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Laura Porro - I subjunctive conditionals: teorie analitiche - SELP

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO<br />

Facoltà di Lettere e Filosofia<br />

Corso di Laurea Triennale in Filosofia<br />

I <strong>subjunctive</strong> <strong>conditionals</strong>:<br />

<strong>teorie</strong> <strong>analitiche</strong><br />

Relatrice: Chiar.ma Prof.ssa Miriam Franchella<br />

Anno Accademico 2007/2008<br />

Elaborato finale di:<br />

<strong>Laura</strong> Cecilia <strong>Porro</strong><br />

matricola n. 689586


Alla memoria del Prof. Mario<br />

Zambarbieri


Indice<br />

Introduzione 3<br />

1 Formalizzazione 6<br />

1.1 Goodman . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6<br />

1.2 Chisholm . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9<br />

1.3 Stanley . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15<br />

2 Mondi possibili 20<br />

2.1 Il dibattito Stalnaker-Lewis . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20<br />

2.1.1 Stalnaker . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20<br />

2.1.2 Lewis . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25<br />

2.1.3 Stalnaker: il ritorno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29<br />

2.2 McDermott . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33<br />

2.3 Weatherson . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 38<br />

Conclusione 42<br />

Bibliografia 44<br />

Siti web consultati 45<br />

Ringraziamenti 47


Introduzione<br />

In questo elaborato mi propongo di descrivere alcune <strong>teorie</strong> <strong>analitiche</strong> che si<br />

occupano dei <strong>subjunctive</strong> <strong>conditionals</strong> e dei problemi ad essi collegati. Ver-<br />

ranno tracciate le linee portanti del dibattito sui controfattuali nel corso della<br />

seconda metà del Novecento. In particolare verranno descritte alcune pro-<br />

poste avanzate negli anni Quaranta e Cinquanta, e verrà poi sottolineata la<br />

svolta degli anni Ottanta e Novanta, quando nel dibattito è stato introdotto<br />

un nuovo strumento di analisi: le semantiche a mondi possibili. Nella conclu-<br />

sione si farà cenno ai nuovi modi di approcciare il problema dei controfattuali,<br />

proposti negli anni Novanta ed anche in anni recenti.<br />

Le proposizioni, costituite da un antecedente e un conseguente, della for-<br />

ma “Se fosse stato il caso che A, allora sarebbe stato il caso che B”, in cui<br />

l’antecedente sia falso, sono chiamate controfattuali o <strong>subjunctive</strong> conditio-<br />

nals. Userò i termini “controfattuale” e “<strong>subjunctive</strong>” come sinonimi, e, nel<br />

riportare l’opinione di un autore, seguirò la scelta che ciascuno ha fatto nel<br />

proprio articolo. Chisholm è l’unico tra gli autori citati in bibliografia che<br />

sostiene che nessuno dei due termini sia adeguato e dice<br />

Molti condizionali controfattuali non sono espressi in modalità<br />

<strong>subjunctive</strong> e molti condizionali espressi in questa modalità non<br />

sono controfattuali.<br />

I <strong>subjunctive</strong> <strong>conditionals</strong> sono i costrutti condizionali usati nelle conversa-<br />

zioni per parlare di possibilità non realizzate 1 . La determinazione del loro<br />

valore di verità è un problema aperto nella logica. La definizione del valore di<br />

1 La notazione usata è p −→ q


Introduzione 4<br />

verità, dato dalla logica classica, per i condizionali indicativi non è adeguata<br />

per i <strong>subjunctive</strong> <strong>conditionals</strong> 2 . La tabella sottostante rappresenta la tavola<br />

di verità del connettivo −→, secondo la logica classica.<br />

A −→ B<br />

V V V<br />

V F F<br />

F V V<br />

F V F<br />

Si considerino le due proposizioni seguenti: “Se Tizio fosse stato in Italia, si<br />

sarebbe trovato nel sud d’Europa” e “Se Tizio fosse stato in Italia, si sarebbe<br />

trovato su Marte”. Se Tizio non è in Italia, la logica classica non riesce a<br />

distinguere i valori di verità di queste due proposizioni; entrambe sono vere,<br />

nel momento in cui i loro antecedenti siano falsi. Questo, intuitivamente,<br />

è insoddisfacente, perché, mentre la prima frase sembra a prima vista vera,<br />

anche se Tizio non è in Italia al momento, la seconda suona chiaramente falsa,<br />

indipendentemente dal luogo in cui Tizio si trovi.<br />

È quindi necessaria una<br />

spiegazione alternativa dei valori di verità nei condizionali di tipo <strong>subjunctive</strong>.<br />

Il problema dei controfattuali non riguarda solo la logica, ma è strettamente<br />

connesso a temi filosofici ed epistemologici di grande importanza (si veda ad<br />

esempio Quine in [Qui60]), come l’induzione sui predicati o la formulazione<br />

di una definizione di legge (si veda 2.1.1 a pagina 24).<br />

Nella prima parte descriverò la posizione di alcuni autori che hanno cer-<br />

cato di formalizzare le condizioni alle quali un controfattuale possa essere<br />

considerato vero, cercando di elaborare delle riformulazioni alternative per i<br />

controfattuali, che li riducessero a proposizioni di tipo più semplice. Tra i<br />

filosofi che hanno seguito questa strada presenterò la posizione di N. Good-<br />

man (si veda [Goo47]), R. Chisholm (si veda [Chi46]) e R. L. Stanley (si veda<br />

[Sta53]).<br />

Dopo questi primi tentativi, altri filosofi hanno elaborato nuove <strong>teorie</strong> che de-<br />

finiscono i valori di verità dei controfattuali usando semantiche a mondi pos-<br />

2 Si veda [VHR88]


Introduzione 5<br />

sibili; nella seconda parte descriverò la posizione dei seguenti studiosi che si<br />

inseriscono in questo filone: Stalnaker e Lewis (si veda [HSP81]), McDermott<br />

(si veda [McD99]), Weatherson ([Wea01]).<br />

Dove sarà necessario usare simboli logici, userò la notazione moderna; per<br />

gli autori più datati si rimanda ai testi citati in bibliografia, per seguire la<br />

notazione originale. In alcuni punti conserverò il termine in lingua originale<br />

(mettendone l’indicazione in nota) per ragioni di chiarezza di interpretazione.


Parte 1<br />

Formalizzazione<br />

1.1 Goodman<br />

N. Goodman, in [Goo47], osserva che l’analisi dei controfattuali ha una porta-<br />

ta vasta, che va al di là del semplice esercizio logico o grammaticale. Trovare<br />

una buona teoria per interpretare i controfattuali determina, infatti, anche<br />

la possibilità di dare una buona definizione di legge naturale, dei termini<br />

disposizionali e di conferma 1 .<br />

Ciò che conta nel condizionale non è la forma grammaticale in cui è espresso,<br />

né la verità o falsità dell’antecedente o del conseguente, quanto piuttosto la<br />

relazione fra questi due, e questo accade perché non si può sottoporre un ante-<br />

cedente controfattuale ad un test empirico. Goodman elenca tipi particolari<br />

di controfattuali, che presentano caratteristiche degne di attenzione.<br />

I semifattuali sono condizionali con antecedente falso e conseguente vero, e<br />

negano, mentre i controfattuali affermano, che ci sia una certa relazione fra<br />

antecedente e conseguente, e cioè i semifattuali negano ciò che è affermato<br />

dall’opposto controfattuale. I semifattuali sono sintatticamente dei condizio-<br />

nali controfattuali, e ci si aspetterebbe quindi che da essi venga affermata<br />

l’esistenza di una certa connessione fra antecedente e conseguente, cosa che<br />

invece non accade. Goodman interpreta quindi i semifattuali come negazioni<br />

1 Confirmation terms, [Goo47] p.113.


1.1 Goodman 7<br />

di controfattuali. Come osserva anche Stalnaker, proprio per questo motivo<br />

la portata pratica di un semifattuale è ben diversa dalla sua portata letterale.<br />

Consideriamo il semifattuale:<br />

Anche se il fiammifero fosse stato sfregato, comunque non si<br />

sarebbe acceso 2 ;<br />

e il controfattuale:<br />

Anche se il fiammifero si accendesse, comunque non sarebbe (ne-<br />

cessariamente) sfregato 3 .<br />

Mentre il semifattuale afferma che il non accendersi possa essere inferito<br />

dall’essere sfregato, il controfattuale sostiene che l’accendersi non dipenda<br />

dall’essere sfregato. Questo mostra come i semifattuali e i controfattuali<br />

vengano usati per esprimere concetti diversi.<br />

I controidentici 4 sono del tipo:<br />

Se fossi Giulio Cesare, non sarei stato vivo nel XX secolo;<br />

Se Giulio Cesare fosse me, sarebbe stato vivo nel XX secolo.<br />

Sebbene l’antecedente indichi un’identità (io = GiulioCesare), tuttavia i<br />

due conseguenti dicono due cose opposte, che non possono essere entrambe<br />

contemporaneamente vere. Un altro esempio, che si ritroverà nel paragrafo<br />

su R. L. Stanley ed è tratto da Quine, è il seguente: “Se Bizet e Verdi fossero<br />

stati compatrioti, Verdi sarebbe stato francese/Bizet sarebbe stato italiano”.<br />

Come si vedrà più avanti, Stanley dimostra sia la conclusione<br />

sia<br />

“Bizet sarebbe stato italiano”, (1.1)<br />

“Verdi sarebbe stato francese”. (1.2)<br />

I controcomparativi 5 hanno un antecedente come:<br />

2 Even if the match had been scratched, it would not have lighted.<br />

3 Even if the match lighted, it still wasn’t scratched.<br />

4 Counteridenticals.<br />

5 Countercomparatives.


1.1 Goodman 8<br />

Se fossi più ricco, ....<br />

I controlegali 6 negano nell’antecedente una legge logica o fisica:<br />

Se i triangoli fossero quadrati, ....<br />

Tutti questi condizionali “contro-...” evidenziano varie caratteristiche dei<br />

controfattuali, cioè mettono in risalto i vari modi in cui un antecedente possa<br />

essere controfattuale. Sulla base di queste osservazioni bisogna cercare di sta-<br />

bilire quali siano le condizioni per asserire la verità di un controfattuale. Ci<br />

sono due aspetti che risultano evidenti da tutti gli esempi proposti: il primo è<br />

il fatto che nella valutazione di un controfattuale vengono considerate anche<br />

certe circostanze non enunciate. Per esempio, nel caso del fiammifero, si sta<br />

assumendo che ci sia una quantità di ossigeno sufficiente, che il fiammifero<br />

non sia bagnato, ecc .... Il secondo aspetto consiste nel fatto che la connes-<br />

sione fra antecedente e conseguente non viene stabilita necessariamente sulla<br />

base di leggi logiche, perché tra le circostanze che vengono aggiunte nella<br />

valutazione del controfattuale sono incluse non solo leggi logiche, ma anche<br />

leggi fisiche e naturali.<br />

Sembra quindi che per valutare il condizionale sia necessario aggiungere al-<br />

l’antecedente le circostanze non enunciate. Vengono proposte varie possibilità<br />

di estendere l’insieme di proposizioni S in cui l’antecedente A è incluso.<br />

• L’insieme S contiene tutte le proposizioni vere, incluso l’anteceden-<br />

te: ma allora tra esse si troverà anche la negazione dell’antecedente,<br />

rendendo banale l’inferenza dall’antecedente al conseguente C.<br />

• Si cerca allora di restringere l’insieme S: è facile eliminare le proposi-<br />

zioni logicamente incompatibili con l’antecedente, ma non lo è altret-<br />

tanto eliminare quelle proposizioni che violano delle leggi diverse da<br />

quelle logiche e che comunque sono incompatibili con l’antecedente; ad<br />

esempio:<br />

6 Counterlegals.<br />

Se il radiatore si fosse ghiacciato, si sarebbe rotto.


