LEZIONI DI LETTERATURA GRECA - Mondadori Education
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L.E. Rossi | R. Nicolai<br />
<strong>LEZIONI</strong> <strong>DI</strong><br />
<strong>LETTERATURA</strong><br />
<strong>GRECA</strong><br />
Corso integrato 1. L’età arcaica
Prefazione<br />
Il lavoro che viene qui presentato, con caratteristiche del tutto nuove, ha una storia decennale<br />
già felicemente intensa, testimoniata da una costante risposta positiva e della scuola e<br />
dell’università. Lo stratificarsi di molte collaborazioni e di diverse configurazioni impone di<br />
delinearne qui in sintesi la vicenda scientifica, didattica ed editoriale, cominciata con il manuale<br />
di letteratura nel 1995 1 e seguita dalla Storia e testi nel 2002-2003 2 . L’approdo di questo<br />
itinerario è il presente Corso. Va rilevato che il lavoro, nella sue varie metamorfosi, ha coinvolto<br />
diverse generazioni di studiosi, che si sono riconosciuti in un metodo comune.<br />
La Letteratura, fedele a un modello manualistico di collaudata antica tradizione, non aveva<br />
parti antologiche. Nel quadro di un coordinamento unitario, le competenze specifiche<br />
furono grosso modo le seguenti: Luigi Enrico Rossi (letteratura arcaica, tardo-arcaica e alessandrina),<br />
Roberto Nicolai (storiografia, geografia, oratoria, retorica, scienza), Luigi M. Segoloni<br />
(filosofia, alcuni autori della letteratura cristiana), Eleonora Tagliaferro (letteratura<br />
di età imperiale, e specialmente giudaico-ellenistica e cristiana) e Claudio Tartaglini (tragedia,<br />
commedia, epica tarda). Nell’ultima fase del lavoro intervennero alcuni studiosi più<br />
giovani: Giulio Colesanti, Michele Napolitano, Riccardo Palmisciano e Livio Sbardella. Caterina<br />
Lazzarini coordinò alla fine il tutto con grande competenza e passione.<br />
Il manuale, che, con alcuni interventi successivi, si ritrova nei profili dei generi e degli autori<br />
sia della Storia e testi sia del Corso, era stato costruito intorno a due idee di fondo: da<br />
una parte scrivere una storia della letteratura che fosse realmente quello che dichiarava di<br />
essere, cioè attenta allo specifico letterario; e dall’altra trattare la letteratura come fatto di<br />
comunicazione, considerando, accanto a chi la letteratura la produce, anche le condizioni<br />
della pubblicazione, il destinatario e il fruitore immediato. La lunga storia della fortuna<br />
successiva lega quei testi a noi, consapevoli fruitori moderni.<br />
La Storia e testi ha aggiunto all’impianto della Letteratura una selezione ampia di testi commentati,<br />
accompagnati da schede e percorsi, oltre che da strumenti (ampliamento degli apparati<br />
della Letteratura) ed esercizi. Alla Storia e testi hanno collaborato, in varia misura, molti<br />
giovani studiosi, ognuno dei quali ha dato il suo apporto di competenze specifiche. È giusto<br />
ricordarli qui tutti, rimandando alle pagine VIII dei vari volumi per le attribuzioni: Lorenzo<br />
Argentieri, Andrea Bagordo, Fabio Cannatà, Giulio Colesanti, Marina Di Simone, Andrea<br />
Ercolani, Carlo Franco, Manuela Giordano, Simone Madonna, Michele Napolitano,<br />
Riccardo Palmisciano, Laura Rossi, Livio Sbardella, Maurizio Sonnino, Eleonora Tagliaferro,<br />
Claudio Tartaglini; Marina Di Simone ha contribuito, in più, con eccezionale capacità<br />
organizzativa e partecipazione simpatetica. Esercizi, percorsi e verifiche erano stati collocati<br />
in tre volumetti a parte (vedi nota 2), vista la loro ingente mole. Con Storia e testi si è concretizzato<br />
in strumento didattico un principio base del nostro modo di insegnare e, prima<br />
ancora, di studiare e di fare filologia: partire dai testi letterari collegandoli tra loro e con altre<br />
testimonianze storiche e poi tornare ai testi stessi con un bagaglio di conoscenze che sono<br />
il vero guadagno, in termini conoscitivi, che si ricava dallo studio della letteratura.<br />
Proporre un’opera così ricca di testi commentati con impegno è stata un’operazione coraggiosa,<br />
non solo da parte nostra, ma anche da parte dell’Editore, che l’ha accolta e sostenuta.<br />
Non si possono chiudere gli occhi di fronte alla progressiva emarginazione del testo (in<br />
particolare del testo letterario) sia nella prassi didattica sia nella competenza scolastica: il<br />
1. L.E. Rossi, Letteratura greca. Con la collaboraz. di R. Nicolai, L.M. Segoloni, E. Tagliaferro, C. Tartaglini, Firenze (Le<br />
Monnier) 1995 (e successive edizioni).<br />
2. L.E. Rossi – R. Nicolai, Storia e testi della letteratura greca. Voll. I (con un fascicolo di Strumenti), II A, II B, III A, III B,<br />
Firenze (Le Monnier) 2002-2003 (con Esercizi e percorsi, I, II, III a cura di Fabio Cannatà, Giulio Colesanti, Maurizio<br />
Sonnino, allegati a ciascuno dei tre volumi).
IV<br />
Prefazione<br />
testo comporta fatica e molti giovani ne rifuggono. La parola letteraria si deve leggere e rileggere,<br />
scomporre e ricomporre, commentare e criticare, capire nella sua valenza originaria<br />
e nel suo significato per noi. Sui testi letterari si è formata, generazione dopo generazione,<br />
la nostra cultura, a cominciare da quando i Greci presero a insegnare la loro storia,<br />
e perfino la loro lingua, partendo dai poemi omerici.<br />
Questo Corso, ultima tappa della vicenda editoriale, realizzata con una impegnata immedesimazione<br />
didattica, presenta la letteratura attraverso profili agili e chiari (che sono debitori<br />
delle fasi precedenti), mantiene una ricca antologia di testi, alcuni in greco con traduzione<br />
italiana, altri soltanto in traduzione, e aggiunge una serie di testi soltanto in greco<br />
con commento morfologico e sintattico, nonché sobriamente esegetico. Molte schede<br />
sono state conservate o adattate e molti contenuti sono stati diversamente dislocati in nuove<br />
schede e percorsi, con in più, incorporati, esercizi di verifica. L’invitante presentazione<br />
dei materiali vuole guidare a una visione il più possibile chiara e immediata, in modo da<br />
consentire una facile selezione di quello a cui si voglia dare maggiore o minore rilievo. Le<br />
appendici bibliografiche sono state aggiornate. Si propone così uno strumento didattico<br />
completo e al tempo stesso di dimensioni contenute, risultato che è stato raggiunto con alcuni<br />
tagli che ci sono sembrati alle volte dolorosi, ma sicuramente funzionali, e del resto<br />
compensati da una opportuna ristrutturazione. Va da sé che noi ci auguriamo vita ulteriore<br />
alle due fasi precedenti, destinate a chi richieda maggiore abbondanza di materiali.<br />
Il merito di aver raggiunto questo traguardo va di nuovo a Marina Di Simone, ideatrice<br />
della ristrutturazione e coordinatrice appassionata, e a coloro che queste linee-guida hanno<br />
concretamente realizzato: Laura Rossi e Lorenzo Argentieri, già collaboratori attivi di<br />
Storia e testi, che sono riusciti nell’impresa davvero difficile di incidere nel tessuto originario<br />
senza tradirne la sostanza. Ogni espressione di gratitudine è inadeguata per una collaborazione<br />
editoriale così intensa e partecipata.<br />
All’Editore, a cui ci lega una lunga fedeltà reciproca e che continua a mantenere viva la sollecitudine<br />
per la diffusione della cultura, va la nostra sincera riconoscenza.<br />
LUIGI ENRICO ROSSI<br />
ROBERTO NICOLAI<br />
Questa edizione vuole rinnovare il Corso integrato, rendendolo più ricco e funzionale, senza<br />
intaccarne l’ispirazione originaria, che si deve all’attività di ricerca e di insegnamento di<br />
Luigi Enrico Rossi. Grazie al supporto della pagina web, la scelta antologica è stata arricchita,<br />
con l’inclusione di molti brani canonici che non avevano trovato posto nella precedente<br />
edizione. Sono state aggiunte schede sui luoghi della letteratura e su letteratura greca<br />
e cinema, un fenomeno che negli ultimi anni ha avuto interessanti ricadute sul rapporto<br />
tra i testi classici e la cultura di massa. Inoltre si è cercato di sfruttare la grafica per rendere<br />
più chiare le articolazioni del testo e sono stati aggiunti schemi sintetici e mappe concettuali.<br />
Alcuni strumenti chiave sono stati posti in evidenza, in apertura dei capitoli più<br />
importanti: le carte geografiche, che permettono di collocare gli autori e i luoghi della letteratura,<br />
e lo schema della comunicazione di Roman Jakobson, grazie al quale si può indagare<br />
organicamente il fenomeno letterario, soprattutto in rapporto alla funzione che le opere<br />
avevano nel loro contesto sociale e culturale. Le nuove tecnologie permetteranno di avere<br />
una maggiore quantità di informazioni e di accedervi con diversi strumenti: l’antologia<br />
on line, il tutorial di analisi testuale, i ripassi in formato MP3, che si possono ascoltare sull’iPod,<br />
le schede di test e le cartine interattive.<br />
Anche a nome di tutti gli altri allievi che hanno collaborato a quest’opera, dedico questa<br />
nuova edizione alla memoria del nostro maestro Luigi Enrico Rossi, che avrebbe certamente<br />
apprezzato gli arricchimenti e avrebbe forse sorriso, lasciandoci fare, di fronte alle tante<br />
novità tecnologiche.<br />
ROBERTO NICOLAI
AVVERTENZE<br />
1. Sui criteri di traslitterazione<br />
I nomi propri vengono dati in forma italiana quando esista una forma corrente; in caso contrario,<br />
vengono traslitterati secondo l’usuale criterio fonetico (ph e ch per le sorde con stacco<br />
aspirato f e c). Se in italiano è invalsa nell’uso una forma, questa viene preferita alla forma linguisticamente<br />
più corretta (per esempio Teti rispetto a Tètide).<br />
2. Sugli accenti<br />
Si abbonda in accenti (senza ricercare sistematicità totale in modo da non appesantire tipograficamente<br />
il testo) per rendere chiara la corretta pronuncia, che è quella del sistema accentuativo<br />
latino, fondato sulla quantità della penultima sillaba: per cui, per esempio, Dioscùri da<br />
Dio;~ kou`roi; Dionìso perché la penultima è lunga; Èdipo perché la penultima è breve; e così<br />
Odìsseo, Òrfeo (le ultime due vocali sono un dittongo, e quindi anche in latino valgono per<br />
una sillaba sola) ecc. L’accentazione piana è in italiano la prevalente: quando si metterà l’accento<br />
sulla penultima (di per sé un pleonasmo) sarà per prevenire più o meno istintive pronunce<br />
sbagliate (Eubùlo da Eu[boulo~, ecc.).<br />
3. Sui dittonghi lunghi<br />
Nella resa dei cosiddetti dittonghi lunghi (e cioè con primo elemento lungo) si è rispettato in<br />
genere il testo dell’edizione critica di riferimento; lo iota può comparire così, alternativamente,<br />
ascritto o sottoscritto.<br />
4. Sulle traduzioni<br />
Le traduzioni molte volte sono ‘firmate’, senza che questo implichi che noi siamo d’accordo<br />
con ogni piega della traduzione stessa, che è stata scelta in molti casi perché ritenuta poetica<br />
ed efficace e non perché filologicamente corretta. Per non dover escludere testi significativi,<br />
sono state accolte anche traduzioni che integrano liberamente, in modo da consentire la lettura<br />
di testi che sarebbero altrimenti poco comprensibili.<br />
Le traduzioni non firmate si intendono a cura degli Autori di questo testo.<br />
Nota bibliografica<br />
Nelle bibliografie sono stati indicati: edizioni, commenti, lessici e studi fondamentali, con particolare<br />
attenzione alle opere in italiano o tradotte in italiano; traduzioni in commercio e<br />
poche altre, non più disponibili, ma importanti. Nella selezione degli studi moderni, che in<br />
parte è (di necessità) arbitraria, si è data la preferenza a lavori recenti, che possono aiutare nel<br />
reperimento di ulteriore bibliografia. Studi già citati in sezioni generali non sono stati sempre<br />
ripetuti sotto i singoli autori. Di opere frequentemente ristampate si è fornita per lo più la data<br />
della prima edizione.<br />
Quando, nel testo, si cita un autore antico di cui esista un’edizione con numerazione interna divenuta<br />
canonica, il riferimento a questa è omesso in quanto ovvio.<br />
Si danno qui di seguito le sigle usate.<br />
1. Grandi raccolte di testi<br />
Bühler = Zenobii Athoi proverbia. Ed. et enarr. W. Bühler. Vol. I, Gottingae 1987; IV,<br />
Gottingae 1982; V, Gottingae 1999<br />
CAF = Comicorum Atticorum fragmenta, ed. Th. Kock, Berlin 1880-1888 (= Utrecht 1977)<br />
CC = Corpus Christianorum, Turnholti 1954 ss.<br />
CGF = G. Kaibel, Comicorum Graecorum Fragmenta, I. Doriensium comoedia, mimi, flyaces,<br />
Berlin 1899 (= 1958, con integrazioni di K. Latte)<br />
Avvertenze V
VI<br />
Avvertenze<br />
CPG = Corpus Paroemiographorum Graecorum. Edd. E.L. Leutsch et F.G. Schneidewin. I-II,<br />
Göttingen 1839-1851 (= Hildesheim 1958). L. Cohn, Supplementum, Breslau 1887 (=<br />
Hildesheim 1961)<br />
D.-K. = Die Fragmente der Vorsokratiker. Griech. und deutsch von H. Diels, 6. Aufl. von W.<br />
Kranz, Berlin 1951-1952<br />
FCG = A. Meineke, Fragmenta comicorum Graecorum I-V, Berlin 1839-1857<br />
FGrHist = F. Jacoby, Die Fragmente der Griechischen Historiker, Berlin-Leiden 1923-1954<br />
GG = Grammatici Graeci. Edd. A. Hilgard, A. Lentz, R. Schneider, G. Uhlig. I-IV, Lipsiae<br />
1867-1910<br />
GGM = Geographi Graeci minores. Ed. C. Müller, Parisiis 1855-1861<br />
G.-P. = Poetae elegiaci. Edd. B. Gentili-C. Prato. I-II, Leipzig, 1988 2 (I); 2002 2 (II)<br />
HE = The Greek Anthology. Hellenistic Epigrams. Ed. by A.S.F. Gow and D.L. Page. I-II,<br />
Cambridge 1965; The Garland of Philip. Ed. by A.S.F. Gow and D.L. Page. I-II, Cambridge<br />
1968; Further Greek Epigrams. Ed. by D.L. Page, Cambridge 1981<br />
IEG = Iambi et Elegi Graeci ante Alexandrum cantati. Ed. M.L. West. I: Archilochus, Hipponax,<br />
Theognidea, Oxford 1989 2 . II: Callinus, Mimnermus, Semonides, Solon, Tyrtaeus, Minora,<br />
Adespota, Oxford 1992 2<br />
IG = Inscriptiones Graecae, Berlin 1837-1927 (ed. maior), 1913 ss. (ed. minor)<br />
PCG = Poetae Comici Graeci. Edd. R. Kassel et C. Austin. I: Comoedia Dorica, Mimi, Phlyaces,<br />
Berlin-New York 2001; II: Agathenor-Aristonymus, 1991; III. 2: Aristophanes. Testimonia et fragmenta,<br />
1984; IV: Aristophon-Crobylus, 1983; V: Damoxenus-Magnes, 1986; VI.2: Menander:<br />
Testimonia et fragmenta,1998; VII: Menecrates-Xenophon, 1989; VIII: Adespota, 1995<br />
PG = Patrologiae cursus completus. Series Graeca. Ed. J.-P. Migne, Parisiis 1857-1866<br />
PMG = Poetae Melici Graeci. Ed. D.L. Page, Oxford 1962<br />
Powell = I.U. Powell, Collectanea Alexandrina, Oxford 1925 (= Chicago 1981)<br />
SH = Supplementum Hellenisticum. Edd. H. Lloyd-Jones – P. Parsons, Berlin-New York 1983<br />
SIG = Sylloge Inscriptionum Graecarum. Tertium ed. G. Dittenberger et F. Hiller von<br />
Gaertringen, Lipsiae 1915-1924<br />
SLG = Supplementum Lyricis Graecis. Ed. D.L. Page, Oxford 1974<br />
SVF = Stoicorum Veterum fragmenta. Collegit I. von Arnim, I-IV, Leipzig 1903-1905<br />
(= Stuttgart 1964)<br />
TGF = A. Nauck, Tragicorum Graecorum Fragmenta, Lipsiae 1889 2 . Supplementum adiecit B.<br />
Snell, Hildesheim 1964<br />
TrGF = Tragicorum Graecorum Fragmenta. I: Didascaliae tragicae, catalogi tragicorum et tragoediarum,<br />
testimonia et fragmenta tragicorum minorum. Ed. B. Snell. Ed. correctior et addendis<br />
aucta, cur. R. Kannicht, Göttingen 1986; II: Fragmenta adespota, testimonia vol. I addenda,<br />
indices ad voll. I et II. Edd. R. Kannicht et B. Snell, Göttingen 1981; III: Aeschylus. Ed. S.L.<br />
Radt, Göttingen 1985; IV: Sophoclis Fragmenta. Ed. S.L. Radt, Göttingen 1977; V: 1-2:<br />
Euripidis Fragmenta. Ed. R. Kannicht, Göttingen 2004.<br />
2. Opere frequentemente citate<br />
ANRW = Aufstieg und Niedergang der römischen Welt. Hsg. v. H. Temporini-W. Haase, Berlin<br />
1972 ss.<br />
Bowra, Lir. = C.M. Bowra, La lirica greca da Alcmane a Simonide, trad. it. di G. Lanata, Firenze<br />
1973 (Oxford 1964)<br />
Da Omero agli alessandrini = F. Montanari (a cura di), Da Omero agli alessandrini. Problemi e<br />
figure della letteratura greca, Roma 1988<br />
Dizionario = Dizionario degli scrittori greci e latini. Diretto da F. Della Corte, Milano 1987 ss.<br />
Gentili, Poesia = B. Gentili, Poesia e pubblico nella Grecia antica, Roma-Bari 1989 1 ; 1995 2<br />
Jaeger, Paideia = W. Jaeger, Paideia, Firenze 1959-70 (= Berlin 1934)<br />
Mazzarino, PSC = S. Mazzarino, Il pensiero storico classico, Roma-Bari I, 1965; II (1, 2) 1966<br />
RE = Realencyclopädie der classischen Altertumswissenschaft, Stuttgart-München 1893 ss.<br />
Spazio letterario = Lo spazio letterario della Grecia antica. A cura di G. Cambiano, L. Canfora,<br />
D. Lanza. I. 1, Roma 1992; I. 2, 1993; I. 3, 1994; II, 1995; III, 1996<br />
Storia e civiltà = AA.VV., Storia e civiltà dei Greci 1-10, Milano 1977-80 (ora ristampata in edizione<br />
economica)
Zeller-Mondolfo, Filos. = E. Zeller-R. Mondolfo, La filosofia dei Greci nel suo sviluppo storico.<br />
Parti I-III. Trad. it., Firenze 1932 ss. (Leipzig 1892 5 ss.)<br />
3. Riviste citate in sigla<br />
«AC» = L’Antiquité Classique<br />
«AJPh» = The American Journal of Philology<br />
«ASNP» = Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa<br />
«AuA» = Antike und Abendland<br />
«BICS» = Bulletin of the Institute of Classical Studies<br />
«BollClass» = Bollettino dei Classici<br />
«C&M» = Classica et Mediaevalia<br />
«CJ» = The Classical Journal<br />
«CQ» = The Classical Quarterly<br />
«CR» = The Classical Review<br />
«GIF» = Giornale Italiano di Filologia<br />
«G&R» = Greece and Rome<br />
«GRBS» = Greek, Roman and Byzantine Studies<br />
«HSPh» = Harvard Studies in Classical Philology<br />
«JHS» = The Journal of Hellenic Studies<br />
«JRS» = The Journal of Roman Studies<br />
«MD» = Materiali e discussioni per l’analisi dei testi classici<br />
«MH» = Museum Helveticum<br />
«PP» = La Parola del Passato<br />
«QS» = Quaderni di Storia<br />
«QUCC» = Quaderni Urbinati di Cultura Classica<br />
«RAL» = Rendiconti dell’Accademia dei Lincei<br />
«REA» = Revue des études anciennes<br />
«REG» = Revue des études grecques<br />
«RhM» = Rheinisches Museum für Philologie<br />
«RPh» = Revue de Philologie, de littérature et d’histoire anciennes<br />
«Riv. di Filol.» = Rivista di Filologia e di Istruzione Classica<br />
«SCO» = Studi Classici e Orientali<br />
«SemRom» = Seminari Romani di Cultura Greca<br />
«SIFC» = Studi Italiani di Filologia Classica<br />
«TAPhA» = Transactions and Proceedings of the American Philological Association<br />
«WS» = Wiener Studien. Zeitschrift für klassische Philologie und Patristik<br />
«YCS» = Yale Classical Studies<br />
«ZPE» = Zeitschrift für Papyrologie und Epigraphik<br />
4. Collane italiane di traduzioni e commenti<br />
Meritano di essere segnalate qui alcune collane di classici greci e latini pubblicate dalle maggiori<br />
case editrici italiane: BUR Classici Greci e Latini, Rizzoli; Classici Greci e Latini,<br />
<strong>Mondadori</strong>; la collana di letterature antiche dei Grandi Libri Garzanti; Il Convivio, Marsilio;<br />
Tascabili Classici, Bompiani. Tali edizioni condividono alcune caratteristiche comuni: presentano<br />
in genere, a fronte della traduzione, il testo originale, per quanto sprovvisto di apparato<br />
e spesso riproducente le edizioni critiche correnti (non sono rare, però, note preliminari nelle<br />
quali il curatore discute l’edizione adottata, alle volte distaccandosene); sono dotate di introduzioni<br />
spesso ampie ed esaurienti e di un apparato di note esplicative a piè di pagina; presentano<br />
bibliografie a volte molto utili per completezza e aggiornamento; sono caratterizzate da<br />
un prezzo accessibile. Di diverso carattere sono invece le edizioni della Fondazione Lorenzo<br />
Valla (<strong>Mondadori</strong>): di impianto scientifico, presentano infatti, oltre a una introduzione, a una<br />
traduzione italiana e a una bibliografia generalmente esaustiva, una nuova edizione critica del<br />
testo e un commento autonomo (le opere di poesia presentano anche un’appendice metrica).<br />
Di tutte queste edizioni sono forniti i dati nelle bibliografie dei singoli autori.<br />
Avvertenze VII
Le parti manualistiche derivano da quelle della Letteratura greca di Luigi Enrico Rossi (Firenze 1995),<br />
alla quale hanno collaborato per la letteratura storica, geografica e scientifica Roberto Nicolai e per la<br />
filosofia Luigi M. Segoloni.<br />
Le sezioni antologiche originarie della Storia e testi, qui rielaborate, erano a cura di: Lorenzo Argentieri<br />
(Esopo, Anacreonte); Fabio Cannatà (Alcmane, Ibico, Talete, Sette Sapienti, Empedocle, Anassagora,<br />
Democrito); Giulio Colesanti (Tirteo, Solone, Senofane, Teognide, Alceo); Andrea Ercolani (Stesicoro);<br />
Manuela Giordano (Archiloco, Eraclito, Parmenide); Riccardo Palmisciano (Saffo, Simonide, Bacchilide);<br />
Laura Rossi (Ipponatte, Pindaro); Livio Sbardella (Omero, ‘Omero minore’, Esiodo – con R. Nicolai –,<br />
Mimnermo); Maurizio Sonnino (Semonide).<br />
Alcune schede e percorsi della Storia e testi sono stati rielaborati dalle versioni originarie di: Luigi Enrico<br />
Rossi (La giovinezza e la vecchiaia nella Grecia arcaica, La musica greca nell’età arcaica, La donna nella<br />
Grecia arcaica); Roberto Nicolai (Il notturno da Alcmane a Goethe); Fabio Cannatà (Il dialetto del testo<br />
di Alcmane, L’encomio di Policrate: struttura e modi della narrazione, Parteni e cerimonie di iniziazione);<br />
Giulio Colesanti (Banchetto e simposio nell’età arcaica, Il Solon di Pascoli, La nave-città nella tempesta<br />
politica: fortuna di un’allegoria, La sintomatologia amorosa nel fr. 31 V. di Saffo, Il fr. 31 V. nella letteratura<br />
moderna); Riccardo Palmisciano (Le varie forme del canto popolare, L’eolico di Alceo e Saffo, Sport e<br />
agoni); Laura Rossi (Il dorico della melica corale); Livio Sbardella (L’eroe tra letteratura e culto nella Grecia<br />
arcaica, Il mito degli Eneadi da Omero a Virgilio: un filo rosso tra epica greca e romana, L’investitura poetica:<br />
un motivo ricorrente nelle letterature greca e latina – con Marina Di Simone).<br />
La revisione e l’integrazione del testo per il Corso integrato sono di: Lorenzo Argentieri (Introduzione,<br />
L’età arcaica, ‘Omero minore’, Esiodo, La favola, La poesia lirica, I giambografi, La lirica monodica tra VII<br />
e VI secolo a.C., La filosofia dell’età arcaica, La scienza dalle origini al IV secolo a.C., Ecateo di Mileto, La<br />
filosofia dalla tarda età arcaica all’età classica) e Laura Rossi (Introduzione, Gli inizi, Omero, La poesia<br />
lirica, I poeti elegiaci, Melica arcaica, Melica tardoarcaica).<br />
La revisione e l’integrazione del testo per le Lezioni di letteratura greca sono di: Laura Lulli<br />
(Introduzione, L’età delle colonizzazioni e delle tirannidi, Gli inizi, Omero, ‘Omero minore’, Esiodo, La<br />
favola, I poeti elegiaci) e Serena Pirrrotta (La poesia lirica, I giambografi, Melica arcaica, La lirica monodica,<br />
Melica tardoarcaica, La filosofia dell’età arcaica, La scienza dalle origini al IV secolo a.C., Ecateo di<br />
Mileto, La filosofia dalla tarda età arcaica all’età classica). Lorenzo Argentieri ha curato le schede I luoghi<br />
della letteratura e I Greci al cinema.
