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Tesi di Laurea di Costanza Brevini - SELP

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO<br />

FACOLTÀ DI LETTERE E FILOSOFIA<br />

Corso <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> in Scienze Filosofiche<br />

Una metafisica alla prova: la<br />

teoria dei tropi applicata alla<br />

teoria degli insiemi<br />

Relatore: Chiar.mo Prof. Paolo VALORE<br />

Anno Accademico 2010/2011<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong>:<br />

<strong>Costanza</strong> BREVINI<br />

Matr. N. 773093


Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

INDICE<br />

OSSERVAZIONI PRELIMINARI………………………...5<br />

Capitolo primo: LA TEORIA DEI TROPI<br />

1. Cos’è la teoria dei tropi ……………………………………15<br />

2. Principali caratteristiche <strong>di</strong> un'ontologia dei tropi…………18<br />

3. Il <strong>di</strong>venire nella teoria dei tropi: cambiamento, eventi,<br />

cause…………………………………………………………………29<br />

4. Possibili obiezioni alla teoria dei tropi: eventuali soluzioni e<br />

questioni ancora aperte......…………………………………….…….32<br />

5. Tirando le somme: costi e vantaggi della teoria dei<br />

tropi………………………………………………………………….39<br />

Capitolo secondo: LA TEORIA DEI TROPI COME<br />

ONTOLOGIA DEGLI ENTI MATEMATICI<br />

1. Ontologie degli enti matematici……………………………42<br />

2. Che cosa sono gli enti matematici………………………….47<br />

3. Proprietà e relazioni degli enti matematici…………………51<br />

Capitolo terzo: LA TEORIA DEGLI INSIEMI<br />

1. La teoria ingenua <strong>di</strong> Cantor………………………………...57<br />

2. I paradossi della teoria degli insiemi……………………….61<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

3. Le teorie assiomatiche degli insiemi……………………….67<br />

4. La teoria dei tipi……………………………………………83<br />

5. La teoria pre<strong>di</strong>cativista <strong>di</strong> Weyl……………………………87<br />

6. Per un bilancio della teoria degli insiemi…………………..90<br />

Capitolo quarto: I FASCI DI TROPI COME INSIEMI DI<br />

ELEMENTI<br />

1. Le proprietà sono gli elementi costitutivi dell’essere: elementi<br />

e tropi………………………………………………………………...92<br />

2. Il problema dell’insieme vuoto…………………………….99<br />

3. Quattro possibili soluzioni………………………………..101<br />

4. Gli insiemi vuoti <strong>di</strong> tropi………………………………….108<br />

OSSERVAZIONI CONCLUSIVE…………...……………...114<br />

RINGRAZIAMENTI…………..………………………………117<br />

BIBLIOGRAFIA………………………………………………..118<br />

3


Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

«La verità è una cosa troppo complicata perché<br />

permetta qualcosa <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferente dalle approssimazioni»<br />

4<br />

JOHN VON NEUMANN


Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

OSSERVAZIONI PRELIMINARI<br />

Questo lavoro si propone <strong>di</strong> mettere alla prova un tipo <strong>di</strong><br />

metafisica, che ha conosciuto una fortuna piuttosto recente: la teoria<br />

dei tropi. A tal fine è opportuno fissare alcune fondamentali questioni<br />

terminologiche. L’ontologia è quella parte della filosofia che mira a<br />

isolare e a categorizzare gli elementi ultimi dell’essere. Ciò non<br />

significa semplicemente risalire nella classificazione <strong>di</strong> tutto ciò che<br />

c’è fino a raggiungere gli enti non ulteriormente <strong>di</strong>visibili. Vuol <strong>di</strong>re<br />

anche assicurarsi che questi in<strong>di</strong>vidui, oltre a essere ultimi, siano in<br />

grado <strong>di</strong> descrivere esaustivamente l’intera pluralità dell’essere.<br />

Definiamo invece metafisica la <strong>di</strong>sciplina che classifica gli enti<br />

ultimi, assegnando ciascuno a uno dei tipi ammessi da ogni <strong>di</strong>versa<br />

teoria 1 . Ecco perché sono molteplici le metafisiche che si sono<br />

avvicendate nel corso della storia della filosofia. Per un lungo periodo<br />

i pensatori hanno costruito le loro teorie sulla solida base della<br />

<strong>di</strong>stinzione ontologica tra in<strong>di</strong>vidui e proprietà. Questo tipo <strong>di</strong><br />

metafisica fonda l’essere su un sostrato materiale piuttosto misterioso,<br />

al quale si appoggiano le proprietà. Esse hanno la funzione <strong>di</strong><br />

informare il sostrato, creando in tal modo l’illusione della molteplicità<br />

dell’essere: un velo variegato che si adagia però su una materialità<br />

omogenea.<br />

1 Questa concezione del rapporto tra metafisica e ontologia è presente in letteratura, in<br />

particolare si veda VALORE, PAOLO, L’inventario del mondo. Guida allo stu<strong>di</strong>o<br />

dell’ontologia, Utet, Torino 2008.<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

Le singole proprietà che sono possedute dagli enti concreti si<br />

radunano per somiglianza a formare gli universali. Gli universali<br />

possono essere ante rem, godere quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> una realtà precedente le<br />

cose in<strong>di</strong>viduali; in re, quelli che cioè sono nelle cose stesse; o post<br />

rem, in altre parole derivanti dagli oggetti materiali successivamente,<br />

tramite un processo astrattivo <strong>di</strong> tipo conoscitivo. Da questa analisi<br />

derivano principalmente tre teorie degli universali, quin<strong>di</strong> tre<br />

metafisiche <strong>di</strong>fferenti. La prima è la metafisica realista, che assicura<br />

l’esistenza degli universali in<strong>di</strong>pendentemente dalla mente che li<br />

pensa. Essa inoltre garantisce a questi un solido statuto ontologico. La<br />

seconda metafisica è chiamata concettualismo. Gli universali secondo<br />

questa prospettiva sono categorie della mente e sono generati<br />

dall’attività conoscitiva e categorizzante della realtà. Per quanto più<br />

debole del realismo, il concettualismo quin<strong>di</strong> garantisce un qualche<br />

tipo <strong>di</strong> realtà agli universali. Infine, il nominalismo nega<br />

assolutamente ogni esistenza agli universali: essi sono convenzioni,<br />

flatus vocis, semplici nomi. Non vi è dunque per gli universali nessun<br />

tipo <strong>di</strong> impegno ontologico. Quest’ultima prospettiva è stata<br />

recuperata recentemente ed è stata <strong>di</strong>fesa in mo<strong>di</strong> nuovi, in particolare<br />

dagli esponenti della filosofia analitica. Bertrand Russell, Donald Cary<br />

Williams, David Lewis e Donald Davidson, ma anche David Malet<br />

Armstrong, Peter Strawson e George Frederik Stout, sono gli iniziatori<br />

<strong>di</strong> alcuni tra gli spunti più originali della filosofia del XX secolo.<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

Gli stimoli che hanno portato alla rinnovata attenzione dei filosofi<br />

nei confronti della metafisica sono numerosi. Si possono rintracciare<br />

in particolare nel tentativo <strong>di</strong> trovare una risposta al problema dei<br />

fondamenti posto dalla matematica, alle domande che provenivano<br />

dagli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> filosofia analitica circa i fondamenti dell’essere, nelle<br />

questioni relative la vali<strong>di</strong>tà del linguaggio e, conseguentemente, della<br />

logica. Inoltre, l’indagine filosofica ha evidenziato i limiti della<br />

metafisica che prevede in<strong>di</strong>vidui e proprietà. È proprio attraverso i<br />

tentativi <strong>di</strong> superamento <strong>di</strong> questi limiti che hanno visto la luce nuove<br />

e originali teorie metafisiche.<br />

Una delle prospettive moderne che ha goduto <strong>di</strong> maggior fortuna è<br />

quella nota col nome <strong>di</strong> tri<strong>di</strong>mensionalismo 2 . Questa filosofia nasce<br />

come risposta alle <strong>di</strong>fficoltà che si trova ad affrontare ogni metafisica<br />

impegnata a spiegare il fenomeno del cambiamento. Gli ostacoli da<br />

superare sono ancora maggiori per sistemi che prevedono in<strong>di</strong>vidui, da<br />

una parte, e attributi, dall’altra. Se infatti un oggetto concreto è<br />

costituito dalle sue proprietà e da un sostrato che le regge, allora nel<br />

momento in cui una <strong>di</strong> queste proprietà è persa o sostituita, sembra<br />

che si assista alla creazione <strong>di</strong> un nuovo oggetto. Il tri<strong>di</strong>mensionalismo<br />

dunque colloca i suoi enti in uno spazio tri<strong>di</strong>mensionale immerso nel<br />

2 La bibliografia sul tri<strong>di</strong>mensionalismo comprende STRAWSON, PETER FREDERIK,<br />

In<strong>di</strong>vidui. Saggio <strong>di</strong> metafisica descrittiva, Feltrinelli- Bocca, Milano 1978;<br />

WIGGINS, DAVID, Sul trovarsi nello stesso luogo allo stesso tempo, in Metafisica.<br />

Classici contemporanei, a cura <strong>di</strong> Achille Varzi, Laterza, Roma-Bari 2008;<br />

ARMSTRONG, DAVID MALET, Universals. An Opinionated Introduction, Westview,<br />

Boulder 1989.<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

continuum temporale. Il tri<strong>di</strong>mensionalismo tra<strong>di</strong>zionalmente riesce a<br />

garantire l’identità nel tempo <strong>di</strong> oggetti concreti in mutamento grazie<br />

all’introduzione del concetto <strong>di</strong> tipo. Il tipo <strong>di</strong> un oggetto in<strong>di</strong>ca che<br />

cos’è quell’oggetto, mentre le proprietà si limitano a in<strong>di</strong>care com’è<br />

fatto o come viene percepito. Gli oggetti concreti sono quin<strong>di</strong><br />

esaustivamente costituiti dalle proprietà <strong>di</strong> cui godono e dal tipo cui<br />

appartengono. Inoltre, sono estesi tri<strong>di</strong>mensionalmente nello spazio e<br />

sono in grado <strong>di</strong> mantenere identità nel tempo grazie al conservarsi del<br />

tipo nonostante il mutamento delle proprietà.<br />

Un particolare esempio <strong>di</strong> tri<strong>di</strong>mensionalismo è costituito dalla<br />

teoria dei tropi. Tale teoria assume sempre oggetti tri<strong>di</strong>mensionali<br />

calati nel flusso temporale, ma riesce a rinunciare sia al sostrato<br />

materiale, sia alla nozione <strong>di</strong> tipo. Sono proprio questi due concetti a<br />

costituire i punti deboli delle teorie tri<strong>di</strong>mensionaliste, perché<br />

entrambi, se sottoposti a un’attenta analisi, si rivelano piuttosto oscuri<br />

e problematici. La caratteristica principale della teoria dei tropi, come<br />

si vedrà nello specifico più avanti, è che le proprietà non vengono<br />

considerate esemplificazioni <strong>di</strong> entità universali. Esse stesse sono<br />

entità particolari ma sempre astratte, come gli universali. Si<br />

presentano comunque alcune <strong>di</strong>fficoltà relative sempre al mutamento,<br />

che fanno del tri<strong>di</strong>mensionalismo una teoria non del tutto<br />

sod<strong>di</strong>sfacente. In particolare, è <strong>di</strong> cocente importanza la questione<br />

della persistenza nel tempo delle entità concrete, definite come<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

«continuanti». I teorici del sequenzialismo 3 , un altro tipo <strong>di</strong> filosofia<br />

tri<strong>di</strong>mensionalista, hanno tentato una strada alternativa, definendo gli<br />

oggetti concreti come «persistenti». Essi sono cioè enti momentanei<br />

che si susseguono incessantemente, dando l’impressione della<br />

continuità. A ben vedere invece, ogni cambiamento provoca la<br />

<strong>di</strong>struzione <strong>di</strong> un oggetto materiale e la creazione <strong>di</strong> un altro oggetto.<br />

Purtroppo, anche in questo caso non ci si può ritenere completamente<br />

sod<strong>di</strong>sfatti. Assegnare a enti concreti, soprattutto se persone o<br />

comunque esseri viventi 4 , uno statuto ontologico così fragile è<br />

decisamente controverso. Poi, il continuo processo <strong>di</strong> <strong>di</strong>struzione e<br />

creazione al quale vengono sottoposte le entità genera molti sospetti.<br />

In ultimo, sembra che il sequenzialismo non spieghi veramente il<br />

cambiamento, in quanto non affronta davvero ciò che succede a un<br />

oggetto quando questo subisce un cambiamento. Sembra infatti che<br />

esso preveda invece la creazione <strong>di</strong> un numero altissimo <strong>di</strong><br />

controparti, che hanno sicuramente qualche tipo <strong>di</strong> relazione con<br />

l’oggetto che soggiace al cambiamento, ma non sembra che intreccino<br />

con esso una relazione <strong>di</strong> identità.<br />

In risposta alle <strong>di</strong>fficoltà del sequenzialismo e del<br />

tri<strong>di</strong>mensionalismo in genere, si è provato a identificare un oggetto<br />

materiale con il contenuto <strong>di</strong> una porzione <strong>di</strong> spazio-tempo. La<br />

3 SIDER, THEODORE Il mondo è uno sta<strong>di</strong>o, in Metafisica. Classici contemporanei a<br />

cura <strong>di</strong> Achille Varzi, Laterza, Roma-Bari 2008.<br />

4 LOWE, JONATHAN The possibility of Metaphysics: Substance, Identity and Time,<br />

Clarendon, Oxford 1998.<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

prospettiva che ha tentato questa soluzione prende il nome <strong>di</strong><br />

quadri<strong>di</strong>mensionalismo 5 . La caratteristica fondante <strong>di</strong> questa dottrina è<br />

<strong>di</strong> assegnare all’estensione nel tempo le stesse caratteristica assegnate<br />

all’estensione nello spazio: anche il tempo è quin<strong>di</strong> annoverato tra le<br />

<strong>di</strong>mensioni, come suggerisce il nome della teoria. Gli oggetti materiali<br />

sono dunque occorrenti, nel senso che avvengono nel tempo, ma non<br />

vi si protraggono, come invece facevano gli enti continuanti del<br />

tri<strong>di</strong>mensionalismo. Il cambiamento nel senso quadri<strong>di</strong>mensionalista<br />

dunque si spiega facendo ricorso al concetto <strong>di</strong> parte temporale. Nella<br />

prospettiva quadri<strong>di</strong>mensionali sta infatti, un oggetto che subisce un<br />

mutamento si <strong>di</strong>vide nelle sue parti temporali, porzioni <strong>di</strong> materia<br />

assegnate a uno specifico momento. In questo modo, un oggetto che si<br />

mo<strong>di</strong>fica è in grado <strong>di</strong> conservare identità, perché rimane<br />

sostanzialmente lo stesso, ma appare <strong>di</strong>versamente a seconda della<br />

parte temporali che si decide <strong>di</strong> prendere in esame.<br />

Si può ora arrivare alla questione principale che mi ha spinto a<br />

intraprendere questo lavoro. La metafisica è una <strong>di</strong>sciplina preliminare<br />

non solo a ogni indagine filosofica, ma anche a ogni indagine<br />

scientifica. Preliminare non va qui inteso come superiore per<br />

importanza. Piuttosto, si consideri come propedeutico. Infatti,<br />

qualunque indagine sul mondo che pretenda <strong>di</strong> essere coerente,<br />

dall’etica alla sociologia, dalla matematica all’arte, si trova<br />

necessariamente a dover assumere un iniziale impegno ontologico sui<br />

5 SIDER, THEODORE, Four-<strong>di</strong>mensionalism. An Ontology of Persistence and Time,<br />

Oxford University Press, Oxford 2001.<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

tipi <strong>di</strong> enti che sceglie <strong>di</strong> includere all’interno della teoria. Ora, poiché<br />

il sistema metafisico che contrappone la sostanza alle proprietà ha<br />

permeato a lungo tutti i campi del sapere, con maggiore o minore<br />

consapevolezza da parte degli scienziati, necessariamente molti degli<br />

strumenti e dei para<strong>di</strong>gmi culturali e sociali <strong>di</strong> cui ci serviamo si<br />

fondano su questo modello metafisico. L’analisi filosofica del secolo<br />

scorso ha però, come anticipato, rivelato i limiti del sistema metafisico<br />

tra<strong>di</strong>zionale e proposto modelli più coerenti e completi. Soprattutto,<br />

ciò che alcuni dei più recenti modelli metafisici offrono in più è<br />

un’elegante traduzione del para<strong>di</strong>gma fisico contemporaneo. Non è<br />

necessario sottolineare quanto sia importante per una teoria metafisica<br />

offrire una buona resa della teoria fisica che le è contemporanea. Cosa<br />

<strong>di</strong>re però della traduzione degli altri para<strong>di</strong>gmi e strumenti <strong>di</strong> cui la<br />

nostra società si serve quoti<strong>di</strong>anamente? È possibile abitare in un<br />

mondo popolato da enti creati fondamentalmente basandosi sull’idea<br />

<strong>di</strong> una sostanza materiale informata da proprietà che esemplificano<br />

enti universali, rifiutando però questa metafisica e adottandone<br />

un’altra? Infatti, per quanto una metafisica possa esporsi a limiti e<br />

contrad<strong>di</strong>zioni, è evidente che se essa si rivelasse l’unica metafisica<br />

che permette <strong>di</strong> avvalersi dei nostri modelli matematici e scientifici,<br />

allora <strong>di</strong>fetti e incoerenza si mostrerebbero sotto un altro aspetto. Si<br />

rivelerebbero cioè niente più che un male necessario allo scopo <strong>di</strong><br />

continuare a usufruire degli strumenti e dei para<strong>di</strong>gmi <strong>di</strong> cui fino ad<br />

oggi si è servita l’impresa conoscitiva.<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

Ritengo dunque che sia necessario superare la valutazione formale<br />

e squisitamente filosofica delle nuove teorie metafisiche, per provare<br />

la loro efficacia nel supporto ontologico e nell’applicazione <strong>di</strong> quei<br />

meto<strong>di</strong> conoscitivi <strong>di</strong> cui tra<strong>di</strong>zionalmente si servono il filosofo e lo<br />

scienziato.<br />

In questo lavoro ho scelto <strong>di</strong> mettere alla prova in particolare la<br />

teoria dei tropi e verificare se sia possibile utilizzare uno strumento<br />

matematico, ma soprattutto concettuale, che vanta grande applicabilità<br />

e impatto: la teoria degli insiemi. Ho scelto nello specifico questa<br />

teoria matematica perché ritengo che sia forse quella che più si presta<br />

a questo compito. Le ragioni che rendono la teoria degli insiemi la più<br />

adatta, tra tutte le teorie matematiche, sono <strong>di</strong>verse. Innanzitutto,<br />

benché vi siano a oggi punti non cristallini, la teoria può godere <strong>di</strong> una<br />

generale soli<strong>di</strong>tà. Inoltre, la teoria degli insiemi è un modello che ha<br />

saputo rappresentare buona parte dei concetti della matematica e che<br />

senza dubbio offre una base <strong>di</strong> partenza privilegiata per l’analisi della<br />

matematica in generale. Se si riuscisse quin<strong>di</strong> a <strong>di</strong>mostrare che la<br />

teoria degli insiemi è compatibile con un’ontologia dei tropi, si<br />

potrebbe ampliare il risultato a tutta la matematica. Infine, la teoria<br />

degli insiemi si costruisce tra<strong>di</strong>zionalmente proprio sugli universali.<br />

Di conseguenza, formulare una versione della teoria degli insiemi<br />

basata sui tropi costituisce una vera sfida. Si tratta infatti <strong>di</strong> provare se<br />

è possibile creare insiemi con una teoria metafisica che non prevede<br />

universali come costituenti <strong>di</strong> base, ma solo enti universali costruiti<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

per composizione. Gli universali nella teoria dei tropi possono quin<strong>di</strong><br />

essere costruiti, ma solo a partire dagli elementi <strong>di</strong> base che<br />

l’ontologia dà a <strong>di</strong>sposizione. Questi elementi sono proprio i tropi. È<br />

importante ricordare che anche proprietà come «non appartenere a se<br />

stessi» o «senza parti proprie» generano universali.<br />

Mi accingo quin<strong>di</strong>, nel primo capitolo <strong>di</strong> questo lavoro, a<br />

presentare la teoria dei tropi, ponendo l’accento su cosa comporti<br />

adottare un’ontologia <strong>di</strong> questo tipo, che tipo <strong>di</strong> enti siano gli in<strong>di</strong>vidui<br />

ultimi previsti dalla teoria, quali proprietà possiedano e che tipo <strong>di</strong><br />

relazioni intreccino tra <strong>di</strong> loro. In seguito, intendo esporre le strategie<br />

<strong>di</strong> cui i teorici dei tropi si sono serviti per fornire una spiegazione <strong>di</strong><br />

fenomeni come gli eventi, le cause e il <strong>di</strong>venire. Sarà utile infine<br />

riportare le tra<strong>di</strong>zionali obiezioni alla teoria dei tropi e le soluzioni che<br />

la letteratura ha saputo fornire, tratteggiando brevemente il <strong>di</strong>battito<br />

scientifico a cui si è assistito negli ultimi anni.<br />

Il secondo capitolo tratterà argomenti più squisitamente<br />

matematici, allo scopo <strong>di</strong> tentare una filosofia della matematica,<br />

ricorrendo però a una metafisica dei tropi. Prima <strong>di</strong> chiedersi cosa sia<br />

un insieme infatti risulta necessario rispondere alla domanda riguardo<br />

l’essenza <strong>di</strong> un numero, delle sue proprietà e del tipo <strong>di</strong> relazione che<br />

può instaurarsi tra più numeri.<br />

Il terzo capitolo sarà invece de<strong>di</strong>cato all’esposizione della teoria<br />

degli insiemi e della sua genesi storica e ideologica. Si tratterà <strong>di</strong><br />

argomenti che appartengono decisamente al campo della logica<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

matematica, la cui esposizione risulta necessaria per arrivare a<br />

comprendere il lavoro svolto sui tropi. Ampio spazio verrà poi<br />

de<strong>di</strong>cato all’esposizione delle ontologie finora proposte per la teoria<br />

degli insiemi e alle loro implicazioni.<br />

Una volta poste tali premesse, sarà possibile entrare finalmente nel<br />

vivo della questione con il capitolo quarto. In questo capitolo infatti si<br />

tenterà <strong>di</strong> creare insiemi <strong>di</strong> tropi coerenti e in possesso <strong>di</strong> tutte le<br />

proprietà <strong>di</strong> cui godono gli insiemi tra<strong>di</strong>zionali.<br />

Infine, intendo analizzare quali conseguenze metafisiche per la<br />

teoria dei tropi derivino dalle contrad<strong>di</strong>zioni matematiche della teoria<br />

degli insiemi e, viceversa, le conseguenze sulla teoria degli insiemi dei<br />

<strong>di</strong>fetti e dei limiti della teoria dei tropi.<br />

In conclusione, voglio sottolineare che, se non si rivelasse possibile<br />

servirsi della teoria degli insiemi adottando una metafisica dei tropi,<br />

allora chiaramente la teoria dei tropi risulterebbe indebolita,<br />

soprattutto per quanto riguarda l’indagine degli enti matematici. Un<br />

tale risultato però non confuterebbe in toto la vali<strong>di</strong>tà della teoria dei<br />

tropi, per quanto indubbiamente ne limiterebbe il raggio d’azione.<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

CAPITOLO PRIMO<br />

LA TEORIA DEI TROPI<br />

1. GENESI E FORMULAZIONE DELLA TEORIA<br />

DEI TROPI<br />

La teoria dei tropi ha assistito alla sua formulazione sistematica a<br />

partire dalla seconda metà del secolo scorso. Tra i principali filosofi<br />

che si occuparono <strong>di</strong> questo tipo <strong>di</strong> metafisica, il più famoso e<br />

influente fu certamente Donald Cary Williams, professore e <strong>di</strong>rettore<br />

del <strong>di</strong>partimento <strong>di</strong> Filosofia <strong>di</strong> Harvard. Si deve alla sua penna quello<br />

che può essere considerato il manifesto del nominalismo dei tropi, il<br />

saggio On the Elements of Being 6 , pubblicato nel 1953. È in questo<br />

testo che compare per la prima volta il termine tropo con il significato<br />

<strong>di</strong> «occorrenza <strong>di</strong> un’essenza». La scelta del termine da parte <strong>di</strong><br />

Donald Williams è ancora oggi controversa, poiché la parola «tropo»<br />

possiede già un gran numero <strong>di</strong> significati, che spaziano dalla retorica,<br />

alla botanica, alla musica. Per questa ragione, numerosi stu<strong>di</strong>osi<br />

preferiscono riferirsi ai tropi con il termine qualiton, per tropi a un<br />

posto, come la rossezza <strong>di</strong> un fiore, e <strong>di</strong> relaton per tropi a due posti,<br />

6 WILLIAMS, DONALD CARY, On the Elements of Being, Review of Metaphysics,<br />

Philosophy Education Society, Inc. 7:3-18, 1953.<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

come l’amore <strong>di</strong> Dante per Beatrice. Tuttavia, il nome alternativo a<br />

«tropo» che ha avuto più successo è «particolare astratto».<br />

Il più illustre fra gli stu<strong>di</strong>osi che hanno adottato questa<br />

terminologia è senz’altro Keith Campbell, professore emerito <strong>di</strong><br />

Filosofia all’Università <strong>di</strong> Sidney nonché autore <strong>di</strong> uno dei volumi<br />

fondamentali per la teoria dei tropi, Abstract Particulars 7 , pubblicato<br />

nel 1990. La scuola australiana, grande promotrice della teoria dei<br />

tropi, comprende, oltre a Campbell, un altro illustre filosofo che si è<br />

occupato <strong>di</strong> tropi, John Bacon, professore dell’Università <strong>di</strong> Sidney. Il<br />

filosofo è autore del volume Universal and Property Istances: The<br />

Alphabet of Being 8 . L’argomentazione del filosofo si articola al fine <strong>di</strong><br />

costituire una strenua <strong>di</strong>fesa delle potenzialità della teoria dei tropi,<br />

che passa attraverso una successiva sofisticazione. Tale sofisticazione<br />

dunque è capace <strong>di</strong> accentuarne semplicità e economicità,<br />

contribuendo così allo sviluppo della prospettiva.<br />

Non va infine <strong>di</strong>menticato l’apporto con cui hanno contribuito alla<br />

formulazione contemporanea della teoria dei tropi molti filosofi tra cui<br />

Pawel Rojek, della Jagiellonian University <strong>di</strong> Cracovia, con il suo<br />

articolo Three Trope Theories 9 , e Frederik Moltmann, autore <strong>di</strong><br />

Properties and Kinds of Tropes: New Linguistic Facts and Old<br />

7 CAMPBELL, KEITH, Abstract Particulars, Basil Blackwell, Oxford 1990.<br />

8 BACON, JOHN, Universals and Property Instances. The Alphabet of Being,<br />

Aristotelian Society Series, Vol. 15, Londra 1998.<br />

9 ROJEK, PAWEL, Three Trope Theories, in «Axiomathes», 18. 2008.<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

Philosophical Insight 10 . Inoltre, l’attuale formulazione della teoria dei<br />

tropi ha subito forti influenze da parte delle tesi esposte nell’articolo<br />

dal titolo Tropes 11 <strong>di</strong> Christopher Daly, dell’Università <strong>di</strong> Cambridge.<br />

Per quanto concerne invece la produzione italiana <strong>di</strong> saggi sulla<br />

teoria dei tropi, il più importante lavoro monografico sull’argomento<br />

si deve al filosofo trentino Achille Varzi, attualmente professore e<br />

<strong>di</strong>rettore del <strong>di</strong>partimento <strong>di</strong> Filosofia dell’Università Columbia <strong>di</strong><br />

New York. È suo infatti il saggio La natura e l’identità degli oggetti<br />

materiali, all’interno del volume Filosofia analitica. Temi e<br />

Problemi 12 , curato da Annalisa Coliva.<br />

Il lavoro dei filosofi che sono stati ricordati, per quanto<br />

sostanzialmente omogeneo, presenta dei punti <strong>di</strong> originalità.<br />

