profilo<br />

MEMO La trama dell’Iliade<br />

libro I<br />

libri II-IV<br />

libri V-XI<br />

libri XII-XVI<br />

libri XVII-XXII<br />

libri XXIII-XXIV<br />

La trama<br />

dell’Odissea<br />

Il poema si apre con la peste suscitata nel campo greco da Apollo, dalla quale i Greci si salvano perché<br />

Agamennone restituisce la schiava Criseide al padre Crise, sacerdote di Apollo. Ma il re, che è un primus<br />

inter pares (dotato di pari dignità regale rispetto agli altri re, ma con il comando dell’esercito), vuole come<br />

indennizzo Briseide, che è schiava di Achille, re dei Mirmìdoni. Achille, adirato, cede, ma si ritira dalla lotta<br />

ai margini del campo: è l’eroe più forte dello schieramento greco, e la guerra dovrà continuare senza di lui.<br />

L’esercito greco e quello troiano si preparano allo scontro. Paride, che alla vista di Menelao è assalito dal<br />

terrore, viene aspramente rimproverato dal fratello Ettore e decide perciò di regolare il conflitto affrontando<br />

in duello Menelao: mentre sta per soccombere, è però salvato da Afrodite (III). Lo scontro tra gli eserciti<br />

riprende (IV).<br />

Dopo alterne vicende, Zeus decide di dare un aiuto concreto ai Troiani per mantenere la promessa fatta<br />

a Teti, madre di Achille, di restituire l’onore al figlio facendo sentire tutto il peso della sua assenza (VIII). I<br />

Troiani stanno avendo la meglio; perciò Agamennone, che prende addirittura in considerazione la possibilità<br />

di abbandonare l’assedio di Troia, offre ad Achille la restituzione di Briseide purché egli torni in battaglia:<br />

ma l’eroe rifiuta sdegnato e annuncia anzi il suo proposito di fare ritorno in patria (IX). I Greci, che<br />

erano comunque riusciti a spingersi fin sotto le mura di Troia, sono costretti alla ritirata (XI).<br />

I Troiani avanzano così fino al muro che difende il campo acheo, lo superano (XII) e arrivano a dar fuoco<br />

alle navi (XVI, inizio). Vista la drammatica situazione, Patroclo chiede ad Achille di poter entrare nella<br />

mischia con le armi dell’eroe: Achille glielo concede, ma gli proibisce di inseguire i Troiani fino alla rocca.<br />

Patroclo disobbedisce ed è ucciso da Ettore (XVI), l’eroe più forte del campo troiano e figlio del re<br />

Priamo.<br />

Achille, appresa la morte dell’amico (XVII), vuole tornare in battaglia per vendicarlo e a questo scopo<br />

ottiene da Efesto delle nuove armi (XVIII). Riconciliatosi con Agamennone (XIX), l’eroe riprende la lotta e<br />

uccide Ettore in duello (XXII).<br />

Dopo i solenni funerali di Patroclo (XXIII), nell’ultimo libro (XXIV) il vecchio re Priamo si reca di notte, sotto<br />

la guida di Hermes, alla tenda di Achille per riscattare il corpo del figlio Ettore: Achille, commosso, glielo<br />

restituisce e il poema si conclude con i solenni funerali di Ettore a Troia.<br />

cavalleresco fra Glauco e Diomede (che, pur essendo nemici, scoprono antichi rapporti di<br />

ospitalità fra le due famiglie, e decidono di scambiarsi le armi invece di combattere) e il<br />

patetico incontro di Ettore con la moglie Andromaca e col figlioletto Astianatte alle Porte<br />

Scee (VI); l’ambasceria inviata ad Achille da Agamennone per ottenere la riconciliazione,<br />

rifiutata però da Achille (IX); l’episodio di Dolone, il troiano che in una sortita notturna<br />

viene catturato da Odisseo e Diomede e che, rivelata la posizione del re dei Traci Reso pur<br />

di aver salva la vita, viene ucciso da Diomede come traditore (X); l’inganno di Era a Zeus<br />

per distoglierlo dalla difesa dei Troiani (XIV); la descrizione delle armi di Achille costruite<br />

da Efesto (XVIII); i giochi funebri in onore di Patroclo (XXIII) e infine Priamo presso<br />

Achille a richiedere il corpo del figlio Ettore (XXIV).<br />

Anche se la trama dell’Odissea è più facile da esporre, dal punto di vista della struttura narrativa<br />

è più complessa. Buona parte del poema è infatti costituita dai racconti fatti ai Feaci<br />

da Odisseo, che risulta quindi un narratore nell’ambito della narrazione. Inoltre, questo<br />

racconto nel racconto si inserisce verso la metà del poema, e sfrutta la tecnica narrativa del<br />

flashback per raccontare eventi precedenti al momento attuale.<br />

Il poema è uno di quelli che gli antichi chiamavano i novstoi, i «ritorni» degli eroi da Troia<br />

in patria: quello di Odisseo è il ritorno più lungo, che dura dieci anni come dieci anni era<br />

durata la guerra di Troia.<br />

Per quanto riguarda le altre opere che gli antichi attribuivano a Omero, si rinvia al capitolo<br />

4, ‘Omero minore’.


MEMO La trama dell’Odissea<br />

libro I<br />

libri II-VI<br />

libri VII-XII<br />

libri XIII-XXIII<br />

libro XXIV<br />

3. Le tematiche principali<br />

3.1 L’Iliade<br />

L’Iliade è per intero il poema della guerra. Tuttavia, anche se la guerra è sempre presente,<br />

il poema non è mai monotono, perché della guerra sono trattati aspetti molto vari: armi<br />

e tecniche, tenzoni di singoli (vedi p. 70, T4) e battaglie di massa, consigli dei capi (e degli<br />

dèi, fortemente interessati alla guerra stessa), assemblee dei combattenti (come nel II<br />

libro), rassegne delle forze in campo (come, sempre nel II libro, per i due eserciti greco e<br />

troiano), strategie di assalto e di difesa (che culminano nell’attacco troiano al campo dei<br />

Greci fra il XII e il XVI libro).<br />

Lo stesso bellissimo episodio dell’inganno amoroso teso da Era al marito Zeus (XIV libro)<br />

è uno strumento di guerra: Zeus sta favorendo i Troiani perché i Greci capiscano l’importanza<br />

dell’assenza di Achille, in linea con la promessa fatta alla madre Teti di rendere onore<br />

al figlio; ma Era, che vuole sventare il piano del marito divino, chiede aiuto ad Afrodite<br />

per sedurlo e al Sonno, Hypnos, per addormentarlo; in questo modo, può organizzare un<br />

piano, al quale fa partecipare Poseidone. È un poemetto all’interno del poema, con quanto<br />

di delicatamente erotico è permesso nell’epos, ma è pur sempre un momento che fa<br />

parte di una strategia di guerra.<br />

Omero 39<br />

Lo scenario d’apertura è Itaca, patria e regno di Odisseo, dove spadroneggiano i pretendenti, i principi<br />

che aspirano alla mano di Penèlope, la fedele moglie di Odisseo. La dea Atena si presenta a Telèmaco,<br />

figlio di Odisseo, sotto le vesti del re Mente e lo esorta ad andare in cerca del padre.<br />

Telemaco, protetto da Atena, parte da Itaca su una nave (II) per andare a trovare Nestore a Pilo (III) e<br />

Menelao a Sparta (IV), a chiedere notizie del padre. Intanto Odisseo è trattenuto nell’isola Ogigia dalla<br />

dea Calipso, che finalmente lo lascia partire su una zattera obbedendo all’ordine di Zeus trasmessole<br />

da Hermes; una tempesta suscitata da Poseidone non impedisce all’eroe di raggiungere la spiaggia<br />

dell’isola dei Feaci (V). Qui Odisseo, in una scena di grande suggestione, incontra la figlia del re,<br />

Nausicaa, che era andata con le ancelle alla spiaggia a fare il suo regale bucato e lo conduce con sé<br />

alla reggia (VI).<br />

Il soggiorno presso i sovrani Alcìnoo e Arète è argomento di sette libri (VI-XII, fino all’inizio del XIII), all’interno<br />

dei quali si iscrive il racconto (gli ajpovlogoi) con cui Odisseo narra ai suoi ospiti le precedenti peregrinazioni<br />

(IX-XII): il ritorno nella sua interezza ci è così noto attraverso questa lunga digressione in prima<br />

persona, che rappresenta un racconto nel racconto. I momenti salienti del viaggio sono le tappe presso<br />

i Cìconi, i Lotòfagi (i «mangiatori di loto»), i Ciclopi e Polifemo (IX); seguono il dio Eolo e il suo otre dei<br />

venti tempestosi, i Lestrìgoni, la maga Circe (X); i Cimmèri, la scena di necromanzia e gli incontri con i<br />

morti (la cosiddetta nevkuia, XI); le Sirene, Scilla e Cariddi, i compagni di Odisseo che divorano i buoi del<br />

Sole, la fine dei compagni superstiti nell’annientamento della nave e infine l’approdo di Odisseo, ormai<br />

solo, all’isola Ogigia (XII), dove il racconto si ricollega al suo inizio.<br />

Riprende la narrazione in terza persona: i ritorni paralleli di Odisseo e di Telemaco a Itaca, l’incontro tra<br />

padre e figlio e l’accordo per sterminare i pretendenti (XIII-XVI); l’arrivo in città di padre e figlio separatamente<br />

(XVII-XVIII); il riconoscimento da parte della nutrice Euriclea, che mentre fa il bagno a Odisseo ravvisa una<br />

vecchia cicatrice, e l’incontro, ancora in incognito, fra Odisseo e Penelope (XIX); gli ulteriori preparativi per<br />

la strage, la gara dell’arco, l’uccisione dei pretendenti, il riconoscimento dei due sposi (XX-XXIII).<br />

Il poema si chiude con una seconda nevkuia, nella quale Hermes conduce all’Ade le anime dei pretendenti,<br />

con la visita di Odisseo al vecchio padre Laerte, con la lotta contro le famiglie degli uccisi e con<br />

la pace generale sotto gli auspici di Atena (XXIV). Alcuni critici alessandrini avevano proposto di vedere<br />

in 23,296, che rappresenta il momento in cui Odisseo e Penelope si riuniscono nell’«antico letto», la fine<br />

autentica dell’Odissea, perché in quel punto la vera azione del poema, il ritorno, si realizzava compiutamente.<br />

La guerra


40<br />

Profilo<br />

La guerra<br />

e la «civiltà<br />

di vergogna»<br />

T6<br />

L’altra faccia<br />

della guerra<br />

T27 T7<br />

Altri temi: i giochi<br />

per Patroclo e lo<br />

scudo di Achille<br />

T30<br />

T33<br />

Viaggi e vita civile<br />

T14<br />

Le differenze<br />

tra i due poemi:<br />

l’etica,...<br />

Ma la guerra è il grande tema dell’Iliade soprattutto perché l’aggressività guerriera è vista<br />

come il mezzo principale per affermare la timhv, l’«onore» dell’eroe. Non a caso, la cultura<br />

eroica che permea di sé i poemi omerici è stata definita dallo studioso irlandese Eric<br />

Dodds (1893-1979) «civiltà di vergogna», in quanto si fonda sul timore che scaturisce nell’eroe<br />

dal mancato riconoscimento del proprio statuto eroico da parte della comunità (a<br />

questa cultura è stata contrapposta la «civiltà di colpa», nella quale i criteri della valutazione<br />

etica vengono invece interiorizzati e il male viene spiegato come la punizione divina per<br />

una colpa commessa dall’uomo). Pertanto, la guerra è considerata un valore positivo: le<br />

armi dell’eroe, i sanguinosi duelli, le schiere dei combattenti, tutto è descritto con una<br />

sorta di vera gioia e spesso con smaglianti similitudini naturalistiche.<br />

Tuttavia, la guerra è vista anche con l’angosciosa coscienza dei mali che comporta: lo<br />

dimostrano gli epiteti della parola «guerra», che è «funesta», «crudele», «sanguinosa», ecc.;<br />

il pathos con cui sono descritte le morti degli eroi più cari al narratore, come Patroclo,<br />

Sarpèdone, Ettore; il dolore del vecchio Priamo per la morte del figlio. Lo stesso Achille è<br />

destinato a una vita gloriosa ma breve; e sia lui sia la madre Teti lamentano spesso questo<br />

destino di gloria, che però è al tempo stesso anche destino di dolore e di morte.<br />

Oltre alla guerra, nell’Iliade non c’è molto spazio per tematiche diverse, soprattutto per<br />

quelle legate alla vita in tempo di pace. La guerra registra infatti una lunga pausa narrativa<br />

solo nella distesa descrizione dei giochi funebri in onore di Patroclo: quasi un intero<br />

libro, il XXIII, è dedicato alla corsa dei carri, al pugilato, alla lotta, alla corsa a piedi, al<br />

lancio del disco, al tiro con l’arco e al tiro del giavellotto.<br />

Grazie alla descrizione dello scudo di Achille nel XVIII libro, si introduce nel poema una<br />

tematica più ampia. Sullo scudo forgiato da Efesto, infatti, sono rappresentati il cosmo<br />

intero (vv. 483-608: la terra, il cielo, il mare, il sole, la luna, le stelle, il tutto circondato<br />

dall’Oceano) e le attività proprie delle comunità umane sia in guerra sia, soprattutto, in<br />

pace: le festività, l’ordinamento giudiziario, l’agricoltura e l’allevamento del bestiame.<br />

3.2 L’Odissea<br />

Nell’Odissea la guerra, il grande tema dell’Iliade, è presente solo sullo sfondo, sebbene<br />

anche qui non manchino momenti di violenza, come nell’episodio della strage dei pretendenti<br />

(XXII libro). Piuttosto, hanno particolare importanza i motivi geografici, com’è<br />

ovvio nel racconto del ritorno a casa di un eroe. Al tema del viaggio si aggiungono poi i<br />

motivi favolistici, che tradizionalmente sono strettamente connessi alla narrazione delle<br />

peregrinazioni e che permettono di instaurare numerosi contatti con la saga degli<br />

Argonauti, gli eroi greci guidati da Giàsone che partirono a bordo della nave Argo per<br />

andare a recuperare il vello d’oro custodito nella Colchide.<br />

Va detto però che è impossibile tracciare una geografia sicura del percorso compiuto da<br />

Odisseo, come è stato sottolineato sia dagli studiosi moderni (che hanno fatto molti tentativi<br />

di identificazione), sia del resto già da alcuni eruditi antichi: Eratostene di Cirene, il<br />

grande filologo e scienziato del III secolo a.C. che si occupò di geografia omerica, disse<br />

che «qualcuno potrà scoprire dove vagò Odisseo se troverà il cuoiaio che cucì l’otre dei<br />

venti» (alludendo all’otre del dio Eolo di cui si parla all’inizio del X libro dell’Odissea).<br />

Rispetto all’Iliade, nell’Odissea sono poi più numerosi i riferimenti alla vita civile e politica:<br />

il matrimonio, l’eredità, il governo, soprattutto nel caso di Itaca, dove la reggia attende<br />

l’eroe perché riprenda la sua funzione di capo della famiglia e della struttura politica.<br />

Già gli antichi notarono alcune differenze culturali tra i due poemi: un bell’esempio è la<br />

posizione critica esposta dall’‘Anonimo del Sublime’ 1 , che considera l’Iliade come l’opera<br />

della giovinezza e l’Odissea come l’opera della vecchiaia di Omero.<br />

1. Il trattato Del Sublime, di incerta attribuzione e databile alla prima metà del I secolo d.C., è uno degli<br />

scritti più importanti di critica estetico-letteraria a noi pervenuti.


Per citare le diversità più evidenti, l’Iliade, pur essendo dominata dagli stereotipi della vita<br />

guerriera, presenta sezioni che infrangono l’intransigenza tipica del codice eroico: nell’ultimo<br />

libro del poema, al pianto di Priamo per il figlio morto si associa addirittura quello di<br />

Achille, l’uccisore, che piange sulla propria sorte e per il proprio vecchio padre Pèleo. Per<br />

questa apertura concessa alla rappresentazione dei sentimenti si è detto che l’ultimo libro<br />

dell’Iliade è quello che presenta la maggior quantità di elementi culturali ‘odissiaci’, dato che<br />

l’Odissea mostra in molti punti una morale più evoluta rispetto a quella iliadica.<br />

Nell’Odissea i personaggi femminili sono molto più numerosi (basta pensare a Penelope,<br />

Circe, Calipso, Nausicaa, Arete, Euriclea), e l’amore come sentimento viene descritto con<br />

un approfondimento maggiore rispetto all’Iliade dove, a parte l’accenno al legame fra<br />

Ettore e Andromaca nel VI libro, non c’è molto. Nell’Odissea, invece, l’amore coniugale<br />

rappresentato dalla coppia Odisseo-Penelope trionfa persino sulle lusinghe di Calipso<br />

che, pur essendo una dea, viene rifiutata da Odisseo che preferisce tornare a casa dalla<br />

moglie mortale.<br />

Nell’Odissea, inoltre, ricevono maggiore risalto temi che nell’Iliade sono assenti o censurati,<br />

come per esempio la magia (evidente nel V libro con l’episodio della maga Circe, che<br />

trasforma in porci gli sventurati che raggiungono la sua isola). Questo fenomeno si spiega<br />

con il fatto che l’Odissea, essendo il poema del viaggio, sede della continua mutazione<br />

di cose e di persone, offre una maggiore varietà di situazioni.<br />

Per questo stesso motivo, nell’Odissea si coglie un realismo della narrazione maggiore che<br />

nell’Iliade. Un capolavoro di realismo è, per esempio, il racconto della situazione sociale e<br />

affettiva di Nausicaa nel VI libro: la discussione così amabile col padre Alcinoo sulle nozze,<br />

la descrizione del bucato regale al quale la principessa si avvia con le sue ancelle, l’incontro<br />

di lei con Odisseo appena approdato e risvegliatosi dal sonno ristoratore.<br />

MEMO Le tematiche dei due poemi<br />

Iliade Odissea<br />

guerra viaggi<br />

onore e gloria motivi favolistici<br />

etica della «civiltà di vergogna» vita civile e politica<br />

4. I personaggi<br />

rappresentazione dei sentimenti (e amore coniugale)<br />

magia<br />

realismo<br />

I personaggi che si muovono sulla scena dei poemi sono riconducibili a due categorie: gli<br />

uomini e gli dèi.<br />

4.1 Gli uomini<br />

Per quanto riguarda i personaggi umani, per la loro descrizione l’epos non entra in particolari<br />

che siano veramente caratterizzanti. Sul piano fisico l’eroe risponde a canoni generici<br />

di bellezza e di prestanza, così come la dea e l’eroina sono belle, «dalle bianche braccia»,<br />

ecc. La descrizione accurata si rende necessaria solo nel caso del brutto e del non-eroico:<br />

di Tersite, che esprime violentemente il suo scontento nei confronti dei capi nel corso<br />

dell’assemblea dell’esercito, si dice (Iliade 2,216 ss.) che «era l’uomo più brutto che fosse<br />

venuto a Ilio: storto, zoppo di un piede; le spalle curve e ripiegate sul petto; la testa a punta<br />

coperta da una rada peluria» (trad. M.G. Ciani). Nel mondo dell’epos il brutto e l’atipi-<br />

T8<br />

...le donne<br />

e l’amore,...<br />

T10<br />

T23<br />

...la magia<br />

e il realismo<br />

T12<br />

Omero 41<br />

La<br />

rappresentazione<br />

della persona<br />

T3


42<br />

Profilo<br />

Gli epiteti:<br />

una forma di<br />

caratterizzazione?<br />

La psicologia<br />

dei personaggi<br />

La responsabilità<br />

umana<br />

Le reazioni<br />

emotive: l’alterco<br />

e il pianto<br />

T9<br />

T28<br />

co, il singolare, vengono descritti nel dettaglio proprio perché non rispettano i canoni<br />

eroici, che sono positivi e tipici.<br />

La fissità degli epiteti solitamente associati al nome di un eroe mostra una forma minima<br />

di ‘specializzazione’ del personaggio, del quale vengono messe in risalto alcune attitudini:<br />

così Achille è «piè-veloce», Odisseo «dai molti espedienti», Ettore «uccisore di guerrieri» e<br />

«domatore di cavalli», ecc. Ma è chiaro che gli epiteti non mirano certo a descrivere un<br />

carattere: se ne facessimo un inventario allo scopo di identificare i tratti fisici o psicologici<br />

dei singoli personaggi, non guadagneremmo nulla, perché resteremmo nel vago di qualifiche<br />

guerriere o di definizioni che riflettono la funzione dell’individuo all’interno del<br />

gruppo sociale (re e capo militare, capo della casa e della famiglia, ecc.).<br />

Solo raramente nei poemi viene esposto il processo psicologico che porta i personaggi a<br />

una decisione o a un’azione, e – quando questo avviene – tale processo è rappresentato<br />

normalmente in termini quasi meccanici, come un intervento dall’esterno, con una fraseologia<br />

del tipo «il dio gli infuse coraggio», ecc.<br />

Alcune volte, l’intervento divino è presentato in modo molto dettagliato: al principio<br />

dell’Iliade, quando Achille si sente offeso da Agamennone (1,188 ss.), un intenso momento<br />

d’incertezza (sfoderare la spada o trattenere l’ira) viene risolto dall’intervento di Atena<br />

che, visibile a lui solo, lo convince a non ricorrere alla violenza. Ebbene, questo tipo di<br />

meccanismo descrittivo – se così lo si può chiamare – è costante nei poemi.<br />

Alcuni studiosi hanno voluto vedere nei continui interventi divini un modo per attenuare<br />

o persino negare la responsabilità umana: Agamennone, quando si riconcilia con Achille<br />

(Iliade 19) per l’offesa inflittagli al principio del poema, dice di essere stato accecato da<br />

Ate, figlia di Zeus, la divinità che fa uscire di senno. Casi del genere non mancano nei<br />

poemi, ma d’altra parte in alcuni punti affiora la «civiltà della colpa»: spesso l’uomo è<br />

punito per le sue azioni e lo stesso Zeus afferma con forza la responsabilità umana (Odissea<br />

1,32 ss.). Chi vuole trovare coerenza in Omero per questo problema, capitale dell’etica di<br />

tutti i tempi, è destinato a restare deluso: c’è, piuttosto, un oscillare fra i due estremi, con<br />

l’individuo che da un lato sente il bisogno di temperare il suo senso di responsabilità con<br />

qualcosa di superiore a se stesso, e dall’altro, però, non vuole negare del tutto la sua autonomia.<br />

La descrizione delle emozioni ha un suo statuto espressivo speciale. Sono frequenti le reazioni<br />

violente, come gli insulti che si scambiano Achille e Agamennone nella lite del I libro<br />

dell’Iliade e altri eroi in molti altri luoghi: quando poi nel V secolo a.C. i tragediografi proporranno<br />

sulla scena vivaci alterchi di eroi, resteranno correttamente nella tradizione dell’epos.<br />

Il pianto richiede un discorso più articolato. Achille piange quando si lamenta con la<br />

madre Teti per l’offesa ricevuta da Agamennone (Iliade 1,357): questo ha portato antichi<br />

e moderni a notare una sorta di primitività fanciullesca nel guerriero impersonato da<br />

Achille. Ma il pianto si rivela semplicemente un modo per presentare una reazione esterna<br />

del comportamento, che è messo sullo stesso piano della descrizione – esteriore – del<br />

brillante fulgore prodotto dalle armi dei guerrieri schierati in battaglia.<br />

Il pianto causato dal lutto, com’è il caso del pianto di Achille per la morte di Patroclo<br />

(Iliade 18,22 ss. all’annuncio, e 23 all’inizio per i funerali), rientra invece nel comportamento<br />

codificato dalla collettività per il lutto stesso.<br />

Altri pianti sono motivati in modo più profondo. Quando Odisseo, nel corso della sua visita<br />

ai Feaci, si commuove al racconto di episodi della guerra troiana (Odissea 8,83 ss.), cerca<br />

di nascondere il suo pianto coprendosi il volto con il mantello: questa reazione è per noi<br />

una preziosa testimonianza sul comportamento degli eroi, per i quali la commozione e il<br />

pianto – al di fuori del lutto – sono momenti non eroici, e quindi da nascondere. Il narratore<br />

però non li censura, perché l’umanità dei personaggi, pur filtrata attraverso il codice<br />

del comportamento eroico, non può essere così monca da sfiorare l’inverosimiglianza.