Indice<br />
I testi antologici in greco sono indicati con t , quelli in greco/italiano con t e quelli in italiano con t .<br />
Prefazione III<br />
Introduzione<br />
1. Per una storia della letteratura: metodi e strumenti<br />
1. La letteratura: un fatto di comunicazione 1<br />
2. La letteratura greca: luoghi e modi della comunicazione 4<br />
3. I generi letterari 5<br />
4. Il codice della comunicazione 8<br />
I dialetti letterari 8<br />
5. I messaggi 10<br />
6. Lo studio della letteratura greca 11<br />
Le correnti della critica 11<br />
2. La trasmissione dei testi della letteratura greca<br />
1. Il viaggio dei testi attraverso i secoli 13<br />
2. Il ruolo della filologia 15<br />
Le cosiddette discipline ausiliarie 17<br />
La produzione lirica: la pubblicazione di testi su papiro 18<br />
Tavola dei metri 19<br />
Bibliografia 21<br />
L’età arcaica (VIII-VI secolo a.C.)<br />
il contesto 1. L’età delle colonizzazioni e delle tirannidi<br />
La storia<br />
1. Dalla preistoria alla civiltà micenea 24<br />
2. Il Medioevo ellenico 24<br />
3. L’alto arcaismo 26<br />
4. Sparta 28<br />
5. Atene 28<br />
La letteratura<br />
6. Una produzione ‘coloniale’ 30<br />
Bibliografia 31
X<br />
Indice<br />
la letteratura 2. Gli inizi<br />
l’autore 3. Omero<br />
1. L’introduzione della scrittura 32<br />
2. La poesia prima di Omero: l’epica 32<br />
3. La poesia lirica preomerica 33<br />
Sitografia 34<br />
PROFILO 1. L’Iliade e l’Odissea: contenuti, temi e personaggi<br />
1. Ma Omero è realmente esistito? 36<br />
2. L’Iliade e l’Odissea: struttura e contenuti 37<br />
3. Le tematiche principali 39<br />
4. I personaggi 41<br />
5. La natura e la vita quotidiana 44<br />
6. Lingua e stile 45<br />
7. Metrica 46<br />
8. Formularità 47<br />
9. Fortuna dei poemi omerici 48<br />
La lingua omerica 48<br />
2. La genesi e la composizione dei poemi<br />
1. La ‘questione omerica’ 49<br />
Le varie tappe della ‘questione omerica’ 50<br />
2. L’«enciclopedia tribale» 51<br />
3. I poemi omerici tra oralità e scrittura 52<br />
Epiche a confronto 53<br />
4. L’aedo: una figura in evoluzione 54<br />
Bibliografia 56<br />
Sitografia 57<br />
I luoghi della letteratura Il luogo dell’epica: il mégaron 58<br />
Questionario di riepilogo<br />
60<br />
I Greci al cinema La guerra di Troia secondo Troy 61<br />
ANTOLOGIA Leggere OMERO<br />
64<br />
1. Le tematiche dell’Iliade 64<br />
La guerra e la sua etica 64<br />
t 1 Il proemio dell’Iliade (Iliade 1,1-7) 65<br />
I proemi alternativi dell’Iliade 66<br />
t 2 L’ira di Achille (Iliade 1,121-192; 223-246) 67<br />
t 3 Tersite: una voce fuori dal coro (Iliade 2,212-277) 69<br />
t 4 L’eroe in campo: l’aristìa di Diomede (Iliade 5,111-165;<br />
330-354; 846-863) 70
Indice XI<br />
La rappresentazione dei sentimenti: amore e dolore 89<br />
t 9 Le reazioni emotive: il pianto di Achille in riva al mare (Iliade 1,345-363) 90<br />
t 10 L’amore: Ettore e Andromaca (Iliade 6,390-493) 90<br />
2. Il racconto dell’Odissea 100<br />
I viaggi 100<br />
t 11 Il proemio dell’Odissea (Odissea 1,1-10) 100<br />
t 12 L’incontro tra Odisseo e Nausicaa (Odissea 6,85-144) 102<br />
t 13 La patria di Odisseo (Odissea 9,19-28) 105<br />
t 14 I motivi favolistici: Odisseo e il Ciclope (Odissea 9,216-414) 106<br />
I materiali folklorici: Omero e le Mille e una notte 111<br />
t 15 Le profezie di Circe: Odisseo nelle terre d’Occidente (Odissea 12,35-141) 112<br />
t 16 L’arrivo a Itaca (Odissea 13,187-196; 352-360) 114<br />
Il ritorno a casa 115<br />
t 17 L’incontro tra Odisseo e Telemaco (Odissea 16,164-212) 115<br />
t 18 Il cane Argo riconosce Odisseo (Odissea 17,290-327) 117<br />
t 19 Euriclea riconosce Odisseo (Odissea 19,349-395; 467-507) 119<br />
t 20 La gara con l’arco (Odissea 21,1-14; 63-79) 121<br />
t 21 Il finto mendicante tende l’arco (Odissea 21,390-434) 121<br />
t 22 La strage dei Proci (Odissea 22,1-41)<br />
t 23 Il riconoscimento fra Odisseo e Penelope: la ‘prova del letto’<br />
122<br />
(Odissea 23,153-239) 124<br />
PERCORSI Percorso tematico L’eroe tra letteratura e culto nella Grecia arcaica 127<br />
Letterature nei secoli Dai poemi omerici al poema cavalleresco 129<br />
ANTOLOGIA<br />
ONLINE<br />
t 5 Un ‘duello mancato’: l’incontro di Glauco e Diomede<br />
(Iliade 6,119-129; 142-236) 73<br />
t 6 La «civiltà di vergogna»: Ettore attende Achille per il duello<br />
(Iliade 22,33-138) 75<br />
t 7 La morte di Ettore (Iliade 22,248-363) 84<br />
t 8 La morale si evolve: la ‘compassione’ di Achille (Iliade 24,468-676) 86<br />
OMERO<br />
1. I personaggi divini<br />
L’antropomorfismo: gli dèi umani di Omero<br />
t 24 Il concilio degli dèi (Odissea 1,11-79)<br />
t 25 La lite fra Zeus ed Era (Iliade 1,531-611)<br />
t 26 Gli amori di Ares e Afrodite (Odissea 8,266-366)<br />
2. Non solo guerra: altri temi dell’Iliade<br />
La morte dell’eroe e la rappresentazione del dolore<br />
t 27 La morte di Patroclo (Iliade 16,777-861)<br />
t 28 Achille piange Patroclo (Iliade 18,22-126)
XII<br />
Indice<br />
t 29 Il pianto di Andromaca (Iliade 22,437-515)<br />
t 30 I giochi funebri in onore di Patroclo (Iliade 23,700-739)<br />
t 31 Il funerale di Ettore (Iliade 24,696-804)<br />
3. Nel laboratorio dell’epica<br />
I contenuti: l’«enciclopedia tribale»<br />
t 32 Criseide è riconsegnata al padre (Iliade 1,304-317; 432-487)<br />
t 33 Lo scudo di Achille (Iliade 18,478-607)<br />
La tecnica compositiva orale: le ‘scene tipiche’<br />
t 34 La vestizione di Paride... (Iliade 3,328-338)<br />
t 35 ...e quella di Agamennone (Iliade 11,15-46)<br />
t 36 Achille indossa le armi (Iliade 19,367-391)<br />
La figura dell’aedo nei poemi omerici<br />
t 37 L’aedo come poeta di corte: Demodoco (Odissea 8,62-82)<br />
t 38 Gli effetti del canto: fra incantesimo e commozione (Odissea 1,325-359)<br />
t 39 Il canto di Achille (Iliade 9,185-198)<br />
la letteratura 4. ‘Omero minore’<br />
ANTOLOGIA<br />
ONLINE<br />
1. Introduzione 141<br />
2. Il Ciclo epico 141<br />
3. La Batracomiomachia, il Margite e gli epigrammi 144<br />
4. Gli Inni omerici 146<br />
Agoni poetici e festività 148<br />
Cosa bisogna sapere su… ‘Omero minore’ 149<br />
Bibliografia 150<br />
Sitografia 150<br />
1. Il Ciclo epico<br />
I poemi ciclici in rapporto all’epos omerico<br />
t 1 L’Etiopide: un esempio di poema ciclico (Argumentum dell’Etiopide)<br />
2. Gli Inni<br />
‘OMERO MINORE’<br />
Proemi in onore di dèi ed eroi<br />
t 2 L’Inno ad Afrodite: celebrazione dell’eros ed encomio<br />
(Inno ad Afrodite 1-6; 45-201; 241-258; 273-293)<br />
Il mito degli Eneadi da Omero a Virgilio: un filo rosso tra epica greca e romana<br />
t 3 L’Inno ad Apollo: la figura del rapsodo (Inno ad Apollo 165-178)<br />
t 4 L’Inno a Eracle: l’onore tributato a un eroe (Inno a Eracle)
l’autore 5. Esiodo<br />
Indice XIII<br />
PROFILO 1. Il poeta che parla di sé 152<br />
2. La vita 152<br />
3. Le opere 153<br />
4. La Teogonia 153<br />
Le altre Teogonie 156<br />
5. Le Opere e i giorni 157<br />
6. La tecnica compositiva 161<br />
7. Occasione e pubblico 162<br />
8. Lingua, stile e metrica 162<br />
9. Le altre opere del corpus esiodeo 163<br />
10. Fortuna 164<br />
Bibliografia 164<br />
Sitografia 165<br />
Questionario di riepilogo<br />
166<br />
I Greci al cinema Il mito di Perseo in Scontro tra Titani 167<br />
ANTOLOGIA Leggere ESIODO<br />
170<br />
1. La Teogonia 170<br />
Il mondo degli dèi: le lotte di successione 170<br />
t 1 Il proemio: le Muse dell’Elicona e l’investitura poetica (Teogonia 1-34) 170<br />
L’investitura poetica: un motivo ricorrente nelle letterature greca e latina 174<br />
t 2 Il mito della successione: da Urano a Crono... (Teogonia 126-200) 176<br />
t 3 ...e da Crono a Zeus (Teogonia 453-506) 180<br />
Esiodo e l’Oriente: il ciclo di Kumarbi 181<br />
t 4 Il Tartaro (Teogonia 726-745) 182<br />
2. Le Opere e i giorni 184<br />
Miti e favole per spiegare la vita 184<br />
t 5 Il proemio: le Muse della Pieria e l’‘inno’ a Zeus (Opere 1-10) 184<br />
t 6 Il mito delle cinque età (Opere 106-201) 186<br />
t 7 La favola dello sparviero e dell’usignolo (Opere 202-212) 189<br />
t 8 La forza di Dike (Opere 248-285) 189<br />
t 9 Pandora nelle Opere e i giorni (Opere 53-105) 190<br />
PERCORSI Letterature nei secoli Il mito delle età nella letteratura antica 193<br />
ANTOLOGIA<br />
ONLINE<br />
ESIODO<br />
1. La tecnica narrativa<br />
Lo stile catalogico<br />
t 10 La genealogia delle Nereidi (Teogonia 233-264)
XIV<br />
Indice<br />
la letteratura 6. La favola<br />
ANTOLOGIA<br />
ONLINE<br />
t 11 Le unioni di Zeus (Teogonia 886-929)<br />
Sezioni alternative e varianti funzionali<br />
t 12 Le sezioni alternative: i ‘due inverni’ (Opere 493-563)<br />
t 13 Le varianti funzionali: la creazione della donna nella Teogonia<br />
(Teogonia 570-612)<br />
2. Altri temi delle Opere<br />
L’autobiografismo in Esiodo<br />
t 14 Esortazioni al fratello Perse (Opere 27-41)<br />
t 15 L’agone per Amfidamante (Opere 650-662)<br />
Il lavoro nei campi: indicazioni per l’agricoltura in esametri<br />
t 16 Aratura e mietitura (Opere 383-404)<br />
t 17 La vendemmia (Opere 609-617)<br />
1. Origini e funzioni di un genere 198<br />
La favola: tra saggezza popolare ed esemplarità 198<br />
2. Esopo 200<br />
Cosa bisogna sapere su… La favola 201<br />
Bibliografia 202<br />
Sitografia 202<br />
Esopo<br />
LA FAVOLA<br />
La favola: tra saggezza popolare e letteratura<br />
t 1 L’aquila e la volpe (Aesop. 3 Chambry)<br />
t 2 Le due bisacce (Aesop. 303 Chambry)<br />
t 2a Zeus e l’orcio dei Beni (Aesop. 123 Chambry)<br />
t 3 I vasi (Aesop. 354 Chambry)<br />
t 4 Esopo nel cantiere navale (Aesop. 19 Chambry)<br />
il genere 7. La poesia lirica<br />
PROFILO 1. Una definizione di poesia lirica 204<br />
2. Un esperimento su Saffo: la traduzione di Quasimodo 205<br />
3. Una verifica su Archiloco 206<br />
Interpretazioni dei lirici nel corso dei secoli 206<br />
4. Il contesto della lirica arcaica e la sua funzione 207<br />
5. L’‘io lirico’, il ‘noi’ e la poesia dei ruoli 208
Indice XV<br />
6. Musica e metrica 209<br />
Gli strumenti musicali greci 210<br />
7. Elegia e giambo, due generi affini 211<br />
8. La poesia melica 213<br />
Le varie forme del canto popolare 215<br />
Bibliografia 217<br />
I luoghi della letteratura Il luogo della lirica monodica: il simposio 219<br />
Questionario di riepilogo<br />
222<br />
PERCORSI Percorso tematico Banchetto, simposio e letteratura arcaica 223<br />
Percorso tematico La musica greca nell’età arcaica 225<br />
l’autore 8. I giambografi<br />
PROFILO 1. Archiloco 228<br />
Una ‘nuova’ elegia di Archiloco 231<br />
2. Semonide 235<br />
3. Ipponatte 236<br />
Bibliografia 240<br />
Sitografia 241<br />
Questionario di riepilogo<br />
242<br />
ANTOLOGIA Leggere I GIAMBOGRAFI<br />
243<br />
1. Archiloco 243<br />
Il poeta soldato: una morale antiepica 243<br />
t 1 Il servo di Enialio (fr. 1 W.) 244<br />
t 2 Il mercenario per mare (fr. 2 W.) 245<br />
t 3 Bevute a bordo (fr. 4 W.) 245<br />
t 4 Al diavolo lo scudo! (fr. 5 W.) 246<br />
E anche Orazio getta lo scudo... 247<br />
t 5 Il comandante ideale (fr. 114 W.) 248<br />
Le passioni umane: l’etica dell’eterìa 248<br />
t 6 Ricambiare il male con il male (fr. 126 W.) 248<br />
t 7 Sopportare il dolore: l’elegia a Pericle (fr. 13 W.) 249<br />
t 8 Gioire e soffrire, ma con moderazione (fr. 128 W.) 249<br />
Il papiro di Colonia: amore e sesso 250<br />
t 9 Una scena di seduzione perfettamente riuscita (fr. 196a W.) 251<br />
2. Semonide 252<br />
Il giambo contro le donne 252<br />
t 10 Nove donne da evitare e una da sposare (fr. 7 W.) 252<br />
Leopardi traduce Semonide 255
XVI<br />
Indice<br />
ANTOLOGIA<br />
ONLINE<br />
3. Ipponatte 256<br />
Il ‘poeta pitocco’: un falso mito 256<br />
t 11 Una preghiera a Hermes… (fr. 32 W. = 42ab D.) 256<br />
t 12 …non esaudita (fr. 34 W. = 43 D.) 257<br />
t 13 Pluto, il dio cieco (fr. 36 W. = 44 D.) 258<br />
t 14 Ho fame! (fr. 39 W. = 48 D.) 259<br />
L’aggressività contro i nemici 260<br />
t 15 Bùpalo (frr. 120-121 W. = 121-122 D.) 260<br />
t 16 Il pharmakós (fr. 6 W. = 6 D.) 260<br />
L’epodo di Strasburgo 261<br />
t 17 La sorte degli spergiuri (fr. 115 W. = 194 D.) 261<br />
I GIAMBOGRAFI<br />
1. Archiloco<br />
La ‘biografia’ di Archiloco: chi dice ‘io’?<br />
t 18 I luoghi: Paro e Taso (frr. 116; 21 W.)<br />
t 19 Le date: l’eclissi del 648 a.C. (fr. 122 W.)<br />
t 20 La poesia: (anche) il ditirambo (fr. 120 W.)<br />
t 21 Aspirazioni modeste: il rifiuto delle ricchezze di Gige (fr. 19 W.)<br />
t 22 Aspettando la guerra: Glauco e il mare in tempesta (fr. 105 W.)<br />
2. Ipponatte<br />
La parodia in Ipponatte: rovesciare l’epica per colpire i nemici<br />
t 23 Il ghiottone scialacquatore... (fr 26 W. = 36 D.)<br />
t 24 ...e il ghiottone ‘omerico’ (fr. 26a W. = 37 D.)<br />
t 25 Come nasce un nemico (fr. 19 W. = 33 D.)<br />
t 26 Il galateo simposiale, questo sconosciuto (fr. 13 W. = 21 D.)<br />
l’autore 9. I poeti elegiaci<br />
PROFILO 1. Callino 264<br />
2. Tirteo 265<br />
3. Mimnermo 268<br />
4. Solone 270<br />
5. Senofane 274<br />
6. Teognide 277<br />
7. Focilide di Mileto 280<br />
Bibliografia 282<br />
Sitografia 283<br />
Questionario di riepilogo<br />
284
ANTOLOGIA Leggere I POETI ELEGIACI<br />
285<br />
1. Callino 285<br />
Un’elegia per esortare alla guerra 285<br />
t 1 Bisogna combattere! (fr. 1 W.) 285<br />
2. Tirteo 286<br />
Guerra ed ethos aristocratico 286<br />
t 2 La vera virtù (fr. 9 G.-P. = 12 W.) 286<br />
t 3 È bello morire per la patria (fr. 6 G.-P. = 10,1-14 W.) 288<br />
3. Mimnermo 290<br />
Indice XVII<br />
Riflessioni sulla caducità della vita 290<br />
t 4 Piaceri della giovinezza e dolori della vecchiaia<br />
(fr. 7 G.-P. = 1 W.) 290<br />
t 5 Come le foglie (fr. 8 G.-P. = 2 W.) 291<br />
t 6 Titono (fr. 1 G.-P. = 4; 5,4-8 W.) 293<br />
4. Solone 294<br />
La poesia di un riformatore aristocratico 294<br />
t 7 L’elegia alle Muse (fr. 1 G.-P. = 13,1-32 W.) 294<br />
t 8 Il Buongoverno (fr. 3 G.-P. = 4 W.) 296<br />
5. Senofane 297<br />
Il simposio: funzionamento e tematiche adeguate 297<br />
t 9 Come si inizia un simposio (fr. 1 G.-P. = 1 W.) 297<br />
t 10 L’amico reincarnato nel cagnolino (fr. 6 G.-P. = 7-7a W.) 298<br />
6. Teognide 299<br />
La struttura del corpus 299<br />
t 11 Inno ad Artemide (Corpus Theognideum 11-14) 299<br />
t 12 La sfragiv" (Corpus Theognideum 19-26) 299<br />
Le tematiche 300<br />
t 13 La politica: ajgaqoiv e kakoiv (Corpus Theognideum 27-38) 300<br />
t 14 Il simposio: i compiti del simposiarca... (Corpus Theognideum 467-496) 301<br />
t 15 ...e il riuso dei carmi (Corpus Theognideum 237-254) 301<br />
PERCORSI Percorso tematico La giovinezza e la vecchiaia nella Grecia arcaica 303<br />
Letterature nei secoli Il Solon di Pascoli: un simposio antico<br />
rivissuto in età moderna 305
XVIII Indice<br />
ANTOLOGIA<br />
ONLINE<br />
1. Tirteo<br />
I POETI ELEGIACI<br />
Il poeta e Sparta: politica e azioni militari<br />
t 16 Le campagne messeniche (fr. 5 W. = 2-4 G.-P.)<br />
t 17 La virtù spartana in battaglia (fr. 11 W. = 8 G.-P.)<br />
2. Mimnermo<br />
L’elegia narrativa: la storia della città e il mito<br />
t 18 L’eroe in battaglia (fr. 14 W. = 23 G.-P.)<br />
t 19 Vicende storiche cittadine (fr. 9 W. = 3 G.-P.)<br />
3. Solone<br />
La politica e l’esortazione alla battaglia<br />
t 20 Parenesi guerriera: la battaglia per Salamina (frr. 1-3 W. = 2 G.-P.)<br />
t 21 Il degrado morale e la rovina di Atene (frr. 4a-c W. = 4-5 G.-P.)<br />
4. Senofane<br />
La critica verso la tradizione<br />
t 22 Contro l’ideale agonale (fr. 2 G.-P.)<br />
t 23 L’aspetto degli dèi (fr. 19 G.-P.)<br />
5. Teognide<br />
Simposio e amore<br />
t 24 I doni degli dèi (Corpus Theognideum 149-150; 151-152; 153-154)<br />
t 25 L’amore incostante (Corpus Theognideum 1267-1270)<br />
il genere 10. Melica arcaica (VII-VI secolo a.C.)<br />
PROFILO 1. Alcmane e gli inizi della poesia corale 310<br />
Parteni e cerimonie di iniziazione 313<br />
Il ‘dorico’ della melica corale 316<br />
2. Stesicoro 316<br />
3. Ibico 322<br />
Bibliografia 325<br />
Sitografia 326<br />
Questionario di riepilogo<br />
327<br />
ANTOLOGIA Leggere LA MELICA ARCAICA<br />
328<br />
1. Alcmane 328<br />
I parteni 328<br />
t 1 Il Partenio del Louvre (fr. 3 C.) 328
2 L’alcione (fr. 90 C.) 332<br />
Il dialetto del testo di Alcmane 333<br />
I carmi ‘religiosi’ 333<br />
t 3 Una menade o una dea? (fr. 125 C.) 334<br />
t 4 Notturno (fr. 159 C.) 335<br />
Musica e poesia 336<br />
t 5 Il poeta imita il canto delle pernici (fr. 91 C.) 336<br />
t 6 Il canto degli uccelli (fr. 140 C.) 337<br />
t 7 La Musa e il canto (fr. 84 C.) 337<br />
2. Stesicoro 338<br />
Indice XIX<br />
Frammenti di epica lirica 338<br />
t 8 Il Papiro di Lilla (fr. 222(b) Davies) 338<br />
t 9 Il cavallo di Troia (fr. S 88) 340<br />
t 10 La ‘vera’ e la ‘falsa’ Elena (fr. 192 PMG) 340<br />
I volti di Elena 342<br />
3. Ibico 343<br />
Poesia di corte 343<br />
t 11 L’encomio di Policrate (fr. S 151 D.) 343<br />
Poesia erotica 345<br />
t 12 La forza di Eros (fr. 286 PMG) 346<br />
PERCORSI Letterature nei secoli Il notturno da Alcmane a Goethe 348<br />
ANTOLOGIA<br />
ONLINE<br />
t<br />
1. Alcmane<br />
I pasti in comune e il simposio<br />
t 13 Il tripode del ghiotto Alcmane (fr. 9 C.)<br />
t 14 Pasto in comune e peana (fr. 129 C.)<br />
t 15 Eros fanciullo (fr. 147 C.)<br />
2. Stesicoro<br />
La Gerioneide<br />
t 16 L’arrivo a Eritia (fr. S 8)<br />
t 17 L’uccisione di Gerione (fr. S 15)<br />
t 18 La fine dell’avventura (fr. S 17)<br />
3. Ibico<br />
MELICA ARCAICA<br />
La produzione epico-lirica<br />
t 19 La fine di Astianatte… (fr. 224 PMG)<br />
t 20 …e quella dei Molionidi (fr. 285 PMG)
XX<br />
Indice<br />
il genere 11. La lirica monodica tra VII e VI secolo a.C.<br />
PROFILO 1. La tradizione poetico-musicale di Lesbo 354<br />
La tradizione poetico-musicale a Lesbo prima di Alceo e Saffo 355<br />
2. Alceo 355<br />
3. Saffo 361<br />
L’eolico di Alceo e Saffo 362<br />
La ‘nuova’ Saffo 366<br />
4. La lirica ionica: Anacreonte 368<br />
5. La lirica monodica in Attica 373<br />
Bibliografia 376<br />
Sitografia 377<br />
Questionario di riepilogo<br />
378<br />
ANTOLOGIA Leggere LA LIRICA MONO<strong>DI</strong>CA<br />
379<br />
1. Alceo 379<br />
Il simposio, i compagni, il vino 379<br />
t 1 Bevi, finché sei giovane! (fr. 38a V.) 379<br />
t 2 Il vino, rimedio dei mali (fr. 335 V.) 381<br />
t 3 Il simposio invernale… (fr. 338 V.) 382<br />
t 4 …e quello estivo (fr. 347 V.) 382<br />
t 5 Un simposio contro le regole (fr. 346 V.) 383<br />
Gli avversari politici 384<br />
t 6 Mirsilo è morto! (fr. 332 V.) 384<br />
t 7 Il traditore Pittaco (fr. 129 V.) 385<br />
La lotta e l’esilio 386<br />
t 8 La sala delle armi (fr. 140 V.) 386<br />
t 9 La malinconia dell’esilio (fr. 130b V.) 388<br />
2. Saffo 391<br />
L’amore all’interno del tìaso 391<br />
t 10 L’ode ad Afrodite (fr. 1 V.) 391<br />
t 11 Il catalogo delle cose belle (fr. 16 V.) 394<br />
t 12 Malattia d’amore (fr. 31 V.) 395<br />
t 13 Eros dolceamaro (fr. 130 V.) 398<br />
t 14 Lontananza (fr. 96 V.) 398<br />
t 15 Solitudine (fr. 168b V.) 399<br />
Canti nuziali per un pubblico più ampio 399<br />
t 16 Il fiore della verginità (fr. 105 V.) 399
t 17 Lo sposo e la sposa (fr. 112 V.) 400<br />
t 18 Dialogo tra una sposa e la verginità (fr. 114 V.) 400<br />
3. Anacreonte 401<br />
Le gioie del simposio 401<br />
t 19 Vino, amore e musica (fr. 373 PMG) 401<br />
t 20 Cogli l’attimo! (fr. 395 PMG) 401<br />
Immagini di Eros 403<br />
t 21 Eros pugile (fr. 396 PMG) 403<br />
t 22 Eros gioca a palla (fr. 358 PMG) 403<br />
t 23 Eros fabbro (fr. 413 PMG) 405<br />
t 24 I dadi di Eros (fr. 398 PMG) 405<br />
Il poeta innamorato 406<br />
t 25 Un raffinato doppio senso (fr. 417 PMG) 406<br />
t 26 Pazzo d’amore (fr. 428 PMG) 407<br />
t 27 Un rimedio contro l’amore (fr. 376 PMG) 407<br />
PERCORSI Percorso tematico La donna nella Grecia arcaica 408<br />
Letterature nei secoli La sintomatologia amorosa e l’odio-amore 410<br />
ANTOLOGIA<br />
ONLINE<br />
1. Alceo<br />
L’allegoria della nave<br />
t 28 La nave-stato nella tempesta (fr. 208a V.)<br />
t 29 Una nuova tempesta (fr. 73,1-10 V.)<br />
La realtà del simposio<br />
t 30 Preparativi per il simposio (fr. 362 V.)<br />
t 31 Il cottabo (fr. 322 V.)<br />
t 32 Una serenata dopo la bevuta (fr. 374 V.)<br />
2. Saffo<br />
LA LIRICA MONO<strong>DI</strong>CA<br />
I carmi ‘popolari’<br />
t 33 Canto di lavoro (fr. 102 V.)<br />
t 34 L’amico dello sposo sbeffeggiato (fr. 110 V.)<br />
Le invettive contro le avversarie<br />
t 35 La maledizione (fr. 55 V.)<br />
t 36 La rozza rivale (fr. 57 V.)<br />
3. Anacreonte<br />
L’altra faccia di Anacreonte: l’eco della guerra<br />
t 37 Per la morte di un giovane valoroso (fr. 419 PMG = A.P. 13,4)<br />
t 38 Lo scudo gettato (fr. 381b PMG)<br />
Indice XXI
XXII<br />
Indice<br />
Le Anacreontiche<br />
t 39 Godiamo dell’oggi! (Anacreontiche 8 W.)<br />
PERCORSI Letterature nei secoli La metafora della nave: un motivo di successo<br />
il genere 12. Melica tardoarcaica (VI-V secolo a.C.)<br />
PROFILO 1. Simonide 416<br />
2. Pindaro 422<br />
L’esecuzione corale e i due tipi di pubblico 427<br />
3. Bacchilide 429<br />
4. Corinna 433<br />
Bibliografia 434<br />
Sitografia 436<br />
I luoghi della letteratura I luoghi della corale: cerimonie e feste 437<br />
Questionario di riepilogo<br />
ANTOLOGIA Leggere LA MELICA TARDOARCAICA<br />
440<br />
1. Simonide 440<br />
I lamenti funebri 440<br />
t 1 Il qrh`no~ per i caduti alle Termopili (fr. 531 PMG) 440<br />
t 2 La precarietà della vita umana (fr. 520 PMG) 442<br />
t 3 Il destino umano è nelle mani degli dèi (fr. 527 PMG) 442<br />
Il Lamento di Danae 443<br />
t 4 La disperazione di una madre (fr. 543 PMG) 443<br />
Un’elegia per la vittoria di Platea 445<br />
t 5 Un’eroica battaglia (fr. 11 W.) 445<br />
2. Pindaro 448<br />
Un epinicio esemplare 448<br />
t 6 L’epinicio più famoso: l’Olimpica I (Olimpica 1) 448<br />
La funzione del mito 451<br />
t 7 Un mito per celebrare la città (Pitica 9,1-75) 451<br />
t 8 Mito e occasione: le scelte del poeta (Pitica 9,76-125) 454<br />
Riflessioni morali 457<br />
t 9 L’uomo, sogno di un’ombra (Pitica 8) 457<br />
3. Bacchilide 461<br />
Epinici e ditirambi 461<br />
t 10 La vittoria olimpica di Ierone: la versione di Bacchilide (Epinicio 5) 461<br />
t 11 I giovani ovvero Tèseo (Ditirambo 17) 466<br />
439
ANTOLOGIA<br />
ONLINE<br />
1. Simonide<br />
MELICA TARDOARCAICA<br />
Gli epinici tra serio e faceto<br />
t<br />
12 Il pugile tosato (fr. 507 PMG)<br />
t 13 Le mule di Anassila (fr. 515 PMG)<br />
L’eros<br />
t 14 Uno scolio simposiale (fr. 22,9-18 W.)<br />
2. Pindaro<br />
Gli elementi dell’epinicio: il proemio<br />
t 15 Un proemio a forma di inno… (Pitica 11,1-16)<br />
t 16 ...e uno a forma di Priamel (Olimpica 11,1-6)<br />
Sport e agoni<br />
La lode<br />
t 17 Lode della ricchezza (Pitica 5,1-23)<br />
t 18 Fama immortale (Istmica 1,40-52; 67 s.)<br />
La gnome<br />
t 19 La sorte è mutevole tranne che per gli dèi (Istmica 3)<br />
Le dichiarazioni di poetica<br />
t 20 L’immortalità della poesia (Pitica 6,1-18)<br />
t 21 Il successo dell’epinicio (Nemea 5,1-5; Istmica 2,43-46)<br />
t 22 Poeta e committente (Pitica 10,64-66)<br />
Gli altri libri<br />
t 23 Il peana dei Cei (fr. 52d,21-62 Sn.-M.)<br />
t 24 Il ditirambo per gli Ateniesi (fr. 75 Sn.-M.)<br />
3. Bacchilide<br />
Un ditirambo particolare<br />
t 25 Il ditirambo dialogico (Ditirambo 18)<br />
Il III epinicio<br />
t 26 Ierone e Creso (Epinicio 3)<br />
la letteratura 13. La filosofia dell’età arcaica<br />
1. Filosofia e sofiva 471<br />
2. Filosofia e mito 471<br />
3. La nascita della filosofia nella Ionia 472<br />
4. Filosofia e letteratura 473<br />
Indice XXIII
XXIV<br />
Indice<br />
ANTOLOGIA<br />
ONLINE<br />
La trasmissione delle opere dei filosofi arcaici 474<br />
5. I filosofi di Mileto: Talete, Anassimandro, Anassìmene 474<br />
6. Pitagora 476<br />
7. Eraclìto 477<br />
8. I Sette Sapienti 479<br />
Cosa bisogna sapere su…<br />
La filosofia arcaica 480<br />
Bibliografia 480<br />
Sitografia 481<br />
LA FILOSOFIA ARCAICA<br />
1. I filosofi ionici<br />
La ricerca del principio<br />
t 1 Talete: l’acqua (fr. 11 A 12 D.-K.)<br />
t 2 Anassimene: l’aria (fr. 13 A 6 D.-K. = Pseudo Plutarco, Stromateis 3)<br />
2. Pitagora<br />
La dottrina della metempsicosi<br />
t 3 Le reincarnazioni di Pitagora (Diogene Laerzio, Vite dei filosofi 8,4-5)<br />
t 4 L’immortalità dell’anima (Diogene Laerzio, Vite dei filosofi 8,28)<br />
3. Eraclito<br />
L’unità degli opposti e l’eterno divenire<br />
t 5 Tutto scorre! (frr. 22 B 49a, 22 A 6, 22 B 50, 22 B 60 D.-K.)<br />
La critica al sapere tradizionale<br />
t 6 Eraclito contro gli altri ‘sapienti’ (frr. 22 B 40, 42 D.-K.)<br />
Le difficoltà della ricerca<br />
t 7 L’arduo percorso verso la sapienza (frr. 22 B 101, 123, 18, 54, 52 D.-K.)<br />
4. I Sette Sapienti<br />
Massime di saggezza<br />
t 8 Moderazione e misura<br />
t 9 Il silenzio e la riflessione<br />
la letteratura 14. La scienza dalle origini al IV secolo a.C.<br />
1. Scienza e filosofia 482<br />
2. Le scienze della Terra: geografia e geofisica 482<br />
3. L’astronomia, la matematica e le scienze naturali 483<br />
Bibliografia 483<br />
Sitografia 483
la letteratura 15. Ecateo di Mileto<br />
1. Ecateo di Mileto: il primo geografo o il primo storico? 484<br />
2. La vita 484<br />
3. Le opere 484<br />
4. La Periegèsi 484<br />
5. Le Genealogie 485<br />
6. Ecateo e la storiografia arcaica 486<br />
7. Lo stile 486<br />
Geografia, storie regionali e genealogie 487<br />
Cosa bisogna sapere su… Ecateo di Mileto 487<br />
Bibliografia 488<br />
la letteratura 16. La filosofia dalla tarda età arcaica<br />
all’età classica<br />
ANTOLOGIA<br />
ONLINE<br />
1. La filosofia tra il VI e il V secolo a.C. 489<br />
2. Parmenide 489<br />
La scuola eleatica: Zenone e Melisso 490<br />
3. Empedocle 490<br />
4. Anassagora 492<br />
5. Democrito e l’atomismo 494<br />
Cosa bisogna sapere su… La filosofia tardoarcaica 496<br />
Bibliografia 496<br />
Sitografia 496<br />
LA FILOSOFIA TARDOARCAICA<br />
1. Parmenide<br />
La ‘filosofia dell’Essere’<br />
t 1 L’iniziazione del filosofo (fr. 28 B 1 D.-K.)<br />
t 2 L’Essere (fr. 7/8 Cerri = 28 B 7/8 D.-K., vv. 1-11)<br />
2. Empedocle<br />
I quattro elementi e la loro mescolanza<br />
t 3 L’azione di Amore (frr. 31 B 21 e 23 D.-K.)<br />
t 4 L’alternanza di Amore e Odio (fr. 31 B 26 D.-K.)<br />
3. Anassagora<br />
Il razionalismo di Anassagora e l’accusa di empietà<br />
t 5 Le teorie ‘empie’ di Anassagora (fr. 59 A 1,8-9 e 12 D.-K.)<br />
t 6 Anassagora e il montone (fr. 59 A 16 D.-K.)<br />
Indice XXV
XXVI<br />
Indice<br />
4. Democrito<br />
LibroPiùWeb<br />
Il cosmo e l’uomo<br />
t 7 L’infinità degli atomi e dei mondi (fr. 68 A 40 D.-K.)<br />
La teoria poetica di Democrito<br />
t 8 Poesia e divina pazzia<br />
t 9 Il ‘divino’ Omero (fr. 68 B 21 D.-K.)<br />
Glossario 497<br />
Indice dei nomi 516<br />
La sintesi audio dei profili in formato MP3,<br />
per ripassare le nozioni e i concetti<br />
principali.<br />
Il questionario interattivo con autoverifica<br />
sui capitoli maggiori, per prepararsi<br />
all’interrogazione.<br />
Un’antologia integrativa in formato pdf<br />
di autori ‘maggiori’ e ‘minori’,<br />
per ampliare le proprie letture.<br />
L’analisi di brani esemplari, per imparare a<br />
leggere un testo letterario: da soli a casa o<br />
in classe con la LIM.<br />
Cartine interattive, per visualizzare<br />
la geografia degli eventi storici,<br />
degli autori e dei generi letterari.<br />
Tavole cronologiche in formato pdf,<br />
per comparare le date dei fatti storici,<br />
letterari, filosofici e artistici.