Nonostante la teoria dei tropi sia una teoria metafisica contemporanea,<br />

essa può vantare una formulazione sia completa ed esaustiva, sia<br />

ingegnosa e continuamente arricchita dalle molte prospettive <strong>di</strong> ricerca<br />

che offre.<br />

10 MOLTMANN, FRIEDERIKE, Properties and Kinds of Tropes: New Linguistic Facts<br />

and Old Philosophical Insights, in «Mind», volume 113, Oxford 2004.<br />

11 DALY, CHRISTOPHER, Tropes, «Procee<strong>di</strong>ngs of the Aristotelian Society», New<br />

Series, volume 94, Londra 1994.<br />

12 VARZI, ACHILLE, La natura e l’identità degli oggetti materiali, pubblicato in<br />

Filosofia analitica. Temi e problemi, a cura <strong>di</strong> Annalisa Coliva, Carocci, Roma<br />

2007.<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

2. PRINCIPALI CARATTERISTICHE DI<br />

UN’ONTOLOGIA DEI TROPI<br />

In accordo con Pawel Rojek, mi sembra opportuno esplicitare che<br />

si possono riconoscere due tipi <strong>di</strong> teoria dei tropi. Il primo tipo <strong>di</strong><br />

teoria ha come oggetto esclusivamente il campo delle proprietà. Esse<br />

sono designate semplicemente come particolari astratti. Di<br />

conseguenza, la trattazione delle proprietà come universali astratti o,<br />

semplicemente universali, viene rigettata.<br />

Il secondo tipo <strong>di</strong> teoria è decisamente più ambizioso e può essere<br />

proposto come alternativa ai sistemi metafisici che richiedono una<br />

sostanza che funga da sostrato per le proprietà. Questo tipo <strong>di</strong> teoria<br />

può essere chiamato «teoria dei soli tropi», o «trope-only theory», in<br />

quanto si pone l’obiettivo <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare come l’intera struttura del<br />

mondo consista esclusivamente ed esaustivamente <strong>di</strong> tropi. Si tratta <strong>di</strong><br />

una vera e propria ontologia a una categoria. Quest’ultimo tipo <strong>di</strong><br />

teoria dei tropi è chiaramente quello <strong>di</strong> interesse per l’obiettivo <strong>di</strong><br />

questo lavoro.<br />

La formulazione della teoria dei tropi nasce come un tentativo <strong>di</strong><br />

trovare risposta al problema dell’unità <strong>di</strong> entità particolari <strong>di</strong>fferenti.<br />

Nello specifico, la soluzione a cui mira la teoria dei tropi impone che<br />

non vi sia la necessità <strong>di</strong> postulare l’esistenza <strong>di</strong> enti universali.<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

Tra<strong>di</strong>zionalmente, le proprietà sono considerate universali astratti,<br />

mentre gli oggetti materiali sono concreti e particolari. La principale<br />

caratteristica del concetto <strong>di</strong> tropo va ritrovata proprio nella<br />

giustapposizione tra particolare e universale, tra astratto e concreto. La<br />

riflessione filosofica si è soffermata a lungo sulla <strong>di</strong>stinzione tra entità<br />

astratte ed entità concrete, enti universali ed enti particolari.<br />

L’opposizione tra particolare e universale è strettamente ontologica, in<br />

quanto afferma l’esistenza <strong>di</strong> un universale e <strong>di</strong> un particolare, il quale<br />

partecipa più o meno perfettamente alla natura dell’universale.<br />

L’opposizione tra concreto e astratto invece si può considerare più<br />

metafisica, in quanto definisce a che tipo appartengono gli enti che<br />

esistono. Il modo in cui ogni filosofo decide <strong>di</strong> articolare il quadrato<br />

2x2 formato dai rapporti tra questi quattro concetti è <strong>di</strong> fondamentale<br />

importanza. Il motivo è che il problema degli universali si articola<br />

proprio entro questa doppia contrapposizione.<br />

Un filosofo dei tropi costruisce la propria teoria basandosi sui<br />

concetti <strong>di</strong> astrattezza e <strong>di</strong> particolarità. Con «astrattezza» si intende la<br />

caratteristica <strong>di</strong> un ente che si trova a essere ontologicamente<br />

<strong>di</strong>pendente dal concreto in senso fisico, ma in<strong>di</strong>pendente in senso<br />

concettuale. In altre parole, un oggetto è astratto se inerisce in un altro<br />

oggetto <strong>di</strong>verso da se stesso. Per fare un esempio, si può notare che un<br />

oggetto è più concreto <strong>di</strong> una sua proprietà, perché questa proprietà<br />

non potrebbe esistere senza che esistesse proprio quell’oggetto a<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

possederla. Un tropo dunque è un oggetto assolutamente astratto, la<br />

cui esistenza però <strong>di</strong>pende in qualche modo da un oggetto concreto.<br />

Con «particolarità» invece ci si riferisce a entità <strong>di</strong> qualsiasi tipo,<br />

con la caratteristica <strong>di</strong> essere ancorate a un solo oggetto concreto.<br />

Questo tipo <strong>di</strong> ente è evidentemente contrapposto agli universali, i<br />

quali sono ancorati a molti oggetti concreti. Un tropo è un ente<br />

particolare perché è legato a un solo ente concreto attraverso una<br />

relazione <strong>di</strong> inerenza. Questa relazione <strong>di</strong> inerenza sussiste anche tra il<br />

tropo e tutti gli oggetti concreti che a loro volta contengono l’oggetto<br />

con il quale il tropo è in relazione <strong>di</strong> inerenza.<br />

In poche parole, dunque, si può <strong>di</strong>re che un tropo è semplicemente<br />

l’istanza <strong>di</strong> una proprietà o <strong>di</strong> una relazione. Un oggetto concreto<br />

nasce quin<strong>di</strong> quando un certo numero <strong>di</strong> tropi o particolari astratti<br />

vanno a comporre un fascio e a con<strong>di</strong>videre una porzione determinata<br />

<strong>di</strong> spazio-tempo. In questo modo, si crea un oggetto concreto<br />

in<strong>di</strong>viduale e irripetibile, formato semplicemente dalle proprietà<br />

in<strong>di</strong>viduali e irripetibili che costituzionalmente gli appartengono. Il<br />

processo è messo in atto grazie alla relazione <strong>di</strong> compresenza. Questa<br />

relazione infatti permette l’in<strong>di</strong>viduazione <strong>di</strong> un oggetto concreto, in<br />

quanto esso si costituisce <strong>di</strong> un fascio <strong>di</strong> tropi compresenti, che<br />

determinano le qualità e le relazioni <strong>di</strong> cui è in possesso l’oggetto<br />

concreto.<br />

Come si è detto, il fondatore della teoria dei tropi è senza dubbio<br />

Donald Williams, che ne delinea le basi nel famoso articolo<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

summenzionato On the Elements of Being. Fin dall’introduzione,<br />

scritta per altro da Keith Campbell, è evidente che la semplicità<br />

caratterizza la teoria dei tropi, sia per quanto riguarda la sua<br />

formulazione, sia per quanto riguarda i mo<strong>di</strong> attraverso i quali<br />

un’ontologia <strong>di</strong> questo tipo assolve il compito <strong>di</strong> spiegare quali tipi <strong>di</strong><br />

enti popolino il mondo. Inoltre, si legge chiaramente tra le righe del<br />

testo <strong>di</strong> Williams un continuo invito a mantenersi fedeli alla realtà<br />

dell’essere, evitando qualunque aspetto ultrasensibile. Le ragioni che<br />

spingono il filosofo a questo ripetuto memento vanno ritrovate nello<br />

spirito attualista e riduzionista, che lo portano a sostenere che ciò che<br />

non è la realtà completa non è completamente reale.<br />

L’argomentazione <strong>di</strong> On the Elements of Being prende le mosse da<br />

alcune osservazioni <strong>di</strong> carattere quoti<strong>di</strong>ano, come la riflessione sugli<br />

oggetti <strong>di</strong>versi che si presentano ai sensi come se con<strong>di</strong>videssero<br />

alcuni particolari, ma non tutti. A questo proposito, Williams sceglie<br />

come esempio il caso <strong>di</strong> tre lecca-lecca: il numero 1 è rosso, rotondo e<br />

aromatizzato alla menta; il numero 2 è marrone, rotondo e al gusto <strong>di</strong><br />

cioccolato; il numero 3 infine è rosso, quadrato e alla menta. Il<br />

bastoncino del lecca-lecca è un oggetto concreto, così come il lecca-<br />

lecca stesso, mentre il colore o la forma sono componenti astratte.<br />

Ogni lecca-lecca è simile a ognuno degli altri sotto alcuni aspetti e<br />

<strong>di</strong>verso sotto altri aspetti. La proposta <strong>di</strong> Williams è <strong>di</strong> trattare ognuno<br />

<strong>di</strong> questi aspetti attribuendogli lo stesso valore ontologico assegnato<br />

agli oggetti concreti, benché siano astratti. Egli infatti ritiene che siano<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

proprio le componenti astratte a svolgere il ruolo <strong>di</strong> elementi primari<br />

nella costituzione della realtà. La ragione è che queste parti non si<br />

compongono <strong>di</strong> null’altro, sono prime, mentre gli oggetti concreti<br />

hanno parti proprie, ovvero le proprietà.<br />

Detto ciò, Williams si accinge a spiegare i processi attraverso i<br />

quali i tropi si combinano per formare oggetti particolari, universali,<br />

astratti e concreti. Egli sostiene che i tropi intrecciano tra loro rapporti<br />

in due mo<strong>di</strong>. Il primo è la localizzazione, o meglio la compresenza. La<br />

localizzazione <strong>di</strong> un tropo, ovvero la porzione <strong>di</strong> spazio-tempo che<br />

occupa, non è rilevante <strong>di</strong> per sé né lo è in rapporto ad altri tropi. La<br />

compresenza invece determina l’appartenenza <strong>di</strong> due o più tropi allo<br />

stesso particolare concreto. I tropi infatti, in quanto particolari astratti,<br />

possono occupare la stessa porzione <strong>di</strong> spazio-tempo e così arricchire,<br />

con un numero <strong>di</strong> proprietà potenzialmente infinito, l’unico oggetto<br />

concreto con il quale con<strong>di</strong>vidono una porzione <strong>di</strong> spazio-tempo. Gli<br />

oggetti concreti ovviamente non possono con<strong>di</strong>videre porzioni <strong>di</strong><br />

spazio-tempo, per cui a ogni porzione <strong>di</strong> spazio-tempo corrisponde<br />

uno e un solo in<strong>di</strong>viduo concreto. Gli in<strong>di</strong>vidui astratti invece possono<br />

essere innumerevoli. Gli oggetti concreti dunque sono semplicemente<br />

fasci <strong>di</strong> tropi compresenti, ognuno corrispondente a una delle proprietà<br />

che caratterizzano l’oggetto stesso.<br />

Il secondo tipo <strong>di</strong> rapporti tra tropi è la somiglianza. Una qualsiasi<br />

coppia <strong>di</strong> tropi, logicamente, intreccia o non intreccia una relazione <strong>di</strong><br />

somiglianza. Le relazioni <strong>di</strong> somiglianza possono essere <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi tipi,<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

in quanto necessariamente con «somiglianza» si intende «gra<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

somiglianza», da più a meno perfetta. È bene precisare che per la teoria<br />

dei tropi non è esatto parlare <strong>di</strong> somiglianza perfetta, poiché ogni tropo si<br />

costituisce come essenzialmente <strong>di</strong>verso da ogni altro tropo. Essi possono<br />

però essere percepiti come simili. Può essere utile fare un piccolo<br />

esperimento mentale. Supponiamo <strong>di</strong> voler <strong>di</strong>pingere una parete con una<br />

vernice <strong>di</strong> un particolare rosso, lo stesso ad esempio con il quale abbiamo<br />

<strong>di</strong>pinto anni prima un’altra parete nella stessa stanza. Ci rechiamo dunque in<br />

un colorificio, dove il ven<strong>di</strong>tore ci mette a <strong>di</strong>sposizione un intero<br />

campionario <strong>di</strong> vernici catalogate come vernici rosse. Ci troveremo davanti<br />

una vastissima scelta <strong>di</strong> sfumature <strong>di</strong> rosso, le quali appariranno ai nostri<br />

occhi più o meno simili tra loro e al nostro campione. Nonostante i nostri<br />

sforzi, la ricerca dello stesso colore è destinata al fallimento,<br />

metafisicamente parlando. Non solo non è possibile trovare in nessun<br />

modo una vernice costituita da un fascio che comprenda lo stesso<br />

tropo della vernice <strong>di</strong> riferimento, ma anche se riuscissimo a scovarne<br />

una molto simile, il colore della vernice e quello del muro sarebbero<br />

<strong>di</strong>versi sia dal punto <strong>di</strong> vista metafisico, sia dal punto <strong>di</strong> vista della<br />

nostra percezione visiva. Il supporto su cui è stata applicata la vernice<br />

ne ha infatti cambiato le caratteristiche cromatiche, così come il<br />

tempo, l’inquinamento e molti altri fattori. Rassegnati dunque<br />

all’impossibilità <strong>di</strong> trovare vernici esattamente identiche,<br />

<strong>di</strong>pingeremmo la parete della vernice più simile in commercio. Il<br />

risultato del nostro lavoro potrebbe allora sod<strong>di</strong>sfarci, in quanto ci<br />

sembrerebbe comunque <strong>di</strong> essere davanti a due pareti dello stesso<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

colore. Non è finita. Anche se trovassimo esattamente la stessa vernice<br />

e, sod<strong>di</strong>sfatti, <strong>di</strong>pingessimo il nostro muro, ebbene i due muri<br />

comunque non avrebbero lo stesso tropo. Il massimo che possiamo<br />

ottenere è che entrambi i tropi corrispondenti al colore dei due muri<br />

vadano a comporre lo stesso colore universale. Ciò non è affatto<br />

sod<strong>di</strong>sfacente, in quanto i due tropi non creerebbero un universale <strong>di</strong><br />

quel particolare rosso, ma contribuirebbero a formare il fascio <strong>di</strong> tropi<br />

compresenti <strong>di</strong> tutti i particolari rossi, in compagnia del rosso corallo,<br />

del magenta o del rosso <strong>di</strong> Persia.<br />

In questo senso, riprendendo l’esempio dei lecca-lecca, si può <strong>di</strong>re<br />

che tra il tropo del colore <strong>di</strong> N1 e quello del colore <strong>di</strong> N3 c’è<br />

somiglianza, ma <strong>di</strong> un tipo <strong>di</strong>fferente da quella che può instaurarsi non<br />

solo tra tropi <strong>di</strong>versi, ma tra sottoinsiemi <strong>di</strong> categorie universali,<br />

costituite sempre ovviamente da tropi.<br />

Si può quin<strong>di</strong> sostenere che ogni tropo intrattiene relazioni<br />

privilegiate con l’insieme o la somma dei tropi con cui è concorrente,<br />

cioè localizzato esattamente nello stesso punto, e con cui ha<br />

somiglianza esatta. L’insieme <strong>di</strong> tropi concorrenti definisce il<br />

particolare concreto a cui i tropi si riferiscono. L’insieme <strong>di</strong> tropi<br />

simili delineano l’universale <strong>di</strong> quel tropo, seguendo il criterio che<br />

pre<strong>di</strong>ca che meno esatta è la somiglianza, meno definito sarà<br />

l’universale.<br />

Un mondo <strong>di</strong> tropi quin<strong>di</strong> risulta popolato da particolari concreti, i<br />

cui elementi ultimi sono <strong>di</strong> tipo particolare astratto: la rosa del mio<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

giar<strong>di</strong>no è un particolare concreto, mentre il suo colore è un<br />

particolare astratto. Questo particolare astratto concorre alla<br />

costituzione dell’oggetto concreto «rosa del mio giar<strong>di</strong>no», insieme<br />

agli altri particolari astratti con cui è in relazione <strong>di</strong> compresenza.<br />

Inoltre, insieme alla totalità dei tropi che sono in una relazione <strong>di</strong><br />

somiglianza col tropo del colore della rosa del mio giar<strong>di</strong>no, il<br />

particolare astratto forma l’universale astratto, mentre la totalità degli<br />

oggetti concreti «rosa» va a formare l’universale concreto<br />

corrispondente alla rosa. In una prospettiva <strong>di</strong> questo tipo, un oggetto<br />

consiste semplicemente delle sue proprietà, non <strong>di</strong> entità universali o<br />

delle impressioni che trasmettono i sensi.<br />

L’esposizione <strong>di</strong> Williams è volta a porre le basi per uno sviluppo<br />

completo della teoria dei tropi, sviluppo che verrà poi realizzato da<br />

due autori in particolare: Keith Campbell e John Bacon.<br />

La formulazione <strong>di</strong> Keith Campbell, esposta in Abstract<br />

Particulars, prende le mosse dai concetti delineati da Williams e li<br />

analizza al fine <strong>di</strong> delineare un’ontologia decisamente elegante ed<br />

economica. Anche per Campbell gli oggetti concreti sono particolari<br />

costituiti da tropi, astratti e particolari, con cui si trovano in relazione<br />

<strong>di</strong> compresenza. La realtà si costituisce <strong>di</strong> tropi in<strong>di</strong>pendentemente<br />

dall’esistenza <strong>di</strong> esseri che pensino i tropi o che pensino la realtà in<br />

termini <strong>di</strong> tropi.<br />

I tropi dunque sono strutturalmente semplici e non richiedono<br />

sostrati materiali. Inoltre, sono categorialmente semplici, poiché non<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

sono costituiti dall’unione <strong>di</strong> enti appartenenti a categorie <strong>di</strong>fferente,<br />

come un particolare, un universale e una sostanza. Infine, sono<br />

qualitativamente semplici, in quanto una sola proprietà può costituire<br />

l’intero ente in modo esaustivo. Per quanto riguarda le relazioni tra<br />

tropi, Campbell, in accordo con Williams, in<strong>di</strong>ca la somiglianza e la<br />

compresenza. Campbell sottolinea come sia l’aspetto graduale della<br />

somiglianza a permettere a ogni tropo <strong>di</strong> appartenere a gruppi o<br />

universali <strong>di</strong>versi, senza intaccare la semplicità essenziale del tropo.<br />

Come si è visto infatti, le caratteristiche sfumano all’interno della<br />

stessa <strong>di</strong>mensione, richiamandosi l’una con l’altra.<br />

Lo sforzo più consistente che ha impegnato Keith Campbell però è<br />

senza dubbio la ricerca <strong>di</strong> una risposta alle numerose obiezioni mosse<br />

alla teoria dei tropi. Alcune <strong>di</strong> queste obiezioni sono state confutate<br />

facilmente, soprattutto grazie al fatto che la teoria dei tropi è libera da<br />

valenze semantiche e ambizioni epistemologiche. Altre obiezioni<br />

costituiscono accuse più gravi e sono oggetto della quarta sezione <strong>di</strong><br />

questo capitolo.<br />

Un apporto veramente originale è quello portato da John Bacon,<br />

che nel suo Universals and Property Istances: The Alphabet of Being,<br />

giunge a una sofisticazione della teoria dei tropi. Secondo l’autore<br />

infatti, non solo gli oggetti concreti, ma anche le proprietà e le<br />

relazioni sarebbero costituite da fasci <strong>di</strong> tropi compresenti.<br />

L’intuizione prende spunto dalla riflessione sul modo attraverso cui<br />

avviene il processo conoscitivo della realtà. Secondo John Bacon,<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

oggetto della conoscenza non sono <strong>di</strong>rettamente gli enti o le proprietà<br />

<strong>di</strong> questi, bensì le relazioni particolarizzate che intercorrono tra gli<br />

oggetti materiali. Una relazione particolarizzata si compone della<br />

relazione tra due particolari e dei due particolari, chiamati relata. Ciò<br />

che caratterizza essenzialmente una relazione particolarizzata è la sua<br />

unicità, determinata dalle relazioni intrecciate con le altre relazioni e<br />

dall’inseparabilità delle sue parti interne (la relazione tra i due<br />

particolari e i particolari stessi). È evidente, a causa dei numerosi<br />

punti d’incontro, che una relazione particolarizzata è un tipo <strong>di</strong> tropo.<br />

Ecco allora che un tropo passa dall’essere la semplice occorrenza <strong>di</strong><br />

una proprietà, all’essere una proprietà localizzata nell’oggetto che la<br />

possiede. Inoltre, esso è anche uno stato <strong>di</strong> cose, in quanto determina<br />

una porzione <strong>di</strong> spazio-tempo, e un universale. Questo universale è<br />

particolarizzato, così come sono particolari le proprietà e le relazioni<br />

attraverso le quali si conosce il mondo.<br />

Per quanto riguarda il proce<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> creazione dell’universale,<br />

Bacon propone un proce<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> tipo sintetico che, unificando le<br />

molteplici esperienze <strong>di</strong> singoli oggetti o stati <strong>di</strong> cose belli, ottiene<br />

l’idea <strong>di</strong> Bellezza come insieme <strong>di</strong> singole bellezze.<br />

Tra le innovazioni introdotte da Bacon, vi sono i concetti <strong>di</strong> tropo<br />

mona<strong>di</strong>co, politropo e ipertropo. Come si è detto, un tropo è costituito<br />

da una proprietà o relazioni e dal particolare o dai particolari<br />

corrispondenti. Un tropo mona<strong>di</strong>co dunque è unicamente determinato<br />

dall’in<strong>di</strong>viduo e dalla proprietà che occorrono in esso, un ente cioè che<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

non intreccia alcuna relazione esterna. Un politropo invece è un tropo<br />

che non può essere scomposto in tropi mona<strong>di</strong>ci, poiché richiede<br />

l’esistenza <strong>di</strong> più <strong>di</strong> un ente. Si tratta cioè <strong>di</strong> una relazione a cui spesso<br />

deve essere associato un or<strong>di</strong>ne. Le relazioni sono <strong>di</strong> primo livello se<br />

connettono un tropo con uno o più altri tropi. Le relazioni <strong>di</strong> secondo<br />

livello o ipertropi sono concorrenza, somiglianza e precedenza<br />

temporale. Pur essendo tropi, esse non sono in<strong>di</strong>pendenti e necessitano<br />

perciò <strong>di</strong> altri tropi.<br />

Di grande interesse è anche l’apertura della teoria dei tropi nei<br />

confronti dei mon<strong>di</strong> possibili operata da John Bacon. Se Donald<br />

Williams ne aveva precedentemente escluso l’esistenza,<br />

coerentemente con lo spirito attualista e riduzionista che lo<br />

contrad<strong>di</strong>stingue, l’autore <strong>di</strong> Universals and Property Istances: The<br />

Alphabet of Being riesce a conciliare le due prospettive metafisiche.<br />

Se il mondo attuale è l’insieme dei tropi che esistono, un mondo<br />

possibile non è altro che un insieme <strong>di</strong> tropi possibili. Lo scopo<br />

dell’introduzione dei mon<strong>di</strong> possibili è fondamentale per rispondere<br />

ad alcune obiezioni, soprattutto <strong>di</strong> carattere logico. Le proprietà vuote,<br />

cioè non esemplificate, costituivano una facile critica alla teoria dei<br />

tropi. Far corrispondere queste proprietà a tropi esistenti in mon<strong>di</strong><br />

possibili risolve le obiezioni, ma rischia <strong>di</strong> rendere la teoria<br />

vulnerabile a tutti quei problemi che affliggono qualsiasi metafisica<br />

che accetti mon<strong>di</strong> possibili.<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

A conclusione <strong>di</strong> questa panoramica sulle caratteristiche degli<br />

elementi ultimi dell’essere, rimane da delineare brevemente in che<br />

modo i teorici dei tropi si riferiscono al reticolato dello spazio-tempo.<br />

La concezione del tempo e dello spazio trova d’accordo i maggiori<br />

teorici dei tropi. Si ritiene unanimemente che i tropi siano calati<br />

all’interno <strong>di</strong> un flusso temporale continuo. Per quanto riguarda lo<br />

spazio invece, sembra che convivano due concezioni, una matematica<br />

e una fisica. La prima è relativa al modo in cui occupano spazio gli<br />

oggetti astratti. Essi sono come un punto, che può essere attraversato<br />

da un numero infinito <strong>di</strong> linee e contenere al suo interno infiniti punti,<br />

senza la minima problematicità. La seconda concezione invece si<br />

riferisce agli oggetti concreti, costituiti dai tropi, la cui determinazione<br />

spazio-temporale segue rigidamente le leggi della fisica e non<br />

permette alcun tipo <strong>di</strong> compenetrazione dei soli<strong>di</strong> o compresenza <strong>di</strong><br />

oggetti concreti nella medesima porzione <strong>di</strong> spazio-tempo.<br />

3. IL DIVENIRE NELLA TEORIA DEI TROPI:<br />

CAMBIAMENTO, EVENTI, CAUSE<br />

Una volta definiti i «mattoncini» dell’essere, è utile vedere come<br />

questi si combinino e <strong>di</strong>ano forma alla realtà estremamente variegata e<br />

in continuo <strong>di</strong>venire su cui si affacciano i sensi umani.<br />

Sono tre gli elementi da prendere in analisi al fine <strong>di</strong> spiegare il<br />

fenomeno del <strong>di</strong>venire. Innanzitutto troviamo il cambiamento. La<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

teoria dei tropi non comprende un’autentica spiegazione del<br />

cambiamento, in quanto si tratta <strong>di</strong> un fenomeno non coerente con una<br />

realtà esclusivamente composta da tropi. La ragione è molto semplice.<br />

Un tropo non può mo<strong>di</strong>ficare la sua natura, in quanto i tropi sono<br />

immutabili. Ciò che un tropo può fare è semplicemente iniziare o<br />

finire <strong>di</strong> essere attuale. Questo significa che i tropi per loro stessi non<br />

possono cambiare e conservare identità ed esistenza. Ciò che può<br />

cambiare invece è la composizione del fascio <strong>di</strong> tropi che costituisce<br />

un oggetto concreto. Introduco un esempio, al fine <strong>di</strong> evidenziare<br />

come avvenga il cambiamento per la teoria dei tropi. Immaginiamo <strong>di</strong><br />

comprare un filoncino <strong>di</strong> pane. Abbiamo comprato un oggetto<br />

concreto costituito da tropi come «questo sapore qua», «questa<br />

morbidezza qua», «questo colore qua» e così via. Immaginiamo ora <strong>di</strong><br />

tagliarne una fetta, sempre con i suoi tropi, e <strong>di</strong> metterla su un piatto al<br />

centro del tavolo. Il giorno dopo, potremo trovare ancora tropi come<br />

questo colore qua, ma il tropo del sapore e della morbidezza non ci<br />

saranno più. Sono infatti stati sostituiti da altri tropi, momento dopo<br />

momento, fino a raggiungere «quel grado <strong>di</strong> durezza lì» e «quel sapore<br />

stantio lì» che i nostri sensi riconoscono. Che ne è stato dei tropi che<br />

costituivano la nostra fetta <strong>di</strong> pane il giorno prima? Semplicemente,<br />

hanno cessato <strong>di</strong> esistere, così come i tropi che la costituiscono oggi<br />

hanno cominciato a esistere. La teoria dei tropi quin<strong>di</strong> offre una teoria<br />

del cambiamento che riguarda stati <strong>di</strong> cose reali, costituiti da<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

complessi <strong>di</strong> tropi che cambiano forma, garantendo tuttavia la<br />

persistenza nel tempo dell’oggetto.<br />

Inoltre, un tipo <strong>di</strong> cambiamento tra<strong>di</strong>zionalmente piuttosto<br />

problematico, ovvero il cambiamento «<strong>di</strong> Cambridge» 13 , prende posto<br />

agilmente all’interno della teoria dei tropi. Il cambiamento <strong>di</strong><br />

Cambridge è quel cambiamento che avviene in seguito ad alterazioni<br />

consequenziali nell’applicazione dei pre<strong>di</strong>cati. In poche parole, se il<br />

pre<strong>di</strong>cato A è vero <strong>di</strong> un oggetto al tempo 1 e falso dello stesso<br />

oggetto al tempo 2, allora si assiste a un cambiamento <strong>di</strong> Cambridge.<br />