Restando sempre nell’ambito delle emozioni, è stato detto giustamente che in Omero è<br />

assente l’eros, anche se molte sarebbero le occasioni per parlarne (per esempio, gli accoppiamenti<br />

nelle storie genealogiche familiari); ma non è assente l’amore, pur dovendosi rilevare<br />

una sostanziale differenza fra l’uomo e la donna per quanto riguarda le loro reazioni.<br />

Le donne omeriche sono veramente innamorate dei loro uomini: Nausicaa (nel VI libro<br />

dell’Odissea) e la dea Calipso (nel V libro) sono innamorate di Odisseo, ma niente fa trasparire<br />

un analogo sentimento da parte dell’eroe, che pensa piuttosto al ritorno in patria.<br />

Il pathos delle commosse parole di addio che Andromaca pronuncia nel VI libro<br />

dell’Iliade non è del tutto ricambiato da Ettore, perché per lui contano di più l’onore guerriero,<br />

il destino del figlio Astianatte e la sorte della patria.<br />

Al rapporto che gli antichi e i moderni vedono fra Patroclo e Achille (dove Patroclo sarebbe<br />

l’amante, più maturo, e Achille sarebbe l’amato, più giovane) non si fa nessun accenno<br />

nell’Iliade. Alcuni hanno visto in questo totale silenzio il segno del fatto che l’amore omosessuale<br />

sarebbe stato introdotto in Grecia solo più tardi (nel VII secolo a.C.) come istituzione<br />

sociale con valori etico-educativi. Sembra difficile accettare questa tesi, ma è certo<br />

che il silenzio dei poemi non ci aiuta a rifiutarla.<br />

MEMO La descrizione dei personaggi<br />

elemento finalità<br />

dettagli fisici sono tratteggiati in maniera sintetica, quasi stereotipata<br />

epiteti sono funzionali a una caratterizzazione immediata del personaggio<br />

psicologia è descritta sia con un’attenzione all’influsso divino sui personaggi<br />

sia con il rilievo posto sulla responsabilità dei singoli<br />

emozioni nella loro descrizione si sottolinea la forza delle reazioni dei singoli<br />

e si analizza la loro ricaduta, il loro effetto, sul contesto sociale e/o politico<br />

in cui sono inseriti<br />

eros e amore all’assenza dell’eros fa da contrappunto la presenza dell’amore, al quale uomini<br />

e donne reagiscono in modo diverso<br />

4.2 Gli dèi<br />

Gli dèi costituiscono un sistema di poteri e di competenze che, secondo una formulazione<br />

di Erodoto (Storie 2,53, vedi p. 33), veniva riconosciuto come opera di Omero e di<br />

Esiodo. Ma certamente il sistema divino quale si configura nei poemi omerici risale all’epoca<br />

micenea, come aveva già riconosciuto lo studioso svedese Martin Nilsson negli anni<br />

Trenta, prima ancora della decifrazione della scrittura sillabica micenea, la cosiddetta<br />

‘lineare B’, a opera dell’architetto inglese Michael Ventris (vedi capitolo 2, p. 32).<br />

I dodici dèi dell’Olimpo nominati nei poemi sono Zeus, Era, Poseidone, Atena, Afrodite,<br />

Apollo, Artemide, Demetra, Ares, Efesto, Hermes, Dionìso; a loro si aggiunge Ade, il<br />

signore del mondo dei morti. Compaiono poi molte altre divinità dotate di un ruolo<br />

minore, come Amfitrite (divinità marina), Hebe (dea della giovinezza), Iride (la messaggera<br />

degli dèi), ecc. Frequenti sono anche le personificazioni, come Thànatos (la morte),<br />

Hypnos (il sonno), Oneiros (il sogno), Ate (la dea che acceca e confonde la mente), Eris<br />

(la contesa), ecc.<br />

Gli uomini rivolgono agli dèi sacrifici e preghiere per ottenere quello che desiderano: il<br />

rapporto con la divinità è infatti scandito da preghiere ricorrenti, che sono tra le forme<br />

dell’epos in cui si concentra maggiormente il pathos della sofferenza e del desiderio.<br />

Tuttavia gli dèi non sono onnipotenti, perché anch’essi sono soggetti al fato: per esempio,<br />

Zeus tenta invano di sottrarre il figlio Sarpèdone alla morte inflittagli da Patroclo<br />

(Iliade 16).<br />

Omero 43<br />

L’eros, l’amore<br />

e l’omosessualità<br />

T10<br />

Divinità maggiori<br />

e minori<br />

Le preghiere<br />

e il fato


44<br />

Profilo<br />

Zeus e la giustizia<br />

L’antropomorfismo<br />

T26<br />

La razionalizzazione:<br />

l’assenza<br />

di riti magici<br />

Le similitudini:<br />

natura,...<br />

Zeus è comunque il re degli dèi e a lui si rivolgono gli uomini per chiedere giustizia. Ma,<br />

come per la responsabilità dell’uomo, anche il senso della giustizia oscilla fra la vendetta<br />

personale, legata all’onore del guerriero, e l’obbedienza a principi riconosciuti come<br />

superiori.<br />

A prescindere dalle implicazioni teologiche e religiose, va precisato che gli dèi omerici formano<br />

una società chiusa in se stessa e soprattutto simile a quella degli uomini, rispetto ai<br />

quali hanno solo il privilegio dell’immortalità e una potenza non confrontabile con quella<br />

umana. Questo è il cosiddetto antropomorfismo, cioè la rappresentazione delle divinità<br />

con tratti totalmente umani; una concezione che a volte arriva a consentire una rappresentazione<br />

fin troppo umano-realistica degli dèi. È quello che accade, per esempio, in<br />

occasione della lite avvenuta nel concilio olimpico (fine di Iliade 1), che si conclude con<br />

il «riso irrefrenabile» degli dèi al vedere Efesto zoppo che si muove goffamente fra loro. E<br />

ancora una risata, questa volta dei soli dèi maschi (le dee femmine erano rimaste a casa per<br />

pudore), chiude l’episodio cantato dall’aedo Demòdoco durante la festa organizzata dai<br />

Feaci (Odissea 8,266 ss.), quando gli adulteri Ares e Afrodite furono sorpresi nel talamo e<br />

incatenati da Efesto, il marito geloso della dea.<br />

In Omero la religione olimpica è già in gran parte razionalizzata (e in questa forma passerà<br />

alla polis), in quanto i poemi conservano solo poche scorie di quella che era sentita<br />

come la fase ‘barbarica’ precedente. Nei poemi, infatti, restano solo degli accenni alla<br />

lotta condotta dalle divinità olimpiche per conquistare il potere; lotta che si conclude<br />

con la vittoria di Zeus sul padre Crono e sui Titani, rappresentanti di una religione primitiva<br />

e preolimpica. Se dunque rimangono sporadiche tracce di un sistema religioso<br />

più antico, nell’epos omerico, tuttavia, sono banditi quasi per intero i riferimenti alla<br />

magia (che sopravviveranno solo nei culti misterici e nelle varie forme di religione<br />

popolare): qualche residuo interessante delle pratiche magiche si incontra nell’Odissea,<br />

sia nell’episodio della maga Circe del V libro, sia nell’evocazione dei morti dell’XI<br />

libro.<br />

5. La natura e la vita quotidiana<br />

Nei poemi omerici all’ambiente naturale sono normalmente riservati solo accenni fugaci;<br />

quando compare, però, la descrizione naturalistica non è mai fine a se stessa. La sede in<br />

cui si manifesta la presenza della natura sono infatti le famose similitudini, nelle quali il<br />

dettaglio descrittivo serve a creare un più efficace richiamo alla situazione narrata (o anche<br />

a movimentare il racconto, che altrimenti risulterebbe monocorde). E così la furia guerriera<br />

di un eroe viene spesso paragonata all’impeto rapace di un leone o di un’aquila, mentre<br />

il rivale sconfitto cade a terra come un albero che si schianta al suolo dopo essere stato<br />

tagliato (Iliade 17,53-69):<br />

Come quando in un luogo solitario dove l’acqua scorre abbondante un uomo cresce<br />

una pianta d’olivo fiorente, una bella pianta vigorosa, coperta di fiori bianchi, che<br />

vibra al soffio dei venti; ma all’improvviso una tempesta la sradica da terra e l’abbatte<br />

al suolo; così Menelao figlio di Atreo uccise il figlio di Pantoo, Euforbo dalla forte lancia,<br />

e lo spogliò delle armi.<br />

Come quando un leone dei monti, superbo della sua forza, da una mandria che pascola<br />

rapisce la mucca più bella; e prima le spezza il collo afferrandola con i denti robusti,<br />

poi la sbrana e ne divora le viscere insanguinate; intorno a lui abbaiano i cani, gridano<br />

i pastori da lontano e non osano farsi avanti, il livido terrore li coglie; così fra i<br />

Troiani nessuno aveva il coraggio di affrontare Menelao glorioso.<br />

(trad. di M.G. Ciani)


Ma come si può vedere già da questo esempio, la natura non è l’unico elemento che trova<br />

spazio nelle similitudini: anche la vita quotidiana, esclusa dalla tematica guerresca<br />

dell’Iliade, viene recuperata in questa sede specifica. E così anche le più umili attività<br />

umane trovano il loro posto al sole, come quando il fiume Scamandro esce dal suo letto<br />

nel tentativo di sommergere Achille e l’onda in piena è paragonata a quella creata dal contadino<br />

che irriga i suoi campi (Iliade 21,257-264):<br />

Come quando un uomo che irriga dei campi, da una sorgente profonda guida il corso<br />

dell’acqua per orti e frutteti e con la zappa rimuove ogni ostacolo; scorre l’acqua, trascinando<br />

i ciotoli, rapida scorre scrosciando lungo il pendio, e precede colui che la<br />

guida; così l’onda del fiume era sempre a ridosso di Achille, benché egli fosse veloce.<br />

(trad. di M.G. Ciani)<br />

Persino il mondo degli affetti familiari e dell’infanzia viene accolto nelle similitudini: è il<br />

caso di Atena che allontana i dardi da Menelao come una madre allontana una mosca dal<br />

figlio addormentato (Iliade 4,127-131), oppure di Apollo che «abbatté il muro degli Achei<br />

senza sforzo, come un fanciullo sulla riva del mare costruisce per gioco castelli di sabbia e<br />

per gioco poi li distrugge con le mani e coi piedi» (Iliade 15,362-364, trad. M.G. Ciani).<br />

6. Lingua e stile<br />

La lingua omerica è una lingua ‘mista’, perché vi si mescolano principalmente due grandi<br />

raggruppamenti dialettali, lo ionico e l’eolico. Si tratta quindi di una lingua che gli studiosi<br />

hanno giustamente definito ‘artificiale’ e che, nella forma in cui si presenta nei<br />

poemi, non è mai stata parlata: nell’epos, infatti, la stessa cosa può essere detta in più modi<br />

ma soprattutto in dialetti diversi (come mostrano, per esempio, i dativi plurali in -oi~ e<br />

in -oisi, ecc.), il che la rende una lingua letteraria nel vero senso della parola, non destinata<br />

cioè alla comunicazione quotidiana.<br />

Una peculiarità di questa mistione dialettale è che il dialetto dorico in Omero è assente,<br />

come ugualmente assenti sono elementi di storia e di cultura riguardanti i Dori (Odissea<br />

19,177, dove tra gli abitanti di Creta sono menzionati i Dwrieve~ te tricavi>ke~, i «Dori<br />

divisi in tre stirpi», potrebbe essere un’eccezione, ma molti la minimizzano). Secondo i<br />

filoni più diffusi della tradizione, l’invasione dorica risalirebbe al 1104 a.C., cioè a<br />

ottant’anni dopo la guerra di Troia: i Dori, quindi, non avrebbero preso parte alla spedizione<br />

perché ancora non erano arrivati in Grecia, e per questo sarebbero i grandi assenti<br />

dalla scena storico-narrativa dell’epos. Ma i Dori non sono entrati nei poemi neanche<br />

dopo, in seguito agli interventi ‘chirurgici’ (interpolazioni, ecc.) spesso operati sul testo<br />

omerico: da cosa dipende questa deliberata esclusione? Dal fatto che la fissazione dei contenuti<br />

dell’epos avvenne in epoca molto antica? Sembra strano perché, come vedremo<br />

meglio più avanti, il più recente Medioevo ellenico è largamente presente. Dipende allora<br />

da una corretta forma di arcaizzazione, che ha impedito l’intrusione di elementi culturali<br />

e linguistici estranei? Questa è una possibilità, ma in realtà il problema non è risolto.<br />

Un fenomeno a parte è rappresentato dagli atticismi che, secondo alcuni, dimostrano il<br />

passaggio del testo omerico attraverso Atene, almeno a partire dal VI secolo a.C.; secondo<br />

un’altra posizione critica, si tratterebbe per lo più di semplici fatti grafici. Per esempio, al<br />

posto delle forme attiche e{w~-tevw~ (ei{w~-teivw~) sono quasi sempre restaurabili le forme<br />

ioniche h|o~-thò~; altri casi sono modernizzazioni fonetiche o morfologiche. In conclusione,<br />

il testo omerico è certamente passato per Atene, e ciò ha comportato delle conseguenze<br />

anche sul piano linguistico, sebbene non sia sempre possibile definire con certezza il<br />

peso degli interventi linguistici introdotti.<br />

...vita quotidiana...<br />

...e universo<br />

familiare<br />

Una lingua<br />

artificiale<br />

L’assenza<br />

dei Dori<br />

Gli atticismi<br />

Omero 45


46<br />

Profilo<br />

Lo stile<br />

L’esametro<br />

dattilico<br />

I cola<br />

e le incisioni<br />

La recitazione<br />

ritmica<br />

dell’esametro<br />

Sullo stile va detto che l’epos racconta, e che racconta in modo continuato e piano, prediligendo<br />

la paratassi sia del periodo (l’ipotassi è ammessa di rado) sia della struttura narrativa<br />

(racconti paralleli). L’ordine delle parole è molto semplice e prevedibile: estremamente<br />

raro è l’iperbato (e cioè la collocazione a distanza di parole che sono in rapporto<br />

sintattico tra loro), soprattutto in confronto con la lirica corale (vedi la scheda a p. 427).<br />

Questa semplicità e linearità dello stile dipende dal fatto che il destinatario, ovvero l’ascoltatore<br />

della narrazione, doveva poter cogliere ogni particolare del racconto.<br />

MEMO La lingua omerica<br />

caratteristiche<br />

artificialità la lingua omerica nasce principalmente dalla commistione del dialetto ionico<br />

e letterarietà e dell’eolico<br />

si tratta di una lingua ‘mista’, che non è mai stata destinata<br />

alla comunicazione quotidiana<br />

dorismi sono del tutto assenti (così come manca qualsiasi riferimento nei poemi<br />

omerici alla storia e alla cultura dei Dori)<br />

atticismi testimoniano di un passaggio del testo omerico attraverso Atene<br />

7. Metrica<br />

L’esametro è una sequenza di sei cellule dattiliche (-gg), in cui si ammette l’equivalenza<br />

di una sillaba lunga con due sillabe brevi (- = gg). Questa caratteristica rivela che nel verso<br />

è determinante la quantità, cioè la durata delle sillabe, e non il numero delle sillabe che lo<br />

compongono, come invece accade in molte lingue moderne (l’endecasillabo italiano, per<br />

esempio, è definito così proprio perché è formato da 11 sillabe).<br />

L’ultima cellula dell’esametro è bisillabica (-g oppure --) per necessità ritmica. L’elemento<br />

finale di ogni verso, infatti, è sempre lungo, a prescindere dal fatto se sia rappresentato<br />

da una sillaba breve o da una sillaba lunga (e per questo viene definito elemento ‘indifferente’):<br />

se la fine del verso fosse costituita da un dattilo -gg, perderebbe la sua dattilicità<br />

perché corrisponderebbe a -g-, ovvero a un cretico. Per questo motivo non è giusto definire<br />

l’esametro un verso ‘catalettico’ (che presenta cioè la ‘caduta’ dell’elemento finale, -g<br />

in luogo di -gg), come fanno quasi tutti; l’esametro è piuttosto un verso dattilico completo,<br />

che finisce nell’unico modo in cui può finire un verso dattilico.<br />

Al suo interno, ogni esametro si struttura in più cola, cioè in unità ritmiche minime delimitate<br />

da fini di parola che ricorrono regolarmente in precise sedi del verso e che si chiamano<br />

incisioni o cesure. Nell’analisi metrica vengono segnate convenzionalmente con |,<br />

mentre || indica la pausa più marcata, che coincide con la fine dell’intero verso.<br />

Facciamo un esempio di analisi ritmico-verbale, esaminando il verso iniziale di ciascuno<br />

dei due poemi, che si articola in quattro cola. Le cifre indicano la consistenza dei singoli<br />

cola in more ovvero in durate di una breve; ricordiamo che una sillaba lunga vale due more.<br />

Il. 1,1 Mh`nin a[eide, qeav, Phlhi>avdew ∆Acilhò~<br />

- g g - g | g- | - -gg - |g g -- || 7 + 3 + 8 + 6<br />

Od. 1,1 “Andra moi e[nnepe, Mou`sa, poluvtropon, o}~ mavla pollav<br />

- g g - g g | - g | g - g g | - g g - g || 8 + 3 + 5 + 8<br />

All’interno del singolo verso i cola non sono uguali dal punto di vista della durata: alcuni<br />

sono molto brevi (3 more), altri ben più lunghi (7 o 8 more). Tuttavia, nella resa sonora i<br />

cola venivano riequilibrati perché un colon breve era recitato più lentamente di uno lungo,<br />

che era invece affidato a una resa più rapida, quasi affrettata.<br />

Pur nella loro varietà interna, gli esametri ripetuti uno dopo l’altro producevano


un’impressione di uniformità. Ne risultava un verso – monotono ma anche variato –<br />

adatto alla recitazione, che si realizzava nel modo che nella nostra terminologia musicale<br />

si chiama recitativo (parakataloghv), e cioè una recitazione intonata e accompagnata<br />

da uno strumento (a corda, la fovrmigx epica, strumento che poi si evolverà nella<br />

kiqavra e nella luvra); diversamente, la lirica prevedeva musica piena e canto spiegato<br />

(vedi p. 209).<br />

L’esametro omerico rispetta solo due grandi leggi ritmiche: il divieto di esatta divisione in<br />

due (divieto di … 3 gg | ..., e cioè divieto di pausa dopo il terzo dattilo) e il ponte di<br />

Hermann (divieto di ... 4 g | g ..., e cioè divieto di pausa dopo la prima breve del quarto<br />

dattilo). Queste due leggi hanno una loro ragione ritmica ben precisa: la prima evita la<br />

divisione del verso in due parti uguali, il che genererebbe monotonia; la seconda evita<br />

l’impressione che dopo quattro dattili il verso sia finito. Se nei poemi queste due leggi vengono<br />

così costantemente rispettate, se ne deve necessariamente dedurre che l’esametro<br />

omerico è un verso già molto evoluto con una sua lunga elaborazione ritmica alle spalle,<br />

e che la sua storia non può essere cominciata solo nell’VIII secolo a.C., al momento degli<br />

inizi della fissazione scrittoria.<br />

8. Formularità<br />

Una caratteristica dell’epos sono le formule, cioè quei nessi verbali che si ripetono nella stessa<br />

sede del verso oppure interi versi ripetuti. Il grado minimo della formula è rappresentato<br />

dal semplice epiteto, cioè l’aggettivo che qualifica un personaggio (come il patronimico<br />

«Pelide» per Achille) o un aspetto della realtà (come l’aggettivo «nero» per caratterizzare le<br />

navi). A un grado medio di formularità si colloca l’espressione formulare che abbraccia l’intero<br />

verso o parte di esso (come «e a lui/lei rivolse alate parole» per introdurre un discorso diretto).<br />

A un grado massimo si collocano poi i discorsi ripetuti o le cosiddette ‘scene tipiche’, in<br />

cui interi blocchi di versi vengono riprodotti senza sostanziali modificazioni.<br />

MEMO I diversi gradi della formularità<br />

grado minimo epiteto (= aggettivo che qualifica un personaggio o un dato aspetto<br />

della realtà)<br />

grado medio espressione formulare<br />

grado massimo discorsi ripetuti<br />

‘scene tipiche’<br />

La formularità non è funzionale al realismo descrittivo, ma prova semmai una forte tendenza<br />

alla tipizzazione. Così, quando nei poemi troviamo 22 volte il verso singolo h\mo~<br />

d jhjrigevneia favnh rJododavktulo~ ∆Hwv~, «quando sorse Aurora figlia del mattino dalle<br />

dita di rosa», il verso serve a uno scopo narrativo ben preciso, e cioè semplicemente a evocare<br />

il sorgere di un nuovo giorno. La stilizzazione epica arcaica non ha bisogno di altro:<br />

non c’è nessuna necessità di descrivere un particolare e singolo tipo di aurora (come invece<br />

farà Apollonio Rodio in età ellenistica).<br />

Lo stesso avviene quando si deve introdurre un personaggio che parla o risponde: il sistema<br />

è flessibile, in modo da adattarsi a una certa gamma di nomi propri. Per «(così) disse»,<br />

per esempio, ci sono ben sei formule iniziali di verso con vario valore metrico, e per «a<br />

lui/a lei rispose» ce ne sono due. La scelta fra le diverse formule possibili è determinata dal<br />

nome proprio che segue, normalmente accompagnato da un epiteto. Per due nomi propri<br />

con epiteto citiamo, in fine di verso, due frequenti formule per Achille e Odisseo: povda~<br />

wjku;~ ∆Acilleuv~ «Achille piede rapido» (31 volte) e poluvtla~ diò~ ∆Odusseuv~ «il paziente<br />

divino Odisseo» (38 volte).<br />

L’antichità<br />

dell’esametro<br />

La formularità<br />

come fatto<br />

di stilizzazione<br />

La flessibilità<br />

del sistema<br />

formulare<br />

Omero 47


48<br />

Profilo<br />

Roma<br />

L’età moderna<br />

9. Fortuna dei poemi omerici<br />

La fortuna di Omero nel mondo greco richiederebbe un discorso dettagliato, perché<br />

Omero non è tanto il fondatore della lingua letteraria nel senso in cui lo furono per noi i<br />

grandi autori del Trecento toscano, ma è quella lingua letteraria stessa. Non che i Greci<br />

scrivano tutto in lingua omerica, ma Omero sarà sempre, quanto alla lingua, il punto di<br />

partenza da cui misurare la maggiore o minore distanza dei singoli stili praticati nei diversi<br />

generi letterari.<br />

Per quanto riguarda l’immensa fortuna che Omero ebbe nelle altre letterature, i Romani<br />

mostrano di apprezzare Omero proprio in conseguenza del rilievo che i poemi avevano già<br />

in ambiente greco: è una fortuna in qualche modo non autonoma, bensì legata alla fortuna<br />

del genere epico in se stesso, nell’ambito del quale i due poemi omerici detengono il<br />

primato assoluto.<br />

La letteratura latina comincia nel III secolo a.C. con un traduttore dell’Odissea in verso<br />

saturnio, Livio Andronico. Dopo di lui, Nevio, Ennio e soprattutto Virgilio considerano<br />

i poemi omerici come modello da seguire. Virgilio, in particolare, arriva a concepire<br />

l’Eneide nei termini di una sintesi dei due poemi: la prima metà è un’Odissea, con i viaggi<br />

di Enea, mentre la seconda è un’Iliade, con le guerre nel Lazio.<br />

Per una fortuna di Omero che non sia semplicemente fortuna del genere epico veicolata<br />

da Virgilio bisogna aspettare l’Umanesimo e la ripresa degli studi greci: Petrarca<br />

possedeva Omero ma non poteva leggerlo; per Boccaccio Leonzio Pilato approntò una<br />

traduzione in prosa latina (e da allora si susseguirono numerose traduzioni di Omero<br />

sia in versi sia in prosa). La letteratura cavalleresca si ispira a materiale epico ripreso<br />

tanto dalle epiche medievali nazionali quanto da Omero. Il razionalismo del XVII e del<br />