1.2 Chisholm 9<br />

Tra le frasi vere che abbiamo aggiunto all’antecedente c’è:<br />

Quel radiatore non ha mai raggiunto una temperatura infe-<br />

riore a 33 F.<br />

Ma ora risultano vere entrambe le seguenti:<br />

Tutti i radiatori che si ghiacciano ma non vanno sotto i 33 F<br />

si rompono,<br />

Tutti i radiatori che si ghiacciano ma non vanno sotto i 33 F<br />

non si rompono,<br />

perché non esistono radiatori siffatti.<br />

• Dato che non è sufficiente restringere l’insieme A ∪ S in modo che sia<br />

compatibile in sé, bisogna aggiungere il vincolo che S sia compatibile<br />

sia con C che con ¬C, e che sia A a decidere se C o ¬C.<br />

A seguito di queste osservazioni si evince che la compatibilità non sia un<br />

criterio efficace per la valutazione dei controfattuali. Goodman prova a so-<br />

stituirlo con la cotenibilità. A si dice cotenibile con S e A∪S si dice cotenibile<br />

in sé se non si dà il caso che S non sia vero se A lo sia. Ma questa defini-<br />

zione è espressa in forma di controfattuale, quindi cercare di valutare un<br />

controfattuale sulla base di questa definizione fa cadere subito in un circolo<br />

vizioso.<br />

1.2 Chisholm<br />

Chisholm osserva che ci sono delle situazioni in cui l’uso del <strong>subjunctive</strong> con-<br />

ditional è il modo più naturale ed adatto ad esprimere ciò che si conosce,<br />

anche se si sa e proprio perché si sa che l’antecedente è falso. Ad esempio,<br />

nello studio della storia, per comprendere a fondo un certo periodo storico,<br />

è importante pensare anche a cosa sarebbe accaduto se qualche fatto im-<br />

portante non si fosse verificato; o nello studio dell’anatomia, è fondamentale<br />

immaginarsi cosa accada al corpo in assenza di un organo, per prendere le


1.2 Chisholm 10<br />

giuste contromisure. Ma ancora più interessanti sono i controfattuali in cui<br />

non si sa se l’antecedente sia vero o meno, come nei seguenti casi:<br />

• i <strong>subjunctive</strong> <strong>conditionals</strong> possono fungere da direzione delle azioni e<br />

delle prescrizioni (“Chi attraversa i binari sarà perseguito” significa “Se<br />

qualcuno attraversasse i binari, sarebbe perseguito”), in questi casi si<br />

spera addirittura che l’antecedente resti sempre falso;<br />

• possono avere un uso deliberativo, come ad esempio quando si vuole<br />

verificare un’ipotesi (“Se la terra fosse rotonda, allora ...”);<br />

• sono un modo di esprimere gli aggettivi disposizionali, che esprimono<br />

potenzialità e possibilità; ad esempio, dire di un oggetto che è “fragile”<br />

significa che se l’oggetto fosse messo in certe condizioni si romperebbe.<br />

Il primo tentativo di analisi di Chisholm prevede di trasformare un contro-<br />

fattuale in un condizionale indicativo, e questo può essere fatto nel modo<br />

seguente:<br />

• si sostituiscono i congiuntivi e i condizionali con gli indicativi (ad esem-<br />

pio “se fosse..., sarebbe...”, diventa “se è..., è...”), rendendo il con-<br />

trofattuale un condizionale materiale; ma questo fa perdere alla pro-<br />

posizione la capacità di esprimere la direzione di un’azione: “se il vaso<br />

venisse fatto cadere, si romperebbe” può fungere da avviso o consiglio,<br />

cosa che “se il vaso viene fatto cadere, si rompe” non può fare;<br />

• l’inefficacia di questa trasposizione si rivela ancora più evidente qualora<br />

si elimini la congiunzione ipotetica “se” e si trasformi il condizionale<br />

in una scelta di due opzioni. Ad esempio si consideri “se il vaso<br />

venisse fatto cadere, si romperebbe” e “se il vaso venisse fatto cadere,<br />

si trasformerebbe in una quercia”; trasformando i due condizionali in<br />

una scelta di opzioni “o il vaso non verrà fatto cadere, o si romperà”<br />

e “o il vaso non verrà fatto cadere, o si trasformerà in una quercia”,<br />

risulta evidente che, considerando i due condizionali, è chiaro quale sia


1.2 Chisholm 11<br />

vero e funga da direzione per l’agire, e quale no, mentre appiattendoli<br />

su una scelta di opzioni si perde questa distinzione 7 .<br />

La difficoltà di analizzare i controfattuali in termini di condizionali indica-<br />

tivi è dovuta, in primo luogo, al fatto che nella valutazione dell’antecedente<br />

vengono presi in considerazione anche fatti e leggi non enunciati, in secondo<br />

luogo, al fatto che la connessione fra antecedente e conseguente non è sta-<br />

bilita solo sulla base di leggi logiche (in questo aspetto, Chisholm condivide<br />

l’opinione di Goodman), e, in terzo luogo, al fatto che, secondo la tavola di<br />

verità del connettivo condizionale nella logica classica, quando l’anteceden-<br />

te è falso, il condizionale è sempre vero. La connessione fra antecedente e<br />

conseguente può essere di due tipi: non-accidentale, o accidentale. Per ogni<br />

condizionale non-accidentale se ne può sempre trovare uno accidentale che<br />

copra gli stessi casi, mentre non è possibile fare il passaggio inverso dal con-<br />

dizionale accidentale a quello non-accidentale. Si consideri il condizionale<br />

non-accidentale<br />

∀x se x beve da quella fontana, x viene avvelenato;<br />

ipotizziamo che due persone abbiamo bevuto da quella fontana, quindi for-<br />

muliamo il seguente accidentale<br />

∀x se x è nato nel luogo p al tempo t, o in p ′ a t ′ , x viene<br />

avvelenato.<br />

A seconda di come vengono descritte le entità coinvolte nell’antecedente e<br />

il conseguente, il condizionale risulta essere accidentale o non-accidentale.<br />

In quest’ultimo caso la connessione che c’è tra antecedente e conseguente<br />

sembra essere una proprietà delle entità coinvolte, ma Chisholm sceglie di non<br />

spingersi oltre nel considerare la connessione come una categoria ontologica.<br />

Anche Chisholm, come Goodman, prova a definire le condizioni di verità<br />

dei controfattuali, per mezzo dell’aggiunta all’antecedente di fatti o leggi<br />

che non sono enunciate esplicitamente, ma che fanno parte delle conoscenze<br />

pregresse dei parlanti. Tuttavia questa soluzione genera alcune difficoltà; in<br />

7 Il condizionale materiale ha, da un punto di vista logico, la stessa forma della scelta<br />

di due opzioni con l’antecedente negato: ∼ p ∨ q.


1.2 Chisholm 12<br />

primo luogo, parlanti diversi hanno conoscenze pregresse diverse, e non si<br />

può basare il criterio di verità su qualcosa di soggettivamente variabile. In<br />

secondo luogo, gli enunciati veri che si assumono unitamente all’antecedente<br />

per implicare il conseguente non sono noti ai parlanti: se essi conoscessero<br />

già cosa aggiungere all’antecedente, non avrebbero avuto motivo di esprimersi<br />

in modalità <strong>subjunctive</strong>. Inoltre bisogna porre un’ulteriore restrizione sugli<br />

enunciati che si aggiungono all’antecedente per valutarlo: essi non devono<br />

rendere banale l’implicazione (cioè non devono determinare classi vuote di<br />

enti). Ad esempio:<br />

∀x se x è una carica pubblica e Tizio viene eletto a ricoprire x, il<br />

prezzo del grano salirà.<br />

Se però Tizio non è mai stato eletto, l’implicazione è vera a vuoto.<br />

Sulla base di queste osservazioni Chisholm propone una formula generale per<br />

stabilire la verità dei <strong>subjunctive</strong> <strong>conditionals</strong> ([Chi46] p. 300-301):<br />

Un <strong>subjunctive</strong> conditional della forma “∀x, y se x fosse ϕ e y<br />

fosse ψ, allora y sarebbe χ”, che non sia analitico o logicamente<br />

vero, può essere reso come: “C’è un enunciato vero p tale che p<br />

unito con ‘x è ϕ e y è ψ’ implica ‘y è χ’; p non contiene nessuna<br />

funzione proposizionale con variabili libere diverse da x e y, che<br />

non sia né un condizionale universale né un enunciato esistenziale;<br />

p non include condizionali universali che non abbiano un impegno<br />

esistenziale, e p non include condizionali universali il cui conse-<br />

guente contenga due funzioni che siano logicamente equivalenti a<br />

funzioni che hanno come istanze corrispondenti ‘x è ϕ, y è ψ e y<br />

è χ’, o il cui antecedente includa una funzione che non abbia la<br />

variabile di quantificazione”.<br />

Questa lunga serie di restrizioni serve a formalizzare e precisare ciò che è già<br />

stato detto sopra, e cioè che l’aggiunta di informazioni all’antecedente per<br />

valutare il condizionale non deve rendere banale l’inferenza:<br />

• le variabili libere presenti in p non devono essere diverse da x e y;


1.2 Chisholm 13<br />

• se lo sono, allora si deve trattare di un condizionale universale o un<br />

enunciato esistenziale;<br />

• se si tratta di un condizionale universale, allora deve avere un impegno<br />

esistenziale, cioè gli enti di cui parla l’antecedente esistono;<br />

• il conseguente di questo condizionale non deve contenere espressioni che<br />

renderebbero vero a vuoto il <strong>subjunctive</strong> di partenza, e cioè le istanze<br />

‘x è ϕ, y è ψ e y è χ’.<br />

Questa analisi presenta, tuttavia, un problema, ed è Chisholm stesso a mo-<br />

strarlo con un controesempio. Si ipotizzi che ci siano due uomini seduti su<br />

una panchina in un parco, che siano soli e che siano entrambi irlandesi. Per<br />

poter applicare la formula, bisogna riformulare questa situazione nel modo<br />

seguente:<br />

∀x, x è sulla panchina b al tempo t −→ x è irlandese.<br />

Seguendo la formula sopra citata si può inferire<br />

Se Ivan fosse stato sulla panchina b al tempo t, sarebbe stato irlandese,<br />

ma questa conclusione non è soddisfacente, perché evidentemente non è pos-<br />

sibile ricavare la nazionalità di una persona dal fatto che stia seduta su una<br />

specifica panchina. La difficoltà consiste in questo: quando si riformula il<br />

condizionale per potervi applicare la formula, si usa il quantificatore univer-<br />

sale, ma se la situazione che deve essere riformulata è accidentale o una pura<br />

coincidenza casuale, si incorre nel caso assurdo descritto nel controesempio.<br />