L’introduzione <strong>di</strong> questo concetto è <strong>di</strong> grande utilità per <strong>di</strong>stinguere le<br />

proprietà essenziali da quelle non essenziali. Solo quest’ultime infatti<br />

sono coinvolte in cambiamenti del tipo <strong>di</strong> Cambridge, in quanto sono<br />

principalmente relazionali e non intaccano l’integrità dell’oggetto<br />

concreto. Si può concludere notando come la teoria dei tropi sia stata<br />

capace <strong>di</strong> spiegare coerentemente il <strong>di</strong>venire come la semplice<br />

occorrenza <strong>di</strong> fatti particolari in un flusso spaziale e temporale<br />

omogeneo, affidandosi a un solo tipo <strong>di</strong> enti.<br />

Il secondo elemento sono gli eventi. In accordo con la teoria dei<br />

tropi, ogni evento è un tropo. Eventi complessi, come funzioni umane,<br />

pensieri, sensazioni, sono tropi, così come tutte le componenti della<br />

coscienza e tutti i processi conoscitivi. Gli eventi dunque sono oggetti<br />

particolari, composti da successioni in<strong>di</strong>pendenti ma coerenti <strong>di</strong> tropi<br />

organizzati in flussi costanti.<br />

13 GEACH, PETER, God and the Soul, Routledge, Londra 1969.<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

L’ultimo elemento che contribuisce al fenomeno del <strong>di</strong>venire è il<br />

concetto <strong>di</strong> causa e, <strong>di</strong> conseguenza, il concetto <strong>di</strong> effetto. Come tutte<br />

le relazioni, anche quelle <strong>di</strong> causa ed effetto sono tropi. Ciò che<br />

provoca un’azione infatti è un ente semplice con caratteristiche<br />

qualitative. Per quanto abbiano senso le regole e leggi, esse si<br />

riferiscono all’universale creato dai particolari astratti. Sono i singoli<br />

atti particolari a scatenare effetti e reazioni, non i giu<strong>di</strong>zi universali.<br />

Non è il sole in generale o la temperatura alta in generale che scottano<br />

la mia pelle d’estate. Sono «questo sole qui», «questa pelle qui» a<br />

provocarmi «questo dolore qui». È la compresenza <strong>di</strong> tropi a generare<br />

una causa e quin<strong>di</strong> un effetto. Si noti che, poiché fasci <strong>di</strong> tropi<br />

compresenti generano oggetti particolari, anche cause ed effetti sono<br />

oggetti particolari, nella forma però <strong>di</strong> stati <strong>di</strong> cose.<br />

4. POSSIBILI OBIEZIONI ALLA TEORIA DEI<br />

TROPI: EVENTUALI SOLUZIONI E QUESTIONI<br />

ANCORA APERTE<br />

La teoria dei tropi è semplice ed economica. Può vantarsi <strong>di</strong><br />

riuscire elegantemente nel compito <strong>di</strong> includere la varietà dell’essere<br />

entro l’unica categoria costituita dai particolari astratti. Tuttavia,<br />

l’atteggiamento riduzionista che la contrad<strong>di</strong>stingue, porta con sé una<br />

generale rigi<strong>di</strong>tà, che la espone a numerose obiezioni. Sono<br />

principalmente tre i filosofi che hanno criticato la teoria dei tropi:<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

David Malet Armstrong e Keith Campbell hanno messo in luce<br />

contrad<strong>di</strong>zioni e problemi interni alla teoria, nel tentativo <strong>di</strong> pervenire<br />

a una formulazione meno vulnerabile e più coerente. Herbert<br />

Hochberg, dell’Università <strong>di</strong> Austin, Texas, si è concentrato<br />

principalmente su una critica <strong>di</strong> nominalismo e teoria dei tropi, in<br />

<strong>di</strong>fesa del realismo.<br />

Una delle obiezioni più significative si deve a David Malet<br />

Armstrong. Il filosofo, nell’articolo A theory of Universals:<br />

Universals and Scientific Realism 14 , sostiene che se i tropi che<br />

costituiscono i fasci sono astratti, allora non è possibile che essi<br />

occupino le regioni <strong>di</strong> spazio-tempo in cui vengono collocati. La<br />

compresenza tuttavia è un carattere necessario affinché i tropi formino<br />

gli oggetti concreti. La teoria dei tropi quin<strong>di</strong> sembra ammettere che<br />

infiniti tropi spazio-temporalmente in<strong>di</strong>stinguibili occupino la stessa<br />

porzione <strong>di</strong> spazio-tempo. Ne deriva <strong>di</strong> conseguenza l’impossibilità <strong>di</strong><br />

spiegare i processi che permetterebbero ai tropi che compongono un<br />

fascio <strong>di</strong> creare un oggetto concreto. Certamente la compresenza <strong>di</strong><br />

oggetti astratti non genera problemi. Se però questi oggetti astratti<br />

fossero in grado <strong>di</strong> concretizzarsi misteriosamente in un oggetto<br />

materiale, allora ci troveremmo davanti a una bella questione.<br />

Purtroppo, è esattamente il caso della teoria dei tropi.<br />

14 ARMSTRONG, DAVID MALET, A theory of Universals: Universals and Scientific<br />

Realism, Cambridge University Press, Cambridge 1978.<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

Ancora David Malet Armstrong scopre un’ulteriore obiezione,<br />

contenuta nel volume Universals 15 . Il filosofo mostra che, se le<br />

proprietà sono particolari, allora ogni istanza <strong>di</strong> proprietà è<br />

essenzialmente <strong>di</strong>versa, per quanto simile. Inoltre, se la localizzazione<br />

<strong>di</strong> un tropo è ciò che lo <strong>di</strong>stingue, e se ci fossero due tropi identici,<br />

allora questi potrebbero scambiarsi le coor<strong>di</strong>nate spazio-temporali<br />

senza che nessuno se ne rendesse conto. Una via <strong>di</strong> fuga percorribile è<br />

quella <strong>di</strong> considerare la <strong>di</strong>fferenza tra due tropi perfettamente simili<br />

come una <strong>di</strong>fferenziazione esclusivamente orientata alla<br />

localizzazione. Non è una soluzione del tutto sod<strong>di</strong>sfacente,<br />

considerato che, anche se non avviene nessun cambiamento nel<br />

mondo dal punto <strong>di</strong> vista della percezione del tropo, un cambiamento<br />

nella <strong>di</strong>sposizione geografica è certamente avvenuto e non è possibile<br />

darne conto.<br />

È sempre Armstrong, in What is a Law of Nature? 16 , ad affrontare<br />

la questione della vali<strong>di</strong>tà delle leggi <strong>di</strong> natura all’interno del sistema<br />

dei tropi, rilevandone questa volta un aspetto <strong>di</strong> grande importanza dal<br />

punto <strong>di</strong> vista scientifico e avvantaggiandone la posizione, in<br />

confronto alle altre metafisiche. Le leggi <strong>di</strong> qualunque tipo, in<br />

particolar modo le leggi fisiche, esprimono relazioni che avvengono<br />

necessariamente tra universali. Tuttavia, le leggi ammettono eccezioni<br />

15 ARMSTRONG, DAVID MALET, Universals. An Opinionated Introduction, Westview<br />

Press, Boulder 1989.<br />

16 ARMSTRONG, DAVID MALET, What is a Law of Nature, Cambridge University Press,<br />

Cambridge 1983.<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

e interpretazioni. Non solo. All’interno <strong>di</strong> una corrente nota con il<br />

nome <strong>di</strong> Falsificazionismo, alcuni nomi illustri della filosofia 17 hanno<br />

sostenuto che una legge scientifica è proprio quella legge che può, in<br />

via teorica, essere confutata. Affermare la veri<strong>di</strong>cità <strong>di</strong> una legge fisica<br />

può portare a definire come le cose devono accadere, piuttosto <strong>di</strong><br />

osservare come queste accadono, con spirito pronto a mo<strong>di</strong>ficare e<br />

perfezionare i propri para<strong>di</strong>gmi una volta entrati in possesso <strong>di</strong> nuovi<br />

dati. Questo significa che imporre legami necessari tra enti universali<br />

può non essere un buon modo del procedere scientifico. Detto ciò, la<br />

teoria dei tropi non si mostra più economica delle metafisiche che si<br />

impegnano nell’esistenza degli universali, ma formula assiomi sulla<br />

natura con una percentuale <strong>di</strong> correttezza maggiore, in quanto non li<br />

asserisce né in senso assoluto né in senso necessario.<br />

Keith Campbell, da grande teorico dei tropi, ha impegnato molte<br />

energie nell’evidenziare e superare i limiti della teoria, soprattutto nel<br />

volume Abstract Particulars. L’autore inizia la sua analisi delle<br />

obiezioni alla teoria dei tropi partendo dai problemi scatenati<br />

dall’impossibilità <strong>di</strong> definire gli oggetti in termini <strong>di</strong> spazio-tempo. Il<br />

filosofo riporta dunque un’osservazione <strong>di</strong> Donald Williams 18 . Il<br />

filosofo infatti aveva sostenuto che essere un particolare è un fatto che<br />

non permette successive analisi e non <strong>di</strong>pende da alcuna<br />

17 Si veda POPPER, KARL Logica della scoperta scientifica, Einau<strong>di</strong>, Torino 1970.<br />

Riguardo la confutazione della teorie scientifiche, POPPER, KARL, Congetture e<br />

confutazioni, Il Mulino, Bologna 1972.<br />

18 WILLIAMS, DONALD CARY, On the Elements of Being, Review of Metaphysics,<br />

Philosophy Education Society, Inc. 7:3-18, 1953.<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

localizzazione. Di conseguenza, i problemi della realtà in termini <strong>di</strong><br />

determinazione spazio-temporale non sussistono.<br />

Un altro dei gran<strong>di</strong> problemi interni alla teoria si ritrova nella<br />

sensazione <strong>di</strong> circolarità che deriva dalla sua formulazione. Sembra<br />

infatti che la teoria dei tropi pretenda <strong>di</strong> costruire gli oggetti concreti<br />

attraverso i tropi e <strong>di</strong> localizzare e raggruppare i tropi sulla base degli<br />

oggetti concreti. Una delle <strong>di</strong>fese più largamente sostenute dai teorici<br />

dei tropi è l’introduzione del criterio della «questità». Il metodo<br />

attraverso il quale è possibile riferirsi a un tropo infatti è quello <strong>di</strong><br />

in<strong>di</strong>carlo come questo aspetto qui, questa proprietà qui. È evidente<br />

come il criterio della questità sia costruito ad hoc 19 e, nonostante ciò,<br />

sia oscuro e poco potente. Una delle conseguenze del criterio della<br />

questità infatti è che <strong>di</strong>venta possibile parlare <strong>di</strong> tropi solo con persone<br />

fisicamente presenti, alle quali sia possibile in<strong>di</strong>care il tropo e che ne<br />

abbiano percezione.<br />

Di più <strong>di</strong>fficile soluzione è il problema dei limiti, sollevato sempre<br />

da Keith Campbell. Una teoria che pone alla base dell’essere enti<br />

determinati per questità e inseriti in un ciclo <strong>di</strong> variazione continuo,<br />

incontra grossi problemi nel determinare i confini tra un ente e l’altro.<br />

La compresenza dei tropi non ne permette l’in<strong>di</strong>viduazione spazio-<br />

temporale e anche conoscendo l’esatto numero <strong>di</strong> tropi compresenti in<br />

una porzione <strong>di</strong> spazio-tempo, non sarebbe possibile isolarli. I confini<br />

19 Si veda VARZI, ACHILLE, La natura e l’identità degli oggetti materiali, pubblicato in<br />

Filosofia analitica. Temi e problemi, a cura <strong>di</strong> Annalisa Coliva, Carocci, Roma<br />

2007.<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

che separano i tropi sono infatti arbitrari e per gran parte <strong>di</strong>pendenti da<br />

chi li osserva. Inoltre, essi sono sfumati. Così come la tavola<br />

cromatica procede per sfumature e il passaggio dal caldo al freddo<br />

avviene gradualmente, anche il tempo segue la continuità. Si è visto<br />

però che la filosofia dei tropi tratta i cambiamenti ex-abrupto: essi<br />

cioè determinano la cessazione dell’esistenza del tropo precedente in<br />

favore della creazione del tropo successivo. Questo processo che vede<br />

la sostituzione continua <strong>di</strong> un tropo con un altro è chiaramente oscuro<br />

e insod<strong>di</strong>sfacente. Alla luce <strong>di</strong> queste considerazione, un’ontologia dei<br />

tropi non problematica dovrebbe in<strong>di</strong>viduare tropi non soggetti al<br />

mutamento e senza limiti spazio-temporali.<br />

Sia Campbell sia Armstrong credono nella vali<strong>di</strong>tà della teoria dei<br />

tropi, criticandone alcuni aspetti e lavorando per migliorarli. Vi sono<br />

alcuni filosofi invece che assolutamente sono contrari all’adozione <strong>di</strong><br />

una teoria <strong>di</strong> questo tipo. Uno dei casi più illustri è rappresentato<br />

dall’articolo A Refutation of Moderate Nominalism 20 <strong>di</strong> Herbert<br />

Hochberg. Si tratta <strong>di</strong> un’argomentazione in quattro punti contro<br />

l’ontologia dei particolari astratti. Nel primo punto Hochberg vuole<br />

confutare l’idea che la teoria dei tropi sia più semplice del realismo. Il<br />

realismo infatti necessita <strong>di</strong> entità particolari, <strong>di</strong> entità universali e <strong>di</strong><br />

un proce<strong>di</strong>mento esemplificativo. Richiede cioè due componenti in<br />

più della teoria dei tropi. Il filosofo però sostiene che il rapporto <strong>di</strong><br />

somiglianza e quello <strong>di</strong> compresenza nella teoria dei tropi agiscono da<br />

20 HOCHBERG, HERBERT, A Refutation of Moderate Nominalism, Australasian Journal<br />

of Philosophy, 66, Sidney 1988.<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

universali «mascherati». Dunque, all’esemplificazione dell’universale<br />

sul particolare voluta dal realista, corrispondono la compresenza e la<br />

somiglianza richiesti del teorico dei tropi.<br />

Il secondo punto si sofferma poi sulla <strong>di</strong>fficoltà incontrata da ogni<br />

tipo <strong>di</strong> nominalismo riguardo le relazioni. Riconoscere esclusivamente<br />

enti particolari e localizzati può non essere problematico per le<br />

qualità, ma nel caso delle relazioni lascia sorgere numerosi quesiti.<br />

Non è infatti sensato localizzare un relaton in nessuno degli enti che<br />

esso lega, né tantomeno in un ipotetico terzo ente interme<strong>di</strong>o, in<br />

quanto ne scaturirebbe una versione del problema platonico detto del<br />

terzo uomo.<br />

Nel terzo attacco alla teoria dei tropi Hochberg mostra che<br />

chiunque rifiuti statuto ontologico per gli universali, si trova in seguito<br />

a dover includere nella sua metafisica entità che svolgono le stesse<br />

funzioni degli universali del realista. Questo perché, sostiene<br />

Hochberg, «x è un’istanza <strong>di</strong> rosso è vero» e «x è esattamente simile a<br />

x» hanno lo stesso valore informativo. Se però il rosso si costruisce<br />

come insieme delle istanze <strong>di</strong> rosso, allora rosso è <strong>di</strong> nuovo un<br />

universale. La <strong>di</strong>fferenza in realtà c’è, ed è fondamentale. L’universale<br />

realista si costruisce a priori ed è presente in ogni esemplificazione<br />

dello stesso. L’universale nominalista invece è costituito a posteriori<br />

per mezzo <strong>di</strong> un proce<strong>di</strong>mento che raggruppa proprietà <strong>di</strong> oggetti<br />

concreti, grazie a un aspetto categorizzabile come appartenente<br />

all’insieme universale. È dunque evidente il <strong>di</strong>verso statuto ontologico<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

e il tipo <strong>di</strong> processo mentale attraverso cui si conoscono i due<br />

universali.<br />

Infine, Hochberg sfrutta il problema dell’or<strong>di</strong>ne relazionale per<br />

sferrare un ultimo attacco alle teorie che rifiutano il realismo. In una<br />

prospettiva priva <strong>di</strong> universali, non sembra possibile trattare l’or<strong>di</strong>ne<br />

della relazioni, per via del regresso all’infinito in caso <strong>di</strong> relazioni tra<br />

istanze relazionali <strong>di</strong> livello <strong>di</strong>verso. Prendendo in analisi relazioni i<br />

cui termini appartengano a livelli <strong>di</strong>versi, è possibile elaborare una<br />

struttura gerarchica, che ponga le relazioni più semplici a livello zero.<br />

Si possono dunque costruire fatti relazionali che la riguardano,<br />

ottenendo relazioni <strong>di</strong> secondo livello. Il problema però è che, se le<br />

relazioni <strong>di</strong> secondo livello possono avere dei termini al primo livello,<br />

le relazioni <strong>di</strong> primo livello non possono avere termini <strong>di</strong> livello<br />

inferiore.<br />

5. I COSTI E I VANTAGGI DELLA TEORIA DEI<br />

TROPI<br />

In chiusura <strong>di</strong> questo primo capitolo, una volta chiarite le proprietà<br />

degli enti che la teoria dei tropi pone come ultime componenti della<br />

realtà, aver esaminato come la teoria spiega fenomeni, <strong>di</strong>venire, eventi<br />

e cause, e dopo aver affrontato le obiezioni alle quali è stata data o<br />

ancora si deve trovare una risposta, ritengo utile riba<strong>di</strong>re quello che è<br />

l’aspetto <strong>di</strong> maggiore rilevanza alla luce <strong>di</strong> questo lavoro.<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

Il concetto <strong>di</strong> universale per i teorici dei tropi è ridotto a fenomeno<br />

puramente mentale, la cui esistenza va necessariamente ricondotta alla<br />

manifestazione del particolare. Sono proprio le proprietà fenomeniche<br />

degli oggetti concreti dunque a essere in<strong>di</strong>cate come elementi ultimi<br />

dell’essere. Le qualità e le relazioni che riguardano oggetti particolari<br />

sono esse stesse particolari, ma non derivano questa particolarità dalla<br />

contrapposizione con qualche misteriosa sostanza.<br />

Nonostante l’apparente semplicità ed economicità, la teoria fatica a<br />

spiegare alcuni aspetti, a causa della sua eccessiva rigi<strong>di</strong>tà. Inoltre, il<br />

problema più cocente dal punto <strong>di</strong> vista della formazione<br />

dell’universale, è l’impossibilità <strong>di</strong> rintracciare gli esatti particolari<br />

che vanno a costituire l’ente universale. Sembra infatti che essi siano<br />

in continuo <strong>di</strong>venire e che la combinazione <strong>di</strong> particolari componenti<br />

l’universale cambi a seconda <strong>di</strong> chi percepisce il particolare. Restano<br />

da chiarire i processi mentali che attendono alla creazione<br />

dell’universale. Infine, le nozioni <strong>di</strong> somiglianza e <strong>di</strong> compresenza<br />

sollevano problematiche che minano la semplicità della teoria dei<br />

tropi e che, secondo l’opinione <strong>di</strong> alcuni filosofi, svelano la sua natura<br />

tutt’altro che unitaria.<br />

Rimangono dalla parte dei tropi alcune considerazioni. Ogni teoria<br />

umana non può esimersi dal presentare imperfezioni e passaggi oscuri.<br />

Soprattutto nel caso <strong>di</strong> una prospettiva <strong>di</strong> così recente sviluppo. La<br />

chiarezza, economia, coerenza e linearità <strong>di</strong> tale teoria continuano a<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

testimoniarne il valore e a garantirle un posto tra le opzioni<br />

metafisiche che l’uomo è stato in grado <strong>di</strong> formulare.<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

CAPITOLO SECONDO<br />

LA TEORIA DEI TROPI COME<br />

ONTOLOGIA DEGLI ENTI<br />

MATEMATICI<br />

1. ONTOLOGIE PER GLI ENTI MATEMATICI<br />

Un’ontologia che abbia la pretesa <strong>di</strong> essere coerente e completa<br />

deve impegnarsi a trattare sod<strong>di</strong>sfacentemente anche gli enti<br />

matematici. Tra questi vi sono i numeri, o più in generale le entità<br />

numeriche, e gli oggetti geometrici. Inoltre, è necessario definire quale<br />

tipo <strong>di</strong> entità debba essere assegnato ai rapporti tra questi due tipi <strong>di</strong><br />

enti, cioè sia ai rapporti interni alle due tipologie, sia a quelli che<br />

intercorrono tra le tipologie. Se infatti gli enti numerici e quelli<br />

geometrici sono per così <strong>di</strong>re i «mattoncini» della matematica,<br />

teoremi, assiomi e <strong>di</strong>mostrazioni sono la vera e propria essenza del<br />

sapere matematico.<br />

Il <strong>di</strong>battito 21 sulla natura del sapere matematico si sviluppa nei<br />

primi anni del Novecento e si articola nella contrapposizione tra due<br />

21 Confronta in particolare CASARI, ETTORE, Questioni <strong>di</strong> filosofia della matematica,<br />

Feltrinelli, Milano 1964.<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

concezioni fondamentali. La prima è la concezione contenutistica.<br />

Tale prospettiva assegna significato autonomo al <strong>di</strong>scorso matematico<br />

in quanto ritiene che questo verta intorno a entità particolari. La<br />

seconda concezione è quella formalistica, secondo la quale il <strong>di</strong>scorso<br />

matematico non gode <strong>di</strong> significato specifico, ma si compone <strong>di</strong> uno<br />

schema <strong>di</strong> <strong>di</strong>scorso sensibile al contesto. Ognuna <strong>di</strong> queste prospettive<br />

ha punti <strong>di</strong> forza e debolezze. La vali<strong>di</strong>tà della concezione<br />

contenutistica però vacilla fortemente, sotto il peso della mancanza <strong>di</strong><br />

una teorizzazione in grado <strong>di</strong> giustificare la corrispondenza tra enti<br />

matematici ed enti particolari.<br />

Oltre alle questioni sulla natura del sapere matematico, è necessario<br />

affrontare il problema della natura degli enti matematici. Assegnare<br />

agli enti matematici determinate qualità, significa possedere<br />

concezioni della matematica estremamente <strong>di</strong>vergenti. Si isolano<br />

principalmente tre concezioni. La prima è quella che corrisponde alla<br />

matematica pre<strong>di</strong>cativa. Se la matematica viene intesa come una<br />

scienza descrittiva, allora saranno le definizioni a plasmare gli enti<br />

matematici. Le definizioni cioè determinano un universo matematico,<br />

materia <strong>di</strong> base per formulare assiomi. Poi, a partire da tali assiomi, è<br />

possibile, secondo regole specifiche, costruire delle <strong>di</strong>mostrazioni. È<br />

una matematica che procede sul terreno delle ipotesi, del<br />

proce<strong>di</strong>mento per assurdo, del teorema del terzo escluso. Questo tipo<br />

<strong>di</strong> enti matematici non può esistere prima della formulazione <strong>di</strong><br />

giu<strong>di</strong>zi matematici e ha una natura astratta, a posteriori.<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

Una concezione della matematica come scienza costruttiva invece<br />

prevede che le definizioni costruiscano le entità. Ogni ente cioè deve<br />

godere <strong>di</strong> una valida <strong>di</strong>mostrazione costruttiva della sua esistenza,<br />

prima <strong>di</strong> ottenere un posto tra le entità matematiche. Non è possibile<br />

dedurre nessun tipo <strong>di</strong> ente o nessuna proprietà senza fornirne una<br />

efficace <strong>di</strong>mostrazione, per cui i proce<strong>di</strong>menti <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrazione<br />

in<strong>di</strong>retta vengono scartati. Questa matematica vuole essere svincolata<br />

da ogni presupposto metafisico extra-matematico e basarsi su<br />

un’interpretazione rigorosamente e coerentemente costruttivista.<br />

Questa concezione corrisponde ad alcuni modelli matematici e in<br />

particolare alla matematica intuizionista. Il principale esponente della<br />

matematica intuizionista fu il matematico olandese Luitzen Brouwer.<br />

Egli sostenne che il pensare matematico si sviluppi in un processo<br />

costruttivo <strong>di</strong> un universo in<strong>di</strong>pendente dalla nostra esperienza. Nella<br />

prospettiva intuizionista infatti le idee matematiche si trovano<br />

immerse nella mente umana prima del linguaggio, della logica o<br />

dell’esperienza.<br />

Ettore Casari 22 ha saputo riassumere la <strong>di</strong>fferenza tra queste due<br />

concezioni completando un’affermazione <strong>di</strong> Leopold Kronecker, uno<br />

dei precursori dell’intuizionismo matematico, contenuta nel celebre<br />

trattato Sulla natura del numero, pubblicato nel 1881. Il matematico<br />

tedesco infatti, riferendosi alla matematica pre<strong>di</strong>cativista, afferma che<br />

<strong>di</strong>o ha creato i numeri naturali, mentre il resto è opera dell’uomo.<br />

22 In CASARI, ETTORE, Questioni <strong>di</strong> filosofia della matematica, Feltrinelli, Milano<br />

1964.<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

Casari porta avanti la metafora, sostenendo che invece per la<br />

matematica intuizionista è tutto opera dell’uomo.<br />

Infine, una delle prospettiva più moderne è quella che assegna alla<br />

matematica lo statuto <strong>di</strong> scienza puramente formale. I formalisti<br />

sostengono inoltre che la logica vada trattata contemporaneamente alla<br />

matematica. La ragione va ritrovata nella concezione della logica<br />

come un linguaggio dei segni che esprime ragionamenti attraverso<br />

processi formali. Allo stesso modo infatti, gli assiomi della<br />

matematica sono processi formali attraverso i quali si esprimono le<br />

regole <strong>di</strong> derivazione delle formule. Questa prospettiva fu fondata da<br />

Hilbert e prende il nome <strong>di</strong> matematica formalista. Secondo quello che<br />

viene chiamato Programma <strong>di</strong> Hilbert 23 , ogni <strong>di</strong>sciplina matematica<br />

deve <strong>di</strong>sporre <strong>di</strong> una fondazione assiomatica, costituita da concetti e<br />

23 È necessario precisare che i teoremi <strong>di</strong> non <strong>di</strong>mostrabilità della coerenza, con certi<br />

strumenti, e incompletezza della matematica formulati da Kurt Gödel nel 1931<br />

segnarono per sempre i limiti del programma <strong>di</strong> Hilbert. Il matematico austriaco<br />

<strong>di</strong>mostrò infatti che la coerenza <strong>di</strong> un sistema che abbraccia la logica usuale e la<br />

teoria dei numeri non può essere stabilita se ci si limita a quei concetti e a quei<br />

meto<strong>di</strong> che possono essere rappresentati formalmente nel sistema della teoria dei<br />

numeri. La coerenza della teoria dei numeri cioè non può essere <strong>di</strong>mostrata<br />

all’interno <strong>di</strong> una metamatematica finitista. Inoltre, Kurt Gödel riuscì a <strong>di</strong>mostrare<br />

che, se una qualsiasi teoria formale T adatta ad abbracciare la teoria dei numeri è<br />

coerente e se gli assiomi del sistema formale dell’aritmetica sono assiomi o teoremi<br />

T, allora T è incompleto. Cioè, c’è un enunciato S <strong>di</strong> teoria dei numeri tale che né S<br />

né non-S è un teorema della teoria. Questa <strong>di</strong>mostrazione ha delle conseguenze<br />

devastanti per la teoria dei numeri, in quanto afferma che, siccome uno tra S o non-S<br />

deve essere vero, c’è un enunciato vero della teoria dei numeri che non è<br />

<strong>di</strong>mostrabile. In conclusione quin<strong>di</strong>, la non contrad<strong>di</strong>ttorietà <strong>di</strong> un sistema formale<br />

capace <strong>di</strong> esprimere la teoria elementare dei numeri non può mai essere <strong>di</strong>mostrata<br />

attraverso mezzi formalizzabili nel sistema stesso.<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

principi logici e matematici. Questi assiomi esprimono le regole <strong>di</strong><br />

derivazione delle formule, ovvero le regole <strong>di</strong> manipolazione dei<br />

simboli delle formule ottenute in precedenza. L’oggetto del lavoro<br />

matematico sono dunque i simboli. Una volta svuotati <strong>di</strong> ogni<br />

significato, essi sono l’essenza, non la rappresentazione, degli oggetti<br />

fisici sottoposti a un processo mentale <strong>di</strong> idealizzazione. Un giu<strong>di</strong>zio<br />

matematico è vero quin<strong>di</strong> se può essere ottenuto a conclusione <strong>di</strong> una<br />

successione <strong>di</strong> proposizioni derivate dalle precedenti o assiomatiche.<br />