XVIII secolo segna invece un periodo di lunga sfortuna del genere epico.<br />

La rinascita dell’interesse per l’epica, sentita come espressione di voce popolare e primigenia,<br />

è tipica del Romanticismo fin dalle sue fasi iniziali, specie in Inghilterra e in<br />

Germania, e da questo momento in poi non è facile separare un tale interesse dallo studio<br />

storico-filologico di Omero. Tuttavia, la fortuna di Omero nel mondo moderno<br />

non è confrontabile con quella che ebbe nel mondo antico: la funzione educativa del<br />

genere epico e la conseguente utilizzazione di modelli epici sono fatti peculiari del<br />

La lingua omerica è un amalgama molto complesso,<br />

data la compresenza di forme riconducibili a più dialetti,<br />

e cioè lo ionico, l’eolico e l’attico. Di seguito riassumiamo<br />

gli aspetti principali, senza ovviamente pretendere<br />

di fornire un’analisi completa ed esaustiva dei<br />

numerosi problemi presentati dalla lingua omerica (il<br />

richiamo all’attico ha qui il solo scopo di orientare lo<br />

studente verso la forma a lui più familiare).<br />

Fonetica Dal punto di vista fonetico:<br />

a. a lungo originario passa sempre a h, per es. Troivh<br />

(att. Troiva);<br />

b. le contrazioni spesso non sono ancora avvenute, per<br />

es. a[lgea (att. a[lgh);<br />

PER APPROFON<strong>DI</strong>RE<br />

La lingua omerica<br />

c. alcune consonanti possono apparire sia semplici sia<br />

geminate, per es. ∆Acil(l)euv~, sthvqes(s)i,<br />

tovs(s)o~;<br />

d. al posto di p iniziale si può trovare pt, per es. ptovli~<br />

(att. povli~) e ptovlemo~ (att. povlemo~).<br />

Morfologia nominale Per quanto riguarda i sostantivi<br />

delle tre declinazioni (e gli aggettivi):<br />

e. il genitivo singolare dei temi maschili in -a esce<br />

spesso (non contratto) in -ao o in -ew (att. -ou), per<br />

es. ∆Atrei?dao e Phlhi>avdew;<br />

f. il genitivo plurale dei temi in -a esce spesso in -avwn<br />

o in -evwn (att. -w`n), per es. pulavwn;<br />

g. il dativo plurale dei temi in -a esce spesso in -hÛsi o


mondo antico, né si può dire che il romanzo, fra il Settecento e l’Ottocento, abbia presente<br />

l’esperienza dell’epos. Ma in questo veloce panorama non si può tacere di qualche<br />

voce contemporanea, come per esempio l’Ulisse di James Joyce, che in un elaborato<br />

spazio di continui richiami metaforici e allegorici unisce forma epica omerica e<br />

forma-romanzo.<br />

2.<br />

La genesi e la composizione dei poemi<br />

1. La ‘questione omerica’<br />

Dall’analisi condotta nelle pagine precedenti si deduce molto chiaramente che i poemi<br />

omerici sono opere molto complesse sia sotto il profilo contenutistico e tematico, sia dal<br />

punto di vista linguistico e metrico. Il prodotto finale può essere paragonato a un composto<br />

chimico irreversibile, e cioè un composto dal quale non è possibile risalire, isolandoli,<br />

ai singoli elementi che lo costituiscono. In una situazione del genere l’intervento di uno o<br />

più autori è difficilmente identificabile: sembra più logico parlare di una creazione collettiva,<br />

piuttosto che di un’opera individuale.<br />

Del resto, abbiamo varie testimonianze del fatto che già nel mondo antico la figura di<br />

Omero come autore dei due poemi rappresentava un problema storico e critico, oggi<br />

comunemente chiamato ‘questione omerica’. Alcuni, come i due grammatici Xenone ed<br />

Ellanìco (II secolo a.C.), sostenevano che l’Iliade e l’Odissea fossero da attribuirsi a due<br />

autori diversi (tale corrente veniva detta dei cwrivzonte~, e cioè dei «separatori»); altri<br />

ancora ritenevano, per esempio, che il X libro dell’Iliade (la cosiddetta Dolonìa) fosse<br />

un’aggiunta posteriore.<br />

Ma c’era anche un’altra posizione storico-critica, di molto anteriore, – ne troviamo testimonianza<br />

nell’Ipparco pseudo-platonico, in Cicerone, in Pausania, in Flavio Giuseppe –,<br />

che dimostra un approccio diverso al problema, incentrato sull’opera piuttosto che sul suo<br />

autore. Nel VI secolo a.C. Pisistrato, tiranno ateniese, avrebbe fatto riunire insieme in un<br />

-hÛ~ (att. -ai~), per es. prwvthÛsi quvrhÛsin, koivlhÛ~<br />

ejpi; nhusivn;<br />

h. il genitivo singolare della declinazione tematica esce<br />

anche in -oio (att. -ou), per es. polevmoio, Tenevdoio;<br />

i. il dativo plurale della declinazione tematica esce<br />

spesso in -oisi(n) (att. -oi~), per es. Danaoi`sin;<br />

l. nella declinazione atematica il dativo plurale in -essi<br />

originario dei temi in -es- viene applicato frequentemente<br />

anche a temi diversi, per es. a[ndressin<br />

(att. ajndravsi) e oji?essi (att. oijsiv) e viene persino<br />

riapplicato agli stessi temi in -es-, per es. lecevessi<br />

(att. levcesi), ejpevessin (att. e[pesi);<br />

m. in alcuni temi in vocale o dittongo la metatesi di<br />

quantità non è ancora avvenuta, per es. povlho~<br />

(att. povlew~), ∆Acilh`a (att. ∆Acilleva).<br />

Per quanto riguarda i pronomi:<br />

n. quello che in seguito verrà usato come articolo de-<br />

I poemi come<br />

creazione<br />

collettiva<br />

Omero secondo<br />

gli antichi<br />

La redazione<br />

pisistratea<br />

terminativo (oJ, hJ, tov) in Omero è ancora quasi<br />

sempre pronome dimostrativo; il nominativo singolare<br />

maschile compare nella forma o{~ prima di particelle<br />

come rJa, dhv ecc.<br />

Morfologia verbale Quanto ai verbi:<br />

o. spesso l’aumento è assente, per es. trevfon (att.<br />

e[trefon), e[san (att. h\san);<br />

p. l’infinito dei verbi atematici presenta spesso l’uscita<br />

(eolica) in -menai, per es. diexivmenai (att. diexievnai),<br />

e[mmenai (att. ei\nai); a volte la stessa uscita<br />

si applica anche ai verbi tematici, per es. ojarizevmenai<br />

(att. ojarivzein).<br />

Un discorso a parte merita il fenomeno tradizionalmente<br />

chiamato ‘distrazione omerica’, dievktasi~ o «allungamento»<br />

per gli antichi. Si tratta di casi come ijdevein<br />

(att. ijdei`n < ijdeven), pamfanovwsa (< pamfanaou`sa)<br />

e dhriovwnto (< dhriavonto).<br />

Omero 49


50<br />

Profilo<br />

I poemi come<br />

«libro di cultura»<br />

unico corpus i canti epici di Omero tramandati fino ad allora in ordine sparso; lo scopo<br />

era quello di creare un’edizione ‘nazionale’, adatta alle recitazioni dei poemi in occasione<br />

della festa ateniese delle Panatenee.<br />

I due orientamenti antichi dimostrano una certa difficoltà a considerare i poemi sia come<br />

l’opera di un unico autore, sia soprattutto come un’opera unitaria in sé e per sé. In effetti,<br />

la tematica trattata non è frutto di una selezione personale: è un’intera cultura che si<br />

rispecchia nei poemi, con le sue componenti religiose, civili, guerresche e le sue istituzioni,<br />

presentando una vasta gamma di reazioni individuali alle sollecitazioni della vita. Non<br />

a caso, i poemi omerici sono stati definiti «libro di cultura» esattamente come la Bibbia:<br />

un libro collettivo in cui si rispecchia un’intera civiltà e nella cui stesura è possibile trovare<br />

l’eco di più voci autoriali di epoche diverse.<br />

Qualcuno potrebbe obiettare che il fatto di essere un «libro di cultura» potrebbe non<br />

bastare a fare dell’epos omerico l’opera di una collettività: anche la Divina Commedia<br />

MEMO La ‘questione omerica’<br />

le tendenze critiche le linee interpretative<br />

Xenone, Ellanico i poemi omerici sono opera di autori diversi<br />

Ipparco pseudo-platonico, Cicerone i poemi omerici sono il frutto della riunificazione<br />

Pausania, Flavio Giuseppe di un corpus di canti epici nell’Atene di Pisistrato<br />

una parte della critica moderna i poemi omerici sono un «libro di cultura»,<br />

contenitore delle tradizioni di un’intera civiltà<br />

e modello per le generazioni future<br />

PER APPROFON<strong>DI</strong>RE<br />

Le varie tappe della ‘questione omerica’<br />

Le prime fasi moderne della ‘questione omerica’<br />

L’impostazione della ‘questione omerica’ si delinea tra la<br />

fine del Seicento e la fine del Settecento a opera di vari<br />

studiosi.<br />

Nel 1664 (ma l’opera fu pubblicata postuma nel 1715)<br />

François Hédelin abate d’Aubignac sostenne la tesi che<br />

Omero non era mai esistito e che i poemi erano il risultato<br />

di una redazione. Nella Scienza nuova (la cui ultima edizione<br />

è del 1744) Giambattista Vico affermò che la composizione<br />

e la trasmissione dei poemi erano state orali, e<br />

che Omero non era una persona, bensì il simbolo della<br />

facoltà storico-narrativa di un popolo. Nel 1769 Robert<br />

Wood, mettendo a frutto la sua curiosità antropologica di<br />

viaggiatore nel mondo egeo (dove aveva osservato l’attitudine<br />

narrativa e la vivace gestualità della gente), dedusse<br />

che i poemi erano stati composti e pubblicati oralmente.<br />

Ma il vero salto di qualità nella critica omerica si ebbe con<br />

i Prolegomena ad Homerum di Friedrich August Wolf (1795),<br />

che aveva studiato gli scolî del manoscritto Veneto<br />

Marciano A dell’Iliade, pubblicati pochi anni prima<br />

(1788). Grazie a questa preziosa riserva di testimonianze<br />

sull’attività filologica degli alessandrini, Wolf poté impostare<br />

per la prima volta la storia di un testo nella sua fase<br />

antica, nel nostro caso da Pisistrato agli alessandrini. Quanto<br />

all’origine dei poemi, Wolf sostenne che non potevano essere<br />

stati composti da una sola persona, ma dovevano essere<br />

una serie di canti trasmessi oralmente e infine raccolti<br />

nella redazione pisistratea.<br />

La critica analitica... La posizione maturatasi con Wolf<br />

portò tutta la critica omerica successiva a tentare di individuare,<br />

analiticamente, i vari ‘autori’ dei poemi, che venivano<br />

immaginati come opere moderne composte in<br />

forma scritta. E così, secondo alcuni (G. Hermann, 1772-<br />

1848), i poemi si sarebbero sviluppati a partire da un<br />

nucleo originario (per l’Iliade l’‘ira’ di Achille); secondo<br />

altri (Lachmann, 1793-1851), l’Iliade sarebbe il risultato<br />

dell’aggregazione di canti originariamente isolati; altri<br />

ancora elaborarono la teoria della compilazione, secondo<br />

cui vari rielaboratori e redattori avrebbero ripreso e integrato<br />

materiale preesistente. Nel XX secolo il più influente<br />

seguace e perfezionatore di questa teoria fu Ulrich von<br />

Wilamowitz-Moellendorff (1849-1931), che propose una<br />

genesi articolata in più fasi: Omero avrebbe raccolto e rielaborato<br />

canti tradizionali organizzandoli intorno a un<br />

tema; successivamente, sarebbero state aggiunte nuove<br />

sezioni di varia estensione.


vuole essere la summa di una cultura, eppure è opera di un singolo autore. Ma nei<br />

poemi le spie di una collaborazione distribuita nel tempo sono tante: le istituzioni civili<br />

e militari, per esempio, non sono quelle di un’epoca sola; e per di più la composizione<br />

orale, accertata sia dalla comparazione con le epiche di altre culture sia dall’esame<br />

interno, fa sì che la creazione dei poemi superi di molto l’arco di vita e l’attività di un<br />

singolo autore.<br />

2. L’«enciclopedia tribale»<br />

Il progressivo affinamento del metodo antropologico ha fornito strumenti critici nuovi<br />

anche per l’interpretazione dei poemi omerici, e ha consentito di abbandonare le secolari<br />

dispute sulla paternità dell’opera. In tempi più recenti, infatti, questo filone di studi ha<br />

riconosciuto nell’Iliade e nell’Odissea il deposito dei valori di una o più culture, e ha considerato<br />

i poemi come l’«enciclopedia tribale» dei Greci, secondo una fortunata definizione<br />

dello studioso americano Eric Havelock (1903-1988), cioè come il testo depositario del<br />

sapere di un’intera civiltà. Esemplare in tal senso è la descrizione dello scudo di Achille nel<br />

XVIII libro dell’Iliade, una specie di succinto breviario nel corso del quale sono rievocate<br />

situazioni di guerra e di pace.<br />

Poiché l’«enciclopedia» omerica tratta di valori che interessano il gruppo nella sua totalità,<br />

è importante sottolineare l’ecumenicità dei destinatari: il pubblico della recitazione dell’epos<br />

è tutta la collettività, che nella cultura epica si sente coinvolta: non c’è membro della<br />

comunità che non possa e non debba essere raggiunto dalla comunicazione dell’epos.<br />

La critica analitica ha analizzato soprattutto le incongruenze<br />

in campo narrativo-compositivo (i cosiddetti<br />

‘scandali analitici’), considerate prova del sovrapporsi di<br />

più personalità poetiche.<br />

Un caso clamoroso ed esemplare è quello di un guerriero<br />

che muore e risuscita (Pylaimènes: Iliade 5,576;<br />

13,658).<br />

Un altro caso è l’ambasceria inviata ad Achille da Agamennone<br />

(Iliade 9): gli eroi che la compongono sono tre,<br />

Fenice, Odisseo e Aiace, ma da un certo punto in poi le<br />

forme nominali e verbali che designano l’ambasceria<br />

sono duali: sembra che Fenice sia temporaneamente<br />

scomparso, sebbene riappaia più tardi con un discorso<br />

di fondamentale importanza rivolto ad Achille.<br />

...e la critica unitaria Ma osservazioni esegetiche altrettanto<br />

preziose le dobbiamo anche alla corrente cosiddetta<br />

degli ‘unitari’ che vedono all’opera un autore unico, e precisamente<br />

Omero. A questo scopo, vengono valorizzati<br />

tutti gli indizi di unità, primi fra tutti gli espedienti compositivi<br />

che strutturano la narrazione, evidenti soprattutto<br />

nell’Odissea, e gli innegabili richiami a distanza da una<br />

sezione all’altra dei poemi.<br />

Molto influenti furono W. Schadewaldt nella prima metà<br />

del XX secolo e A. Lesky fino ai nostri giorni. Tuttavia, in<br />

loro operava un concetto dell’unità dell’opera che, discutibile<br />

per la maggior parte della letteratura greca arcaica,<br />

era meno che mai utilizzabile per la poesia epica.<br />

L’approccio<br />

antropologico<br />

ai poemi<br />

T33<br />

L’ecumenicità<br />

e la tipicità<br />

La teoria oralistica Malgrado l’originaria impostazione<br />

di Wolf, che avrebbe dovuto portare a un’indagine di tipo<br />

antropologico, nell’Ottocento gli studi omerici si svilupparono<br />

soprattutto nel campo della filologia. Il filone<br />

antropologico fu valorizzato solo più tardi, a cominciare<br />

dal 1928, anno in cui l’americano Milman Parry pubblicò<br />

a Parigi le sue due tesi di dottorato sull’epiteto tradizionale<br />

e sulla metrica dell’esametro.<br />

Parry aveva studiato in loco i cantori di gesta slavi meridionali,<br />

che ancora agli inizi del Novecento recitavano senza<br />

servirsi di testi scritti. Sulla base di questo confronto, lo<br />

studioso inaugurò un approccio nuovo all’epica greca,<br />

vedendola in una situazione culturale completamente<br />

diversa dalla nostra e in qualche modo simile a quella che<br />

si trovò a studiare sul campo: il poema epico concepito e<br />

pubblicato (cioè recitato) in assenza di scrittura.<br />

Parry riconobbe la funzione svolta dalla fissità di alcuni<br />

nessi, versi o gruppi di versi, che si ripetono continuamente<br />

e che egli definì ‘formulari’: si trattava di strumenti fissi<br />

che aiutavano l’aedo al momento della recitazione, affidata<br />

alla voce e alla memoria, senza l’ausilio di un testo scritto.<br />

Fino a oggi questo tipo di approccio si è arricchito di tutto<br />

quello che può rientrare nell’accertamento del ‘tipico’<br />

(comprese le intere scene ripetute, dette ‘scene tipiche’), e si<br />

può dire che con il riconoscimento della tecnica formulare<br />

la vecchia ‘questione omerica’, che andava alla ricerca di<br />

individualità specifiche, ha perso molto del suo mordente.<br />

Omero 51


52<br />

Profilo<br />

Composizione,<br />

pubblicazione,<br />

trasmissione<br />

I poemi come<br />

testimonianza<br />

di oralità<br />

Indizi di oralità<br />

È per questo che la principale caratteristica dei temi epici è la loro tipicità, che si estende<br />

anche alla rappresentazione della psicologia dei personaggi: non a caso, si tende a descrivere<br />

gli aspetti psicologici che tutti possono osservare e che rivestono un interesse collettivo,<br />

e si trascurano invece i risvolti più intimi e privati. Tale tipicità, che è poi alla base delle<br />

varie forme di stilizzazione epica, è diretta a interessare tutti i componenti del gruppo raggiungibili<br />

dalla voce di chi recita nella narrazione epica, la quale è una vera e propria celebrazione<br />

appunto perché in essa si esaltano i valori considerati positivi di quella cultura in<br />

cui l’intera collettività si riconosce. L’epos è dunque il luogo della lode: la violenta lite fra<br />

Achille e Agamennone (Iliade 1) e la presentazione del diverso e non eroico Tersite (Iliade<br />

2) sono solo eccezioni che confermano la regola.<br />

MEMO Definire i poemi omerici: le parole chiave<br />

«enciclopedia tribale» i poemi omerici sono depositari del sapere<br />

e delle tradizioni di una civiltà intera<br />

ecumenicità i poemi omerici sono destinati a tutta la collettività<br />

tipicità i poemi omerici descrivono personaggi e fatti<br />

sottolineando gli aspetti di rilievo per tutta la comunità<br />

3. I poemi omerici tra oralità e scrittura<br />

Stabilita la natura dei poemi omerici dal punto di vista dei contenuti, resta ora da capire<br />

in che modo siano stati composti. All’inizio di questa sezione (p. 45) si è fatto riferimento<br />

alla composizione orale dei poemi: un lungo processo che ha richiesto secoli di elaborazione<br />

prima di giungere alla forma che noi leggiamo oggi, quella che a un certo momento<br />

venne fissata mediante la scrittura.<br />

Uno sforzo che i poemi omerici ci chiedono è quello di avvicinarci a essi dimenticando il<br />

nostro abituale atteggiamento storico-letterario: queste opere sono composte, pubblicate<br />

e trasmesse in un modo non usuale per noi e completamente diverso dalla prassi moderna.<br />

In particolare, i due poemi omerici furono:<br />

1. composti oralmente, senza l’ausilio della scrittura;<br />

2. pubblicati attraverso una recitazione orale davanti a un pubblico di ascoltatori<br />

(quella che chiameremo pubblicazione ‘aurale’, e cioè destinata all’orecchio);<br />

3. trasmessi dapprima oralmente, poi per iscritto.<br />

3.1 L’oralità<br />

Quando si parla di ‘oralità dei poemi omerici’, bisogna fare due precisazioni preliminari.<br />

Innanzitutto, nella prima fase compositiva per ‘oralità’ si intende oralità integrale ovvero primaria,<br />

e cioè la composizione senza il tramite della scrittura. In secondo luogo, per ‘poemi’<br />

si intende non il testo che abbiamo di fronte, ma tutti i suoi stadi anteriori, che dovevano<br />

essere integralmente orali e certo più abbondanti e ricchi di varianti narrative ed espressive:<br />

le redazioni scritte sono venute dopo. In altre parole: i poemi non sono un documento di oralità<br />

– il che sarebbe stato possibile solo con i mezzi moderni di registrazione del suono – ma<br />

una testimonianza di oralità, perché li abbiamo di fronte a noi come un testo scritto.<br />

Il valore dei poemi come testimonianza di poesia orale lo ricaviamo da una serie di indizi<br />

interni. Innanzitutto il metro: l’esametro (vedi p. 46), con la sua regolarità ritmica, è il<br />

segno di una lunga elaborazione orale. In secondo luogo la formularità, che è un forte<br />

indizio di composizione orale, non solo nel senso più banale di fornire un aiuto alla memoria<br />

del cantore, ma anche in quanto strumento compositivo più ampio della parola e aiuto<br />

all’orientamento dell’ascoltatore.