Infatti la situazione dei due irlandesi che per caso si siano trovati sulla stessa<br />

panchina nello stesso momento viene riformulata con “per ogni uomo seduto<br />

su quella panchina, egli è irlandese”.<br />

Chisholm fa poi alcune osservazioni finali a proposito dei condizionali in<br />

generale.<br />

1. Parte della confusione a proposito della valutazione di un <strong>subjunctive</strong><br />

conditional è dovuta al fatto che non si tiene conto a sufficienza del


1.2 Chisholm 14<br />

contesto di enunciazione; ad esempio nel caso dei condizionali controi-<br />

dentici (“se x fosse uguale a y”), è solo il contesto a rendere chiaro se<br />

sia x a doversi adeguare ad y o viceversa. Anche Stanley, nell’esempio<br />

di Bizet e Verdi 8 , analizza questo tipo di controidentici: egli conclude<br />

che sia “Se Verdi e Bizet fossero stati compatrioti, Verdi sarebbe stato<br />

francese”, sia “Se Verdi e Bizet fossero stati compatrioti, Bizet sarebbe<br />

stato italiano” sono <strong>subjunctive</strong> <strong>conditionals</strong> veri. Chisholm considera<br />

questo fatto non come un problema, ma come una ricchezza sia della<br />

teoria sia dell’uso del <strong>subjunctive</strong> conditional in sé, che permette di<br />

mettere in luce di volta in volta aspetti diversi di ciò che si vuole dire:<br />

l’antecedente implica entrambi i conseguenti in due sensi diversi. La<br />

costruzione di una prova per stabilire la verità dei <strong>subjunctive</strong> conditio-<br />

nals deve andare, quindi, di pari passo con la comprensione di ciò che<br />

viene comunicato, del contesto, e del perché è stata scelta come forma<br />

di comunicazione proprio quella <strong>subjunctive</strong>.<br />

2. La valutazione di un <strong>subjunctive</strong> conditional è anche legata al modo<br />

in cui l’antecedente viene descritto, perché, come si è detto sopra, non<br />

tutte le premesse (e cioè gli enunciati veri da aggiungere all’antecedente<br />

per poterne inferire il conseguente) sono note, e quindi ad essere rile-<br />

vanti nel giudicare un <strong>subjunctive</strong> conditional saranno anche elementi<br />

descrittivi il cui valore non è possibile formalizzare.<br />

3. Gli enunciati di cui parla la formula sopra citata, usati per descrivere<br />

una possibile formalizzazione dei <strong>subjunctive</strong> <strong>conditionals</strong>, non sono mai<br />

stati pensati, né effettivamente detti, né scritti, perché non fanno in<br />

nessun modo parte del condizionale di partenza. La validità di questi<br />

enunciati andrebbe dunque testata, sfruttando proprio il <strong>subjunctive</strong><br />

conditional in funzione di verifica di un’ipotesi, ma questo fa cadere<br />

evidentemente in un circolo vizioso.<br />

8 O anche nell’esempio Bach’s Coffee Cantata [Sta53] p. 28


1.3 Stanley 15<br />

1.3 Stanley<br />

R. L. Stanley cerca di dare un metodo per formalizzare i <strong>subjunctive</strong> con-<br />

ditionals e per identificarli come tali. Egli vuole elaborare una prova che<br />

sia costruttiva, cioè meccanica, e permetta di decidere se un condizionale sia<br />

<strong>subjunctive</strong> o no, effettuando alcune operazioni puramente formali sul condi-<br />

zionale in analisi. Egli presenta alcune definizioni preliminari, che serviranno<br />

a costituire i passi della sua prova:<br />

• Le formule sono:<br />

– Proposizioni naturali (natural clauses), sono proposizioni espres-<br />

se in un linguaggio naturale, con una struttura non dotata di<br />

connettivi proposizionali (∨, ∧, ∼, −→); ad esempio “Verdi è<br />

italiano”;<br />

– Formule naturali (natural formulae), sono espressioni che conten-<br />

gono variabili (x, y, z) e che diventano proposizioni naturali qualo-<br />

ra le variabili siano sostituite con nomi; ad esempio “x è italiano”<br />

è una formula naturale, che diventa una proposizione naturale nel<br />

momento in cui si sotituisca a x il nome “Verdi”;<br />

– Negazioni congiunte (joint denials) di formule: la negazione con-<br />

giunta è tratta da Quine (si veda [Qui40] p. 45), è resa con il sim-<br />

bolo ↓ e serve a formalizzare il connettivo “né...né”; ad esempio<br />

p ↓ q è vero solo quando p e q siano entrambi falsi;<br />

– Quantificazioni (quantifications) di formule, ovvero proposizioni<br />

che contengono quantificatori universali ∀x, o esistenziali ∃x; ad<br />

esempio ∀x∃y : x −→ y.<br />

• Le operazioni formali che possono essere effettuate sul condizionale,<br />

salva veritate, sono:<br />

– Sottrazione di verità (truth-subtraction, si veda [Sta53] p. 23),<br />

che consiste in questo: se ϕ è una premessa, se lo è anche la<br />

chiusura di ψ −→ χ e se γ è una disgiunzione di congiunzioni di


1.3 Stanley 16<br />

formule naturali tra cui anche ϕ, allora si può inferire la chiusura<br />

di ψ ′ −→ χ, dove ψ ′ è come ψ tranne per il fatto che non<br />

contiene ϕ e il suo contesto proposizionale 9 .<br />

– Istanziazione universale (universal instantiation), che prevede di<br />

sostituire le variabili con individui, dopo aver effettuato le genera-<br />

lizzazioni ben formate (vedi qui sotto); ad esempio dalla seguente<br />

generalizzazione ben formata<br />

si ricava<br />

∀x, y Io sono x ∧ x scrisse y −→ Io scrissi y, (1.3)<br />

Io sono Bach ∧ Bach ha scritto la Cantata del Caffè −→<br />

• Premesse della prova possono essere:<br />

Ho scritto la Cantata del Caffè.<br />

– Proposizioni naturali (natural clauses);<br />

– Generalizzazioni ben formate (well-formed generalizations), che<br />

consistono nel sostituire individui con variabili; ad esempio se si<br />

considera la frase “Se fossi stato Bach, avrei scritto la Cantata del<br />

Caffè”, la sua generalizzazione ben formata è<br />

∀x, yIo sono x ∧ x scrisse y −→ Io scrissi y. (1.4)<br />

Ecco, in ordine, i quattro passi della sua prova:<br />

– Well-formed generalization;<br />

9 Gli angoli che delimitano le espressioni indicano il riferimento al contesto delle espressioni<br />

generiche ψ, ψ ′ e χ e vengono chiamati quasi-citazione (si veda [Qui40]): nel caso<br />

specifico delle lettere greche la quasi-citazione µ è ciò che la lettera ‘µ’ diventa quando<br />

è rimpiazzata dall’espressione µ, in breve µ è l’espressione µ.<br />

La chiusura di ϕ è definita da Quine, nella stessa opera, in questo modo: se ϕ ha n variabili<br />

libere, ci sono n! enunciati equivalenti che si possono formare premettendo ad esse<br />

quantificatori distinti. Ognuno di questi enunciati è detto chiusura di ϕ. Ad esempio, se<br />

α1, . . .,αn (n ≥ 0) sono le variabili libere di ϕ, la chiusura di ϕ è (αn)...(α1)(ϕ) e si<br />

ottiene applicando (α1) a ϕ, (α2) al risultato, e così via.


1.3 Stanley 17<br />

– Universal Instantiation, (istanziazione universale) che mette gli<br />

individui al posto delle variabili;<br />

– Natural clauses, che sono le premesse dell’argomento;<br />

– Truth-subtraction, (sottrazione di verità).<br />

Esempio: se Bizet e Verdi fossero stati compatrioti, Bizet sarebbe stato<br />

italiano.<br />

– Wfg (x)(y)(Cxy ∧ Ix −→ Iy);<br />

– UI Cvb ∧ Iv −→ Ib;<br />

– Nc Iv;<br />

– TS Cvb −→ Ib.<br />

Stanley può ora proporre la sua definizione di <strong>subjunctive</strong> e di verità in<br />

senso <strong>subjunctive</strong>:<br />

• Un condizionale ha un senso <strong>subjunctive</strong> se c’è una prova, nel sistema<br />

sopra descritto, per la forma indicativa del condizionale che si sta ana-<br />

lizzando. I passaggi meccanici sopra elencati permettono di decidere<br />

se una successione di inferenze costituisce una prova secondo i canoni<br />

descritti; la proprietà di “essere <strong>subjunctive</strong>”, definita in questo modo,<br />

è costruttiva;<br />

• Un condizionale <strong>subjunctive</strong> (<strong>subjunctive</strong> truth) è vero, se:<br />

– è <strong>subjunctive</strong> nel senso sopra detto;<br />

– tutte le premesse nella dimostrazione sono vere;<br />

– nessuna delle premesse è banale.<br />

Per quanto riguarda quest’ultimo punto, bisogna distinguere tra le proposi-<br />

zioni naturali e le generalizazioni ben formate. Stanley assume che le propo-<br />

sizioni naturali siano sempre non banali, senza dare ulteriori spiegazioni. Per<br />

il fatto che vengono usate come premessa dopo la instanziazione universale,<br />

le proposizioni naturali sono delle parti del condizionale che si sta analiz-<br />

zando; credo che si possa dire che non sono banali in questo senso, e cioè


1.3 Stanley 18<br />

che non sono irrilevanti per il contesto e non portano a contraddizioni. Le<br />

generalizzazioni ben formate, invece, per essere non banali, devono rispettare<br />

il seguente vincolo: l’antecedente deve essere rilevante per il conseguente.<br />

Stanley individua come punto debole del suo ragionamento le formule natu-<br />

rali, le cui restrizioni sulle premesse limitano le applicazioni di principi da<br />

altre discipline tecniche (come la matematica o la fisica); liberalizzare questa<br />

restrizione metterebbe tuttavia a rischio la costruttività della dimostrazione,<br />

che va, al contrario, preservata con cura. Questo commento di Stanley non<br />

è, tuttavia, chiaro, perché non si riesce a capire quali siano queste restrizioni<br />

sulle premesse che limiterebbero l’uso di principi tratti da discipline scientifi-<br />

che. Infatti premesse possono essere proposizioni naturali e generalizzazioni<br />

ben formate, e le formule naturali, per la definizione che egli stesso ne dà,<br />

sono espressioni che contengono variabili e che diventano proposizioni natu-<br />

rali sostituendo ad esse dei nomi. Queste premesse consentono di esprimere<br />

una enorme quantità di proposizioni, e non è quindi chiaro quali principi<br />

scientifici non possano essere espressi in questo modo, restando così esclusi.<br />

Stanley, inoltre, nota che le sue osservazioni e definizioni non permettono<br />

di risolvere il problema della distinzione tra proposizioni accidentali e non<br />

accidentali, cioè tra proposizioni necessarie e contingenti. Non solo la prova<br />

di Stanley non permette di distinguerle, ma bisogna anche considerare che<br />

questi due tipi di proposizioni devono poter essere distinti in ogni forma in<br />

cui si presentino, mentre le osservazioni di Stanley si applicano a proposi-<br />

zioni in forma condizionale. La distinzione fra frasi necessarie e contingenti<br />

non può essere fatta solo con strumenti formali, ma richiede, in aggiunta ad<br />

essi, l’interpretazione di queste proposizioni in un contesto più ampio, che<br />

comprenda una ontologia e una semantica. Un altro importante tema che<br />

i <strong>subjunctive</strong> <strong>conditionals</strong> sollevano e che la prova di Stanley non risolve è<br />

quello di una teoria della legge.<br />

Come viene anche sottolineato da Chisholm, c’è una stretta relazione fra<br />

<strong>subjunctive</strong> <strong>conditionals</strong> e le leggi; infatti la forma <strong>subjunctive</strong> può essere<br />

efficacemente usata per esporre il contenuto di una legge. Ad esempio “Chi<br />

passa col rosso verrà multato” significa “Se qualcuno passasse col rosso ver-<br />

rebbe multato”. Stanley non si occupa di questo aspetto nei suoi esempi, e


1.3 Stanley 19<br />

ritiene che le proprie osservazioni e definizioni non contribuiscano a risolvere<br />

il problema della definizione di una teoria della legge 10 .<br />

10 Si veda più avanti a p. 33.


Parte 2<br />

Mondi possibili<br />

2.1 Il dibattito Stalnaker-Lewis<br />

Le analisi proposte da Stanley, Goodman e Chisholm si sono mostrate proble-<br />

matiche e costituiscono un modo di approcciare i controfattuali che sembra<br />

non poter avere sviluppi fruttuosi. Questo capitolo sarà dedicato a presentare<br />

autori che si occupano dei controfattuali usando semantiche a mondi possi-<br />

bili. Il dibattito fra Stalnaker e Lewis [HSP81] è di grande importanza per<br />

introdurre questo nuovo modo di occuparsi del problema dei controfattuali.<br />

2.1.1 Stalnaker<br />

Stalnaker individua tre diversi aspetti del problema dei controfattuali:<br />

• il problema logico, che riguarda la descrizione delle proprietà formali del<br />

connettivo condizionale. I criteri per definire queste proprietà formali<br />

sono stabiliti su base semantica;<br />

• il problema pragmatico, che consiste nel fatto che la funzione condizio-<br />

nale, unita a tutti i fatti che vengono usati nella valutazione, potrebbero<br />

non essere sufficienti a determinare il valore di verità del condizionale;<br />

• il problema epistemologico, che consiste nel fatto che non è possibile<br />

testare i condizionali sull’evidenza empirica.