Questi tre punti <strong>di</strong> vista sono connessi con i tre tra<strong>di</strong>zionali punti <strong>di</strong><br />

vista sulla natura delle entità astratte: rispettivamente, realismo,<br />

concettualismo, nominalismo. Il nominalismo si trova però legato sia<br />

alla concezione contenutista, quando punta a costruire una tecnica <strong>di</strong><br />

traduzione che permetta <strong>di</strong> evitare il riferimento a entità astratte, sia al<br />

formalismo <strong>di</strong> Hilbert, in quanto elimina il riferimento a entità astratte<br />

considerando la matematica come un complesso <strong>di</strong> simboli. La teoria<br />

dei tropi è sicuramente in accordo con una concezione formalista della<br />

matematica, grazie alla con<strong>di</strong>visione dello sforzo riduzionista in<br />

<strong>di</strong>rezione delle entità astratte. Tuttavia, si noti che un’ontologia che<br />

preveda un solo tipo <strong>di</strong> entità, come la teoria dei tropi, più che trovarsi<br />

<strong>di</strong> fronte al compito <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare un tipo <strong>di</strong> essenza per gli enti<br />

matematici, deve cercare la strada attraverso la quale mostrare come<br />

questi enti siano tropi.<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

2. CHE COSA SONO GLI ENTI MATEMATICI<br />

Nel corso dell’analisi ontologica degli enti matematici, emerge<br />

chiaramente la <strong>di</strong>stinzione tra oggetti astratti e oggetti concreti. Gli<br />

enti numerici infatti sono prevalentemente astratti. Costituiscono<br />

un’eccezione le concezioni della matematica come manipolazione dei<br />

simboli, per cui un numero è un oggetto concreto, cioè proprio il<br />

simbolo. Tale concezione quin<strong>di</strong> non assegna al simbolo il compito <strong>di</strong><br />

rimandare a entità astratte. Una concezione del numero <strong>di</strong> questo tipo<br />

è presente ad esempio nella matematica formalista. Eccezion fatta<br />

dunque per prospettive <strong>di</strong> questo genere, si può affermare che non ha<br />

senso parlare <strong>di</strong> numero concreto, in quanto nominare un numero<br />

significa riferirsi a una proprietà astratta. Questa proprietà viene<br />

associata a un gruppo <strong>di</strong> oggetti determinato e numerabile 24 con la<br />

quale il numero intrattiene una relazione <strong>di</strong> corrispondenza biunivoca.<br />

Gli enti geometrici invece possono essere sia astratti sia concreti. A<br />

ben vedere, ogni oggetto concreto corrisponde, più o meno<br />

perfettamente, a un ente geometrico. Questo perché, necessariamente,<br />

ogni ente concreto ha un’estensione nello spazio. Il modo in cui ogni<br />

oggetto ha un’estensione, determina una figura geometrica ed è quin<strong>di</strong><br />

oggetto <strong>di</strong> indagine della geometria. Oltre agli enti geometrici concreti<br />

24 Un certo numero <strong>di</strong> oggetti forma un insieme numerabile se e solo se esiste una<br />

corrispondenza biunivoca tra i suoi elementi e l’insieme dei numeri naturali. Dalla<br />

definizione fornita dunque si deduce che quest’analisi si impegna a fornire una<br />

descrizione esclusivamente dei numeri naturali e reali.<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

vi sono però anche enti geometrici astratti. Definire le proprietà <strong>di</strong> un<br />

triangolo, così come <strong>di</strong>mostrare il teorema <strong>di</strong> Pitagora, richiede il<br />

riferimento a un ente astratto e perfetto, un ente tale da sod<strong>di</strong>sfare<br />

perfettamente i criteri che definiscono ogni figura geometrica. In<br />

generale infatti si può <strong>di</strong>re che questo non avvenga per gli enti<br />

geometrici concreti.<br />

La letteratura sulla teoria dei tropi ad oggi non ha affrontato<br />

l’argomento degli enti numerici. Per quanto riguarda gli enti<br />

geometrici invece si può contare su una breve ma autorevole<br />

argomentazione. È proprio Donald Williams infatti, nel suo On the<br />

Elements of Being, a trattare l’argomento dell’ontologia da assegnare<br />

agli enti con cui lavora la geometria. Lo scopo dell’autore è quello <strong>di</strong><br />

rafforzare ulteriormente la teoria dei tropi, mostrando come essa sia<br />

capace <strong>di</strong> risolvere elegantemente e semplicemente la lunga questione<br />

riguardo al tipo <strong>di</strong> ontologia più adatta per gli enti geometrici. Al<br />

contrario delle ontologie <strong>di</strong> stampo platonico, la teoria dei tropi non<br />

richiede <strong>di</strong> postulare un ente universale che esemplifichi perfettamente<br />

le proprietà degli enti geometrici, come il triangolo perfetto, o il<br />

cerchio perfetto. Non è necessario prevedere una relazione <strong>di</strong><br />

esemplificazione, decisamente misteriosa, tra figura perfetta e oggetto<br />

che la esemplifica. Circolarità e triangolarità, per la teoria dei tropi,<br />

sono semplicemente universali astratti, in quanto proprietà possedute<br />

da più particolari concreti. Un oggetto triangolare o circolare dunque è<br />

un particolare concreto, un semplice oggetto che annovera, tra i tropi<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

che lo compongono, il tropo della triangolarità. Invece, un cerchio o<br />

un triangolo sono particolari astratti, cioè tropi. La ragione è che essi<br />

sono oggetti <strong>di</strong> cui si considera una sola proprietà, ovvero proprio la<br />

triangolarità o la circolarità. Riassumendo: la triangolarità è un<br />

universale astratto costituito, come ogni universale, da fasci <strong>di</strong> tropi<br />

compresenti. Questi tropi provengono da due tipi <strong>di</strong> oggetti. Di primo<br />

tipo sono i tropi che contribuiscono alla formazione <strong>di</strong> un oggetto<br />

concreto. Ad esempio, il fascio <strong>di</strong> tropi compresenti che costituisce un<br />

segnale stradale <strong>di</strong> precedenza, comprende un tropo che ne in<strong>di</strong>ca la<br />

particolare forma, la particolare triangolarità. Questo tropo<br />

contribuisce alla creazione dell’universale della triangolarità. Di<br />

secondo tipo invece sono i tropi che provengono dall’oggetto astratto<br />

con tre linee e tre angoli, quell’oggetto che, se ha uno dei tre angoli<br />

retto, allora l'area del quadrato costruito sull' ipotenusa è pari alla<br />

somma dell'area dei quadrati costruiti sui cateti, ovvero la figura<br />

geometrica del triangolo. Per cui, se dalla combinazione tra astratto e<br />

universale si costruisce la triangolarità, e da quella tra concreto e<br />

particolare otteniamo oggetti triangolari, allora dalla combinazione tra<br />

astratto e particolare si ricava l’ente puramente geometrico del<br />

triangolo.<br />

Come già anticipato, i teorici dei tropi non si sono occupati degli<br />

enti numerici. Ciò nonostante, lo stu<strong>di</strong>o degli enti geometrici<br />

effettuato da Williams lascia spazio <strong>di</strong> manovra per un’analoga<br />

trattazione degli enti numerici. Anche nel caso dei numeri infatti<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

possiamo isolare sostanzialmente tre mo<strong>di</strong> nei quali in<strong>di</strong>viduare l’ente<br />

numerico. Il primo modo corrisponde all’universale ed è analogo alla<br />

proprietà della triangolarità, ma in questo caso si riferisce alla<br />

proprietà comune a più enti <strong>di</strong> essere composti da <strong>di</strong>verse parti o avere<br />

aspetti con caratteristiche numerabili. In questo senso, è evidente che<br />

si tratti <strong>di</strong> un universale <strong>di</strong> una proprietà <strong>di</strong> secondo livello, in quanto<br />

si riferisce a proprietà primarie. Intendendo con unicità la proprietà<br />

con<strong>di</strong>visa dagli elementi che sono in numero <strong>di</strong> uno, si isola la<br />

proprietà <strong>di</strong> avere un unico elemento o un unico aspetto <strong>di</strong> un certo<br />

tipo. Si tratta quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> una proprietà secondaria e vincolata a proprietà<br />

in<strong>di</strong>pendenti. È in questo senso quin<strong>di</strong> che questa pagina ha la<br />

caratteristica <strong>di</strong> avere esattamente quattro lati e quattro angoli. Cioè, la<br />

proprietà <strong>di</strong> avere lati e angoli si applica quattro volte.<br />

Il secondo modo in cui si può trovare l’ente numerico corrisponde<br />

all’oggetto concreto o a quantità numerabili <strong>di</strong> oggetti concreti. In<br />

conseguenza all’esistenza <strong>di</strong> un universale astratto per la numerazione,<br />

esistono oggetti concreti che possiedono quei tropi che vanno a<br />

costituire l’universale corrispondente. Così come a ogni oggetto<br />

concreto corrisponde una forma, a ogni tropo appartenente a un<br />

oggetto concreto corrisponde anche un numero.<br />

Rimane da affrontare il problema del tipo <strong>di</strong> enti numerici che sono<br />

oggetto della matematica. Insistendo nella fedeltà alla trattazione degli<br />

enti geometrici, possiamo <strong>di</strong>re che l’ente numerico astratto e<br />

manipolato dalla matematica è un semplice tropo, cioè un ente<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

particolare astratto. Vale la pena <strong>di</strong> soffermarsi su queste due<br />

caratteristiche. In primo luogo, gli enti matematici sono particolari<br />

perché utilizzare un numero in una <strong>di</strong>mostrazione o in un calcolo, non<br />

significa servirsi dell’esemplificazione <strong>di</strong> un universale. Ogni numero<br />

è un ente <strong>di</strong> un certo tipo. Dunque, il singolo numero scritto sul mio<br />

foglio o pensato dalla mia mente si costituisce come l’occorrenza <strong>di</strong><br />

un’essenza, <strong>di</strong> un tipo <strong>di</strong> essere. L’ente matematico è un dunque un<br />

simbolo il cui significato va rintracciato nelle relazioni che intrattiene<br />

con gli altri simboli previsti dal sistema entro cui opera. In secondo<br />

luogo, un ente numerico è astratto perché non occupa regioni <strong>di</strong><br />

spazio-tempo, non ha forma ed è frutto della creazione da parte<br />

dell’uomo <strong>di</strong> un sistema formale. Ciò rende esplicito il parallelismo<br />

tra enti algebrici ed enti numerici e fa della matematica un insieme <strong>di</strong><br />

sistemi formali e deduttivi, lo sviluppo dei quali è compito del<br />

matematico.<br />

3. PROPRIETÀ E RELAZIONI DEGLI ENTI<br />

MATEMATICI<br />

Il numero, insieme all’attività del contare, costituisce un importante<br />

caso tra i processi <strong>di</strong> astrazione attraverso i quali opera la mente<br />

umana. Nel numero infatti l’astrazione raggiunge uno dei massimi<br />

gra<strong>di</strong>, in quanto contare oggetti significa prescindere da ogni loro<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

proprietà e considerarli unicamente come termini <strong>di</strong> un processo<br />

simbolico.<br />

Ogni numero è seguito e preceduto da una serie finita o infinita <strong>di</strong><br />

altri numeri, la cui grandezza varia al variare della successione dei<br />

numeri preso in considerazione. I rapporti con gli altri numeri e con le<br />

operazioni algebriche definiscono le proprietà <strong>di</strong> un numero. La serie<br />

dei numeri naturali, oltre a costituirsi come il più semplice, primitivo e<br />

<strong>di</strong>ffuso tra i sistemi dei numeri, ha anche un posto <strong>di</strong> rilievo nella<br />

formulazione della teoria degli insiemi. Georg Cantor, fondatore della<br />

teoria degli insiemi, si affidò all’assiomatizzazione dei numeri naturali<br />

formulata da Richard Dedekind e da Giuseppe Peano per definire i<br />

numeri or<strong>di</strong>nali. Gli assiomi <strong>di</strong> Dedekind e <strong>di</strong> Peano 25 sono dunque<br />

molto utili allo scopo <strong>di</strong> questo lavoro, in quanto evidenziano le<br />

proprietà dei numeri naturali e aprono la strada alla teoria degli<br />

insiemi. Si tratta <strong>di</strong> cinque assiomi il cui obiettivo è esplicitare le<br />

proprietà fondamentali dei numeri naturali. Prima <strong>di</strong> formulare gli<br />

assiomi, il matematico torinese dunque definisce con N la successione<br />

numerica dei numeri naturali e con 0 il numero zero. A questo punto,<br />

introduce la funzione S, che fa corrispondere a ciascun numero<br />

naturale n il suo successore. Con queste premesse, Peano può<br />

enunciare i cinque assiomi. Il primo assioma asserisce che il numero 0<br />

25 La ragione per cui ci si riferisce a questi assiomi come assiomi <strong>di</strong> Dedekind-Peano è<br />

che Peano gli espose compiutamente e li pubblicò nel 1889, nell’opera interamente<br />

in latino Arithmetices Principia nova methodo exposita. Dedekind però riuscì a<br />

isolarli l’anno prima, nel 1888. Il lavoro <strong>di</strong> Dedekind si può consultare nella lettera<br />

che il matematico inviò a Keferstein nel 1890.<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

appartiene alla successione dei numeri naturali. Il secondo assioma<br />

invece è relativo al campo d’azione della funzione S. L’azione <strong>di</strong><br />

questa funzione infatti scaturisce dalla successione numerica N e<br />

opera nei confronti della successione numerica N. In questo modo,<br />

Peano può asserire non solo che ogni numero naturale appartiene a N,<br />

ma anche che il successore <strong>di</strong> ogni numero naturale appartiene a N. Il<br />

terzo assioma precisa che non esiste nessun numero naturale il cui<br />

successore sia 0. In questo modo, il numero 0 si costituisce come<br />

punto <strong>di</strong> partenza della serie dei numeri naturali. Il quarto assioma<br />

determina che tipo <strong>di</strong> funzione è S. Si tratta infatti <strong>di</strong> una funzione<br />

iniettiva, cioè una funzione che associa ad argomenti <strong>di</strong>versi valori<br />

<strong>di</strong>versi. Questo significa che ogni numero naturale n avrà un<br />

successore <strong>di</strong>verso da quello che S associa a ogni altro numero<br />

naturale. Infine, il quinto assioma afferma che una serie numerica A<br />

contiene tutti i numeri naturali se sod<strong>di</strong>sfa due con<strong>di</strong>zioni. La prima<br />

con<strong>di</strong>zione è che A contenga 0. La seconda con<strong>di</strong>zione è che A sia<br />

chiusa rispetto al successore, cioè che A contenga il successore <strong>di</strong><br />

qualsiasi numero naturale che gli appartiene. Ciò significa che la serie<br />

numerica A, e <strong>di</strong> conseguenza la serie N, risultano seguire all’infinito<br />

attraverso un proce<strong>di</strong>mento induttivo.<br />

Ecco dunque i cinque assiomi <strong>di</strong> Peano:<br />

1) 0 N;<br />

2) S è una funzione da N in N;<br />

3) Non esiste alcun n N tale che S(n) = 0;<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

4) S è una funzione iniettiva;<br />

5) Sia a una qualunque serie numerica tale che 0 a e per ogni<br />

n N, se n a, anche S(n) a, allora N a.<br />

Il quinto assioma è <strong>di</strong> fondamentale importanza, in quanto contiene<br />

la formulazione del principio <strong>di</strong> induzione e <strong>di</strong> conseguenza la<br />

giustificazione della <strong>di</strong>mostrazione per induzione. La prima<br />

con<strong>di</strong>zione del quinto assioma infatti si chiama base dell’induzione,<br />

mentre la seconda si chiama passo dell’induzione. Il principio <strong>di</strong><br />

induzione dunque afferma che se A è un successione <strong>di</strong> numeri tale<br />

che, per ogni n N, se m A per ogni m < n, allora n A, allora N <br />

A. Il principio autorizza a inferire che tutti i numeri naturali<br />

possiedono una proprietà P dal fatto che, se P è posseduta dai numeri<br />

naturali minori <strong>di</strong> n, allora P è posseduta anche da n.<br />

Inoltre, Peano introdusse gli assiomi relativi alle operazioni<br />

fondamentali tra numeri naturali. Le operazioni prese in<br />

considerazione da Peano sono tre: somma, prodotto, esponenziazione.<br />

Per ogni operazione il matematico torinese formulò due assiomi:<br />

Assiomi <strong>di</strong> Peano sulla somma:<br />

1) per ogni m N, m + 0 = m<br />

2) per ogni m, n N, m + s(n) = s(m + n)<br />

Assiomi <strong>di</strong> Peano sul prodotto:<br />

1) per ogni m N, m 0 = m<br />

2) per ogni m, n N, m s(n) = (m n) + m<br />

Assiomi <strong>di</strong> Peano sull’esponenziazione:<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

1) per ogni m N, m 0 = 1<br />

2) per ogni m, n N, m s(n) = m n m<br />

Peano introdusse anche le relazioni <strong>di</strong> minore () e <strong>di</strong> minore o<br />

uguale ().<br />

Relazione <strong>di</strong> e <strong>di</strong> : dati m, n N, m è minore <strong>di</strong> n se n = m + p<br />

per qualche p N tale che p 0, m è minore uguale a n, se m n o m<br />

= n. Si noti che m < n equivale a m n e a m n.<br />

Una volta chiarite quali sono le proprietà dei numeri naturali, è<br />

necessario specificare che queste proprietà non si riferiscono a un<br />

numero preso singolarmente, ma hanno significato solo nel momento<br />

in cui si considera l’intera serie dei numeri naturali. Per questa<br />

ragione, se si considera un ente numerico isolato e in<strong>di</strong>pendentemente<br />

dalla serie <strong>di</strong> cui fa parte, allora questo numero è un tropo semplice,<br />

privo <strong>di</strong> proprietà o relazioni. Quando però si inserisce questo ente nel<br />

posto che occupa nella successioni <strong>di</strong> numeri, esso intreccia<br />

imme<strong>di</strong>atamente relazioni <strong>di</strong> minore e uguale. Ecco che allora,<br />

volendo assegnare uno statuto ontologico agli enti della matematica, è<br />

necessario scegliere che tipo <strong>di</strong> ente assegnare alla successione dei<br />

numeri naturali considerata nella sua interezza e complessità.<br />

Possiamo definire ontologicamente la successione numerica N<br />

come il fascio costituito dai tropi corrispondenti ai particolari astratti<br />

ai quali ci riferiamo quando compiamo operazioni <strong>di</strong> tipo matematico<br />

o quando osserviamo le relazioni che intercorrono tra i numeri. Un<br />

numero infatti rende possibile l’operazioni <strong>di</strong> contare solo se intreccia<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

la relazione <strong>di</strong> successore con il numero che lo precede e la relazione<br />

<strong>di</strong> predecessore con il numero che lo segue. Per questa ragione, gli<br />

enti <strong>di</strong> cui si occupa la matematica non possono essere considerati<br />

singolarmente dall’ontologia, ma devono essere calati nel sistema <strong>di</strong><br />

cui fanno parte.<br />

Infine, vorrei notare che Ludwig Wittgenstein, nella parte finale del<br />

suo Tractatus Logicus Philosophicus 26 , nell’asserzione 6.022 afferma<br />

che: « il concetto <strong>di</strong> numero è solo ciò che è comune a tutti i numeri,<br />

la forma generale del numero. Il concetto <strong>di</strong> numero è il numero<br />

variabile. E il concetto d’eguaglianza numerica è la forma generale <strong>di</strong><br />

tutte le eguaglianze numeriche speciali». Assegnare uno statuto<br />

ontologico al numero quin<strong>di</strong>, a maggior ragione, è una questione che<br />

necessariamente riguarda il concetto <strong>di</strong> numero, cioè, nelle parole <strong>di</strong><br />

Wittgenstein, una questione che riguarda ciò che è comune a tutti i<br />

numeri e che generalmente si può pre<strong>di</strong>care <strong>di</strong> ognuno <strong>di</strong> essi. Se il<br />

concetto è ciò che è comune a tutti gli enti <strong>di</strong> un tipo, cioè ciò che li<br />

accomuna in quanto enti <strong>di</strong> un tipo, allora è evidente la coincidenza tra<br />

concetto ed essenza.<br />

26 WITTEGENSTEIN, LUDWIG, Tractatus Logico-philosophicus, Einau<strong>di</strong>, Torino 1964.<br />

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<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

CAPITOLO TERZO<br />

LA TEORIA DEGLI INSIEMI<br />

1. LA TEORIA INGENUA DI CANTOR<br />

La teoria degli insiemi nasce grazie al lavoro del matematico<br />

tedesco Georg Cantor, vissuto a cavallo tra Ottocento e Novecento.<br />

Dopo <strong>di</strong> lui, numerosissimi matematici si sono interessati alla teoria<br />

degli insiemi e hanno lavorato per renderla sempre più coerente e<br />

priva <strong>di</strong> antinomie. La ragione è che la teoria degli insiemi, grazie alla<br />

sua capacità <strong>di</strong> rendere su base insiemistica l’intero apparato<br />

matematico, costituisce un eccellente strumento <strong>di</strong> verifica delle teorie<br />

matematiche 27 .<br />

Il primo scritto sulla teoria degli insiemi è Über eine Eigenschaft<br />

des Inbegriffes aller reellen algebraischen Zahlen, pubblicato nel<br />

1874 dal Journal für <strong>di</strong>e reine und angewandte Mathematik. Il<br />

matematico tedesco prese spunto da questioni filosofiche e<br />

matematiche per approfon<strong>di</strong>re i concetti alla base della teoria degli<br />

insiemi <strong>di</strong> punti. Dagli insiemi <strong>di</strong> punti dunque, Cantor arrivò a<br />

27 La letteratura a cui farò riferimento nelle prossime pagine è principalmente<br />

costituita dal manuale CASALEGNO, PAOLO, MARIANI, MAURO, Teoria degli insiemi,<br />

un’introduzione, Carocci, Roma 2004 e dal volume CASARI, ETTORE, Questioni <strong>di</strong><br />

filosofia della matematica, Feltrinelli, Milano 1964.<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

formulare la teoria degli insiemi astratti e in seguito la teoria dei<br />

numeri car<strong>di</strong>nali e or<strong>di</strong>nali.<br />

Le posizioni metafisiche sostenute da Cantor riguardo la natura del<br />

numero hanno influenzato profondamente la sua formulazione della<br />

teoria degli insiemi. Cantor infatti <strong>di</strong>stingue due tipi <strong>di</strong> esistenza dei<br />

numeri. Il primo è <strong>di</strong> tipo intrasoggettiva o immanente, in quanto i<br />

numeri prendono posto nell’intelletto. In questo tipo <strong>di</strong> realtà i numeri<br />

sono <strong>di</strong>fferenziati e intrattengono relazioni con altri concetti e altri<br />

numeri. Il secondo tipo <strong>di</strong> realtà è transoggettiva o transiente. In tal<br />

senso, i numeri sono considerati come l’espressione <strong>di</strong> processi e<br />

relazioni che avvengono nel mondo esterno, contrapposto<br />

all’intelletto. Questi due tipi <strong>di</strong> realtà sono per Cantor necessariamente<br />

compresenti. Proprio la loro compresenza infatti garantisce l’assoluta<br />

libertà della matematica: solo ad essa fra le scienze infatti è concesso<br />

operare tenendo unicamente conto della realtà immanente dei suoi enti<br />

e trascurandone la realtà transiente.<br />

Si può dunque delineare la concezione cantoriana della matematica<br />

affermando che essa trae gran parte della sua materia e della sua<br />

ispirazione dalla riflessione sui fenomeni naturali. A partire dunque da<br />

modelli naturali, la matematica costruisce liberamente i suoi enti e non<br />

soffre <strong>di</strong> alcuna preoccupazione relativa all’applicazione pratica delle<br />

teorie che produce. In qualche modo però le teorie matematiche pure<br />

trovano sempre o quasi un’applicazione nell’analisi e nella descrizione<br />

del mondo esterno.<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

Poste queste importanti premesse metafisiche, Cantor definì il<br />

concetto <strong>di</strong> insieme all’interno dello scritto Contributi, del 1895.<br />

L’insieme dunque è la riunione M <strong>di</strong> un tutto <strong>di</strong> oggetti m che<br />

appartengono all’intuizione o al pensiero. A ogni insieme M spetta<br />

una potenza o numero car<strong>di</strong>nale. Il numero car<strong>di</strong>nale è quel concetto<br />

generale che si ottiene dall’insieme M astraendo dalla natura<br />

particolare dei suoi elementi e dall’or<strong>di</strong>ne nel quale essi sono dati. Fra<br />

i car<strong>di</strong>nali si possono definire relazione <strong>di</strong> uguaglianza, maggiore e<br />

minore o uguale (=, , ).<br />

Dopo aver definito il concetto <strong>di</strong> insieme, Cantor gli attribuì alcune<br />

caratteristiche. La prima asserisce che esiste un insieme in<br />

corrispondenza a ogni molteplicità <strong>di</strong> enti <strong>di</strong>stinti che possa essere<br />

caratterizzata da una con<strong>di</strong>zione. La seconda proprietà invece assicura<br />

che l’insieme sia completamente determinato da tutti gli elementi<br />

della molteplicità corrispondente all’insieme. Tale principio separa e<br />

<strong>di</strong>stingue la nozione estensionale <strong>di</strong> insieme dalla nozione intensionale<br />

<strong>di</strong> proprietà.<br />

Infine, Cantor afferma la sostanzialità dell’insieme nel duplice<br />

aspetto dell’in<strong>di</strong>vidualità, cioè della capacità <strong>di</strong> godere <strong>di</strong> attributi e <strong>di</strong><br />

essere quin<strong>di</strong> elemento <strong>di</strong> una molteplicità, e dell’assolutezza.<br />

Quest’ultimo aspetto garantisce l’in<strong>di</strong>pendenza dell’insieme dal<br />

linguaggio e da ogni possibile caratterizzazione linguistico-teoretica<br />

degli insiemi e delle proprietà.<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

Volendo analizzare più approfon<strong>di</strong>tamente queste quattro<br />

con<strong>di</strong>zioni, si può innanzitutto notare che alla base si ritrova<br />

un’evidente concezione platonistica della matematica. In particolare,<br />

Il platonismo logico si manifesta nell’assunzione che l’universale<br />

possieda un’esistenza extralogica affine in qualche modo a quella<br />

delle componenti del mondo reale. Inoltre, ciò che la prima con<strong>di</strong>zione<br />

afferma è che ogni qualvolta sia possibile determinare una<br />

molteplicità tramite una legge o una proprietà, necessariamente per<br />

ogni entità sarà univocamente determinato il suo appartenere,<br />

sottostare, sod<strong>di</strong>sfare o no la legge o la proprietà. Esiste cioè l’insieme<br />

corrispondente a ogni molteplicità determinata.<br />

La seconda con<strong>di</strong>zione ha un significato apparentemente molto<br />

elementare, in quanto ciò che afferma è che due insiemi con gli stessi<br />

elementi coincidono. Ciò che influisce nella determinazione<br />

dell’uguaglianza tra insiemi dunque è esclusivamente l’estensione. La<br />

terza con<strong>di</strong>zione vuole specificare più chiaramente il tipo <strong>di</strong> esistenza<br />

assegnato all’insieme determinato da ogni molteplicità.<br />

In accordo dunque con la prospettiva platonistica della matematica<br />

<strong>di</strong> Cantor, egli attribuisce all’universale corrispondente all’insieme i<br />

caratteri logici delle sostanze in<strong>di</strong>viduali. Infine, la quarta<br />

caratteristica arricchisce ulteriormente l’universale, assegnandogli non<br />

solo i caratteri primari delle sostanze, ma anche quelli secondari. Le<br />

proprietà dell’insieme sono cioè necessariamente connesse con<br />

l’insieme stesso.<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

Furono numerose le critiche mosse alla concezione cantoriana della<br />

teoria degli insiemi. Fondamentalmente però è possibile evidenziarne<br />

<strong>di</strong> due tipi. Le obiezioni <strong>di</strong> carattere logico accusano la teoria <strong>di</strong> essere<br />

intrinsecamente inconsistente, mentre le obiezioni <strong>di</strong> carattere<br />

filosofico-epistemico ne evidenziano l’incapacità <strong>di</strong> costituire una<br />

piattaforma armonica e adeguata per l’interpretazione dei molteplici<br />

aspetti e della natura della ricerca matematica.<br />

2. I PARADOSSI DELLA TEORIA DEGLI INSIEMI<br />

Le <strong>di</strong>fficoltà a cui va incontro la teoria degli insiemi possono essere<br />

rappresentate da tre casi. La prima complicazione è dovuta alla<br />

scoperta delle antinomie logiche generate dall’incompatibilità della<br />

prima e della terza caratteristica attribuite alla teoria degli insiemi 28 . È<br />

infatti la sinergia delle due con<strong>di</strong>zioni a generare il principio <strong>di</strong><br />

comprensione, il quale, se applicato senza alcuna restrizione, genera<br />

contrad<strong>di</strong>zioni. Tale principio <strong>di</strong> comprensione ha lo scopo <strong>di</strong><br />

garantire che tutte le proprietà siano in grado <strong>di</strong> generare molteplicità<br />

tali da definire insiemi. Il principio <strong>di</strong> comprensione era infatti<br />

ritenuto valido agli albori della teoria degli insiemi, ma il matematico<br />

28 In FREGE, GOTTLOB, Grundegesetze der Artimetik, Verlag Hermann Pohle, Jena<br />

1893, è presentato un sistema che assumeva il principio <strong>di</strong> comprensione. Nella<br />

versione fregeana dunque il principio asserisce che data una proprietà, è sempre<br />

possibile può assumere l'esistenza <strong>di</strong> un insieme ben determinato che corrisponde a<br />

questa proprietà. Bertrand Russell rivelò l’inaffidabilità <strong>di</strong> tale principio, attraverso<br />

il suo famoso paradosso dell’insieme delle classi che non appartengono a se stesse.<br />