Da Gilgamesh al Cid Una fase orale di composizione<br />

e di trasmissione per la poesia epica è testimoniata anche<br />

dalla comparazione con culture simili a quella greca<br />

prearcaica. Si possono qui ricordare il Gilgamesh, epos<br />

mesopotamico che risale a una tradizione orale del III millennio<br />

a.C. e a tradizioni scritte a partire dal XVIII secolo<br />

a.C.; il Beowulf, poema di tradizione anglosassone<br />

3.2 Il problema della scrittura<br />

PER APPROFON<strong>DI</strong>RE<br />

Epiche a confronto<br />

Omero 53<br />

datato all’VIII-XI secolo; l’Edda, raccolta di carmi norreni<br />

composti per gran parte in Islanda e risalenti al X-<br />

XIII secolo; la Chanson de Roland, la più famosa canzone<br />

di gesta del Medioevo francese con redazioni dal XII<br />

secolo in poi; il Nibelungenlied, poema epico di area tedesca<br />

meridionale composto nel XIII secolo; il Cid, poema<br />

cavalleresco spagnolo risalente al XII-XIV secolo.<br />

Una prova dell’oralità originaria dei poemi viene anche dalla storia della scrittura in<br />

Grecia. Per assegnare fin dall’inizio la composizione dell’epos alla tecnica scrittoria bisognerebbe<br />

supporre che la materia epica abbia preso forma solo dopo l’introduzione della<br />

scrittura alfabetica, e cioè verso la metà o la fine dell’VIII secolo a.C., e per di più in un<br />

periodo piuttosto breve: già nel VII secolo a.C. Esiodo e Archiloco, che fanno uso della<br />

scrittura, mostrano di avere i poemi omerici nel loro patrimonio poetico. Ora, una così<br />

tardiva nascita dell’epos, redatto subito per iscritto, sembra improbabile, perché la memoria<br />

della cultura e degli eventi del passato si sarebbe dovuta conservare in un’ipotetica veste<br />

formale diversa per prendere poi in breve tempo forma esametrica e scritta. Ma l’esametro<br />

omerico, come abbiamo visto (p. 47), è frutto di una lunga elaborazione e di un perfezionamento<br />

ritmico che è concepibile solo nell’arco di un ampio periodo di sviluppo: l’esametro,<br />

e insieme con esso l’epos, è dunque più antico della scrittura.<br />

Inoltre, la menzione della scrittura nei poemi sembra essere o molto scarsa o addirittura<br />

nulla. I passi che normalmente vengono citati sono due: uno è il sorteggio dei guerrieri<br />

achei per la singolar tenzone con Ettore (Iliade 7,175 ss.), in cui i nomi (o i simboli) vengono<br />

posti nell’elmo di Agamennone; l’altro è il messaggio affidato a Bellerofonte da Preto<br />

(Iliade 6,168 ss.) con i «segni funesti» (shvmata lugrav) che devono portare l’eroe a essere<br />

ucciso. Già gli alessandrini non avevano considerato queste come testimonianze di vera e<br />

propria scrittura: infatti, anche stando alla terminologia, i due passi dovevano riferirsi a<br />

simboli figurativi, e non a segni sillabici o alfabetici. Sembra proprio che dall’immaginario<br />

dell’epos la scrittura sia assente: un altro forte indizio a favore dell’originaria oralità dei<br />

poemi.<br />

3.3 La mistione di oralità e scrittura<br />

Alcune spie linguistiche rivelano il graduale passaggio dalla fase orale a un’ulteriore elaborazione<br />

compositiva condotta direttamente per iscritto: sono la frequente violazione della<br />

formularità e i fatti linguistici recenti. In sezioni come la cosiddetta Eneide (e cioè l’aristìa<br />

di Enea, Iliade 20,75-352) e nella Dio;~ ajpavth (l’«inganno di Era a Zeus», Iliade 14,153-<br />

351) ci sono innovazioni linguistiche accanto a violazioni della formularità: sembra proprio<br />

che si tratti di sezioni rielaborate in età scrittoria, con voluti richiami a distanza secondo<br />

i modi della letteratura posteriore. E proprio passi come questi dimostrano efficacemente<br />

come i poemi omerici siano un composto chimico che non si può risolvere nelle<br />

sue componenti, essendo ormai irreversibile l’amalgama.<br />

Un problema<br />

di date<br />

Nei poemi si<br />

parla di scrittura?<br />

La rielaborazione<br />

scritta: le spie<br />

linguistiche


54<br />

Profilo<br />

Elementi nuovi<br />

in sezioni antiche<br />

Una realtà<br />

(antica)<br />

micenea...<br />

...e una realtà<br />

(recente)<br />

di epoca arcaica<br />

Un’altra prova di interventi elaborati non nella fase orale, ma direttamente con l’ausilio<br />

della scrittura, è data dalla presenza di tratti linguistici più recenti all’interno di sezioni<br />

sicuramente antiche: per esempio, nelle sezioni che vengono ricondotte dai critici al<br />

nucleo dell’‘ira’ di Achille possiamo incontrare fatti linguistici o anche dati storici più<br />

recenti. Del resto, è logico che la fama raggiunta da alcune sezioni narrative le abbia esposte<br />

a interventi e rimaneggiamenti più o meno estesi: proprio l’uso frequente (che ha significato<br />

una moltiplicazione di pubblicazioni e di trasmissioni) ha esposto questi testi a corruzioni<br />

di vario tipo.<br />

Anche gli elementi storici e sociali a cui si allude nei poemi mostrano la stratificazione di<br />

realtà appartenenti a epoche diverse, e quindi corrispondenti a fasi compositive diverse.<br />

All’età micenea si possono ricondurre, per esempio, il grande scudo di Aiace che copre<br />

tutta la persona, la spada con chiodi d’argento (favsganon ajrgurovhlon è formula frequente,<br />

vedi in miceneo pa-ka-no, «spada», e a-ku-ro, «argento») e l’elmo con zanne di<br />

cinghiale (Iliade 10,261 ss., in un libro già dagli antichi considerato tardo!). Al Medioevo<br />

ellenico risale invece l’uso di cremare i cadaveri. In tutti questi casi si tratta di oggetti e<br />

usanze che appartengono a un’epoca senza scrittura (il Medioevo ellenico) o in cui la<br />

scrittura non sembra essere stata usata a fini letterari (l’età micenea, vedi p. 24): la loro<br />

presenza nei poemi può quindi essere garantita solo da una lunga fase compositiva di tipo<br />

orale.<br />

Al tempo stesso, però, in altri passi dei poemi compaiono fatti che rimandano a momenti<br />

storici successivi all’introduzione della scrittura. Secondo alcuni, per esempio, il<br />

Catalogo delle navi nel II libro dell’Iliade presenterebbe una geografia della Grecia propria<br />

già dell’epoca arcaica (altri ritengono però che esso rispecchi la situazione geografica e<br />

politica dell’epoca micenea). Possiamo inoltre affermare che sono recenti i versi su<br />

Salamina (Iliade 2,557 s.), già riconosciuti dagli antichi come interpolazioni attiche destinate<br />

ad affermare l’atticità dell’isola, contesa con Megara e a Megara tolta ai tempi di<br />

Solone. Interventi di questo tipo, di cui è stata responsabile la redazione pisistratea (vedi<br />

p. 49), mostrano che i poemi hanno continuato a crescere su se stessi anche in epoca scrittoria,<br />

e cioè dopo l’VIII secolo.<br />

MEMO Oralità e scrittura nei poemi omerici<br />

oralità scrittura<br />

le fasi composizione fissazione<br />

pubblicazione (pubblico di ascoltatori) composizione<br />

trasmissione trasmissione<br />

gli indizi alto livello di elaborazione<br />

dell’esametro omerico<br />

innovazioni linguistiche<br />

formularità violazioni della formularità<br />

convivenza, nelle medesime sezioni<br />

narrative, di elementi storici recenti<br />

con dati storico-sociali riconducibili<br />

a epoche precedenti<br />

4. L’aedo: una figura in evoluzione<br />

4.1 L’aedo omerico e il suo pubblico<br />

Finora abbiamo precisato la tecnica compositiva dei poemi: ma che statuto avevano nella<br />

cultura eroica gli aedi, ai quali era affidato il delicato compito di comporre e trasmettere<br />

le gesta eroiche?


L’Odissea è la nostra fonte principale per la figura del cantore dell’epoca creativa e orale.<br />

Femio, l’aedo degli Itacesi, e Demòdoco, l’aedo dei Feaci, sono i primi che conosciamo;<br />

lo stesso Odisseo, che racconta i suoi viaggi, riceve dal re Alcinoo il complimento di aver<br />

narrato «come un aedo» (Odissea 11,368).<br />

Gli aedi di cui parlano i poemi omerici operano inizialmente nell’ambiente di una corte<br />

nobiliare e trovano nel ristretto pubblico dell’‘aristocrazia di palazzo’ il loro destinatario<br />

privilegiato. Questo spiega perché la figura del cantore professionista, pressoché assente<br />

nell’Iliade, che è un poema ambientato in uno scenario di guerra, sia invece ben rappresentata<br />

in un epos come quello odissiaco, così ricco di momenti tratti dalla vita delle corti.<br />

Presso la corte l’aedo svolge anche un ruolo politico, come dimostra l’anonimo aedo di<br />

Agamennone (Odissea 3,267-272) lasciato in patria con funzioni quasi di sovrintendente<br />

e di sorvegliante della regina: una specie di ministro.<br />

L’attività dell’aedo, ossia la sua capacità di conoscere le oi[ma~ pantoiva~, «le molteplici vie<br />

del canto», si configura come una dote di origine divina, una capacità che un dio o, più<br />

specificamente, le Muse possono instillare nel cantore. L’aedo dunque, non diversamente<br />

dal profhvth~, l’«indovino» con cui non a caso (come Demodoco e lo stesso Omero) condivide<br />

l’emblematica caratteristica fisica della cecità, è un prescelto e un ispirato (qevspi~),<br />

il possessore di un’arte che non si impara e di un sapere che non è frutto di apprendimento.<br />

L’aedo è pertanto autodidatta, aujtodivdakto~, come Femio dice di se stesso, in quanto<br />

la sua sofiva e la sua capacità creativa gli derivano spontaneamente dalla sfera divina; e<br />

inoltre è qeiò~, «divino», proprio perché esercita una funzione di tramite tra mondo degli<br />

dèi e mondo degli uomini.<br />

Ma gli aedi costituiscono anche la memoria culturale della società di cui fanno parte e, in<br />

particolare, del gruppo nobiliare a cui sono legati: loro è infatti il compito di ricordare e<br />

rievocare quel passato eroico nel quale il pubblico che li ascolta vede rispecchiato, confermato<br />

e codificato tutto il proprio sistema di valori. La materia privilegiata del canto aedico<br />

sono infatti i kleva ajndrw`n, le «glorie d’eroi», a cui si affianca, come nel caso dei tre<br />

canti di Demodoco nell’VIII libro dell’Odissea, il racconto di episodi mitici legati al<br />

mondo divino, quali gli «amori di Ares e Afrodite» (8,266-369): il quadro tematico che se<br />

ne deduce mostra così una perfetta coincidenza con il tessuto narrativo degli stessi poemi<br />

omerici, in special modo dell’Iliade, in cui il racconto delle imprese eroiche è intervallato<br />

da ampie scene che hanno come protagonisti gli dèi.<br />

In ambito tematico, comunque, il cantore epico opera una selezione: la materia che sceglie<br />

di trattare ha la funzione di celebrare un’aristocrazia guerriera, conferendole legittimità<br />

politica e presentandola come modello di comportamento. È proprio grazie a questa<br />

scelta che l’eros è assente dalle tematiche accolte nell’epos, che l’amore è un sentimento<br />

manifestato soprattutto dai personaggi femminili e che il pianto di un eroe è ammesso solo<br />

in determinate circostanze (vedi p. 42).<br />

Quanto alla capacità compositiva degli aedi, abbiamo visto come le formule, l’esametro e<br />

persino le scene tipiche costituiscano un preziosissimo ausilio alla memoria del cantore,<br />

che compone e recita i suoi versi oralmente. Ebbene, se la memoria dell’aedo è importante,<br />

anche quella di chi ascolta va tenuta in conto. Chi ascolta (e quindi non legge) ha infatti<br />

bisogno di punti di riferimento in un flusso comunicativo che si svolge nel tempo della<br />

recitazione (e non nello spazio della pagina), ed è più che mai condizionato, nel suo ascoltare,<br />

da quello che viene chiamato l’orizzonte di attesa, e cioè dalle aspettative che il canto<br />

induce a concepire. Il susseguirsi delle azioni, e la loro ordinata scansione nelle formule,<br />

sono i fattori di orientamento in un ascolto che si svolge nel tempo (funzione analoga svolge<br />

in campo musicale la ripetizione dei motivi-guida).<br />

L’intimo rapporto che si stabilisce fra il cantore epico e il suo pubblico presuppone quindi<br />

lo stabilirsi di quella che viene definita empatia, ovvero lo stato emozionale di partecipazione<br />

che lega l’autore-cantore e il pubblico.<br />

Omero 55<br />

L’aedo<br />

nell’Odissea:<br />

un poeta di corte<br />

T37<br />

Le doti divine<br />

dell’aedo<br />

L’aedo come<br />

memoria<br />

di una società<br />

T26<br />

La selezione<br />

epica<br />

T1-T10<br />

L’importanza<br />

della memoria<br />

L’empatia


56<br />

Profilo<br />

T38<br />

Dalla corte<br />

alle feste religiose<br />

Sul piano della comunicazione, infatti, nei poemi viene dato particolare risalto al rapporto<br />

empatico che si istituisce tra l’aedo e il suo uditorio: quando l’aedo intona i suoi canti brotw`n<br />

qelkthvria, «malìa degli uomini» (Odissea 1,337), il pubblico tace, presta attenzione incantato<br />

(Odissea 1,325-326), e «gode nel cuore ascoltando» (Odissea 8,368-369). Anche questo<br />

effetto che l’aedo sa produrre sugli ascoltatori viene ricondotto al suo essere qevspi~, «ispirato»,<br />

depositario cioè di un sapere e di una forza comunicativa di natura divina; infatti Odisseo,<br />

che per due volte si commuove e piange ascoltando il racconto di Demodoco su fatti concernenti<br />

la guerra troiana, dice al cantore di onorarlo al di sopra di tutti i mortali, perché viene<br />

sicuramente dagli dèi la sua capacità di narrare gli eventi come se li avesse vissuti.<br />

4.2 Dall’aedo al rapsodo<br />

Anche se i poemi omerici presentano l’aedo come un poeta di corte, non si deve pensare<br />

che questa situazione fosse ancora attuale nella Grecia di età arcaica: il ritratto socio-politico<br />

dell’aedo delineato nei poemi rispecchia una realtà più antica, valida sicuramente per<br />

l’epoca micenea e per il Medioevo ellenico, ma non per l’età arcaica, nella quale le monarchie<br />

venivano sostituite dalle poleis.<br />

Già all’epoca di Esiodo, come vedremo, e quindi già agli inizi del VII secolo, l’occasione<br />

in cui avvenivano le recitazioni dell’epos non erano più i banchetti che si svolgevano presso<br />

la corte di un re, bensì le feste religiose che venivano celebrate o a livello pangreco (le<br />

cosiddette panhguvrei~) oppure a livello locale (vedi la scheda a p. 148).<br />

Parallelamente a questo mutamento di contesto socio-culturale, nel corso del tempo l’epos<br />

esaurì la sua stagione creativa e si ridusse alla semplice ripetizione di racconti epici già<br />

fissati e consacrati dalla tradizione. Per distinguere le due fasi si suole designare con il termine<br />

aedo chi racconta (e a suo modo crea) l’epos, e con il nome di rapsodo (rJayw/dov~,<br />

da rJavptw, «cucire», o da rJavbdo~, «bastone», attributo del cantore) chi l’epos lo racconta<br />

soltanto, senza comporlo originalmente. Questa seconda definizione compare solo a partire<br />

dal V secolo a.C., prima con Erodoto e poi con Platone, che designa così Ione, il cantore<br />

di professione che dà il titolo a uno dei più celebri dialoghi del filosofo.<br />

MEMO L’aedo e il rapsodo<br />

chi è cosa fa in quale contesto opera<br />

aedo un poeta di corte compone in modo esegue i canti epici<br />

originale i canti epici nelle corti dei re<br />

rapsodo un cantore itinerante, riprende i canti epici esegue i canti epici<br />

spesso appartenente ormai fissati nella in feste religiose<br />

a una consorteria tradizione e li ripete, panelleniche o locali<br />

senza più comporre<br />

in modo originale<br />

Bibliografia<br />

Sulla sterminata bibliografia omerica dà un utile orientamento A. HEUBECK, Die homerische Frage,<br />

Darmstadt 1974.<br />

Le principali edizioni critiche dei poemi sono D.B. MONRO –TH.W. ALLEN, Oxford 1920 (Il.) e TH.W. ALLEN,<br />

Oxford 1917-19 (Od.); P. VON DER MÜHLL, Basel 1946 (Od.); H. VAN THIEL, Hildesheim 1993 (Il. e Od.); M.L.<br />

WEST, Lipsia 1998-2000 (Il.).<br />

Per i commenti fondamentali all’Iliade vedi G.S. KIRK (ed.), Cambridge 1985-93 (vol. I a cura di G.S. Kirk,<br />

1985; II, G.S. Kirk, 1990; III-IV, R. Janko, 1992; V-VI, N. Richardson, 1993); per l’Odissea, i 6 voll., Milano<br />

1981-86 (I a cura di S. West, II a cura di J.B. Hainsworth, III a cura di A. Heubeck, IV a cura di<br />

A. Hoekstra, V a cura di J. Russo, VI a cura di M. Fernandez-Galiano e A. Heubeck; la trad. it. del testo<br />

è di G.A. Privitera). Sulla base di un vecchio commento all’Iliade di AMEIS-HENTZE-CAUER è in corso di pubblicazione<br />

un nuovo commento a cura di un’équipe coordinata da J. LATACZ (sono usciti i Prolegomena<br />

e una serie di volumi relativi a diversi libri dell’Iliade, München-Leipzig 2000-2003).


Sui papiri: ST. WEST, The Ptolemaic Papyri of Homer, Köln-Opladen 1967.<br />

Per gli scolî e i commenti antichi: per l’Il. H. ERBSE, Berlin-New York 1969-88; per l’Od. W. <strong>DI</strong>NDORF, Oxford<br />

1855; M. VAN DER VALK, Eustathii Commentarii ad Homeri Iliadem pertinentes, I-IV, Leiden 1971-87.<br />

Le traduzioni più diffuse sono: Il. e Od. di R. CALZECCHI ONESTI, Torino 1963 e ristampe; Il. e Od. di<br />

M.G. CIANI, Venezia 1990, 1994; Il. di G. CERRI (con note di A. Gostoli), Milano 1996; Od. di F. FERRARI,<br />

Torino 2001; le classiche traduzioni di Monti e Pindemonte sono ora ristampate a cura di M. MARI, Milano<br />

1990 e 1993.<br />

Lessici: H. EBELING, Leipzig 1885; A. GEHRING, Leipzig 1891; B. SNELL, Lexikon des frühgriechischen<br />

Epos, Göttingen 1955 ss. Le concordanze di G.L. PRENDERGAST all’Il., 1875 e di H. DUNBAR all’Od., 1880<br />

sono ora riviste da B. MARZULLO, Hildesheim 1962.<br />

Studi generali: E.R. DODDS, I Greci e l’Irrazionale, trad. it. Firenze 1959 (Berkeley-Los Angeles 1951);<br />

B. SNELL, La cultura greca e le origini del pensiero europeo, trad. it. Torino 1963 2 (Hamburg 1948 2 );<br />

G. MURRAY, Le origini dell’epica greca, trad. it. Bari 1964 (Oxford 1934 4 ); D.L. PAGE, History and the Homeric<br />

Iliad, Berkeley-Los Angeles 1959; G.S. KIRK, The Songs of Homer, Cambridge 1962; AA.VV., A Companion<br />

to Homer, a cura di A.J.B. WACE e F.H. STUBBINGS, London 1962; M.I. FINLEY, Il mondo di Odisseo, trad. it.<br />

Roma-Bari 1978 (London 1964 2 ); W. SCHADEWALDT, Ilias-studien, Darmstadt 1965 3 ;F. CO<strong>DI</strong>NO, Introduzione<br />

a Omero, Torino 1965; H. FRÄNKEL, Wege und Formen frühgriechischen Denkens, München 1968 3 ;<br />

A. LESKY, Homeros, RE, Suppl. -Bd. XI, 1968, pp. 687-846; A. <strong>DI</strong>HLE, Homer-Probleme, Opladen 1970;<br />

L.E. ROSSI, I poemi omerici come testimonianza di poesia orale, in Storia e civiltà, 1, pp. 73-147; H.<br />

LLOYD-JONES, Remarks on the Homeric Question, in Greek Epic Lyric and Tragedy, Oxford 1990, pp. 3-<br />

20 (= 1981); J. LATACZ, Omero, il primo poeta dell’Occidente, trad. it. Bari 1990 (1985); F. MONTANARI,<br />

Introduzione a Omero, Firenze 1990; AA.VV., Homer. Die Dichtung und ihre Deutung, a cura di J. LATACZ,<br />

Darmstadt 1991; V. <strong>DI</strong> BENEDETTO, Nel laboratorio di Omero, Torino 1994; AA.VV., A New Companion to<br />

Homer, a cura di I. MORRIS e B. POWELL, Leiden-New York-Köln 1997; G. DANEK, Epos und Zitat: Studien<br />

zu den Quellen der Odyssee, Wien 1998; L.E. ROSSI, Dividing Homer: when and how were the «Iliad» and<br />

the «Odyssey» divided into songs?: (continued), «SO» 76 (2001), pp. 103-112; M. DAVIES, The folk-tale<br />

origins of the Iliad and the Odyssey, «WS» 115, 2002, pp. 5-43; F. MONTANARI –P. ASCHERI (edd.), Omero<br />

tremila anni dopo. Atti del Congresso di Genova 6-8 luglio 2002, Roma 2002; G. NAGY, Homeric<br />

Questions, Austin 2002; A. ERCOLANI, Omero. Introduzione allo studio dell’epica greca arcaica, Roma<br />

2006; M. D’ACUNTO – R. PALMISCIANO (edd.), Lo scudo di Achille nell’Iliade: esperienze ermeneutiche a<br />

confronto. Atti della giornata di studi, Napoli 12 maggio 2008, Pisa-Roma 2010.<br />

Su oralità e formularità: M. PARRY, The Making of the Homeric Verse, Oxford 1971; W. AREND, Die typischen<br />

Scenen bei Homer, Berlin 1933; A. LORD, The Singer of Tales, Cambridge, Mass. 1960;<br />

A. HOEKSTRA, Homeric Modifications of Formulaic Proto-types, Amsterdam 1965; J.B. HAINSWORTH, The<br />

Flexibility of the Homeric Formula, Oxford 1968; L.E. ROSSI, Wesen und Werden der Homerischen<br />

Formeltechnik, «Gött. Gel. Anzeigen» 223, 1971, pp. 161-174; E.A. HAVELOCK, Cultura orale e civiltà della<br />

scrittura, introd. di B. Gentili, trad. it. Bari 1983 2 (Oxford 1963); W.V. HARRIS, Lettura e istruzione nel<br />

mondo antico, trad. it. Bari 1991 (Cambridge, Mass. 1989); L.E. ROSSI, L’ideologia dell’oralità da Omero<br />

a Platone, in «Spazio letterario», I. 1, pp. 77-106; L. SBARDELLA, Polionimia divina ed economicità formulare<br />

in Omero, «QUCC» 43, 1993, pp. 7-44; L. SBARDELLA, Oralità. Da Omero ai mass media, Roma 2006.<br />

Sulla lingua: K. WITTE, Homeros. Sprache, RE VIII (2), 1913, pp. 2213-2247; J. WACKERNAGEL,<br />

Sprachliche Untersuchungen zu Homer, Göttingen 1916; K. MEISTER, Die homerische Kunstsprache,<br />

Leipzig 1921; P. CHANTRAINE, Grammaire homérique, I-II, Paris 1973 5 , 1963 2 ; C.J. RUIJGH, L’élément<br />

achéen dans la langue épique, Assen 1957; M. DURANTE, Sulla preistoria della tradizione poetica greca.<br />

I. Continuità della tradizione poetica dall’età micenea ai primi documenti, Roma 1971; A. HOEKSTRA, Epic<br />

Verse before Homer. Three Studies, Amsterdam-Oxford-New York 1981; R. JANKO, Homer, Hesiod and<br />

the Hymns: Diachronic Development in Epic Diction, Cambridge 1982.<br />

Sulla metrica: H. FRÄNKEL, Wege und Formen frühgriechischen Denkens, München 1968 3 , pp. 100-156;<br />

L.E. ROSSI, Estensione e valore del colon nell’esametro omerico, «Studi urbinati» 39, 1965, pp. 239-273;<br />

B. GENTILI –P. GIANNINI, Preistoria e formazione dell’esametro, «QUCC» 26, 1977, pp. 7-51. Questi tre<br />

lavori sono stati recentemente raccolti e ristampati, con integrazioni e modifiche (quello di Fränkel in traduzione<br />

italiana), nel vol. II di AA.VV., Struttura e storia dell’esametro greco, a cura di M. FANTUZZI e<br />

R. PRETAGOSTINI, Roma 1995-96.<br />

Sitografia<br />

Un repertorio online di tutti i papiri omerici, continuamente aggiornato, si trova all’indirizzo<br />

http://www.stoa.org/homer/homer.pl. Il testo dei commenti antichi a Omero (i cosiddetti scholia minora)<br />