L’autore<br />
Omero<br />
Profilo<br />
IL GENERE<br />
epica<br />
LA LINEA DEL GENERE La poesia epica<br />
tradizione epica<br />
oralità<br />
VIII secolo a.C.<br />
auralità<br />
LE OPERE<br />
Iliade<br />
Odissea<br />
Omero<br />
L’OCCASIONE<br />
LA PAROLA CHIAVE<br />
agoni rapsodici<br />
in festival pubblici<br />
LA PAROLA<br />
CHIAVE enciclopedia<br />
tribale<br />
I LUOGHI <strong>DI</strong> OMERO<br />
M A R E<br />
E G E O<br />
Chio<br />
Smirne
36<br />
Profilo<br />
1.<br />
Omero come<br />
figura simbolo<br />
Le biografie<br />
antiche<br />
La valutazione<br />
delle notizie<br />
biografiche<br />
3. Omero<br />
La comunicazione<br />
in Omero<br />
MITTENTE CONTATTO MESSAGGIO CO<strong>DI</strong>CE DESTINATARIO<br />
v<br />
C O N T E S T O : F E S T I V A L P U B B L I C I<br />
poeta epico<br />
voce poesia epica lingua omerica<br />
(‘artificiale’ e ‘mista’<br />
con influenze<br />
dialettali ioniche<br />
ed eoliche)<br />
l’intera comunità<br />
L’Iliade e l’Odissea: contenuti, temi e personaggi<br />
1. Ma Omero è realmente esistito?<br />
Secondo la tradizione antica, l’Iliade e l’Odissea furono composte da un poeta di nome<br />
Omero, che per noi rappresenta il primo nome della letteratura greca. Ma, come aveva<br />
intuito Giambattista Vico già nella prima metà del Settecento (vedi la scheda a p. 50),<br />
Omero non fu in realtà l’autore dei due poemi: simboleggia piuttosto l’attività letteraria<br />
di un’intera cultura, che nel corso dei secoli ha elaborato il materiale epico quale oggi ci<br />
appare nella forma fissata per iscritto e poi trasmessa fino a noi. Anzi, data la natura dei<br />
poemi omerici, possiamo persino dubitare del fatto che Omero sia realmente esistito; in<br />
ogni caso, non possiamo assegnargli se non un’attività ridotta, magari semplicemente<br />
redazionale, e non compositiva in senso proprio.<br />
Possiamo quindi anticipare sin da ora che il nome ‘Omero’ è oggi una designazione convenzionale<br />
comunemente usata per riferirsi ai due poemi; tuttavia gli antichi hanno creduto<br />
di poter ricostruire almeno in parte la vita del poeta.<br />
A partire almeno dal VI secolo a.C., infatti, intorno alla figura di Omero cominciarono<br />
a fiorire numerose notizie biografiche che in seguito confluirono in alcune Vite, ricche di<br />
aneddoti palesemente costruiti in età tarda. Limitandoci ai dati essenziali, riguardo alla<br />
cronologia lo storico Erodoto (Storie 2,53, vedi p. 33), vissuto nel V secolo a.C., riteneva<br />
che Omero dovesse essere datato circa quattrocento anni prima di lui, quindi nel IX<br />
secolo a.C. Circa il luogo di nascita, numerose città si contendevano i natali del poeta;<br />
tra queste, le più accreditate erano Chio e Smirne. Inoltre, si tramandava che Omero<br />
fosse cieco.<br />
Riguardo all’attendibilità delle biografie antiche, conviene precisare un importante principio<br />
di metodo; sebbene le notizie biografiche siano in genere sospette e quasi sempre<br />
confutabili con elementari procedimenti di critica storica, esse rappresentano pur sem-
pre l’espressione di interessi culturali ben definiti: le varie tradizioni non dicono nulla di<br />
attendibile su Omero, ma dicono molto del momento in cui queste leggende sono state<br />
create.<br />
Per esempio, oggi sappiamo che la cronologia fornita da Erodoto è troppo alta, e che,<br />
anche solo pensando a una redazione scritta, va abbassata di un secolo (dal IX all’VIII);<br />
tuttavia, la testimonianza erodotea si rivela preziosa per il fatto che conferma come già nel<br />
V secolo Omero fosse considerato un poeta molto antico. Ancora: se la nascita di Omero<br />
era contesa fra tante città, questo dipendeva dal fatto che tutti i Greci volevano appropriarsi<br />
di una figura che era per loro il simbolo di un’unità culturale che sentivano di possedere,<br />
pur nei loro particolarismi locali. Infine, la notizia che Omero fosse cieco rispettava una<br />
tradizione di grande valore antropologico: il poeta è per definizione un veggente, e il veggente<br />
è cieco perché vede con l’occhio interiore.<br />
2. L’Iliade e l’Odissea: struttura e contenuti<br />
I due poemi si compongono di 24 libri ciascuno. Questa divisione, che risale ai grammatici<br />
alessandrini (III-I secolo a.C.), si basa su una corrispondenza fra i singoli libri<br />
e le 24 lettere dell’alfabeto greco (convenzionalmente si usano le maiuscole per l’Iliade<br />
e le minuscole per l’Odissea: A è il primo libro dell’Iliade, a il primo libro dell’Odissea,<br />
ecc.).<br />
Ma già molto tempo prima alcune singole sezioni narrative, che nella successiva divisione<br />
alessandrina potevano coincidere anche con più libri consecutivi, erano sentite come unità<br />
autonome: per esempio, nel V secolo a.C. Erodoto (Storie 2,116) parla di una Diomhvdeo~<br />
ajristeivh, e cioè di un’«aristìa di Diomede», narrata nel V e in parte del VI libro<br />
dell’Iliade; nel IV secolo Platone fa in più di un luogo riferimento alle Litaiv (le «suppliche»),<br />
e cioè all’ambasceria dei Greci ad Achille narrata nel IX libro dell’Iliade, e definisce<br />
ΔAlkivnou ajpovlogo~ («racconto ad Alcinoo») i libri IX-XII dell’Odissea; sempre nel IV<br />
secolo Aristotele (Poetica 54b 30; 60a 25) cita ta; nivptra («il bagno»), e cioè l’episodio del<br />
riconoscimento di Odisseo da parte della nutrice Euriclea narrato nel XIX libro<br />
dell’Odissea.<br />
L’Iliade non racconta tutta la decennale guerra di Troia (Ilio), come farebbe pensare il titolo,<br />
ma solo una cinquantina di giorni dell’ultimo anno. Questo tipo di selezione del materiale,<br />
secondo Aristotele (Poetica 59a 30 ss.), era un pregio che i due grandi poemi avevano<br />
nei confronti del Ciclo epico che, come si vedrà, tendeva invece a raccontare tutto,<br />
senza proporsi un centro narrativo.<br />
La prima parola del poema è «l’ira» (mh`ni~) di Achille: da molti è considerata l’argomento<br />
del poema, e certo è il centro di quello che sembra essere il suo nucleo più antico. La<br />
guerra scaturisce dall’offesa fatta da Paride, figlio del re di Troia Priamo, al re di Sparta<br />
Menelao: poiché Paride ha rapito Elena, moglie di Menelao, Agamennone, fratello di<br />
Menelao, raccoglie un esercito e lo conduce in guerra contro Troia, insieme con tutti gli<br />
altri principi greci.<br />
Dal sommario esposto a pagina seguente restano fuori i concili degli dèi e molti dei loro<br />
numerosi interventi nelle battaglie e presso i mortali in generale, i concili dei capi militari,<br />
le cosiddette ajristeiài, ovvero le imprese valorose di singoli eroi, come Diomede (V),<br />
Agamennone (XI), Patroclo (XVI), Achille (XIX-XXII), ecc. Duelli, ferimenti e morti di<br />
guerrieri sono alle volte descritti in dettaglio.<br />
Numerose sono le sezioni narrative in qualche modo autosufficienti: la cosiddetta ‘messa<br />
alla prova’ dell’esercito, l’episodio di Tersite, il deforme ribelle che insulta i capi achei, e il<br />
catalogo sia delle navi achee sia dell’esercito di Troiani e alleati (II); la suggestiva rassegna<br />
dei capi greci fatta da Elena al suocero Priamo dall’alto delle mura di Ilio (III); l’incontro<br />
La divisione<br />
in libri e le grandi<br />
unità narrative<br />
T4<br />
T19<br />
La trama<br />
dell’Iliade<br />
Omero<br />
37
38<br />
Profilo<br />
MEMO La trama dell’Iliade<br />
libro I<br />
libri II-IV<br />
libri V-XI<br />
libri XII-XVI<br />
libri XVII-XXII<br />
libri XXIII-XXIV<br />
La trama<br />
dell’Odissea<br />
Il poema si apre con la peste suscitata nel campo greco da Apollo, dalla quale i Greci si salvano perché<br />
Agamennone restituisce la schiava Criseide al padre Crise, sacerdote di Apollo. Ma il re, che è un primus<br />
inter pares (dotato di pari dignità regale rispetto agli altri re, ma con il comando dell’esercito), vuole come<br />
indennizzo Briseide, che è schiava di Achille, re dei Mirmìdoni. Achille, adirato, cede, ma si ritira dalla lotta<br />
ai margini del campo: è l’eroe più forte dello schieramento greco, e la guerra dovrà continuare senza di lui.<br />
L’esercito greco e quello troiano si preparano allo scontro. Paride, che alla vista di Menelao è assalito dal<br />
terrore, viene aspramente rimproverato dal fratello Ettore e decide perciò di regolare il conflitto affrontando<br />
in duello Menelao: mentre sta per soccombere, è però salvato da Afrodite (III). Lo scontro tra gli eserciti<br />
riprende (IV).<br />
Dopo alterne vicende, Zeus decide di dare un aiuto concreto ai Troiani per mantenere la promessa fatta<br />
a Teti, madre di Achille, di restituire l’onore al figlio facendo sentire tutto il peso della sua assenza (VIII). I<br />
Troiani stanno avendo la meglio; perciò Agamennone, che prende addirittura in considerazione la possibilità<br />
di abbandonare l’assedio di Troia, offre ad Achille la restituzione di Briseide purché egli torni in battaglia:<br />
ma l’eroe rifiuta sdegnato e annuncia anzi il suo proposito di fare ritorno in patria (IX). I Greci, che<br />
erano comunque riusciti a spingersi fin sotto le mura di Troia, sono costretti alla ritirata (XI).<br />
I Troiani avanzano così fino al muro che difende il campo acheo, lo superano (XII) e arrivano a dar fuoco<br />
alle navi (XVI, inizio). Vista la drammatica situazione, Patroclo chiede ad Achille di poter entrare nella<br />
mischia con le armi dell’eroe: Achille glielo concede, ma gli proibisce di inseguire i Troiani fino alla rocca.<br />
Patroclo disobbedisce ed è ucciso da Ettore (XVI), l’eroe più forte del campo troiano e figlio del re<br />
Priamo.<br />
Achille, appresa la morte dell’amico (XVII), vuole tornare in battaglia per vendicarlo e a questo scopo<br />
ottiene da Efesto delle nuove armi (XVIII). Riconciliatosi con Agamennone (XIX), l’eroe riprende la lotta e<br />
uccide Ettore in duello (XXII).<br />
Dopo i solenni funerali di Patroclo (XXIII), nell’ultimo libro (XXIV) il vecchio re Priamo si reca di notte, sotto<br />
la guida di Hermes, alla tenda di Achille per riscattare il corpo del figlio Ettore: Achille, commosso, glielo<br />
restituisce e il poema si conclude con i solenni funerali di Ettore a Troia.<br />
cavalleresco fra Glauco e Diomede (che, pur essendo nemici, scoprono antichi rapporti di<br />
ospitalità fra le due famiglie, e decidono di scambiarsi le armi invece di combattere) e il<br />
patetico incontro di Ettore con la moglie Andromaca e col figlioletto Astianatte alle Porte<br />
Scee (VI); l’ambasceria inviata ad Achille da Agamennone per ottenere la riconciliazione,<br />
rifiutata però da Achille (IX); l’episodio di Dolone, il troiano che in una sortita notturna<br />
viene catturato da Odisseo e Diomede e che, rivelata la posizione del re dei Traci Reso pur<br />
di aver salva la vita, viene ucciso da Diomede come traditore (X); l’inganno di Era a Zeus<br />
per distoglierlo dalla difesa dei Troiani (XIV); la descrizione delle armi di Achille costruite<br />
da Efesto (XVIII); i giochi funebri in onore di Patroclo (XXIII) e infine Priamo presso<br />
Achille a richiedere il corpo del figlio Ettore (XXIV).<br />
Anche se la trama dell’Odissea è più facile da esporre, dal punto di vista della struttura narrativa<br />
è più complessa. Buona parte del poema è infatti costituita dai racconti fatti ai Feaci<br />
da Odisseo, che risulta quindi un narratore nell’ambito della narrazione. Inoltre, questo<br />
racconto nel racconto si inserisce verso la metà del poema, e sfrutta la tecnica narrativa del<br />
flashback per raccontare eventi precedenti al momento attuale.<br />
Il poema è uno di quelli che gli antichi chiamavano i novstoi, i «ritorni» degli eroi da Troia<br />
in patria: quello di Odisseo è il ritorno più lungo, che dura dieci anni come dieci anni era<br />
durata la guerra di Troia.<br />
Per quanto riguarda le altre opere che gli antichi attribuivano a Omero, si rinvia al capitolo<br />
4, ‘Omero minore’.
MEMO La trama dell’Odissea<br />
libro I<br />
libri II-VI<br />
libri VII-XII<br />
libri XIII-XXIII<br />
libro XXIV<br />
3. Le tematiche principali<br />
3.1 L’Iliade<br />
L’Iliade è per intero il poema della guerra. Tuttavia, anche se la guerra è sempre presente,<br />
il poema non è mai monotono, perché della guerra sono trattati aspetti molto vari: armi<br />
e tecniche, tenzoni di singoli (vedi p. 70, T4) e battaglie di massa, consigli dei capi (e degli<br />
dèi, fortemente interessati alla guerra stessa), assemblee dei combattenti (come nel II<br />
libro), rassegne delle forze in campo (come, sempre nel II libro, per i due eserciti greco e<br />
troiano), strategie di assalto e di difesa (che culminano nell’attacco troiano al campo dei<br />
Greci fra il XII e il XVI libro).<br />
Lo stesso bellissimo episodio dell’inganno amoroso teso da Era al marito Zeus (XIV libro)<br />
è uno strumento di guerra: Zeus sta favorendo i Troiani perché i Greci capiscano l’importanza<br />
dell’assenza di Achille, in linea con la promessa fatta alla madre Teti di rendere onore<br />
al figlio; ma Era, che vuole sventare il piano del marito divino, chiede aiuto ad Afrodite<br />
per sedurlo e al Sonno, Hypnos, per addormentarlo; in questo modo, può organizzare un<br />
piano, al quale fa partecipare Poseidone. È un poemetto all’interno del poema, con quanto<br />
di delicatamente erotico è permesso nell’epos, ma è pur sempre un momento che fa<br />
parte di una strategia di guerra.<br />
Omero 39<br />
Lo scenario d’apertura è Itaca, patria e regno di Odisseo, dove spadroneggiano i pretendenti, i principi<br />
che aspirano alla mano di Penèlope, la fedele moglie di Odisseo. La dea Atena si presenta a Telèmaco,<br />
figlio di Odisseo, sotto le vesti del re Mente e lo esorta ad andare in cerca del padre.<br />
Telemaco, protetto da Atena, parte da Itaca su una nave (II) per andare a trovare Nestore a Pilo (III) e<br />
Menelao a Sparta (IV), a chiedere notizie del padre. Intanto Odisseo è trattenuto nell’isola Ogigia dalla<br />
dea Calipso, che finalmente lo lascia partire su una zattera obbedendo all’ordine di Zeus trasmessole<br />
da Hermes; una tempesta suscitata da Poseidone non impedisce all’eroe di raggiungere la spiaggia<br />
dell’isola dei Feaci (V). Qui Odisseo, in una scena di grande suggestione, incontra la figlia del re,<br />
Nausicaa, che era andata con le ancelle alla spiaggia a fare il suo regale bucato e lo conduce con sé<br />
alla reggia (VI).<br />
Il soggiorno presso i sovrani Alcìnoo e Arète è argomento di sette libri (VI-XII, fino all’inizio del XIII), all’interno<br />
dei quali si iscrive il racconto (gli ajpovlogoi) con cui Odisseo narra ai suoi ospiti le precedenti peregrinazioni<br />
(IX-XII): il ritorno nella sua interezza ci è così noto attraverso questa lunga digressione in prima<br />
persona, che rappresenta un racconto nel racconto. I momenti salienti del viaggio sono le tappe presso<br />
i Cìconi, i Lotòfagi (i «mangiatori di loto»), i Ciclopi e Polifemo (IX); seguono il dio Eolo e il suo otre dei<br />
venti tempestosi, i Lestrìgoni, la maga Circe (X); i Cimmèri, la scena di necromanzia e gli incontri con i<br />
morti (la cosiddetta nevkuia, XI); le Sirene, Scilla e Cariddi, i compagni di Odisseo che divorano i buoi del<br />
Sole, la fine dei compagni superstiti nell’annientamento della nave e infine l’approdo di Odisseo, ormai<br />
solo, all’isola Ogigia (XII), dove il racconto si ricollega al suo inizio.<br />
Riprende la narrazione in terza persona: i ritorni paralleli di Odisseo e di Telemaco a Itaca, l’incontro tra<br />
padre e figlio e l’accordo per sterminare i pretendenti (XIII-XVI); l’arrivo in città di padre e figlio separatamente<br />
(XVII-XVIII); il riconoscimento da parte della nutrice Euriclea, che mentre fa il bagno a Odisseo ravvisa una<br />
vecchia cicatrice, e l’incontro, ancora in incognito, fra Odisseo e Penelope (XIX); gli ulteriori preparativi per<br />
la strage, la gara dell’arco, l’uccisione dei pretendenti, il riconoscimento dei due sposi (XX-XXIII).<br />
Il poema si chiude con una seconda nevkuia, nella quale Hermes conduce all’Ade le anime dei pretendenti,<br />
con la visita di Odisseo al vecchio padre Laerte, con la lotta contro le famiglie degli uccisi e con<br />
la pace generale sotto gli auspici di Atena (XXIV). Alcuni critici alessandrini avevano proposto di vedere<br />
in 23,296, che rappresenta il momento in cui Odisseo e Penelope si riuniscono nell’«antico letto», la fine<br />
autentica dell’Odissea, perché in quel punto la vera azione del poema, il ritorno, si realizzava compiutamente.<br />
La guerra
40<br />
Profilo<br />
La guerra<br />
e la «civiltà<br />
di vergogna»<br />
T6<br />
L’altra faccia<br />
della guerra<br />
T27 T7<br />
Altri temi: i giochi<br />
per Patroclo e lo<br />
scudo di Achille<br />
T30<br />
T33<br />
Viaggi e vita civile<br />
T14<br />
Le differenze<br />
tra i due poemi:<br />
l’etica,...<br />
Ma la guerra è il grande tema dell’Iliade soprattutto perché l’aggressività guerriera è vista<br />
come il mezzo principale per affermare la timhv, l’«onore» dell’eroe. Non a caso, la cultura<br />
eroica che permea di sé i poemi omerici è stata definita dallo studioso irlandese Eric<br />
Dodds (1893-1979) «civiltà di vergogna», in quanto si fonda sul timore che scaturisce nell’eroe<br />
dal mancato riconoscimento del proprio statuto eroico da parte della comunità (a<br />
questa cultura è stata contrapposta la «civiltà di colpa», nella quale i criteri della valutazione<br />
etica vengono invece interiorizzati e il male viene spiegato come la punizione divina per<br />
una colpa commessa dall’uomo). Pertanto, la guerra è considerata un valore positivo: le<br />
armi dell’eroe, i sanguinosi duelli, le schiere dei combattenti, tutto è descritto con una<br />
sorta di vera gioia e spesso con smaglianti similitudini naturalistiche.<br />
Tuttavia, la guerra è vista anche con l’angosciosa coscienza dei mali che comporta: lo<br />
dimostrano gli epiteti della parola «guerra», che è «funesta», «crudele», «sanguinosa», ecc.;<br />
il pathos con cui sono descritte le morti degli eroi più cari al narratore, come Patroclo,<br />
Sarpèdone, Ettore; il dolore del vecchio Priamo per la morte del figlio. Lo stesso Achille è<br />
destinato a una vita gloriosa ma breve; e sia lui sia la madre Teti lamentano spesso questo<br />
destino di gloria, che però è al tempo stesso anche destino di dolore e di morte.<br />
Oltre alla guerra, nell’Iliade non c’è molto spazio per tematiche diverse, soprattutto per<br />
quelle legate alla vita in tempo di pace. La guerra registra infatti una lunga pausa narrativa<br />
solo nella distesa descrizione dei giochi funebri in onore di Patroclo: quasi un intero<br />
libro, il XXIII, è dedicato alla corsa dei carri, al pugilato, alla lotta, alla corsa a piedi, al<br />
lancio del disco, al tiro con l’arco e al tiro del giavellotto.<br />
Grazie alla descrizione dello scudo di Achille nel XVIII libro, si introduce nel poema una<br />
tematica più ampia. Sullo scudo forgiato da Efesto, infatti, sono rappresentati il cosmo<br />
intero (vv. 483-608: la terra, il cielo, il mare, il sole, la luna, le stelle, il tutto circondato<br />
dall’Oceano) e le attività proprie delle comunità umane sia in guerra sia, soprattutto, in<br />
pace: le festività, l’ordinamento giudiziario, l’agricoltura e l’allevamento del bestiame.<br />
3.2 L’Odissea<br />
Nell’Odissea la guerra, il grande tema dell’Iliade, è presente solo sullo sfondo, sebbene<br />
anche qui non manchino momenti di violenza, come nell’episodio della strage dei pretendenti<br />
(XXII libro). Piuttosto, hanno particolare importanza i motivi geografici, com’è<br />
ovvio nel racconto del ritorno a casa di un eroe. Al tema del viaggio si aggiungono poi i<br />
motivi favolistici, che tradizionalmente sono strettamente connessi alla narrazione delle<br />
peregrinazioni e che permettono di instaurare numerosi contatti con la saga degli<br />
Argonauti, gli eroi greci guidati da Giàsone che partirono a bordo della nave Argo per<br />
andare a recuperare il vello d’oro custodito nella Colchide.<br />
Va detto però che è impossibile tracciare una geografia sicura del percorso compiuto da<br />
Odisseo, come è stato sottolineato sia dagli studiosi moderni (che hanno fatto molti tentativi<br />
di identificazione), sia del resto già da alcuni eruditi antichi: Eratostene di Cirene, il<br />
grande filologo e scienziato del III secolo a.C. che si occupò di geografia omerica, disse<br />
che «qualcuno potrà scoprire dove vagò Odisseo se troverà il cuoiaio che cucì l’otre dei<br />
venti» (alludendo all’otre del dio Eolo di cui si parla all’inizio del X libro dell’Odissea).<br />
Rispetto all’Iliade, nell’Odissea sono poi più numerosi i riferimenti alla vita civile e politica:<br />
il matrimonio, l’eredità, il governo, soprattutto nel caso di Itaca, dove la reggia attende<br />
l’eroe perché riprenda la sua funzione di capo della famiglia e della struttura politica.<br />
Già gli antichi notarono alcune differenze culturali tra i due poemi: un bell’esempio è la<br />
posizione critica esposta dall’‘Anonimo del Sublime’ 1 , che considera l’Iliade come l’opera<br />
della giovinezza e l’Odissea come l’opera della vecchiaia di Omero.<br />
1. Il trattato Del Sublime, di incerta attribuzione e databile alla prima metà del I secolo d.C., è uno degli<br />
scritti più importanti di critica estetico-letteraria a noi pervenuti.
Per citare le diversità più evidenti, l’Iliade, pur essendo dominata dagli stereotipi della vita<br />
guerriera, presenta sezioni che infrangono l’intransigenza tipica del codice eroico: nell’ultimo<br />
libro del poema, al pianto di Priamo per il figlio morto si associa addirittura quello di<br />
Achille, l’uccisore, che piange sulla propria sorte e per il proprio vecchio padre Pèleo. Per<br />
questa apertura concessa alla rappresentazione dei sentimenti si è detto che l’ultimo libro<br />
dell’Iliade è quello che presenta la maggior quantità di elementi culturali ‘odissiaci’, dato che<br />
l’Odissea mostra in molti punti una morale più evoluta rispetto a quella iliadica.<br />
Nell’Odissea i personaggi femminili sono molto più numerosi (basta pensare a Penelope,<br />
Circe, Calipso, Nausicaa, Arete, Euriclea), e l’amore come sentimento viene descritto con<br />
un approfondimento maggiore rispetto all’Iliade dove, a parte l’accenno al legame fra<br />
Ettore e Andromaca nel VI libro, non c’è molto. Nell’Odissea, invece, l’amore coniugale<br />
rappresentato dalla coppia Odisseo-Penelope trionfa persino sulle lusinghe di Calipso<br />
che, pur essendo una dea, viene rifiutata da Odisseo che preferisce tornare a casa dalla<br />
moglie mortale.<br />
Nell’Odissea, inoltre, ricevono maggiore risalto temi che nell’Iliade sono assenti o censurati,<br />
come per esempio la magia (evidente nel V libro con l’episodio della maga Circe, che<br />
trasforma in porci gli sventurati che raggiungono la sua isola). Questo fenomeno si spiega<br />
con il fatto che l’Odissea, essendo il poema del viaggio, sede della continua mutazione<br />
di cose e di persone, offre una maggiore varietà di situazioni.<br />
Per questo stesso motivo, nell’Odissea si coglie un realismo della narrazione maggiore che<br />
nell’Iliade. Un capolavoro di realismo è, per esempio, il racconto della situazione sociale e<br />
affettiva di Nausicaa nel VI libro: la discussione così amabile col padre Alcinoo sulle nozze,<br />
la descrizione del bucato regale al quale la principessa si avvia con le sue ancelle, l’incontro<br />
di lei con Odisseo appena approdato e risvegliatosi dal sonno ristoratore.<br />
MEMO Le tematiche dei due poemi<br />
Iliade Odissea<br />
guerra viaggi<br />
onore e gloria motivi favolistici<br />
etica della «civiltà di vergogna» vita civile e politica<br />
4. I personaggi<br />
rappresentazione dei sentimenti (e amore coniugale)<br />
magia<br />
realismo<br />
I personaggi che si muovono sulla scena dei poemi sono riconducibili a due categorie: gli<br />
uomini e gli dèi.<br />
4.1 Gli uomini<br />
Per quanto riguarda i personaggi umani, per la loro descrizione l’epos non entra in particolari<br />
che siano veramente caratterizzanti. Sul piano fisico l’eroe risponde a canoni generici<br />
di bellezza e di prestanza, così come la dea e l’eroina sono belle, «dalle bianche braccia»,<br />
ecc. La descrizione accurata si rende necessaria solo nel caso del brutto e del non-eroico:<br />
di Tersite, che esprime violentemente il suo scontento nei confronti dei capi nel corso<br />
dell’assemblea dell’esercito, si dice (Iliade 2,216 ss.) che «era l’uomo più brutto che fosse<br />
venuto a Ilio: storto, zoppo di un piede; le spalle curve e ripiegate sul petto; la testa a punta<br />
coperta da una rada peluria» (trad. M.G. Ciani). Nel mondo dell’epos il brutto e l’atipi-<br />
T8<br />
...le donne<br />
e l’amore,...<br />
T10<br />
T23<br />
...la magia<br />
e il realismo<br />
T12<br />
Omero 41<br />
La<br />
rappresentazione<br />
della persona<br />
T3
42<br />
Profilo<br />
Gli epiteti:<br />
una forma di<br />
caratterizzazione?<br />
La psicologia<br />
dei personaggi<br />
La responsabilità<br />
umana<br />
Le reazioni<br />
emotive: l’alterco<br />
e il pianto<br />
T9<br />
T28<br />
co, il singolare, vengono descritti nel dettaglio proprio perché non rispettano i canoni<br />
eroici, che sono positivi e tipici.<br />
La fissità degli epiteti solitamente associati al nome di un eroe mostra una forma minima<br />
di ‘specializzazione’ del personaggio, del quale vengono messe in risalto alcune attitudini:<br />
così Achille è «piè-veloce», Odisseo «dai molti espedienti», Ettore «uccisore di guerrieri» e<br />
«domatore di cavalli», ecc. Ma è chiaro che gli epiteti non mirano certo a descrivere un<br />
carattere: se ne facessimo un inventario allo scopo di identificare i tratti fisici o psicologici<br />
dei singoli personaggi, non guadagneremmo nulla, perché resteremmo nel vago di qualifiche<br />
guerriere o di definizioni che riflettono la funzione dell’individuo all’interno del<br />
gruppo sociale (re e capo militare, capo della casa e della famiglia, ecc.).<br />
Solo raramente nei poemi viene esposto il processo psicologico che porta i personaggi a<br />
una decisione o a un’azione, e – quando questo avviene – tale processo è rappresentato<br />
normalmente in termini quasi meccanici, come un intervento dall’esterno, con una fraseologia<br />
del tipo «il dio gli infuse coraggio», ecc.<br />
Alcune volte, l’intervento divino è presentato in modo molto dettagliato: al principio<br />
dell’Iliade, quando Achille si sente offeso da Agamennone (1,188 ss.), un intenso momento<br />
d’incertezza (sfoderare la spada o trattenere l’ira) viene risolto dall’intervento di Atena<br />
che, visibile a lui solo, lo convince a non ricorrere alla violenza. Ebbene, questo tipo di<br />
meccanismo descrittivo – se così lo si può chiamare – è costante nei poemi.<br />
Alcuni studiosi hanno voluto vedere nei continui interventi divini un modo per attenuare<br />
o persino negare la responsabilità umana: Agamennone, quando si riconcilia con Achille<br />
(Iliade 19) per l’offesa inflittagli al principio del poema, dice di essere stato accecato da<br />
Ate, figlia di Zeus, la divinità che fa uscire di senno. Casi del genere non mancano nei<br />
poemi, ma d’altra parte in alcuni punti affiora la «civiltà della colpa»: spesso l’uomo è<br />
punito per le sue azioni e lo stesso Zeus afferma con forza la responsabilità umana (Odissea<br />
1,32 ss.). Chi vuole trovare coerenza in Omero per questo problema, capitale dell’etica di<br />
tutti i tempi, è destinato a restare deluso: c’è, piuttosto, un oscillare fra i due estremi, con<br />
l’individuo che da un lato sente il bisogno di temperare il suo senso di responsabilità con<br />
qualcosa di superiore a se stesso, e dall’altro, però, non vuole negare del tutto la sua autonomia.<br />
La descrizione delle emozioni ha un suo statuto espressivo speciale. Sono frequenti le reazioni<br />
violente, come gli insulti che si scambiano Achille e Agamennone nella lite del I libro<br />
dell’Iliade e altri eroi in molti altri luoghi: quando poi nel V secolo a.C. i tragediografi proporranno<br />
sulla scena vivaci alterchi di eroi, resteranno correttamente nella tradizione dell’epos.<br />
Il pianto richiede un discorso più articolato. Achille piange quando si lamenta con la<br />
madre Teti per l’offesa ricevuta da Agamennone (Iliade 1,357): questo ha portato antichi<br />
e moderni a notare una sorta di primitività fanciullesca nel guerriero impersonato da<br />
Achille. Ma il pianto si rivela semplicemente un modo per presentare una reazione esterna<br />
del comportamento, che è messo sullo stesso piano della descrizione – esteriore – del<br />
brillante fulgore prodotto dalle armi dei guerrieri schierati in battaglia.<br />
Il pianto causato dal lutto, com’è il caso del pianto di Achille per la morte di Patroclo<br />
(Iliade 18,22 ss. all’annuncio, e 23 all’inizio per i funerali), rientra invece nel comportamento<br />
codificato dalla collettività per il lutto stesso.<br />
Altri pianti sono motivati in modo più profondo. Quando Odisseo, nel corso della sua visita<br />
ai Feaci, si commuove al racconto di episodi della guerra troiana (Odissea 8,83 ss.), cerca<br />
di nascondere il suo pianto coprendosi il volto con il mantello: questa reazione è per noi<br />
una preziosa testimonianza sul comportamento degli eroi, per i quali la commozione e il<br />
pianto – al di fuori del lutto – sono momenti non eroici, e quindi da nascondere. Il narratore<br />
però non li censura, perché l’umanità dei personaggi, pur filtrata attraverso il codice<br />
del comportamento eroico, non può essere così monca da sfiorare l’inverosimiglianza.