2.1 Il dibattito Stalnaker-Lewis 21<br />

Vengono proposte varie possibili analisi delle condizioni di verità dei<br />

condizionali.<br />

La prima analisi segue la logica classica e non è soddisfacente perché, se<br />

l’antecedente è falso, indipendentemente dal valore di verità del conseguente,<br />

il condizionale risulta comunque vero, ad esempio:<br />

se i cinesi entreranno nella guerra del Vietnam, (2.1)<br />

gli Stati Uniti useranno la bomba atomica,<br />

nel caso in cui si creda che l’antecedente sia falso, e cioè che i cinesi non<br />

entreranno in guerra, la logica classica assegna al condizionale il valore di<br />

verità vero e quindi gli Stati Uniti useranno la bomba atomica. Questo<br />

esempio mostra che la falsità dell’antecedente non è sufficiente ad affermare<br />

un condizionale, perché si crede che gli Stati Uniti useranno la bomba atomica<br />

indipendentemente da ciò che i cinesi faranno.<br />

La seconda analisi si basa sulla considerazione di una connessione implicita<br />

che intercorre fra antecedente e conseguente. Questa analisi assegna un va-<br />

lore di verità al condizionale non sulla base della tavola di verità della logica<br />

classica, ma sulla base di un legame causale o logico che connette l’antece-<br />

dente al conseguente: se questo legame è presente, il condizionale è valutato<br />

vero. Questa analisi presenta alcuni problemi:<br />

• non è possibile dare una definizione di connessione chiara. Si consideri<br />

(2.1), in che modo l’ingresso in guerra dei cinesi determina l’uso della<br />

bomba atomica? E’ complesso stabilire come l’ingresso in guerra dei<br />

cinesi causi l’uso della bomba, spesso non è coinvolto un solo aspetto<br />

e la scelta fra gli elementi in gioco è opinabile: l’uso della bomba può<br />

essere dovuto al carattere bellicoso del presidente, o all’aggressività dei<br />

senatori, o alle pressioni dell’opinione pubblica, ...;<br />

• il secondo problema è il fatto che esistono casi in cui si può giudicare<br />

vero il condizionale anche se si considerano antecedente e conseguente<br />

causalmente indipendenti: è possibile non avere opinione su ciò che i<br />

cinesi faranno, ma comunque credere che l’aggressività americana sia


2.1 Il dibattito Stalnaker-Lewis 22<br />

sufficiente a farli entrare in guerra. In questo caso l’analisi basata sulla<br />

connessione viene completamente tralasciata e l’assegnazione del valore<br />

di verità è indipendente da essa.<br />

Per la terza analisi proposta, Stalnaker prende ispirazione da Ramsey; l’a-<br />

nalisi consiste nell’aggiungere l’antecedente all’insieme di credenze che un<br />

parlante ha e successivamente considerare il valore di verità del conseguen-<br />

te. Ad esempio nel caso di (2.1): un parlante non ha opinioni a proposito<br />

del comportamento dei cinesi e per valutare (2.1) aggiunge all’insieme degli<br />

enunciati che crede veri anche l’antecedente e quindi assegna un valore di<br />

verità al condizionale. Questo procedimento funziona anche nel caso in cui il<br />

parlante creda già che l’antecedente sia vero: in questo caso l’antecedente fa<br />

già parte dell’insieme delle sue credenze ed egli non deve aggiungervi niente.<br />

La valutazione del condizionale avviene in questo modo: se il parlante crede<br />

che ci sia una connessione fra l’antecedente e il conseguente, userà questo rap-<br />

porto per assegnare un valore di verità; se non crede che ci sia, egli valuterà<br />

il conseguente da solo, indipendentemente dall’antecedente. Questo procedi-<br />

mento si complica quando il parlante creda che l’antecedente sia falso, perché<br />

aggiungendolo all’insieme di credenze deve fare degli aggiustamenti per evi-<br />

tare di introdurre contraddizioni: ci sono, però, molti modi diversi di fare<br />

questi aggiustamenti, e non è possibile far dipendere le condizioni di verità di<br />

un condizionale da un aggiustamento che sia soggettivamente condizionato<br />

dall’atteggiamento del parlante rispetto ad un determinato contesto.<br />

Per la valutazione di un condizionale, dunque, non sono sufficienti le<br />

credenze, servono precise condizioni di verità. Per determinarle in maniera<br />

rigorosa, Stalnaker usa una semantica a mondi possibili, che sono un analogo<br />

degli insiemi di credenze in ambito ontologico. Stalnaker propone una strut-<br />

tura modello che si ispira a Saul Kripke 1 : M è una tripla ordinata 〈K, R, λ〉,<br />

dove K è l’insieme di tutti i mondi possibili, R è una relazione fra due mondi<br />

possibili riflessiva, transitiva e simmetrica, λ il mondo impossibile. I valori di<br />

verità dei condizionali controfattuali vengono assegnati usando una funzione<br />

di selezione, che ha come argomenti una proposizione ed un mondo possibile<br />

1 Nato nel 1940, insegna presso la City University of New York.


2.1 Il dibattito Stalnaker-Lewis 23<br />

e restituisce come valore un mondo possibile; in simboli f : (A, α) → β,<br />

dove A è l’antecedente, α è il mondo base e β è il mondo selezionato. Un<br />

condizionale è vero quando il suo conseguente è vero nel mondo selezionato.<br />

La funzione di selezione è un determinante semantico che ha lo scopo di sele-<br />

zionare i mondi possibili meno diversi dal mondo base e di ordinare i mondi<br />

possibili a seconda del loro livello di somiglianza con il mondo base. Inoltre<br />

vengono stabiliti ulteriori proprietà della funzione di selezione, che assicurino<br />

che essa rispetti l’intuizione dei parlanti:<br />

1. ∀A, ∀α, A deve essere vero in f (A, α): questa condizione garantisce che<br />

siano veri enunciati, intuitivamente considerati veri, del tipo “se la neve<br />

è bianca, la neve è bianca”;<br />

2. ∀A, ∀α, f (A, α) = λ se non c’è un mondo possibile rispetto ad α in cui<br />

A è vero; ad esempio nel caso “Se avessi fatto cadere il vaso, si sarebbe<br />

trasformato in una giraffa”: questa condizione della funzione fa sì che<br />

si raggiunga il mondo impossibile quando l’antecedente è falso, cioè<br />

se in realtà non ho fatto cadere il vaso, qualunque conseguente potrà<br />

realizzarsi (e questo è ammesso solo nel mondo impossibile);<br />

3. ∀A, ∀α, se A è vero in α allora f (A, α) = α; questo significa che tra i<br />

mondi in cui A è vero bisogna scegliere quello più simile al mondo base<br />

α e nessun mondo è più simile ad α di α stesso;<br />

4. ∀α, ∀B, ∀B ′ se B è vero in f (B ′ , α) e se B ′ è vero in f (B, α), allora<br />

f (B, α) = f (B ′ , α); questo significa che se una selezione stabilisce che<br />

un mondo sia precedente ad un altro nell’ordinamento, nessun’altra<br />

selezione può modificare quest’ordinamento.<br />

Le condizioni (3) e (4) insieme definiscono un ordinamento totale di mondi<br />

selezionati, perché in base a (3) un mondo α è minore o uguale di α (ri-<br />

flessività) e in base a (4) β ≤ β ′ e β ′ ≤ β ←→ β = β ′2 (antisimmetria).<br />

La transitività era già data per definizione (v. sopra) quindi la relazione<br />

determina un ordinamento totale di mondi.<br />

Il connettivo controfattuale ha alcune proprietà particolari:<br />

2 Dove β = f (B, α) e β ′ = f (B ′ , α)


2.1 Il dibattito Stalnaker-Lewis 24<br />

• non è transitivo, cioè (A −→ B, B −→ C) −→ (A −→ C) non è<br />

più vero, e nemmeno (A −→ B) −→ ((A ∧ C) −→ B);<br />

• per negarlo si nega il conseguente ∼ (A −→ B) ←→ (A −→∼ B);<br />

• non vale la legge di contrapposizione A −→ B ←→∼ B −→∼ A.<br />

Stalnaker sostiene la non ambiguità semantica dei condizionali. L’ambiguità<br />

sorge solo nel momento del loro uso pratico: il concetto di condizionale è<br />

univoco, ma quando i condizionali vengono usati nelle conversazioni le am-<br />

biguità dovute al contesto di enunciazione, ai diversi scopi e credenze dei<br />

parlanti, fanno sì che non sempre ci sia accordo sul valore di verità da asse-<br />

gnare. Stalnaker individua tre tipi principali di ambiguità: quella sintattica<br />

(che riguarda, cioè, la struttura grammaticale), quella semantica (legata a<br />

parole che hanno più significati), quella pragmatica (legata al contesto).<br />

Uno dei vantaggi del controfattuale con le caratteristiche definite da Stal-<br />

naker è che possa essere usato per esprimere le leggi di natura nella forma<br />

∀x (Fx −→ Gx). Infatti lo scopo di una legge di natura non è descrivere il<br />

comportamento di tutti gli attuali F, ma piuttosto di ogni possibile F che<br />

potrebbe darsi. La possibilità di esprimere le leggi in questa forma fa sì che<br />

non sorga il paradosso di Hempel 3 , perché per i controfattuali formulati da<br />

Stalnaker non vale la legge di contrapposizione (vedi sopra) che è quella su<br />

cui si basa il paradosso. Il paradosso, formulato da C. G. Hempel 4 nel 1940,<br />

ha questa forma:<br />

Tutti i corvi sono neri (2.2)<br />

Tutte le cose non nere non sono corvi (2.3)<br />

Entrambe le proposizioni (2.2) e (2.3) sono logicamente equivalenti, perché<br />

sono vere nelle stesse circostanze, in virtù della legge di contrapposizione<br />

(A → B) ←→ (∼ B →∼ A) (2.4)<br />

3 Un altro vantaggio consiste nel fatto che le leggi così espresse implicano i condizionali,<br />

che sarebbero delle semplici istanziazioni di esse, ma non ci addentreremo qui nel complesso<br />

problema della teoria della legge.<br />

4 Nato nel 1905 e morto nel 1997, è stato filosofo della scienza ed esponente<br />

dell’empirismo logico.


