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Efficienza energetica e politica ambientale La sfida dell'innovazione ...

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4 IL GIORNALE dell’INGEGNERE N. 1 - 15 Gennaio 2010<br />

DALLA PRIMA PAGINA│AMBIENTE<br />

Inquinamento e cambiamento del clima: necessarie nuove politiche<br />

segue da pag. 1<br />

che si ritrovano in molte direttive<br />

e rapporti europei che<br />

trattano problemi legati all’ambiente.<br />

Qui di seguito sono<br />

riportati sommariamente<br />

solo pochi esempi.<br />

<strong>La</strong> Direttiva su Qualità dell’Aria<br />

e Aria Pulita per l’Europa<br />

[3] é una misura strategica<br />

che stabilisce “...obiettivi<br />

per la qualità dell’aria ambiente<br />

scelti al fine di evitare, prevenire<br />

e ridurre effetti dannosi sulla<br />

salute umana e sull’ambiente<br />

nel suo insieme”. Di fatto esso si<br />

occupa di inquinanti convenzionali<br />

dannosi per la salute,<br />

ma non di ambiente. I gas ad<br />

effetto serra non sono considerati,<br />

come se il cambiamento<br />

climatico non fosse un<br />

problema di qualità dell’aria,<br />

alle Autorità locali si richiede<br />

il monitoraggio dell’ozono<br />

per “...verificare l’efficacia<br />

delle strategie di riduzione delle<br />

emissioni”, sapendo che dette<br />

strategie non rientrano nelle<br />

loro competenze, e si richiede<br />

il monitoraggio delle polveri<br />

nell’aria, senza fornisce un criterio<br />

per discriminare il contributo<br />

dovuto a sorgenti naturali,<br />

che in alcune aree geografiche<br />

è particolarmente rilevante.<br />

<strong>La</strong> Direttiva IPPC, che in Europa<br />

interessa circa 52.000 industrie,<br />

è stato il primo passo<br />

di un approccio integrato per<br />

gli impatti su aria, sistemi idrici,<br />

suolo, rifiuti e rumore. Essa<br />

stabilisce che gli standard<br />

di emissione di inquinanti dalle<br />

diverse attività produttive<br />

dovranno essere fissati sulla<br />

base delle Migliori Tecnologie<br />

Disponibili (MTD), de-<br />

scritte nei cosiddetti BREF.<br />

In questa Direttiva e nei<br />

BREF i gas serra non sono<br />

considerati. Le MTD possono<br />

essere rispettate con misure<br />

a monte o lungo il processo<br />

produttivo, ma in larga<br />

parte si affidano a tecnologie<br />

end-of-pipe di depurazione degli<br />

effluenti prima del loro rilascio<br />

nell’ambiente. Queste<br />

tecnologie richiedono consumi<br />

di energia aggiuntivi e a<br />

volte additivi vari che, a loro<br />

volta, necessitano trattamen-<br />

ti depurativi e/o smaltimento<br />

con ulteriore consumo di<br />

energia, con conseguente aumento<br />

di emissioni di CO 2.<br />

<strong>La</strong> mancanza di riferimenti a<br />

questo problema nell’IPPC<br />

autorizza le Autorità nazionali<br />

o locali ad ignorarlo nella<br />

fase di autorizzazione e a<br />

richiedere limiti indiscriminatamente<br />

sempre più restrittivi.<br />

Da parte industriale<br />

non vi sono difficoltà tecnologiche<br />

ad adeguarsi salvo i<br />

maggiori costi che però van-<br />

no a gravare sul prodotto finale.<br />

Le decisioni che verranno assunte<br />

per alcuni Stati si preannunciano<br />

pesanti sul piano<br />

economico. L’obiettivo sarebbe<br />

di mantenere l’aumento<br />

della temperatura media<br />

superficiale terrestre al di sotto<br />

di 2 °C rispetto ai livelli<br />

pre-industriali. Il traguardo è<br />

stato suggerito del 4° Rapporto<br />

dell’IPCC [4] il quale<br />

però non considera assolutamente<br />

le eventuali conseguenze<br />

per gli inquinanti non<br />