Restando sempre nell’ambito delle emozioni, è stato detto giustamente che in Omero è<br />
assente l’eros, anche se molte sarebbero le occasioni per parlarne (per esempio, gli accoppiamenti<br />
nelle storie genealogiche familiari); ma non è assente l’amore, pur dovendosi rilevare<br />
una sostanziale differenza fra l’uomo e la donna per quanto riguarda le loro reazioni.<br />
Le donne omeriche sono veramente innamorate dei loro uomini: Nausicaa (nel VI libro<br />
dell’Odissea) e la dea Calipso (nel V libro) sono innamorate di Odisseo, ma niente fa trasparire<br />
un analogo sentimento da parte dell’eroe, che pensa piuttosto al ritorno in patria.<br />
Il pathos delle commosse parole di addio che Andromaca pronuncia nel VI libro<br />
dell’Iliade non è del tutto ricambiato da Ettore, perché per lui contano di più l’onore guerriero,<br />
il destino del figlio Astianatte e la sorte della patria.<br />
Al rapporto che gli antichi e i moderni vedono fra Patroclo e Achille (dove Patroclo sarebbe<br />
l’amante, più maturo, e Achille sarebbe l’amato, più giovane) non si fa nessun accenno<br />
nell’Iliade. Alcuni hanno visto in questo totale silenzio il segno del fatto che l’amore omosessuale<br />
sarebbe stato introdotto in Grecia solo più tardi (nel VII secolo a.C.) come istituzione<br />
sociale con valori etico-educativi. Sembra difficile accettare questa tesi, ma è certo<br />
che il silenzio dei poemi non ci aiuta a rifiutarla.<br />
MEMO La descrizione dei personaggi<br />
elemento finalità<br />
dettagli fisici sono tratteggiati in maniera sintetica, quasi stereotipata<br />
epiteti sono funzionali a una caratterizzazione immediata del personaggio<br />
psicologia è descritta sia con un’attenzione all’influsso divino sui personaggi<br />
sia con il rilievo posto sulla responsabilità dei singoli<br />
emozioni nella loro descrizione si sottolinea la forza delle reazioni dei singoli<br />
e si analizza la loro ricaduta, il loro effetto, sul contesto sociale e/o politico<br />
in cui sono inseriti<br />
eros e amore all’assenza dell’eros fa da contrappunto la presenza dell’amore, al quale uomini<br />
e donne reagiscono in modo diverso<br />
4.2 Gli dèi<br />
Gli dèi costituiscono un sistema di poteri e di competenze che, secondo una formulazione<br />
di Erodoto (Storie 2,53, vedi p. 33), veniva riconosciuto come opera di Omero e di<br />
Esiodo. Ma certamente il sistema divino quale si configura nei poemi omerici risale all’epoca<br />
micenea, come aveva già riconosciuto lo studioso svedese Martin Nilsson negli anni<br />
Trenta, prima ancora della decifrazione della scrittura sillabica micenea, la cosiddetta<br />
‘lineare B’, a opera dell’architetto inglese Michael Ventris (vedi capitolo 2, p. 32).<br />
I dodici dèi dell’Olimpo nominati nei poemi sono Zeus, Era, Poseidone, Atena, Afrodite,<br />
Apollo, Artemide, Demetra, Ares, Efesto, Hermes, Dionìso; a loro si aggiunge Ade, il<br />
signore del mondo dei morti. Compaiono poi molte altre divinità dotate di un ruolo<br />
minore, come Amfitrite (divinità marina), Hebe (dea della giovinezza), Iride (la messaggera<br />
degli dèi), ecc. Frequenti sono anche le personificazioni, come Thànatos (la morte),<br />
Hypnos (il sonno), Oneiros (il sogno), Ate (la dea che acceca e confonde la mente), Eris<br />
(la contesa), ecc.<br />
Gli uomini rivolgono agli dèi sacrifici e preghiere per ottenere quello che desiderano: il<br />
rapporto con la divinità è infatti scandito da preghiere ricorrenti, che sono tra le forme<br />
dell’epos in cui si concentra maggiormente il pathos della sofferenza e del desiderio.<br />
Tuttavia gli dèi non sono onnipotenti, perché anch’essi sono soggetti al fato: per esempio,<br />
Zeus tenta invano di sottrarre il figlio Sarpèdone alla morte inflittagli da Patroclo<br />
(Iliade 16).<br />
Omero 43<br />
L’eros, l’amore<br />
e l’omosessualità<br />
T10<br />
Divinità maggiori<br />
e minori<br />
Le preghiere<br />
e il fato
44<br />
Profilo<br />
Zeus e la giustizia<br />
L’antropomorfismo<br />
T26<br />
La razionalizzazione:<br />
l’assenza<br />
di riti magici<br />
Le similitudini:<br />
natura,...<br />
Zeus è comunque il re degli dèi e a lui si rivolgono gli uomini per chiedere giustizia. Ma,<br />
come per la responsabilità dell’uomo, anche il senso della giustizia oscilla fra la vendetta<br />
personale, legata all’onore del guerriero, e l’obbedienza a principi riconosciuti come<br />
superiori.<br />
A prescindere dalle implicazioni teologiche e religiose, va precisato che gli dèi omerici formano<br />
una società chiusa in se stessa e soprattutto simile a quella degli uomini, rispetto ai<br />
quali hanno solo il privilegio dell’immortalità e una potenza non confrontabile con quella<br />
umana. Questo è il cosiddetto antropomorfismo, cioè la rappresentazione delle divinità<br />
con tratti totalmente umani; una concezione che a volte arriva a consentire una rappresentazione<br />
fin troppo umano-realistica degli dèi. È quello che accade, per esempio, in<br />
occasione della lite avvenuta nel concilio olimpico (fine di Iliade 1), che si conclude con<br />
il «riso irrefrenabile» degli dèi al vedere Efesto zoppo che si muove goffamente fra loro. E<br />
ancora una risata, questa volta dei soli dèi maschi (le dee femmine erano rimaste a casa per<br />
pudore), chiude l’episodio cantato dall’aedo Demòdoco durante la festa organizzata dai<br />
Feaci (Odissea 8,266 ss.), quando gli adulteri Ares e Afrodite furono sorpresi nel talamo e<br />
incatenati da Efesto, il marito geloso della dea.<br />
In Omero la religione olimpica è già in gran parte razionalizzata (e in questa forma passerà<br />
alla polis), in quanto i poemi conservano solo poche scorie di quella che era sentita<br />
come la fase ‘barbarica’ precedente. Nei poemi, infatti, restano solo degli accenni alla<br />
lotta condotta dalle divinità olimpiche per conquistare il potere; lotta che si conclude<br />
con la vittoria di Zeus sul padre Crono e sui Titani, rappresentanti di una religione primitiva<br />
e preolimpica. Se dunque rimangono sporadiche tracce di un sistema religioso<br />
più antico, nell’epos omerico, tuttavia, sono banditi quasi per intero i riferimenti alla<br />
magia (che sopravviveranno solo nei culti misterici e nelle varie forme di religione<br />
popolare): qualche residuo interessante delle pratiche magiche si incontra nell’Odissea,<br />
sia nell’episodio della maga Circe del V libro, sia nell’evocazione dei morti dell’XI<br />
libro.<br />
5. La natura e la vita quotidiana<br />
Nei poemi omerici all’ambiente naturale sono normalmente riservati solo accenni fugaci;<br />
quando compare, però, la descrizione naturalistica non è mai fine a se stessa. La sede in<br />
cui si manifesta la presenza della natura sono infatti le famose similitudini, nelle quali il<br />
dettaglio descrittivo serve a creare un più efficace richiamo alla situazione narrata (o anche<br />
a movimentare il racconto, che altrimenti risulterebbe monocorde). E così la furia guerriera<br />
di un eroe viene spesso paragonata all’impeto rapace di un leone o di un’aquila, mentre<br />
il rivale sconfitto cade a terra come un albero che si schianta al suolo dopo essere stato<br />
tagliato (Iliade 17,53-69):<br />
Come quando in un luogo solitario dove l’acqua scorre abbondante un uomo cresce<br />
una pianta d’olivo fiorente, una bella pianta vigorosa, coperta di fiori bianchi, che<br />
vibra al soffio dei venti; ma all’improvviso una tempesta la sradica da terra e l’abbatte<br />
al suolo; così Menelao figlio di Atreo uccise il figlio di Pantoo, Euforbo dalla forte lancia,<br />
e lo spogliò delle armi.<br />
Come quando un leone dei monti, superbo della sua forza, da una mandria che pascola<br />
rapisce la mucca più bella; e prima le spezza il collo afferrandola con i denti robusti,<br />
poi la sbrana e ne divora le viscere insanguinate; intorno a lui abbaiano i cani, gridano<br />
i pastori da lontano e non osano farsi avanti, il livido terrore li coglie; così fra i<br />
Troiani nessuno aveva il coraggio di affrontare Menelao glorioso.<br />
(trad. di M.G. Ciani)
Ma come si può vedere già da questo esempio, la natura non è l’unico elemento che trova<br />
spazio nelle similitudini: anche la vita quotidiana, esclusa dalla tematica guerresca<br />
dell’Iliade, viene recuperata in questa sede specifica. E così anche le più umili attività<br />
umane trovano il loro posto al sole, come quando il fiume Scamandro esce dal suo letto<br />
nel tentativo di sommergere Achille e l’onda in piena è paragonata a quella creata dal contadino<br />
che irriga i suoi campi (Iliade 21,257-264):<br />
Come quando un uomo che irriga dei campi, da una sorgente profonda guida il corso<br />
dell’acqua per orti e frutteti e con la zappa rimuove ogni ostacolo; scorre l’acqua, trascinando<br />
i ciotoli, rapida scorre scrosciando lungo il pendio, e precede colui che la<br />
guida; così l’onda del fiume era sempre a ridosso di Achille, benché egli fosse veloce.<br />
(trad. di M.G. Ciani)<br />
Persino il mondo degli affetti familiari e dell’infanzia viene accolto nelle similitudini: è il<br />
caso di Atena che allontana i dardi da Menelao come una madre allontana una mosca dal<br />
figlio addormentato (Iliade 4,127-131), oppure di Apollo che «abbatté il muro degli Achei<br />
senza sforzo, come un fanciullo sulla riva del mare costruisce per gioco castelli di sabbia e<br />
per gioco poi li distrugge con le mani e coi piedi» (Iliade 15,362-364, trad. M.G. Ciani).<br />
6. Lingua e stile<br />
La lingua omerica è una lingua ‘mista’, perché vi si mescolano principalmente due grandi<br />
raggruppamenti dialettali, lo ionico e l’eolico. Si tratta quindi di una lingua che gli studiosi<br />
hanno giustamente definito ‘artificiale’ e che, nella forma in cui si presenta nei<br />
poemi, non è mai stata parlata: nell’epos, infatti, la stessa cosa può essere detta in più modi<br />
ma soprattutto in dialetti diversi (come mostrano, per esempio, i dativi plurali in -oi~ e<br />
in -oisi, ecc.), il che la rende una lingua letteraria nel vero senso della parola, non destinata<br />
cioè alla comunicazione quotidiana.<br />
Una peculiarità di questa mistione dialettale è che il dialetto dorico in Omero è assente,<br />
come ugualmente assenti sono elementi di storia e di cultura riguardanti i Dori (Odissea<br />
19,177, dove tra gli abitanti di Creta sono menzionati i Dwrieve~ te tricavi>ke~, i «Dori<br />
divisi in tre stirpi», potrebbe essere un’eccezione, ma molti la minimizzano). Secondo i<br />
filoni più diffusi della tradizione, l’invasione dorica risalirebbe al 1104 a.C., cioè a<br />
ottant’anni dopo la guerra di Troia: i Dori, quindi, non avrebbero preso parte alla spedizione<br />
perché ancora non erano arrivati in Grecia, e per questo sarebbero i grandi assenti<br />
dalla scena storico-narrativa dell’epos. Ma i Dori non sono entrati nei poemi neanche<br />
dopo, in seguito agli interventi ‘chirurgici’ (interpolazioni, ecc.) spesso operati sul testo<br />
omerico: da cosa dipende questa deliberata esclusione? Dal fatto che la fissazione dei contenuti<br />
dell’epos avvenne in epoca molto antica? Sembra strano perché, come vedremo<br />
meglio più avanti, il più recente Medioevo ellenico è largamente presente. Dipende allora<br />
da una corretta forma di arcaizzazione, che ha impedito l’intrusione di elementi culturali<br />
e linguistici estranei? Questa è una possibilità, ma in realtà il problema non è risolto.<br />
Un fenomeno a parte è rappresentato dagli atticismi che, secondo alcuni, dimostrano il<br />
passaggio del testo omerico attraverso Atene, almeno a partire dal VI secolo a.C.; secondo<br />
un’altra posizione critica, si tratterebbe per lo più di semplici fatti grafici. Per esempio, al<br />
posto delle forme attiche e{w~-tevw~ (ei{w~-teivw~) sono quasi sempre restaurabili le forme<br />
ioniche h|o~-thò~; altri casi sono modernizzazioni fonetiche o morfologiche. In conclusione,<br />
il testo omerico è certamente passato per Atene, e ciò ha comportato delle conseguenze<br />
anche sul piano linguistico, sebbene non sia sempre possibile definire con certezza il<br />
peso degli interventi linguistici introdotti.<br />
...vita quotidiana...<br />
...e universo<br />
familiare<br />
Una lingua<br />
artificiale<br />
L’assenza<br />
dei Dori<br />
Gli atticismi<br />
Omero 45
46<br />
Profilo<br />
Lo stile<br />
L’esametro<br />
dattilico<br />
I cola<br />
e le incisioni<br />
La recitazione<br />
ritmica<br />
dell’esametro<br />
Sullo stile va detto che l’epos racconta, e che racconta in modo continuato e piano, prediligendo<br />
la paratassi sia del periodo (l’ipotassi è ammessa di rado) sia della struttura narrativa<br />
(racconti paralleli). L’ordine delle parole è molto semplice e prevedibile: estremamente<br />
raro è l’iperbato (e cioè la collocazione a distanza di parole che sono in rapporto<br />
sintattico tra loro), soprattutto in confronto con la lirica corale (vedi la scheda a p. 427).<br />
Questa semplicità e linearità dello stile dipende dal fatto che il destinatario, ovvero l’ascoltatore<br />
della narrazione, doveva poter cogliere ogni particolare del racconto.<br />
MEMO La lingua omerica<br />
caratteristiche<br />
artificialità la lingua omerica nasce principalmente dalla commistione del dialetto ionico<br />
e letterarietà e dell’eolico<br />
si tratta di una lingua ‘mista’, che non è mai stata destinata<br />
alla comunicazione quotidiana<br />
dorismi sono del tutto assenti (così come manca qualsiasi riferimento nei poemi<br />
omerici alla storia e alla cultura dei Dori)<br />
atticismi testimoniano di un passaggio del testo omerico attraverso Atene<br />
7. Metrica<br />
L’esametro è una sequenza di sei cellule dattiliche (-gg), in cui si ammette l’equivalenza<br />
di una sillaba lunga con due sillabe brevi (- = gg). Questa caratteristica rivela che nel verso<br />
è determinante la quantità, cioè la durata delle sillabe, e non il numero delle sillabe che lo<br />
compongono, come invece accade in molte lingue moderne (l’endecasillabo italiano, per<br />
esempio, è definito così proprio perché è formato da 11 sillabe).<br />
L’ultima cellula dell’esametro è bisillabica (-g oppure --) per necessità ritmica. L’elemento<br />
finale di ogni verso, infatti, è sempre lungo, a prescindere dal fatto se sia rappresentato<br />
da una sillaba breve o da una sillaba lunga (e per questo viene definito elemento ‘indifferente’):<br />
se la fine del verso fosse costituita da un dattilo -gg, perderebbe la sua dattilicità<br />
perché corrisponderebbe a -g-, ovvero a un cretico. Per questo motivo non è giusto definire<br />
l’esametro un verso ‘catalettico’ (che presenta cioè la ‘caduta’ dell’elemento finale, -g<br />
in luogo di -gg), come fanno quasi tutti; l’esametro è piuttosto un verso dattilico completo,<br />
che finisce nell’unico modo in cui può finire un verso dattilico.<br />
Al suo interno, ogni esametro si struttura in più cola, cioè in unità ritmiche minime delimitate<br />
da fini di parola che ricorrono regolarmente in precise sedi del verso e che si chiamano<br />
incisioni o cesure. Nell’analisi metrica vengono segnate convenzionalmente con |,<br />
mentre || indica la pausa più marcata, che coincide con la fine dell’intero verso.<br />
Facciamo un esempio di analisi ritmico-verbale, esaminando il verso iniziale di ciascuno<br />
dei due poemi, che si articola in quattro cola. Le cifre indicano la consistenza dei singoli<br />
cola in more ovvero in durate di una breve; ricordiamo che una sillaba lunga vale due more.<br />
Il. 1,1 Mh`nin a[eide, qeav, Phlhi>avdew ∆Acilhò~<br />
- g g - g | g- | - -gg - |g g -- || 7 + 3 + 8 + 6<br />
Od. 1,1 “Andra moi e[nnepe, Mou`sa, poluvtropon, o}~ mavla pollav<br />
- g g - g g | - g | g - g g | - g g - g || 8 + 3 + 5 + 8<br />
All’interno del singolo verso i cola non sono uguali dal punto di vista della durata: alcuni<br />
sono molto brevi (3 more), altri ben più lunghi (7 o 8 more). Tuttavia, nella resa sonora i<br />
cola venivano riequilibrati perché un colon breve era recitato più lentamente di uno lungo,<br />
che era invece affidato a una resa più rapida, quasi affrettata.<br />
Pur nella loro varietà interna, gli esametri ripetuti uno dopo l’altro producevano
un’impressione di uniformità. Ne risultava un verso – monotono ma anche variato –<br />
adatto alla recitazione, che si realizzava nel modo che nella nostra terminologia musicale<br />
si chiama recitativo (parakataloghv), e cioè una recitazione intonata e accompagnata<br />
da uno strumento (a corda, la fovrmigx epica, strumento che poi si evolverà nella<br />
kiqavra e nella luvra); diversamente, la lirica prevedeva musica piena e canto spiegato<br />
(vedi p. 209).<br />
L’esametro omerico rispetta solo due grandi leggi ritmiche: il divieto di esatta divisione in<br />
due (divieto di … 3 gg | ..., e cioè divieto di pausa dopo il terzo dattilo) e il ponte di<br />
Hermann (divieto di ... 4 g | g ..., e cioè divieto di pausa dopo la prima breve del quarto<br />
dattilo). Queste due leggi hanno una loro ragione ritmica ben precisa: la prima evita la<br />
divisione del verso in due parti uguali, il che genererebbe monotonia; la seconda evita<br />
l’impressione che dopo quattro dattili il verso sia finito. Se nei poemi queste due leggi vengono<br />
così costantemente rispettate, se ne deve necessariamente dedurre che l’esametro<br />
omerico è un verso già molto evoluto con una sua lunga elaborazione ritmica alle spalle,<br />
e che la sua storia non può essere cominciata solo nell’VIII secolo a.C., al momento degli<br />
inizi della fissazione scrittoria.<br />
8. Formularità<br />
Una caratteristica dell’epos sono le formule, cioè quei nessi verbali che si ripetono nella stessa<br />
sede del verso oppure interi versi ripetuti. Il grado minimo della formula è rappresentato<br />
dal semplice epiteto, cioè l’aggettivo che qualifica un personaggio (come il patronimico<br />
«Pelide» per Achille) o un aspetto della realtà (come l’aggettivo «nero» per caratterizzare le<br />
navi). A un grado medio di formularità si colloca l’espressione formulare che abbraccia l’intero<br />
verso o parte di esso (come «e a lui/lei rivolse alate parole» per introdurre un discorso diretto).<br />
A un grado massimo si collocano poi i discorsi ripetuti o le cosiddette ‘scene tipiche’, in<br />
cui interi blocchi di versi vengono riprodotti senza sostanziali modificazioni.<br />
MEMO I diversi gradi della formularità<br />
grado minimo epiteto (= aggettivo che qualifica un personaggio o un dato aspetto<br />
della realtà)<br />
grado medio espressione formulare<br />
grado massimo discorsi ripetuti<br />
‘scene tipiche’<br />
La formularità non è funzionale al realismo descrittivo, ma prova semmai una forte tendenza<br />
alla tipizzazione. Così, quando nei poemi troviamo 22 volte il verso singolo h\mo~<br />
d jhjrigevneia favnh rJododavktulo~ ∆Hwv~, «quando sorse Aurora figlia del mattino dalle<br />
dita di rosa», il verso serve a uno scopo narrativo ben preciso, e cioè semplicemente a evocare<br />
il sorgere di un nuovo giorno. La stilizzazione epica arcaica non ha bisogno di altro:<br />
non c’è nessuna necessità di descrivere un particolare e singolo tipo di aurora (come invece<br />
farà Apollonio Rodio in età ellenistica).<br />
Lo stesso avviene quando si deve introdurre un personaggio che parla o risponde: il sistema<br />
è flessibile, in modo da adattarsi a una certa gamma di nomi propri. Per «(così) disse»,<br />
per esempio, ci sono ben sei formule iniziali di verso con vario valore metrico, e per «a<br />
lui/a lei rispose» ce ne sono due. La scelta fra le diverse formule possibili è determinata dal<br />
nome proprio che segue, normalmente accompagnato da un epiteto. Per due nomi propri<br />
con epiteto citiamo, in fine di verso, due frequenti formule per Achille e Odisseo: povda~<br />
wjku;~ ∆Acilleuv~ «Achille piede rapido» (31 volte) e poluvtla~ diò~ ∆Odusseuv~ «il paziente<br />
divino Odisseo» (38 volte).<br />
L’antichità<br />
dell’esametro<br />
La formularità<br />
come fatto<br />
di stilizzazione<br />
La flessibilità<br />
del sistema<br />
formulare<br />
Omero 47
48<br />
Profilo<br />
Roma<br />
L’età moderna<br />
9. Fortuna dei poemi omerici<br />
La fortuna di Omero nel mondo greco richiederebbe un discorso dettagliato, perché<br />
Omero non è tanto il fondatore della lingua letteraria nel senso in cui lo furono per noi i<br />
grandi autori del Trecento toscano, ma è quella lingua letteraria stessa. Non che i Greci<br />
scrivano tutto in lingua omerica, ma Omero sarà sempre, quanto alla lingua, il punto di<br />
partenza da cui misurare la maggiore o minore distanza dei singoli stili praticati nei diversi<br />
generi letterari.<br />
Per quanto riguarda l’immensa fortuna che Omero ebbe nelle altre letterature, i Romani<br />
mostrano di apprezzare Omero proprio in conseguenza del rilievo che i poemi avevano già<br />
in ambiente greco: è una fortuna in qualche modo non autonoma, bensì legata alla fortuna<br />
del genere epico in se stesso, nell’ambito del quale i due poemi omerici detengono il<br />
primato assoluto.<br />
La letteratura latina comincia nel III secolo a.C. con un traduttore dell’Odissea in verso<br />
saturnio, Livio Andronico. Dopo di lui, Nevio, Ennio e soprattutto Virgilio considerano<br />
i poemi omerici come modello da seguire. Virgilio, in particolare, arriva a concepire<br />
l’Eneide nei termini di una sintesi dei due poemi: la prima metà è un’Odissea, con i viaggi<br />
di Enea, mentre la seconda è un’Iliade, con le guerre nel Lazio.<br />
Per una fortuna di Omero che non sia semplicemente fortuna del genere epico veicolata<br />
da Virgilio bisogna aspettare l’Umanesimo e la ripresa degli studi greci: Petrarca<br />
possedeva Omero ma non poteva leggerlo; per Boccaccio Leonzio Pilato approntò una<br />
traduzione in prosa latina (e da allora si susseguirono numerose traduzioni di Omero<br />
sia in versi sia in prosa). La letteratura cavalleresca si ispira a materiale epico ripreso<br />
tanto dalle epiche medievali nazionali quanto da Omero. Il razionalismo del XVII e del<br />
XVIII secolo segna invece un periodo di lunga sfortuna del genere epico.<br />
La rinascita dell’interesse per l’epica, sentita come espressione di voce popolare e primigenia,<br />
è tipica del Romanticismo fin dalle sue fasi iniziali, specie in Inghilterra e in<br />
Germania, e da questo momento in poi non è facile separare un tale interesse dallo studio<br />
storico-filologico di Omero. Tuttavia, la fortuna di Omero nel mondo moderno<br />
non è confrontabile con quella che ebbe nel mondo antico: la funzione educativa del<br />
genere epico e la conseguente utilizzazione di modelli epici sono fatti peculiari del<br />
La lingua omerica è un amalgama molto complesso,<br />
data la compresenza di forme riconducibili a più dialetti,<br />
e cioè lo ionico, l’eolico e l’attico. Di seguito riassumiamo<br />
gli aspetti principali, senza ovviamente pretendere<br />
di fornire un’analisi completa ed esaustiva dei<br />
numerosi problemi presentati dalla lingua omerica (il<br />
richiamo all’attico ha qui il solo scopo di orientare lo<br />
studente verso la forma a lui più familiare).<br />
Fonetica Dal punto di vista fonetico:<br />
a. a lungo originario passa sempre a h, per es. Troivh<br />
(att. Troiva);<br />
b. le contrazioni spesso non sono ancora avvenute, per<br />
es. a[lgea (att. a[lgh);<br />
PER APPROFON<strong>DI</strong>RE<br />
La lingua omerica<br />
c. alcune consonanti possono apparire sia semplici sia<br />
geminate, per es. ∆Acil(l)euv~, sthvqes(s)i,<br />
tovs(s)o~;<br />
d. al posto di p iniziale si può trovare pt, per es. ptovli~<br />
(att. povli~) e ptovlemo~ (att. povlemo~).<br />
Morfologia nominale Per quanto riguarda i sostantivi<br />
delle tre declinazioni (e gli aggettivi):<br />
e. il genitivo singolare dei temi maschili in -a esce<br />
spesso (non contratto) in -ao o in -ew (att. -ou), per<br />
es. ∆Atrei?dao e Phlhi>avdew;<br />
f. il genitivo plurale dei temi in -a esce spesso in -avwn<br />
o in -evwn (att. -w`n), per es. pulavwn;<br />
g. il dativo plurale dei temi in -a esce spesso in -hÛsi o
mondo antico, né si può dire che il romanzo, fra il Settecento e l’Ottocento, abbia presente<br />
l’esperienza dell’epos. Ma in questo veloce panorama non si può tacere di qualche<br />
voce contemporanea, come per esempio l’Ulisse di James Joyce, che in un elaborato<br />
spazio di continui richiami metaforici e allegorici unisce forma epica omerica e<br />
forma-romanzo.<br />
2.<br />
La genesi e la composizione dei poemi<br />
1. La ‘questione omerica’<br />
Dall’analisi condotta nelle pagine precedenti si deduce molto chiaramente che i poemi<br />
omerici sono opere molto complesse sia sotto il profilo contenutistico e tematico, sia dal<br />
punto di vista linguistico e metrico. Il prodotto finale può essere paragonato a un composto<br />
chimico irreversibile, e cioè un composto dal quale non è possibile risalire, isolandoli,<br />
ai singoli elementi che lo costituiscono. In una situazione del genere l’intervento di uno o<br />
più autori è difficilmente identificabile: sembra più logico parlare di una creazione collettiva,<br />
piuttosto che di un’opera individuale.<br />
Del resto, abbiamo varie testimonianze del fatto che già nel mondo antico la figura di<br />
Omero come autore dei due poemi rappresentava un problema storico e critico, oggi<br />
comunemente chiamato ‘questione omerica’. Alcuni, come i due grammatici Xenone ed<br />
Ellanìco (II secolo a.C.), sostenevano che l’Iliade e l’Odissea fossero da attribuirsi a due<br />
autori diversi (tale corrente veniva detta dei cwrivzonte~, e cioè dei «separatori»); altri<br />
ancora ritenevano, per esempio, che il X libro dell’Iliade (la cosiddetta Dolonìa) fosse<br />
un’aggiunta posteriore.<br />
Ma c’era anche un’altra posizione storico-critica, di molto anteriore, – ne troviamo testimonianza<br />
nell’Ipparco pseudo-platonico, in Cicerone, in Pausania, in Flavio Giuseppe –,<br />
che dimostra un approccio diverso al problema, incentrato sull’opera piuttosto che sul suo<br />
autore. Nel VI secolo a.C. Pisistrato, tiranno ateniese, avrebbe fatto riunire insieme in un<br />
-hÛ~ (att. -ai~), per es. prwvthÛsi quvrhÛsin, koivlhÛ~<br />
ejpi; nhusivn;<br />
h. il genitivo singolare della declinazione tematica esce<br />
anche in -oio (att. -ou), per es. polevmoio, Tenevdoio;<br />
i. il dativo plurale della declinazione tematica esce<br />
spesso in -oisi(n) (att. -oi~), per es. Danaoi`sin;<br />
l. nella declinazione atematica il dativo plurale in -essi<br />
originario dei temi in -es- viene applicato frequentemente<br />
anche a temi diversi, per es. a[ndressin<br />
(att. ajndravsi) e oji?essi (att. oijsiv) e viene persino<br />
riapplicato agli stessi temi in -es-, per es. lecevessi<br />
(att. levcesi), ejpevessin (att. e[pesi);<br />
m. in alcuni temi in vocale o dittongo la metatesi di<br />
quantità non è ancora avvenuta, per es. povlho~<br />
(att. povlew~), ∆Acilh`a (att. ∆Acilleva).<br />
Per quanto riguarda i pronomi:<br />
n. quello che in seguito verrà usato come articolo de-<br />
I poemi come<br />
creazione<br />
collettiva<br />
Omero secondo<br />
gli antichi<br />
La redazione<br />
pisistratea<br />
terminativo (oJ, hJ, tov) in Omero è ancora quasi<br />
sempre pronome dimostrativo; il nominativo singolare<br />
maschile compare nella forma o{~ prima di particelle<br />
come rJa, dhv ecc.<br />
Morfologia verbale Quanto ai verbi:<br />
o. spesso l’aumento è assente, per es. trevfon (att.<br />
e[trefon), e[san (att. h\san);<br />
p. l’infinito dei verbi atematici presenta spesso l’uscita<br />
(eolica) in -menai, per es. diexivmenai (att. diexievnai),<br />
e[mmenai (att. ei\nai); a volte la stessa uscita<br />
si applica anche ai verbi tematici, per es. ojarizevmenai<br />
(att. ojarivzein).<br />
Un discorso a parte merita il fenomeno tradizionalmente<br />
chiamato ‘distrazione omerica’, dievktasi~ o «allungamento»<br />
per gli antichi. Si tratta di casi come ijdevein<br />
(att. ijdei`n < ijdeven), pamfanovwsa (< pamfanaou`sa)<br />
e dhriovwnto (< dhriavonto).<br />
Omero 49
50<br />
Profilo<br />
I poemi come<br />
«libro di cultura»<br />
unico corpus i canti epici di Omero tramandati fino ad allora in ordine sparso; lo scopo<br />
era quello di creare un’edizione ‘nazionale’, adatta alle recitazioni dei poemi in occasione<br />
della festa ateniese delle Panatenee.<br />
I due orientamenti antichi dimostrano una certa difficoltà a considerare i poemi sia come<br />
l’opera di un unico autore, sia soprattutto come un’opera unitaria in sé e per sé. In effetti,<br />
la tematica trattata non è frutto di una selezione personale: è un’intera cultura che si<br />
rispecchia nei poemi, con le sue componenti religiose, civili, guerresche e le sue istituzioni,<br />
presentando una vasta gamma di reazioni individuali alle sollecitazioni della vita. Non<br />
a caso, i poemi omerici sono stati definiti «libro di cultura» esattamente come la Bibbia:<br />
un libro collettivo in cui si rispecchia un’intera civiltà e nella cui stesura è possibile trovare<br />
l’eco di più voci autoriali di epoche diverse.<br />
Qualcuno potrebbe obiettare che il fatto di essere un «libro di cultura» potrebbe non<br />
bastare a fare dell’epos omerico l’opera di una collettività: anche la Divina Commedia<br />
MEMO La ‘questione omerica’<br />
le tendenze critiche le linee interpretative<br />
Xenone, Ellanico i poemi omerici sono opera di autori diversi<br />
Ipparco pseudo-platonico, Cicerone i poemi omerici sono il frutto della riunificazione<br />
Pausania, Flavio Giuseppe di un corpus di canti epici nell’Atene di Pisistrato<br />
una parte della critica moderna i poemi omerici sono un «libro di cultura»,<br />
contenitore delle tradizioni di un’intera civiltà<br />
e modello per le generazioni future<br />
PER APPROFON<strong>DI</strong>RE<br />
Le varie tappe della ‘questione omerica’<br />
Le prime fasi moderne della ‘questione omerica’<br />
L’impostazione della ‘questione omerica’ si delinea tra la<br />
fine del Seicento e la fine del Settecento a opera di vari<br />
studiosi.<br />
Nel 1664 (ma l’opera fu pubblicata postuma nel 1715)<br />
François Hédelin abate d’Aubignac sostenne la tesi che<br />
Omero non era mai esistito e che i poemi erano il risultato<br />
di una redazione. Nella Scienza nuova (la cui ultima edizione<br />
è del 1744) Giambattista Vico affermò che la composizione<br />
e la trasmissione dei poemi erano state orali, e<br />
che Omero non era una persona, bensì il simbolo della<br />
facoltà storico-narrativa di un popolo. Nel 1769 Robert<br />
Wood, mettendo a frutto la sua curiosità antropologica di<br />
viaggiatore nel mondo egeo (dove aveva osservato l’attitudine<br />
narrativa e la vivace gestualità della gente), dedusse<br />
che i poemi erano stati composti e pubblicati oralmente.<br />
Ma il vero salto di qualità nella critica omerica si ebbe con<br />
i Prolegomena ad Homerum di Friedrich August Wolf (1795),<br />
che aveva studiato gli scolî del manoscritto Veneto<br />
Marciano A dell’Iliade, pubblicati pochi anni prima<br />
(1788). Grazie a questa preziosa riserva di testimonianze<br />
sull’attività filologica degli alessandrini, Wolf poté impostare<br />
per la prima volta la storia di un testo nella sua fase<br />
antica, nel nostro caso da Pisistrato agli alessandrini. Quanto<br />
all’origine dei poemi, Wolf sostenne che non potevano essere<br />
stati composti da una sola persona, ma dovevano essere<br />
una serie di canti trasmessi oralmente e infine raccolti<br />
nella redazione pisistratea.<br />
La critica analitica... La posizione maturatasi con Wolf<br />
portò tutta la critica omerica successiva a tentare di individuare,<br />
analiticamente, i vari ‘autori’ dei poemi, che venivano<br />
immaginati come opere moderne composte in<br />
forma scritta. E così, secondo alcuni (G. Hermann, 1772-<br />
1848), i poemi si sarebbero sviluppati a partire da un<br />
nucleo originario (per l’Iliade l’‘ira’ di Achille); secondo<br />
altri (Lachmann, 1793-1851), l’Iliade sarebbe il risultato<br />
dell’aggregazione di canti originariamente isolati; altri<br />
ancora elaborarono la teoria della compilazione, secondo<br />
cui vari rielaboratori e redattori avrebbero ripreso e integrato<br />
materiale preesistente. Nel XX secolo il più influente<br />
seguace e perfezionatore di questa teoria fu Ulrich von<br />
Wilamowitz-Moellendorff (1849-1931), che propose una<br />
genesi articolata in più fasi: Omero avrebbe raccolto e rielaborato<br />
canti tradizionali organizzandoli intorno a un<br />
tema; successivamente, sarebbero state aggiunte nuove<br />
sezioni di varia estensione.