è accessibile sulla rete mediante il portale Aristarchus (http://www.aristarchus.unige.it/scholia/<br />

index.php). Il testo originale e la traduzione inglese di Iliade e Odissea sono presenti all’indirizzo<br />

http://www.perseus.tufts.edu/hopper/collection?collection=Perseus:collection:Greco-Roman&redirect=true.<br />

A Omero e alla poesia omerica è dedicato un intero portale curato da un’équipe dell’università di<br />

Grenoble e visibile all’indirizzo http://w3.u-grenoble3.fr/homerica/.<br />

Omero 57


I luoghi della letteratura I luoghi della letteratura I luoghi della letteratura I luoghi<br />

I luoghi<br />

della letteratura<br />

Femio e Demòdoco: due poeti di<br />

corte Nell’Odissea compaiono due<br />

personaggi minori, ma di grande<br />

interesse per lo storico della<br />

letteratura: gli aedi Femio<br />

e Demodoco. Il primo canta<br />

nel palazzo di Odisseo a Itaca,<br />

il secondo alla corte di Alcinoo<br />

a Scheria. Sono due cantori<br />

di professione, e già i loro nomi<br />

rivelano l’alta considerazione<br />

sociale in cui sono tenuti: Femio è<br />

«colui che dà la fama», Demodoco<br />

«il nutrito dal popolo», in quanto<br />

mantenuto a spese della collettività<br />

perché cieco.<br />

Nel poema, la cornice in cui<br />

compaiono i due aedi è la stessa:<br />

Femio e Demodoco cantano per<br />

il sovrano e per la corte durante<br />

i banchetti, che si tengono<br />

nella grande sala della reggia.<br />

Omero ci mostra, dunque,<br />

la modalità di esecuzione della<br />

poesia epica attorno al 1200 a.C.,<br />

data in cui si svolsero la guerra<br />

di Troia e gli eventi successivi:<br />

il luogo in cui avvenivano<br />

le recitazioni epiche era il mégaron<br />

(mevgaron), l’ambiente che<br />

costituiva il cuore e il fulcro<br />

del palazzo miceneo. Ma come era<br />

fatto un mégaron? E quali funzioni<br />

aveva? Per ricostruirne i contorni,<br />

sono fondamentali tanto<br />

i ritrovamenti archeologici quanto<br />

la testimonianza fornita, appunto,<br />

dall’Odissea.<br />

Il mégaron omerico: le sue<br />

funzioni… Omero descrive sia<br />

il mégaron del palazzo di Odisseo<br />

a Itaca sia quello del palazzo<br />

di Alcinoo a Scheria, e la sua<br />

descrizione è stata confermata<br />

dai ritrovamenti archeologici a<br />

Pilo, Micene e Tirinto.<br />

Il mégaron era la sala in cui era<br />

custodito il fuoco, mantenuto vivo<br />

in un grande focolare circolare<br />

che spiccava al centro della sala.<br />

In quanto sala del fuoco, era<br />

l’ambiente più importante del<br />

Il luogo dell’epica:<br />

il mégaron<br />

Ricostruzione del mégaron di Nestore a Pilo.<br />

palazzo; per questo era anche la<br />

sala del trono, delle riunioni, delle<br />

udienze e dei banchetti. È naturale,<br />

dunque, che questo fosse anche<br />

il luogo in cui cantavano gli aedi,<br />

che allietavano i banchetti del re<br />

e della sua corte.<br />

…e il suo aspetto Il mégaron era<br />

una grande sala rettangolare:<br />

attorno al grande focolare centrale<br />

erano disposte simmetricamente<br />

delle colonne, in numero pari,<br />

che sostenevano il tetto, aperto in<br />

corrispondenza del focolare per far<br />

uscire il fumo. Nel punto mediano<br />

di una delle pareti lunghe si<br />

trovava il trono del sovrano; lungo<br />

i muri si allineavano i sedili<br />

destinati ai dignitari. L’ambiente<br />

era abbellito da affreschi,<br />

decorazioni, tavole per banchetti<br />

con vasellame prezioso e tessuti; il<br />

pavimento del mégaron della reggia<br />

di Odisseo non doveva essere<br />

lastricato, visto che nel libro XXI la<br />

terra viene scavata senza difficoltà<br />

per preparare la gara di tiro con<br />

l’arco.<br />

Al mégaron si accedeva da un<br />

portale posto su un lato corto,<br />

passando per un ingresso chiamato<br />

provdomo~, decorato e delimitato<br />

da quattro colonne; davanti<br />

all’ingresso si apriva un ampio<br />

cortile (ai[qousa) circondato<br />

da un porticato. Questo complesso<br />

tripartito è notevolmente diverso<br />

dal corpo centrale dei palazzi<br />

minoici: mentre questi<br />

presentavano ambienti bassi, ariosi,<br />

aperti e luminosi, il mégaron è alto,<br />

chiuso, isolato dagli altri ambienti<br />

e buio (in Omero il suo epiteto<br />

fisso è skioven, «ombroso»).<br />

Il mégaron è probabilmente<br />

un’innovazione architettonica<br />

portata da popoli settentrionali,<br />

abituati al freddo e al buio; la sua


struttura tripartita influenzerà in<br />

epoca storica la pianta dei templi<br />

greci.<br />

L’esecuzione epica e il suo<br />

pubblico Nell’Odissea Femio<br />

e Demodoco cantano per la corte<br />

di nobili accompagnandosi con<br />

uno strumento a corde (kítharis o<br />

phórminx), la cui cassa armonica<br />

è un guscio di tartaruga chiusa<br />

da una pelle bovina e da cui escono<br />

due corna unite da una barra, sulla<br />

quale sono tese le corde. Più che<br />

un canto spiegato, quello degli aedi<br />

doveva essere un recitativo senza<br />

grande estensione armonica;<br />

invece, in altre occasioni collettive<br />

(ad esempio, danze o riti funebri)<br />

descritte nei poemi omerici, gli<br />

aedi non eseguivano poesia epica<br />

ma lirica, caratterizzata da una<br />

melodia e da un ritmo più<br />

accentuati.Il canto viene eseguito<br />

durante il banchetto, mentre i<br />

dignitari di corte mangiano e<br />

bevono, perché «non v’è<br />

godimento più bello, /<br />

di quando la gioia pervade tutta<br />

la gente, / i convitati ascoltano<br />

nella sala il cantore / seduti con<br />

ordine, le tavole accanto son piene<br />

/ di pane e di carni, dal cratere<br />

attinge vino / il coppiere, lo porta<br />

e nelle coppe lo versa»,<br />

come dice Odisseo<br />

(Odissea 9,5-10).<br />

Il mégaron di Micene (XIII secolo a.C.): il sito com’è attualmente<br />

(sotto) e una ricostruzione che mostra le colonne e il focolare<br />

centrale.<br />

La materia del canto<br />

L’esecuzione dell’aedo può<br />

ammaliare il pubblico, e a Itaca<br />

Femio riduce al silenzio persino i<br />

Proci, di solito rozzi e<br />

rumoreggianti. Sia Femio<br />

sia Demodoco cantano, tra le altre<br />

cose, eventi molto recenti, cioè<br />

quelli relativi alla guerra di Troia,<br />

perché «gli uomini lodano di più<br />

quel canto / che suona più nuovo<br />

a chi ascolta», come afferma<br />

Telemaco (Odissea 1,350-351,<br />

trad. G.A. Privitera).<br />

La narrazione della guerra di Troia<br />

e dei ritorni degli eroi suscita forte<br />

commozione e dolore sia<br />

in Penelope, che nel libro I<br />

dell’Odissea chiede a Femio<br />

di cambiare argomento, sia in<br />

Odisseo, che nel libro VIII scoppia<br />

in lacrime al canto di Demodoco<br />

che narra le sue stesse gesta,<br />

costringendolo così a rivelare al re<br />

dei Feaci Alcinoo la propria<br />

identità (fino ad allora tenuta<br />

nascosta).<br />

Una situazione non più attuale?<br />

Resta infine da chiarire quanto<br />

questo ritratto dell’esecuzione epica<br />

fornitoci da Omero sia realistico.<br />

Omero narra eventi svoltisi alla<br />

fine dell’Età del Bronzo, quando<br />

ancora sorgevano i grandi palazzi<br />

micenei in cui ogni re aveva il suo<br />

aedo di corte che cantava nel<br />

Omero 59<br />

mégaron. Ma questa situazione era<br />

ancora attuale quando Omero<br />

componeva i suoi canti? Per<br />

rispondere, naturalmente,<br />

bisognerebbe stabilire se ci fu un<br />

‘Omero’ e quando visse.<br />

Come sappiamo, a questa<br />

questione possiamo solo rispondere<br />

che i poemi furono elaborati<br />

oralmente da numerosi aedi in<br />

quel vasto arco di tempo chiamato<br />

«Medioevo ellenico» (XII-VIII<br />

secolo a.C.). In questo periodo non<br />

esisteva più una regalità di tipo<br />

miceneo, che fu sostituita dalla<br />

polis, dapprima monarchica, poi<br />

aristocratica. Nella dimensione<br />

collettiva della polis,<br />

probabilmente, gli aedi cantavano<br />

in occasione di feste pubbliche<br />

a cui accorreva tutta la<br />

popolazione; e se cantavano –<br />

come è possibile che accadesse –<br />

nella casa di un nobile o di un<br />

sovrano, si trattava di edifici molto<br />

diversi da quelli micenei.<br />

L’esecuzione epica rappresentata<br />

nell’Odissea, dunque, non doveva<br />

essere più attuale nel «Medioevo<br />

ellenico». Resta comunque<br />

notevole che gli aedi di questo<br />

periodo conservassero una<br />

memoria storica delle modalità di<br />

esecuzione di epoche molto<br />

lontane, memoria che giunse loro<br />

attraverso una lunga eredità orale.<br />

I luoghi della letteratura I luoghi della letteratura I luoghi della letteratura I luoghi


Il profilo in sintesi<br />

60<br />

Questionario<br />

di riepilogo<br />

Dentro i fatti<br />

1. Secondo una tradizione antica ben consolidata, Omero era cieco: che cosa puoi dedurre da questa notizia per quanto<br />

riguarda la considerazione in cui Omero era tenuto nell’antichità?<br />

2. Fai una breve ricerca per individuare quali erano le varie città che, oltre a Chio e a Smirne, si contendevano i natali di<br />

Omero. Per quale motivo tante città ci tenevano a presentarsi come il luogo di origine di Omero?<br />

3. Fin dall’età tardo-arcaica e classica gli antichi si sono interrogati sulla natura della figura di Omero e dei poemi omerici,<br />

dando avvio a quella che in epoca moderna è stata definita come la ‘questione omerica’. Completa la mappa concettuale,<br />

individuando le fasi principali di questo importante dibattito critico ancora oggi aperto.<br />

Xenone ed Ellanìco (II secolo a.C.)<br />

.....................................................................................<br />

.................................................................................... sono tra i primi sostenitori della ‘redazione pisistratea’<br />

Vico e Wolf<br />

la critica analitica<br />

....................................................................................<br />

.....................................................................................<br />

......................................................................................<br />

......................................................................................<br />

considera i poemi omerici l’agglomerato di opere<br />

di autori diversi<br />

ritiene i poemi omerici frutto di un unico autore<br />

pone l’accento sul ruolo dell’oralità nella composizione,<br />

pubblicazione e trasmissione dei poemi omerici<br />

Dentro il genere<br />

4. Che cosa si intende con l’espressione «enciclopedia tribale» e per quali ragioni è stato possibile applicarla al genere letterario<br />

dell’epica e ai poemi omerici in particolare?<br />

5. In che modo l’oralità ha influenzato lo sviluppo del genere letterario dell’epica e in particolare i poemi omerici?<br />

6. L’esametro omerico<br />

a) è una forma metrica poco evoluta<br />

V F<br />

b) al suo interno si articola in quattro cola<br />

V F<br />

c) segue due leggi ritmiche fondamentali<br />

V F<br />

7. Completa lo schema sottostante indicando le principali componenti dialettali che contribuiscono a formare la lingua omerica.<br />

lingua omerica<br />

..................... eolico<br />

.....................<br />

Dentro l’opera<br />

8. Come viene presentata la figura dell’eroe nell’Iliade?<br />

9. Per quale motivo l’Odissea è un poema che può essere definito anche con il termine novsto"?<br />

10. La figura dell’aedo nei poemi omerici<br />

non è mai presente<br />

compare soltanto nell’Odissea<br />

è spesso oggetto di divagazioni metapoetiche<br />

11. Quali sono le principali tematiche presenti nella descrizione dello scudo di Achille? Fai una breve ricerca sulle caratteristiche<br />

materiali degli scudi nel mondo greco in età arcaica.<br />

12. Indica quali sono le principali differenze tra Iliade e Odissea sul piano delle tematiche trattate e delle tecniche narrative<br />

adottate.


La guerra di Troia<br />

secondo Troy<br />

Paese: USA<br />

Anno: 2000<br />

Regista: Wolfgang Petersen<br />

Cast: Brad Pitt (Achille), Eric Bana (Ettore), Orlando Bloom (Paride), Diane Kruger<br />

(Elena), Brian Cox (Agamennone), Brendan Gleeson (Menelao), Peter O’Toole<br />

(Priamo), Sean Bean (Odisseo), Julie Christie (Teti)<br />

Grecia, attorno al 1200 a.C. Agamennone, re di<br />

Micene, costringe i sovrani greci a un’alleanza e poi<br />

attacca la ricca città di Troia, prendendo a pretesto l’affronto<br />

subito da suo fratello Menelao, a cui il principe<br />

troiano Paride ha rapito la moglie Elena.<br />

L’immenso esercito greco radunato da Agamennone<br />

include grandi eroi, tra cui Achille, che però combatte<br />

solo per la propria gloria. Dopo lo sbarco, Achille litiga<br />

con Agamennone, che gli ha tolto la sacerdotessa Briseide,<br />

di cui Achille si è innamorato dopo averla presa prigioniera;<br />

sdegnato, l’eroe si ritira dal combattimento, privando<br />

i Greci del loro più valoroso campione. Il giorno successivo<br />

allo sbarco, reso difficile dalla resistenza organizzata<br />

dal principe troiano Ettore, Menelao sfida a duello Paride,<br />

che sta per avere la peggio quando Ettore lo salva, uccidendo<br />

il rivale. La battaglia che segue è una vittoria per i<br />

Troiani, che arrivano a incendiare l’accampamento e le<br />

navi dei Greci. Improvvisamente Achille ricompare sul<br />

Una rilettura<br />

dell’epos<br />

Non solo Iliade... La maggior<br />

parte degli eventi rappresentati nel<br />

film sono quelli narrati dall’Iliade,<br />

che comincia alla fine della guerra<br />

e si conclude con la morte di<br />

Ettore. L’antefatto, con il<br />

rapimento di Elena da parte di<br />

Paride, causa prima della guerra,<br />

era argomento dei perduti Canti<br />

Ciprii; ma nel film il rapimento<br />

diventa solo un pretesto per<br />

LA TRAMA<br />

campo di battaglia: Ettore gli si fa incontro e lo uccide in<br />

duello, ma quando gli toglie l’elmo scopre che si tratta di<br />

Patroclo, l’amato cugino di Achille che aveva indossato le<br />

armi del grande eroe per ridare speranza ai Greci.<br />

Sconvolto dalla morte di Patroclo, Achille torna a combattere,<br />

uccide Ettore a duello e ne oltraggia il cadavere.<br />

Soltanto davanti alle lacrime di Priamo, il vecchio re di<br />

Troia, Achille si muove a pietà e restituisce al vecchio<br />

padre il cadavere del figlio.<br />

Con la morte di Ettore il destino di Troia è ormai<br />

segnato: sotto la guida di Ulisse viene costruito un<br />

cavallo di legno, che con un inganno viene introdotto<br />

in città; di notte gli eroi greci nascosti al suo interno<br />

aprono ai compagni le porte della rocca e danno inizio<br />

al massacro. Durante la presa di Troia muoiono Priamo,<br />

Agamennone e Achille, trafitto dalle frecce di Paride,<br />

che porta in salvo i Troiani superstiti. La città è distrutta<br />

e il giorno dopo viene celebrato il funerale di Achille.<br />

scatenare una guerra che<br />

Agamennone vuole da tempo,<br />

e soprattutto scompare l’aiuto<br />

divino prestato da Afrodite a<br />

Paride nell’impresa. Gli<br />

avvenimenti successivi alla morte<br />

di Ettore, ovvero il celebre<br />

stratagemma del cavallo di Troia<br />

e la conseguente conquista della<br />

città, estranei all’Iliade omerica,<br />

trovano spazio nell’Odissea (libri<br />

IV e VIII) e nell’Eneide (libro II),<br />

e costituivano certamente<br />

l’argomento dei perduti poemi del<br />

‘Ciclo omerico’ intitolati Etiopide,<br />

Piccola Iliade e Distruzione di Ilio.<br />

Altri dettagli non presenti nelle<br />

fonti letterarie sono stati inventati<br />

dagli sceneggiatori.<br />

Troy voleva essere un film di<br />

successo, perciò i realizzatori<br />

hanno cercato la spettacolarità,<br />

hanno scelto un cast di prima<br />

grandezza, hanno usato largamente<br />

le tecniche digitali e non hanno<br />

badato a spese. Gli sceneggiatori<br />

non hanno esitato a mescolare<br />

l’Iliade, poema troppo statico<br />

e riflessivo, con altre opere o con<br />

invenzioni, per sceneggiare l’intero<br />

61<br />

I Greci al cinema


62<br />

I Greci al cinema<br />

mito della guerra di Troia e dare<br />

al racconto una spettacolarità più<br />

hollywoodiana. E infatti il pubblico<br />

ha decretato il successo<br />

commerciale della pellicola. Nel<br />

complesso, tra il mito e il film<br />

ci sono molte differenze, e queste<br />

sono di tre tipi: alcune sono dettate<br />

da una precisa ideologia; altre sono<br />

state dettate da esigenze<br />

drammatiche; altre ancora, infine,<br />

sono veri e propri errori.<br />

I personaggi: gli uomini…<br />

I personaggi più importanti<br />

dell’Iliade sono presenti nel film:<br />

Achille, Ettore, Paride, Elena,<br />

Agamennone, Menelao, Odisseo.<br />

Altri compaiono solo brevemente<br />

(ad esempio, Aiace Telamonio,<br />

Nestore ed Enea, raffigurato nel<br />

finale come un ragazzo, mentre<br />

in Omero è un generale di nobile<br />

famiglia); altri ancora sono stati<br />

eliminati del tutto (ad esempio,<br />

Criseide, Diomede e Aiace di<br />

Oileo), per non affollare troppo<br />

la storia.<br />

Lo scarto più vistoso riguarda<br />

Briseide, trasformata in una nobile<br />

sacerdotessa, cugina di Ettore,<br />

e soprattutto protagonista di una<br />

vera storia d’amore con Achille.<br />

La storia d’amore è un ingrediente<br />

indispensabile in un film odierno<br />

che aspiri al successo, tanto più che<br />

il ruolo di Achille è stato affidato<br />

a un sex symbol come Brad Pitt;<br />

tuttavia nell’Iliade questo aspetto,<br />

come è noto, è completamente<br />

assente, e non a caso nel film<br />

Achille non vuole rinunciare<br />

alla ragazza per non perdere<br />

l’onore, non perché la ami.<br />

Tutti i personaggi principali,<br />

comunque, hanno un destino<br />

diverso da quello del mito.<br />

Menelao e Aiace muoiono già<br />

il primo giorno di guerra, mentre<br />

il primo tornò in patria dopo aver<br />

recuperato Elena e il secondo si<br />

suicidò per il disonore di non aver<br />

ottenuto le armi di Achille dopo<br />

la sua morte. Priamo, Agamennone<br />

e Achille cadono durante la presa<br />

della città: anche nel mito Priamo<br />

muore in quella circostanza, ma<br />

ucciso da Pirro Neottolemo, figlio<br />

di Achille giunto a Troia dopo<br />

la morte del padre; quanto<br />

ad Agamennone, non fu ucciso<br />

da Briseide ma, una volta tornato<br />

in patria, dalla moglie Clitemestra<br />

con l’aiuto del suo amante Egidio;<br />

Achille, invece, morì poco dopo<br />

Ettore e ben prima della presa<br />

di Troia. Facendo morire tutti i<br />

personaggi del film in breve tempo,<br />

gli sceneggiatori hanno voluto<br />

identificare il destino dei<br />

personaggi con l’impresa bellica;<br />

tuttavia, per lasciare aperta una<br />

speranza finale, hanno lasciato<br />

in vita Paride (che nel mito muore<br />

poco prima della presa della città),<br />

che rispetto ai racconti antichi<br />

si mostra coraggioso e organizza<br />

la fuga dei Troiani superstiti, tra<br />

i quali Andromaca ed Enea.<br />

…e gli dèi Nel film mancano<br />

completamente gli dèi e il loro<br />

intervento nelle vicende umane,<br />

così importante per la concezione<br />

della responsabilità eroica<br />

nell’Iliade: Elena, moglie di<br />

Menelao, fugge con Paride non per<br />

l’incantesimo di Afrodite, ma<br />

perché insoddisfatta del suo<br />

matrimonio; Teti, divinità marina<br />

madre di Achille, è semplicemente<br />

una madre preoccupata per la sorte<br />

del figlio che passeggia in riva al<br />

mare e gli predice la gloria; Paride<br />

si salva dal duello con Menelao per<br />

l’intervento di suo fratello Ettore,<br />

non di Afrodite. Ma poiché mettere<br />

in scena gli dèi avrebbe consentito<br />

l’uso di effetti speciali e garantito<br />

scene di sicuro impatto visivo, la<br />

scelta di eliminarli deve essere stata<br />

dettata da una precisa ideologia. In<br />

effetti, nel film emerge più volte<br />

un certo sentimento antireligioso,<br />

come quando Achille, subito dopo<br />

lo sbarco, decapita la statua di<br />

Apollo, dio alleato di Troia (cosa<br />

che l’Achille omerico non avrebbe<br />

mai fatto), o come quando dice<br />

a Briseide che gli dèi sono invidiosi<br />

della vita umana.<br />

Sviste ed errori Altre differenze tra<br />

mito e film sono veri e propri<br />

errori, soprattutto riguardo alla<br />

rappresentazione della guerra, che<br />

pure era il centro del film e quindi<br />

meritava maggiore accuratezza.<br />

Achille (Brad Pitt) avanza con lo scudo, sotto una pioggia di frecce nemiche.