ad effetto serra. Qualunque<br />

decisione venga assunta, in linea<br />

con il programma dell’Unione<br />

Europea di riduzione<br />

delle emissioni di gas serra<br />

per il 2020, sarà basata su<br />

aspetti economici, ma non<br />

ambientali, poiché manca un<br />

adeguato approccio integrato<br />

al problema.<br />

A titolo di esempio si pensi<br />

alle biomasse tanto invocate<br />

come fonte <strong>energetica</strong> alternativa<br />

e rinnovabile. Nel target<br />

Europeo del 20% di energie<br />

rinnovabili [5] il 10% dovrebbe<br />

derivare dai biofuels<br />

in sostituzione di combustibili<br />

convenzionali nel settore<br />

trasporti. <strong>La</strong> scelta è legata a<br />

ragioni di costi, mercato e<br />

competizione, ma non ambientali.<br />

<strong>La</strong> Valutazione di Impatto<br />

che accompagna il documento<br />

“Renewable Energy<br />

Road Map” [6], riconosce che<br />

“la sostituzione delle fonti convenzionali<br />

di calore con le biomasse<br />

può generare un effetto negativo<br />

sulla qualità dell’aria se<br />

non si adottano impianti di qualità”.<br />

Pure il Consiglio Europeo<br />

riconosce [7] che “...il rischio<br />

che la diffusione di colture<br />

destinate alla produzione di biomasse<br />

e biofuels, …… in assenza<br />

di una idonea valutazione e<br />

adeguata salvaguardia <strong>ambientale</strong>,<br />

avrà un impatto negativo<br />

sulla biodiversità e sulla sicurezza<br />

degli approvvigionamenti<br />

alimentari ed eventualmente<br />

anche un maggiore impatto sul<br />

clima”. Nella valutazione dell’impatto<br />

<strong>ambientale</strong> da massiccio<br />

uso di biomasse vi sarebbero<br />

poi altri aspetti da<br />

considerare legati al consumo<br />

specifico di acqua, diverso<br />

per ciascun tipo di coltura<br />

[8], all’invasività di tali colture<br />

maggiore di altri vegetali<br />

[9], all’indisponibilità di terreni<br />

arabili che favorirebbe la<br />

deforestazione.<br />

Si potrebbero analizzare le direttive<br />

e i documenti relativi a<br />

molte altre questioni rilevanti<br />

come uso del territorio, gestione<br />

dei rifiuti, desertificazione,<br />

agricoltura, ecc. per<br />

rendersi conto che le soluzioni<br />

adottate non sono mai il<br />

risultato di un approccio integrato<br />

completo dell’impatto<br />

sull’ambiente.<br />

<strong>La</strong> <strong>politica</strong> europea é basata<br />

sui principi di sussidiarietà,<br />

proporzionalità e precauzione.<br />

In campo <strong>ambientale</strong> vige<br />

pure il principio chi inquina<br />

paga che dovrebbe avere priorità<br />

o maggior peso rispetto<br />

agli altri principi ed invece è il<br />

meno adottato e mai nel suo<br />

pieno significato.<br />

Negli ultimi decenni si è registrata<br />

una proliferazione di<br />

leggi e regolamenti in campo<br />

<strong>ambientale</strong> che ha causato<br />

una frammentazione di obiettivi,<br />

competenze, formazione,<br />

cultura, e ha portato alla formazione<br />

di gruppi di interessi<br />

in contrasto tra loro e difficili<br />

da riconciliare in approccio<br />

integrato.<br />

Per questo viene spesso posto<br />

l’accento sul fatto che il<br />

cambiamento climatico starebbe<br />

già condizionando settori<br />

come risorse idriche, agricoltura,<br />

produzioni alimentari,<br />

foreste, pesca, energia, infrastrutture<br />

e pianificazione<br />

urbana, turismo, salute, biodiversità,<br />

ecosistemi, ma non<br />

si dice il contrario: che lo sviluppo<br />

incontrollato e disgiunto<br />

dei predetti settori è<br />

stata la causa che sta portando<br />

al temuto cambiamento<br />