vuole essere la summa di una cultura, eppure è opera di un singolo autore. Ma nei<br />
poemi le spie di una collaborazione distribuita nel tempo sono tante: le istituzioni civili<br />
e militari, per esempio, non sono quelle di un’epoca sola; e per di più la composizione<br />
orale, accertata sia dalla comparazione con le epiche di altre culture sia dall’esame<br />
interno, fa sì che la creazione dei poemi superi di molto l’arco di vita e l’attività di un<br />
singolo autore.<br />
2. L’«enciclopedia tribale»<br />
Il progressivo affinamento del metodo antropologico ha fornito strumenti critici nuovi<br />
anche per l’interpretazione dei poemi omerici, e ha consentito di abbandonare le secolari<br />
dispute sulla paternità dell’opera. In tempi più recenti, infatti, questo filone di studi ha<br />
riconosciuto nell’Iliade e nell’Odissea il deposito dei valori di una o più culture, e ha considerato<br />
i poemi come l’«enciclopedia tribale» dei Greci, secondo una fortunata definizione<br />
dello studioso americano Eric Havelock (1903-1988), cioè come il testo depositario del<br />
sapere di un’intera civiltà. Esemplare in tal senso è la descrizione dello scudo di Achille nel<br />
XVIII libro dell’Iliade, una specie di succinto breviario nel corso del quale sono rievocate<br />
situazioni di guerra e di pace.<br />
Poiché l’«enciclopedia» omerica tratta di valori che interessano il gruppo nella sua totalità,<br />
è importante sottolineare l’ecumenicità dei destinatari: il pubblico della recitazione dell’epos<br />
è tutta la collettività, che nella cultura epica si sente coinvolta: non c’è membro della<br />
comunità che non possa e non debba essere raggiunto dalla comunicazione dell’epos.<br />
La critica analitica ha analizzato soprattutto le incongruenze<br />
in campo narrativo-compositivo (i cosiddetti<br />
‘scandali analitici’), considerate prova del sovrapporsi di<br />
più personalità poetiche.<br />
Un caso clamoroso ed esemplare è quello di un guerriero<br />
che muore e risuscita (Pylaimènes: Iliade 5,576;<br />
13,658).<br />
Un altro caso è l’ambasceria inviata ad Achille da Agamennone<br />
(Iliade 9): gli eroi che la compongono sono tre,<br />
Fenice, Odisseo e Aiace, ma da un certo punto in poi le<br />
forme nominali e verbali che designano l’ambasceria<br />
sono duali: sembra che Fenice sia temporaneamente<br />
scomparso, sebbene riappaia più tardi con un discorso<br />
di fondamentale importanza rivolto ad Achille.<br />
...e la critica unitaria Ma osservazioni esegetiche altrettanto<br />
preziose le dobbiamo anche alla corrente cosiddetta<br />
degli ‘unitari’ che vedono all’opera un autore unico, e precisamente<br />
Omero. A questo scopo, vengono valorizzati<br />
tutti gli indizi di unità, primi fra tutti gli espedienti compositivi<br />
che strutturano la narrazione, evidenti soprattutto<br />
nell’Odissea, e gli innegabili richiami a distanza da una<br />
sezione all’altra dei poemi.<br />
Molto influenti furono W. Schadewaldt nella prima metà<br />
del XX secolo e A. Lesky fino ai nostri giorni. Tuttavia, in<br />
loro operava un concetto dell’unità dell’opera che, discutibile<br />
per la maggior parte della letteratura greca arcaica,<br />
era meno che mai utilizzabile per la poesia epica.<br />
L’approccio<br />
antropologico<br />
ai poemi<br />
T33<br />
L’ecumenicità<br />
e la tipicità<br />
La teoria oralistica Malgrado l’originaria impostazione<br />
di Wolf, che avrebbe dovuto portare a un’indagine di tipo<br />
antropologico, nell’Ottocento gli studi omerici si svilupparono<br />
soprattutto nel campo della filologia. Il filone<br />
antropologico fu valorizzato solo più tardi, a cominciare<br />
dal 1928, anno in cui l’americano Milman Parry pubblicò<br />
a Parigi le sue due tesi di dottorato sull’epiteto tradizionale<br />
e sulla metrica dell’esametro.<br />
Parry aveva studiato in loco i cantori di gesta slavi meridionali,<br />
che ancora agli inizi del Novecento recitavano senza<br />
servirsi di testi scritti. Sulla base di questo confronto, lo<br />
studioso inaugurò un approccio nuovo all’epica greca,<br />
vedendola in una situazione culturale completamente<br />
diversa dalla nostra e in qualche modo simile a quella che<br />
si trovò a studiare sul campo: il poema epico concepito e<br />
pubblicato (cioè recitato) in assenza di scrittura.<br />
Parry riconobbe la funzione svolta dalla fissità di alcuni<br />
nessi, versi o gruppi di versi, che si ripetono continuamente<br />
e che egli definì ‘formulari’: si trattava di strumenti fissi<br />
che aiutavano l’aedo al momento della recitazione, affidata<br />
alla voce e alla memoria, senza l’ausilio di un testo scritto.<br />
Fino a oggi questo tipo di approccio si è arricchito di tutto<br />
quello che può rientrare nell’accertamento del ‘tipico’<br />
(comprese le intere scene ripetute, dette ‘scene tipiche’), e si<br />
può dire che con il riconoscimento della tecnica formulare<br />
la vecchia ‘questione omerica’, che andava alla ricerca di<br />
individualità specifiche, ha perso molto del suo mordente.<br />
Omero 51
52<br />
Profilo<br />
Composizione,<br />
pubblicazione,<br />
trasmissione<br />
I poemi come<br />
testimonianza<br />
di oralità<br />
Indizi di oralità<br />
È per questo che la principale caratteristica dei temi epici è la loro tipicità, che si estende<br />
anche alla rappresentazione della psicologia dei personaggi: non a caso, si tende a descrivere<br />
gli aspetti psicologici che tutti possono osservare e che rivestono un interesse collettivo,<br />
e si trascurano invece i risvolti più intimi e privati. Tale tipicità, che è poi alla base delle<br />
varie forme di stilizzazione epica, è diretta a interessare tutti i componenti del gruppo raggiungibili<br />
dalla voce di chi recita nella narrazione epica, la quale è una vera e propria celebrazione<br />
appunto perché in essa si esaltano i valori considerati positivi di quella cultura in<br />
cui l’intera collettività si riconosce. L’epos è dunque il luogo della lode: la violenta lite fra<br />
Achille e Agamennone (Iliade 1) e la presentazione del diverso e non eroico Tersite (Iliade<br />
2) sono solo eccezioni che confermano la regola.<br />
MEMO Definire i poemi omerici: le parole chiave<br />
«enciclopedia tribale» i poemi omerici sono depositari del sapere<br />
e delle tradizioni di una civiltà intera<br />
ecumenicità i poemi omerici sono destinati a tutta la collettività<br />
tipicità i poemi omerici descrivono personaggi e fatti<br />
sottolineando gli aspetti di rilievo per tutta la comunità<br />
3. I poemi omerici tra oralità e scrittura<br />
Stabilita la natura dei poemi omerici dal punto di vista dei contenuti, resta ora da capire<br />
in che modo siano stati composti. All’inizio di questa sezione (p. 45) si è fatto riferimento<br />
alla composizione orale dei poemi: un lungo processo che ha richiesto secoli di elaborazione<br />
prima di giungere alla forma che noi leggiamo oggi, quella che a un certo momento<br />
venne fissata mediante la scrittura.<br />
Uno sforzo che i poemi omerici ci chiedono è quello di avvicinarci a essi dimenticando il<br />
nostro abituale atteggiamento storico-letterario: queste opere sono composte, pubblicate<br />
e trasmesse in un modo non usuale per noi e completamente diverso dalla prassi moderna.<br />
In particolare, i due poemi omerici furono:<br />
1. composti oralmente, senza l’ausilio della scrittura;<br />
2. pubblicati attraverso una recitazione orale davanti a un pubblico di ascoltatori<br />
(quella che chiameremo pubblicazione ‘aurale’, e cioè destinata all’orecchio);<br />
3. trasmessi dapprima oralmente, poi per iscritto.<br />
3.1 L’oralità<br />
Quando si parla di ‘oralità dei poemi omerici’, bisogna fare due precisazioni preliminari.<br />
Innanzitutto, nella prima fase compositiva per ‘oralità’ si intende oralità integrale ovvero primaria,<br />
e cioè la composizione senza il tramite della scrittura. In secondo luogo, per ‘poemi’<br />
si intende non il testo che abbiamo di fronte, ma tutti i suoi stadi anteriori, che dovevano<br />
essere integralmente orali e certo più abbondanti e ricchi di varianti narrative ed espressive:<br />
le redazioni scritte sono venute dopo. In altre parole: i poemi non sono un documento di oralità<br />
– il che sarebbe stato possibile solo con i mezzi moderni di registrazione del suono – ma<br />
una testimonianza di oralità, perché li abbiamo di fronte a noi come un testo scritto.<br />
Il valore dei poemi come testimonianza di poesia orale lo ricaviamo da una serie di indizi<br />
interni. Innanzitutto il metro: l’esametro (vedi p. 46), con la sua regolarità ritmica, è il<br />
segno di una lunga elaborazione orale. In secondo luogo la formularità, che è un forte<br />
indizio di composizione orale, non solo nel senso più banale di fornire un aiuto alla memoria<br />
del cantore, ma anche in quanto strumento compositivo più ampio della parola e aiuto<br />
all’orientamento dell’ascoltatore.
Da Gilgamesh al Cid Una fase orale di composizione<br />
e di trasmissione per la poesia epica è testimoniata anche<br />
dalla comparazione con culture simili a quella greca<br />
prearcaica. Si possono qui ricordare il Gilgamesh, epos<br />
mesopotamico che risale a una tradizione orale del III millennio<br />
a.C. e a tradizioni scritte a partire dal XVIII secolo<br />
a.C.; il Beowulf, poema di tradizione anglosassone<br />
3.2 Il problema della scrittura<br />
PER APPROFON<strong>DI</strong>RE<br />
Epiche a confronto<br />
Omero 53<br />
datato all’VIII-XI secolo; l’Edda, raccolta di carmi norreni<br />
composti per gran parte in Islanda e risalenti al X-<br />
XIII secolo; la Chanson de Roland, la più famosa canzone<br />
di gesta del Medioevo francese con redazioni dal XII<br />
secolo in poi; il Nibelungenlied, poema epico di area tedesca<br />
meridionale composto nel XIII secolo; il Cid, poema<br />
cavalleresco spagnolo risalente al XII-XIV secolo.<br />
Una prova dell’oralità originaria dei poemi viene anche dalla storia della scrittura in<br />
Grecia. Per assegnare fin dall’inizio la composizione dell’epos alla tecnica scrittoria bisognerebbe<br />
supporre che la materia epica abbia preso forma solo dopo l’introduzione della<br />
scrittura alfabetica, e cioè verso la metà o la fine dell’VIII secolo a.C., e per di più in un<br />
periodo piuttosto breve: già nel VII secolo a.C. Esiodo e Archiloco, che fanno uso della<br />
scrittura, mostrano di avere i poemi omerici nel loro patrimonio poetico. Ora, una così<br />
tardiva nascita dell’epos, redatto subito per iscritto, sembra improbabile, perché la memoria<br />
della cultura e degli eventi del passato si sarebbe dovuta conservare in un’ipotetica veste<br />
formale diversa per prendere poi in breve tempo forma esametrica e scritta. Ma l’esametro<br />
omerico, come abbiamo visto (p. 47), è frutto di una lunga elaborazione e di un perfezionamento<br />
ritmico che è concepibile solo nell’arco di un ampio periodo di sviluppo: l’esametro,<br />
e insieme con esso l’epos, è dunque più antico della scrittura.<br />
Inoltre, la menzione della scrittura nei poemi sembra essere o molto scarsa o addirittura<br />
nulla. I passi che normalmente vengono citati sono due: uno è il sorteggio dei guerrieri<br />
achei per la singolar tenzone con Ettore (Iliade 7,175 ss.), in cui i nomi (o i simboli) vengono<br />
posti nell’elmo di Agamennone; l’altro è il messaggio affidato a Bellerofonte da Preto<br />
(Iliade 6,168 ss.) con i «segni funesti» (shvmata lugrav) che devono portare l’eroe a essere<br />
ucciso. Già gli alessandrini non avevano considerato queste come testimonianze di vera e<br />
propria scrittura: infatti, anche stando alla terminologia, i due passi dovevano riferirsi a<br />
simboli figurativi, e non a segni sillabici o alfabetici. Sembra proprio che dall’immaginario<br />
dell’epos la scrittura sia assente: un altro forte indizio a favore dell’originaria oralità dei<br />
poemi.<br />
3.3 La mistione di oralità e scrittura<br />
Alcune spie linguistiche rivelano il graduale passaggio dalla fase orale a un’ulteriore elaborazione<br />
compositiva condotta direttamente per iscritto: sono la frequente violazione della<br />
formularità e i fatti linguistici recenti. In sezioni come la cosiddetta Eneide (e cioè l’aristìa<br />
di Enea, Iliade 20,75-352) e nella Dio;~ ajpavth (l’«inganno di Era a Zeus», Iliade 14,153-<br />
351) ci sono innovazioni linguistiche accanto a violazioni della formularità: sembra proprio<br />
che si tratti di sezioni rielaborate in età scrittoria, con voluti richiami a distanza secondo<br />
i modi della letteratura posteriore. E proprio passi come questi dimostrano efficacemente<br />
come i poemi omerici siano un composto chimico che non si può risolvere nelle<br />
sue componenti, essendo ormai irreversibile l’amalgama.<br />
Un problema<br />
di date<br />
Nei poemi si<br />
parla di scrittura?<br />
La rielaborazione<br />
scritta: le spie<br />
linguistiche
54<br />
Profilo<br />
Elementi nuovi<br />
in sezioni antiche<br />
Una realtà<br />
(antica)<br />
micenea...<br />
...e una realtà<br />
(recente)<br />
di epoca arcaica<br />
Un’altra prova di interventi elaborati non nella fase orale, ma direttamente con l’ausilio<br />
della scrittura, è data dalla presenza di tratti linguistici più recenti all’interno di sezioni<br />
sicuramente antiche: per esempio, nelle sezioni che vengono ricondotte dai critici al<br />
nucleo dell’‘ira’ di Achille possiamo incontrare fatti linguistici o anche dati storici più<br />
recenti. Del resto, è logico che la fama raggiunta da alcune sezioni narrative le abbia esposte<br />
a interventi e rimaneggiamenti più o meno estesi: proprio l’uso frequente (che ha significato<br />
una moltiplicazione di pubblicazioni e di trasmissioni) ha esposto questi testi a corruzioni<br />
di vario tipo.<br />
Anche gli elementi storici e sociali a cui si allude nei poemi mostrano la stratificazione di<br />
realtà appartenenti a epoche diverse, e quindi corrispondenti a fasi compositive diverse.<br />
All’età micenea si possono ricondurre, per esempio, il grande scudo di Aiace che copre<br />
tutta la persona, la spada con chiodi d’argento (favsganon ajrgurovhlon è formula frequente,<br />
vedi in miceneo pa-ka-no, «spada», e a-ku-ro, «argento») e l’elmo con zanne di<br />
cinghiale (Iliade 10,261 ss., in un libro già dagli antichi considerato tardo!). Al Medioevo<br />
ellenico risale invece l’uso di cremare i cadaveri. In tutti questi casi si tratta di oggetti e<br />
usanze che appartengono a un’epoca senza scrittura (il Medioevo ellenico) o in cui la<br />
scrittura non sembra essere stata usata a fini letterari (l’età micenea, vedi p. 24): la loro<br />
presenza nei poemi può quindi essere garantita solo da una lunga fase compositiva di tipo<br />
orale.<br />
Al tempo stesso, però, in altri passi dei poemi compaiono fatti che rimandano a momenti<br />
storici successivi all’introduzione della scrittura. Secondo alcuni, per esempio, il<br />
Catalogo delle navi nel II libro dell’Iliade presenterebbe una geografia della Grecia propria<br />
già dell’epoca arcaica (altri ritengono però che esso rispecchi la situazione geografica e<br />
politica dell’epoca micenea). Possiamo inoltre affermare che sono recenti i versi su<br />
Salamina (Iliade 2,557 s.), già riconosciuti dagli antichi come interpolazioni attiche destinate<br />
ad affermare l’atticità dell’isola, contesa con Megara e a Megara tolta ai tempi di<br />
Solone. Interventi di questo tipo, di cui è stata responsabile la redazione pisistratea (vedi<br />
p. 49), mostrano che i poemi hanno continuato a crescere su se stessi anche in epoca scrittoria,<br />
e cioè dopo l’VIII secolo.<br />
MEMO Oralità e scrittura nei poemi omerici<br />
oralità scrittura<br />
le fasi composizione fissazione<br />
pubblicazione (pubblico di ascoltatori) composizione<br />
trasmissione trasmissione<br />
gli indizi alto livello di elaborazione<br />
dell’esametro omerico<br />
innovazioni linguistiche<br />
formularità violazioni della formularità<br />
convivenza, nelle medesime sezioni<br />
narrative, di elementi storici recenti<br />
con dati storico-sociali riconducibili<br />
a epoche precedenti<br />
4. L’aedo: una figura in evoluzione<br />
4.1 L’aedo omerico e il suo pubblico<br />
Finora abbiamo precisato la tecnica compositiva dei poemi: ma che statuto avevano nella<br />
cultura eroica gli aedi, ai quali era affidato il delicato compito di comporre e trasmettere<br />
le gesta eroiche?
L’Odissea è la nostra fonte principale per la figura del cantore dell’epoca creativa e orale.<br />
Femio, l’aedo degli Itacesi, e Demòdoco, l’aedo dei Feaci, sono i primi che conosciamo;<br />
lo stesso Odisseo, che racconta i suoi viaggi, riceve dal re Alcinoo il complimento di aver<br />
narrato «come un aedo» (Odissea 11,368).<br />
Gli aedi di cui parlano i poemi omerici operano inizialmente nell’ambiente di una corte<br />
nobiliare e trovano nel ristretto pubblico dell’‘aristocrazia di palazzo’ il loro destinatario<br />
privilegiato. Questo spiega perché la figura del cantore professionista, pressoché assente<br />
nell’Iliade, che è un poema ambientato in uno scenario di guerra, sia invece ben rappresentata<br />
in un epos come quello odissiaco, così ricco di momenti tratti dalla vita delle corti.<br />
Presso la corte l’aedo svolge anche un ruolo politico, come dimostra l’anonimo aedo di<br />
Agamennone (Odissea 3,267-272) lasciato in patria con funzioni quasi di sovrintendente<br />
e di sorvegliante della regina: una specie di ministro.<br />
L’attività dell’aedo, ossia la sua capacità di conoscere le oi[ma~ pantoiva~, «le molteplici vie<br />
del canto», si configura come una dote di origine divina, una capacità che un dio o, più<br />
specificamente, le Muse possono instillare nel cantore. L’aedo dunque, non diversamente<br />
dal profhvth~, l’«indovino» con cui non a caso (come Demodoco e lo stesso Omero) condivide<br />
l’emblematica caratteristica fisica della cecità, è un prescelto e un ispirato (qevspi~),<br />
il possessore di un’arte che non si impara e di un sapere che non è frutto di apprendimento.<br />
L’aedo è pertanto autodidatta, aujtodivdakto~, come Femio dice di se stesso, in quanto<br />
la sua sofiva e la sua capacità creativa gli derivano spontaneamente dalla sfera divina; e<br />
inoltre è qeiò~, «divino», proprio perché esercita una funzione di tramite tra mondo degli<br />
dèi e mondo degli uomini.<br />
Ma gli aedi costituiscono anche la memoria culturale della società di cui fanno parte e, in<br />
particolare, del gruppo nobiliare a cui sono legati: loro è infatti il compito di ricordare e<br />
rievocare quel passato eroico nel quale il pubblico che li ascolta vede rispecchiato, confermato<br />
e codificato tutto il proprio sistema di valori. La materia privilegiata del canto aedico<br />
sono infatti i kleva ajndrw`n, le «glorie d’eroi», a cui si affianca, come nel caso dei tre<br />
canti di Demodoco nell’VIII libro dell’Odissea, il racconto di episodi mitici legati al<br />
mondo divino, quali gli «amori di Ares e Afrodite» (8,266-369): il quadro tematico che se<br />
ne deduce mostra così una perfetta coincidenza con il tessuto narrativo degli stessi poemi<br />
omerici, in special modo dell’Iliade, in cui il racconto delle imprese eroiche è intervallato<br />
da ampie scene che hanno come protagonisti gli dèi.<br />
In ambito tematico, comunque, il cantore epico opera una selezione: la materia che sceglie<br />
di trattare ha la funzione di celebrare un’aristocrazia guerriera, conferendole legittimità<br />
politica e presentandola come modello di comportamento. È proprio grazie a questa<br />
scelta che l’eros è assente dalle tematiche accolte nell’epos, che l’amore è un sentimento<br />
manifestato soprattutto dai personaggi femminili e che il pianto di un eroe è ammesso solo<br />
in determinate circostanze (vedi p. 42).<br />
Quanto alla capacità compositiva degli aedi, abbiamo visto come le formule, l’esametro e<br />
persino le scene tipiche costituiscano un preziosissimo ausilio alla memoria del cantore,<br />
che compone e recita i suoi versi oralmente. Ebbene, se la memoria dell’aedo è importante,<br />
anche quella di chi ascolta va tenuta in conto. Chi ascolta (e quindi non legge) ha infatti<br />
bisogno di punti di riferimento in un flusso comunicativo che si svolge nel tempo della<br />
recitazione (e non nello spazio della pagina), ed è più che mai condizionato, nel suo ascoltare,<br />
da quello che viene chiamato l’orizzonte di attesa, e cioè dalle aspettative che il canto<br />
induce a concepire. Il susseguirsi delle azioni, e la loro ordinata scansione nelle formule,<br />
sono i fattori di orientamento in un ascolto che si svolge nel tempo (funzione analoga svolge<br />
in campo musicale la ripetizione dei motivi-guida).<br />
L’intimo rapporto che si stabilisce fra il cantore epico e il suo pubblico presuppone quindi<br />
lo stabilirsi di quella che viene definita empatia, ovvero lo stato emozionale di partecipazione<br />
che lega l’autore-cantore e il pubblico.<br />
Omero 55<br />
L’aedo<br />
nell’Odissea:<br />
un poeta di corte<br />
T37<br />
Le doti divine<br />
dell’aedo<br />
L’aedo come<br />
memoria<br />
di una società<br />
T26<br />
La selezione<br />
epica<br />
T1-T10<br />
L’importanza<br />
della memoria<br />
L’empatia
56<br />
Profilo<br />
T38<br />
Dalla corte<br />
alle feste religiose<br />
Sul piano della comunicazione, infatti, nei poemi viene dato particolare risalto al rapporto<br />
empatico che si istituisce tra l’aedo e il suo uditorio: quando l’aedo intona i suoi canti brotw`n<br />
qelkthvria, «malìa degli uomini» (Odissea 1,337), il pubblico tace, presta attenzione incantato<br />
(Odissea 1,325-326), e «gode nel cuore ascoltando» (Odissea 8,368-369). Anche questo<br />
effetto che l’aedo sa produrre sugli ascoltatori viene ricondotto al suo essere qevspi~, «ispirato»,<br />
depositario cioè di un sapere e di una forza comunicativa di natura divina; infatti Odisseo,<br />
che per due volte si commuove e piange ascoltando il racconto di Demodoco su fatti concernenti<br />
la guerra troiana, dice al cantore di onorarlo al di sopra di tutti i mortali, perché viene<br />
sicuramente dagli dèi la sua capacità di narrare gli eventi come se li avesse vissuti.<br />
4.2 Dall’aedo al rapsodo<br />
Anche se i poemi omerici presentano l’aedo come un poeta di corte, non si deve pensare<br />
che questa situazione fosse ancora attuale nella Grecia di età arcaica: il ritratto socio-politico<br />
dell’aedo delineato nei poemi rispecchia una realtà più antica, valida sicuramente per<br />
l’epoca micenea e per il Medioevo ellenico, ma non per l’età arcaica, nella quale le monarchie<br />
venivano sostituite dalle poleis.<br />
Già all’epoca di Esiodo, come vedremo, e quindi già agli inizi del VII secolo, l’occasione<br />
in cui avvenivano le recitazioni dell’epos non erano più i banchetti che si svolgevano presso<br />
la corte di un re, bensì le feste religiose che venivano celebrate o a livello pangreco (le<br />
cosiddette panhguvrei~) oppure a livello locale (vedi la scheda a p. 148).<br />
Parallelamente a questo mutamento di contesto socio-culturale, nel corso del tempo l’epos<br />
esaurì la sua stagione creativa e si ridusse alla semplice ripetizione di racconti epici già<br />
fissati e consacrati dalla tradizione. Per distinguere le due fasi si suole designare con il termine<br />
aedo chi racconta (e a suo modo crea) l’epos, e con il nome di rapsodo (rJayw/dov~,<br />
da rJavptw, «cucire», o da rJavbdo~, «bastone», attributo del cantore) chi l’epos lo racconta<br />
soltanto, senza comporlo originalmente. Questa seconda definizione compare solo a partire<br />
dal V secolo a.C., prima con Erodoto e poi con Platone, che designa così Ione, il cantore<br />
di professione che dà il titolo a uno dei più celebri dialoghi del filosofo.<br />
MEMO L’aedo e il rapsodo<br />
chi è cosa fa in quale contesto opera<br />
aedo un poeta di corte compone in modo esegue i canti epici<br />
originale i canti epici nelle corti dei re<br />
rapsodo un cantore itinerante, riprende i canti epici esegue i canti epici<br />
spesso appartenente ormai fissati nella in feste religiose<br />
a una consorteria tradizione e li ripete, panelleniche o locali<br />
senza più comporre<br />
in modo originale<br />
Bibliografia<br />
Sulla sterminata bibliografia omerica dà un utile orientamento A. HEUBECK, Die homerische Frage,<br />
Darmstadt 1974.<br />
Le principali edizioni critiche dei poemi sono D.B. MONRO –TH.W. ALLEN, Oxford 1920 (Il.) e TH.W. ALLEN,<br />
Oxford 1917-19 (Od.); P. VON DER MÜHLL, Basel 1946 (Od.); H. VAN THIEL, Hildesheim 1993 (Il. e Od.); M.L.<br />
WEST, Lipsia 1998-2000 (Il.).<br />
Per i commenti fondamentali all’Iliade vedi G.S. KIRK (ed.), Cambridge 1985-93 (vol. I a cura di G.S. Kirk,<br />
1985; II, G.S. Kirk, 1990; III-IV, R. Janko, 1992; V-VI, N. Richardson, 1993); per l’Odissea, i 6 voll., Milano<br />
1981-86 (I a cura di S. West, II a cura di J.B. Hainsworth, III a cura di A. Heubeck, IV a cura di<br />
A. Hoekstra, V a cura di J. Russo, VI a cura di M. Fernandez-Galiano e A. Heubeck; la trad. it. del testo<br />
è di G.A. Privitera). Sulla base di un vecchio commento all’Iliade di AMEIS-HENTZE-CAUER è in corso di pubblicazione<br />
un nuovo commento a cura di un’équipe coordinata da J. LATACZ (sono usciti i Prolegomena<br />
e una serie di volumi relativi a diversi libri dell’Iliade, München-Leipzig 2000-2003).