Anche all’interno dello stesso<br />

esercito compaiono scudi delle<br />

forme più variegate, e si vedono<br />

persino scudi oplitici, che sono di<br />

epoca molto successiva; durante lo<br />

sbarco, i Mirmidoni si dispongono<br />

con gli scudi a testuggine, una<br />

formazione usata solo molto più<br />

tardi dai Romani; Aiace usa un<br />

martello da guerra, arma di<br />

invenzione medievale; i duelli sono<br />

condotti con improbabili colpi<br />

acrobatici a metà tra videogame<br />

e arti marziali (per i duelli sono<br />

stati ingaggiati allenatori<br />

thailandesi, chissà perché…).<br />

Nel film ricorre inoltre la ‘spada<br />

di Troia’, un’arma-talismano che<br />

rappresenta la discendenza regale<br />

troiana e che Priamo affida a<br />

Paride, che dapprima mostra di<br />

non meritarla coprendosi di<br />

ridicolo nel duello con Menelao,<br />

e poi nel finale la affida a Enea. Le<br />

armi-talismano sono estranee alla<br />

cultura greca, mentre sono un<br />

elemento ricorrente del genere<br />

fantasy: probabilmente gli<br />

sceneggiatori si sono ispirati al<br />

fortunatissimo Il signore degli Anelli,<br />

dove la spada Andúril è il simbolo<br />

della regalità di Gondor.<br />

È infine curioso che tanto Sparta,<br />

capitale del regno di Menelao,<br />

quanto Larissa, dove risiede Achille,<br />

siano raffigurate sul mare, mentre<br />

Sparta dista dal mare poco meno<br />

di 30 km e Larissa più di 50.<br />

Le tematiche principali: la<br />

guerra… Nel film come nell’opera,<br />

la guerra è il fulcro narrativo.<br />

Tuttavia, il film ha tentato<br />

un’attualizzazione del conflitto: ha<br />

eliminato l’antefatto mitologico<br />

della contesa tra le dee e del<br />

giudizio di Paride e ha attribuito la<br />

colpa della guerra ad Agamennone,<br />

raffigurato come un generale<br />

imperialista. È evidente, da parte<br />

degli sceneggiatori, un tentativo di<br />

attualizzazione: lo sbarco dei Greci<br />

è ispirato allo sbarco in Normandia<br />

degli alleati nella seconda guerra<br />

mondiale, e l’avido espansionismo<br />

di Agamennone verso Oriente<br />

potrebbe essere una critica<br />

all’invasione statunitense dell’Iraq;<br />

ma non si può certo definire Troy<br />

un film di protesta o impegnato<br />

politicamente, essendo interessato<br />

solo alla spettacolarità.<br />

Quanto alla durata del conflitto,<br />

i nove anni della guerra di Troia<br />

sono stati ridotti per esigenze<br />

narrative, anche se la<br />

concentrazione degli eventi in<br />

pochi giorni operata dal film<br />

sembra francamente eccessiva<br />

(soprattutto il finale, troppo<br />

concentrato e convulso).<br />

…e la ‘civiltà di vergogna’ Il<br />

concetto antropologico di ‘civiltà<br />

di vergogna’ è stato nettamente<br />

semplificato e di fatto identificato<br />

con la ricerca di gloria in guerra da<br />

parte di Achille. All’inizio del film<br />

l’eroe sta per affrontare un<br />

avversario gigantesco e temibile,<br />

e quando un bambino gli dice che<br />

al posto suo si sarebbe sottratto al<br />

duello, Achille gli risponde : «Ecco<br />

perché nessuno ricorderà mai il tuo<br />

nome». Achille si decide inoltre<br />

a partire per Troia solo dopo che<br />

l’astuto Ulisse gli ha detto «Questa<br />

guerra non sarà mai dimenticata,<br />

né gli eroi che la combatteranno»:<br />

a seguito di questo colloquio, va<br />

infatti a salutare sua madre Teti,<br />

che gli preannuncia una vita breve<br />

ma piena di gloria.<br />

L’entrata del cavallo a Troia in una scena del film.<br />

La funzione della poesia come<br />

garante di gloria e di eternità,<br />

invece, è molto fedele a quanto<br />

vediamo nei poemi omerici,<br />

soprattutto nell’Odissea, dove gli<br />

aedi cantano la guerra di Troia<br />

appena conclusa. All’inizio del film<br />

una voce narrante anonima (forse<br />

Omero?) recita: «L’uomo è<br />

ossessionato dalla dimensione<br />

dell’eternità. Per questo si chiede:<br />

“Le mie azioni riecheggeranno nei<br />

secoli a venire?”». Alla fine, la stessa<br />

voce proclama: «Così si racconterà<br />

la mia storia; si dica che ho<br />

camminato con i giganti. Gli<br />

uomini sorgono e cadono come se<br />

fossero grano invernale, ma questi<br />

nomi non periranno mai: si dica<br />

che ho vissuto al tempo di Ettore,<br />

domatore di cavalli; si dica che<br />

ho vissuto al tempo di Achille».<br />

Altri aspetti della ‘civiltà di<br />

vergogna’ sono stati eliminati per<br />

vari motivi. La considerazione della<br />

donna come ‘premio’ di guerra da<br />

mostrare alla collettività di guerrieri<br />

è eliminata in favore di una<br />

concezione dell’amore più<br />

romantica e più adatta a un film.<br />

Quanto alla responsabilità delle<br />

azioni umane, che in una ‘civiltà di<br />

vergogna’ è interamente ricondotta<br />

agli dèi, il film la attribuisce agli<br />

uomini stessi, in quanto gli dèi<br />

sono stati completamente eliminati<br />

dalla sceneggiatura.<br />

63<br />

I Greci al cinema


Antologia<br />

OMERO<br />

LeggereOMERO I PERSONAGGI <strong>DI</strong>VINI<br />

Gli dèi umani di Omero<br />

LE TEMATICHE DELL’ILIADE<br />

(T24-T26)<br />

SUL LIBRO<br />

La guerra<br />

e la sua etica<br />

(T1-T8)<br />

La rappresentazione<br />

dei sentimenti:<br />

amore e dolore<br />

(T9-T10)<br />

IL RACCONTO DELL’O<strong>DI</strong>SSEA<br />

I viaggi<br />

(T11-T16)<br />

Il ritorno a casa<br />

(T17-T23)<br />

1. Le tematiche dell’Iliade<br />

La guerra e la sua etica<br />

ON LINE<br />

ALTRI TEMI DELL’ILIADE<br />

La morte e il dolore<br />

(T27-T31)<br />

NEL LABORATORIO<br />

DELL’EPICA<br />

L’«enciclopedia tribale»<br />

(T32-T33)<br />

Le ‘scene tipiche’<br />

(T34-T36)<br />

La figura dell’aedo<br />

(T37-T39)<br />

L’Iliade si apre con un proemio (T1) in cui il poeta invoca la Musa affinché intoni il canto e narri l’ira<br />

di Achille, considerata il motore principale delle sofferenze degli Achei (T2) nel contesto della guerra<br />

di Troia. Proprio la guerra è il tema fondamentale dell’Iliade, narrata soprattutto come un susseguirsi<br />

di battaglie inframezzate dalle assemblee dei guerrieri, in cui i discorsi e il dibattito possono vedere<br />

anche l’emergere di figure ‘fuori dal coro’, come Tersite, antieroe per eccellenza, capace persino di controbattere<br />

ai maggiori condottieri achei (T3). Nel poema le vicende militari sono narrate sotto forma<br />

di episodi bellici prevalentemente ‘corali’, in cui gli Achei e i Troiani si contrappongono in gruppi compatti.<br />

A volte, però, un singolo eroe prende nettamente il sopravvento sugli altri e la narrazione si sofferma<br />

a celebrarne le imprese: si tratta di un’aristìa, vero e proprio momento di ‘eccellenza’ assoluta<br />

in cui l’eroe, spinto dalle proprie forze e dal favore divino, compie imprese superiori a quelle degli altri<br />

dominando incontrastato la scena bellica. Fra le principali aristìe del poema c’è quella di Diomede nel<br />

V libro (T4); la più importante e la più ampia è però quella di Achille, che ha inizio nel XIX libro, con<br />

la vestizione e il ritorno in battaglia dell’eroe, e si sviluppa ininterrottamente fino al XXII libro, culminando<br />

nell’uccisione di Ettore (T7).<br />

Le motivazioni che inducono Ettore a scontrarsi con Achille (T6) sono illuminanti per comprendere la<br />

concezione etica della guerra che permea di sé i poemi. Per gli eroi omerici ciò che conta non è la pro-


TRADUZIONE<br />

D’AUTORE<br />

(G. Cerri)<br />

Omero • Le tematiche dell’Iliade 65<br />

pria salvezza e neppure quella dei familiari, dei concittadini o dei compagni d’armi, bensì la timhv,<br />

l’«onore», e la reputazione di cui godono presso coloro che li circondano. Questo schema culturale<br />

viene definito dagli antropologi come espressione della «civiltà di vergogna», dominata dall’aijdwv", e<br />

cioè appunto dalla «vergogna», dal «pudore» che l’eroe prova nei confronti della collettività se il suo<br />

onore viene intaccato o leso. È per questo motivo che nel I libro Achille, offeso da Agamennone e quindi<br />

privato della timhv dovutagli in quanto capo militare, rinuncia ostinatamente a combattere, senza<br />

preoccuparsi né del buon esito della guerra né della salvezza del contingente greco. Ed è per difendere<br />

il proprio onore di guerriero di fronte ai suoi concittadini che nel XXII libro Ettore sceglie di affrontare<br />

Achille in duello, pur essendo consapevole di mettere così a repentaglio la propria vita e, con essa,<br />

il destino di Troia.<br />

Pur culminando nella rappresentazione della primitiva crudeltà della guerra, che giunge sino all’empia<br />

e spietata violenza inflitta da Achille al corpo di Ettore nel XXII libro, l’Iliade si chiude con un episodio<br />

di ethos totalmente opposto, nel quale vengono rivendicati al mondo eroico i valori della magnanimità<br />

e della compassione. Si tratta dell’incontro tra Achille e Priamo narrato nel XXIV libro (T8), una<br />

sezione che sia nella forma sia nei contenuti si rivela composta in epoca più recente. Essendo opera di<br />

un aedo più tardo, il XXIV libro dell’Iliade testimonia l’emergere di una concezione eticamente più evoluta<br />

tanto del mondo eroico quanto del mondo divino: l’odio, la violenza e la vendetta si ricompongono<br />

nel sentimento di pietà e appaiono soggetti a un nuovo limite etico.<br />

t1<br />

Il proemio dell’Iliade<br />

(Iliade 1,1-7)<br />

I proemi dei due poemi offrono un ottimo esempio della selezione operata sul materiale<br />

epico da parte dell’aedo. Il proemio dell’Iliade dichiara sin dalla prima parola quale sarà il motivo conduttore<br />

principale dell’intero poema: l’ira di Achille. Delle infinite «vie dei canti» che l’aedo poteva seguire<br />

nel repertorio epico sulla guerra di Troia, sceglie questa incentrata sulla mh`ni~ dell’eroe.<br />

metro: esametri dattilici<br />

Mh'nin a[eide qea; Phlhi>avdew ∆Acilh'o"<br />

oujlomevnhn, h} muriv∆ ∆Acaioi'" a[lge∆ e[qhke,<br />

polla;" d∆ ijfqivmou" yuca;" “Ai>di proi?ayen<br />

hJrwvwn, aujtou;" de; eJlwvria teu'ce kuvnessin<br />

5 oijwnoi'siv te pa'si, Dio;" d∆ ejteleiveto boulhv,<br />

ejx ou| dh; ta; prw'ta diasthvthn ejrivsante<br />

∆Atrei?dh" te a[nax ajndrw'n kai; di'o" ∆Acilleuv".<br />

Canta, o dea, l’ira di Achille figlio di Peleo,<br />

rovinosa, che mali infiniti provocò agli Achei<br />

e molte anime forti di eroi sprofondò nell’Ade,<br />

e i loro corpi fece preda dei cani<br />

5 e di tutti gli uccelli; si compiva il volere di Zeus,<br />

dal primo istante in cui una lite divise<br />

l’Atride, signore di popoli, ed Achille divino.<br />

vv. 1-4 Mh`nin ... hJrwvwn: «Canta, o dea, l’ira funesta del Pelide<br />

Achille, la quale innumerevoli dolori arrecò agli Achei, e scagliò<br />

nell’Ade molte anime forti di eroi». • qea;: si tratta della<br />

Musa. • ∆Acilhò~: genitivo corrispondente all’att. ∆Acillevw~;<br />

Achille è detto «Pelide» in quanto figlio di Pèleo. • oujlomevnhn:<br />

l’epiteto, che significa «funesto», viene da o[llumi, «mandare<br />

in rovina, uccidere».<br />

vv. 4-7 aujtou;~ ... ∆Acilleuv~: «e li rese preda per i cani e tutti<br />

gli uccelli, e (così) si compiva il volere di Zeus, da quando per<br />

la prima volta si divisero litigando l’Atride signore degli uomini<br />

e il divino Achille». • teu`ce: imperfetto senza aumento (att.<br />

e[teuce). • kuvnessin: dativo corrispondente all’att. kusiv. •<br />

oijwnoi`si: questo dativo equivale all’att. oijwnoi`~. • ejteleiveto:<br />

imperfetto equivalente all’att. ejtelei`to. • Diasthvthn: aoristo<br />

indicativo duale (senza aumento) corrispondente all’att.<br />

diesthvthn. • ejrivsante: participio duale.


66<br />

Antologia<br />

Guida<br />

alla lettura<br />

STRUTTURA<br />

7 versi:<br />

Dall’ira alla contesa Il proemio vero<br />

e proprio dell’Iliade si estende per<br />

v. 1 contiene l’invocazione alla Musa<br />

e la dichiarazione del contenuto<br />

vv. 2-3 alludono sinteticamente alle vicende belliche<br />

che porteranno alla morte molti valorosi guerrieri<br />

di entrambi gli schieramenti<br />

vv. 4-5 toccano un tema che verrà sottolineato spesso<br />

nel corso del poema: la triste sorte riservata ai<br />

cadaveri lasciati insepolti, preda di cani randagi<br />

e uccelli rapaci<br />

v. 5 allude alla promessa che nel corso del I libro<br />

Zeus farà a Teti di vendicare l’offesa arrecata<br />

ad Achille favorendo in guerra le sorti dei Troiani<br />

(vv. 493-530): la boulhv, la «decisione» del dio<br />

darà inizio a una fase della guerra in cui<br />

Agamennone e il suo esercito saranno la parte<br />

soccombente; l’anticipazione dei contenuti<br />

comincia dunque a spostarsi dal<br />

macrocontesto, rappresentato dall’intero<br />

poema, al microcontesto, coincidente con<br />

il I libro<br />

vv. 6-7 introducono al tema specifico del I libro:<br />

la contesa fra Agamennone e Achille che segna<br />

l’inizio della mh'ni"<br />

GENERI LETTERARI Il proemio: fra invocazione<br />

alla Musa... Il mondo epico lega<br />

la creatività e la sapienza poetica dell’aedo all’azione<br />

Variabilità e indipendenza dei proemi La necessità di<br />

adattare i proemi alle diverse occasioni esecutive comportò<br />

ovviamente che queste sezioni introduttive<br />

mantennero una notevole variabilità e indipendenza:<br />

il proemio dell’Iliade, come anche quello dell’Odissea<br />

(vedi T11), sono solo due tra i molti che vennero<br />

composti nel corso della prassi epica per introdurre<br />

singole recitazioni o diverse organizzazioni narrative.<br />

I due proemi alternativi dell’Iliade Ne sono prova, in<br />

particolare, i due proemi dell’Iliade, alternativi a quello<br />

‘vulgato’. Uno, secondo la testimonianza del pitagorico<br />

e peripatetico Aristosseno (IV-III secolo a.C.),<br />

era attestato in alcune ejkdovsei", «copie, edizioni» antiche<br />

del poema omerico:<br />

PER APPROFON<strong>DI</strong>RE<br />

I proemi alternativi dell’Iliade<br />

ispiratrice di un dio, in particolare della Musa (o delle Muse),<br />

divinità tutelare dell’arte poetica. Questa concezione<br />

trova la sua dimostrazione più evidente nel proemio,<br />

dove l’elemento caratteristico è proprio l’invocazione alla<br />

dea (v. 1) preposta all’ispirazione del canto: l’aedo le<br />

chiede di infondergli quella conoscenza dell’oi[mh («via del<br />

canto») prescelta, che (vedi T37) si riteneva provenisse<br />

al cantore da una sfera esterna e superiore.<br />

...e dichiarazione dei contenuti Ma la funzionalità del<br />

proemio non si limitava a questo: esso assolveva anche<br />

al compito, non secondario, di introdurre l’argomento<br />

della successiva narrazione, anticipandone il tema mitico.<br />

In altre parole il proemio orientava l’attesa del pubblico,<br />

facendo capire quale segmento del mito, ossia quale<br />

parte degli eventi compresi in una vasta saga eroica,<br />

l’aedo stava per affrontare. Muovendosi infatti nell’ambito<br />

di cicli di leggende che il pubblico ben conosceva<br />

nel loro svolgimento, l’aedo di volta in volta poteva cominciare<br />

il racconto da un momento qualsiasi di una<br />

determinata saga eroica, o scegliendolo da solo o adattandolo<br />

alle esigenze imposte dall’uditorio e dall’occasione.<br />

Prima di dare inizio al canto era dunque necessario<br />

che il cantore facesse capire al suo pubblico da dove<br />

avrebbe preso le mosse e verso quali eventi mitici<br />

avrebbe proceduto la sua narrazione: il proemio dell’Iliade<br />

fa capire che la oi[mh seguita tratterà gli eventi del<br />

ciclo mitico troiano dalla mh'ni" (v. 1) di Achille in<br />

avanti.<br />

“Espete nu`n moi, Mou`sai, ∆Oluvmpia dwvmat∆ e[cousai,<br />

o{ppw~ dh; mh`niv~ te covlo~ q∆ e{le Phleivwna<br />

Lhtou`~ t∆ ajglao;n uiJovn∑ oJ ga;r basilhì colwqeiv~...<br />

Narratemi ora, o Muse che abitate le case dell’Olimpo,<br />

in che modo l’ira colse il Pelide<br />

e lo splendido figlio di Latona. Costui infatti, adirato<br />

col re, ...<br />

Questo proemio alternativo attribuisce maggior rilievo,<br />

rispetto a quello ‘vulgato’, al motivo dell’ira di Apollo,<br />

ponendo quest’ultima sullo stesso piano della mh'ni" di<br />

Achille nella richiesta di ispirazione rivolta alle Muse.<br />

Nel testo iliadico ‘vulgato’, infatti, la menzione di<br />

Apollo e della sua ira compare solo dopo la conclusio-


ne del proemio vero e proprio, ai vv. 8-9, per raccordare<br />

il passaggio dal tema dell’ira al motivo della lite fra i<br />

due eroi achei: «Ma chi fu, tra gli dei, colui che li spinse<br />

a contesa? Fu il figlio di Leto e di Zeus: adiratosi<br />

contro il re...» (trad. G. Cerri). Il proemio tramandato<br />

da Aristosseno era dunque considerato alternativo a<br />

tutti i primi nove versi della ‘nostra’ Iliade.<br />

L’altro proemio alternativo è invece trasmesso come<br />

l’incipit della cosiddetta Iliade di Apellicone, nome di<br />

t2<br />

L’ira di Achille<br />

(Iliade 1,121-192; 223-246)<br />

Omero • Le tematiche dell’Iliade 67<br />

L’ira di Achille, che costituisce il nucleo centrale dell’Iliade, nasce da un forte scontro<br />

con Agamennone; all’origine della vicenda è la mancata restituzione da parte di quest’ultimo della<br />

schiava Criseide al padre Crise, sacerdote di Apollo. L’atteggiamento oltraggioso di Agamennone spinge<br />

Apollo a gettare una pestilenza contro gli Achei, impegnati nell’assedio di Troia da ormai dieci anni.<br />

Durante un’assemblea Achille apprende dall’indovino Calcante le ragioni della contrarietà di Apollo e<br />

rimprovera Agamennone. Questi allora minaccia Achille, dicendogli che gli avrebbe sottratto la schiava<br />

Briseide, suo bottino di guerra. A questo punto, Achille decide di allontanarsi dalla guerra e di ritirarsi<br />

nella sua tenda.<br />

Gli rispose allora il divino Achille dai piedi veloci:<br />

«Figlio di Atreo 1 , fra tutti il più illustre e il più avido, come potranno gli Achei generosi<br />

assegnarti un dono? In nessun luogo vi sono più beni comuni: quelli delle città che abbiamo<br />

bruciato sono stati divisi. Non è lecito che si rimetta tutto insieme di nuovo. Tu, ora,<br />

rendi al dio la fanciulla: e noi Achei ti ripagheremo tre quattro volte tanto, se mai Zeus ci<br />

concederà di abbattere Troia dalle belle mura».<br />

Gli rispose il potente Agamennone:<br />

«No, per quanto grande tu sia, divino Achille, non celare il tuo pensiero, perché non potrai<br />

ingannarmi e non potrai persuadermi. Vuoi tenerti il tuo dono mentre io resto privo del mio,<br />

e pretendi da me che restituisca Criseide? Lo farò se gli Achei generosi mi daranno un altro<br />

dono, scelto secondo il mio gusto, che sia pari a quello perduto; e se non me lo daranno,<br />

andrò a prenderlo io stesso, andrò e prenderò il tuo, o quello di Aiace o quello di Odisseo –<br />

si adirerà di certo colui dal quale mi recherò! Ma a queste cose potremo pensare anche dopo,<br />

adesso mettiamo in mare una nave nera, raccogliamo i rematori, carichiamo un’ecatombe e<br />

facciamo salire Criseide, la bella; alla guida sia posto uno dei principi, perché plachi con<br />

sacrifici il dio onnipotente: Aiace, Idomeneo 2 o il divino Odisseo, oppure tu, figlio di Peleo,<br />

che sei fra tutti l’eroe più grande».<br />

Lo guardò con odio e gli disse Achille dai piedi veloci:<br />

«Tu, uomo impudente e avido, quale mai degli Achei sarà pronto a obbedirti, a seguirti<br />

nelle marce o nelle aspre battaglie? Non sono venuto qui a combattere per i Troiani,<br />

a me nulla hanno fatto; non mi hanno rubato né buoi né cavalli, non mi hanno distrutto<br />

il raccolto nella fertile Ftia 3 , terra di eroi: monti pieni d’ombra sono fra noi, e il mare<br />

1. Il figlio di Atreo è Agamennone.<br />

2. Idomeneo è figlio di Deucalione, re di Creta. Le sue impre-<br />

un bibliofilo ateniese vissuto nel I secolo a.C.:<br />

Mouvsa~ ajeivdw kai; ∆Apovllwna klutovtoxon<br />

Le Muse canto e Apollo famoso per l’arco<br />

Almeno per quanto è dato capire da questo primo<br />

verso, il motivo dell’ira non è menzionato come primo<br />

argomento, e figura invece sin dall’inizio il nome di<br />

Apollo.<br />

se sono narrate nel XIII libro dell’Iliade.<br />

3. Ftia, nella pianura della Tessaglia, è la patria di Achille.


68<br />

Antologia<br />

dai molti echi. Te abbiamo seguito, uomo senza vergogna, per tua soddisfazione, per l’onore<br />

di Menelao, ma anche per il tuo, bastardo, nei confronti dei Teucri. Non pensi a<br />

questo, non te ne curi; e minacci di togliere a me il dono, quello per cui tanto ho penato,<br />

quello che mi hanno donato i figli dei Danai. Mai che ottenga un premio uguale al<br />

tuo, quando gli Achei distruggono una popolosa città dei Troiani; eppure sono le mie<br />

braccia a reggere il peso maggiore della guerra violenta; ma quando è il momento di<br />

spartire il bottino, a te tocca il dono più grande mentre io torno alle navi con il mio,<br />

piccolo e caro, dopo la fatica della battaglia. Ora però me ne vado a Ftia, perché è molto<br />

meglio ritornare a casa sulle concave navi piuttosto che rimanere qui senza onore e raccogliere<br />

tesori e ricchezze per te».<br />

Gli rispose a sua volta Agamennone, signore di popoli:<br />

«Vattene, se lo desideri, non sarò io a pregarti di rimanere; altri ho con me che mi faranno<br />

onore, e soprattutto Zeus, saggio e prudente. Fra i re di stirpe divina tu mi sei il più<br />

odioso: ami le risse, lo scontro, la guerra; sei molto forte, sì, ma questo è dono divino.<br />

Torna in patria con le tue navi e con i tuoi uomini, regna sui tuoi Mirmidoni 4 , di te non<br />

mi importa, la tua ira non mi turba. Anzi, ti dirò questo: poiché Febo Apollo mi toglie<br />

Criseide, la rimanderò indietro sulla mia nave, con i miei uomini. Ma verrò io stesso<br />

alla tua tenda e mi prenderò la bella Briseide, il tuo dono, perché tu sappia che sono più<br />

forte di te, e anche gli altri abbiano paura di tenermi testa e di parlarmi alla pari».<br />