2.1 Il dibattito Stalnaker-Lewis 25<br />

Così come, dunque, “Questo corvo è nero” è una conferma di (2.2), “Que-<br />

sta mela è verde” è una conferma di (2.3), ma dato che (2.2) è logicamente<br />

equivalente a (2.3), allora “Questa mela è verde” è una conferma anche di<br />

(2.2). In questo consiste il paradosso di Hempel. Per risolverlo si può, come<br />

propone Goodman, imporre la restrizione di non considerare come suppor-<br />

to di un enunciato del tipo “Tutti i P sono Q” un enunciato che supporti<br />

anche “Nessun P è Q”. Un’altra possibilità, avanzata da Quine, consiste<br />

nell’introdurre la distinzione tra predicati proiettabili e non-proiettabili: un<br />

predicato si dice proiettabile quando permette una generalizzazione indut-<br />

tiva (ad esempio nero). Si pone, tuttavia, il problema di stabilire a quali<br />

condizioni un predicato possa essere proiettato da un insieme di casi ad un<br />

altro e in che modo una ipotesi sia confermata dalle sue istanziazioni. Questi<br />

due ultimi aspetti sono evidentemente connessi allo studio delle condizioni di<br />

verità dei condizionali. Si può quindi pensare che criteri pragmatici, elabo-<br />

rati per stabilire le proprietà induttive dei predicati, possano fornire anche<br />

criteri per ordinare i mondi possibili.<br />

2.1.2 Lewis<br />

Lewis propone quattro diverse possibilità di analisi in Counterfactuals and<br />

comparative possibility (in [HSP81]), mettendone in luce di volta in volta i<br />

difetti, tramite controesempi.<br />

L’Analisi 0 è così formulata:<br />

A −→ C è vero in un mondo i sse C è valido in ogni A-mondo<br />

tale che ....<br />

I puntini stanno per delle condizioni che restringono gli A-mondi da consi-<br />

derare. Ad esempio 5 , A −→ F è vero sse “Verdi è francese” è vero in ogni<br />

mondo in cui è vero A tale che .... Questa analisi sostiene che il contro-<br />

fattuale sia una forma di condizionale in cui la restrizione è fissa, e che, se<br />

A −→∼ B è vero in i, ∼ B vale in tutti gli A-mondi tali che ...; questo<br />

5 Considerando A per “se Bizet e Verdi fossero stati compatrioti”, F per “Verdi sarebbe<br />

stato francese” e I per “Bizet sarebbe stato italiano”


2.1 Il dibattito Stalnaker-Lewis 26<br />

equivale a dire che non ci sono AB-mondi tali che ...; inoltre in quest’ana-<br />

lisi vale la regola classica per cui sia AB −→ C che AB −→∼ C sono<br />

entrambi veri a vuoto, se non ci sono AB-mondi tali che .... In realtà, però,<br />

può accadere che A −→∼ B sia vero, e che lo sia anche AB −→ C.<br />

Si consideri questo esempio: “se Giovanni fosse andato alla festa (A), non<br />

avrebbe portato Carla (∼ B)”, “ma se Giovanni fosse andato alla festa (A)<br />

e avesse portato Carla (B), Paolo non sarebbe venuto (∼ C)”.<br />

Nell’analisi 0 vale inoltre la proprietà transitiva 6 , che per il condizionale di<br />

Stalnaker non valeva.<br />

È, però, possibile costruire una serie arbitrariamente<br />

lunga di frasi della forma: A −→∼ Z, ∼ (A −→ Z), AB −→ Z, ∼<br />

(AB −→∼ Z), .... Si consideri questo esempio: “se io avessi sradicato<br />

un albero (A), l’ambiente non avrebbe subito un grave danno (∼ B)”, “ma<br />

se io avessi sradicato un albero e anche tu ne avessi sradicati altri (AC),<br />

l’ambiente avrebbe subito un grave danno (B)”. Questi due controesempi<br />

contraddicono l’analisi 0.<br />

Ci sono, comunque, due aspetti validi dell’analisi 0, che bisognerà continuare<br />

a tenere presenti:<br />

1. considerare la validità del conseguente rispetto a certi mondi possibili<br />

in cui l’antecedente è vero,<br />

2. porre restrizioni sui mondi possibili.<br />

Ciò che non funziona dell’analisi 0 è il modo in cui si applicano le restri-<br />

zioni sui mondi possibili: se la restrizione è fissa si incorre in casi come il<br />

precedente, se invece essa è variabile essi non costituiscono più un problema.<br />

L’Analisi 1 è la seguente:<br />

A −→ C è vero in i sse C vale nel A-mondo possibile accessibile<br />

più vicino ad i, se c’è 7 .<br />

6 (A −→ B) −→ ((A ∧ C) −→ B)<br />

7 Qui Lewis intende dire “se c’è un A-mondo accessibile”, non fa riferimento all’Amondo<br />

possibile accessibile più vicino, perché dal punto di vista di Stalnaker quest’ultimo<br />

esiste ed è unico e quindi non avrebbe senso specificare che debba esserci.


2.1 Il dibattito Stalnaker-Lewis 27<br />

Sempre nel caso di Bizet e Verdi, per stabilire quale sia vero tra (1.1) e (1.2),<br />

bisogna decidere se sia più vicino il mondo in cui Bizet è italiano, o quello in<br />

cui Verdi è francese.<br />

La nozione di vicinanza di mondi, che Lewis usa, è una relazione ternaria di<br />

somiglianza comparativa, così definita: Ci (j, k) significa che j è più vicino ad<br />

i di quanto lo sia k. I mondi troppo remoti da i sono considerati inaccessibili.<br />

La valutazione se un mondo sia più vicino ad un altro spesso avviene sulla<br />

base di elementi dipendenti dal contesto di enunciazione, che non sono sempre<br />

formalizzabili in maniera precisa. Anche questa analisi va incontro ad un<br />

problema, nel caso in cui ci sia più di un mondo possibile più vicino. Questo<br />

è il caso dei condizionali controidentici, del tipo: “Se Bizet e Verdi fossero<br />

stati compatrioti” in cui si può concludere sia (1.1), sia (1.2). (1.1) e (1.2)<br />

individuano due mondi possibili che si trovano alla stessa distanza dal mondo<br />

base. L’assunzione per la quale c’è sempre un solo mondo possibile più vicino<br />

è chiamata Assunzione di unicità. L’analisi 1 dipende da questa assunzione,<br />

che Lewis considera ingiustificata.<br />

Viene quindi proposta l’Analisi 2, che non dipende dall’Assunzione di<br />

unicità:<br />

A −→ C è vero in i sse C vale in ogni A-mondo accessibile più<br />

vicino ad i, se ce ne sono.<br />

In questo caso, nell’esempio di Bizet e Verdi, gli unici controfattuali veri sono<br />

A −→ (F ∨ I) e la sua negazione.<br />

C’è un problema anche in questa analisi. Seguendo sempre l’esempio di<br />

Bizet e Verdi 5 : secondo l’analisi 2 sia A −→ F, sia A −→∼ F sono<br />

false, quindi si vorrebbe poter affermare le loro negazioni, che però non sono<br />

∼ (A −→ F), né ∼ (A −→∼ F), bensì A −→∼ F e A −→∼∼ F, che<br />

sono ancora false. Questo accade perché la negazione del controfattuale si fa<br />

negando il conseguente, come ha osservato anche Stalnaker.<br />

Esiste una via di mezzo fra l’analisi 1 e 2 che permette di affrontare questo<br />

problema, l’Analisi 1 1<br />

2 , che sarà quella difesa da Stalnaker nella sua risposta<br />

alle obiezioni di Lewis, con alcune aggiunte (si veda paragrafo successivo):


2.1 Il dibattito Stalnaker-Lewis 28<br />

A −→ C è vero in i sse C vale in un A-mondo accessibile più vi-<br />

cino ad i, arbitrariamente scelto, se ce ne sono. Una proposizione<br />

è super-vera sse è vera indipendentemente da come le scelte arbi-<br />

trarie siano fatte, oppure super-falsa indipendentemente da come<br />

le scelte arbitrarie siano fatte. Altrimenti non ha un super-valore<br />

di verità.<br />

Usando sempre l’esempio di Bizet e Verdi (considerando A per “se Bizet e<br />

Verdi fossero compatrioti”, F per “essere francese” e I per “essere italiano”)<br />

risulta che A −→ F, ad esempio, non ha valore di verità perché per andare<br />

a trovare il più vicino A-mondo accessibile in cui sia vero F non possiamo<br />

fare una scelta arbitraria, bensì una ben precisa scelta dell’A-mondo in cui F<br />

è vero. Saranno invece super-veri A −→ (F ∨ I) e la sua negazione, perché,<br />

scegliendo a caso gli A-mondi, sicuramente ne troveremo alcuni in cui è vero<br />

A −→ F e altri in cui è vero A −→ I.<br />

C’è tuttavia un’altra assunzione da cui dipendono sia l’analisi 2 che l’analisi<br />

1 1<br />

, come mostra il seguente esempio: ci sono casi in cui esistono infiniti<br />

2<br />

mondi possibili sempre più vicini al mondo di riferimento (ad esempio se si<br />

considerano i mondi in cui io sono più alta di 1.70 metri, c’è il mondo in<br />

cui sono alta 1.70 + ε, quello in cui sono alta 1.70 + ε,<br />

...). L’assunzione,<br />

2<br />

per la quale esiste un limite inferiore nella ricerca del mondo possibile più<br />

vicino, e cioè che esista almeno un mondo possibile più vicino, è chiamata<br />

Assunzione del Limite. Bisogna quindi elaborare un’altra analisi che non<br />

dipenda dall’Assunzione del Limite.<br />

Viene proposta l’Analisi 3, che non dipende da questa assunzione:<br />

A −→ C è vero in i sse qualche AC-mondo accessibile è più<br />

vicino di ogni altro A ∼ C-mondo, se ci sono A-mondi accessibili.<br />

Questa analisi non dipende dall’assunzione di unicità di Stalnaker, né dall’As-<br />

sunzione del Limite, bensì da altre due assunzioni. La prima è l’Assunzione<br />

di ordinamento, che consiste nel fatto che la nozione di vicinanza fra mondi<br />

induce un ordinamento parziale dei mondi, indipendentemente dal fatto che


2.1 Il dibattito Stalnaker-Lewis 29<br />

i mondi siano accessibili fra loro o meno. La seconda è l’Assunzione di cen-<br />

tramento, per la quale ogni mondo è accessibile da se stesso, ed è più vicino<br />

a se’ di quanto lo sia ogni altro mondo.<br />

Per quanto riguarda la negazione dei condizionali, Lewis definisce che la<br />

negazione dei condizionali espressi nella forma “si darebbe il caso che” – in<br />

simboli −→ – (in inglese si usa il verbo modale would) sia fatta usando<br />

il condizionale espresso nella forma “potrebbe darsi il caso che” – in simboli<br />

♦ −→ – (modale might):<br />

2.1.3 Stalnaker: il ritorno<br />

A♦ −→ C = def ∼ (A −→∼ C). (2.5)<br />

Stalnaker replica all’articolo di Lewis in A defence of conditional excluded<br />

middle (in [HSP81]), mettendo in luce le differenze tra le loro <strong>teorie</strong> e ri-<br />

spondendo alle critiche mossegli da Lewis. L’analisi che Stalnaker difende è<br />

l’analisi 11, con alcune modifiche (vedi sotto):<br />

2<br />

1. il determinante semantico in Stalnaker è la funzione di selezione, men-<br />

tre in Lewis è una relazione di somiglianza a tre posti. La relazione di<br />

somiglianza di Lewis può essere espressa in termini di una funzione di<br />

selezione, ma la funzione di selezione determina un buon ordinamen-<br />

to di mondi, mentre la relazione di Lewis determina un ordinamento<br />

parziale 8 . Quindi la teoria di Stalnaker è un caso speciale di quella di<br />

Lewis;<br />

2. Stalnaker fa uso di due assunzioni (di unicità e del limite), che Lewis<br />

rifiuta (si vedano controesempi sopra);<br />

3. Stalnaker analizza in maniera diversa da Lewis il rapporto che inter-<br />

corre fra i condizionali espressi nella forma “se fosse il caso che A, si<br />

8 Un insieme di mondi possibili si dice parzialmente ordinato se esiste una relazione<br />

tra due mondi possibili riflessiva (A ≤ A), antisimmetrica (A ≤ B ∧ B ≤ A −→ A = B) e<br />

transitiva (A ≤ B ∧ B ≤ C −→ A ≤ C); un insieme parzialmente ordinato è ben ordinato<br />

se ogni suo sottoinsieme ammette minimo, ciò significa anche che due mondi sono sempre<br />

confrontabili.