61


Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

torinese Cesare Burali-Forti nel 1897 e Bertrand Russell nel 1901,<br />

hanno prodotto alcuni paradossi che ne hanno svelato l’incoerenza. Il<br />

paradosso <strong>di</strong> Burali-Forti prende le mosse dall’assunzione che esiste<br />

l’insieme <strong>di</strong> tutti gli or<strong>di</strong>nali. Tale insieme dovrebbe a sua volta essere<br />

un or<strong>di</strong>nale, in quanto in possesso <strong>di</strong> tutte le proprietà dei numeri<br />

or<strong>di</strong>nali: chiamiamo questo or<strong>di</strong>nale A questo punto però sarebbe<br />

possibile costruire l’or<strong>di</strong>nale + 1, maggiore <strong>di</strong> . Per definizione<br />

dello stesso però, + 1 dovrebbe appartenere a , quin<strong>di</strong> si giunge<br />

al risultato paradossale per cui: < +1 .<br />

Il problema deriva dalla possibilità <strong>di</strong> costruire insiemi con formule<br />

<strong>di</strong> comprensione che non prevedono alcuna restrizione, in particolare<br />

riguardo agli elementi che non sono insiemi. Ad esempio, la classe <strong>di</strong><br />

tutti gli uomini non è un uomo, ma la classe <strong>di</strong> tutte le idee è un’idea,<br />

così come la classe <strong>di</strong> tutti gli insiemi con car<strong>di</strong>nalità maggiore <strong>di</strong> 1 è<br />

un insieme con car<strong>di</strong>nalità maggiore <strong>di</strong> 1. Dunque, dato che alcune<br />

classi sono elemento <strong>di</strong> se stesse e altre non lo sono, è necessario<br />

imporre delle restrizioni che agiscano allo scopo <strong>di</strong> evitare le<br />

antinomie.<br />

Bertrand Russell invece scoprì nel 1901 l’antinomia dell’insieme<br />

che contiene tutti gli insiemi che contengono se stesso tra gli elementi.<br />

La contrad<strong>di</strong>zione sta nel fatto che l’insieme che contiene tutti gli<br />

insiemi che contengono se stessi contiene se stesso se e solo se non<br />

contiene se stesso. Se infatti l’insieme contiene se stesso, deve<br />

62


Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

appartenere all’insieme degli insiemi che non contengono se stessi tra<br />

gli elementi.<br />

Poiché il principio <strong>di</strong> comprensione è responsabile del tratto logico-<br />

platonistico che caratterizza la concezione cantoriana della teoria degli<br />

insiemi, è evidente come la <strong>di</strong>mostrazione della sua inconsistenza<br />

logica sia un duro colpo per questa formulazione.<br />

Questi paradossi hanno evidenziato la necessità <strong>di</strong> formulare<br />

principi più affidabili che in<strong>di</strong>chino <strong>di</strong> che tipo <strong>di</strong> insiemi si può<br />

ammettere l’esistenza. Vi sono numerose teorie assiomatiche, a partire<br />

da quella <strong>di</strong> Zermelo-Fraenkel, attraverso le quali sono state tentate<br />

<strong>di</strong>verse soluzioni. Secondo Russell, Zermelo e Quine infatti l’errore si<br />

trova nell’ammissione dell’esistenza dell’insieme in corrispondenza a<br />

ogni con<strong>di</strong>zione. La soluzione quin<strong>di</strong> è quella <strong>di</strong> eliminare<br />

l’in<strong>di</strong>scriminata possibilità <strong>di</strong> costruire insiemi in corrispondenza a<br />

ogni con<strong>di</strong>zione. Per Russell la limitazione deve riguardare la natura<br />

delle sostanze che intervengono come elementi nella molteplicità,<br />

elaborando una gerarchia delle sostanze. Fu questa idea a portare<br />

Russell alla formulazione della teoria dei tipi. Zermelo invece ritiene<br />

che la limitazione debba operare sulla natura delle molteplicità capaci<br />

<strong>di</strong> formare un insieme non contrad<strong>di</strong>ttorio. Vi è però un’altra<br />

prospettiva, a cui corrispondono le teorie assiomatiche <strong>di</strong> Von<br />

Neumann, che riscontra la ra<strong>di</strong>ce delle antinomie nell’ammissione che<br />

ogni insieme sia una sostanza, cioè nella terza caratteristica degli<br />

insiemi secondo Cantor.<br />

63


Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

Veniamo ora alla seconda obiezione mossa alla teoria <strong>di</strong> Cantor.<br />

Essa si sviluppa successivamente alla prima obiezione, in quanto<br />

afferma che il principio <strong>di</strong> comprensione, anche quando sia stato<br />

riformulato in modo da sottrarsi alla prima obiezione, presenta un<br />

circolo vizioso. La ragione è che il principio <strong>di</strong> comprensione assicura<br />

l’esistenza <strong>di</strong> insiemi comunque definiti, ma questi insiemi sono<br />

implicati <strong>di</strong>rettamente dalla con<strong>di</strong>zione che li definisce. Il principio <strong>di</strong><br />

comprensione cioè si avvale <strong>di</strong> una definizione impre<strong>di</strong>cativa. Le<br />

definizioni impre<strong>di</strong>cative sono quelle definizioni che determinano un<br />

ente facendo riferimento a una totalità che contiene come elemento<br />

l’ente da definire. Finché infatti l’universale viene concepito<br />

<strong>di</strong>stributivamente, cioè come aggregato <strong>di</strong> tutti i suoi elementi, riferirsi<br />

alla totalità significa riferirsi <strong>di</strong>stributivamente a ogni suo elemento.<br />

Definire un ente con riferimento a una totalità <strong>di</strong> cui esso è elemento<br />

equivale perciò a definirlo riferendosi all’ente stesso e questo è<br />

circolare. Tuttavia, questo ragionamento non è necessariamente<br />

implicato dalle presupposizioni fondamentali del platonismo logico.<br />

La ragione è da riscontrarsi nell’elemento <strong>di</strong>stintivo della concezione<br />

platonistica, la quale afferma che le definizioni matematiche sono<br />

proprio costitutive degli enti. Per quanto riguarda la matematica<br />

platonistica quin<strong>di</strong> questa critica non ha alcuna consistenza, ma<br />

rappresenta un grosso ostacolo teorico per le altre concezioni della<br />

matematica.<br />

64


Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

Infine, la formulazione <strong>di</strong> Cantor presenta una terza <strong>di</strong>fficoltà,<br />

causata dall’insostenibilità della con<strong>di</strong>zione che afferma che gli<br />

insiemi e le loro proprietà sono assoluti nel senso che sono<br />

in<strong>di</strong>pendenti da ogni possibile caratterizzazione linguistico-teoretica.<br />

Questo problema è evidenziato dal paradosso formulato dal<br />

matematico norvegese Albert Thoralf Skolem. Ai fini della<br />

comprensione del paradosso, è necessario introdurre alcuni concetti<br />

matematici. Innanzitutto, un insieme è numerabile se e solo se esiste<br />

una corrispondenza biunivoca tra i suoi elementi e l’insieme dei<br />

numeri naturali. Invece, è più che numerabile se e solo se esiste una<br />

corrispondenza biunivoca tra gli elementi <strong>di</strong> un suo sottoinsieme e<br />

l’insieme dei numeri naturali ma non esiste nessuna corrispondenza<br />

biunivoca tra i suoi elementi e l’insieme dei numeri naturali. Inoltre,<br />

nel paradosso si fa riferimento al teorema <strong>di</strong> Cantor, che afferma che<br />

non c’è una corrispondenza biunivoca tra l’insieme dei numeri<br />

naturali e il suo insieme potenza.<br />

Detto ciò, il paradosso <strong>di</strong> Skolem può essere formulato: sia M un<br />

insieme qualunque <strong>di</strong> espressioni della logica dei pre<strong>di</strong>cati che<br />

supponiamo in una particolare forma chiamata «forma normale<br />

totalmente prenessa skolemiana». Skolem riesce a <strong>di</strong>mostrare che se<br />

M possiede un modello, questo modello sarà al massimo numerabile.<br />

Infatti, ogni modello della teoria degli insiemi, ad esempio il modello<br />

65


Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

assiomatico proposto da Zermelo-Fraenkel 29 , sod<strong>di</strong>sfacendo tutti gli<br />

assiomi dovrebbe sod<strong>di</strong>sfare anche ogni teorema, compreso quello <strong>di</strong><br />

Cantor, che afferma che in ogni possibile modello della teoria degli<br />

insiemi sono sempre mancanti quegli insiemi che potrebbero<br />

rappresentare una corrispondenza biunivoca tra quello che nel modello<br />

rappresenta l’insieme dei numeri naturali e quello che nel modello ne<br />

rappresenta l’insieme potenza. In sostanza, la non-numerabilità<br />

dell’insieme <strong>di</strong> tutti i sottoinsiemi dell’insieme dei numeri naturali,<br />

cioè la non numerabilità dell’insieme potenza <strong>di</strong> N. Il modello quin<strong>di</strong><br />

contiene un’infinità più che numerabile <strong>di</strong> elementi. Ogni eventuale<br />

modello della teoria dovrebbe essere in conclusione più che<br />

numerabile. Invece, la <strong>di</strong>mostrazione <strong>di</strong> Skolem rivela che la teoria ha<br />

un modello numerabile. A meno che quin<strong>di</strong> la teoria sia<br />

contrad<strong>di</strong>ttoria e non possieda alcun modello, l’insieme potenza<br />

dell’insieme dei numeri naturali è e non è allo stesso tempo<br />

numerabile. Ecco dunque il paradosso.<br />

Skolem propone una soluzione del paradosso <strong>di</strong> grande interesse. Il<br />

matematico norvegese infatti introduce un nuovo linguaggio<br />

attraverso il quale provare a riformulare il paradosso: il linguaggio<br />

metamatematico. Ciò che fa scaturire il paradosso infatti è che nel<br />

linguaggio della teoria degli insiemi è possibile <strong>di</strong>mostrare la non-<br />

esistenza <strong>di</strong> un certo insieme, mentre nel metalinguaggio è possibile<br />

<strong>di</strong>mostrarne l’esistenza. Così argomentando, l’esistenza o la non<br />

29 La presentazione delle teorie assiomatiche, tra cui quella formulata da Zermelo e da<br />

Fraenkel, è oggetto del prossimo paragrafo.<br />

66


Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

esistenza <strong>di</strong> un insieme <strong>di</strong>ventano una questione relativa al linguaggio<br />

e al sistema entro il quale si sta operando, una questione priva cioè <strong>di</strong><br />

carattere assoluto. In quest’ottica ad esempio, il teorema <strong>di</strong> Cantor non<br />

afferma in assoluto la non-esistenza dell’insieme istituente una<br />

corrispondenza biunivoca tra l’insieme dei numeri naturali e l’insieme<br />

potenza <strong>di</strong> questo, ma semplicemente la non esistenza <strong>di</strong> un tale<br />

insieme all’interno dei suoi possibili modelli. Più esattamente, il<br />

teorema <strong>di</strong> Cantor <strong>di</strong>ce che in ogni possibile modello della teoria<br />

mancano sempre quegli insiemi che potrebbero rappresentare una<br />

corrispondenza biunivoca tra quello che nel modello rappresenta<br />

l’insieme dei numeri naturali e quello che nel modello ne rappresenta<br />

l’insieme potenza.<br />

3. LE TEORIE ASSIOMATICHE DEGLI INSIEMI<br />

Il processo che portò alla formulazione della moderna teoria degli<br />

insiemi fu molto lungo e aprì la strada a moltissime altre teorie<br />

matematiche. La scoperta <strong>di</strong> alcune antinomie all’interno della<br />

formulazione cantoriana della teoria degli insiemi inoltre stuzzicò<br />

l’ingegno <strong>di</strong> molti matematici e filosofi che, nel tentativo <strong>di</strong> risolverle,<br />

apportarono importanti mo<strong>di</strong>fiche alla teoria degli insiemi, rendendola<br />

sempre più completa e coerente.<br />

Nel 1908 il matematico e filosofo tedesco Ernst Zermelo pubblicò,<br />

sul numero 65 dei Mathematische Annalen, un saggio dal titolo<br />

67


Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

Untersuchungen über <strong>di</strong>e Grundlagen der Mengenlehre, destinato a<br />

suscitare grande interesse. In quest’opera infatti Zermelo offrì una<br />

sistematizzazione della teoria degli insiemi, il cui fine è eliminare le<br />

antinomie e i paradossi che erano stati scoperti fino a quel momento.<br />

Il matematico era convinto che la ra<strong>di</strong>ce delle antinomie risiedesse<br />

nell’ammissione dell’esistenza <strong>di</strong> insiemi in corrispondenza a<br />

con<strong>di</strong>zioni arbitrarie. Non è infatti la natura delle sostanze che<br />

formano la molteplicità a rivelarsi problematica per Zermelo, ma è la<br />

natura della molteplicità stessa. È possibile infatti per Zermelo che<br />

determinate molteplicità risultino troppo gran<strong>di</strong> per non essere<br />

problematiche all’interno della teoria degli insiemi. Per questa<br />

ragione, Zermelo decise <strong>di</strong> sostituire il principio <strong>di</strong> comprensione,<br />

colpevole a suo avviso <strong>di</strong> permettere la creazione <strong>di</strong> insiemi troppo<br />

gran<strong>di</strong>. Al suo posto, formulò alcuni principi che consentissero <strong>di</strong><br />

costruire insiemi abbastanza gran<strong>di</strong> da sod<strong>di</strong>sfare i bisogni della teoria<br />

cantoriana del transfinito, ma non tanto gran<strong>di</strong> da permettere che si<br />

presentassero antinomie.<br />

Zermelo dunque propose un sistema <strong>di</strong> assiomatizzazione della<br />

teoria degli insiemi. Gli elementi su cui operano gli assiomi<br />

appartengono a un dominio D <strong>di</strong> oggetti, i quali intrecciano tra <strong>di</strong> loro<br />

relazioni fondamentali. Il dominio D non è un insieme, bensì è una<br />

classe. Inoltre, è chiuso, nel senso che comprende tutti gli insiemi che<br />

si ottengono da altri insiemi applicando a questi i processi previsti<br />

della teoria. Questi processi possono essere <strong>di</strong> tipo matematico o<br />

68


Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

logico. I processi matematici sono la potenza, per cui se esiste in D un<br />

insieme x allora esiste anche l’insieme potenza <strong>di</strong> x, cioè l’insieme <strong>di</strong><br />

tutti i sottoinsiemi <strong>di</strong> x; la riunione, che prevede che se esiste in D un<br />

insieme i cui elementi sono a loro volta insiemi, allora esiste in D<br />

anche l’insieme riunione <strong>di</strong> x, cioè <strong>di</strong> tutte quelle cose che sono<br />

elemento <strong>di</strong> almeno un elemento <strong>di</strong> x; e la selezione, per la quale se<br />

esiste in D un insieme <strong>di</strong> insiemi non vuoti e <strong>di</strong>sgiunti, allora esiste in<br />

D anche un insieme-selezione <strong>di</strong> x che ha esattamente un elemento in<br />

comune con ogni elemento <strong>di</strong> x.<br />

Il processo logico invece è chiamato isolamento. Grazie<br />

all’applicazione <strong>di</strong> questo processo, è possibile isolare, all’interno <strong>di</strong><br />

un dato insieme, un suo sottoinsieme attraverso l’imposizione agli<br />

elementi dell’insieme <strong>di</strong> partenza <strong>di</strong> una con<strong>di</strong>zione che sia per essi<br />

definita. Una proprietà è definita se le relazioni fondamentali del<br />

dominio, me<strong>di</strong>ante assiomi e leggi logiche universalmente valide,<br />

decidono completamente della sua applicazione o non applicazione.<br />

Il matematico tedesco definisce quin<strong>di</strong> l’insieme come<br />

quell’oggetto astratto che possiede almeno un elemento e gli assegna<br />

il ruolo <strong>di</strong> elemento primitivo della teoria. In seguito, postula che la<br />

con<strong>di</strong>zione che fa sì che due insiemi siano uguali è che abbiano gli<br />

stessi elementi. Vi sono poi altri assiomi, il cui obiettivo è quello <strong>di</strong><br />

porre con<strong>di</strong>zioni sull’esistenza <strong>di</strong> particolari insiemi e <strong>di</strong> chiudere il<br />

dominio. Zermelo dunque include nel dominio insiemi cosiddetti<br />

elementari. Questi sono l’insieme vuoto, l’insieme unità (x) <strong>di</strong> x, cioè<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

l’insieme il cui unico elemento è x, e l’insieme coppia per ogni coppia<br />

<strong>di</strong> elementi. Inoltre, Zermelo introduce l’insieme infinito,<br />

quell’insieme cioè che contiene l’insieme vuoto e tutti gli insiemi<br />

ottenuti reiterando un numero finito <strong>di</strong> volte l’applicazione della<br />

costituzione dell’insieme unità a partire dall’insieme vuoto.<br />

I processi logici e matematici, l’assioma <strong>di</strong> estensionalità,<br />

l’assioma dell’insieme infinito e gli assiomi sugli insiemi elementari<br />

costituiscono i sette assiomi <strong>di</strong> Zermelo:<br />

A1 o <strong>di</strong> determinatezza (estensionalità):<br />

Se ogni elemento <strong>di</strong> un insieme x è contemporaneamente elemento<br />

<strong>di</strong> un insieme y e viceversa, allora x=y.<br />

A2 o degli insiemi elementari:<br />

Esiste un insieme improprio () che non contiene alcun elemento.<br />

Se x è qualsiasi cosa del dominio allora esiste l’insieme (x) che<br />

contiene come elemento solo x (cioè l’insieme unità <strong>di</strong> x).<br />

Se x e y sono due cose qualsiasi del dominio, allora esiste sempre un<br />

insieme (x, y) (insieme coppia), che contiene come elementi sia x sia y<br />

ma nessuna cosa z che sia <strong>di</strong>versa da entrambi.<br />

A3 o dell’isolamento:<br />

Se il pre<strong>di</strong>cato (x) è definito per tutti gli elementi <strong>di</strong> un insieme y,<br />

allora y possiede sempre un sottoinsieme z che contiene come<br />

elementi tutti e soli quegli elementi <strong>di</strong> y per i quali è vero (x). Se non<br />

vi è nessun elemento <strong>di</strong> y per cui è vero (x), z è un sottoinsieme<br />

vuoto.<br />

A4 o dell’insieme potenza:<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

A ogni insieme x corrisponde un secondo insieme P(x) che contiene<br />

come elementi tutti e soli i sottoinsiemi <strong>di</strong> x.<br />

A5 o della riunione:<br />

A ogni insieme x corrisponde un secondo insieme S(x) che contiene<br />

come elementi tutti e soli i sottoinsiemi <strong>di</strong> x.<br />

A6 o della scelta:<br />

Se x è un insieme i cui elementi sono tutti insiemi <strong>di</strong>versi da e tra<br />

loro <strong>di</strong>sgiunti, allora la sua riunione S(x) contiene almeno un<br />

sottoinsieme y che ha in comune con ogni elemento <strong>di</strong> x uno e un solo<br />

elemento.<br />

A7 o dell’infinito:<br />

Il dominio contiene almeno un insieme z che contiene come<br />

elemento l’insieme nullo ed è fatto in modo che a ogni suo<br />

elemento x corrisponde un altro elemento della forma (x) ovvero che<br />

con ogni suo elemento x contiene anche come elemento il<br />

corrispondente (x).<br />

Zermelo dunque afferma che la sua assiomatizzazione è non-<br />

contrad<strong>di</strong>ttoria, ma non riesce a <strong>di</strong>mostrarlo. Per questa ragione, si<br />

limita a mostrare che tutte le antinomie conosciute fino ad allora in<br />

prima istanza non si presentano. Inoltre osserva che tutti gli assiomi<br />

sembrano essere in<strong>di</strong>pendenti, tranne quello degli insiemi elementari.<br />

Il matematico tedesco Adolf Abraham Fraenkel infatti <strong>di</strong>mostrò che<br />

questo assioma è parzialmente <strong>di</strong>pendente dagli altri. Inoltre, Fraenkel<br />

operò numerose altre migliorie al sistema assiomatico <strong>di</strong> Zermelo,<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

tanto che ci si riferisce a questo sistema chiamandolo con il nome <strong>di</strong><br />

entrambi i matematici.<br />

Nonostante gli sforzi dei due autori dunque, sono state sollevate<br />

numerose questioni sull’adeguatezza dell’assiomatizzazione <strong>di</strong><br />

Zermelo-Fraenkel nel rendere la teoria degli insiemi.<br />

Innanzitutto, il sistema fu accusato <strong>di</strong> essere metodologicamente<br />

inadeguato a causa del concetto <strong>di</strong> pre<strong>di</strong>cato definito contenuto<br />

nell’assioma <strong>di</strong> isolamento. Questo concetto non sarebbe utilizzabile<br />

innocentemente in quanto sembra non sia sufficientemente preciso. In<br />

particolare riguardo la <strong>di</strong>mostrazione che D non è un insieme.<br />

Affermando infatti che ogni insieme ha almeno un sottoinsieme che<br />

non è suo elemento, si conclude che non tutto ciò che appartiene al<br />

dominio è elemento <strong>di</strong> uno stesso insieme. Quin<strong>di</strong> D non è un insieme.<br />

È proprio grazie al fatto che D non è un insieme che è possibile evitare<br />

l’antinomia <strong>di</strong> Russell, un risultato molto importante raggiunto però<br />

attraverso strumenti che non convincono.<br />

Per questa ragione dunque sia Skolem sia Fraenkel si impegnaroso<br />

a trovare una soluzione al problema. Il matematico norvegese provò la<br />

strada metamatematica, asserendo che un pre<strong>di</strong>cato definito è<br />

un’espressione della logica dei pre<strong>di</strong>cati del primo or<strong>di</strong>ne che contiene<br />

una variabile libera e risulta costituito dai connettivi e dai<br />

quantificatori a partire da espressioni atomiche della forma x y o x =<br />

y. L’assioma <strong>di</strong> isolamento non risulta dunque più come un singolo<br />

assioma, ma si costituisce come uno schema <strong>di</strong> assiomi.<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

Il matematico tedesco invece tentò la strada della precisazione del<br />

criterio della definitezza, attraverso l’introduzione del concetto<br />

generale <strong>di</strong> funzione la riformulazione dell’assioma della scelta 30 .<br />

Un’altra critica che fu mossa al sistema <strong>di</strong> Zermelo fu quella <strong>di</strong><br />

risultare troppo debole, per due ragioni. La prima era che esso non<br />

permetteva <strong>di</strong> assicurare l’esistenza <strong>di</strong> molti insiemi fondamentali per<br />

la teoria del transfinito. Nello specifico, erano ammessi troppi pochi<br />

car<strong>di</strong>nali e or<strong>di</strong>nali transfiniti. La soluzione trovata dai fondatori della<br />

teoria fu dunque quella <strong>di</strong> annettere un altro assioma che permettesse<br />

<strong>di</strong> creare infiniti insiemi partendo dagli insiemi la cui non<br />

problematicità era già stata <strong>di</strong>mostrata. Infatti, se x è un insieme e ogni<br />

suo elemento viene rimpiazzato con una cosa del dominio D, allora x<br />

trapassa ancora in un insieme, e così all’infinito.<br />

A8 o <strong>di</strong> rimpiazzamento: se M è un insieme e f una funzione,<br />

allora esiste un insieme M’ <strong>di</strong> tutti e solo i valori <strong>di</strong> f su M, <strong>di</strong> tutti e<br />

soli cioè gli f(x) per x M.<br />

La seconda ragione per cui il sistema fu accusato <strong>di</strong> eccessiva<br />

debolezza è <strong>di</strong>ametralmente opposta alla prima. La ragione infatti è<br />

30 Il ragionamento è il seguente: se x è un insieme variabile, sono funzioni <strong>di</strong> x ogni<br />

insieme costante, ogni insieme coppia in cui x intervenga come elemento, l’insieme<br />

potenza <strong>di</strong> x, l’insieme riunione <strong>di</strong> x e ogni funzione <strong>di</strong> x. Siano (x) e (x) due<br />

funzioni <strong>di</strong> x, ° sia una delle operazioni =, , , . Siano poi M e N due insiemi tali<br />

che N contenga tutti e soli quegli elementi y <strong>di</strong> M per cui vale (x) ° (x); allora N è<br />

detto l’insieme isolato da ° in M e si scrive N=M ° . Si riformula dunque l’A3 o<br />

<strong>di</strong> isolamento: per ogni insieme M e date due funzioni <strong>di</strong> x, e , esiste un insieme<br />

<strong>di</strong> isolamento M ° .<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

che esso non permette <strong>di</strong> assicurare la non esistenza <strong>di</strong> insiemi non<br />

desiderabili, come quelli al cui interno esiste una catena infinita <strong>di</strong><br />

insiemi legati dalla relazione <strong>di</strong> appartenenza. Fraenkel tentò <strong>di</strong>verse<br />

soluzioni, ma la categoricità dell’ampia e generale teoria degli insiemi<br />

pare destinata a rimanere irrealizzabile. È tuttavia possibile attraverso<br />

opportuni assiomi escludere gli insiemi indesiderabili finora<br />

riconosciuti. A questo scopo, Zermelo formulò nel 1930 un nuovo<br />

assioma:<br />

A9 o <strong>di</strong> fondazione: ogni insieme non vuoto x contiene un<br />

elemento y che non ha con x alcun elemento in comune.<br />

Infine, la piattaforma ontologica del sistema zermeliano fu ritenuta<br />

eccessivamente ampia ed eterogenea, in quanto essa consente <strong>di</strong><br />

dedurre dagli assiomi l’esistenza <strong>di</strong> oggetti che non sono né<br />

matematici né concettuali. L’ammissione nel dominio <strong>di</strong> oggetti che<br />

non sono insiemi è dovuta alla non categoricità della teoria. Una<br />

soluzione possibile quin<strong>di</strong> è quella <strong>di</strong> trattare gli enti singolarmente,<br />

seguendo una strategia affine a quella <strong>di</strong> cui i due matematici si sono<br />

serviti per gli insiemi straor<strong>di</strong>nari. La caratteristica fondamentale delle<br />

sostanze in<strong>di</strong>viduali dalla quale è possibile generare insiemi è la loro<br />

atomicità. Questi enti cioè non hanno elementi, così come non ne ha<br />

l’insieme vuoto. Ampliando la vali<strong>di</strong>tà dell’assioma <strong>di</strong> estensionalità,<br />

dai soli insiemi a ogni altro ente, si esclude qualsiasi altra sostanza:<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

A1* o <strong>di</strong> determinatezza (estensionalità): se due cose sono tali<br />

che ogni cosa che è elemento della prima è anche elemento della<br />

seconda, allora le due cose sono uguali.<br />

È interessante notare che adottare questa soluzione equivale ad<br />

ammettere che l’intera descrizione razionale dell’universo possa<br />

effettuarsi senza materiale <strong>di</strong> partenza, purché si accetti l’idea che non<br />

si <strong>di</strong>spone <strong>di</strong> alcun materiale <strong>di</strong> partenza.<br />