Sui papiri: ST. WEST, The Ptolemaic Papyri of Homer, Köln-Opladen 1967.<br />
Per gli scolî e i commenti antichi: per l’Il. H. ERBSE, Berlin-New York 1969-88; per l’Od. W. <strong>DI</strong>NDORF, Oxford<br />
1855; M. VAN DER VALK, Eustathii Commentarii ad Homeri Iliadem pertinentes, I-IV, Leiden 1971-87.<br />
Le traduzioni più diffuse sono: Il. e Od. di R. CALZECCHI ONESTI, Torino 1963 e ristampe; Il. e Od. di<br />
M.G. CIANI, Venezia 1990, 1994; Il. di G. CERRI (con note di A. Gostoli), Milano 1996; Od. di F. FERRARI,<br />
Torino 2001; le classiche traduzioni di Monti e Pindemonte sono ora ristampate a cura di M. MARI, Milano<br />
1990 e 1993.<br />
Lessici: H. EBELING, Leipzig 1885; A. GEHRING, Leipzig 1891; B. SNELL, Lexikon des frühgriechischen<br />
Epos, Göttingen 1955 ss. Le concordanze di G.L. PRENDERGAST all’Il., 1875 e di H. DUNBAR all’Od., 1880<br />
sono ora riviste da B. MARZULLO, Hildesheim 1962.<br />
Studi generali: E.R. DODDS, I Greci e l’Irrazionale, trad. it. Firenze 1959 (Berkeley-Los Angeles 1951);<br />
B. SNELL, La cultura greca e le origini del pensiero europeo, trad. it. Torino 1963 2 (Hamburg 1948 2 );<br />
G. MURRAY, Le origini dell’epica greca, trad. it. Bari 1964 (Oxford 1934 4 ); D.L. PAGE, History and the Homeric<br />
Iliad, Berkeley-Los Angeles 1959; G.S. KIRK, The Songs of Homer, Cambridge 1962; AA.VV., A Companion<br />
to Homer, a cura di A.J.B. WACE e F.H. STUBBINGS, London 1962; M.I. FINLEY, Il mondo di Odisseo, trad. it.<br />
Roma-Bari 1978 (London 1964 2 ); W. SCHADEWALDT, Ilias-studien, Darmstadt 1965 3 ;F. CO<strong>DI</strong>NO, Introduzione<br />
a Omero, Torino 1965; H. FRÄNKEL, Wege und Formen frühgriechischen Denkens, München 1968 3 ;<br />
A. LESKY, Homeros, RE, Suppl. -Bd. XI, 1968, pp. 687-846; A. <strong>DI</strong>HLE, Homer-Probleme, Opladen 1970;<br />
L.E. ROSSI, I poemi omerici come testimonianza di poesia orale, in Storia e civiltà, 1, pp. 73-147; H.<br />
LLOYD-JONES, Remarks on the Homeric Question, in Greek Epic Lyric and Tragedy, Oxford 1990, pp. 3-<br />
20 (= 1981); J. LATACZ, Omero, il primo poeta dell’Occidente, trad. it. Bari 1990 (1985); F. MONTANARI,<br />
Introduzione a Omero, Firenze 1990; AA.VV., Homer. Die Dichtung und ihre Deutung, a cura di J. LATACZ,<br />
Darmstadt 1991; V. <strong>DI</strong> BENEDETTO, Nel laboratorio di Omero, Torino 1994; AA.VV., A New Companion to<br />
Homer, a cura di I. MORRIS e B. POWELL, Leiden-New York-Köln 1997; G. DANEK, Epos und Zitat: Studien<br />
zu den Quellen der Odyssee, Wien 1998; L.E. ROSSI, Dividing Homer: when and how were the «Iliad» and<br />
the «Odyssey» divided into songs?: (continued), «SO» 76 (2001), pp. 103-112; M. DAVIES, The folk-tale<br />
origins of the Iliad and the Odyssey, «WS» 115, 2002, pp. 5-43; F. MONTANARI –P. ASCHERI (edd.), Omero<br />
tremila anni dopo. Atti del Congresso di Genova 6-8 luglio 2002, Roma 2002; G. NAGY, Homeric<br />
Questions, Austin 2002; A. ERCOLANI, Omero. Introduzione allo studio dell’epica greca arcaica, Roma<br />
2006; M. D’ACUNTO – R. PALMISCIANO (edd.), Lo scudo di Achille nell’Iliade: esperienze ermeneutiche a<br />
confronto. Atti della giornata di studi, Napoli 12 maggio 2008, Pisa-Roma 2010.<br />
Su oralità e formularità: M. PARRY, The Making of the Homeric Verse, Oxford 1971; W. AREND, Die typischen<br />
Scenen bei Homer, Berlin 1933; A. LORD, The Singer of Tales, Cambridge, Mass. 1960;<br />
A. HOEKSTRA, Homeric Modifications of Formulaic Proto-types, Amsterdam 1965; J.B. HAINSWORTH, The<br />
Flexibility of the Homeric Formula, Oxford 1968; L.E. ROSSI, Wesen und Werden der Homerischen<br />
Formeltechnik, «Gött. Gel. Anzeigen» 223, 1971, pp. 161-174; E.A. HAVELOCK, Cultura orale e civiltà della<br />
scrittura, introd. di B. Gentili, trad. it. Bari 1983 2 (Oxford 1963); W.V. HARRIS, Lettura e istruzione nel<br />
mondo antico, trad. it. Bari 1991 (Cambridge, Mass. 1989); L.E. ROSSI, L’ideologia dell’oralità da Omero<br />
a Platone, in «Spazio letterario», I. 1, pp. 77-106; L. SBARDELLA, Polionimia divina ed economicità formulare<br />
in Omero, «QUCC» 43, 1993, pp. 7-44; L. SBARDELLA, Oralità. Da Omero ai mass media, Roma 2006.<br />
Sulla lingua: K. WITTE, Homeros. Sprache, RE VIII (2), 1913, pp. 2213-2247; J. WACKERNAGEL,<br />
Sprachliche Untersuchungen zu Homer, Göttingen 1916; K. MEISTER, Die homerische Kunstsprache,<br />
Leipzig 1921; P. CHANTRAINE, Grammaire homérique, I-II, Paris 1973 5 , 1963 2 ; C.J. RUIJGH, L’élément<br />
achéen dans la langue épique, Assen 1957; M. DURANTE, Sulla preistoria della tradizione poetica greca.<br />
I. Continuità della tradizione poetica dall’età micenea ai primi documenti, Roma 1971; A. HOEKSTRA, Epic<br />
Verse before Homer. Three Studies, Amsterdam-Oxford-New York 1981; R. JANKO, Homer, Hesiod and<br />
the Hymns: Diachronic Development in Epic Diction, Cambridge 1982.<br />
Sulla metrica: H. FRÄNKEL, Wege und Formen frühgriechischen Denkens, München 1968 3 , pp. 100-156;<br />
L.E. ROSSI, Estensione e valore del colon nell’esametro omerico, «Studi urbinati» 39, 1965, pp. 239-273;<br />
B. GENTILI –P. GIANNINI, Preistoria e formazione dell’esametro, «QUCC» 26, 1977, pp. 7-51. Questi tre<br />
lavori sono stati recentemente raccolti e ristampati, con integrazioni e modifiche (quello di Fränkel in traduzione<br />
italiana), nel vol. II di AA.VV., Struttura e storia dell’esametro greco, a cura di M. FANTUZZI e<br />
R. PRETAGOSTINI, Roma 1995-96.<br />
Sitografia<br />
Un repertorio online di tutti i papiri omerici, continuamente aggiornato, si trova all’indirizzo<br />
http://www.stoa.org/homer/homer.pl. Il testo dei commenti antichi a Omero (i cosiddetti scholia minora)<br />
è accessibile sulla rete mediante il portale Aristarchus (http://www.aristarchus.unige.it/scholia/<br />
index.php). Il testo originale e la traduzione inglese di Iliade e Odissea sono presenti all’indirizzo<br />
http://www.perseus.tufts.edu/hopper/collection?collection=Perseus:collection:Greco-Roman&redirect=true.<br />
A Omero e alla poesia omerica è dedicato un intero portale curato da un’équipe dell’università di<br />
Grenoble e visibile all’indirizzo http://w3.u-grenoble3.fr/homerica/.<br />
Omero 57
I luoghi della letteratura I luoghi della letteratura I luoghi della letteratura I luoghi<br />
I luoghi<br />
della letteratura<br />
Femio e Demòdoco: due poeti di<br />
corte Nell’Odissea compaiono due<br />
personaggi minori, ma di grande<br />
interesse per lo storico della<br />
letteratura: gli aedi Femio<br />
e Demodoco. Il primo canta<br />
nel palazzo di Odisseo a Itaca,<br />
il secondo alla corte di Alcinoo<br />
a Scheria. Sono due cantori<br />
di professione, e già i loro nomi<br />
rivelano l’alta considerazione<br />
sociale in cui sono tenuti: Femio è<br />
«colui che dà la fama», Demodoco<br />
«il nutrito dal popolo», in quanto<br />
mantenuto a spese della collettività<br />
perché cieco.<br />
Nel poema, la cornice in cui<br />
compaiono i due aedi è la stessa:<br />
Femio e Demodoco cantano per<br />
il sovrano e per la corte durante<br />
i banchetti, che si tengono<br />
nella grande sala della reggia.<br />
Omero ci mostra, dunque,<br />
la modalità di esecuzione della<br />
poesia epica attorno al 1200 a.C.,<br />
data in cui si svolsero la guerra<br />
di Troia e gli eventi successivi:<br />
il luogo in cui avvenivano<br />
le recitazioni epiche era il mégaron<br />
(mevgaron), l’ambiente che<br />
costituiva il cuore e il fulcro<br />
del palazzo miceneo. Ma come era<br />
fatto un mégaron? E quali funzioni<br />
aveva? Per ricostruirne i contorni,<br />
sono fondamentali tanto<br />
i ritrovamenti archeologici quanto<br />
la testimonianza fornita, appunto,<br />
dall’Odissea.<br />
Il mégaron omerico: le sue<br />
funzioni… Omero descrive sia<br />
il mégaron del palazzo di Odisseo<br />
a Itaca sia quello del palazzo<br />
di Alcinoo a Scheria, e la sua<br />
descrizione è stata confermata<br />
dai ritrovamenti archeologici a<br />
Pilo, Micene e Tirinto.<br />
Il mégaron era la sala in cui era<br />
custodito il fuoco, mantenuto vivo<br />
in un grande focolare circolare<br />
che spiccava al centro della sala.<br />
In quanto sala del fuoco, era<br />
l’ambiente più importante del<br />
Il luogo dell’epica:<br />
il mégaron<br />
Ricostruzione del mégaron di Nestore a Pilo.<br />
palazzo; per questo era anche la<br />
sala del trono, delle riunioni, delle<br />
udienze e dei banchetti. È naturale,<br />
dunque, che questo fosse anche<br />
il luogo in cui cantavano gli aedi,<br />
che allietavano i banchetti del re<br />
e della sua corte.<br />
…e il suo aspetto Il mégaron era<br />
una grande sala rettangolare:<br />
attorno al grande focolare centrale<br />
erano disposte simmetricamente<br />
delle colonne, in numero pari,<br />
che sostenevano il tetto, aperto in<br />
corrispondenza del focolare per far<br />
uscire il fumo. Nel punto mediano<br />
di una delle pareti lunghe si<br />
trovava il trono del sovrano; lungo<br />
i muri si allineavano i sedili<br />
destinati ai dignitari. L’ambiente<br />
era abbellito da affreschi,<br />
decorazioni, tavole per banchetti<br />
con vasellame prezioso e tessuti; il<br />
pavimento del mégaron della reggia<br />
di Odisseo non doveva essere<br />
lastricato, visto che nel libro XXI la<br />
terra viene scavata senza difficoltà<br />
per preparare la gara di tiro con<br />
l’arco.<br />
Al mégaron si accedeva da un<br />
portale posto su un lato corto,<br />
passando per un ingresso chiamato<br />
provdomo~, decorato e delimitato<br />
da quattro colonne; davanti<br />
all’ingresso si apriva un ampio<br />
cortile (ai[qousa) circondato<br />
da un porticato. Questo complesso<br />
tripartito è notevolmente diverso<br />
dal corpo centrale dei palazzi<br />
minoici: mentre questi<br />
presentavano ambienti bassi, ariosi,<br />
aperti e luminosi, il mégaron è alto,<br />
chiuso, isolato dagli altri ambienti<br />
e buio (in Omero il suo epiteto<br />
fisso è skioven, «ombroso»).<br />
Il mégaron è probabilmente<br />
un’innovazione architettonica<br />
portata da popoli settentrionali,<br />
abituati al freddo e al buio; la sua
struttura tripartita influenzerà in<br />
epoca storica la pianta dei templi<br />
greci.<br />
L’esecuzione epica e il suo<br />
pubblico Nell’Odissea Femio<br />
e Demodoco cantano per la corte<br />
di nobili accompagnandosi con<br />
uno strumento a corde (kítharis o<br />
phórminx), la cui cassa armonica<br />
è un guscio di tartaruga chiusa<br />
da una pelle bovina e da cui escono<br />
due corna unite da una barra, sulla<br />
quale sono tese le corde. Più che<br />
un canto spiegato, quello degli aedi<br />
doveva essere un recitativo senza<br />
grande estensione armonica;<br />
invece, in altre occasioni collettive<br />
(ad esempio, danze o riti funebri)<br />
descritte nei poemi omerici, gli<br />
aedi non eseguivano poesia epica<br />
ma lirica, caratterizzata da una<br />
melodia e da un ritmo più<br />
accentuati.Il canto viene eseguito<br />
durante il banchetto, mentre i<br />
dignitari di corte mangiano e<br />
bevono, perché «non v’è<br />
godimento più bello, /<br />
di quando la gioia pervade tutta<br />
la gente, / i convitati ascoltano<br />
nella sala il cantore / seduti con<br />
ordine, le tavole accanto son piene<br />
/ di pane e di carni, dal cratere<br />
attinge vino / il coppiere, lo porta<br />
e nelle coppe lo versa»,<br />
come dice Odisseo<br />
(Odissea 9,5-10).<br />
Il mégaron di Micene (XIII secolo a.C.): il sito com’è attualmente<br />
(sotto) e una ricostruzione che mostra le colonne e il focolare<br />
centrale.<br />
La materia del canto<br />
L’esecuzione dell’aedo può<br />
ammaliare il pubblico, e a Itaca<br />
Femio riduce al silenzio persino i<br />
Proci, di solito rozzi e<br />
rumoreggianti. Sia Femio<br />
sia Demodoco cantano, tra le altre<br />
cose, eventi molto recenti, cioè<br />
quelli relativi alla guerra di Troia,<br />
perché «gli uomini lodano di più<br />
quel canto / che suona più nuovo<br />
a chi ascolta», come afferma<br />
Telemaco (Odissea 1,350-351,<br />
trad. G.A. Privitera).<br />
La narrazione della guerra di Troia<br />
e dei ritorni degli eroi suscita forte<br />
commozione e dolore sia<br />
in Penelope, che nel libro I<br />
dell’Odissea chiede a Femio<br />
di cambiare argomento, sia in<br />
Odisseo, che nel libro VIII scoppia<br />
in lacrime al canto di Demodoco<br />
che narra le sue stesse gesta,<br />
costringendolo così a rivelare al re<br />
dei Feaci Alcinoo la propria<br />
identità (fino ad allora tenuta<br />
nascosta).<br />
Una situazione non più attuale?<br />
Resta infine da chiarire quanto<br />
questo ritratto dell’esecuzione epica<br />
fornitoci da Omero sia realistico.<br />
Omero narra eventi svoltisi alla<br />
fine dell’Età del Bronzo, quando<br />
ancora sorgevano i grandi palazzi<br />
micenei in cui ogni re aveva il suo<br />
aedo di corte che cantava nel<br />
Omero 59<br />
mégaron. Ma questa situazione era<br />
ancora attuale quando Omero<br />
componeva i suoi canti? Per<br />
rispondere, naturalmente,<br />
bisognerebbe stabilire se ci fu un<br />
‘Omero’ e quando visse.<br />
Come sappiamo, a questa<br />
questione possiamo solo rispondere<br />
che i poemi furono elaborati<br />
oralmente da numerosi aedi in<br />
quel vasto arco di tempo chiamato<br />
«Medioevo ellenico» (XII-VIII<br />
secolo a.C.). In questo periodo non<br />
esisteva più una regalità di tipo<br />
miceneo, che fu sostituita dalla<br />
polis, dapprima monarchica, poi<br />
aristocratica. Nella dimensione<br />
collettiva della polis,<br />
probabilmente, gli aedi cantavano<br />
in occasione di feste pubbliche<br />
a cui accorreva tutta la<br />
popolazione; e se cantavano –<br />
come è possibile che accadesse –<br />
nella casa di un nobile o di un<br />
sovrano, si trattava di edifici molto<br />
diversi da quelli micenei.<br />
L’esecuzione epica rappresentata<br />
nell’Odissea, dunque, non doveva<br />
essere più attuale nel «Medioevo<br />
ellenico». Resta comunque<br />
notevole che gli aedi di questo<br />
periodo conservassero una<br />
memoria storica delle modalità di<br />
esecuzione di epoche molto<br />
lontane, memoria che giunse loro<br />
attraverso una lunga eredità orale.<br />
I luoghi della letteratura I luoghi della letteratura I luoghi della letteratura I luoghi
Il profilo in sintesi<br />
60<br />
Questionario<br />
di riepilogo<br />
Dentro i fatti<br />
1. Secondo una tradizione antica ben consolidata, Omero era cieco: che cosa puoi dedurre da questa notizia per quanto<br />
riguarda la considerazione in cui Omero era tenuto nell’antichità?<br />
2. Fai una breve ricerca per individuare quali erano le varie città che, oltre a Chio e a Smirne, si contendevano i natali di<br />
Omero. Per quale motivo tante città ci tenevano a presentarsi come il luogo di origine di Omero?<br />
3. Fin dall’età tardo-arcaica e classica gli antichi si sono interrogati sulla natura della figura di Omero e dei poemi omerici,<br />
dando avvio a quella che in epoca moderna è stata definita come la ‘questione omerica’. Completa la mappa concettuale,<br />
individuando le fasi principali di questo importante dibattito critico ancora oggi aperto.<br />
Xenone ed Ellanìco (II secolo a.C.)<br />
.....................................................................................<br />
.................................................................................... sono tra i primi sostenitori della ‘redazione pisistratea’<br />
Vico e Wolf<br />
la critica analitica<br />
....................................................................................<br />
.....................................................................................<br />
......................................................................................<br />
......................................................................................<br />
considera i poemi omerici l’agglomerato di opere<br />
di autori diversi<br />
ritiene i poemi omerici frutto di un unico autore<br />
pone l’accento sul ruolo dell’oralità nella composizione,<br />
pubblicazione e trasmissione dei poemi omerici<br />
Dentro il genere<br />
4. Che cosa si intende con l’espressione «enciclopedia tribale» e per quali ragioni è stato possibile applicarla al genere letterario<br />
dell’epica e ai poemi omerici in particolare?<br />
5. In che modo l’oralità ha influenzato lo sviluppo del genere letterario dell’epica e in particolare i poemi omerici?<br />
6. L’esametro omerico<br />
a) è una forma metrica poco evoluta<br />
V F<br />
b) al suo interno si articola in quattro cola<br />
V F<br />
c) segue due leggi ritmiche fondamentali<br />
V F<br />
7. Completa lo schema sottostante indicando le principali componenti dialettali che contribuiscono a formare la lingua omerica.<br />
lingua omerica<br />
..................... eolico<br />
.....................<br />
Dentro l’opera<br />
8. Come viene presentata la figura dell’eroe nell’Iliade?<br />
9. Per quale motivo l’Odissea è un poema che può essere definito anche con il termine novsto"?<br />
10. La figura dell’aedo nei poemi omerici<br />
non è mai presente<br />
compare soltanto nell’Odissea<br />
è spesso oggetto di divagazioni metapoetiche<br />
11. Quali sono le principali tematiche presenti nella descrizione dello scudo di Achille? Fai una breve ricerca sulle caratteristiche<br />
materiali degli scudi nel mondo greco in età arcaica.<br />
12. Indica quali sono le principali differenze tra Iliade e Odissea sul piano delle tematiche trattate e delle tecniche narrative<br />
adottate.
La guerra di Troia<br />
secondo Troy<br />
Paese: USA<br />
Anno: 2000<br />
Regista: Wolfgang Petersen<br />
Cast: Brad Pitt (Achille), Eric Bana (Ettore), Orlando Bloom (Paride), Diane Kruger<br />
(Elena), Brian Cox (Agamennone), Brendan Gleeson (Menelao), Peter O’Toole<br />
(Priamo), Sean Bean (Odisseo), Julie Christie (Teti)<br />
Grecia, attorno al 1200 a.C. Agamennone, re di<br />
Micene, costringe i sovrani greci a un’alleanza e poi<br />
attacca la ricca città di Troia, prendendo a pretesto l’affronto<br />
subito da suo fratello Menelao, a cui il principe<br />
troiano Paride ha rapito la moglie Elena.<br />
L’immenso esercito greco radunato da Agamennone<br />
include grandi eroi, tra cui Achille, che però combatte<br />
solo per la propria gloria. Dopo lo sbarco, Achille litiga<br />
con Agamennone, che gli ha tolto la sacerdotessa Briseide,<br />
di cui Achille si è innamorato dopo averla presa prigioniera;<br />
sdegnato, l’eroe si ritira dal combattimento, privando<br />
i Greci del loro più valoroso campione. Il giorno successivo<br />
allo sbarco, reso difficile dalla resistenza organizzata<br />
dal principe troiano Ettore, Menelao sfida a duello Paride,<br />
che sta per avere la peggio quando Ettore lo salva, uccidendo<br />
il rivale. La battaglia che segue è una vittoria per i<br />
Troiani, che arrivano a incendiare l’accampamento e le<br />
navi dei Greci. Improvvisamente Achille ricompare sul<br />
Una rilettura<br />
dell’epos<br />
Non solo Iliade... La maggior<br />
parte degli eventi rappresentati nel<br />
film sono quelli narrati dall’Iliade,<br />
che comincia alla fine della guerra<br />
e si conclude con la morte di<br />
Ettore. L’antefatto, con il<br />
rapimento di Elena da parte di<br />
Paride, causa prima della guerra,<br />
era argomento dei perduti Canti<br />
Ciprii; ma nel film il rapimento<br />
diventa solo un pretesto per<br />
LA TRAMA<br />
campo di battaglia: Ettore gli si fa incontro e lo uccide in<br />
duello, ma quando gli toglie l’elmo scopre che si tratta di<br />
Patroclo, l’amato cugino di Achille che aveva indossato le<br />
armi del grande eroe per ridare speranza ai Greci.<br />
Sconvolto dalla morte di Patroclo, Achille torna a combattere,<br />
uccide Ettore a duello e ne oltraggia il cadavere.<br />
Soltanto davanti alle lacrime di Priamo, il vecchio re di<br />
Troia, Achille si muove a pietà e restituisce al vecchio<br />
padre il cadavere del figlio.<br />
Con la morte di Ettore il destino di Troia è ormai<br />
segnato: sotto la guida di Ulisse viene costruito un<br />
cavallo di legno, che con un inganno viene introdotto<br />
in città; di notte gli eroi greci nascosti al suo interno<br />
aprono ai compagni le porte della rocca e danno inizio<br />
al massacro. Durante la presa di Troia muoiono Priamo,<br />
Agamennone e Achille, trafitto dalle frecce di Paride,<br />
che porta in salvo i Troiani superstiti. La città è distrutta<br />
e il giorno dopo viene celebrato il funerale di Achille.<br />
scatenare una guerra che<br />
Agamennone vuole da tempo,<br />
e soprattutto scompare l’aiuto<br />
divino prestato da Afrodite a<br />
Paride nell’impresa. Gli<br />
avvenimenti successivi alla morte<br />
di Ettore, ovvero il celebre<br />
stratagemma del cavallo di Troia<br />
e la conseguente conquista della<br />
città, estranei all’Iliade omerica,<br />
trovano spazio nell’Odissea (libri<br />
IV e VIII) e nell’Eneide (libro II),<br />
e costituivano certamente<br />
l’argomento dei perduti poemi del<br />
‘Ciclo omerico’ intitolati Etiopide,<br />
Piccola Iliade e Distruzione di Ilio.<br />
Altri dettagli non presenti nelle<br />
fonti letterarie sono stati inventati<br />
dagli sceneggiatori.<br />
Troy voleva essere un film di<br />
successo, perciò i realizzatori<br />
hanno cercato la spettacolarità,<br />
hanno scelto un cast di prima<br />
grandezza, hanno usato largamente<br />
le tecniche digitali e non hanno<br />
badato a spese. Gli sceneggiatori<br />
non hanno esitato a mescolare<br />
l’Iliade, poema troppo statico<br />
e riflessivo, con altre opere o con<br />
invenzioni, per sceneggiare l’intero<br />
61<br />
I Greci al cinema
62<br />
I Greci al cinema<br />
mito della guerra di Troia e dare<br />
al racconto una spettacolarità più<br />
hollywoodiana. E infatti il pubblico<br />
ha decretato il successo<br />
commerciale della pellicola. Nel<br />
complesso, tra il mito e il film<br />
ci sono molte differenze, e queste<br />
sono di tre tipi: alcune sono dettate<br />
da una precisa ideologia; altre sono<br />
state dettate da esigenze<br />
drammatiche; altre ancora, infine,<br />
sono veri e propri errori.<br />
I personaggi: gli uomini…<br />
I personaggi più importanti<br />
dell’Iliade sono presenti nel film:<br />
Achille, Ettore, Paride, Elena,<br />
Agamennone, Menelao, Odisseo.<br />
Altri compaiono solo brevemente<br />
(ad esempio, Aiace Telamonio,<br />
Nestore ed Enea, raffigurato nel<br />
finale come un ragazzo, mentre<br />
in Omero è un generale di nobile<br />
famiglia); altri ancora sono stati<br />
eliminati del tutto (ad esempio,<br />
Criseide, Diomede e Aiace di<br />
Oileo), per non affollare troppo<br />
la storia.<br />
Lo scarto più vistoso riguarda<br />
Briseide, trasformata in una nobile<br />
sacerdotessa, cugina di Ettore,<br />
e soprattutto protagonista di una<br />
vera storia d’amore con Achille.<br />
La storia d’amore è un ingrediente<br />
indispensabile in un film odierno<br />
che aspiri al successo, tanto più che<br />
il ruolo di Achille è stato affidato<br />
a un sex symbol come Brad Pitt;<br />
tuttavia nell’Iliade questo aspetto,<br />
come è noto, è completamente<br />
assente, e non a caso nel film<br />
Achille non vuole rinunciare<br />
alla ragazza per non perdere<br />
l’onore, non perché la ami.<br />
Tutti i personaggi principali,<br />
comunque, hanno un destino<br />
diverso da quello del mito.<br />
Menelao e Aiace muoiono già<br />
il primo giorno di guerra, mentre<br />
il primo tornò in patria dopo aver<br />
recuperato Elena e il secondo si<br />
suicidò per il disonore di non aver<br />
ottenuto le armi di Achille dopo<br />
la sua morte. Priamo, Agamennone<br />
e Achille cadono durante la presa<br />
della città: anche nel mito Priamo<br />
muore in quella circostanza, ma<br />
ucciso da Pirro Neottolemo, figlio<br />
di Achille giunto a Troia dopo<br />
la morte del padre; quanto<br />
ad Agamennone, non fu ucciso<br />
da Briseide ma, una volta tornato<br />
in patria, dalla moglie Clitemestra<br />
con l’aiuto del suo amante Egidio;<br />
Achille, invece, morì poco dopo<br />
Ettore e ben prima della presa<br />
di Troia. Facendo morire tutti i<br />
personaggi del film in breve tempo,<br />
gli sceneggiatori hanno voluto<br />
identificare il destino dei<br />
personaggi con l’impresa bellica;<br />
tuttavia, per lasciare aperta una<br />
speranza finale, hanno lasciato<br />
in vita Paride (che nel mito muore<br />
poco prima della presa della città),<br />
che rispetto ai racconti antichi<br />
si mostra coraggioso e organizza<br />
la fuga dei Troiani superstiti, tra<br />
i quali Andromaca ed Enea.<br />
…e gli dèi Nel film mancano<br />
completamente gli dèi e il loro<br />
intervento nelle vicende umane,<br />
così importante per la concezione<br />
della responsabilità eroica<br />
nell’Iliade: Elena, moglie di<br />
Menelao, fugge con Paride non per<br />
l’incantesimo di Afrodite, ma<br />
perché insoddisfatta del suo<br />
matrimonio; Teti, divinità marina<br />
madre di Achille, è semplicemente<br />
una madre preoccupata per la sorte<br />
del figlio che passeggia in riva al<br />
mare e gli predice la gloria; Paride<br />
si salva dal duello con Menelao per<br />
l’intervento di suo fratello Ettore,<br />
non di Afrodite. Ma poiché mettere<br />
in scena gli dèi avrebbe consentito<br />
l’uso di effetti speciali e garantito<br />
scene di sicuro impatto visivo, la<br />
scelta di eliminarli deve essere stata<br />
dettata da una precisa ideologia. In<br />
effetti, nel film emerge più volte<br />
un certo sentimento antireligioso,<br />
come quando Achille, subito dopo<br />
lo sbarco, decapita la statua di<br />
Apollo, dio alleato di Troia (cosa<br />
che l’Achille omerico non avrebbe<br />
mai fatto), o come quando dice<br />
a Briseide che gli dèi sono invidiosi<br />
della vita umana.<br />
Sviste ed errori Altre differenze tra<br />
mito e film sono veri e propri<br />
errori, soprattutto riguardo alla<br />
rappresentazione della guerra, che<br />
pure era il centro del film e quindi<br />
meritava maggiore accuratezza.<br />
Achille (Brad Pitt) avanza con lo scudo, sotto una pioggia di frecce nemiche.
Anche all’interno dello stesso<br />
esercito compaiono scudi delle<br />
forme più variegate, e si vedono<br />
persino scudi oplitici, che sono di<br />
epoca molto successiva; durante lo<br />
sbarco, i Mirmidoni si dispongono<br />
con gli scudi a testuggine, una<br />
formazione usata solo molto più<br />
tardi dai Romani; Aiace usa un<br />
martello da guerra, arma di<br />
invenzione medievale; i duelli sono<br />
condotti con improbabili colpi<br />
acrobatici a metà tra videogame<br />
e arti marziali (per i duelli sono<br />
stati ingaggiati allenatori<br />
thailandesi, chissà perché…).<br />
Nel film ricorre inoltre la ‘spada<br />
di Troia’, un’arma-talismano che<br />
rappresenta la discendenza regale<br />
troiana e che Priamo affida a<br />
Paride, che dapprima mostra di<br />
non meritarla coprendosi di<br />
ridicolo nel duello con Menelao,<br />
e poi nel finale la affida a Enea. Le<br />
armi-talismano sono estranee alla<br />
cultura greca, mentre sono un<br />
elemento ricorrente del genere<br />
fantasy: probabilmente gli<br />
sceneggiatori si sono ispirati al<br />
fortunatissimo Il signore degli Anelli,<br />
dove la spada Andúril è il simbolo<br />
della regalità di Gondor.<br />
È infine curioso che tanto Sparta,<br />
capitale del regno di Menelao,<br />
quanto Larissa, dove risiede Achille,<br />
siano raffigurate sul mare, mentre<br />
Sparta dista dal mare poco meno<br />
di 30 km e Larissa più di 50.<br />
Le tematiche principali: la<br />
guerra… Nel film come nell’opera,<br />
la guerra è il fulcro narrativo.<br />
Tuttavia, il film ha tentato<br />
un’attualizzazione del conflitto: ha<br />
eliminato l’antefatto mitologico<br />
della contesa tra le dee e del<br />
giudizio di Paride e ha attribuito la<br />
colpa della guerra ad Agamennone,<br />
raffigurato come un generale<br />
imperialista. È evidente, da parte<br />
degli sceneggiatori, un tentativo di<br />
attualizzazione: lo sbarco dei Greci<br />
è ispirato allo sbarco in Normandia<br />
degli alleati nella seconda guerra<br />
mondiale, e l’avido espansionismo<br />
di Agamennone verso Oriente<br />
potrebbe essere una critica<br />
all’invasione statunitense dell’Iraq;<br />
ma non si può certo definire Troy<br />
un film di protesta o impegnato<br />
politicamente, essendo interessato<br />
solo alla spettacolarità.<br />
Quanto alla durata del conflitto,<br />
i nove anni della guerra di Troia<br />
sono stati ridotti per esigenze<br />
narrative, anche se la<br />
concentrazione degli eventi in<br />
pochi giorni operata dal film<br />
sembra francamente eccessiva<br />
(soprattutto il finale, troppo<br />
concentrato e convulso).<br />
…e la ‘civiltà di vergogna’ Il<br />
concetto antropologico di ‘civiltà<br />
di vergogna’ è stato nettamente<br />
semplificato e di fatto identificato<br />
con la ricerca di gloria in guerra da<br />
parte di Achille. All’inizio del film<br />
l’eroe sta per affrontare un<br />
avversario gigantesco e temibile,<br />
e quando un bambino gli dice che<br />
al posto suo si sarebbe sottratto al<br />
duello, Achille gli risponde : «Ecco<br />
perché nessuno ricorderà mai il tuo<br />
nome». Achille si decide inoltre<br />
a partire per Troia solo dopo che<br />
l’astuto Ulisse gli ha detto «Questa<br />
guerra non sarà mai dimenticata,<br />
né gli eroi che la combatteranno»:<br />
a seguito di questo colloquio, va<br />
infatti a salutare sua madre Teti,<br />
che gli preannuncia una vita breve<br />
ma piena di gloria.<br />
L’entrata del cavallo a Troia in una scena del film.<br />
La funzione della poesia come<br />
garante di gloria e di eternità,<br />
invece, è molto fedele a quanto<br />
vediamo nei poemi omerici,<br />
soprattutto nell’Odissea, dove gli<br />
aedi cantano la guerra di Troia<br />
appena conclusa. All’inizio del film<br />
una voce narrante anonima (forse<br />
Omero?) recita: «L’uomo è<br />
ossessionato dalla dimensione<br />
dell’eternità. Per questo si chiede:<br />
“Le mie azioni riecheggeranno nei<br />
secoli a venire?”». Alla fine, la stessa<br />
voce proclama: «Così si racconterà<br />
la mia storia; si dica che ho<br />
camminato con i giganti. Gli<br />
uomini sorgono e cadono come se<br />
fossero grano invernale, ma questi<br />
nomi non periranno mai: si dica<br />
che ho vissuto al tempo di Ettore,<br />
domatore di cavalli; si dica che<br />
ho vissuto al tempo di Achille».<br />
Altri aspetti della ‘civiltà di<br />
vergogna’ sono stati eliminati per<br />
vari motivi. La considerazione della<br />
donna come ‘premio’ di guerra da<br />
mostrare alla collettività di guerrieri<br />
è eliminata in favore di una<br />
concezione dell’amore più<br />
romantica e più adatta a un film.<br />
Quanto alla responsabilità delle<br />
azioni umane, che in una ‘civiltà di<br />
vergogna’ è interamente ricondotta<br />
agli dèi, il film la attribuisce agli<br />
uomini stessi, in quanto gli dèi<br />
sono stati completamente eliminati<br />
dalla sceneggiatura.<br />
63<br />
I Greci al cinema
Antologia<br />
OMERO<br />
LeggereOMERO I PERSONAGGI <strong>DI</strong>VINI<br />
Gli dèi umani di Omero<br />
LE TEMATICHE DELL’ILIADE<br />
(T24-T26)<br />
SUL LIBRO<br />
La guerra<br />
e la sua etica<br />
(T1-T8)<br />
La rappresentazione<br />
dei sentimenti:<br />
amore e dolore<br />
(T9-T10)<br />
IL RACCONTO DELL’O<strong>DI</strong>SSEA<br />
I viaggi<br />
(T11-T16)<br />
Il ritorno a casa<br />
(T17-T23)<br />
1. Le tematiche dell’Iliade<br />
La guerra e la sua etica<br />
ON LINE<br />
ALTRI TEMI DELL’ILIADE<br />
La morte e il dolore<br />
(T27-T31)<br />
NEL LABORATORIO<br />
DELL’EPICA<br />
L’«enciclopedia tribale»<br />
(T32-T33)<br />
Le ‘scene tipiche’<br />
(T34-T36)<br />
La figura dell’aedo<br />
(T37-T39)<br />
L’Iliade si apre con un proemio (T1) in cui il poeta invoca la Musa affinché intoni il canto e narri l’ira<br />
di Achille, considerata il motore principale delle sofferenze degli Achei (T2) nel contesto della guerra<br />
di Troia. Proprio la guerra è il tema fondamentale dell’Iliade, narrata soprattutto come un susseguirsi<br />
di battaglie inframezzate dalle assemblee dei guerrieri, in cui i discorsi e il dibattito possono vedere<br />
anche l’emergere di figure ‘fuori dal coro’, come Tersite, antieroe per eccellenza, capace persino di controbattere<br />
ai maggiori condottieri achei (T3). Nel poema le vicende militari sono narrate sotto forma<br />
di episodi bellici prevalentemente ‘corali’, in cui gli Achei e i Troiani si contrappongono in gruppi compatti.<br />
A volte, però, un singolo eroe prende nettamente il sopravvento sugli altri e la narrazione si sofferma<br />
a celebrarne le imprese: si tratta di un’aristìa, vero e proprio momento di ‘eccellenza’ assoluta<br />
in cui l’eroe, spinto dalle proprie forze e dal favore divino, compie imprese superiori a quelle degli altri<br />
dominando incontrastato la scena bellica. Fra le principali aristìe del poema c’è quella di Diomede nel<br />
V libro (T4); la più importante e la più ampia è però quella di Achille, che ha inizio nel XIX libro, con<br />
la vestizione e il ritorno in battaglia dell’eroe, e si sviluppa ininterrottamente fino al XXII libro, culminando<br />
nell’uccisione di Ettore (T7).<br />
Le motivazioni che inducono Ettore a scontrarsi con Achille (T6) sono illuminanti per comprendere la<br />
concezione etica della guerra che permea di sé i poemi. Per gli eroi omerici ciò che conta non è la pro-
TRADUZIONE<br />
D’AUTORE<br />
(G. Cerri)<br />
Omero • Le tematiche dell’Iliade 65<br />
pria salvezza e neppure quella dei familiari, dei concittadini o dei compagni d’armi, bensì la timhv,<br />
l’«onore», e la reputazione di cui godono presso coloro che li circondano. Questo schema culturale<br />
viene definito dagli antropologi come espressione della «civiltà di vergogna», dominata dall’aijdwv", e<br />
cioè appunto dalla «vergogna», dal «pudore» che l’eroe prova nei confronti della collettività se il suo<br />
onore viene intaccato o leso. È per questo motivo che nel I libro Achille, offeso da Agamennone e quindi<br />
privato della timhv dovutagli in quanto capo militare, rinuncia ostinatamente a combattere, senza<br />
preoccuparsi né del buon esito della guerra né della salvezza del contingente greco. Ed è per difendere<br />
il proprio onore di guerriero di fronte ai suoi concittadini che nel XXII libro Ettore sceglie di affrontare<br />
Achille in duello, pur essendo consapevole di mettere così a repentaglio la propria vita e, con essa,<br />
il destino di Troia.<br />
Pur culminando nella rappresentazione della primitiva crudeltà della guerra, che giunge sino all’empia<br />
e spietata violenza inflitta da Achille al corpo di Ettore nel XXII libro, l’Iliade si chiude con un episodio<br />
di ethos totalmente opposto, nel quale vengono rivendicati al mondo eroico i valori della magnanimità<br />
e della compassione. Si tratta dell’incontro tra Achille e Priamo narrato nel XXIV libro (T8), una<br />
sezione che sia nella forma sia nei contenuti si rivela composta in epoca più recente. Essendo opera di<br />
un aedo più tardo, il XXIV libro dell’Iliade testimonia l’emergere di una concezione eticamente più evoluta<br />
tanto del mondo eroico quanto del mondo divino: l’odio, la violenza e la vendetta si ricompongono<br />
nel sentimento di pietà e appaiono soggetti a un nuovo limite etico.<br />
t1<br />
Il proemio dell’Iliade<br />
(Iliade 1,1-7)<br />
I proemi dei due poemi offrono un ottimo esempio della selezione operata sul materiale<br />
epico da parte dell’aedo. Il proemio dell’Iliade dichiara sin dalla prima parola quale sarà il motivo conduttore<br />
principale dell’intero poema: l’ira di Achille. Delle infinite «vie dei canti» che l’aedo poteva seguire<br />
nel repertorio epico sulla guerra di Troia, sceglie questa incentrata sulla mh`ni~ dell’eroe.<br />
metro: esametri dattilici<br />
Mh'nin a[eide qea; Phlhi>avdew ∆Acilh'o"<br />
oujlomevnhn, h} muriv∆ ∆Acaioi'" a[lge∆ e[qhke,<br />
polla;" d∆ ijfqivmou" yuca;" “Ai>di proi?ayen<br />
hJrwvwn, aujtou;" de; eJlwvria teu'ce kuvnessin<br />
5 oijwnoi'siv te pa'si, Dio;" d∆ ejteleiveto boulhv,<br />
ejx ou| dh; ta; prw'ta diasthvthn ejrivsante<br />
∆Atrei?dh" te a[nax ajndrw'n kai; di'o" ∆Acilleuv".<br />
Canta, o dea, l’ira di Achille figlio di Peleo,<br />
rovinosa, che mali infiniti provocò agli Achei<br />
e molte anime forti di eroi sprofondò nell’Ade,<br />
e i loro corpi fece preda dei cani<br />
5 e di tutti gli uccelli; si compiva il volere di Zeus,<br />
dal primo istante in cui una lite divise<br />
l’Atride, signore di popoli, ed Achille divino.<br />
vv. 1-4 Mh`nin ... hJrwvwn: «Canta, o dea, l’ira funesta del Pelide<br />
Achille, la quale innumerevoli dolori arrecò agli Achei, e scagliò<br />
nell’Ade molte anime forti di eroi». • qea;: si tratta della<br />
Musa. • ∆Acilhò~: genitivo corrispondente all’att. ∆Acillevw~;<br />
Achille è detto «Pelide» in quanto figlio di Pèleo. • oujlomevnhn:<br />
l’epiteto, che significa «funesto», viene da o[llumi, «mandare<br />
in rovina, uccidere».<br />
vv. 4-7 aujtou;~ ... ∆Acilleuv~: «e li rese preda per i cani e tutti<br />
gli uccelli, e (così) si compiva il volere di Zeus, da quando per<br />
la prima volta si divisero litigando l’Atride signore degli uomini<br />
e il divino Achille». • teu`ce: imperfetto senza aumento (att.<br />
e[teuce). • kuvnessin: dativo corrispondente all’att. kusiv. •<br />
oijwnoi`si: questo dativo equivale all’att. oijwnoi`~. • ejteleiveto:<br />
imperfetto equivalente all’att. ejtelei`to. • Diasthvthn: aoristo<br />
indicativo duale (senza aumento) corrispondente all’att.<br />
diesthvthn. • ejrivsante: participio duale.