climatico.<br />

<strong>La</strong> Direttiva IPPC<br />

è stato il primo<br />

passo di un<br />

approccio integrato<br />

per la mitigazione<br />

degli impatti su aria,<br />

sistemi idrici,<br />

suolo, rifiuti<br />

e rumore.<br />

Essa stabilisce<br />

che gli standard<br />

di emissione<br />

di inquinanti<br />

dalle diverse<br />

attività<br />

produttive<br />

dovranno essere<br />

fissati sulla base<br />

delle Migliori<br />

Tecnologie<br />

Disponibili (MTD),<br />

descritte nei<br />

cosiddetti BREF<br />

Desertificazione, abbandono<br />

delle campagne, incendi di foreste,<br />

aree degradate, ridotta<br />

biodiversità, ecc. sono fenomeni<br />

registrati sin dal secolo<br />

scorso, ancor prima che si<br />

parlasse di cambiamento climatico,<br />

dovuti ad una <strong>politica</strong><br />

che favoriva lo sviluppo industriale<br />

incoraggiando la migrazione<br />

verso le grandi città,<br />

fenomeno analogo a quello<br />

che oggi avviene in tanti Paesi<br />

in via di sviluppo o sottosviluppati.<br />

All’inizio del secolo<br />

scorso la popolazione rurale<br />

nel mondo era quasi il<br />

97%, mentre oggi si è ridotta<br />

al 50% [10]. Questa migrazione<br />

trasferisce la povertà<br />

dalle aree rurali alle periferie<br />

delle grandi città con gravi<br />

conseguenze sull’ambiente in<br />

ambedue le aree: nelle prime<br />

genera desertificazione e perdita<br />

di biodiversità, nelle seconde<br />

genera aumento di domanda<br />

di acqua potabile,<br />

energia, prodotti chimici, suoli<br />

da urbanizzare, strade, mobilità<br />

e conseguentemente,<br />

aumento di rifiuti solidi, acque<br />

reflue, inquinamento atmosferico,<br />

impatto sull’ambiente<br />

e sul cambiamento climatico.<br />

Di povertà si parla tanto, su<br />

basi ideologiche, religiose, sociali<br />

o economiche, ma non<br />

se ne analizzano i risvolti sul<br />

piano <strong>ambientale</strong>. Questi forse<br />

potrebbero meglio sostenere<br />

le ragioni della necessità<br />

di un eradicamento della povertà.<br />

Serve dunque ripensare<br />

la <strong>politica</strong> per l’ambiente e per<br />

l’inquinamento atmosferico<br />

in particolare, da fondare su<br />

una visione integrata dei problemi<br />

e sul coinvolgimento<br />

consapevole e informato dei<br />

cittadini.<br />

prof. ing. Giuseppe Fumarola<br />

Università dell’Aquila<br />

Past-President EFCA<br />

(European Federation of<br />

Clean Air and Environmental<br />

Protection Associations),<br />

Vice-Presidente CSIA/ATI<br />

Bibliografia<br />

1. European Symposium on “How to fight air pollution and climate change effectively together in Europe?”. European<br />

Parliament Strasbourg, France, 6-7 November 2008<br />

2. http://register.consilium.europa.eu/pdf/en/09/st10/st10932.en09.pdf<br />

3. http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2008:152:0001:0044:EN:PDF<br />

4. http://www.ipcc.ch/pdf/assessment-report/ar4/syr/ar4_syr.pdf<br />

5. http://ec.europa.eu/energy/climate_actions/doc/2008_res_ia_en.pdf<br />

6.http://ec.europa.eu/energy/energy_policy/doc/05_renewable_energy_roadmap_full_impact_assessment_en.pdf<br />

7. http://www.consilium.europa.eu/ueDocs/cms_Data/docs/pressData/en/envir/108747.pdf<br />

8. W. Gerbens-Leenesa et al. (2009), The water footprint of bioenergy. PNAS published online before print June 3,<br />

2009, doi:10.1073/pnas.0812619106<br />

9. www.plosone.org/article/info:doi/10.1371/journal.pone.0005261<br />

10. http://www.un.org/esa/population/publications/wup2007/2007WUP_ExecSum_web.pdf<br />

foto: Anita Komuves

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