Riepilogando, gli assiomi <strong>di</strong> Zermelo arricchiti dagli apporti <strong>di</strong><br />

Fraenkel e Skolem e scritti nel linguaggio della logica del primo<br />

or<strong>di</strong>ne quantificata si presentano nel seguente modo:<br />

ux)<br />

ZF1 o <strong>di</strong> estensionalità: z(zxzy) x = y<br />

ZF2 o dell’insieme coppia: x = y zw(wzw = x w = y)<br />

ZF3 o dell’insieme riunione: y(yx)zw(wz u(wu <br />

ZF4 o dell’insieme potenza: yz(zy w(wz wx))<br />

ZF5 o schema <strong>di</strong> assiomi <strong>di</strong> isolamento: ogni espressione della<br />

forma yz(zy zx a(z)) è un assioma se a non contiene la<br />

variabile y libera.<br />

ZF6 o <strong>di</strong> scelta: yz((yx zx y = z) (w(wy) <br />

w(wy wz) uy(yx wv(v = w vu uy))<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

ZF7 o dell’infinito: z(x(y yx xz) xy ((xz w<br />

(wy w = x)) yz))<br />

ZF8 o schema <strong>di</strong> assiomi <strong>di</strong> rimpiazzamento: espressioni della<br />

forma yzw (a(y,z) a(y,w) z = w) uz (zu y (yx <br />

a(y,z)) sono assiomi se a non contiene la variabile y libera.<br />

ZF9 o <strong>di</strong> fondazione: y(yx) z(zx w(wz wz)<br />

L’assiomatizzazione <strong>di</strong> Zermelo-Fraenkel fu seguita da numerosi<br />

altri modelli assiomatici sulla teoria degli insiemi. In particolare, vi si<br />

cimento il matematico ungherese, naturalizzato statunitense, John Von<br />

Neumann 31 , nel tentativo <strong>di</strong> trovare una strategia che permettesse <strong>di</strong><br />

evitare le antinomie. Egli riteneva che le antinomie dovute alla<br />

molteplicità fossero causate dall’assunzione che ogni insieme possa<br />

entrare a far parte <strong>di</strong> altri insiemi. Tale assunzione è chiamata carattere<br />

sostanziale primario. Von Neumann dunque opera una <strong>di</strong>stinzione tra<br />

due tipi <strong>di</strong> aggregati: quelli che godono del carattere sono insiemi,<br />

mentre quelli che non ne godono sono classi. Detto ciò, il matematico<br />

assegna all’insieme lo statuto <strong>di</strong> oggetto matematico, mentre alla<br />

classe lo statuto <strong>di</strong> estensione <strong>di</strong> un pre<strong>di</strong>cato. Questa operazione<br />

permette <strong>di</strong> teorizzare i concetti <strong>di</strong> oggetto matematico e <strong>di</strong> estensione<br />

<strong>di</strong> un pre<strong>di</strong>cato, al fine <strong>di</strong> <strong>di</strong>stinguere tra molteplicità assolutamente<br />

infinite o inconsistenti e molteplicità consistenti. Se le prime infatti<br />

31 VON NEUMANN, JOHN, An Axiomatization of Set Theory, reperibile in inglese in<br />

VAN HEIJENOORT, JEAN, From Frege to Gödel: A Source Book in Mathematical<br />

Logic, 1879-1931, Harvard University Press, 1967.<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

hanno elementi che portano a una contrad<strong>di</strong>zione e non rientrano<br />

quin<strong>di</strong> nell’assiomatizzazione della teoria degli insiemi, le seconde<br />

sono innocenti e costituiscono il terreno adatto a costruire oggetti<br />

matematici.<br />

Oltre a ciò, Von Neumann definisce i concetti astratti <strong>di</strong> insieme e<br />

<strong>di</strong> funzione: partendo dal concetto <strong>di</strong> insieme, introduce il concetto <strong>di</strong><br />

relazione e, come caso speciale <strong>di</strong> quest’ultimo, il concetto <strong>di</strong><br />

funzione; viceversa, dal concetto <strong>di</strong> funzione, introduce il concetto <strong>di</strong><br />

funzione caratteristica, il cui scopo è determinare un insieme.<br />

Von Neumann impone dunque due domini <strong>di</strong>stinti A e F:<br />

argomenti, a cui assegna il tipo 1, e funzioni, a cui assegna il tipo 2. I<br />

due domini con<strong>di</strong>vidono l’estensione delle funzioni-argomento,<br />

funzioni che sono a loro volta argomento <strong>di</strong> altre funzioni. A esse<br />

viene assegnato il tipo 1-2. Tra gli argomenti hanno particolare<br />

importanza a e b, che corrispondono a vero e falso. Detto ciò, si può<br />

concludere che le classi sono quelle funzioni i cui argomenti sono<br />

soltanto a o b, cioè vero e falso, mentre gli insiemi sono le classi che<br />

sono funzioni-argomento.<br />

Poste tali premesse, Von Neumann può dettare la sua<br />

assiomatizzazione. Essa si compone <strong>di</strong> assiomi ripartiti in 5 gruppi:<br />

Primo gruppo o introduttivi: garantisce l’esistenza <strong>di</strong> a e b e<br />

precisa le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> significanza delle due operazioni primitive<br />

fondamentali. Queste sono l’applicazione <strong>di</strong> una funzione f a un<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

argomento x e l’accoppiamento or<strong>di</strong>nato degli argomenti x e y. Chiude<br />

il gruppo l’assioma <strong>di</strong> estensionalità.<br />

1. a e b sono cose <strong>di</strong> tipo 1;<br />

2. [x, y] ha senso se e solo se x è una cosa <strong>di</strong> tipo 2 e y è una<br />

cosa <strong>di</strong> tipo 1; essa stessa è una cosa <strong>di</strong> tipo 1;<br />

3. ha senso se e solo se sia x sia y sono <strong>di</strong> tipo 1; essa<br />

stessa è una cosa <strong>di</strong> tipo 1;<br />

4. f e g siano cose <strong>di</strong> tipo 2. Se per ogni cosa x <strong>di</strong> tipo 1 vale [f,<br />

x] = [g, x], allora f = g.<br />

Secondo gruppo o aritmetici <strong>di</strong> costruzione: assicurano la<br />

chiusura dell’universo del <strong>di</strong>scorso rispetto a certi elementari processi<br />

combinatori sia matematici sia logici. Inoltre, affermano l’esistenza <strong>di</strong><br />

certe funzioni elementari come l’identità, le funzioni costanti<br />

corrispondenti a ogni argomento, la decomposizione, l’applicazione,<br />

l’accoppiamento e la moltiplicazione funzionale.<br />

1. Esiste una cosa f <strong>di</strong> tipo 2 tale che [f, x] = x vale sempre;<br />

2. u sia una cosa <strong>di</strong> tipo 1. Allora esiste una cosa f <strong>di</strong> tipo 2 tale<br />

che [f, x] = u vale sempre;<br />

3. Esiste una cosa f <strong>di</strong> tipo 2 per cui [f ] = x vale sempre;<br />

4. Esiste una cosa f <strong>di</strong> tipo 2 per cui [f ] = y vale sempre;<br />

5. Esiste una cosa f <strong>di</strong> tipo 2 per cui se x è una cosa <strong>di</strong> tipo 1-2,<br />

[f ] = [x, y] vale sempre;<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

6. f e g siano cose <strong>di</strong> tipo 2. Esiste allora una cosa h <strong>di</strong> tipo 2 per<br />

cui = < [f, x], [g, x]> vale sempre;<br />

7. f e g siano cose <strong>di</strong> tipo 2. Esiste allora una cosa h <strong>di</strong> tipo 2 per<br />

cui [h, x] = [f [g, x] ] vale sempre;<br />

Terzo gruppo o logici <strong>di</strong> costruzione: assicurano l’esistenza della<br />

funzione corrispondente al pre<strong>di</strong>cato logico dell’identità, la chiusura<br />

del sistema rispetto alle definizioni <strong>di</strong> funzioni-pre<strong>di</strong>cati me<strong>di</strong>ante<br />

quantificazione e rispetto alle definizioni <strong>di</strong> funzione me<strong>di</strong>ante<br />

esplicitazione <strong>di</strong> pre<strong>di</strong>cati univoci in una certa sede.<br />

1. Esiste una cosa f <strong>di</strong> tipo 2 tale che x = y è equivalente a [f ] a;<br />

2. f sia una cosa <strong>di</strong> tipo 2. Esiste allora una cosa g <strong>di</strong> tipo 2 tale<br />

che [g, x] a vale se e solo se per ogni y vale [f ] = a;<br />

3. f sia una cosa <strong>di</strong> tipo 2. Esiste allora una cosa g <strong>di</strong> tipo 2 tale<br />

che per ogni x, quando un unico y vale [f ] a, [g, x] = y.<br />

Quarto gruppo o delle cose <strong>di</strong> tipo 1-2: il primo precisa quali<br />

argomenti siano anche funzioni, mentre il secondo <strong>di</strong>ce quali funzioni<br />

siano argomenti. Il secondo ha un’importanza fondamentale, in quanto<br />

mira a evitare che funzioni troppo gran<strong>di</strong> siano anche argomenti,<br />

proteggendo quin<strong>di</strong> il sistema dalle antinomie. Il secondo assioma <strong>di</strong><br />

questo gruppo dunque afferma che ragione necessaria e sufficiente<br />

affinché una classe sia un insieme è che essa risulti rappresentabile<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

sulla classe totale. Inoltre, sempre il secondo assioma è adatto a<br />

svolgere il ruolo svolto, nel sistema <strong>di</strong> Zermelo-Fraenkel, dagli<br />

assiomi <strong>di</strong> rimpiazzamento, dell’isolamento e della scelta.<br />

1. esiste una cosa f <strong>di</strong> tipo 2 tale che una cosa x <strong>di</strong> tipo 1 è una<br />

cosa <strong>di</strong> tipo 1-2 se e solo se [f, x] a;<br />

2. una cosa f <strong>di</strong> tipo 2 non è una cosa <strong>di</strong> tipo 1-2 sse esiste una<br />

cosa g <strong>di</strong> tipo 2 tale che per ogni cosa x <strong>di</strong> tipo 1 esiste una cosa y <strong>di</strong><br />

tipo 1 per cui valgono sia [f, y] a sia [g, y] = x.<br />

Quinto gruppo o dell’infinito: è costituito da tre assiomi, ma solo<br />

il primo è un vero assioma dell’infinito, mentre gli altri sono<br />

adattamenti dell’insieme riunione e dell’insieme potenza. È necessario<br />

introdurre questo gruppo esclusivamente ai fini della costruzione della<br />

teoria del transfinito.<br />

1. Esiste una cosa f <strong>di</strong> tipo 1-2 con le proprietà: esistono cose x<br />

<strong>di</strong> tipo 1-2 per cui x f; se per una cosa x <strong>di</strong> tipo 1-2 vale x f, allora<br />

esiste una cosa y <strong>di</strong> tipo 1-2 per cui y f e x < y valgono;<br />

2. f sia una cosa <strong>di</strong> tipo 1-2. Esiste allora anche una cosa g <strong>di</strong><br />

tipo 1-2 per cui da x y e y f, dove anche y è una cosa <strong>di</strong> tipo 1-2,<br />

segue che x g;<br />

3. f sia una cosa <strong>di</strong> tipo 1-2. Esiste allora anche una cosa g <strong>di</strong><br />

tipo 1-2 tale che se per una cosa x <strong>di</strong> tipo 1-2 vale x f allora esiste<br />

una cosa y <strong>di</strong> tipo 1-2 per cui valgono x y e y g.<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

Al fine <strong>di</strong> contenere l’eccessiva liberalità del sistema, Von<br />

Neumann aggiunge un sesto gruppo.<br />

Sesto gruppo: esso opera escludendo l’esistenza <strong>di</strong> elementi<br />

primitivi, fissando l’interpretazione <strong>di</strong> a e b, identificati con la classe<br />

vuota (a) e la classe unità della classe vuota (b) e fissando<br />

l’interpretazione <strong>di</strong> con il sistema <strong>di</strong> insiemi x e y <strong>di</strong><br />

Kuratowski 32 . Infine, fonda ogni classe.<br />

1. Tutte le cose <strong>di</strong> tipo 1 sono anche cose <strong>di</strong> tipo 1-2;<br />

2. Vale a = e b =();<br />

3. Vale = ((u,v), (u));<br />

4. Non esiste alcuna cosa z <strong>di</strong> tipo 2 con z 0 tale che per ogni x<br />

per cui valga x f, esiste un y f per cui y x e y b (dove y x sta<br />

per y è un predecessore <strong>di</strong> x).<br />

L’elemento <strong>di</strong>stintivo del sistema <strong>di</strong> Von Neumann in conclusione<br />

è la <strong>di</strong>stinzione tra esistenza e sostanzialità degli universali. Gli<br />

universali infatti esistono in corrispondenza a una molteplicità<br />

determinata ma non sempre possono essere a loro volta elementi <strong>di</strong><br />

una molteplicità. Questo significa che non ogni insieme è una<br />

sostanza. Inoltre, l’assiomatizzazione <strong>di</strong> Von Neumann si <strong>di</strong>stingue<br />

32 KURATOWSKI, KAZIMIERZ, A Half Century of Polish Mathematics: Remebrances<br />

and Reflections, Oxford Pergamon Press, 1980.<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

per l’assunzione del concetto <strong>di</strong> funzione quale concetto basilare <strong>di</strong><br />

tutta la matematica, in luogo <strong>di</strong> quello tra<strong>di</strong>zionale <strong>di</strong> insieme.<br />

Oltre ai sistemi assiomatici <strong>di</strong> Zermelo-Fraenkel e <strong>di</strong> Von<br />

Neumann, vanno ricordati quelli formulati da Paul Bernays 33 , da Kurt<br />

Gödel 34 e da Willard Van Orman Quine 35 . Questi sistemi, pur<br />

presentando elementi <strong>di</strong> originalità, sono sostanzialmente riconducibili<br />

ai modelli <strong>di</strong> Zermelo-Fraenkel e <strong>di</strong> Von Neumann. La ragione è che il<br />

sistema <strong>di</strong> Von Neumann riesce a superare molte delle <strong>di</strong>fficoltà<br />

dell’assiomatizzazione <strong>di</strong> Zermelo-Fraenkel, rendendo la sua teoria<br />

sufficientemente completa e innocente. La <strong>di</strong>stinzione neumanniana<br />

tra insieme e classe, cioè ente definito da una con<strong>di</strong>zione ma non<br />

necessariamente costituente un insieme, è in grado <strong>di</strong> garantire che<br />

non tutte le classi siano elementi <strong>di</strong> altre classi. Tale strategia porta a<br />

evitare le antinomie riscontrate nel sistema <strong>di</strong> Zermelo-Fraenkel.<br />

Si può concludere affermando che i sistemi assiomatici della teoria<br />

degli insiemi che sono stati formulati consentono <strong>di</strong> ricostruire<br />

praticamente tutta la matematica conosciuta, ma non sembra che<br />

consentano <strong>di</strong> ricostruire le antinomie conosciute.<br />

33 BERNAYS, PAUL, Axiomatic Set Theory, Dover Publications, 1991.<br />

34 GÖDEL, KURT, The Consistency of the Axiom of Choice and of the Generalized<br />

Continuum Hypothesis with the Axioms of Set Theory, Princeton University Press,<br />

Princeton 1940.<br />

35 QUINE, WILLARD VAN ORMAN, New Foundations for Mathematical Logic,<br />

American Mathematics Monthly numero 44, 1937, incorporato in QUINE, WILLARD<br />

VAN ORMAN, From a Logical Point of View, Harvard University Press, Cambridge<br />

1953.<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

4. LA TEORIA DEI TIPI<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

I sistemi assiomatici degli insiemi dunque operano sulla natura<br />

delle molteplicità autorizzate a creare insiemi, per quanto riguarda la<br />

teoria <strong>di</strong> Zermelo-Fraenkel, e sull’ammissione che ogni insieme sia<br />

una sostanza, nel caso dell’assiomatizzazione <strong>di</strong> Von Neumann. Come<br />

è stato anticipato nel capitolo relativo ai paradossi della teoria degli<br />

insiemi però, il filosofo Bertrand Russell riteneva che la limitazione<br />

dovesse intervenire sulla natura delle sostanze che sono elementi nella<br />

molteplicità. La ra<strong>di</strong>ce delle antinomie risiederebbe cioè<br />

nell’ammissione dell’esistenza dell’universale corrispondente a<br />

molteplicità <strong>di</strong>somogenee. Russell prese le mosse da queste basi<br />

concettuali per e<strong>di</strong>ficare la sua teoria dei tipi 36 .<br />

Russell dunque realizzò il suo modello insiemistico su una data<br />

quantità <strong>di</strong> in<strong>di</strong>vidui e su tutte le successive potenze <strong>di</strong> questi. Egli<br />

ipotizzò che gli in<strong>di</strong>vidui <strong>di</strong> partenza fossero infiniti, tramite la<br />

formulazione del principio dell’infinito. Tale principio afferma che<br />

esistono infinite sostanze in<strong>di</strong>viduali e ognuna <strong>di</strong> esse ha il tipo 0. A<br />

ogni tipo corrisponde una successione finita crescente <strong>di</strong> numeri<br />

naturali che comincia con 0. La composizione dei singoli insiemi<br />

avviene all’interno <strong>di</strong> ogni tipo, con<strong>di</strong>zione garantita dal principio <strong>di</strong><br />

36 RUSSELL, BERTRAND, WHITEHEAD, ALFRED NORTH, Principia mathematica,<br />

Cambridge University Press, Cambridge, 1913. Si veda anche RUSSELL, BERTRAND,<br />

Mathematical Logic as based on the Theory of Types, American Journal of<br />

Mathematics, numero 30, 1908.<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

comprensione. In accordo a questo principio infatti, se x è una certa<br />

molteplicità <strong>di</strong> sostanze <strong>di</strong> tipo i, allora esiste un universale<br />

corrispondente, tale cioè che i suoi elementi siano tutte quelle sostanze<br />

i che appartengono a x. A questo universale è assegnato il tipo i+1.<br />

Infine, gli insiemi dovranno venir ancora considerati<br />

estensionalmente, come espresso dal principio <strong>di</strong> estensionalità, per<br />

cui un universale è univocamente determinato dai suoi elementi.<br />

In poche parole dunque, una volta assunta l’esistenza <strong>di</strong> oggetti non<br />

rappresentabili nella teoria degli insiemi, è possibile avvalersene nel<br />

ruolo <strong>di</strong> in<strong>di</strong>vidui elementi <strong>di</strong> un insieme. Tutti i sottoinsiemi <strong>di</strong> questo<br />

insieme costituiscono dunque un insieme che varrà come il primo tipo<br />

<strong>di</strong> insiemi. I sottoinsiemi del primo tipo <strong>di</strong> insiemi costituiscono il<br />

secondo tipo <strong>di</strong> insiemi. Riferendosi a tutti gli insiemi s’intende quin<strong>di</strong><br />

riferirsi ai sottoinsiemi <strong>di</strong> un certo tipo, poiché elementi <strong>di</strong> un insieme<br />

possono essere o in<strong>di</strong>vidui o insiemi <strong>di</strong> un certo tipo.<br />

È proprio questa gerarchizzazione a mettere il sistema <strong>di</strong> Russell al<br />

riparo dall’antinomia scoperta da lui stesso e da quella dovuta a<br />

Burali-Forti.<br />

I principi formulati da Russell però sono evidentemente più deboli<br />

<strong>di</strong> quelli <strong>di</strong> Cantor. Se infatti il principio <strong>di</strong> estensionalità rimane<br />

intatto, il principio <strong>di</strong> comprensione subisce un notevole<br />

ri<strong>di</strong>mensionamento. L’elemento problematico è soprattutto che tale<br />

ri<strong>di</strong>mensionamento impe<strong>di</strong>sce <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare l’esistenza <strong>di</strong> un insieme<br />

infinito. Immaginiamo <strong>di</strong> considerare un certo ente e. La successione<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

degli insiemi (e), ((e)), (((e))), eccetera è infinita, così come<br />

l’universale corrispondente alla proprietà <strong>di</strong> appartenere a questo<br />

insieme. Nella teoria dei tipi però tale successione è considerata<br />

illegittima, in quanto non si presenta come omogenea dal punto <strong>di</strong><br />

vista della gerarchia dei tipi. Per questa ragione, è necessario postulare<br />

l’esistenza <strong>di</strong> infiniti in<strong>di</strong>vidui.<br />

Un ulteriore complicazione deriva dal fatto che un sistema formale<br />

per la teoria dei tipi è più complesso e necessità <strong>di</strong> un maggior numero<br />

<strong>di</strong> simboli, in quanto deve saper esprimere le operazioni logiche, i<br />

quantificatori e le sostanze dei <strong>di</strong>versi tipi.<br />

In conclusione quin<strong>di</strong> la teoria dei tipi non è convincente. Inoltre, si<br />

rivela decisamente poco economica, in quanto richiede l’introduzione<br />

<strong>di</strong> un certo numero <strong>di</strong> simboli per ogni tipo ammesso dalla teoria.<br />

Russell provò a sviluppare ulteriormente tale teoria, proponendone<br />

una versione a tipi ramificati. Il presupposto <strong>di</strong> tale versione è quello<br />

<strong>di</strong> avere a <strong>di</strong>sposizione una certa totalità infinita <strong>di</strong> enti. La teoria<br />

ramificata assegna dunque il tipo 0 a tali enti, a partire dai quali<br />

definisce una serie <strong>di</strong> classi <strong>di</strong> enti, ai quali assegna il tipo 0,1. A<br />

questo punto, a ogni classe <strong>di</strong> enti <strong>di</strong> tipo 0 viene assegnato il tipo 0,2,<br />

mentre a ogni classe <strong>di</strong> enti <strong>di</strong> tipo 0,1 si assegna il tipo 0,1,2.<br />

All’interno <strong>di</strong> questa gerarchizzazione ramificata ogni classe <strong>di</strong> tipo<br />

0,1 costituisce il primo or<strong>di</strong>ne, mentre ogni classe <strong>di</strong> tipo 0,2<br />

costituisce il secondo or<strong>di</strong>ne e via costruendo. Per fare un esempio,<br />

pren<strong>di</strong>amo una classe del tipo 0,2,6,8. Si tratta <strong>di</strong> una classe<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

dell’ottavo or<strong>di</strong>ne, definita riferendosi a una totalità del settimo<br />

or<strong>di</strong>ne. I suoi elementi saranno quelle classi del sesto or<strong>di</strong>ne definibili<br />

me<strong>di</strong>ante riferimento ad almeno una totalità <strong>di</strong> classe del quinto<br />

or<strong>di</strong>ne, i cui elementi sono classi <strong>di</strong> tipo 0,2, definibili me<strong>di</strong>ante<br />

riferimento a una totalità <strong>di</strong> primo or<strong>di</strong>ne.<br />

Assegnare il tipo in questo modo permette come si vede <strong>di</strong><br />

comprendere sia qual è il grado <strong>di</strong> complessità insiemistica della<br />

classe attraverso l’or<strong>di</strong>namento dei tipi, sia qual è il grado <strong>di</strong><br />

complessità concettuale involto dalla classe, dai suoi elementi, dagli<br />

elementi dei suoi elementi. L’or<strong>di</strong>namento degli or<strong>di</strong>ni infatti rende<br />

possibile risalire a queste informazioni.<br />

La versione ramificata è inoltre arricchita dalla formulazione<br />

dell’assioma <strong>di</strong> riducibilità, il cui compito è ridurre l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> una<br />

classe al minimo compatibile con l’or<strong>di</strong>ne dei suoi argomenti. Sono<br />

necessarie alcune precisazioni. Innanzitutto, per la teoria ramificata un<br />

tipo il cui ultimo numero è il successore aritmetico del suo penultimo<br />

numero si <strong>di</strong>ce pre<strong>di</strong>cativo. Inoltre, ogni classe <strong>di</strong> enti <strong>di</strong> un<br />

determinato tipo è equiestensiva a una classe pre<strong>di</strong>cativa degli stessi<br />

elementi. Ecco che allora ciò che l’assioma afferma è l’esistenza, per<br />

ogni classe, <strong>di</strong> una classe pre<strong>di</strong>cativa avente gli stessi elementi. Queste<br />

due classi però non sono identiche, ma coestensive, poiché l’assioma<br />

<strong>di</strong> estensionalità della teoria ramificata postula la coincidenza <strong>di</strong> classi<br />

equiestensive solo se appartengono allo stesso tipo. Operando in tal<br />

modo, l’assioma <strong>di</strong> riducibilità elimina ogni <strong>di</strong>fferenza pratica tra<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

teoria semplice e teoria ramificata, che <strong>di</strong>stinguono quin<strong>di</strong> solo<br />

notazionalmente.<br />

Il carattere costruttivista e concettualista della teoria dei tipi<br />

ramificati però, insieme con le rinunce a cui richiedeva <strong>di</strong> far fronte,<br />

furono avvertite con <strong>di</strong>sagio da Russell, il cui atteggiamento era e<br />

rimase sostanzialmente platonista. Inoltre, l’assioma <strong>di</strong> riducibilità, se<br />

da un verso permette la soluzione <strong>di</strong> problematiche altrimenti letali per<br />

la teoria, rilegittima certi processi definitori impre<strong>di</strong>cativi, che<br />

rendono la teoria vulnerabile a critiche insi<strong>di</strong>ose.<br />

5. LA TEORIA PREDICATIVISTA DI WEYL<br />

In alternativa alla teoria dei tipi è possibile rivolgersi ad altri<br />

sistemi <strong>di</strong> matematica pre<strong>di</strong>cativista. Il più famoso ed efficace <strong>di</strong><br />

questi sistemi è quello formulato dal matematico tedesco Hermann<br />

Weyl. Egli pubblicò nel 1918 un’opera dal titolo Das Kontinuum 37 ,<br />

nella quale sono esposti i risultati che raggiunse in<strong>di</strong>pendentemente,<br />

ma che costituiscono una valida opzione alle precedenti teorie degli<br />

insiemi.<br />

In particolare, ciò che suscita maggiore interesse nel lavoro<br />

weyliano è il metodo <strong>di</strong> costruzione dell’ambito operativo e dei<br />

37 Disponibile nella traduzione inglese: WEYL, HERMANN, The continuum: a critical<br />

examination of the foundation of analysis, Dover books on advanced mathematics,<br />

New York 1964.<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

processi che intervengono nella costruzione <strong>di</strong> assiomi ed entità<br />

matematiche. Per questa ragione, mi limiterò a esporre il processo<br />

generativo ideato da Weyl, trascurando il sistema assiomatico, anche<br />

perché non presenta rilevanti <strong>di</strong>fferenze rispetto ai sistemi già<br />

analizzati.<br />

Alla base della teoria presentata nel Kontinuum dunque vi è un<br />

ambito operativo costituito da un dato numero <strong>di</strong> categorie<br />

fondamentali <strong>di</strong> enti. Tali enti possiedono determinate proprietà o<br />

relazioni primitive. L’e<strong>di</strong>ficio teorico si costruisce quin<strong>di</strong> applicando a<br />

tali enti processi generativi <strong>di</strong> tipo logico e <strong>di</strong> tipo matematico. I<br />

processi <strong>di</strong> tipo logico sono le definizioni combinatorie, le quali<br />

generano relazioni derivate a partire da proprietà e relazioni primitive<br />

riferite a enti appartenenti a categorie iniziali. La generazione delle<br />

relazioni derivate avviene attraverso la reiterazione <strong>di</strong> processi quali la<br />

negazione, la congiunzione, la <strong>di</strong>sgiunzione, le due quantificazioni,<br />

esistenziale e universale, l’identificazione <strong>di</strong> se<strong>di</strong> libere e il<br />

riempimento <strong>di</strong> tali se<strong>di</strong> con l’inserimento <strong>di</strong> un in<strong>di</strong>viduo. I processi<br />

<strong>di</strong> tipo matematico invece sono le definizioni creative, le quali<br />

generano nuove entità ideali a partire da proprietà e relazioni iniziali e<br />

derivate.<br />

Questi processi agiscono sulla base operativa nel seguente modo.<br />

Innanzitutto, si applicano i processi logici che generano le relazioni<br />

derivate. Applicando alle relazioni derivate ottenute il processo<br />

matematico, si generano gli insiemi corrispondenti a queste relazioni.<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