66<br />
Antologia<br />
Guida<br />
alla lettura<br />
STRUTTURA<br />
7 versi:<br />
Dall’ira alla contesa Il proemio vero<br />
e proprio dell’Iliade si estende per<br />
v. 1 contiene l’invocazione alla Musa<br />
e la dichiarazione del contenuto<br />
vv. 2-3 alludono sinteticamente alle vicende belliche<br />
che porteranno alla morte molti valorosi guerrieri<br />
di entrambi gli schieramenti<br />
vv. 4-5 toccano un tema che verrà sottolineato spesso<br />
nel corso del poema: la triste sorte riservata ai<br />
cadaveri lasciati insepolti, preda di cani randagi<br />
e uccelli rapaci<br />
v. 5 allude alla promessa che nel corso del I libro<br />
Zeus farà a Teti di vendicare l’offesa arrecata<br />
ad Achille favorendo in guerra le sorti dei Troiani<br />
(vv. 493-530): la boulhv, la «decisione» del dio<br />
darà inizio a una fase della guerra in cui<br />
Agamennone e il suo esercito saranno la parte<br />
soccombente; l’anticipazione dei contenuti<br />
comincia dunque a spostarsi dal<br />
macrocontesto, rappresentato dall’intero<br />
poema, al microcontesto, coincidente con<br />
il I libro<br />
vv. 6-7 introducono al tema specifico del I libro:<br />
la contesa fra Agamennone e Achille che segna<br />
l’inizio della mh'ni"<br />
GENERI LETTERARI Il proemio: fra invocazione<br />
alla Musa... Il mondo epico lega<br />
la creatività e la sapienza poetica dell’aedo all’azione<br />
Variabilità e indipendenza dei proemi La necessità di<br />
adattare i proemi alle diverse occasioni esecutive comportò<br />
ovviamente che queste sezioni introduttive<br />
mantennero una notevole variabilità e indipendenza:<br />
il proemio dell’Iliade, come anche quello dell’Odissea<br />
(vedi T11), sono solo due tra i molti che vennero<br />
composti nel corso della prassi epica per introdurre<br />
singole recitazioni o diverse organizzazioni narrative.<br />
I due proemi alternativi dell’Iliade Ne sono prova, in<br />
particolare, i due proemi dell’Iliade, alternativi a quello<br />
‘vulgato’. Uno, secondo la testimonianza del pitagorico<br />
e peripatetico Aristosseno (IV-III secolo a.C.),<br />
era attestato in alcune ejkdovsei", «copie, edizioni» antiche<br />
del poema omerico:<br />
PER APPROFON<strong>DI</strong>RE<br />
I proemi alternativi dell’Iliade<br />
ispiratrice di un dio, in particolare della Musa (o delle Muse),<br />
divinità tutelare dell’arte poetica. Questa concezione<br />
trova la sua dimostrazione più evidente nel proemio,<br />
dove l’elemento caratteristico è proprio l’invocazione alla<br />
dea (v. 1) preposta all’ispirazione del canto: l’aedo le<br />
chiede di infondergli quella conoscenza dell’oi[mh («via del<br />
canto») prescelta, che (vedi T37) si riteneva provenisse<br />
al cantore da una sfera esterna e superiore.<br />
...e dichiarazione dei contenuti Ma la funzionalità del<br />
proemio non si limitava a questo: esso assolveva anche<br />
al compito, non secondario, di introdurre l’argomento<br />
della successiva narrazione, anticipandone il tema mitico.<br />
In altre parole il proemio orientava l’attesa del pubblico,<br />
facendo capire quale segmento del mito, ossia quale<br />
parte degli eventi compresi in una vasta saga eroica,<br />
l’aedo stava per affrontare. Muovendosi infatti nell’ambito<br />
di cicli di leggende che il pubblico ben conosceva<br />
nel loro svolgimento, l’aedo di volta in volta poteva cominciare<br />
il racconto da un momento qualsiasi di una<br />
determinata saga eroica, o scegliendolo da solo o adattandolo<br />
alle esigenze imposte dall’uditorio e dall’occasione.<br />
Prima di dare inizio al canto era dunque necessario<br />
che il cantore facesse capire al suo pubblico da dove<br />
avrebbe preso le mosse e verso quali eventi mitici<br />
avrebbe proceduto la sua narrazione: il proemio dell’Iliade<br />
fa capire che la oi[mh seguita tratterà gli eventi del<br />
ciclo mitico troiano dalla mh'ni" (v. 1) di Achille in<br />
avanti.<br />
“Espete nu`n moi, Mou`sai, ∆Oluvmpia dwvmat∆ e[cousai,<br />
o{ppw~ dh; mh`niv~ te covlo~ q∆ e{le Phleivwna<br />
Lhtou`~ t∆ ajglao;n uiJovn∑ oJ ga;r basilhì colwqeiv~...<br />
Narratemi ora, o Muse che abitate le case dell’Olimpo,<br />
in che modo l’ira colse il Pelide<br />
e lo splendido figlio di Latona. Costui infatti, adirato<br />
col re, ...<br />
Questo proemio alternativo attribuisce maggior rilievo,<br />
rispetto a quello ‘vulgato’, al motivo dell’ira di Apollo,<br />
ponendo quest’ultima sullo stesso piano della mh'ni" di<br />
Achille nella richiesta di ispirazione rivolta alle Muse.<br />
Nel testo iliadico ‘vulgato’, infatti, la menzione di<br />
Apollo e della sua ira compare solo dopo la conclusio-
ne del proemio vero e proprio, ai vv. 8-9, per raccordare<br />
il passaggio dal tema dell’ira al motivo della lite fra i<br />
due eroi achei: «Ma chi fu, tra gli dei, colui che li spinse<br />
a contesa? Fu il figlio di Leto e di Zeus: adiratosi<br />
contro il re...» (trad. G. Cerri). Il proemio tramandato<br />
da Aristosseno era dunque considerato alternativo a<br />
tutti i primi nove versi della ‘nostra’ Iliade.<br />
L’altro proemio alternativo è invece trasmesso come<br />
l’incipit della cosiddetta Iliade di Apellicone, nome di<br />
t2<br />
L’ira di Achille<br />
(Iliade 1,121-192; 223-246)<br />
Omero • Le tematiche dell’Iliade 67<br />
L’ira di Achille, che costituisce il nucleo centrale dell’Iliade, nasce da un forte scontro<br />
con Agamennone; all’origine della vicenda è la mancata restituzione da parte di quest’ultimo della<br />
schiava Criseide al padre Crise, sacerdote di Apollo. L’atteggiamento oltraggioso di Agamennone spinge<br />
Apollo a gettare una pestilenza contro gli Achei, impegnati nell’assedio di Troia da ormai dieci anni.<br />
Durante un’assemblea Achille apprende dall’indovino Calcante le ragioni della contrarietà di Apollo e<br />
rimprovera Agamennone. Questi allora minaccia Achille, dicendogli che gli avrebbe sottratto la schiava<br />
Briseide, suo bottino di guerra. A questo punto, Achille decide di allontanarsi dalla guerra e di ritirarsi<br />
nella sua tenda.<br />
Gli rispose allora il divino Achille dai piedi veloci:<br />
«Figlio di Atreo 1 , fra tutti il più illustre e il più avido, come potranno gli Achei generosi<br />
assegnarti un dono? In nessun luogo vi sono più beni comuni: quelli delle città che abbiamo<br />
bruciato sono stati divisi. Non è lecito che si rimetta tutto insieme di nuovo. Tu, ora,<br />
rendi al dio la fanciulla: e noi Achei ti ripagheremo tre quattro volte tanto, se mai Zeus ci<br />
concederà di abbattere Troia dalle belle mura».<br />
Gli rispose il potente Agamennone:<br />
«No, per quanto grande tu sia, divino Achille, non celare il tuo pensiero, perché non potrai<br />
ingannarmi e non potrai persuadermi. Vuoi tenerti il tuo dono mentre io resto privo del mio,<br />
e pretendi da me che restituisca Criseide? Lo farò se gli Achei generosi mi daranno un altro<br />
dono, scelto secondo il mio gusto, che sia pari a quello perduto; e se non me lo daranno,<br />
andrò a prenderlo io stesso, andrò e prenderò il tuo, o quello di Aiace o quello di Odisseo –<br />
si adirerà di certo colui dal quale mi recherò! Ma a queste cose potremo pensare anche dopo,<br />
adesso mettiamo in mare una nave nera, raccogliamo i rematori, carichiamo un’ecatombe e<br />
facciamo salire Criseide, la bella; alla guida sia posto uno dei principi, perché plachi con<br />
sacrifici il dio onnipotente: Aiace, Idomeneo 2 o il divino Odisseo, oppure tu, figlio di Peleo,<br />
che sei fra tutti l’eroe più grande».<br />
Lo guardò con odio e gli disse Achille dai piedi veloci:<br />
«Tu, uomo impudente e avido, quale mai degli Achei sarà pronto a obbedirti, a seguirti<br />
nelle marce o nelle aspre battaglie? Non sono venuto qui a combattere per i Troiani,<br />
a me nulla hanno fatto; non mi hanno rubato né buoi né cavalli, non mi hanno distrutto<br />
il raccolto nella fertile Ftia 3 , terra di eroi: monti pieni d’ombra sono fra noi, e il mare<br />
1. Il figlio di Atreo è Agamennone.<br />
2. Idomeneo è figlio di Deucalione, re di Creta. Le sue impre-<br />
un bibliofilo ateniese vissuto nel I secolo a.C.:<br />
Mouvsa~ ajeivdw kai; ∆Apovllwna klutovtoxon<br />
Le Muse canto e Apollo famoso per l’arco<br />
Almeno per quanto è dato capire da questo primo<br />
verso, il motivo dell’ira non è menzionato come primo<br />
argomento, e figura invece sin dall’inizio il nome di<br />
Apollo.<br />
se sono narrate nel XIII libro dell’Iliade.<br />
3. Ftia, nella pianura della Tessaglia, è la patria di Achille.
68<br />
Antologia<br />
dai molti echi. Te abbiamo seguito, uomo senza vergogna, per tua soddisfazione, per l’onore<br />
di Menelao, ma anche per il tuo, bastardo, nei confronti dei Teucri. Non pensi a<br />
questo, non te ne curi; e minacci di togliere a me il dono, quello per cui tanto ho penato,<br />
quello che mi hanno donato i figli dei Danai. Mai che ottenga un premio uguale al<br />
tuo, quando gli Achei distruggono una popolosa città dei Troiani; eppure sono le mie<br />
braccia a reggere il peso maggiore della guerra violenta; ma quando è il momento di<br />
spartire il bottino, a te tocca il dono più grande mentre io torno alle navi con il mio,<br />
piccolo e caro, dopo la fatica della battaglia. Ora però me ne vado a Ftia, perché è molto<br />
meglio ritornare a casa sulle concave navi piuttosto che rimanere qui senza onore e raccogliere<br />
tesori e ricchezze per te».<br />
Gli rispose a sua volta Agamennone, signore di popoli:<br />
«Vattene, se lo desideri, non sarò io a pregarti di rimanere; altri ho con me che mi faranno<br />
onore, e soprattutto Zeus, saggio e prudente. Fra i re di stirpe divina tu mi sei il più<br />
odioso: ami le risse, lo scontro, la guerra; sei molto forte, sì, ma questo è dono divino.<br />
Torna in patria con le tue navi e con i tuoi uomini, regna sui tuoi Mirmidoni 4 , di te non<br />
mi importa, la tua ira non mi turba. Anzi, ti dirò questo: poiché Febo Apollo mi toglie<br />
Criseide, la rimanderò indietro sulla mia nave, con i miei uomini. Ma verrò io stesso<br />
alla tua tenda e mi prenderò la bella Briseide, il tuo dono, perché tu sappia che sono più<br />
forte di te, e anche gli altri abbiano paura di tenermi testa e di parlarmi alla pari».<br />
Disse così. E il dolore colpì il figlio di Peleo; nel suo forte petto si divise il cuore, egli<br />
non sapeva se levare dal fianco la spada affilata, incitare gli altri alla rivolta e uccidere<br />
lui stesso l’Atride, o frenare l’impulso e calmare la collera.<br />
[...] Arriva poi Atena, mandata da Era, ed esorta Achille a placare la propria ira. L’eroe riesce<br />
così a frenare il proprio proposito di uccidere Agamennone, anche se non smette di rivolgersi<br />
all’Atride con parole minacciose e piene di sdegno.<br />
Allora di nuovo il figlio di Peleo si rivolse all’Atride con dure parole, senza frenare la<br />
collera:<br />
«Ubriaco, faccia di cane, cuore di cervo, che non osi combattere in armi con il tuo esercito,<br />
né prendere parte agli agguati con gli Achei valorosi: lo temi come la morte. Certo è<br />
molto più facile, nel vasto campo acheo, strappare i doni di guerra a chi osa contraddirti;<br />
re che divori il tuo popolo, che regni su gente da nulla: altrimenti, figlio di Atreo, avresti<br />
offeso per l’ultima volta. Ma ora io dico e pronuncio un gran giuramento. Per questo scettro,<br />
che non metterà più fronde né rami da quando ha lasciato il tronco tagliato sui monti,<br />
che non fiorirà più perché la scure gli ha tolto fogliame e corteccia tutt’intorno, ed ora lo<br />
portano in mano i figli degli Achei, coloro che fanno giustizia e vegliano sulle leggi in<br />
nome di Zeus: questo sarà davvero un gran giuramento. Verrà un giorno in cui i figli degli<br />
Achei, tutti, rimpiangeranno Achille; e allora tu soffrirai e non potrai aiutarli, quando<br />
molti di loro cadranno colpiti da Ettore, uccisore di uomini; e l’animo ti roderai per la<br />
rabbia di non aver onorato il più forte di tutti gli Achei».<br />
Così disse il figlio di Peleo e scagliò a terra lo scettro, ornato di borchie d’oro. Poi si sedette.<br />
(trad. di M.G. Ciani)<br />
4. I Mirmidoni sono un’antica popolazione greca che dall’isola di Egina si spostò in Tessaglia sotto la guida di Peleo. Al tempo<br />
della guerra di Troia su di loro regnava Achille.
t3<br />
Tersite: una voce fuori dal coro<br />
(Iliade 2,212-277)<br />
Omero • Le tematiche dell’Iliade 69<br />
Nel corso di un’assemblea Agamennone, per saggiare lo spirito e le reazioni del suo esercito,<br />
dichiara di voler abbandonare l’assedio di Troia; il discorso di Agamennone provoca la precipitosa<br />
fuga dei guerrieri verso le navi (pronti a imbarcarsi e a fare ritorno in patria), ma Odisseo riesce a fermare<br />
gli uomini e a farli tornare a più miti consigli.<br />
L’unico che continua a parlare è Tersite, rappresentato con toni estremamente realistici nella sua bruttezza<br />
e deformità, che per la mentalità greca sono anche il chiaro segno di un basso valore morale (non a caso,<br />
gli eroi omerici, Troiani e Achei – da Paride a Ettore, da Odisseo ad Achille – sono solitamente descritti come<br />
alti, vigorosi nelle membra e splendidi in volto): a questi caratteri fisici si accompagna un ardire insolito che<br />
lo spinge persino a scagliarsi verbalmente contro Agamennone, Odisseo e Achille. Tersite si guadagna così<br />
un ruolo molto particolare all’interno dei poemi omerici: è l’antieroe per eccellenza.<br />
Tersite 1 soltanto strepitava fuori misura: conosceva molte parole, nel cuore, ma senza<br />
ordine e senza scopo le usava per sparlare dei re, poiché gli sembrava di divertire gli Achei;<br />
era l’uomo più brutto che fosse venuto a Ilio: storto, zoppo di un piede; le spalle curve<br />
e ripiegate sul petto; la testa a punta coperta da una rada peluria. Era odioso più che<br />
a ogni altro ad Achille e a Odisseo, che spesso insultava; ma allora, con voce acuta, scagliava<br />
ingiurie contro il glorioso Agamennone; verso Agamennone gli Achei covavano<br />
ira violenta e rancore nell’animo, ma lui lo insultava urlando a gran voce:<br />
«Figlio di Atreo, che cosa vuoi, di che ti lamenti? La tua tenda è piena di bronzo, è piena<br />
di donne scelte, che noi Achei doniamo a te primo fra tutti, quando prendiamo una<br />
città; o forse ti manca l’oro, l’oro che ti porterà da Ilio qualche troiano domatore di<br />
cavalli per riscattare suo figlio, il figlio che legai e condussi io stesso o qualcun altro<br />
dei Danai – oppure vuoi una nuova schiava, per fare l’amore con lei, e conservarla per<br />
te, lontano dagli altri? No, non è giusto che un capo porti gli Achei alla rovina. Ah, vili<br />
ed infami, donne, non più uomini, torniamocene dunque a casa sulle nostre navi e<br />
lasciamo costui qui a Troia, a godersi i suoi doni, così vedrà se gli eravamo d’aiuto oppure<br />
no 2 ; è lui che ha recato offesa ad Achille, guerriero molto più forte; gli ha preso<br />
il suo dono d’onore, gliel’ha strappato lui stesso e se lo tiene; certo Achille non conosce<br />
l’ira nell’animo, è mite davvero, altrimenti, figlio di Atreo, oggi avresti offeso per<br />
l’ultima volta».<br />
Così diceva Tersite ingiuriando Agamennone, signore di popoli; ma gli fu accanto, rapido,<br />
il glorioso Odisseo che lo guardò torvo e lo assalì con dure parole:<br />
«Parli come uno stolto, Tersite, anche se sei un bravo oratore; ora basta, non osare, tu solo,<br />
dir male dei re; io dico che non vi è nessuno peggiore di te tra quanti vennero a Ilio insieme<br />
ai figli di Atreo; perciò non avere sempre i re sulla bocca, non insultarli; e non pensare<br />
al ritorno; noi non sappiamo ancora come andranno le cose, se vincitori o sconfitti i<br />
figli dei Danai faranno ritorno. Ora ti piace insultare il figlio di Atreo, Agamennone,<br />
signore di popoli, perché molti doni gli offrono i guerrieri achei, e parli lanciando oltraggi;<br />
ma questo ti dirò e questo avrà compimento; se ancora ti troverò a fare lo sciocco come<br />
fai ora – che la testa non mi rimanga più sulle spalle, che di Telemaco non possa dirmi più<br />
padre, se non ti prendo, se non ti tolgo le vesti, il mantello, la tunica che ti copre il sesso,<br />
se non ti caccio dall’assemblea e ti rispedisco piangente alle navi veloci, coperto di vergognose<br />
ferite».<br />
Così disse, e con lo scettro lo colpì sul dorso e sulle spalle; si piegò Tersite, dagli occhi gli<br />
scesero lacrime; una piaga gli si aprì sulla schiena ai colpi dello scettro d’oro; ebbe paura<br />
1. È da notare che Tersite viene presentato senza il patronimico,<br />
diversamente da quanto accade per tutti gli altri eroi epici.<br />
Questo dettaglio fa emergere con maggiore forza la bassa<br />
estrazione sociale del personaggio.<br />
2. Queste parole ricalcano le parole di Achille nel I libro<br />
dell’Iliade: pronunciate da Tersite, esse contribuiscono a delineare<br />
la figura anticonvenzionale del personaggio, in netta<br />
contrapposizione con l’eroe per eccellenza del poema.
70<br />
Antologia<br />
Guida<br />
alla lettura<br />
e sedette, dolorante, e con sguardo smarrito si tergeva le lacrime; risero tutti di lui, nonostante<br />
la loro pena e ognuno diceva al vicino:<br />
«Ah, certo Odisseo ci ha fatto mille volte del bene, dandoci buoni consigli e distinguendosi<br />
nella battaglia; ma oggi, in mezzo agli Argivi, ha fatto la cosa migliore, perché ha<br />
chiuso la bocca a questo villano arrogante: l’animo non lo spingerà più a insultare di<br />
nuovo i re con parole ingiuriose».<br />
(trad. di M.G. Ciani)<br />
STRUTTURA L’assemblea degli Achei L’episodio di<br />
Tersite si inquadra nel contesto di<br />
un’assemblea nel corso della quale gli Achei stanno decidendo<br />
la strategia da adottare nelle successive fasi della<br />
guerra di Troia. In particolare, dopo lo scoppio dell’ira di<br />
Achille nei confronti di Agamennone, quest’ultimo riceve<br />
da Zeus un sogno ingannatore (Il. 1,493-527) che gli suggerisce<br />
di raccogliere l’esercito e assaltare Troia. Il re degli<br />
Achei, deciso a saggiare la volontà dei propri uomini, li<br />
riunisce in assemblea e provocatoriamente propone loro di<br />
abbandonare il campo. Gli Achei iniziano così una fuga<br />
verso le navi e vengono fermati solo dalle parole di<br />
Odisseo, abile oratore capace di far tornare sui propri passi<br />
i compagni ormai stremati da anni di assedio.<br />
La figura di Tersite In questo quadro emerge la figura di<br />
Tersite, un uomo non appartenente all’aristocrazia, ma di<br />
umile estrazione sociale che, nondimeno, prende la parola<br />
con estrema forza e ardore nella tumultuosa assemblea<br />
degli Achei (Il. 2,212-214). Seguono versi in cui il personaggio<br />
di Tersite è presentato con dovizia di particolari,<br />
sia da un punto di vista fisico (vv. 216-219) – è l’uomo<br />
Percorso<br />
TEMATICO<br />
p. 127<br />
t4<br />
più brutto dell’esercito acheo – sia sotto il profilo dei suoi<br />
rapporti e dei suoi atteggiamenti nei confronti dei capi<br />
achei di spicco, quali Achille, Odisseo e Agamennone (vv.<br />
220-224).<br />
Il discorso di Tersite e la risposta di Odisseo I versi successivi<br />
contengono la forte invettiva lanciata da Tersite<br />
proprio contro Agamennone, colpevole con il suo comportamento<br />
di aver causato all’esercito acheo le più atroci<br />
sofferenze (vv. 225-242). Secondo uno schema consolidato<br />
nei poemi omerici, al discorso di Tersite fa subito da<br />
contraltare un discorso di risposta di Odisseo (vv. 246-<br />
264), che con le sue parole fa tacere la voce fuori dal coro<br />
di Tersite, colpito a tal punto da cadere affranto in lacrime<br />
e da suscitare l’ilarità dei compagni (vv. 265-270).<br />
L’episodio si conclude (vv. 271-277) con le parole di uno<br />
degli Achei, la cui identità non viene precisata: il guerriero,<br />
rivolgendosi a un altro compagno, loda le parole di<br />
Odisseo, grazie al quale l’arroganza di Tersite è stata definitivamente<br />
annientata e i valori eroici, come anche i tradizionali<br />
rapporti di forza nell’assemblea dei guerrieri<br />
achei, sono stati autorevolmente ristabiliti.<br />
L’eroe in campo: l’aristìa di Diomede<br />
(Iliade 5,111-165; 330-354; 846-863)<br />
Il V libro dell’Iliade è interamente dedicato all’aristìa di Diomede, l’eroe argivo figlio di<br />
Tìdeo che nel resto del poema (a parte la Dolonìa del X libro) figura semplicemente come uno dei molti<br />
capi achei impegnati nella guerra. Diomede assurge qui a un ruolo di assoluta preminenza. È ispirato e<br />
protetto da Atena, e non solo fa strage dei nemici come una furia incontenibile, ma nel suo impeto giunge<br />
addirittura a sfidare due divinità: dapprima Afrodite, accorsa in aiuto del figlio Enea, e poi lo stesso<br />
dio della guerra Ares, ferendoli entrambi.<br />
Disse così; e Stènelo balzò a terra dal carro,<br />
gli venne accanto, trasse l’acuto dardo dalla spalla, intero,<br />
spicciò il sangue attraverso il ben tessuto chitone.<br />
E allora Diomede potente nel grido pregò:
115 «Ascolta, creatura di Zeus egìoco 1 , Infaticabile,<br />
se mai con animo amico fosti vicina a me e al padre<br />
nella guerra crudele, adesso proteggimi, Atena.<br />
Dammi ch’io uccida quell’uomo – e venga a tiro di lancia –<br />
che mi colpì per primo, e se ne vanta e dice<br />
120 ch’io non vedrò per molto ancora la luce del sole» 2 .<br />
Disse così pregando; e Pallade Atena l’udì,<br />
gli rese pronte le membra, le gambe e in alto le braccia 3 ,<br />
e standogli vicina disse parole fuggenti:<br />
«Forza, Diomede, adesso a batterti contro i Troiani,<br />
125 ché t’ho ispirato nel petto quella furia paterna<br />
intrepida, ch’ebbe Tideo cavaliere agitatore di scudo,<br />
e ti ho tolto dagli occhi la nube, che v’era sopra,<br />
perché tu ben conosca i numi e i mortali.<br />
Ora dunque, se un nume venisse qui a tentarti,<br />
130 in faccia agli immortali tu non osar di combattere,<br />
agli altri. Se però la figlia di Zeus Afrodite<br />
venisse nella battaglia, dàlle col bronzo acuto! 4 »<br />
E se ne andò, così detto, Atena occhio azzurro,<br />
e il Tidide avanzò di nuovo, si mischiò fra i campioni;<br />
135 egli era ardente prima a lottare coi Teucri,<br />
ma ora lo prese una furia tre volte maggiore, come leone<br />
che un pastore nel piano – guardando pecore folte di lana –<br />
ha ferito al balzare nel chiuso, e non vinto:<br />
ne ha risvegliata la forza; e non osa difendersi più,<br />
140 e s’appiatta dentro le stalle, e le pecore tremano sole,<br />
esse giacciono a mucchi, addossate una all’altra;<br />
balza intanto dall’alto chiuso la belva infuriata.<br />
Così infuriato il forte Diomede si mischiò coi Troiani.<br />
E uccise allora Astìnoo e Ipèirone, pastore di genti,<br />
145 l’uno colpendo con l’asta di bronzo sulla mammella,<br />
l’altro con la gran daga alla spalla sulla clavicola<br />
colpì, restò separata la spalla dalla nuca e dal dorso.<br />
Ma li lasciò, e corse dietro ad Abante e Polìido,<br />
figli di Euridamante, il vecchio indovino di sogni;<br />
150 non però al loro partire indovinò il vecchio i sogni,<br />
che il potente Diomede li atterrò l’uno e l’altro;<br />
mosse poi contro Xanto e Tòone, i due figli di Fènope,<br />
teneramente amati, ché triste vecchiaia lo accascia,<br />
né ha generato altro figlio, che possa lasciar sui suoi beni.<br />
155 Ed ecco, Diomede li uccise, strappò la cara vita<br />
1. La «creatura di Zeus» è Atena, come emerge dal v. 117.<br />
Zeus era detto «egioco» in quanto uno dei suoi attributi era<br />
l’egida, lo scudo che agitava per scatenare il tuono, segno<br />
inequivocabile della sua ira oppure mezzo per spaventare i<br />
mortali.<br />
2. La preghiera che Diomede rivolge ad Atena insiste sul rapporto<br />
privilegiato che la dea ha sempre avuto prima con il<br />
padre dell’eroe e poi con lui stesso: è come se Diomede<br />
ricordasse ad Atena un impegno che ha con il suo gevno~, e<br />
quindi con lui.<br />
Omero • Le tematiche dell’Iliade 71<br />
3. Come spesso avviene in tutto l’epos omerico, sono gli dèi<br />
che infondono o esaltano negli uomini non solo le qualità<br />
morali, come il coraggio, ma anche quelle fisiche, come l’agilità<br />
e la forza.<br />
4. Qui sembra esserci un implicito riferimento all’odio nutrito<br />
da Atena ed Era contro Afrodite in seguito al giudizio di<br />
Paride, che fra le tre dee aveva preferito Afrodite. La raccomandazione<br />
della dea di non combattere contro le divinità<br />
verrà tuttavia disattesa nei fatti da Atena stessa e dall’eroe,<br />
che si batteranno anche contro Ares.