2.1 Il dibattito Stalnaker-Lewis 30<br />

darebbe il caso che B” (would) e quelli espressi nella forma “se fosse il<br />

caso che A, potrebbe darsi il caso che B” (might)<br />

Stalnaker riconosce che l’assunzione di unicità (equivalente alla legge del terzo<br />

escluso condizionale (A −→ C)∨(A −→∼ C)) sia implausibile e ingiustifi-<br />

cata, ma sostiene che la sua applicazione possa essere attenuata nella pratica,<br />

rispetto alla sua rigidità teorica. Bisogna riconoscere che, nell’applicazione<br />

di una semantica astratta ai casi concreti, non ogni determinante semantico<br />

può essere applicato in modo così rigoroso come nella teoria: l’applicazione<br />

concreta è molto più indeterminata della determinatezza della teoria. Per<br />

conciliare elaborazione teorica e applicazione pratica è necessaria una teoria<br />

della vaghezza. Quella che Stalnaker suggerisce di usare è elaborata da Bas<br />

Van Fraassen 9 e consiste in questo: ogni interpretazione semantica parziale<br />

viene completata in maniera arbitraria grazie alle supervalutazioni, che consi-<br />

stono nel completare i valori di verità, assegnati dalle interpretazioni parziali<br />

con le classiche valutazioni a due valori della logica classica, attraverso la con-<br />

siderazione di tutti i mondi possibili arbitrariamente scelti. Come esempio<br />

Stalnaker usa il caso di Bizet e Verdi; Stalnaker sostiene che il valore di verità<br />

sia di (1.1) che di (1.2) sia indeterminato, mentre secondo Lewis entrambi<br />

i condizionali sono falsi: tuttavia l’intuizione del parlante comune appoggia<br />

Stalnaker, perché non ci sono motivi evidenti per scegliere tra (1.1) e (1.2),<br />

ma nemmeno per ritenere false entrambe le conclusioni. Le supervalutazioni<br />

funzionano in questo modo; si completano le valutazioni della funzione as-<br />

segnando, al posto del valore della funzione, mondi possibili arbitrariamente<br />

scelti. Se la funzione è f : (A, α) → β, β viene sostituito con tutti i possibili<br />

mondi possibili arbitrariamente scelti e poi si considera quali valori di verità<br />

la funzione assegni. Grazie a questo esempio si mostra che l’uso delle super-<br />

valutazioni consente di salvare il principio del terzo escluso condizionale e del<br />

principio di distribuzione a lui equivalente 10 , infatti si prenda sempre il caso<br />

9 Bastiaan Cornelis Van Fraassen è nato a Goes, in Olanda, nel 1941. Si è occupato<br />

principalmente di filosofia della scienza, pubblicando nel 1980 The scientific image. In<br />

questa ed altre sue pubblicazioni, il suo interesse è rivolto allo studio di come agiscano<br />

le cause dei fenomeni fisici. Ha anche lavorato sulla filosofia della meccanica quantistica,<br />

sulla filosofia della logica e sulla teoria della conoscenza.<br />

10 A −→ (B ∨ C) −→ ((A −→ B) ∨ (A −→ C)).


2.1 Il dibattito Stalnaker-Lewis 31<br />

di Bizet e Verdi: la funzione selezionerà vari mondi, sia quello in cui Bizet è<br />

italiano, sia quello in cui Bizet è francese. Con le normali valutazioni non è<br />

possibile decidere tra (1.1) e (1.2), e restano indeterminati anche i valori di<br />

verità dei casi A −→ (F ∨ I) e il suo contrario, ma con le supervalutazioni<br />

si può senz’altro assegnare il valore vero agli ultimi due casi, salvando il terzo<br />

eslcuso condizionale.<br />

Per quanto riguarda la critica all’assunzione del limite, Stalnaker sostiene<br />

che essa sia giustificata se si ordinano i mondi con la funzione di selezione e<br />

rigetta la critica di Lewis, basata sui controesempi in cui la selezione del mon-<br />

do possibile non è effettuabile. Secondo Stalnaker la somiglianza dei mondi<br />

possibili rispetto al mondo di base viene stabilita sulla base dell’ordinamento<br />

indotto dalla funzione di selezione, e l’assunzione del limite risulta essere uno<br />

strumento che rende la selezione possibile. Il motivo per cui è giustificato<br />

assumere l’assunzione del limite, nonostante i controesempi di Lewis, è il se-<br />

guente: la somiglianza di due mondi possibili, secondo Stalnaker, deve essere<br />

considerata sulla base di caratteristiche rilevanti dei due mondi a confronto; i<br />

contesti, come quelli evidenziati dai controesempi di Lewis, non devono esse-<br />

re considerati rilevanti perché in essi i mondi possibili differiscono in aspetti<br />

non rilevanti (è il caso dei mondi in cui ogni minima differenza di lunghezza<br />

genera una successione infinita di mondi possibili sempre più vicini al mondo<br />

base). Ad esempio, si consideri di nuovo il caso dei mondi in cui io sono<br />

più alta di 1.70 metri: Lewis vede qui il fallimento dell’assunzione del limi-<br />

te, perché c’è una successione infinita di mondi possibili sempre più vicini<br />

al mondo base, ma nei contesti conversazionali reali e pratici sono davvero<br />

diversi questi mondi? Tutti i mondi in cui io sono più alta di 1.70 metri, ma<br />

più bassa di 1.71 possono essere considerati uguali: in questo modo la sele-<br />

zione è nuovamente possibile. La soluzione di Stalnaker consiste, quindi, nel<br />

considerare come impropri e da non tenere in considerazione gli antecedenti e<br />

i contesti che, uniti alla relazione di rilevanza, non permettano di selezionare<br />

il più vicino mondo possibile.<br />

Stalnaker dà un’interpretazione del rapporto fra i condizionali espressi nella<br />

forma might e nella forma would, che si discosta in parte da quella data da<br />

Lewis. Anche Stalnaker considera vera la definizione (2.5) data da Lewis. Ma,


2.1 Il dibattito Stalnaker-Lewis 32<br />

al contrario di Lewis, egli considera che might si comporti allo stesso modo<br />

in ogni tipo di proposizione, condizionale o no, assolvendo due funzioni:<br />

1. esprimere possibilità epistemica, cioè ciò che è compatibile con le co-<br />

noscenze dei parlanti;<br />

2. esprimere possibilità non-epistemica, cioè ciò che non è necessario che<br />

non accada.<br />

Ad esempio, si consideri la proposizione<br />

Paolo potrebbe venire alla festa;<br />

questo significa che è compatibile con la conoscenza del parlante che Paolo<br />

venga alla festa (possibilità epistemica).<br />

Se invece si considera<br />

Paolo potrebbe essere venuto alla festa, anche se non l’ha fatto.<br />

La visibilità del might investe tutta quanta la proposizione, anche nel caso<br />

di condizionali, e quindi non agisce solo sul conseguente, come mostra il<br />

seguente esempio:<br />

Se Paolo fosse stato invitato, sarebbe potuto venire alla festa,<br />

che è equivalente a:<br />

Può darsi il caso che se Paolo fosse stato invitato, sarebbe venuto<br />

alla festa.<br />

Stalnaker osserva come non sia possibile affermare un condizionale in forma<br />

might e nello stesso tempo negare il corrispondente condizionale in forma<br />

would, poiché questo genererebbe il paradosso di Moore. Il paradosso di<br />

Moore consiste nell’assegnare valore di verità vero a entrambe le seguenti:<br />

Se si desse il caso che A, non si darebbe il caso che B;<br />

Se si desse il caso che A, potrebbe darsi il caso che B.<br />

L’analisi di Stalnaker non incorre in questo paradosso perché non considera<br />

equivalenti i condizionali espressi in forma might e in forma would


2.2 McDermott 33<br />

2.2 McDermott<br />

Nella parte iniziale del suo articolo McDermott critica sia i proiettivisti (dei<br />

quali viene preso come esempio J. L. Mackie 11 ) che i riduzionisti (come<br />

Lewis).<br />

Mackie pensa che la differenza tra condizionali indicativi e controfattuali<br />

consista nel fatto che i controfattuali asseriscano che l’antecedente sia fal-<br />

so, mentre il loro elemento comune sarebbe la presenza in entrambi di un<br />

argomento condensato. Un argomento condensato è un enunciato di questo<br />

tipo: “Si supponga che p è q; quindi ...”. McDermott critica questa seconda<br />

osservazione perché è intuitivo notare che espressioni del tipo “si supponga”<br />

e simili sono sostituibili con “se”, preservando la verità e il senso dell’inferen-<br />

za. Quindi non tutti i condizionali sono argomenti condensati, come pensa<br />

Mackie, e viene a mancare il supposto elemento comune tra condizionali in-<br />

dicativi e controfattuali. Resta tuttavia importante trovarne uno, per poter<br />

creare una teoria unificata per entrambi i tipi di condizionale.<br />

Secondo McDermott, l’errore più grave fatto da Mackie consiste nel pensare<br />

che “una supposizione soggiace alle nostre motivazioni di credere a qualche<br />

verità”, perché McDermott ritiene che una supposizione non basti a cambiare<br />

la nostra credenza in qualcosa. Infatti è possibile, usando un esempio di<br />

Anderson, dare l’assenso a:<br />

“Se Oswald non uccidesse Kennedy, qualcun altro lo farebbe 12 ”,<br />

ma non a<br />

“Se Oswald non avesse ucciso Kennedy, qualcun altro lo avrebbe fatto 13 ”,<br />

sebbene, seguendo Mackie, dovremmo farlo, perché, per concludere che lo<br />

abbia ucciso qualcun altro, è sufficiente la supposizione che Oswald non ab-<br />

bia ucciso Kennedy, senza poter distinguere tra il condizionale materiale e<br />

controfattuale.<br />

11 Vissuto dal 1917 al 1981, è stato un esponente del realismo australiano, ed era originario<br />

di Sydney, dove McDermott insegna. I suoi lavori più noti riguardano la meta-etica,<br />

in particolare la difesa dello scetticismo morale. Si è anche occupato di filosofia della<br />

religione e metafisica.<br />

12 If Oswald didn’t kill Kennedy, someone else did.<br />

13 If Oswald hadn’t someone else would have.


2.2 McDermott 34<br />

A proposito del riduzionismo di Lewis, invece, McDermott critica le quat-<br />

tro restrizioni, elaborate da Lewis per rendere più chiare le relazioni tra mondi<br />

possibili.<br />

L1<br />

L2<br />

L3<br />

L4<br />

È di primaria importanza evitare grandi, diffuse e varie violazioni della<br />

legge;<br />

È di secondaria importanza massimizzare la dimensione della regione<br />

spaziotemporale in cui c’è una perfetta corrispondenza di fatti partico-<br />

lari;<br />

È di importanza minore evitare piccole, semplici e localizzate violazioni<br />

della legge;<br />

È di piccola o nessuna importanza assicurare una somiglianza appros-<br />

simativa di fatti particolari, anche nei casi che ci importano molto.<br />

Il primo punto è, secondo McDermott, controintuitivo, infatti lo scopo del-<br />

l’enunciazione di un condizionale è dire che le cose avrebbero potuto essere<br />

molto diverse, da come realmente sono, senza per questo aver violato le leg-<br />

gi di natura e lasciando gli altri elementi non coinvolti dal controfattuale<br />

invariati. McDermott osserva inoltre che (L1) è basato sull’assunzione del<br />

determinismo. Si consideri l’esempio seguente:<br />

Se John non avesse fatto X, gli avrei detto di non fare X;<br />

di solito si crede che John avrebbe potuto non fare X, ferme restando le leggi<br />

ed il passato attuali.<br />

Nell’argomentazione sostenuta da McDermott per criticare Lewis individuo<br />

alcuni aspetti, se non problematici, almeno non del tutto incontrovertibili.<br />

In primo luogo, McDermott passa da “leggi” a “leggi di natura”, assumendo<br />

questo passaggio come non problematico. “Legge” è un termine molto am-<br />

pio che può includere diversi tipi di leggi, Lewis potrebbe aver voluto fare<br />

riferimento non solo a quelle di natura, come McDermott sembra assumere.<br />

L’esempio sopra ((2.2)), potrebbe violare L1 in modi diversi, non solo nel<br />

senso stretto di essere in contraddizione con le leggi di natura.