Disse così. E il dolore colpì il figlio di Peleo; nel suo forte petto si divise il cuore, egli<br />

non sapeva se levare dal fianco la spada affilata, incitare gli altri alla rivolta e uccidere<br />

lui stesso l’Atride, o frenare l’impulso e calmare la collera.<br />

[...] Arriva poi Atena, mandata da Era, ed esorta Achille a placare la propria ira. L’eroe riesce<br />

così a frenare il proprio proposito di uccidere Agamennone, anche se non smette di rivolgersi<br />

all’Atride con parole minacciose e piene di sdegno.<br />

Allora di nuovo il figlio di Peleo si rivolse all’Atride con dure parole, senza frenare la<br />

collera:<br />

«Ubriaco, faccia di cane, cuore di cervo, che non osi combattere in armi con il tuo esercito,<br />

né prendere parte agli agguati con gli Achei valorosi: lo temi come la morte. Certo è<br />

molto più facile, nel vasto campo acheo, strappare i doni di guerra a chi osa contraddirti;<br />

re che divori il tuo popolo, che regni su gente da nulla: altrimenti, figlio di Atreo, avresti<br />

offeso per l’ultima volta. Ma ora io dico e pronuncio un gran giuramento. Per questo scettro,<br />

che non metterà più fronde né rami da quando ha lasciato il tronco tagliato sui monti,<br />

che non fiorirà più perché la scure gli ha tolto fogliame e corteccia tutt’intorno, ed ora lo<br />

portano in mano i figli degli Achei, coloro che fanno giustizia e vegliano sulle leggi in<br />

nome di Zeus: questo sarà davvero un gran giuramento. Verrà un giorno in cui i figli degli<br />

Achei, tutti, rimpiangeranno Achille; e allora tu soffrirai e non potrai aiutarli, quando<br />

molti di loro cadranno colpiti da Ettore, uccisore di uomini; e l’animo ti roderai per la<br />

rabbia di non aver onorato il più forte di tutti gli Achei».<br />

Così disse il figlio di Peleo e scagliò a terra lo scettro, ornato di borchie d’oro. Poi si sedette.<br />

(trad. di M.G. Ciani)<br />

4. I Mirmidoni sono un’antica popolazione greca che dall’isola di Egina si spostò in Tessaglia sotto la guida di Peleo. Al tempo<br />

della guerra di Troia su di loro regnava Achille.


t3<br />

Tersite: una voce fuori dal coro<br />

(Iliade 2,212-277)<br />

Omero • Le tematiche dell’Iliade 69<br />

Nel corso di un’assemblea Agamennone, per saggiare lo spirito e le reazioni del suo esercito,<br />

dichiara di voler abbandonare l’assedio di Troia; il discorso di Agamennone provoca la precipitosa<br />

fuga dei guerrieri verso le navi (pronti a imbarcarsi e a fare ritorno in patria), ma Odisseo riesce a fermare<br />

gli uomini e a farli tornare a più miti consigli.<br />

L’unico che continua a parlare è Tersite, rappresentato con toni estremamente realistici nella sua bruttezza<br />

e deformità, che per la mentalità greca sono anche il chiaro segno di un basso valore morale (non a caso,<br />

gli eroi omerici, Troiani e Achei – da Paride a Ettore, da Odisseo ad Achille – sono solitamente descritti come<br />

alti, vigorosi nelle membra e splendidi in volto): a questi caratteri fisici si accompagna un ardire insolito che<br />

lo spinge persino a scagliarsi verbalmente contro Agamennone, Odisseo e Achille. Tersite si guadagna così<br />

un ruolo molto particolare all’interno dei poemi omerici: è l’antieroe per eccellenza.<br />

Tersite 1 soltanto strepitava fuori misura: conosceva molte parole, nel cuore, ma senza<br />

ordine e senza scopo le usava per sparlare dei re, poiché gli sembrava di divertire gli Achei;<br />

era l’uomo più brutto che fosse venuto a Ilio: storto, zoppo di un piede; le spalle curve<br />

e ripiegate sul petto; la testa a punta coperta da una rada peluria. Era odioso più che<br />

a ogni altro ad Achille e a Odisseo, che spesso insultava; ma allora, con voce acuta, scagliava<br />

ingiurie contro il glorioso Agamennone; verso Agamennone gli Achei covavano<br />

ira violenta e rancore nell’animo, ma lui lo insultava urlando a gran voce:<br />

«Figlio di Atreo, che cosa vuoi, di che ti lamenti? La tua tenda è piena di bronzo, è piena<br />

di donne scelte, che noi Achei doniamo a te primo fra tutti, quando prendiamo una<br />

città; o forse ti manca l’oro, l’oro che ti porterà da Ilio qualche troiano domatore di<br />

cavalli per riscattare suo figlio, il figlio che legai e condussi io stesso o qualcun altro<br />

dei Danai – oppure vuoi una nuova schiava, per fare l’amore con lei, e conservarla per<br />

te, lontano dagli altri? No, non è giusto che un capo porti gli Achei alla rovina. Ah, vili<br />

ed infami, donne, non più uomini, torniamocene dunque a casa sulle nostre navi e<br />

lasciamo costui qui a Troia, a godersi i suoi doni, così vedrà se gli eravamo d’aiuto oppure<br />

no 2 ; è lui che ha recato offesa ad Achille, guerriero molto più forte; gli ha preso<br />

il suo dono d’onore, gliel’ha strappato lui stesso e se lo tiene; certo Achille non conosce<br />

l’ira nell’animo, è mite davvero, altrimenti, figlio di Atreo, oggi avresti offeso per<br />

l’ultima volta».<br />

Così diceva Tersite ingiuriando Agamennone, signore di popoli; ma gli fu accanto, rapido,<br />

il glorioso Odisseo che lo guardò torvo e lo assalì con dure parole:<br />

«Parli come uno stolto, Tersite, anche se sei un bravo oratore; ora basta, non osare, tu solo,<br />

dir male dei re; io dico che non vi è nessuno peggiore di te tra quanti vennero a Ilio insieme<br />

ai figli di Atreo; perciò non avere sempre i re sulla bocca, non insultarli; e non pensare<br />

al ritorno; noi non sappiamo ancora come andranno le cose, se vincitori o sconfitti i<br />

figli dei Danai faranno ritorno. Ora ti piace insultare il figlio di Atreo, Agamennone,<br />

signore di popoli, perché molti doni gli offrono i guerrieri achei, e parli lanciando oltraggi;<br />

ma questo ti dirò e questo avrà compimento; se ancora ti troverò a fare lo sciocco come<br />

fai ora – che la testa non mi rimanga più sulle spalle, che di Telemaco non possa dirmi più<br />

padre, se non ti prendo, se non ti tolgo le vesti, il mantello, la tunica che ti copre il sesso,<br />

se non ti caccio dall’assemblea e ti rispedisco piangente alle navi veloci, coperto di vergognose<br />

ferite».<br />

Così disse, e con lo scettro lo colpì sul dorso e sulle spalle; si piegò Tersite, dagli occhi gli<br />

scesero lacrime; una piaga gli si aprì sulla schiena ai colpi dello scettro d’oro; ebbe paura<br />

1. È da notare che Tersite viene presentato senza il patronimico,<br />

diversamente da quanto accade per tutti gli altri eroi epici.<br />

Questo dettaglio fa emergere con maggiore forza la bassa<br />

estrazione sociale del personaggio.<br />

2. Queste parole ricalcano le parole di Achille nel I libro<br />

dell’Iliade: pronunciate da Tersite, esse contribuiscono a delineare<br />

la figura anticonvenzionale del personaggio, in netta<br />

contrapposizione con l’eroe per eccellenza del poema.


70<br />

Antologia<br />

Guida<br />

alla lettura<br />

e sedette, dolorante, e con sguardo smarrito si tergeva le lacrime; risero tutti di lui, nonostante<br />

la loro pena e ognuno diceva al vicino:<br />

«Ah, certo Odisseo ci ha fatto mille volte del bene, dandoci buoni consigli e distinguendosi<br />

nella battaglia; ma oggi, in mezzo agli Argivi, ha fatto la cosa migliore, perché ha<br />

chiuso la bocca a questo villano arrogante: l’animo non lo spingerà più a insultare di<br />

nuovo i re con parole ingiuriose».<br />

(trad. di M.G. Ciani)<br />

STRUTTURA L’assemblea degli Achei L’episodio di<br />

Tersite si inquadra nel contesto di<br />

un’assemblea nel corso della quale gli Achei stanno decidendo<br />

la strategia da adottare nelle successive fasi della<br />

guerra di Troia. In particolare, dopo lo scoppio dell’ira di<br />

Achille nei confronti di Agamennone, quest’ultimo riceve<br />

da Zeus un sogno ingannatore (Il. 1,493-527) che gli suggerisce<br />

di raccogliere l’esercito e assaltare Troia. Il re degli<br />

Achei, deciso a saggiare la volontà dei propri uomini, li<br />

riunisce in assemblea e provocatoriamente propone loro di<br />

abbandonare il campo. Gli Achei iniziano così una fuga<br />

verso le navi e vengono fermati solo dalle parole di<br />

Odisseo, abile oratore capace di far tornare sui propri passi<br />

i compagni ormai stremati da anni di assedio.<br />

La figura di Tersite In questo quadro emerge la figura di<br />

Tersite, un uomo non appartenente all’aristocrazia, ma di<br />

umile estrazione sociale che, nondimeno, prende la parola<br />

con estrema forza e ardore nella tumultuosa assemblea<br />

degli Achei (Il. 2,212-214). Seguono versi in cui il personaggio<br />

di Tersite è presentato con dovizia di particolari,<br />

sia da un punto di vista fisico (vv. 216-219) – è l’uomo<br />

Percorso<br />

TEMATICO<br />

p. 127<br />

t4<br />

più brutto dell’esercito acheo – sia sotto il profilo dei suoi<br />

rapporti e dei suoi atteggiamenti nei confronti dei capi<br />

achei di spicco, quali Achille, Odisseo e Agamennone (vv.<br />

220-224).<br />

Il discorso di Tersite e la risposta di Odisseo I versi successivi<br />

contengono la forte invettiva lanciata da Tersite<br />

proprio contro Agamennone, colpevole con il suo comportamento<br />

di aver causato all’esercito acheo le più atroci<br />

sofferenze (vv. 225-242). Secondo uno schema consolidato<br />

nei poemi omerici, al discorso di Tersite fa subito da<br />

contraltare un discorso di risposta di Odisseo (vv. 246-<br />

264), che con le sue parole fa tacere la voce fuori dal coro<br />

di Tersite, colpito a tal punto da cadere affranto in lacrime<br />

e da suscitare l’ilarità dei compagni (vv. 265-270).<br />

L’episodio si conclude (vv. 271-277) con le parole di uno<br />

degli Achei, la cui identità non viene precisata: il guerriero,<br />

rivolgendosi a un altro compagno, loda le parole di<br />

Odisseo, grazie al quale l’arroganza di Tersite è stata definitivamente<br />

annientata e i valori eroici, come anche i tradizionali<br />

rapporti di forza nell’assemblea dei guerrieri<br />

achei, sono stati autorevolmente ristabiliti.<br />

L’eroe in campo: l’aristìa di Diomede<br />

(Iliade 5,111-165; 330-354; 846-863)<br />

Il V libro dell’Iliade è interamente dedicato all’aristìa di Diomede, l’eroe argivo figlio di<br />

Tìdeo che nel resto del poema (a parte la Dolonìa del X libro) figura semplicemente come uno dei molti<br />

capi achei impegnati nella guerra. Diomede assurge qui a un ruolo di assoluta preminenza. È ispirato e<br />

protetto da Atena, e non solo fa strage dei nemici come una furia incontenibile, ma nel suo impeto giunge<br />

addirittura a sfidare due divinità: dapprima Afrodite, accorsa in aiuto del figlio Enea, e poi lo stesso<br />

dio della guerra Ares, ferendoli entrambi.<br />

Disse così; e Stènelo balzò a terra dal carro,<br />

gli venne accanto, trasse l’acuto dardo dalla spalla, intero,<br />

spicciò il sangue attraverso il ben tessuto chitone.<br />

E allora Diomede potente nel grido pregò:


115 «Ascolta, creatura di Zeus egìoco 1 , Infaticabile,<br />

se mai con animo amico fosti vicina a me e al padre<br />

nella guerra crudele, adesso proteggimi, Atena.<br />

Dammi ch’io uccida quell’uomo – e venga a tiro di lancia –<br />

che mi colpì per primo, e se ne vanta e dice<br />

120 ch’io non vedrò per molto ancora la luce del sole» 2 .<br />

Disse così pregando; e Pallade Atena l’udì,<br />

gli rese pronte le membra, le gambe e in alto le braccia 3 ,<br />

e standogli vicina disse parole fuggenti:<br />

«Forza, Diomede, adesso a batterti contro i Troiani,<br />

125 ché t’ho ispirato nel petto quella furia paterna<br />

intrepida, ch’ebbe Tideo cavaliere agitatore di scudo,<br />

e ti ho tolto dagli occhi la nube, che v’era sopra,<br />

perché tu ben conosca i numi e i mortali.<br />

Ora dunque, se un nume venisse qui a tentarti,<br />

130 in faccia agli immortali tu non osar di combattere,<br />

agli altri. Se però la figlia di Zeus Afrodite<br />

venisse nella battaglia, dàlle col bronzo acuto! 4 »<br />

E se ne andò, così detto, Atena occhio azzurro,<br />

e il Tidide avanzò di nuovo, si mischiò fra i campioni;<br />

135 egli era ardente prima a lottare coi Teucri,<br />

ma ora lo prese una furia tre volte maggiore, come leone<br />

che un pastore nel piano – guardando pecore folte di lana –<br />

ha ferito al balzare nel chiuso, e non vinto:<br />

ne ha risvegliata la forza; e non osa difendersi più,<br />

140 e s’appiatta dentro le stalle, e le pecore tremano sole,<br />

esse giacciono a mucchi, addossate una all’altra;<br />

balza intanto dall’alto chiuso la belva infuriata.<br />

Così infuriato il forte Diomede si mischiò coi Troiani.<br />

E uccise allora Astìnoo e Ipèirone, pastore di genti,<br />

145 l’uno colpendo con l’asta di bronzo sulla mammella,<br />

l’altro con la gran daga alla spalla sulla clavicola<br />

colpì, restò separata la spalla dalla nuca e dal dorso.<br />

Ma li lasciò, e corse dietro ad Abante e Polìido,<br />

figli di Euridamante, il vecchio indovino di sogni;<br />

150 non però al loro partire indovinò il vecchio i sogni,<br />

che il potente Diomede li atterrò l’uno e l’altro;<br />

mosse poi contro Xanto e Tòone, i due figli di Fènope,<br />

teneramente amati, ché triste vecchiaia lo accascia,<br />

né ha generato altro figlio, che possa lasciar sui suoi beni.<br />

155 Ed ecco, Diomede li uccise, strappò la cara vita<br />

1. La «creatura di Zeus» è Atena, come emerge dal v. 117.<br />

Zeus era detto «egioco» in quanto uno dei suoi attributi era<br />

l’egida, lo scudo che agitava per scatenare il tuono, segno<br />

inequivocabile della sua ira oppure mezzo per spaventare i<br />

mortali.<br />

2. La preghiera che Diomede rivolge ad Atena insiste sul rapporto<br />

privilegiato che la dea ha sempre avuto prima con il<br />

padre dell’eroe e poi con lui stesso: è come se Diomede<br />

ricordasse ad Atena un impegno che ha con il suo gevno~, e<br />

quindi con lui.<br />

Omero • Le tematiche dell’Iliade 71<br />

3. Come spesso avviene in tutto l’epos omerico, sono gli dèi<br />

che infondono o esaltano negli uomini non solo le qualità<br />

morali, come il coraggio, ma anche quelle fisiche, come l’agilità<br />

e la forza.<br />

4. Qui sembra esserci un implicito riferimento all’odio nutrito<br />

da Atena ed Era contro Afrodite in seguito al giudizio di<br />

Paride, che fra le tre dee aveva preferito Afrodite. La raccomandazione<br />

della dea di non combattere contro le divinità<br />

verrà tuttavia disattesa nei fatti da Atena stessa e dall’eroe,<br />

che si batteranno anche contro Ares.


72<br />

Antologia<br />

a entrambi, gemiti al padre, tristissimo affanno<br />

lasciando; però che vivi, tornati dalla battaglia,<br />

non li poté abbracciare, divisero i beni i parenti.<br />

Poi prese due figli di Priamo Dardanide<br />

160 su un solo carro moventi, Cromìo ed Echèmmone.<br />

Come un leone, balzando fra buoi, spezza il collo<br />

a torello o a giovenca, pascenti in mezzo alla macchia;<br />

l’uno e l’altro così giù dal cocchio il Tidide<br />

malconci e loro malgrado sbalzò, spogliò l’armi;<br />

165 e diede i cavalli ai compagni da guidare alle navi.<br />

[...]<br />

330 Questi 5 col bronzo spietato inseguiva Ciprigna 6 ,<br />

sapendo che è debole dea, non è una dea di quelle<br />

che dominano fra le battaglie degli uomini,<br />

non è Atena, non Eniò, l’atterratrice di mura.<br />

E la raggiunse tra la folla inseguendola;<br />

335 si tese allora il figlio di Tideo magnanimo,<br />

e d’un balzo ferì con l’asta acuta il braccio tenero<br />

in fondo; e subito l’asta entrò nella pelle<br />

traverso al peplo ambrosio, che lavoraron le Grazie,<br />

all’altezza del polso; spicciò il sangue immortale della dea,<br />

340 l’ìcore, quello che scorre nei numi beati 7 .<br />

Essi non mangiano pane, non bevono vino di fiamma,<br />

non hanno sangue perciò, e son chiamati immortali.<br />

Ella dié un grido acuto, lasciò cadere giù il figlio;<br />

ma tra le braccia Febo Apollo lo prese,<br />

345 in mezzo a nube oscura, perché nessuno dei Danai cavalli rapidi,<br />

gettandogli il bronzo nel petto, potesse rapirgli la vita.<br />

A lei intanto urlò Diomede potente nel grido:<br />

«Vattene, figlia di Zeus, dalla mischia e dalla battaglia!<br />

Non ti basta sedurre donne prive di forza?<br />

350 ma se in guerra ti metti, so dirti che avrai<br />

orrore della battaglia, per quanto lontana la impari».<br />

Disse, ed ella fuggì disperata, perché orrendamente soffriva:<br />

Iri 8 piede di vento la prese, e la menò fuor dal folto<br />

in preda al dolore: la bella pelle anneriva.<br />

[...]<br />

Ma come Ares funesto ai mortali vide Diomede glorioso,<br />

subito lasciò l’enorme Perìfante a giacere<br />

là dove l’uccise, dove gli tolse la vita;<br />

dritto mosse contro Diomede domatore di cavalli.<br />

850 E come furono vicini, andando l’uno contro l’altro,<br />

sorse Ares per primo, sopra al giogo e alle briglie dei cavalli,<br />

con l’asta di bronzo, bramando strappargli la vita.<br />

Ma l’afferrò con la mano la dea Atena, occhio azzurro,<br />

la spinse fuori dal carro, a cadere giù vana.<br />

855 Diomede valente nel grido balzò secondo<br />

5. È Diomede.<br />

6. Epiteto di Afrodite, la dea dell’amore alla quale era sacra l’isola<br />

di Cipro.<br />

7. Se non fosse per il loro sangue, l’ìcore (ijcwvr), che è diverso<br />

da quello degli uomini, gli dèi omerici, come risulta in modo evidente<br />

da questa scena, sono anche fisicamente in tutto e per<br />

tutto simili agli uomini, e come loro soffrono il dolore fisico.<br />

8. È la messaggera degli dèi.


Percorso<br />

TEMATICO<br />

p. 127<br />

con l’asta di bronzo; e Pallade Atena la spinse<br />

nel basso ventre, dove agganciava la fascia;<br />

là egli lo colse, la bella pelle gli aperse,<br />

e tirò indietro l’arma; e il bronzeo Ares urlò,<br />

860 forte, come novemila gridano o diecimila<br />

uomini nella battaglia, movendo lotta guerriera.<br />

Tremore percosse gli Argivi e i Troiani,<br />

atterriti; tanto forte urlò Ares mai sazio di pugna.<br />

(trad. di R. Calzecchi Onesti)<br />

t5<br />

Un ‘duello mancato’: l’incontro di Glauco e Diomede<br />

(Iliade 6,119-129; 142-236)<br />

Omero • Le tematiche dell’Iliade 73<br />

Nel VI libro dell’ Iliade Diomede mostra un comportamento ben diverso da quello appena<br />

narrato (vedi brano precedente). Quando l’eroe si trova di fronte Glauco, capo dei Lici e alleato<br />

dei Troiani, e ne apprende l’identità, rifiuta lo scontro in nome dei vincoli di ospitalità che avevano<br />

legato i rispettivi nonni; un tempo, infatti, Bellerofonte, antenato di Glauco, era stato ospite di<br />

Oineo, avo di Diomede. Questo ‘duello mancato’ contrasta solo in apparenza con l’etica bellica che<br />

caratterizza il poema: i vincoli dell’ospitalità, sacri e posti sotto la protezione di Zeus, erano rispettati<br />

anche a distanza di generazioni, e la loro importanza era tale che in loro nome veniva infranto<br />

persino il codice di comportamento da tenere in battaglia, sistematicamente improntato alla ricerca<br />

dell’onore e della gloria.<br />

E in mezzo ai due eserciti si incontrarono, avidi di lotta, il figlio di Ippoloco, Glauco,<br />

e Diomede, figlio di Tideo. Andavano l’uno verso l’altro e quando furono vicini parlò<br />

per primo Diomede dal grido potente:<br />

«Chi sei, guerriero, chi sei fra gli uomini mortali? Non ti ho mai visto prima nella battaglia<br />

gloriosa; eppure sei superiore a tutti per il coraggio, tu che ora affronti la mia<br />

lancia dalla lunga ombra; infelici i genitori di coloro che si oppongono alla mia forza!<br />

Se sei un dio disceso dal cielo, io non voglio battermi con gli immortali. [...] Ma se sei<br />

un uomo mortale e ti nutri con i frutti della terra, vieni più vicino e presto raggiungerai<br />

i confini della morte».<br />

Gli rispose il glorioso figlio d’Ippoloco:<br />

«Grande figlio di Tideo, perché mi domandi chi sono? Le generazioni degli uomini sono<br />

come le foglie: il vento le fa cadere a terra ma altre ne spuntano sugli alberi in fiore<br />

quando viene la primavera. Così le stirpi degli uomini, una nasce, l’altra svanisce.<br />

Se però vuoi sapere anche questo, se vuoi conoscere la mia discendenza, te la dirò, a<br />

molti essa è nota. Nella valle di Argo, ricca di cavalli, vi è una città, Efira, e qui viveva<br />

il più astuto fra gli uomini, Sisifo figlio di Eolo; egli ebbe un figlio, Glauco, e Glauco<br />

generò il nobile Bellerofonte a cui gli dei donarono forza, grazia e bellezza; ma contro<br />

di lui tramava nell’animo Preto, che lo cacciò dalla terra argiva (era uomo molto potente,<br />

Zeus l’aveva posto sotto la sua protezione). La moglie di Preto, la bellissima Antea,<br />

ardeva dal desiderio di unirsi segretamente in amore con Bellerofonte, ma non riuscì<br />

a persuadere l’eroe, che era saggio e prudente. Allora al re Preto ella disse questa menzogna:<br />

«che tu possa morire, Preto, se non uccidi Bellerofonte che voleva fare l’amore<br />

con me contro la mia volontà». Così disse e udendola il re fu preso dall’ira; tuttavia non<br />

uccise l’eroe, ne ebbe timore in cuor suo, lo mandò invece in Licia e gli affidò messaggi<br />

di morte, funesti messaggi scritti su una tavoletta piegata 1 , ordinando che li mostrasse<br />

al suocero, per sua rovina. Andò in Licia Bellerofonte, lo guidavano gli dei beati. E