Le nuove entità ideali vengono a questo punto classificate in nuove<br />

categorie. Le relazioni e le proprietà primitive e derivate e le nuove<br />

entità sono dette <strong>di</strong> 1° or<strong>di</strong>ne o gra<strong>di</strong>no. Applicando il processo logico<br />

alle relazioni, alle proprietà e agli enti <strong>di</strong> 1° gra<strong>di</strong>no, si ottengono<br />

relazioni, proprietà ed enti <strong>di</strong> 2° gra<strong>di</strong>no.<br />

Il processo generativo dunque funziona nel seguente modo. A<br />

partire da enti che appartengono a categorie iniziali, si ottengono<br />

proprietà e relazioni riferite agli enti tramite il processo generativo. Da<br />

queste proprietà e relazioni, si ottengono proprietà e relazioni derivate.<br />

Successivamente, si generano gli insiemi corrispondenti alle relazioni<br />

derivate. Tali insiemi corrispondono a nuove entità ideali che<br />

appartengono a nuove categorie. Si generano dunque nuove proprietà<br />

e relazioni riferite a nuove entità, dalle quali si generano proprietà e<br />

relazioni derivate e via <strong>di</strong>cendo.<br />

Questo processo prende il nome <strong>di</strong> processo allargato. Accanto a<br />

tale processo interviene il processo limitato, che si ottiene dal<br />

processo allargato applicando la quantificazione esistenziale e il<br />

riempimento <strong>di</strong> una sede libera con un in<strong>di</strong>viduo solo a categorie<br />

primitive. In termini pratici, questo significa che è possibile<br />

quantificare solo le variabili dell’or<strong>di</strong>ne zero, cioè gli in<strong>di</strong>vidui.<br />

Weyl introduce inoltre la <strong>di</strong>stinzione tra simboli pre<strong>di</strong>cativi e<br />

simboli insiemistici. Se i primi infatti costituiscono pre<strong>di</strong>cati a partire<br />

da pre<strong>di</strong>cati, i secon<strong>di</strong> costituiscono enti a partire da pre<strong>di</strong>cati.<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

Tutto il processo weyliano è volto al fine <strong>di</strong> assicurare una rapida<br />

controllabilità intuitiva dell’ambito esaminato per il problema<br />

dell’ammissione <strong>di</strong> certi strumenti logici e matematici. La creazione <strong>di</strong><br />

enti quin<strong>di</strong> si muove all’interno <strong>di</strong> un atteggiamento costruttivista<br />

senza dubbio coerente. Ciò che invece lascia sorgere perplessità è<br />

l’appello continuo e in<strong>di</strong>scriminato a molteplicità sempre più<br />

complesse e il più delle volte sconosciute. Inoltre, la tendenza a<br />

formulare a priori un quadro massimale dei possibili riferimenti della<br />

teoria, può intaccarne la vali<strong>di</strong>tà. Ciò che senza dubbio conserva<br />

ragionevolezza e affidabilità è il metodo <strong>di</strong> costruzione della base<br />

operativa. La sua continua controllabilità infatti sta a garanzia della<br />

non problematicità quanto meno degli in<strong>di</strong>vidui che sono manipolati<br />

dalla teoria. Questo aspetto non è assolutamente da sottovalutare, in<br />

quanto permette <strong>di</strong> avvalersi <strong>di</strong> soli<strong>di</strong> elementi e così <strong>di</strong> evitare le<br />

antinomie conosciute. In aggiunta, si noti che l’analisi approfon<strong>di</strong>ta<br />

dei processi logici e matematici che intervengono sugli in<strong>di</strong>vidui è una<br />

promessa <strong>di</strong> vali<strong>di</strong>tà anche per ciò che può essere costruito me<strong>di</strong>ante<br />

la loro applicazione.<br />

6. PER UN BILANCIO DELLA TEORIA DEGLI INSIEMI<br />

Nelle pagine precedenti si ritrovano le formulazioni più originali e<br />

complete della teoria degli insiemi. Sicuramente, l’idea che vi è alla<br />

base dunque apre spunti <strong>di</strong> grande interesse e offre un para<strong>di</strong>gma<br />

90


Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

adeguato per la <strong>di</strong>scussione delle questioni matematiche. Ciò che<br />

concerne lo scopo <strong>di</strong> questo lavoro però non è tanto lo sviluppo<br />

dell’apparato concettuale logico e matematico. Preme piuttosto<br />

in<strong>di</strong>viduare che tipo <strong>di</strong> essere sia possibile assegnare alle entità che<br />

entrano in gioco nella teoria degli insiemi. Da questo punto <strong>di</strong> vista<br />

dunque si <strong>di</strong>stinguono due atteggiamenti interni alle teorie che sono<br />

state presentate. Nei sistemi <strong>di</strong> Zermelo-Fraenkel e <strong>di</strong> Von Neumann<br />

infatti le entità elementari da cui si formano insiemi sono date, nel<br />

senso che non vi è alcuno sforzo <strong>di</strong> giustificazione della loro esistenza.<br />

Nelle teorie pre<strong>di</strong>cativiste invece esse vengono costruite attraverso<br />

processi successivi. È evidente dunque che in una prospettiva<br />

filosofica, vi è maggior riguardo per una concezione matematica che<br />

richiede <strong>di</strong> impegnarsi su un certo numero <strong>di</strong> enti costruiti attraverso<br />

operazioni sempre controllabili, piuttosto che per una concezione che<br />

ammette l’esistenza <strong>di</strong> infinite sostanza, ben prima <strong>di</strong> definire a che<br />

tipo esse appartengano.<br />

91


Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

CAPITOLO QUARTO<br />

FASCI DI TROPI COME INSIEMI DI<br />

ELEMENTI<br />

1. LE PROPRIETÀ SONO GLI ELEMENTI<br />

COSTITUTIVI DELL’ESSERE: ELEMENTI E TROPI<br />

Come abbiamo visto, la teoria degli insiemi ha vissuto numerosi<br />

sviluppi e subito notevoli mo<strong>di</strong>fiche. Si può ad<strong>di</strong>rittura parlare <strong>di</strong><br />

teorie degli insiemi, per quanto sono originali le prospettive formulate<br />

a partire dal Über eine Eigenschaft des Inbegriffes aller reellen<br />

algebraischen Zahlen <strong>di</strong> Cantor. È proprio la fedeltà ai principi<br />

formulati da Cantor all’atto <strong>di</strong> nascita <strong>di</strong> tale sistema ciò che fa<br />

confluire queste <strong>di</strong>verse teorie matematiche sotto il nome <strong>di</strong> teoria<br />

degli insiemi. Per questa ragione, ritengo sia sufficiente provare la<br />

conciliabilità <strong>di</strong> tali principi all’interno della teoria dei tropi, per<br />

verificare se tale teoria possa essere utilizzata coerentemente con<br />

l’adozione <strong>di</strong> una metafisica dei tropi.<br />

Prima però <strong>di</strong> osservare il funzionamento dei principi, è necessario<br />

analizzare il dominio su cui opera la teoria degli insiemi e quin<strong>di</strong> il<br />

concetto <strong>di</strong> insieme e gli elementi ritenuti fondamentali e adottati dalle<br />

<strong>di</strong>verse teorie. Per Cantor l’insieme è la riunione <strong>di</strong> un tutto <strong>di</strong> oggetti<br />

92


Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

che appartengono all’intuizione o al pensiero. Zermelo poi definisce<br />

l’insieme come quell’oggetto astratto che possiede almeno un<br />

elemento e gli assegna il ruolo <strong>di</strong> elemento primitivo della teoria.<br />

Russell presuppone un’infinita quantità <strong>di</strong> oggetti in<strong>di</strong>viduali, a partire<br />

dai quali è possibile costruire gli insiemi, mentre Weyl postula un dato<br />

numero <strong>di</strong> categorie fondamentali <strong>di</strong> enti in possesso <strong>di</strong> proprietà e<br />

relazioni primitive.<br />

Dato il dominio, si sviluppano i car<strong>di</strong>ni sui quali sono fondate sia la<br />

teoria ingenua degli insiemi sia tutte le successive raffinazioni. Il<br />

primo è il cosiddetto principio <strong>di</strong> comprensione. Si ricor<strong>di</strong> che tale<br />

principio afferma che, data una qualunque proprietà, esiste sempre<br />

l’insieme <strong>di</strong> tutti e soli gli oggetti che godono <strong>di</strong> quella proprietà. È<br />

proprio questo principio a causare l’antinomia scoperta da Russell.<br />

Infatti, nonostante l’atteggiamento fondazionale <strong>di</strong> tale affermazione,<br />

essa è incompleta e ambigua. La ragione è che un concetto siffatto non<br />

fornisce un criterio che <strong>di</strong>scrimini le proprietà e definisca quali siano<br />

adatte a formare un insieme e quali non lo siano. Molti degli sforzi dei<br />

successivi pensatori che si sono occupati <strong>di</strong> teoria degli insiemi infatti<br />

sono stati volti proprio a fornire una limitazione per tale principio.<br />

Il secondo car<strong>di</strong>ne della teoria degli insiemi è il principio <strong>di</strong><br />

estensionalità, che impone che due insiemi che hanno gli stessi<br />

elementi siano uguali. Non sono dunque rilevanti né l’or<strong>di</strong>ne in cui si<br />

presentano gli elementi, né il modo attraverso cui gli elementi<br />

caratterizzano gli insiemi. Una delle conseguenze <strong>di</strong> tale principio è<br />

93


Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

che non è possibile costituire due insiemi <strong>di</strong>versi a partire dagli stessi<br />

elementi. È interessante notare che questo principio determina<br />

l’unicità dell’insieme vuoto. Questo perché, naturalmente, se un<br />

insieme è univocamente determinato dai suoi elementi, e se due<br />

principi che contano gli stessi elementi sono identici, allora l’insieme<br />

determinato da nessun elemento è solamente uno.<br />

Infine, Cantor assegnò al concetto <strong>di</strong> insieme la capacità <strong>di</strong> godere<br />

<strong>di</strong> proprietà e ne sancì l’in<strong>di</strong>pendenza dal linguaggio e dalla<br />

caratterizzazione e comprensione dell’uomo. Ciò significa che insiemi<br />

e elementi esistono, godono <strong>di</strong> determinate proprietà e intrecciano<br />

relazioni particolari in<strong>di</strong>pendentemente dall’attività del matematico o<br />

del filosofo.<br />

Chiariti i principi alla base della teoria degli insiemi, resta da<br />

vedere se questi siano conciliabili con la teoria dei tropi. Innanzitutto,<br />

la teoria dei tropi ammette l’esistenza <strong>di</strong> infiniti enti astratti e<br />

particolari. A tali enti viene assegnato un tipo ontologico<br />

assolutamente conciliabile dunque con quello assegnato dalla teoria<br />

degli insiemi agli elementi. Gli elementi infatti, oltre che infiniti e<br />

particolari, devono essere anche semplici, ovvero non ulteriormente<br />

scomponibili. Anche i tropi sono infiniti, particolari e non<br />

ulteriormente scomponibili. A prima vista quin<strong>di</strong> sembra accettabile<br />

assegnare agli elementi lo statuto ontologico dei tropi semplici.<br />

Ve<strong>di</strong>amo ora come è possibile che tali elementi-tropi costituiscano<br />

insiemi. Per il principio <strong>di</strong> comprensione, un insieme esiste in<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

corrispondenza a ogni agglomerato <strong>di</strong> elementi. Tale agglomerato si<br />

forma grazie a una con<strong>di</strong>zione. Poiché ogni agglomerato <strong>di</strong> tropi, o<br />

meglio, ogni fascio <strong>di</strong> tropi, è un oggetto, si può ipotizzare che gli<br />

elementi-tropi, aggregandosi, formino un insieme. C’è però qualcosa<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>scordante. La teoria degli insiemi afferma che gli elementi<br />

possono essere astratti o concreti, ma l’insieme che essi formano è<br />

sempre un oggetto astratto. I tropi invece sono assolutamente ed<br />

esclusivamente oggetti astratti, ma sono in grado <strong>di</strong> costituire sia<br />

entità concrete, come gli oggetti materiali, sia entità astratte, come gli<br />

universali. Una soluzione possibile è quella <strong>di</strong> definire gli elementi<br />

astratti come tropi e gli elementi concreti come aggregati <strong>di</strong> tropi, cioè<br />

enti astratti che, organizzatisi in fasci, compongono oggetti concreti.<br />

Gli insiemi invece saranno solo oggetti astratti, i cui elementi<br />

potranno essere o tropi oppure oggetti concreti, costituiti a loro volta<br />

da tropi.<br />

Vi è un secondo elemento <strong>di</strong>scordante. Per il principio <strong>di</strong><br />

estensionalità infatti, gli elementi determinano l’insieme ma non lo<br />

caratterizzano. Sembra invece che i tropi caratterizzino eccome<br />

l’oggetto concreto che costituiscono. In realtà, credo che sia solo una<br />

caratterizzazione apparente. I tropi infatti non compiono nessuna<br />

azione <strong>di</strong> caratterizzazione dell’oggetto a cui appartengono. L’oggetto<br />

è caratterizzato dalla proprietà che i tropi manifestano, ma solo<br />

«inconsapevolmente». Non c’è infatti nessun oggetto che i tropi<br />

possono caratterizzare, non c’è una <strong>di</strong>cotomia tra sostanza da<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

informare e proprietà che la informa. Le proprietà dell’oggetto si<br />

percepiscono grazie al fatto che i tropi corrispondenti alle proprietà<br />

costituiscono il fascio che costituisce quell’oggetto.<br />

A supporto <strong>di</strong> questa strategia si possono portare alcuni esempi.<br />

Ve<strong>di</strong>amone due. Consideriamo gli insiemi che si creano<br />

dall’astrazione <strong>di</strong> una proprietà, come la proprietà <strong>di</strong> essere <strong>di</strong> colore<br />

rosso o trovarsi nella porzione <strong>di</strong> spazio-tempo che corrisponde alla<br />

mia stanza. È possibile creare dunque l’insieme <strong>di</strong> tutte le cose rosse<br />

nella mia stanza, per il principio <strong>di</strong> comprensione. Tale insieme è<br />

chiaramente un oggetto astratto ed è composto da elementi astratti: i<br />

tropi <strong>di</strong> rosso che appartengono ai fasci degli oggetti concreti nella<br />

mia stanza. Un insieme <strong>di</strong> questo tipo è definibile come un<br />

sottoinsieme dell’entità astratta universale «rosso», cioè l’oggetto<br />

astratto costituito da tutti i tropi del rosso.<br />

Sono astratti anche gli insiemi che si formano definendo una<br />

coor<strong>di</strong>nata spazio-temporale. Ad esempio, è astratto l’insieme <strong>di</strong> tutti<br />

gli oggetti che occupano la porzione <strong>di</strong> spazio-tempo coincidente con<br />

la mia scrivania alle 16:32 del 29 aprile 2011. Tale insieme infatti non<br />

occupa nessuna coor<strong>di</strong>nata spazio-temporale, è un oggetto astratto<br />

costruito dalla mente e si articola in un fascio che comprende i singoli<br />

oggetti concreti sulla mia scrivania, oltre ai singoli oggetti astratti che<br />

compongono i fasci a cui corrispondono tali oggetti concreti.<br />

96


Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

Poste alcune con<strong>di</strong>zioni dunque, sembra sia possibile conciliare il<br />

dominio <strong>di</strong> in<strong>di</strong>vidui richiesto dalla teoria degli insiemi e il principio<br />

<strong>di</strong> comprensione con la metafisica dei tropi.<br />

Anche il principio <strong>di</strong> estensionalità si rivela in accordo con la teoria<br />

dei tropi. Come il lettore ricorderà, tale principio afferma che un<br />

insieme è determinato univocamente dai suoi elementi,<br />

in<strong>di</strong>pendentemente dall’or<strong>di</strong>ne. Per la teoria dei tropi, un oggetto è<br />

determinato esclusivamente dai tropi che lo compongono,<br />

invariabilmente dall’or<strong>di</strong>ne. Approfondendo l’analisi, si trovano altri<br />

punti in comune tra i due sistemi. Ad esempio, per la teoria dei tropi<br />

due oggetti <strong>di</strong>stinti non possono essere costituiti dagli stessi tropi, ma<br />

un tropo può appartenere a due oggetti <strong>di</strong>stinti. Per la teoria degli<br />

insiemi, due insiemi <strong>di</strong>stinti non possono essere costituiti dagli stessi<br />

elementi, ma un elemento può appartenere a due insiemi <strong>di</strong>stinti.<br />

Infatti, un elemento che appartiene a due insiemi è, ad esempio, come<br />

un tropo che appartiene all’insieme astratto del suo universale e<br />

all’insieme concreto dell’oggetto che costituisce.<br />

Infine, rimane da verificare se la teoria dei tropi consente <strong>di</strong><br />

rispettare la terza caratteristica assegnata al concetto <strong>di</strong> insieme da<br />

Cantor e dai teorici degli insiemi in generale. Tale caratteristica è <strong>di</strong><br />

importanza fondamentale, poiché definisce proprio quali proprietà<br />

ontologiche devono essere assegnate all’insieme. In accordo dunque<br />

con la terza caratteristica, un insieme gode <strong>di</strong> sostanzialità nel duplice<br />

aspetto <strong>di</strong> in<strong>di</strong>vidualità e <strong>di</strong> assolutezza.<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

Tale con<strong>di</strong>zione necessita <strong>di</strong> alcuni chiarimenti. Per quanto<br />

riguarda l’in<strong>di</strong>vidualità, ciò che la suddetta caratteristica richiede è che<br />

l’insieme abbia la capacità <strong>di</strong> godere <strong>di</strong> attributi. Come si è visto<br />

precedentemente, l’oggetto astratto che è l’insieme gode<br />

assolutamente <strong>di</strong> attributi. Non solo ne gode, ma ne è sostanzialmente<br />

costituito. Un attributo infatti altro non è che una proprietà, cioè un<br />

tropo. Anche in questo ambito, sembra che la teoria dei tropi possa<br />

offrire un’ontologia che risponde alle caratteristiche richieste dai<br />

teorici degli insiemi.<br />

Per quanto riguarda invece l’assolutezza, si è visto che ciò che tale<br />

caratteristica reclama per il concetto <strong>di</strong> insieme è la sua in<strong>di</strong>pendenza<br />

dal linguaggio e da ogni caratterizzazione dell’insieme, delle sue<br />

proprietà e dei suoi elementi. Ebbene, i teorici dei tropi avanzano le<br />

stesse richieste <strong>di</strong> in<strong>di</strong>pendenza per la realtà. Essi infatti affermano<br />

che la realtà si costituisce <strong>di</strong> tropi in<strong>di</strong>pendentemente dall’esistenza <strong>di</strong><br />

esseri che pensino i tropi, che pensino la realtà in termini <strong>di</strong> tropi o<br />

che attribuiscano alla realtà tale conformazione.<br />

Dall’analisi portata avanti nelle pagine precedenti dunque, sembra<br />

sia possibile assegnare alla teoria degli insiemi un’ontologia del tipo<br />

proposto dai teorici dei tropi. La realtà che essi ipotizzano infatti è<br />

costituita da in<strong>di</strong>vidui ultimi, semplici e senza limitazioni quantitative.<br />

Tali elementi dell’essere si aggregano e costituiscono entità <strong>di</strong>verse da<br />

essi stessi non problematicamente. Anzi, proprio da tale aggregazione<br />

si originano gli oggetti materiali e gli enti astratti che abitano il<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

mondo. Una realtà così caratterizzata costituisce terreno fertile per<br />

l’applicazione della teoria degli insiemi. Mi sembra che la ragione<br />

principale sia da ritrovarsi nel fatto che la teoria dei tropi non prevede<br />

gerarchie tra le sostanze. Si tratta infatti <strong>di</strong> un para<strong>di</strong>gma ontologico<br />

riduzionista, in quanto richiede che l’essere sia <strong>di</strong> un solo tipo. La<br />

sostanza si costituisce <strong>di</strong> elementi semplici in grado <strong>di</strong> costruire<br />

oggetti proprio come i mattoni costituiscono le mura.<br />

Ecco allora che l’atteggiamento riduzionista e semplificatore della<br />

teoria dei tropi mostra la propria forza ed efficacia, nella forma della<br />

stupefacente adattabilità <strong>di</strong> tale teoria a un para<strong>di</strong>gma essenziale per<br />

l’analisi delle entità matematiche come quello della teoria degli<br />

insiemi.<br />

Detto ciò, sarebbe scorretto negare che un passo fondamentale è<br />

rimasto finora escluso da questo stu<strong>di</strong>o. L’analisi <strong>di</strong> tale passo è<br />

oggetto del prossimo paragrafo.<br />

2. IL PROBLEMA DELL’INSIEME VUOTO<br />

Tra gli assiomi formulati dalle teorie assiomatiche degli insiemi, è<br />

sempre annoverato l’assioma dell’insieme vuoto. Tale assioma ha la<br />

funzione <strong>di</strong> affermare l’esistenza dell’insieme vuoto e <strong>di</strong> assegnargli la<br />

proprietà <strong>di</strong> essere unico. Tra le sue caratteristiche inoltre vi è quella<br />

<strong>di</strong> non avere sottoinsiemi <strong>di</strong>versi da esso stesso. Un ulteriore elemento<br />

<strong>di</strong>stintivo dell’insieme vuoto è che esso è sempre presente come<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

sottoinsieme in ogni qualunque altro insieme. L’insieme vuoto viene<br />

dunque utilizzato nello sviluppo della teoria degli insiemi per definire<br />

gli altri insiemi finiti.<br />

Per quanto ormai tale insieme sia stato accettato dalla comunità<br />

matematica, esso desta ancora alcuni sospetti. Già intuitivamente<br />

risulta <strong>di</strong>fficile capire come sia possibile costruire un insieme, cioè<br />

una collezione, senza contare elementi. L’insieme vuoto infatti,<br />

secondo i teorici degli insiemi, pur non avendo elementi, è<br />

assolutamente un insieme e non va dunque considerato come «nulla»<br />

o «non essere». Esso si costituisce secondo i dettami del principio <strong>di</strong><br />

comprensione, con l’applicazione <strong>di</strong> una con<strong>di</strong>zione che non viene<br />

sod<strong>di</strong>sfatta da nessun elemento, in quanto generalmente definisce<br />

caratteri impossibili per definizione.<br />

Decisamente più <strong>di</strong>sarmante però è un altro tipo <strong>di</strong> considerazione.<br />

A un’attenta analisi appare come l’insieme vuoto non rispetti le<br />

definizioni basilari del concetto <strong>di</strong> insieme. Infatti, nella formulazione<br />

<strong>di</strong> Cantor, l’insieme è la riunione <strong>di</strong> un tutto <strong>di</strong> oggetti. Nel caso<br />

dell’insieme vuoto, la pretesa sarebbe quella <strong>di</strong> ammettere un tutto<br />

privo <strong>di</strong> oggetti. Ancora, per Zermelo l’insieme è definito come<br />

quell’oggetto astratto che possiede almeno un elemento. L’insieme<br />

vuoto però per definizione non ha elementi. Com’è possibile dunque<br />

che l’insieme vuoto sia un insieme? Sarà pure un entità, ma non<br />

possiede elementi e dunque non è un insieme.<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

Nonostante queste osservazioni, l’insieme vuoto è necessario per<br />

ottenere e spiegare molti risultati della teoria degli insiemi che sono<br />

stati <strong>di</strong>mostrati essere vali<strong>di</strong>. Dunque, è necessario trovare una<br />

soluzione che permetta <strong>di</strong> servirsi della teoria degli insiemi e<br />

assegnarle un’ontologia, senza incorrere in contrad<strong>di</strong>zioni.<br />

3. QUATTRO POSSIBILI SOLUZIONI<br />

Vi sono alcune opzioni, l’adozione <strong>di</strong> ciascuna delle quali deve<br />

essere ponderata alla luce della sua vali<strong>di</strong>tà, della sua coerenza e<br />

dell’uso che si intende fare della teoria degli insiemi.<br />

La prima opzione è quella <strong>di</strong> considerare non valida l’assunzione<br />

dell’insieme vuoto, in quanto in contrad<strong>di</strong>zione con la definizione <strong>di</strong><br />

insieme, ed eliminare senza indugi tale entità dall’assiomatizzazione.<br />

Ci sono ovviamente delle conseguenze negative. Innanzitutto, la teoria<br />

degli insiemi perderebbe così una delle sue più potenti armi <strong>di</strong> calcolo<br />

e molti risultati non potrebbero essere <strong>di</strong>mostrati. Inoltre, non sarebbe<br />

più possibile costruire alcuni insiemi finiti e non varrebbero più le<br />

rappresentazioni dei numeri naturali che prendono spunto proprio<br />

dall’insieme vuoto per generare la serie infinita dei numeri naturali 38 .<br />

38 Si tratta delle rappresentazioni proposte da Gottlob Frege e Bertrand Russell, ma<br />

anche da John Von Neumann. Frege e Russell sostenevano che ciascun numero<br />

naturale n dovesse essere identificato con l’insieme degli insiemi contenenti n<br />

elementi. Von Neumann suggeriva invece <strong>di</strong> identificare n con un particolare<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

Tuttavia, vi sono anche conseguenze positive: la teoria degli insiemi<br />

acquisterebbe in coerenza e assegnarle un’ontologia si rivelerebbe<br />

forse un compito più semplice ed economico. Da un punto <strong>di</strong> vista<br />

ontologico infatti l’insieme vuoto è assolutamente sospetto per<br />

l’indefinitezza della sua natura, causata dalla peculiarità <strong>di</strong> essere un<br />

insieme ma non avere elementi. Uno degli assiomi del sistema, da una<br />

parte, definisce indubbiamente l’insieme vuoto come appunto un<br />

insieme. Dall’altra parte, l’assioma afferma che tale insieme non<br />

possiede elementi. Non è chiaro dunque che tipo <strong>di</strong> entità gli vada<br />

assegnata, se quella dell’insieme, rispettando quin<strong>di</strong> l’assioma<br />

dell’insieme vuoto, o quella dell’elemento, in accordo invece con la<br />

definizione del concetto <strong>di</strong> insieme. Si potrebbe considerare l’insieme<br />

vuoto invece come un elemento fisso <strong>di</strong> ogni insieme, una sorta <strong>di</strong><br />

«elemento zero», servendosene solo sotto questo aspetto e per quanto<br />

possibile.<br />

La seconda opzione è quella <strong>di</strong> accettare l’assioma dell’insieme<br />

vuoto, senza però far veramente corrispondere all’entità «insieme<br />

vuoto» un qualche oggetto della teoria. L’insieme vuoto dunque<br />

potrebbe essere semplicemente un oggetto fittizio, introdotto<br />

unicamente in quanto utile strumento per il calcolo. Questa soluzione<br />

è apparentemente la più semplice ed efficace, ma sembra riflettere un<br />

atteggiamento semplicista piuttosto che semplificatore. Inoltre,<br />

affermare che l’insieme vuoto non esiste e non ha significato, ma è un<br />

insieme contenente n elementi e precisamente con l’insieme dei numeri naturali<br />

minori <strong>di</strong> n, cioè i numeri da 0 a n-1. Tale insieme perciò ha n elementi.<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

concetto utile e perciò viene introdotto, è espressione <strong>di</strong> confusione.<br />

Così argomentando infatti non si prende una vera posizione<br />

sull’argomento. Sembra piuttosto che l’insieme vuoto sia assunto, ma<br />

non sia assunto del tutto.<br />

Dal punto <strong>di</strong> vista dell’analisi ontologica, cedere una simile<br />

ammissione parziale è una grave complicanza, in quanto comporta<br />

l’assunzione <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> esistenza per gli enti, i quali quin<strong>di</strong><br />

parteciperebbero all’essere in gradazioni <strong>di</strong>verse. A onore del vero va<br />

detto però che questa seconda soluzione, pur complicando<br />

orrendamente le cose dal punto <strong>di</strong> vista ontologico, le rende piuttosto<br />

semplici dal punto <strong>di</strong> vista matematico. Può quin<strong>di</strong> essere adottata da<br />

una ricerca sulla teoria degli insiemi che si <strong>di</strong>sinteressi della sua<br />

componente ontologica. Alla luce del fatto che questa tesi mira<br />

proprio a fornire una spiegazione ontologica della teoria degli insiemi,<br />

è evidente che una soluzione <strong>di</strong> questo tipo non è adatta allo scopo.<br />