2.2 McDermott 35<br />

In secondo luogo, McDermott critica il fatto che (L1) sia basato sul deter-<br />

minismo, perché sostiene che il determinismo sia di solito considerato falso,<br />

ma io non credo che il determinismo possa essere scartato in maniera così<br />

semplice. Innanzitutto, il termine “determinismo” è vago, e non è chiaro se<br />

McDermott si riferisca al determinismo nomologico, logico, o causale. Inoltre,<br />

se il determinismo è falso ci sono due opzioni: o le leggi sono probabilisti-<br />

che, o non ci sono leggi del tutto; e non è chiaro quale di queste posizioni<br />

McDermott assuma.<br />

(L2) è anch’esso problematico, se si considerano casi di differenze spazia-<br />

li o temporali nella regione di corrispondenza tra due mondi possibili (che<br />

verranno indicati con la lettera w e numeri a pedice):<br />

In w0 ho lasciato la giacca in un luogo pubblico, e non è stata<br />

rubata.<br />

Ma due potenziali ladri sono passati di lì, uno prima (se è lui a<br />

rubare la giacca siamo in w1) e uno più tardi (se è lui a rubarla<br />

siamo in w2).<br />

Entrambi hanno avuto l’occasione di rubarla, ma la regione di coincidenza<br />

temporale con w0 è più ampia in w2, quindi la giacca sarebbe stata rubata<br />

dal secondo ladro. Ma questo sembra essere evidentemente in disaccordo con<br />

la nostra intuizione che uno qualunque dei due ladri avrebbe potuto rubarla.<br />

Questo commento a (L2) è sensato e intuitivamente plausibile, ma non può<br />

essere considerato una dimostrazione dell’erroneità di (L2), è un argomento<br />

debole. Per (L4) il problema è lo stesso che per (L2); nell’esempio seguente<br />

“Se avessi scommesso su croce, avrei vinto”,<br />

abbiamo due mondi: il primo, w1, in cui vinco, perché ho scommesso croce,<br />

e w2, in cui perdo, perché ho scommesso croce e il risultato è testa. Qual<br />

è il mondo più simile a w0? Sulla base della teoria di Lewis è impossibile<br />

decidere quale sia più vicino.<br />

In generale, nella teoria di Lewis, il valore di verità di p −→ q in w0<br />

è determinato da ciò che è attualmente vero in w0. Sia McDermott che


2.2 McDermott 36<br />

Weatherson non sono soddisfatti di questa posizione. McDermott mostra,<br />

attraverso alcuni esempi, che la teoria di Lewis sia controintuitiva, infatti ci<br />

sono casi in cui l’intuizione attribuisce ad un controfattuale una probabilità di<br />

verità, che non è strettamente deterministica. Ci sono elementi che vengono<br />

considerati, nel momento della valutazione di un controfattuale, che non sono<br />

cause strette del conseguente, ma comunque influiscono sul giudizio. 14 .<br />

nare:<br />

Ora possiamo passare alla teoria [McD99]. Qualche definizione prelimi-<br />

• A è il punto in cui A o qualche alternativa ad A si verifica;<br />

• ♦Aϕ è vero in w sse ϕ è vero in qualche mondo direttamente accessibile<br />

da w al punto in cui si verifica A o qualche alternativa ad A;<br />

• ϕ ≺A ψ è vero in w sse ogni ϕ-mondo direttamente accessibile (da w)<br />

ad A è uno ψ-mondo;<br />

• ϕ →A ψ ha lo stesso valore di verità di ϕ ≺A ψ se ♦Aϕ è vero, e non<br />

ha valore di verità altrimenti;<br />

• →A sta a ≺A, come → sta a ϕ ⊃ ψ.<br />

La teoria è basata sulla nozione di accessibilità in un punto, in cui un punto<br />

corrisponde al verificarsi di un evento. La relazione di accessibilità tra mondi<br />

possibili dipende dal punto in cui si verifica un evento, o il suo contrario.<br />

La vaghezza di un controfattuale, notata anche da Lewis, è dovuta al fatto<br />

che spesso A non è enunciato, ma va supposto dai parlanti, scegliendo tra le<br />

situazioni contestuali, basandosi sul Principio di Carità [McD96]; comunque,<br />

se la scelta è direttamente connessa con l’antecedente, si ha l’interpretazione<br />

14 McDermott elabora il seguente controesempio all’analisi di Lewis (si veda p. 307<br />

[McD99]). Si consideri il controfattuale “Se la radiazione non fosse stata presente, l’atomo<br />

non sarebbe decaduto”. McDermott propone ora la seguente situazione: gli atomi Z<br />

hanno una probabilità di uno su un milione di decadere spontaneamente nel prossimo<br />

minuto. In presenza della radiazione R, la probabilità raddoppia. In presenza di R, la<br />

metà dei decadimenti è accompagnata da uno scampanio. Si verifica ora che l’atomo riceva<br />

la radiazione e decada, con l’accompagnamento dello scampanio. L’intuizione ci dice che<br />

il controfattuale di partenza sia vero, mentre la teoria di Lewis sostiene che sia falso.


2.2 McDermott 37<br />

standard dei controfattuali; se questa non è possibile, l’interpretante cerca<br />

un A tale che ♦A.<br />

La nozione di asseribilità, cioè il grado di confidenza con cui si dà l’assenso ad<br />

una proposizione, qui delineata [McD96] può ora essere formalmente definita:<br />

Ass(ϕ −→ ψ) = Pr(ϕ ⊃ ψϕ);<br />

Ass(ϕ →A ψ) = Pr(ϕ ≺A ψ♦Aϕ),<br />

dove Pr(ϕ ⊃ ψϕ) = Pr(ψϕ) e significa: la probabilità che si dia ϕ dato<br />

ψ.<br />

È dunque possibile analizzare l’esempio precedente: “Se avessi puntato su<br />

croce, avrei vinto”. Possiamo rappresentare la situazione come segue: Si può<br />

notare che w2 è accessibile da w1 a T, ma w3 lo è solo indirettamente da w1 a<br />

∼ B. L’unica cosa rilevante è la relazione di accessibilità, alla luce della quale<br />

le osservazioni di Lewis perdono la loro importanza. Se gli esempi di Stanley<br />

(1.1) e (1.2) sono analizzati nello stesso modo, è chiaro perché entrambe le<br />

versioni del condizionale siano vere: è possibile accedere sia al mondo in cui<br />

Bizet è italiano, sia a quello in cui Verdi è francese.


2.3 Weatherson 38<br />

2.3 Weatherson<br />

Weatherson descrive un’interpretazione dei condizionali che è basata su una<br />

semantica a mondi possibili.<br />

Un semantica a mondi possibili semplice considera che p −→ q sia vero, se<br />

il mondo possibile più vicino che rende vero p rende vero anche q; i mondi,<br />

in una teoria di questo tipo, sono considerati come controfattuali. L’autore<br />

invece elabora una semantica in cui p è vero nel più vicino mondo possibile<br />

w supponendo che w sia attuale, non controfattuale. Questa teoria risolve<br />

il problema dei designatori rigidi, cioè delle espressioni del tipo “in realtà”,<br />

“attualmente”, “in verità”, ...(vedi sotto).<br />

Egli dubita a proposito della possibilità di un teoria unificata per entrambi i<br />

tipi di condizionale, per due motivi:<br />

• alcuni termini, come “in realtà”, hanno effetti diversi nei due condizio-<br />

nali;<br />

• le condizioni di verità variano dai condizionali indicativi a quelli sub-<br />

junctive.<br />

Ad esempio ci sono casi in cui il controfattuale può essere asserito, mentre il<br />

corrispondente indicativo no, e viceversa.<br />

Ecco qualche definizione, prima di passare ai commenti:<br />

|= x y<br />

p, che significa “p è vero nel mondo y dal punto di vista del mondo x<br />

come attuale”; @ è la notazione usata per indicare il mondo attuale.<br />

Quindi si può vedere come affrontare il problema dei designatori rigidi: se<br />

si suppone che ciò che sta nei fiumi e che beviamo sia XYZ, e siamo su una<br />

terra gemella, allora l’acqua sarà XYZ, perché si sta considerando questa<br />

terra gemella come attuale.<br />

È anche possibile stabilire una relazione tra a priori e indicativo, da un lato,<br />

e necessario e <strong>subjunctive</strong>, dall’altro:<br />

p è a priori sse per tutti i mondi w, |= w w p;<br />

p è necessario sse per tutti i mondi w, |= @ y p.


2.3 Weatherson 39<br />

Ora le definizioni dei due condizionali:<br />

|= @ @ p −→ q sse il più vicino mondo possibile x tale che |=x x<br />

|= x x q;<br />

p è tale che<br />

|= @ @ p −→ q sse il più vicino mondo possibile x tale che |=@ x p è tale che<br />

|= @ x q.<br />

Alla luce di queste definizioni, è possibile dare una descrizione formale degli<br />

effetti dei designatori rigidi:<br />

w |= x y p “in realtà” p sse w |=x x p.<br />

Quando si considera un condizionale indicativo ϕ −→ ψ, si modifica il conte-<br />

sto aggiungendo ϕ all’insieme delle conoscenze, e ciò costituisce una modifica<br />

epistemica, che riguarda le conoscenze del parlante. Ma in un <strong>subjunctive</strong><br />

conditional l’aggiunta di ϕ all’insieme di conoscenze non è più solo una mo-<br />

difica epistemica, ma anche metafisica, in quanto riguarda i mondi possibili<br />

coinvolti: infatti per distinguere i condizionali indicativi da quelli <strong>subjunctive</strong>,<br />

bisogna stabilire il più vicino mondo possibile, in cui i condizionali valgono,<br />

e studiare i fatti coinvolti nella loro valutazione. Nella valutazione di un<br />

<strong>subjunctive</strong> conditional, si considerano come validi:<br />

• i fatti nel mondo fino ad un certo tempo t, che rendono vero l’antece-<br />

dente p;<br />

• le leggi di natura dopo t;<br />

mentre nella valutazione di un condizionale indicativo, si considerano solo i<br />

fatti noti ai conversanti.<br />

Le quattro restrizioni di Lewis, citate sopra, vengono anche discusse da Wea-<br />

therson: quest’ultimo le considera una misura per trovare il più vicino mondo<br />

possibile in cui l’antecedente di un <strong>subjunctive</strong> conditional è vero. Anch’egli,<br />

tuttavia, non è soddisfatto dell’analisi di Lewis ed elabora una nuova misu-<br />

ra, espressa in modo più preciso. Weatherson definisce una funzione d(x, y)<br />

per stabilire la distanza tra due mondi possibili: sia K l’insieme di tutte<br />

le proposizioni s, sia W l’insieme di tutti i mondi possibili, sia i il mondo<br />

impossibile, quindi d : W × W ∪ {i} →R è:


2.3 Weatherson 40<br />

se y = x allora d(x, y) = 0, cioè il mondo possibile più vicino a x è se stesso;<br />

se y ∈ W, y = x, ∀(s)s ∈ K ⊃|= y y<br />

s, allora d(x, y) = 1, cioè il mondo più<br />

vicino, dopo se stesso, è quello compatibile con tutto ciò che è noto nel<br />

contesto, s infatti è una verità a priori in y;<br />

se y = i, allora d(x, y) = 2;<br />

altrimenti d(x, y) = 3, cioè i mondi possibili sono incompatibili con ciò che<br />

è noto nel contesto.<br />

Si individuano dunque due insiemi di fatti, chiamati anche misure, che<br />

consentono di spiegare sia i collegamenti, sia le differenze tra i due tipi di con-<br />

dizionali. Queste osservazioni consentono di mettere in luce degli importanti<br />

aspetti della teoria:<br />

• la nozione di vicinanza è epistemica, perché dipende dai fatti noti;<br />

• la teoria è contestualista, perché ciò che conta, in primo luogo, è la<br />

conoscenza degli ascoltatori attuali, non quella di chi parla o degli<br />

ascoltatori supposti o ideali, e, in secondo luogo, l’enunciazione del<br />

condizionale influenza la conoscenza degli ascoltatori.<br />

• la teoria è a grana fine: la vicinanza di un mondo, infatti, dipende da<br />

ciò che è noto, non da quanto corrisponde, nell’altro mondo possibile,<br />

a ciò che è noto.<br />

Tutto ciò significa che il punto di vista assunto nel trovare un mondo vicino<br />