72<br />
Antologia<br />
a entrambi, gemiti al padre, tristissimo affanno<br />
lasciando; però che vivi, tornati dalla battaglia,<br />
non li poté abbracciare, divisero i beni i parenti.<br />
Poi prese due figli di Priamo Dardanide<br />
160 su un solo carro moventi, Cromìo ed Echèmmone.<br />
Come un leone, balzando fra buoi, spezza il collo<br />
a torello o a giovenca, pascenti in mezzo alla macchia;<br />
l’uno e l’altro così giù dal cocchio il Tidide<br />
malconci e loro malgrado sbalzò, spogliò l’armi;<br />
165 e diede i cavalli ai compagni da guidare alle navi.<br />
[...]<br />
330 Questi 5 col bronzo spietato inseguiva Ciprigna 6 ,<br />
sapendo che è debole dea, non è una dea di quelle<br />
che dominano fra le battaglie degli uomini,<br />
non è Atena, non Eniò, l’atterratrice di mura.<br />
E la raggiunse tra la folla inseguendola;<br />
335 si tese allora il figlio di Tideo magnanimo,<br />
e d’un balzo ferì con l’asta acuta il braccio tenero<br />
in fondo; e subito l’asta entrò nella pelle<br />
traverso al peplo ambrosio, che lavoraron le Grazie,<br />
all’altezza del polso; spicciò il sangue immortale della dea,<br />
340 l’ìcore, quello che scorre nei numi beati 7 .<br />
Essi non mangiano pane, non bevono vino di fiamma,<br />
non hanno sangue perciò, e son chiamati immortali.<br />
Ella dié un grido acuto, lasciò cadere giù il figlio;<br />
ma tra le braccia Febo Apollo lo prese,<br />
345 in mezzo a nube oscura, perché nessuno dei Danai cavalli rapidi,<br />
gettandogli il bronzo nel petto, potesse rapirgli la vita.<br />
A lei intanto urlò Diomede potente nel grido:<br />
«Vattene, figlia di Zeus, dalla mischia e dalla battaglia!<br />
Non ti basta sedurre donne prive di forza?<br />
350 ma se in guerra ti metti, so dirti che avrai<br />
orrore della battaglia, per quanto lontana la impari».<br />
Disse, ed ella fuggì disperata, perché orrendamente soffriva:<br />
Iri 8 piede di vento la prese, e la menò fuor dal folto<br />
in preda al dolore: la bella pelle anneriva.<br />
[...]<br />
Ma come Ares funesto ai mortali vide Diomede glorioso,<br />
subito lasciò l’enorme Perìfante a giacere<br />
là dove l’uccise, dove gli tolse la vita;<br />
dritto mosse contro Diomede domatore di cavalli.<br />
850 E come furono vicini, andando l’uno contro l’altro,<br />
sorse Ares per primo, sopra al giogo e alle briglie dei cavalli,<br />
con l’asta di bronzo, bramando strappargli la vita.<br />
Ma l’afferrò con la mano la dea Atena, occhio azzurro,<br />
la spinse fuori dal carro, a cadere giù vana.<br />
855 Diomede valente nel grido balzò secondo<br />
5. È Diomede.<br />
6. Epiteto di Afrodite, la dea dell’amore alla quale era sacra l’isola<br />
di Cipro.<br />
7. Se non fosse per il loro sangue, l’ìcore (ijcwvr), che è diverso<br />
da quello degli uomini, gli dèi omerici, come risulta in modo evidente<br />
da questa scena, sono anche fisicamente in tutto e per<br />
tutto simili agli uomini, e come loro soffrono il dolore fisico.<br />
8. È la messaggera degli dèi.
Percorso<br />
TEMATICO<br />
p. 127<br />
con l’asta di bronzo; e Pallade Atena la spinse<br />
nel basso ventre, dove agganciava la fascia;<br />
là egli lo colse, la bella pelle gli aperse,<br />
e tirò indietro l’arma; e il bronzeo Ares urlò,<br />
860 forte, come novemila gridano o diecimila<br />
uomini nella battaglia, movendo lotta guerriera.<br />
Tremore percosse gli Argivi e i Troiani,<br />
atterriti; tanto forte urlò Ares mai sazio di pugna.<br />
(trad. di R. Calzecchi Onesti)<br />
t5<br />
Un ‘duello mancato’: l’incontro di Glauco e Diomede<br />
(Iliade 6,119-129; 142-236)<br />
Omero • Le tematiche dell’Iliade 73<br />
Nel VI libro dell’ Iliade Diomede mostra un comportamento ben diverso da quello appena<br />
narrato (vedi brano precedente). Quando l’eroe si trova di fronte Glauco, capo dei Lici e alleato<br />
dei Troiani, e ne apprende l’identità, rifiuta lo scontro in nome dei vincoli di ospitalità che avevano<br />
legato i rispettivi nonni; un tempo, infatti, Bellerofonte, antenato di Glauco, era stato ospite di<br />
Oineo, avo di Diomede. Questo ‘duello mancato’ contrasta solo in apparenza con l’etica bellica che<br />
caratterizza il poema: i vincoli dell’ospitalità, sacri e posti sotto la protezione di Zeus, erano rispettati<br />
anche a distanza di generazioni, e la loro importanza era tale che in loro nome veniva infranto<br />
persino il codice di comportamento da tenere in battaglia, sistematicamente improntato alla ricerca<br />
dell’onore e della gloria.<br />
E in mezzo ai due eserciti si incontrarono, avidi di lotta, il figlio di Ippoloco, Glauco,<br />
e Diomede, figlio di Tideo. Andavano l’uno verso l’altro e quando furono vicini parlò<br />
per primo Diomede dal grido potente:<br />
«Chi sei, guerriero, chi sei fra gli uomini mortali? Non ti ho mai visto prima nella battaglia<br />
gloriosa; eppure sei superiore a tutti per il coraggio, tu che ora affronti la mia<br />
lancia dalla lunga ombra; infelici i genitori di coloro che si oppongono alla mia forza!<br />
Se sei un dio disceso dal cielo, io non voglio battermi con gli immortali. [...] Ma se sei<br />
un uomo mortale e ti nutri con i frutti della terra, vieni più vicino e presto raggiungerai<br />
i confini della morte».<br />
Gli rispose il glorioso figlio d’Ippoloco:<br />
«Grande figlio di Tideo, perché mi domandi chi sono? Le generazioni degli uomini sono<br />
come le foglie: il vento le fa cadere a terra ma altre ne spuntano sugli alberi in fiore<br />
quando viene la primavera. Così le stirpi degli uomini, una nasce, l’altra svanisce.<br />
Se però vuoi sapere anche questo, se vuoi conoscere la mia discendenza, te la dirò, a<br />
molti essa è nota. Nella valle di Argo, ricca di cavalli, vi è una città, Efira, e qui viveva<br />
il più astuto fra gli uomini, Sisifo figlio di Eolo; egli ebbe un figlio, Glauco, e Glauco<br />
generò il nobile Bellerofonte a cui gli dei donarono forza, grazia e bellezza; ma contro<br />
di lui tramava nell’animo Preto, che lo cacciò dalla terra argiva (era uomo molto potente,<br />
Zeus l’aveva posto sotto la sua protezione). La moglie di Preto, la bellissima Antea,<br />
ardeva dal desiderio di unirsi segretamente in amore con Bellerofonte, ma non riuscì<br />
a persuadere l’eroe, che era saggio e prudente. Allora al re Preto ella disse questa menzogna:<br />
«che tu possa morire, Preto, se non uccidi Bellerofonte che voleva fare l’amore<br />
con me contro la mia volontà». Così disse e udendola il re fu preso dall’ira; tuttavia non<br />
uccise l’eroe, ne ebbe timore in cuor suo, lo mandò invece in Licia e gli affidò messaggi<br />
di morte, funesti messaggi scritti su una tavoletta piegata 1 , ordinando che li mostrasse<br />
al suocero, per sua rovina. Andò in Licia Bellerofonte, lo guidavano gli dei beati. E
74<br />
Antologia<br />
quando giunse alle acque dello Xanto 2 , il re di quel vasto regno gli rese onore, per nove<br />
giorni festeggiò l’ospite, sacrificò nove buoi. Ma quando, il decimo giorno, sorse Aurora<br />
dalla luce rosata, allora lo interrogò, chiese di vedere il messaggio che gli recava<br />
da parte del genero Preto. E quando conobbe lo scritto funesto del genero, per prima<br />
cosa ordinò a Bellerofonte di uccidere la Chimera invincibile, la Chimera di stirpe divina,<br />
che davanti era leone, dietro serpente e capra nel mezzo, e spirava fiamme di fuoco<br />
ardente. Bellerofonte la uccise confidando nei presagi divini. Poi si batté con i Solimi<br />
3 gloriosi e fu la battaglia più dura mai avvenuta fra eroi. Uccise infine le Amazzoni<br />
4 , forti al pari degli uomini. E mentre faceva ritorno, un altro astuto inganno fu ordito<br />
contro di lui; nell’ampia terra di Licia il re scelse i guerrieri più forti e tese un agguato:<br />
ma essi non fecero più ritorno perché tutti li uccise il glorioso Bellerofonte. Allora<br />
il re comprese che era di nobile stirpe, figlio di un dio, lo trattenne presso di sé,<br />
gli diede in moglie sua figlia e divise con lui gli onori del regno; per lui, perché vi abitasse,<br />
i Lici delimitarono un campo, il più bello, terra buona da arare e da coltivare a<br />
frutteto. Tre figli diede la sposa al forte Bellerofonte, Isandro, Ippoloco e Laodamia. A<br />
Laodamia si unì Zeus, il dio sapiente, e lei generò Sarpedonte divino dall’elmo di bronzo.<br />
Ma quando tutti gli dei presero a odiarlo 5 , allora andava errando per la pianura Alea,<br />
Bellerofonte, solo, e si rodeva il cuore mentre fuggiva le tracce degli uomini; Isandro<br />
glielo uccise Ares, il dio mai sazio di guerra, nella battaglia contro i Solimi gloriosi; Laodamia<br />
fu uccisa dall’ira di Artemide, la dea dalle briglie d’oro. Io sono figlio d’Ippoloco,<br />
da lui discendo; fu lui a mandarmi a Troia e mi comandava di essere sempre il primo,<br />
fra tutti gli altri il più forte, di onorare la stirpe dei padri che a Efira e nella vasta<br />
Licia furono sempre i migliori. Questa è dunque la stirpe mia, questo il mio sangue».<br />
Così disse, e fu lieto Diomede dal grido potente; conficcò la sua lancia nella terra feconda<br />
e rivolse parole amichevoli a Glauco, signore di popoli:<br />
«Sei dunque un ospite antico per me da parte di padre; il divino Oineo 6 accolse un tempo<br />
il nobile Bellerofonte nella sua reggia e lo trattenne per venti giorni; si scambiarono l’un<br />
l’altro doni ospitali, bellissimi; Oineo offrì una cintura di porpora, splendida, Bellerofonte<br />
una coppa d’oro a due manici: l’ho lasciata nella mia casa quando sono partito. Non ricordo<br />
Tideo perché ero ancora bambino quando mi lasciò per andare a Tebe dove l’esercito<br />
acheo fu distrutto 7 . Io sono dunque per te ospite e amico in Argolide e tu in Licia, se mai<br />
io vi giunga. Non incrociamo le lance tra noi, anche se siamo in battaglia; sono molti i<br />
Troiani e gli illustri alleati che io posso uccidere se un dio me li manda davanti o se li raggiungo<br />
io stesso; e molti sono gli Achei che tu puoi abbattere. Scambiamoci invece le armi<br />
perché sappiano anche costoro che siamo ospiti per tradizione antica e questo è il nostro<br />
vanto».<br />
Dopo aver così parlato balzarono entrambi dai carri, si strinsero la mano, si giurarono<br />
fede. Ma Zeus figlio di Crono tolse il senno a Glauco che scambiò le sue armi d’oro con<br />
quelle di bronzo del figlio di Tideo: il valore di cento buoi contro quello di nove.<br />
(trad. di M.G. Ciani)<br />
1. Questo sarebbe uno dei due accenni alla scrittura presenti<br />
nei poemi, ma vedi p. 53.<br />
2. Fiume della Licia.<br />
3. Popolazione che originariamente abitava la Licia.<br />
4. Mitico popolo di donne guerriere.<br />
5. In Omero non si specifica per quale motivo Bellerofonte<br />
cadde in disgrazia presso gli dèi; secondo il racconto miti-<br />
co di Pindaro (Istmica 7,44-47), l’eroe avrebbe commesso<br />
il peccato di voler raggiungere il cielo, dimora degli dèi, in<br />
groppa a Pegaso, il cavallo alato.<br />
6. Padre di Tìdeo, è il nonno di Diomede.<br />
7. Il riferimento è alla spedizione dei Sette contro Tebe, oggetto<br />
di saghe epiche che poi forniranno ampio materiale alla tragedia<br />
attica.
L’eroe tra letteratura<br />
e culto<br />
nella Grecia arcaica<br />
Individualismo e collettività<br />
nel mondo dell’epos<br />
Sebbene nell’epos i combattenti siano solitamente<br />
impegnati in imprese collettive, la dimensione<br />
più profonda dell’eroe era comunque sentita come<br />
essenzialmente solitaria. La poesia omerica, e<br />
in generale tutto l’epos arcaico, infatti, rivela una<br />
concezione fortemente individualistica dell’eroe,<br />
come dimostrano le aristie che scandiscono la narrazione<br />
articolando il racconto epico in quadri<br />
indipendenti in cui spicca una singola figura di<br />
guerriero.<br />
Ma il risalto concesso dall’epos alle individualità<br />
dei vari eroi non si spiega soltanto in questo modo:<br />
un influsso importante lo esercitò anche il<br />
contesto socio-politico che faceva da cornice alle<br />
recitazioni epiche. A un certo punto della tradizione,<br />
infatti, l’epos non era più destinato all’uditorio<br />
riunito nella corte del sovrano, bensì al pubblico<br />
panellenico raccolto in occasione delle grandi<br />
feste religiose: in quell’ambito doveva trovare<br />
spazio anche la celebrazione dei numerosi eroi oggetto<br />
di venerazione e di culto in diverse regioni<br />
della Grecia. Ma quali erano le caratteristiche che<br />
contraddistinguevano un eroe e lo identificavano<br />
in quanto tale?<br />
Gli eroi, gli uomini comuni e gli dèi<br />
Gli h{rwe" si distinguono dagli uomini comuni soprattutto<br />
per la capacità di incidere in modo determinante<br />
sugli eventi e di alterarne il corso; questa<br />
capacità deriva agli eroi in parte da straordinarie<br />
doti fisiche e intellettive, in parte dal rapporto<br />
privilegiato che li lega a una o più divinità.<br />
Lo straordinario intervento degli eroi si esplica<br />
tanto nel bene quanto nel male. La dimensione originaria<br />
degli eroi greci, quale si riflette nell’epos<br />
arcaico, infatti, è sostanzialmente amorale, in<br />
quanto le azioni più nobili si possono accompagnare,<br />
senza contraddizione, alle peggiori nefan-<br />
Percorso<br />
TEMATICO<br />
dezze. Paradigmatico è il caso di Eracle che, secondo<br />
un passo dell’Odissea (21,22-30), aveva ucciso<br />
e derubato dei suoi cavalli l’ospite Ifito.<br />
Se la capacità di modificare gli eventi distingue gli<br />
eroi dagli uomini comuni, la loro natura mortale<br />
li differenzia invece dagli dèi; la morte, infatti,<br />
aspetta anche quanti tra loro sono nati dall’unione<br />
di un genitore divino con un genitore umano.<br />
Gli eroi, pertanto, nascono direttamente o indirettamente<br />
dagli dèi, ma muoiono come gli uomini:<br />
ecco perché in un passo dell’Iliade (12,23) gli<br />
h{rwe" vengono anche chiamati hJmivqeoi a[ndre",<br />
«uomini semidei», una definizione collettiva che<br />
rende perfettamente l’ambiguo statuto riconosciuto<br />
loro dal mito.<br />
La morte e la gloria<br />
Nei poemi omerici le yucaiv, le «anime» degli eroi<br />
sono inesorabilmente destinate all’Ade, come quelle<br />
degli altri uomini; nel resto dell’epos arcaico è<br />
però attestata anche un’altra concezione, secondo<br />
la quale gli eroi godono di una sbiadita forma di<br />
sopravvivenza sulle «isole dei beati», agli estremi<br />
confini del mondo (così in Esiodo, Opere 161-<br />
173, vedi p. 186, T6).<br />
Comunque sia, dopo la morte degli eroi restavano<br />
solo due cose: la tomba e il klevo", la «gloria». La<br />
tomba era sempre connessa al presunto luogo di sepoltura<br />
degli eroi stessi e il rituale prevedeva libagioni<br />
fatte colare nella terra (e perciò dette coaiv,<br />
da cevw, «versare») per raggiungere il mondo degli<br />
inferi. Il klevo~, invece, era affidato soprattutto al<br />
grande potere celebrativo della poesia epica: non a<br />
caso nei poemi omerici il rapporto di dipendenza<br />
tra gli eroi e gli aedi assume spesso la forma di uno<br />
scambio di identità, per cui gli eroi sono talvolta<br />
rappresentati nell’atto di cantare come aedi (Achille<br />
in Iliade 9,185-191; Odisseo nei libri 9-12 dell’Odissea),<br />
e gli aedi sono talvolta fregiati del titolo<br />
di eroi (Demodoco in Odissea 8,483).
128 L’eroe tra letteratura e culto nella Grecia arcaica<br />
Iliade 5, passim (vedi p. 70, T4)<br />
Iliade 6,119-129; 142-236<br />
(vedi p. 73, T5)<br />
Eppure il klevo" a[fqiton, la «gloria imperitura» che<br />
viene dalla memoria delle loro imprese, non basta<br />
a consolare gli eroi del loro rapporto profondamente<br />
conflittuale con la morte: l’eroe odia la morte<br />
più dell’uomo qualunque, anche se proprio in essa<br />
trova il compimento di un destino glorioso. Emblematiche,<br />
in tal senso, sono le parole che la yuchv<br />
di Achille rivolge a Odisseo sceso nell’Ade,<br />
quando costui ne loda la preminenza tra le anime<br />
degli altri eroi morti (Odissea 11,488-491): «Non<br />
abbellirmi, illustre Odisseo, la morte! Vorrei da<br />
bracciante servire un altro uomo, un uomo senza<br />
podere che non ha molta roba; piuttosto che dominare<br />
tra i morti defunti» (trad. G.A. Privitera).<br />
Un eroe immortale: Eracle<br />
Nel V secolo a.C. Pindaro definisce Eracle h{rw"<br />
qeov", «eroe dio» (Nemea 3,22), per distinguere<br />
l’unicità di questo eroe, che dopo la morte viene<br />
I testi chiave<br />
Esiodo, Opere 106-201 (vedi p. 186,<br />
T6)<br />
divinizzato e accolto nel consesso degli dèi olimpi:<br />
Eracle è stato dunque un eroe, anzi il più importante<br />
degli eroi, fino al compiersi del suo destino<br />
mortale; ma la sua apoteosi post mortem ne<br />
ha fatto poi una divinità.<br />
Questa eccezione rappresentata da Eracle viene<br />
recepita dalla tradizione epica arcaica solo a partire<br />
da una fase piuttosto avanzata, giacché in un<br />
passo dell’Iliade (18,117-119) si dice ancora che<br />
neppure questo eroe sfuggì al destino di morte, e<br />
i versi dell’Odissea nei quali si fa riferimento alla<br />
sua apoteosi (11,602-604) potrebbero essere un’aggiunta<br />
più tarda. Non è un caso, comunque, che<br />
Eracle sia l’unico eroe greco di cui non esisteva una<br />
tomba: evidentemente, il peculiare tipo di culto riservato<br />
agli h{rwe" nella Grecia arcaica non si adattava<br />
al solo eroe che aveva continuato a vivere anche<br />
dopo la morte e che risiedeva in cielo tra gli<br />
dèi olimpi.
PERCORSI<br />
Letterature<br />
NEI SECOLI<br />
Dai poemi omerici<br />
al poema cavalleresco<br />
Ipoemi omerici esercitarono un influsso enorme sulla poesia epica delle età successive, non solo nel<br />
mondo greco e romano, ma anche sui poemi cavallereschi del Quattrocento e del Cinquecento.<br />
Generalmente in questi casi la conoscenza e la ripresa di Omero non erano dirette, bensì mediate<br />
dall’Eneide di Virgilio; ma poiché Virgilio aveva costruito numerosi episodi seguendo molto da vicino il<br />
modello omerico, tematiche e strutture narrative dell’Iliade e dell’Odissea giunsero indirettamente a<br />
influenzare l’elaborazione di passi composti in un’epoca molto lontana e in un contesto socio-politico<br />
profondamente differente.<br />
Apparentemente, si potrebbe riconoscere un’analogia fra i poemi omerici e i poemi cavallereschi: in entrambi<br />
i casi, infatti, la corte, che si configura come il committente e al tempo stesso il destinatario dell’opera,<br />
gioca un ruolo fondamentale. Ma in realtà sia la funzione sia la tecnica compositiva sono molto diverse. I<br />
poemi omerici sono un’‘enciclopedia’ nella quale viene trasmesso il sapere di un’intera collettività che nell’epos<br />
si rispecchia, mentre i poemi cavallereschi hanno come scopo primario l’intrattenimento. Inoltre, l’epos<br />
omerico rappresenta la fissazione di un lunghissimo processo compositivo avvenuto per via orale; i<br />
poemi cavallereschi, al contrario, nascono per iscritto e si configurano intenzionalmente come una poesia<br />
colta e artisticamente elaborata.<br />
1. Omero e Virgilio<br />
Le riprese di Omero nell’Eneide virgiliana sono<br />
numerosissime, e vanno dalla struttura generale del<br />
poema, che nella prima metà si ispira all’Odissea e<br />
nella seconda all’Iliade, ai singoli episodi, in un<br />
gioco intertestuale di ripresa e variazione tanto dotto<br />
t1<br />
quanto allusivo. In occasione dei giochi funebri in<br />
onore di Patroclo, ad esempio, si svolge anche una<br />
gara di corsa, nella quale si sfidano soprattutto tre<br />
eroi, Antiloco, Aiace e Odisseo (che risulterà poi il<br />
vincitore):<br />
La gara di corsa ai funerali di Patroclo<br />
(Iliade 23,754-785)<br />
Disse così e s’alzò subito il rapido Aiace d’Oileo,<br />
e Odisseo accorto e poi il figlio di Nestore<br />
Antìloco: egli coi piedi vinceva tutti i giovani.<br />
Stettero fermi in fila; Achille segnò la mèta.<br />
Passato il segno, la loro corsa divenne serrata e subito allora<br />
fu in testa il figlio d’Oileo, dietro volava Odisseo glorioso,<br />
vicinissimo; come al petto di donna dalla bella cintura<br />
è vicina la spola, quando la tira con le mani, ben forte,<br />
passando la trama attraverso l’ordito, e accosto al petto<br />
129
PERCORSI<br />
Letterature<br />
NEI SECOLI<br />
Il V libro dell’Eneide, ambientato in Sicilia, è quasi<br />
interamente occupato dai giochi funebri in onore di<br />
Anchise, padre di Enea. Come nel modello omerico,<br />
la tiene; così vicino gli correva Odisseo e coi piedi<br />
ne ribatteva le impronte, prima che vi ricadesse la polvere.<br />
Sopra la testa gli riversava il suo fiato Odisseo glorioso,<br />
correndo sempre con furia; e tutti gli Achei acclamavano<br />
all’ansioso di vincere, e lo incitavano che già si affrettava.<br />
Ma quand’erano ormai in fondo alla corsa, Odisseo<br />
pregò nel suo cuore Atena occhio azzurro:<br />
«Ascoltami, dea, vieni buona in aiuto ai miei piedi!».<br />
Così disse pregando; l’udì Pallade Atena,<br />
agili gli fece le membra, le gambe e in alto le braccia.<br />
Ecco, mentre stavano già per balzare sul premio,<br />
scivolò Aiace correndo – Atena lo fece inciampare –<br />
dove s’ammonticchiava il fimo dei buoi vasto mugghio ammazzati,<br />
che in onore di Patroclo Achille piede rapido uccise;<br />
di fimo di buoi s’empì le narici e la bocca.<br />
Così il cratere lo prese Odisseo costante, glorioso,<br />
che arrivò prima, il nobile Aiace si prese il bue;<br />
stette però, tra le mani tenendo il corno del bove selvaggio<br />
sputando fimo, e parlò fra gli Argivi:<br />
«Ah! La dea ha fatto inciampare il mio piede, quella che sempre<br />
come una madre sta accanto a Odisseo e lo protegge».<br />
Disse così, ma tutti risero di buon cuore di lui.<br />
Antiloco dunque si prese l’ultimo premio.<br />
(trad. di R. Calzecchi Onesti)<br />
t2<br />
puntualmente Virgilio propone una gara di corsa<br />
nella quale primeggiano i due giovani amici Eurialo<br />
e Niso:<br />
La gara di corsa ai funerali di Anchise<br />
(Virgilio, Eneide 5,293-302; 315-344)<br />
Da tutte le parti si radunano Teucri e Sicani,<br />
Niso e Eurialo per primi,<br />
Eurialo celebre per l’aspetto e la verde giovinezza,<br />
Niso per casto amore del ragazzo; li segue poi<br />
il regale Diore dell’egregia stirpe di Priamo;<br />
insieme a lui Salio e Patrone, dei quali l’uno<br />
acarnano, l’altro della gente tegea da sangue arcadio;<br />
poi due giovani trinacrii, Elimo e Panope,<br />
avvezzi alle selve, compagni dell’anziano Aceste;<br />
e molti ancora che l’oscura fama nasconde.<br />
[...] prendono posto, e d’un tratto,<br />
udito il segnale, divorano lo spazio e lasciano la linea,
Un altro punto di contatto fra Omero e Virgilio si<br />
può ritrovare in una delle scene più celebri di<br />
entrambi i poemi: l’incontro dell’eroe protagonista<br />
con l’ombra del genitore defunto. Nell’XI libro<br />
Dai poemi omerici al poema cavalleresco 131<br />
scattati simili a un nembo, ed insieme fissano il traguardo.<br />
Primo fugge Niso e balza per lungo tratto<br />
davanti a tutti i corpi, più veloce dei venti<br />
e dell’ali del fulmine; prossimo a lui, ma prossimo a lunga<br />
distanza, segue Salio, ancora dietro uno spazio<br />
è terzo Eurialo;<br />
Elimo segue Eurialo, a ridosso di quello<br />
ecco vola Diore e sfiora il piede col piede,<br />
premendo con la spalla, e se restasse spazio maggiore<br />
passerebbe guizzando primo o lascerebbe il rivale dubbioso del primo posto.<br />
E già, quasi nell’ultimo tratto, s’appressavano stanchi<br />
al termine, quando, sfortunato, Niso scivola su viscido<br />
sangue, dove, immolati proprio lì i giovenchi,<br />
sparso in terra bagnava le verdi erbe.<br />
Qui il giovane già vincitore e trionfante non resse<br />
i piedi barcollanti sul suolo premuto, ma cadde riverso<br />
proprio nell’immondo fimo e sul sacro sangue.<br />
Non si dimenticò tuttavia di Eurialo e del suo amore:<br />
si mise davanti a Salio alzandosi sul terreno sdrucciolevole:<br />
quello rotolò e giacque nella densa sabbia.<br />
Balza Eurialo, e vincitore per dono dell’amico,<br />
prende il primo posto e vola tra applausi e consensi.<br />
Segue Elimo e, adesso terza palma, Diore.<br />
Allora Salio riempie di alti clamori l’intero<br />
consesso dell’immenso teatro e i primi volti dei padri,<br />
e chiede che gli si renda la gloria strappata con l’inganno.<br />
Il favore pubblico protegge Eurialo, e le belle lagrime,<br />
e il valore che appare più grato in un corpo avvenente.<br />
(trad. di L. Canali)<br />
t3<br />
dell’Odissea Odisseo scende nell’Ade, dove incontra<br />
varie anime di eroi ed eroine, tra le quali figura anche<br />
la madre Anticlea. L’eroe tenta tre volte di abbracciarla,<br />
ma invano:<br />
L’incontro nell’Ade: Odisseo e la madre<br />
(Odissea 11,84-87; 153-161; 203-207)<br />
E sopraggiunse l’anima della madre mia, morta,<br />
la figlia del magnanimo Autòlico, Antìclea,<br />
che viva lasciavo, andando a Ilio sacra.<br />
Io piansi a vederla, e provai pena in cuore [...].<br />
Mi riconobbe e gemendo parole fugaci diceva:<br />
«Creatura mia, come venisti sotto l’ombra nebbiosa
PERCORSI<br />
Letterature<br />
NEI SECOLI<br />
Anche Virgilio, come Omero, ha voluto presentare<br />
Enea, il suo eroe, nell’incredibile viaggio nel mondo<br />
dei morti, e ha dedotto dal modello dell’XI libro<br />
vivo? Tremendo ai vivi veder queste cose!<br />
In mezzo a gran fiumi e terribili gorghi,<br />
l’Oceano prima di tutto, che non può traversare<br />
a piedi chi non ha solida nave.<br />
Forse ora da Troia, dopo un errare lunghissimo, arrivi<br />
qui con la nave e i compagni? In Itaca ancora<br />
non sei tornato? Non hai rivisto nel palazzo la sposa?» [...]<br />
Così parlava: e io volevo – e in cuore l’andavo agitando –<br />
stringere l’anima della madre mia morta.<br />
E mi slanciai tre volte, il cuore m’obbligava ad abbracciarla;<br />
tre volte dalle mie mani, all’ombra simile o al sogno,<br />
volò via: strazio acuto mi scese più in fondo.<br />
(trad. di R. Calzecchi Onesti)<br />
t4<br />
dell’Odissea vari episodi tra cui quello dell’incontro<br />
con uno dei genitori, in questo caso il padre<br />
Anchise:<br />
L’incontro nell’Ade: Enea e il padre<br />
(Virgilio, Eneide 6,684-702)<br />
Egli [= Anchise], quando vide Enea che gli veniva incontro<br />
sul prato, protese commosso entrambe le mani,<br />
e lagrime scorsero dalle palpebre, e la voce eruppe dalle labbra:<br />
«Venisti infine, e la tua pietà, desiderata dal padre,<br />
vinse il duro cammino? Posso, o figlio, guardarti<br />
in volto, e ascoltare la nota voce e rispondervi?<br />
Così certamente immaginavo e credevo che sarebbe avvenuto,<br />
contando i giorni, e l’ansia non mi trasse in inganno.<br />
Portato per quali terre e ampie distese del mare<br />
ti accolgo! travagliato, o figlio, da quali gravi pericoli!<br />
Quanto temetti che ti nuocesse il regno di Libia!».<br />
Ed egli: «La tua mesta immagine, o padre, comparendomi<br />
così di frequente, mi spinse a dirigermi a queste soglie;<br />
le navi sostano nel mare Tirreno. Concedi<br />
di stringerti la destra, concedi, e non sottrarti all’abbraccio».<br />
Così discorrendo, rigava il viso di largo pianto.<br />
Tre volte cercò di circondargli il collo con le braccia,<br />
tre volte invano afferrata l’immagine sfuggì dalle mani;<br />
pari a lievi venti, simile ad alato sogno.<br />
(trad. di L. Canali)