Le due soluzioni proposte fino a questo punto sono <strong>di</strong> carattere<br />

principalmente matematico. In esse, l’analisi ontologica interviene a<br />

posteriori, cercando <strong>di</strong> adeguarsi alle strategie adottate dalla<br />

matematica. Poiché però stabilire se un certo ente è esistente o meno<br />

è una questione squisitamente ontologica, proprio l’ontologia è in<br />

grado <strong>di</strong> offrire delle soluzioni interessanti per il problema<br />

dell’insieme vuoto.<br />

La prima soluzione ontologica che mi sento <strong>di</strong> avanzare si basa sul<br />

fatto logico secondo cui esistono proprietà autocontrad<strong>di</strong>ttorie, che si<br />

103


Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

possono pensare agevolmente ma che non si possono pre<strong>di</strong>care <strong>di</strong><br />

alcun ente. Simili proprietà sono ad esempio la proprietà «essere<br />

<strong>di</strong>verso da se stesso», oppure la proprietà «godere <strong>di</strong> un attributo e<br />

contemporaneamente godere anche dell’attributo contrario», oppure<br />

ancora «essere un numero primo pari <strong>di</strong>verso da 2», o ancora «essere<br />

un numero <strong>di</strong>spari <strong>di</strong>visibile per 4». Tali proprietà possono, in accordo<br />

con il principio <strong>di</strong> comprensione, generare insiemi. Tali insiemi però<br />

non possono possedere elementi perché, per sod<strong>di</strong>sfare la con<strong>di</strong>zione<br />

definente l’insieme, essi dovrebbero essere enti autocontrad<strong>di</strong>ttori. È<br />

evidente come enti <strong>di</strong> questo tipo non possano esistere. Anche se<br />

potessero esistere, la loro introduzione sarebbe un ulteriore<br />

complicazione ontologica. Credo però che sia più semplicemente<br />

possibile spiegare l’insieme vuoto come la porzione <strong>di</strong> spazio-tempo<br />

resa vuota dai principi logici. Per chiarire tale idea, è utile un breve<br />

esperimento mentale. Immagino <strong>di</strong> voler costruire l’insieme il cui<br />

unico elemento è il numero naturale compreso tra 23 e 24. Percorro<br />

allora la successione dei numeri naturali fino a incontrare il numero<br />

23. Questo numero è separato dal numero 24 da un intervallo vuoto.<br />

Posso immaginare dunque che l’insieme, ovviamente vuoto, che<br />

contiene il numero naturale compreso tra 23 e 24 stia proprio in<br />

quell’intervallo, «svuotato» dai criteri che determinano i numeri<br />

naturali. L’inconciliabilità <strong>di</strong> tali criteri con la con<strong>di</strong>zione definente<br />

prerequisito dell’insieme dei numeri naturali tra 23 e 24, è la ragione<br />

della non esistenza <strong>di</strong> elementi che sod<strong>di</strong>sfino la con<strong>di</strong>zione. Di<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

conseguenza, dato che non ci sono elementi, l’insieme vuoto è,<br />

tautologicamente, vuoto. Ciononostante, l’insieme esiste in quanto è<br />

possibile definirlo. Credo comunque che esso appartenga a un tipo<br />

ontologico <strong>di</strong>verso da quello a cui appartiene l’insieme dei numeri<br />

naturali tra 22 e 24.<br />

Una proposta simile richiederebbe perciò una riformulazione<br />

dell’assioma dell’insieme vuoto. La versione riveduta asserirebbe che<br />

esiste un tipo <strong>di</strong> insieme la cui con<strong>di</strong>zione definente è<br />

autocontrad<strong>di</strong>ttoria e perciò tale insieme non contiene elementi 39 . Una<br />

soluzione <strong>di</strong> questo tipo sembra riesca a conservare lo statuto<br />

ontologico dell’insieme vuoto, complicando leggermente la teoria<br />

degli insiemi con l’introduzione <strong>di</strong> un concetto debole <strong>di</strong> insieme,<br />

accanto al concetto forte della tra<strong>di</strong>zione. In realtà, mi sembra che tale<br />

concetto debole <strong>di</strong> insieme sia già presente, seppur in forma latente,<br />

nei sistemi assiomatici. È curioso infatti che Zermelo, nella<br />

formulazione dell’assioma dell’insieme vuoto, scelga <strong>di</strong> definire tale<br />

insieme con la parola improprio. L’inconciliabilità degli elementi<br />

<strong>di</strong>stintivi dell’insieme vuoto con i criteri che definiscono il concetto <strong>di</strong><br />

insieme non deve essergli sfuggita. Per quanto questa soluzione<br />

sembri sod<strong>di</strong>sfacente, ritengo siano necessari ulteriori stu<strong>di</strong> volti a<br />

39 Una soluzione <strong>di</strong> questo tipo è adottata in FREGE, GOTTLOB, Über Sinn un<br />

Bedeutung, Zeitschrift für Philosophie und Philosophische Kritik, Lipsia 1892.<br />

Gottlob Frege sostiene che le descrizioni definite denotino oggetti, le descrizioni<br />

indefinite denotino insiemi e le descrizioni improprie, ovvero contrad<strong>di</strong>ttorie,<br />

denotino l’insieme vuoto.<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

verificare se l’ammissione <strong>di</strong> pre<strong>di</strong>cati autocontrad<strong>di</strong>ttori non generi<br />

molteplicità che a loro volta possano produrre antinomie.<br />

Mi sento <strong>di</strong> avanzare una seconda soluzione ontologica. Ammettere<br />

proprietà autocontrad<strong>di</strong>ttorie e tentare <strong>di</strong> creare un insieme, per quanto<br />

debole, utilizzando simili proprietà come criteri definenti, può non<br />

essere del tutto sod<strong>di</strong>sfacente. Infatti, si è <strong>di</strong>scusso a lungo 40 riguardo<br />

l’opportunità <strong>di</strong> servirsi delle proprietà autocontrad<strong>di</strong>ttorie, sia in<br />

tempi antichi, con Gorgia, Platone e Aristotele, sia in tempi moderni,<br />

come testimonia il <strong>di</strong>battito capeggiato dai filosofi Bertrand Russell,<br />

da una parte, e Alexius Von Meinong, dall’altra.<br />

Volendo dunque escludere l’introduzione delle proprietà<br />

autocontrad<strong>di</strong>ttorie, con tutte le penose conseguenze, si può provare a<br />

percorrere la strada dei mon<strong>di</strong> possibili. Tale prospettiva risale almeno<br />

a Leibniz 41 , ma vede la sua formulazione moderna nel lavoro del<br />

filosofo David Lewis 42 . Con «mondo possibile» si intendono quin<strong>di</strong><br />

tra<strong>di</strong>zionalmente tutte le collezioni <strong>di</strong> stati <strong>di</strong> cose che non sono<br />

necessari, ma nemmeno impossibili. Della nozione <strong>di</strong> mondo possibile<br />

40 Un’interessante raccolta <strong>di</strong> tali obiezioni, nonché uno stimolante testo critico<br />

sull’argomento, è rappresentato da BERTO, FRANCESCO, L’esistenza non è logica.<br />

Dal quadrato rotondo ai mon<strong>di</strong> possibili, Laterza, Roma-Bari 2010.<br />

41 In particolare, LEIBNIZ, GOTTFRIED WILHELM, Saggi <strong>di</strong> teo<strong>di</strong>cea, <strong>di</strong>sponibili nella<br />

traduzione italiana in MUGNAI, MASSIMO, PASINI, ENRICO, Scritti filosofici, a cura<br />

<strong>di</strong>, UTET, Torino 2000.<br />

42 Si vedano LEWIS, DAVID, Teoria delle controparti e logica modale quantificata, in<br />

SILVESTRINI, DANIELA, In<strong>di</strong>vidui e mon<strong>di</strong> possibili, a cura <strong>di</strong>, Feltrinelli, Milano<br />

1976, LEWIS, DAVID, Counterfactuals, Blackwell, Oxford 1973 e LEWIS, DAVID, On<br />

the Plurality of Worlds, Blackwell, Oxford 1986.<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

si danno due interpretazioni. L’interpretazione attualista attribuisce<br />

alla nozione <strong>di</strong> mondo possibile l’unico compito <strong>di</strong> costituire un utile<br />

strumento per immaginare come avrebbero potuto ipoteticamente<br />

presentarsi gli stati <strong>di</strong> cose attuali del mondo.<br />

L’interpretazione che invece corrisponde al realismo modale<br />

prevede un serio impegno ontologico nei confronti dei mon<strong>di</strong> possibili<br />

e introduce dunque, accanto agli enti che popolano il mondo attuale,<br />

anche enti che potrebbero popolare mon<strong>di</strong> possibili, accanto al mondo<br />

attuale, un numero infinito <strong>di</strong> mon<strong>di</strong> possibili. Il mondo attuale infatti,<br />

secondo tale prospettiva, è il modo in cui le cose stanno, mentre i<br />

mon<strong>di</strong> possibili sono i mo<strong>di</strong> in cui le cose avrebbero potuto stare.<br />

Invece, le leggi logiche della necessità e dell’impossibilità sono<br />

con<strong>di</strong>vise dal mondo attuale e da tutti i mon<strong>di</strong> possibili.<br />

Arrivando all’insieme vuoto quin<strong>di</strong>, una soluzione possibile è<br />

quella <strong>di</strong> far corrispondere le con<strong>di</strong>zioni definenti insiemi vuoti con<br />

proprietà possibili, ma non attuali. Per fare un esempio, l’insieme<br />

degli esseri umani con sei occhi è vuoto in questo mondo. Siccome<br />

però non è logicamente contrad<strong>di</strong>ttorio che un essere umano abbia sei<br />

occhi, tale insieme potrebbe avere elementi in un mondo possibile,<br />

esattamente uguale al mondo attuale tranne che per questa<br />

caratteristica. E forse anche per il fatto che i produttori <strong>di</strong> lenti a<br />

contatto sarebbero sicuramente più ricchi.<br />

Attraverso l’utilizzo <strong>di</strong> siffatta strategia, gli insiemi vuoti avrebbero<br />

caratteristiche ontologiche del tutto identiche a quelle degli insiemi<br />

107


Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

con elementi. Sia i primi sia i secon<strong>di</strong> sarebbero definiti da una<br />

proprietà, ma per un caso, ovvero l’attualità o meno della proprietà in<br />

questione, alcuni insiemi rimarrebbero vuoti. L’adozione <strong>di</strong> questa<br />

strategia dunque riesce elegantemente a ricondurre l’insieme vuoto al<br />

concetto <strong>di</strong> insieme, per quanto complichi non poco l’impegno<br />

ontologico preso dalla teoria degli insiemi. Una soluzione c’è ed è<br />

quella <strong>di</strong> considerare i mon<strong>di</strong> possibili solo in funzione euristica,<br />

senza veramente impegnarsi sulla loro esistenza. Anche in questo<br />

caso, ritengo che siano necessari stu<strong>di</strong> successivi per accertarsi che<br />

l’introduzione <strong>di</strong> proprietà sod<strong>di</strong>sfatte da enti dei mon<strong>di</strong> possibili non<br />

generi antinomie.<br />

4. GLI INSIEMI VUOTI DI TROPI<br />

Alla luce del fatto che lo scopo <strong>di</strong> questo lavoro è proprio quello <strong>di</strong><br />

verificare la conciliabilità della teoria degli insiemi con un’ontologia<br />

dei tropi, è utile vedere quali delle soluzioni offerte possa essere<br />

adottata dalla teoria dei tropi. Come si è detto, le prime due soluzioni<br />

non intervengono sull’ontologia dell’insieme vuoto, in quanto la<br />

prima lo nega mentre la seconda lo assume esclusivamente in quanto<br />

ente fittizio. Tali soluzioni mi sembrano conciliabili con l’ontologia<br />

proposta dai tropi. Il motivo è che ritengo che tale ontologia non<br />

venga in nessun modo intaccata o mo<strong>di</strong>ficata dall’adozione <strong>di</strong> una<br />

delle due soluzioni, in<strong>di</strong>scriminatamente.<br />

108


Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

Ciò che resta da provare dunque è la conciliabilità della teoria degli<br />

insiemi con l’adozione delle proprietà autocontrad<strong>di</strong>ttorie, richieste<br />

dalla terza soluzione, e delle proprietà non attuali, previste dalla quarta<br />

soluzione. Poiché si tratta <strong>di</strong> due prospettive molto <strong>di</strong>verse, è<br />

necessario analizzarle separatamente.<br />

La prima proposta ontologica dunque prevede l’ammissione<br />

nell’ontologia <strong>di</strong> proprietà autocontrad<strong>di</strong>ttorie, al fine <strong>di</strong> determinare<br />

enti che necessariamente non possano vantare alcun tipo <strong>di</strong> esistenza<br />

reale. Per quanto privi <strong>di</strong> esistenza reale, tali proprietà possono però<br />

costituirsi come strumenti del pensiero e definire una con<strong>di</strong>zione. Tale<br />

con<strong>di</strong>zione può allora in<strong>di</strong>care l’insieme vuoto, in quanto non può<br />

essere rispettata da alcun elemento.<br />

Per la teoria dei tropi, come è ormai chiaro, le proprietà sono<br />

particolari astratti, che aggregandosi si concretizzano negli oggetti<br />

materiali, da un lato, e formano gli oggetti astratti, dall’altro lato. Ciò<br />

che compone l’essere a livello elementare dunque sono solo le<br />

proprietà. Mi sembra allora che non sia possibile riferirsi a proprietà<br />

autocontrad<strong>di</strong>ttorie, perché siffatte proprietà necessariamente non<br />

esistono e non esistendo non possono aggregarsi e costituire un<br />

insieme. Può essere tentata allora un’altra strada, cioè quella <strong>di</strong><br />

assumere oggetti auto contrad<strong>di</strong>ttori. Siffatti oggetti potrebbero<br />

annoverare tra i fasci che ipoteticamente li compongono proprietà in<br />

contrad<strong>di</strong>zione tra loro. Ad esempio, posso immaginare un oggetto<br />

concreto costituito da due tropi: il primo è un tropo come «questo<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

rosso qui», mentre il secondo è un tropo come «questo verde qui».<br />

Ovviamente, per quanto esistano oggetti colorati con sfumature<br />

<strong>di</strong>verse, una determinata porzione <strong>di</strong> spazio-tempo non può<br />

contemporaneamente essere denotata da due <strong>di</strong>fferenti proprietà<br />

percepite dallo stesso senso. Quin<strong>di</strong>, un fascio così costituito sarebbe<br />

contrad<strong>di</strong>ttorio e non potrebbe portare a compimento il processo <strong>di</strong><br />

aggregazione e <strong>di</strong> costituzione dell’ente. L’insieme vuoto infatti, in<br />

quanto insieme improprio, si costituisce attraverso un processo che si<br />

sviluppa fino a un certo punto, per poi bloccarsi a causa<br />

dell’inconciliabilità dei principi che fondano il sistema a cui tale ente<br />

appartiene.<br />

Esattamente nello stesso modo quin<strong>di</strong>, il proce<strong>di</strong>mento <strong>di</strong><br />

costituzione <strong>di</strong> un oggetto concreto che si basi su un fascio <strong>di</strong> tropi in<br />

contrad<strong>di</strong>zione tra loro, subisce a un certo punto un arresto, che non<br />

gli permette <strong>di</strong> concludersi.<br />

Un insieme vuoto dunque può essere chiamato improprio perché,<br />

pur iniziando a costituirsi da un fascio <strong>di</strong> oggetti, tale fascio non riesce<br />

a creare l’oggetto-insieme a causa della contrad<strong>di</strong>ttorietà dei tropi che<br />

lo compongono. L’insieme vuoto non si determinerebbe quin<strong>di</strong> a<br />

partire da elementi autocontrad<strong>di</strong>tori, ma a partire da insiemi<br />

autocontrad<strong>di</strong>ttori. Ritengo però che tale soluzione non possa<br />

funzionare innanzitutto perché è in aperta contrad<strong>di</strong>zione con<br />

l’assioma <strong>di</strong> estensionalità. Tale assioma infatti precisa che l’insieme<br />

non è caratterizzato dal modo in cui i suoi elementi lo compongono.<br />

110


Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

Per queste ragioni, definire un insieme autocontrad<strong>di</strong>ttorio in virtù<br />

della contrad<strong>di</strong>ttorietà dei suoi elementi non ha assolutamente senso<br />

per la teoria degli insiemi.<br />

La soluzione dunque non convince. Oltre alla confutazione del<br />

tentativo <strong>di</strong> utilizzare insieme autocontrad<strong>di</strong>ttori, va ricordato che la<br />

prima proposta ontologica in origine prevedeva l’assunzione <strong>di</strong><br />

proprietà autocontrad<strong>di</strong>ttorie. Simili proprietà non possono essere<br />

ammesse all’interno <strong>di</strong> un’ontologia dei tropi, dunque questa<br />

soluzione deve essere rigettata senza indugio.<br />

La seconda proposta ontologica invece proponeva <strong>di</strong> far<br />

corrispondere all’insieme vuoto l’oggetto costituito da tropi non<br />

attuali, grazie all’introduzione del concetto <strong>di</strong> mondo possibile.<br />

Nonostante la resistenza <strong>di</strong> Donald Williams, un altro grande teorico<br />

dei tropi, John Bacon, nel suo Universals and Property Istances: the<br />

Alphabet of Being, ha ammesso i mondo possibili all’interno della<br />

metafisica dei tropi. Secondo il filosofo australiano infatti le<br />

prospettive sono molto facilmente conciliabili: il mondo attuale è<br />

costituito dai tropi che esistono e, allo stesso modo, i mon<strong>di</strong> possibili<br />

sono costituiti da tropi la cui esistenza, se pur non realizzata, è però<br />

possibile. È interessante a questo punto ricordare che una delle ragioni<br />

che hanno spinto John Bacon ha includere tropi possibili è proprio<br />

quella <strong>di</strong> fornire un’adeguata trattazione delle proprietà non<br />

esemplificate. Il filosofo infatti assegna a tali proprietà un tipo <strong>di</strong><br />

esistenza non realizzata nel mondo attuale, ma realizzabile in mon<strong>di</strong><br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

possibili. Poiché, come è ormai chiaro, i tropi si aggregano in oggetti,<br />

allora gli oggetti possibili ma non realizzati esistono nei mon<strong>di</strong><br />

possibili.<br />

«Oggetto possibile ma non realizzato» è un’espressione che può<br />

essere <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficile comprensione, in quanto non è chiaro a cosa si<br />

riferisca. Un chiarimento può venire da esempi come l’oggetto astratto<br />

possibile ma non realizzato che è «la mia amicizia con Socrate». Il<br />

personaggio storico non esiste in questo mondo in questo momento,<br />

ma posso immaginare un mondo possibile dove io e Socrate siamo<br />

contemporanei e intrecciamo una relazione <strong>di</strong> amicizia. Un esempio <strong>di</strong><br />

oggetto concreto non realizzato può essere invece qualcosa <strong>di</strong> molto<br />

semplice come «il volume della mia tesi <strong>di</strong> laurea». Oggi, 6 maggio<br />

2011, nel mondo attuale, il volume della mia tesi non esiste, ma presto<br />

queste pagine, stampate e rilegate, si comporranno a formare il<br />

volume della mia tesi <strong>di</strong> laurea.<br />

Ciò detto quin<strong>di</strong>, sembra che la soluzione ontologica dei mon<strong>di</strong><br />

possibili sia non solo realizzabile ma bene accetta. Resta da vedere se<br />

sia una scelta sensata. Infatti, così facendo la teoria dei tropi si<br />

renderebbe vittima delle obiezioni avanzate nei confronti delle<br />

metafisiche che scelgono <strong>di</strong> adottare mon<strong>di</strong> possibili. Ammettere<br />

mon<strong>di</strong> possibili dunque potrebbe comportare quin<strong>di</strong> un indebolimento<br />

della teoria, piuttosto che un rafforzamento in termini <strong>di</strong> ampiezza<br />

dell’applicazione.<br />

112


Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

Inoltre, non costituisce assolutamente una manovra economica per<br />

la teoria dei tropi introdurre i mon<strong>di</strong> possibili al solo fine <strong>di</strong> fornire<br />

una soluzione per il problema dell’insieme vuoto. Questa osservazioni<br />

vale in particolar modo se sono adottabili le due soluzioni<br />

matematiche. L’applicabilità delle due soluzioni matematiche però<br />

non è assolutamente scontata, per quanto possa apparire meno<br />

complessa.<br />

113


Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

OSSERVAZIONI CONCLUSIVE<br />

In questo lavoro ho cercato <strong>di</strong> applicare il sistema metafisico<br />

proposto dalla teoria dei tropi al sistema matematico della teoria degli<br />

insiemi. La verifica si rende necessaria perché la teoria degli insiemi è<br />

stata elaborata all’interno <strong>di</strong> un sistema metafisico <strong>di</strong>fferente. Ecco<br />

perché non è scontato che essa sia utilizzabile coerentemente con<br />

l’adozione della metafisica dei tropi.<br />

Armonizzare un sistema metafisico che rifiuti gli universali, come<br />

la teoria dei tropi, con un sistema matematico che se ne serve, poteva<br />

inizialmente sembrare un’ardua impresa. L’analisi che ho condotto ha<br />

invece rivelato che, per quanto <strong>di</strong> sicuro la teoria degli insiemi utilizzi<br />

gli universali, ciò che conta dal punto <strong>di</strong> vista metafisico è che a tali<br />

universali non sia riconosciuto alcun tipo <strong>di</strong> statuto ontologico. Il<br />

dominio da cui parte la fondazione della teoria degli insiemi infatti<br />

non assume nessun tipo <strong>di</strong> impegno ontologico nei confronti degli<br />

universali. Nient’altro è ammesso all’interno del dominio se non enti<br />

semplici e in<strong>di</strong>viduali, a partire dai quali si possono costruire insiemi.<br />

Di conseguenza, appare chiaro che, se una teoria matematica<br />

ammette solo entità semplici e in<strong>di</strong>viduali, gli universali <strong>di</strong> cui si serve<br />

non sono universali in senso forte, come ad esempio quelli ammessi<br />

dalla metafisica realista. Per la teoria degli insiemi, gli universali non<br />

esistono nella realtà, ma hanno un’esistenza esclusivamente<br />

concettuale o nominale. Sono cioè enti che l’ontologia ammette solo<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

all’interno della mente come utili concetti, oppure sono<br />

semplicemente nomi <strong>di</strong> cui la mente si serve per riferirsi a gruppi <strong>di</strong><br />

elementi in<strong>di</strong>viduali.<br />

Mi pare che questa analisi abbia evidenziato chiaramente che una<br />

metafisica che voglia can<strong>di</strong>darsi al suolo <strong>di</strong> supporto ontologico per la<br />

teoria degli insiemi deve rispondere a due criteri fondamentali. Il<br />

primo criterio è che la metafisica preveda una trattazione degli<br />

universali in senso concettualista o nominalista. Il secondo criterio, a<br />

mio avviso più importante, è che si tratti <strong>di</strong> una metafisica che riduca<br />

l’essere a entità <strong>di</strong> un solo tipo.<br />

Nella teoria dei tropi, così come nella teoria degli insiemi, gli<br />

universali sono ammessi esclusivamente in quanto concetti mentali<br />

originati dalle manifestazioni dei particolari. Inoltre, la teoria ammette<br />

un solo tipo <strong>di</strong> essere, offrendosi dunque come can<strong>di</strong>data ideale al<br />

ruolo <strong>di</strong> supporto ontologico per la teoria degli insiemi.<br />

È in<strong>di</strong>scutibilmente vero che la teoria dei tropi non sia l’unica<br />

metafisica che ammette un solo tipo <strong>di</strong> essere, né che tratti gli<br />

universali in senso debole. Dunque potrebbe non rivelarsi la più<br />

consona a sostenere metafisicamente la teoria degli insiemi.<br />

Quantunque prive <strong>di</strong> atteggiamento riduzionista, altre metafisiche<br />

potrebbero anche rivelarsi più idonee a svolgere questo ruolo.<br />

L’obiettivo <strong>di</strong> questo lavoro d’altronde non era quello <strong>di</strong> evidenziare<br />

la metafisica più adatta per la teoria degli insiemi, ma <strong>di</strong> verificare la<br />

coerenza del suo utilizzo da parte <strong>di</strong> chi affi<strong>di</strong> il suo impegno<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

ontologico alla teoria dei tropi. Tale obiettivo può <strong>di</strong>rsi raggiunto,<br />

anche se alcune questioni che ho sollevato restano ancora<br />

fecondamente aperte. Ulteriori stu<strong>di</strong> potrebbero approfon<strong>di</strong>re questo<br />

tema, appurando ad esempio se la teoria dei tropi sia innocente in<br />

relazione ai paradossi della teoria degli insiemi e, viceversa,<br />

controllando se le obiezioni mosse alla teoria dei tropi non comportino<br />

conseguenze, metafisiche o matematiche, per la teoria degli insiemi.<br />

La teoria dei tropi ha mostrato la sua forza in termini <strong>di</strong> semplicità<br />

ed economicità. La potenza espressiva che la contrad<strong>di</strong>stingue le<br />

consente <strong>di</strong> farsi carico delle complesse esigenze ontologiche della<br />

teoria degli insiemi. Inoltre l’atteggiamento riduzionista, piuttosto che<br />

essere colpevole <strong>di</strong> attribuire rigi<strong>di</strong>tà al sistema, si rivela un punto <strong>di</strong><br />

forza per l’analisi della teoria degli insiemi.<br />

Ho provato a verificare la coerenza della teoria dei tropi con la<br />

teoria degli insiemi. Concludendo questa ricerca, mi avvedo come<br />

molti altri siano i para<strong>di</strong>gmi metafisici che, <strong>di</strong> là dalla coerenza<br />

formale, andrebbero sottoposti a ulteriori verifiche, con l’intento <strong>di</strong><br />

accertarne la conciliabilità con i para<strong>di</strong>gmi utilizzati dall’impresa<br />

conoscitiva. Mi riferisco fra gli altri alle teorie della fisica moderna,<br />

alle dottrine economiche e sociali o ai modelli epistemologici. Mi<br />

auguro che questa agenda possa costituire il mio programma <strong>di</strong> ricerca<br />

per i prossimi anni.<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

RINGRAZIAMENTI<br />

Vorrei ringraziare il professor Paolo Valore, per l’impegno e la<br />

<strong>di</strong>sponibilità che ha mostrato negli ultimi cinque anni. La sua passione<br />

e la sua professionalità mi sono stati <strong>di</strong> grande esempio.<br />

Desidero ringraziare anche a tutte le menti geniali che hanno<br />

formulato le meravigliose teorie e i sistemi straor<strong>di</strong>nari che mi hanno<br />

incantata in questi anni <strong>di</strong> Università e hanno mo<strong>di</strong>ficato<br />

invariabilmente ciò che sono.<br />

Ringrazio i miei meravigliosi amici Carolina Marsico, Fabio Prolo,<br />

Daria Pitacco, Diederik Pierani, Eleonora Pinna, Alessandro Mezzetti<br />

Federica Biotti, Marco Berretta e Nelson Haxhija. Ognuno <strong>di</strong> loro mi<br />

ha regalato gran<strong>di</strong> momenti <strong>di</strong> <strong>di</strong>vertimento, spontaneità, calore,<br />

solidarietà e affetto sincero. La spensieratezza e la serenità che<br />

abbiamo con<strong>di</strong>viso restano nel mio cuore, imprescin<strong>di</strong>bilmente da<br />

dove ci porterà il futuro.<br />

Infine, de<strong>di</strong>co questo lavoro a mio padre Franco, che mi è stato<br />

vicino in ogni momento della mia vita, aiutandomi davanti alle<br />

<strong>di</strong>fficoltà con infinita pazienza e spronandomi a dare sempre il meglio<br />

<strong>di</strong> me. Non ha mai lasciato vacillare la mia fiducia nel mondo e nella<br />

possibilità <strong>di</strong> raggiungere i miei obiettivi, per quanto ambiziosi.<br />

Voglio ringraziarlo soprattutto per avermi trasmesso buona parte <strong>di</strong><br />

ciò che sono e per tutto quello che mi trasmetterà ancora da oggi fino<br />

alla fine della nostra vita insieme.<br />

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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />

<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />

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