è la conoscenza nel mondo @, e non la conoscenza delle nostre controparti<br />

nei mondi possibili vicini.<br />

Nel caso in cui non si trovi il più vicino mondo possibile, ma se ne trovino<br />

tanti, tutti egualmente vicini, si considereranno i p-mondi in cui |= x x<br />

p −→ q sarà vero se questi mondi sono q-mondi.<br />

p, e<br />

Questa teoria, ristretta alla considerazione dei mondi possibili dal punto<br />

di vista di quello attuale, può essere estesa ad una prospettiva più generale,<br />

in cui il mondo attuale sia scelto arbitrariamente. Si può quindi dare un<br />

metodo generale di valutazione di un condizionale, come segue:


2.3 Weatherson 41<br />

|= x y p −→ q sse la più vicina coppia di mondi < v, z > tale che |= v z p è tale<br />

che |= v z q.<br />

Proviamo ad applicare questa teoria all’esempio di McDermott: “Se avessi<br />

scommesso su croce, avrei vinto”. In simboli: |= @ x<br />

“se avessi scommesso su<br />

croce, avrei vinto” è vero sse il più vicino mondo possibile x tale che |= @ x<br />

“scommetto su croce”, è tale che |= @ x “vinco”. È anche possibile analizzare<br />

gli esempi (1.1) e (1.2) nello stesso modo, in simboli: |= @ x ‘Se Bizet e Verdi<br />

fossero stati compatrioti, Bizet sarebbe stato italiano’ è vero sse il più vicino<br />

mondo possibile x tale che |= @ x ‘Bizet e Verdi sono compatrioti’ è tale che<br />

‘Bizet è italiano’. Di nuovo, entrambe le versioni sono ammesse. Questa<br />

|= @ x<br />

formulazione, rispetto al metodo di McDermott, consente di essere più precisi<br />

nella valutazione: Weatherson fornisce un metodo più preciso per trovare i<br />

mondi possibili. Attraverso le osservazioni di McDermott si possono chiarire<br />

molti aspetti sulla nozione di accessibilità in maniera soddisfacente, ma la<br />

nozione di “vero in un mondo” non viene così chiaramente definita come in<br />

Weatherson.


Conclusione<br />

I modi finora esaminati di affrontare il problema dei <strong>subjunctive</strong> <strong>conditionals</strong><br />

si sono rivelati essere più o meno fruttuosi, ma non credo che la questione<br />

possa dirsi chiusa o risolta. In generale gli approcci degli anni quaranta e<br />

cinquanta cercano di risolvere il problema usando dei procedimenti tecnici<br />

che si rivelano inadeguati: sebbene si fosse compreso che i controfattuali non<br />

sono dei semplici rompicapi grammaticali o logici, ma nascondono problema-<br />

tiche profonde, tuttavia gli strumenti di analisi non erano adeguati a questa<br />

complessità, e semplici sostituzioni di variabili, per quanto ingegnose, non<br />

potevano essere sufficienti. Nei decenni successivi, al contrario, si acquisisce<br />

consapevolezza del fatto che la portata filosofica dei controfattuali, non solo<br />

in ambito logico o di filosofia della logica, ma anche in quella della scien-<br />

za e nell’epistemologia richiede uno strumento di analisi ben più sofisticato.<br />

Per questo motivo l’approccio in termini di mondi possibili dà maggiori ri-<br />

sultati. Un mondo possibile è una struttura che presenta problemi filosofici<br />

molto ampi, perché pone interrogativi sia al metafisico, che al logico, che<br />

all’epistemologo.<br />

Sebbene lo studio dei controfattuali, come tanti altri temi, abbia vissuto fasi<br />

di alterna popolarità e abbia riscosso diverso interesse nel corso dei decenni,<br />

negli ultimi anni, grazie allo sviluppo delle logiche non classiche, sono nati<br />

dei nuovi approcci che hanno delle caratteristiche più adatte, a mio parere,<br />

ad analizzare i controfattuali. Io credo che l’uso di logiche non classiche per<br />

approcciare il problema dei controfattuali possa dare numerosi frutti, infatti<br />

l’approccio non classico meglio si adatta alla problematica dei controfattua-<br />

li, che intrinsecamente sfuggono alla rigidità classica. Il motivo per cui la<br />

logica classica in questo campo non risulta essere molto efficace è che nel


Conclusione 43<br />

valutare un <strong>subjunctive</strong> conditional si ha a che fare con informazioni insuffi-<br />

cienti, con credenze, con premesse contraddittorie, e la logica classica non è<br />

strutturata per avere a che fare con queste nozioni. Le logiche che mi sem-<br />

brano più promettenti sono quella paraconsistente, come illustrerò, e quella<br />

probabilistica 15 .<br />

Una delle logiche non classiche sviluppate proprio per cercare di gestire<br />

questo tipo di elementi è la logica paraconsistente. Logiche che tollerano<br />

le inconsistenze sono state introdotte intorno al 1910, ma il termine para-<br />

consistente viene coniato dal filosofo peruviano Francisco Miró Quesada, nel<br />

1976. Uno dei testi di riferimento per le logiche paraconsistenti è G. Prie-<br />

st, R. Routley, and J. Norman (eds.), Paraconsistent Logic: Essays on the<br />

Inconsistent, Philosophia Verlag, München, 1989. La logica paraconsistente<br />

nasce dall’esigenza di evitare il principio classico ex falso quodlibet. La rela-<br />

zione di conseguenza logica è detta esplosiva se ∀A, B, (A, ∼ A) B. Una<br />

logica è paraconsistente se in essa la relazione di conseguenza logica non è<br />

esplosiva. La logica classica ed altre logiche standard (come quella intuizio-<br />

nista) sono esplosive. Nelle logiche paraconsistenti non sono valide alcune<br />

inferenze classicamente valide (come A ∨B, ∼ A ⊢ B) e per questo esse sono<br />

più deboli della logica classica.<br />

Dato che i principi di revisione razionale delle credenze falliscono se l’insieme<br />

di credenze non è consistente, servono nuove definizioni per le relazioni di<br />

inferenza logica. La relazione risulta essere molto utile nella valutazione dei<br />

<strong>subjunctive</strong> <strong>conditionals</strong>, perché è più adatta a gestire i casi in cui i parlanti<br />

abbiano credenze inconsistenti, che possono essere riviste sulla base di nuove<br />

evidenze (come si è osservato quando ho parlato di predicati proiettabili).<br />

Un parlante può essere convinto di certi A1, . . ., An, ma può sapere anche<br />

che potrebbe essere che ∼ (A1, . . .,An).<br />

Esistono vari tipi di logiche paraconsistenti: non vero-funzionali, non aggiun-<br />

tive, rilevanti, a più valori. Senza entrare nei dettagli per ciascuna di esse, è<br />

interessante notare come nelle logiche non aggiuntive fallisca l’inferenza clas-<br />

15 Mi sono ispirata a [2], [1] e [Wil08]


Conclusione 44<br />

sica A, B −→ A ∧ B, come abbiamo già visto in Stalnaker, secondo il quale<br />

non vale che (A −→ B) −→ ((A ∧ C) −→ B).<br />

Un’altra logica, che viene in questi anni studiata da un gruppo di ricer-<br />

catori europei (Rolf Haenni Sola, Jan-Willem Romeijn, Gregory Wheeler,<br />

Jon Williamson), è la logica probabilistica. Il termine logica probabilistica<br />

viene usato per la prima volta nell’articolo di N. J. Nilsson, Probabilistic lo-<br />

gic, Artificial Intelligence, 28(1): 71-87, 1986. In una logica probabilistica la<br />

domanda che tipicamente ci si pone è la seguente: date delle premesse della<br />

forma ϕ X1<br />

1 , . . .,ϕ Xn<br />

n , dove X1, . . .,Xn sono degli insiemi di probabilità, e data<br />

una conclusione ψ, qual è la probabilità Y da associare a ψ 16 ? Per rispon-<br />

dere a questa domanda si usano metodi di inferenza probabilistica (come i<br />

network probabilistici), che sono molto diversi dalla nozione standard di di-<br />

mostrazione. L’interpretazione dei <strong>subjunctive</strong> <strong>conditionals</strong> in questa logica<br />

è molto diversa rispetto a quella che ne viene data nelle logiche paraconsi-<br />

stenti, perché i controfattuali sono considerati come assegnazioni di valori di<br />

probabilità al conseguente dato l’antecedente. Spesso la valutazione di un<br />

controfattuale viene fatta sulla base di una considerazione probabilistica: ad<br />

esempio nel caso di (2.1), un parlante attribuirà un valore di verità sulla base<br />

di quanto gli sembri probabile l’uso della bomba atomica, dato il fatto che i<br />

cinesi entrino in guerra.<br />

16 X1 In simboli ϕ1 , . . . , ϕXn n |= ψ ? .


Bibliografia<br />

[Chi46] Roderick M. Chisholm. The contrary-to-fact conditional. Mind,<br />

LV(220):289–308, October 1946.<br />

[Goo47] Nelson Goodman. The problem of counterfactual <strong>conditionals</strong>. The<br />

journal of philosophy, XLIV(5):112–128, February 1947.<br />

[HSP81] W. L. Harper, R. Stalnaker, and G. Pearce. Ifs. Reidel Publishing<br />

Company, 1981.<br />

[McD96] Michael McDermott. On the truth conditions of certain ‘if’-<br />

sentences. The Philosophical Review, 105(1):1–37, January 1996.<br />

[McD99] Michael McDermott. Counterfactuals and access points. Mind,<br />

108(430):291–334, April 1999.<br />

[Qui40] W. V. O. Quine. Mathematical Logic. Harvard University Press,<br />

1940.<br />

[Qui60] W.V.O. Quine. Word and Object. The MIT press, 1960.<br />

[Sta53] Robert L. Stanley. A theory of <strong>subjunctive</strong> <strong>conditionals</strong>. Philosophy<br />

and phenomenological research, pages 22–35, December 1953.<br />

[VHR88] A. Varzi, J. Holt, and D. Rohatyn. Logica. McGraw-Hill, 1988.<br />

[Wea01] Brian Weatherson. Indicative and <strong>subjunctive</strong> <strong>conditionals</strong>. The<br />

Philosophical Quarterly, 51(203):200–216, April 2001.<br />

[Wil08] Jon Williamson. A note on probabilistic logics and probabilistic<br />

networks. Draft, pages 1–3, April 2008.


Siti Web consultati<br />

[1] Progicnet. http://www.kent.ac.uk/secl/philosophy/jw/2006/progicnet.htm.<br />

[2] Stanford encyclopedia of philosophy. http://plato.stanford.edu/.


Ringraziamenti<br />

Vorrei ringraziare innanzitutto la professoressa Miriam Franchella, per la<br />

disponibilità con cui ha seguito i miei primi approcci alla logica, aiutandomi<br />

a superare le difficoltà e facendomi amare questa disciplina, alla quale mi<br />

sono appassionata anche grazie a lei.<br />

Ringrazio tutti gli altri maestri e professori che hanno reso questi anni di studi<br />

intensi e affascinanti. Ringrazio il mio maestro di flauto Gabriele Gallotta,<br />

per la sua umanità, la sua pazienza e l’entusiasmo che riesce a trasmettermi<br />

in ogni lezione. Ringrazio i miei insegnanti di arabo, Muhammad Afifi Afifi,<br />

Wahiba Lawendi e Antonio Pe, perché non solo mi hanno insegnato una<br />

lingua meravigliosa, ma mi hanno avvicinato ad un mondo profondamente<br />

diverso dal nostro, a cui la cultura e la filosofia stessa devono moltissimo.<br />

Ringrazio il mio professore di greco e latino del liceo Carducci, Giovanni<br />

Sponton, i cui preziosi consigli mi hanno sempre sostenuto e mi hanno avviato<br />

sulla strada che mi ha portato fino a qui.<br />

Il ringraziamento più affettuoso va a tutti gli amici che hanno saputo capirmi<br />

e starmi vicino in ogni momento, senza i loro consigli, il loro aiuto ed i loro<br />

sorrisi non avrei potuto portare a termine gli impegni di questi tre anni così<br />

intensi.<br />

Man ‘alamanī h.arfan s.arat lahu ‘abadan 17 .<br />

17 Sono eternamente riconoscente a chi mi abbia insegnato anche una sola lettera.

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