74<br />

Antologia<br />

quando giunse alle acque dello Xanto 2 , il re di quel vasto regno gli rese onore, per nove<br />

giorni festeggiò l’ospite, sacrificò nove buoi. Ma quando, il decimo giorno, sorse Aurora<br />

dalla luce rosata, allora lo interrogò, chiese di vedere il messaggio che gli recava<br />

da parte del genero Preto. E quando conobbe lo scritto funesto del genero, per prima<br />

cosa ordinò a Bellerofonte di uccidere la Chimera invincibile, la Chimera di stirpe divina,<br />

che davanti era leone, dietro serpente e capra nel mezzo, e spirava fiamme di fuoco<br />

ardente. Bellerofonte la uccise confidando nei presagi divini. Poi si batté con i Solimi<br />

3 gloriosi e fu la battaglia più dura mai avvenuta fra eroi. Uccise infine le Amazzoni<br />

4 , forti al pari degli uomini. E mentre faceva ritorno, un altro astuto inganno fu ordito<br />

contro di lui; nell’ampia terra di Licia il re scelse i guerrieri più forti e tese un agguato:<br />

ma essi non fecero più ritorno perché tutti li uccise il glorioso Bellerofonte. Allora<br />

il re comprese che era di nobile stirpe, figlio di un dio, lo trattenne presso di sé,<br />

gli diede in moglie sua figlia e divise con lui gli onori del regno; per lui, perché vi abitasse,<br />

i Lici delimitarono un campo, il più bello, terra buona da arare e da coltivare a<br />

frutteto. Tre figli diede la sposa al forte Bellerofonte, Isandro, Ippoloco e Laodamia. A<br />

Laodamia si unì Zeus, il dio sapiente, e lei generò Sarpedonte divino dall’elmo di bronzo.<br />

Ma quando tutti gli dei presero a odiarlo 5 , allora andava errando per la pianura Alea,<br />

Bellerofonte, solo, e si rodeva il cuore mentre fuggiva le tracce degli uomini; Isandro<br />

glielo uccise Ares, il dio mai sazio di guerra, nella battaglia contro i Solimi gloriosi; Laodamia<br />

fu uccisa dall’ira di Artemide, la dea dalle briglie d’oro. Io sono figlio d’Ippoloco,<br />

da lui discendo; fu lui a mandarmi a Troia e mi comandava di essere sempre il primo,<br />

fra tutti gli altri il più forte, di onorare la stirpe dei padri che a Efira e nella vasta<br />

Licia furono sempre i migliori. Questa è dunque la stirpe mia, questo il mio sangue».<br />

Così disse, e fu lieto Diomede dal grido potente; conficcò la sua lancia nella terra feconda<br />

e rivolse parole amichevoli a Glauco, signore di popoli:<br />

«Sei dunque un ospite antico per me da parte di padre; il divino Oineo 6 accolse un tempo<br />

il nobile Bellerofonte nella sua reggia e lo trattenne per venti giorni; si scambiarono l’un<br />

l’altro doni ospitali, bellissimi; Oineo offrì una cintura di porpora, splendida, Bellerofonte<br />

una coppa d’oro a due manici: l’ho lasciata nella mia casa quando sono partito. Non ricordo<br />

Tideo perché ero ancora bambino quando mi lasciò per andare a Tebe dove l’esercito<br />

acheo fu distrutto 7 . Io sono dunque per te ospite e amico in Argolide e tu in Licia, se mai<br />

io vi giunga. Non incrociamo le lance tra noi, anche se siamo in battaglia; sono molti i<br />

Troiani e gli illustri alleati che io posso uccidere se un dio me li manda davanti o se li raggiungo<br />

io stesso; e molti sono gli Achei che tu puoi abbattere. Scambiamoci invece le armi<br />

perché sappiano anche costoro che siamo ospiti per tradizione antica e questo è il nostro<br />

vanto».<br />

Dopo aver così parlato balzarono entrambi dai carri, si strinsero la mano, si giurarono<br />

fede. Ma Zeus figlio di Crono tolse il senno a Glauco che scambiò le sue armi d’oro con<br />

quelle di bronzo del figlio di Tideo: il valore di cento buoi contro quello di nove.<br />

(trad. di M.G. Ciani)<br />

1. Questo sarebbe uno dei due accenni alla scrittura presenti<br />

nei poemi, ma vedi p. 53.<br />

2. Fiume della Licia.<br />

3. Popolazione che originariamente abitava la Licia.<br />

4. Mitico popolo di donne guerriere.<br />

5. In Omero non si specifica per quale motivo Bellerofonte<br />

cadde in disgrazia presso gli dèi; secondo il racconto miti-<br />

co di Pindaro (Istmica 7,44-47), l’eroe avrebbe commesso<br />

il peccato di voler raggiungere il cielo, dimora degli dèi, in<br />

groppa a Pegaso, il cavallo alato.<br />

6. Padre di Tìdeo, è il nonno di Diomede.<br />

7. Il riferimento è alla spedizione dei Sette contro Tebe, oggetto<br />

di saghe epiche che poi forniranno ampio materiale alla tragedia<br />

attica.


L’eroe tra letteratura<br />

e culto<br />

nella Grecia arcaica<br />

Individualismo e collettività<br />

nel mondo dell’epos<br />

Sebbene nell’epos i combattenti siano solitamente<br />

impegnati in imprese collettive, la dimensione<br />

più profonda dell’eroe era comunque sentita come<br />

essenzialmente solitaria. La poesia omerica, e<br />

in generale tutto l’epos arcaico, infatti, rivela una<br />

concezione fortemente individualistica dell’eroe,<br />

come dimostrano le aristie che scandiscono la narrazione<br />

articolando il racconto epico in quadri<br />

indipendenti in cui spicca una singola figura di<br />

guerriero.<br />

Ma il risalto concesso dall’epos alle individualità<br />

dei vari eroi non si spiega soltanto in questo modo:<br />

un influsso importante lo esercitò anche il<br />

contesto socio-politico che faceva da cornice alle<br />

recitazioni epiche. A un certo punto della tradizione,<br />

infatti, l’epos non era più destinato all’uditorio<br />

riunito nella corte del sovrano, bensì al pubblico<br />

panellenico raccolto in occasione delle grandi<br />

feste religiose: in quell’ambito doveva trovare<br />

spazio anche la celebrazione dei numerosi eroi oggetto<br />

di venerazione e di culto in diverse regioni<br />

della Grecia. Ma quali erano le caratteristiche che<br />

contraddistinguevano un eroe e lo identificavano<br />

in quanto tale?<br />

Gli eroi, gli uomini comuni e gli dèi<br />

Gli h{rwe" si distinguono dagli uomini comuni soprattutto<br />

per la capacità di incidere in modo determinante<br />

sugli eventi e di alterarne il corso; questa<br />

capacità deriva agli eroi in parte da straordinarie<br />

doti fisiche e intellettive, in parte dal rapporto<br />

privilegiato che li lega a una o più divinità.<br />

Lo straordinario intervento degli eroi si esplica<br />

tanto nel bene quanto nel male. La dimensione originaria<br />

degli eroi greci, quale si riflette nell’epos<br />

arcaico, infatti, è sostanzialmente amorale, in<br />

quanto le azioni più nobili si possono accompagnare,<br />

senza contraddizione, alle peggiori nefan-<br />

Percorso<br />

TEMATICO<br />

dezze. Paradigmatico è il caso di Eracle che, secondo<br />

un passo dell’Odissea (21,22-30), aveva ucciso<br />

e derubato dei suoi cavalli l’ospite Ifito.<br />

Se la capacità di modificare gli eventi distingue gli<br />

eroi dagli uomini comuni, la loro natura mortale<br />

li differenzia invece dagli dèi; la morte, infatti,<br />

aspetta anche quanti tra loro sono nati dall’unione<br />

di un genitore divino con un genitore umano.<br />

Gli eroi, pertanto, nascono direttamente o indirettamente<br />

dagli dèi, ma muoiono come gli uomini:<br />

ecco perché in un passo dell’Iliade (12,23) gli<br />

h{rwe" vengono anche chiamati hJmivqeoi a[ndre",<br />

«uomini semidei», una definizione collettiva che<br />

rende perfettamente l’ambiguo statuto riconosciuto<br />

loro dal mito.<br />

La morte e la gloria<br />

Nei poemi omerici le yucaiv, le «anime» degli eroi<br />

sono inesorabilmente destinate all’Ade, come quelle<br />

degli altri uomini; nel resto dell’epos arcaico è<br />

però attestata anche un’altra concezione, secondo<br />

la quale gli eroi godono di una sbiadita forma di<br />

sopravvivenza sulle «isole dei beati», agli estremi<br />

confini del mondo (così in Esiodo, Opere 161-<br />

173, vedi p. 186, T6).<br />

Comunque sia, dopo la morte degli eroi restavano<br />

solo due cose: la tomba e il klevo", la «gloria». La<br />

tomba era sempre connessa al presunto luogo di sepoltura<br />

degli eroi stessi e il rituale prevedeva libagioni<br />

fatte colare nella terra (e perciò dette coaiv,<br />

da cevw, «versare») per raggiungere il mondo degli<br />

inferi. Il klevo~, invece, era affidato soprattutto al<br />

grande potere celebrativo della poesia epica: non a<br />

caso nei poemi omerici il rapporto di dipendenza<br />

tra gli eroi e gli aedi assume spesso la forma di uno<br />

scambio di identità, per cui gli eroi sono talvolta<br />

rappresentati nell’atto di cantare come aedi (Achille<br />

in Iliade 9,185-191; Odisseo nei libri 9-12 dell’Odissea),<br />

e gli aedi sono talvolta fregiati del titolo<br />

di eroi (Demodoco in Odissea 8,483).


128 L’eroe tra letteratura e culto nella Grecia arcaica<br />

Iliade 5, passim (vedi p. 70, T4)<br />

Iliade 6,119-129; 142-236<br />

(vedi p. 73, T5)<br />

Eppure il klevo" a[fqiton, la «gloria imperitura» che<br />

viene dalla memoria delle loro imprese, non basta<br />

a consolare gli eroi del loro rapporto profondamente<br />

conflittuale con la morte: l’eroe odia la morte<br />

più dell’uomo qualunque, anche se proprio in essa<br />

trova il compimento di un destino glorioso. Emblematiche,<br />

in tal senso, sono le parole che la yuchv<br />

di Achille rivolge a Odisseo sceso nell’Ade,<br />

quando costui ne loda la preminenza tra le anime<br />

degli altri eroi morti (Odissea 11,488-491): «Non<br />

abbellirmi, illustre Odisseo, la morte! Vorrei da<br />

bracciante servire un altro uomo, un uomo senza<br />

podere che non ha molta roba; piuttosto che dominare<br />

tra i morti defunti» (trad. G.A. Privitera).<br />

Un eroe immortale: Eracle<br />

Nel V secolo a.C. Pindaro definisce Eracle h{rw"<br />

qeov", «eroe dio» (Nemea 3,22), per distinguere<br />

l’unicità di questo eroe, che dopo la morte viene<br />

I testi chiave<br />

Esiodo, Opere 106-201 (vedi p. 186,<br />

T6)<br />

divinizzato e accolto nel consesso degli dèi olimpi:<br />

Eracle è stato dunque un eroe, anzi il più importante<br />

degli eroi, fino al compiersi del suo destino<br />

mortale; ma la sua apoteosi post mortem ne<br />

ha fatto poi una divinità.<br />

Questa eccezione rappresentata da Eracle viene<br />

recepita dalla tradizione epica arcaica solo a partire<br />

da una fase piuttosto avanzata, giacché in un<br />

passo dell’Iliade (18,117-119) si dice ancora che<br />

neppure questo eroe sfuggì al destino di morte, e<br />

i versi dell’Odissea nei quali si fa riferimento alla<br />

sua apoteosi (11,602-604) potrebbero essere un’aggiunta<br />

più tarda. Non è un caso, comunque, che<br />

Eracle sia l’unico eroe greco di cui non esisteva una<br />

tomba: evidentemente, il peculiare tipo di culto riservato<br />

agli h{rwe" nella Grecia arcaica non si adattava<br />

al solo eroe che aveva continuato a vivere anche<br />

dopo la morte e che risiedeva in cielo tra gli<br />

dèi olimpi.


PERCORSI<br />

Letterature<br />

NEI SECOLI<br />

Dai poemi omerici<br />

al poema cavalleresco<br />

Ipoemi omerici esercitarono un influsso enorme sulla poesia epica delle età successive, non solo nel<br />

mondo greco e romano, ma anche sui poemi cavallereschi del Quattrocento e del Cinquecento.<br />

Generalmente in questi casi la conoscenza e la ripresa di Omero non erano dirette, bensì mediate<br />

dall’Eneide di Virgilio; ma poiché Virgilio aveva costruito numerosi episodi seguendo molto da vicino il<br />

modello omerico, tematiche e strutture narrative dell’Iliade e dell’Odissea giunsero indirettamente a<br />

influenzare l’elaborazione di passi composti in un’epoca molto lontana e in un contesto socio-politico<br />

profondamente differente.<br />

Apparentemente, si potrebbe riconoscere un’analogia fra i poemi omerici e i poemi cavallereschi: in entrambi<br />

i casi, infatti, la corte, che si configura come il committente e al tempo stesso il destinatario dell’opera,<br />

gioca un ruolo fondamentale. Ma in realtà sia la funzione sia la tecnica compositiva sono molto diverse. I<br />

poemi omerici sono un’‘enciclopedia’ nella quale viene trasmesso il sapere di un’intera collettività che nell’epos<br />

si rispecchia, mentre i poemi cavallereschi hanno come scopo primario l’intrattenimento. Inoltre, l’epos<br />

omerico rappresenta la fissazione di un lunghissimo processo compositivo avvenuto per via orale; i<br />

poemi cavallereschi, al contrario, nascono per iscritto e si configurano intenzionalmente come una poesia<br />

colta e artisticamente elaborata.<br />

1. Omero e Virgilio<br />

Le riprese di Omero nell’Eneide virgiliana sono<br />

numerosissime, e vanno dalla struttura generale del<br />

poema, che nella prima metà si ispira all’Odissea e<br />

nella seconda all’Iliade, ai singoli episodi, in un<br />

gioco intertestuale di ripresa e variazione tanto dotto<br />

t1<br />

quanto allusivo. In occasione dei giochi funebri in<br />

onore di Patroclo, ad esempio, si svolge anche una<br />

gara di corsa, nella quale si sfidano soprattutto tre<br />

eroi, Antiloco, Aiace e Odisseo (che risulterà poi il<br />

vincitore):<br />

La gara di corsa ai funerali di Patroclo<br />

(Iliade 23,754-785)<br />

Disse così e s’alzò subito il rapido Aiace d’Oileo,<br />

e Odisseo accorto e poi il figlio di Nestore<br />

Antìloco: egli coi piedi vinceva tutti i giovani.<br />

Stettero fermi in fila; Achille segnò la mèta.<br />

Passato il segno, la loro corsa divenne serrata e subito allora<br />

fu in testa il figlio d’Oileo, dietro volava Odisseo glorioso,<br />

vicinissimo; come al petto di donna dalla bella cintura<br />

è vicina la spola, quando la tira con le mani, ben forte,<br />

passando la trama attraverso l’ordito, e accosto al petto<br />

129


PERCORSI<br />

Letterature<br />

NEI SECOLI<br />

Il V libro dell’Eneide, ambientato in Sicilia, è quasi<br />

interamente occupato dai giochi funebri in onore di<br />

Anchise, padre di Enea. Come nel modello omerico,<br />

la tiene; così vicino gli correva Odisseo e coi piedi<br />

ne ribatteva le impronte, prima che vi ricadesse la polvere.<br />

Sopra la testa gli riversava il suo fiato Odisseo glorioso,<br />

correndo sempre con furia; e tutti gli Achei acclamavano<br />

all’ansioso di vincere, e lo incitavano che già si affrettava.<br />

Ma quand’erano ormai in fondo alla corsa, Odisseo<br />

pregò nel suo cuore Atena occhio azzurro:<br />

«Ascoltami, dea, vieni buona in aiuto ai miei piedi!».<br />

Così disse pregando; l’udì Pallade Atena,<br />

agili gli fece le membra, le gambe e in alto le braccia.<br />

Ecco, mentre stavano già per balzare sul premio,<br />

scivolò Aiace correndo – Atena lo fece inciampare –<br />

dove s’ammonticchiava il fimo dei buoi vasto mugghio ammazzati,<br />

che in onore di Patroclo Achille piede rapido uccise;<br />

di fimo di buoi s’empì le narici e la bocca.<br />

Così il cratere lo prese Odisseo costante, glorioso,<br />

che arrivò prima, il nobile Aiace si prese il bue;<br />

stette però, tra le mani tenendo il corno del bove selvaggio<br />

sputando fimo, e parlò fra gli Argivi:<br />

«Ah! La dea ha fatto inciampare il mio piede, quella che sempre<br />

come una madre sta accanto a Odisseo e lo protegge».<br />

Disse così, ma tutti risero di buon cuore di lui.<br />

Antiloco dunque si prese l’ultimo premio.<br />

(trad. di R. Calzecchi Onesti)<br />

t2<br />

puntualmente Virgilio propone una gara di corsa<br />

nella quale primeggiano i due giovani amici Eurialo<br />

e Niso:<br />

La gara di corsa ai funerali di Anchise<br />

(Virgilio, Eneide 5,293-302; 315-344)<br />

Da tutte le parti si radunano Teucri e Sicani,<br />

Niso e Eurialo per primi,<br />

Eurialo celebre per l’aspetto e la verde giovinezza,<br />

Niso per casto amore del ragazzo; li segue poi<br />

il regale Diore dell’egregia stirpe di Priamo;<br />

insieme a lui Salio e Patrone, dei quali l’uno<br />

acarnano, l’altro della gente tegea da sangue arcadio;<br />

poi due giovani trinacrii, Elimo e Panope,<br />

avvezzi alle selve, compagni dell’anziano Aceste;<br />

e molti ancora che l’oscura fama nasconde.<br />

[...] prendono posto, e d’un tratto,<br />

udito il segnale, divorano lo spazio e lasciano la linea,


Un altro punto di contatto fra Omero e Virgilio si<br />

può ritrovare in una delle scene più celebri di<br />

entrambi i poemi: l’incontro dell’eroe protagonista<br />

con l’ombra del genitore defunto. Nell’XI libro<br />

Dai poemi omerici al poema cavalleresco 131<br />

scattati simili a un nembo, ed insieme fissano il traguardo.<br />

Primo fugge Niso e balza per lungo tratto<br />

davanti a tutti i corpi, più veloce dei venti<br />

e dell’ali del fulmine; prossimo a lui, ma prossimo a lunga<br />

distanza, segue Salio, ancora dietro uno spazio<br />

è terzo Eurialo;<br />

Elimo segue Eurialo, a ridosso di quello<br />

ecco vola Diore e sfiora il piede col piede,<br />

premendo con la spalla, e se restasse spazio maggiore<br />

passerebbe guizzando primo o lascerebbe il rivale dubbioso del primo posto.<br />

E già, quasi nell’ultimo tratto, s’appressavano stanchi<br />

al termine, quando, sfortunato, Niso scivola su viscido<br />

sangue, dove, immolati proprio lì i giovenchi,<br />

sparso in terra bagnava le verdi erbe.<br />

Qui il giovane già vincitore e trionfante non resse<br />

i piedi barcollanti sul suolo premuto, ma cadde riverso<br />

proprio nell’immondo fimo e sul sacro sangue.<br />

Non si dimenticò tuttavia di Eurialo e del suo amore:<br />

si mise davanti a Salio alzandosi sul terreno sdrucciolevole:<br />

quello rotolò e giacque nella densa sabbia.<br />

Balza Eurialo, e vincitore per dono dell’amico,<br />

prende il primo posto e vola tra applausi e consensi.<br />

Segue Elimo e, adesso terza palma, Diore.<br />

Allora Salio riempie di alti clamori l’intero<br />

consesso dell’immenso teatro e i primi volti dei padri,<br />

e chiede che gli si renda la gloria strappata con l’inganno.<br />

Il favore pubblico protegge Eurialo, e le belle lagrime,<br />

e il valore che appare più grato in un corpo avvenente.<br />

(trad. di L. Canali)<br />

t3<br />

dell’Odissea Odisseo scende nell’Ade, dove incontra<br />

varie anime di eroi ed eroine, tra le quali figura anche<br />

la madre Anticlea. L’eroe tenta tre volte di abbracciarla,<br />

ma invano:<br />

L’incontro nell’Ade: Odisseo e la madre<br />

(Odissea 11,84-87; 153-161; 203-207)<br />

E sopraggiunse l’anima della madre mia, morta,<br />

la figlia del magnanimo Autòlico, Antìclea,<br />

che viva lasciavo, andando a Ilio sacra.<br />

Io piansi a vederla, e provai pena in cuore [...].<br />

Mi riconobbe e gemendo parole fugaci diceva:<br />

«Creatura mia, come venisti sotto l’ombra nebbiosa


PERCORSI<br />

Letterature<br />

NEI SECOLI<br />

Anche Virgilio, come Omero, ha voluto presentare<br />

Enea, il suo eroe, nell’incredibile viaggio nel mondo<br />

dei morti, e ha dedotto dal modello dell’XI libro<br />

vivo? Tremendo ai vivi veder queste cose!<br />

In mezzo a gran fiumi e terribili gorghi,<br />

l’Oceano prima di tutto, che non può traversare<br />

a piedi chi non ha solida nave.<br />

Forse ora da Troia, dopo un errare lunghissimo, arrivi<br />

qui con la nave e i compagni? In Itaca ancora<br />

non sei tornato? Non hai rivisto nel palazzo la sposa?» [...]<br />

Così parlava: e io volevo – e in cuore l’andavo agitando –<br />

stringere l’anima della madre mia morta.<br />

E mi slanciai tre volte, il cuore m’obbligava ad abbracciarla;<br />

tre volte dalle mie mani, all’ombra simile o al sogno,<br />

volò via: strazio acuto mi scese più in fondo.<br />

(trad. di R. Calzecchi Onesti)<br />

t4<br />

dell’Odissea vari episodi tra cui quello dell’incontro<br />

con uno dei genitori, in questo caso il padre<br />

Anchise:<br />

L’incontro nell’Ade: Enea e il padre<br />

(Virgilio, Eneide 6,684-702)<br />

Egli [= Anchise], quando vide Enea che gli veniva incontro<br />

sul prato, protese commosso entrambe le mani,<br />

e lagrime scorsero dalle palpebre, e la voce eruppe dalle labbra:<br />

«Venisti infine, e la tua pietà, desiderata dal padre,<br />

vinse il duro cammino? Posso, o figlio, guardarti<br />

in volto, e ascoltare la nota voce e rispondervi?<br />

Così certamente immaginavo e credevo che sarebbe avvenuto,<br />

contando i giorni, e l’ansia non mi trasse in inganno.<br />

Portato per quali terre e ampie distese del mare<br />

ti accolgo! travagliato, o figlio, da quali gravi pericoli!<br />

Quanto temetti che ti nuocesse il regno di Libia!».<br />

Ed egli: «La tua mesta immagine, o padre, comparendomi<br />

così di frequente, mi spinse a dirigermi a queste soglie;<br />

le navi sostano nel mare Tirreno. Concedi<br />

di stringerti la destra, concedi, e non sottrarti all’abbraccio».<br />

Così discorrendo, rigava il viso di largo pianto.<br />

Tre volte cercò di circondargli il collo con le braccia,<br />

tre volte invano afferrata l’immagine sfuggì dalle mani;<br />

pari a lievi venti, simile ad alato sogno.<br />

(trad. di L. Canali)

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