Tesi di Laurea di Costanza Brevini - SELP
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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO<br />
FACOLTÀ DI LETTERE E FILOSOFIA<br />
Corso <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> in Scienze Filosofiche<br />
Una metafisica alla prova: la<br />
teoria dei tropi applicata alla<br />
teoria degli insiemi<br />
Relatore: Chiar.mo Prof. Paolo VALORE<br />
Anno Accademico 2010/2011<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong>:<br />
<strong>Costanza</strong> BREVINI<br />
Matr. N. 773093
Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
INDICE<br />
OSSERVAZIONI PRELIMINARI………………………...5<br />
Capitolo primo: LA TEORIA DEI TROPI<br />
1. Cos’è la teoria dei tropi ……………………………………15<br />
2. Principali caratteristiche <strong>di</strong> un'ontologia dei tropi…………18<br />
3. Il <strong>di</strong>venire nella teoria dei tropi: cambiamento, eventi,<br />
cause…………………………………………………………………29<br />
4. Possibili obiezioni alla teoria dei tropi: eventuali soluzioni e<br />
questioni ancora aperte......…………………………………….…….32<br />
5. Tirando le somme: costi e vantaggi della teoria dei<br />
tropi………………………………………………………………….39<br />
Capitolo secondo: LA TEORIA DEI TROPI COME<br />
ONTOLOGIA DEGLI ENTI MATEMATICI<br />
1. Ontologie degli enti matematici……………………………42<br />
2. Che cosa sono gli enti matematici………………………….47<br />
3. Proprietà e relazioni degli enti matematici…………………51<br />
Capitolo terzo: LA TEORIA DEGLI INSIEMI<br />
1. La teoria ingenua <strong>di</strong> Cantor………………………………...57<br />
2. I paradossi della teoria degli insiemi……………………….61<br />
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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
3. Le teorie assiomatiche degli insiemi……………………….67<br />
4. La teoria dei tipi……………………………………………83<br />
5. La teoria pre<strong>di</strong>cativista <strong>di</strong> Weyl……………………………87<br />
6. Per un bilancio della teoria degli insiemi…………………..90<br />
Capitolo quarto: I FASCI DI TROPI COME INSIEMI DI<br />
ELEMENTI<br />
1. Le proprietà sono gli elementi costitutivi dell’essere: elementi<br />
e tropi………………………………………………………………...92<br />
2. Il problema dell’insieme vuoto…………………………….99<br />
3. Quattro possibili soluzioni………………………………..101<br />
4. Gli insiemi vuoti <strong>di</strong> tropi………………………………….108<br />
OSSERVAZIONI CONCLUSIVE…………...……………...114<br />
RINGRAZIAMENTI…………..………………………………117<br />
BIBLIOGRAFIA………………………………………………..118<br />
3
Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
«La verità è una cosa troppo complicata perché<br />
permetta qualcosa <strong>di</strong> <strong>di</strong>fferente dalle approssimazioni»<br />
4<br />
JOHN VON NEUMANN
Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
OSSERVAZIONI PRELIMINARI<br />
Questo lavoro si propone <strong>di</strong> mettere alla prova un tipo <strong>di</strong><br />
metafisica, che ha conosciuto una fortuna piuttosto recente: la teoria<br />
dei tropi. A tal fine è opportuno fissare alcune fondamentali questioni<br />
terminologiche. L’ontologia è quella parte della filosofia che mira a<br />
isolare e a categorizzare gli elementi ultimi dell’essere. Ciò non<br />
significa semplicemente risalire nella classificazione <strong>di</strong> tutto ciò che<br />
c’è fino a raggiungere gli enti non ulteriormente <strong>di</strong>visibili. Vuol <strong>di</strong>re<br />
anche assicurarsi che questi in<strong>di</strong>vidui, oltre a essere ultimi, siano in<br />
grado <strong>di</strong> descrivere esaustivamente l’intera pluralità dell’essere.<br />
Definiamo invece metafisica la <strong>di</strong>sciplina che classifica gli enti<br />
ultimi, assegnando ciascuno a uno dei tipi ammessi da ogni <strong>di</strong>versa<br />
teoria 1 . Ecco perché sono molteplici le metafisiche che si sono<br />
avvicendate nel corso della storia della filosofia. Per un lungo periodo<br />
i pensatori hanno costruito le loro teorie sulla solida base della<br />
<strong>di</strong>stinzione ontologica tra in<strong>di</strong>vidui e proprietà. Questo tipo <strong>di</strong><br />
metafisica fonda l’essere su un sostrato materiale piuttosto misterioso,<br />
al quale si appoggiano le proprietà. Esse hanno la funzione <strong>di</strong><br />
informare il sostrato, creando in tal modo l’illusione della molteplicità<br />
dell’essere: un velo variegato che si adagia però su una materialità<br />
omogenea.<br />
1 Questa concezione del rapporto tra metafisica e ontologia è presente in letteratura, in<br />
particolare si veda VALORE, PAOLO, L’inventario del mondo. Guida allo stu<strong>di</strong>o<br />
dell’ontologia, Utet, Torino 2008.<br />
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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
Le singole proprietà che sono possedute dagli enti concreti si<br />
radunano per somiglianza a formare gli universali. Gli universali<br />
possono essere ante rem, godere quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> una realtà precedente le<br />
cose in<strong>di</strong>viduali; in re, quelli che cioè sono nelle cose stesse; o post<br />
rem, in altre parole derivanti dagli oggetti materiali successivamente,<br />
tramite un processo astrattivo <strong>di</strong> tipo conoscitivo. Da questa analisi<br />
derivano principalmente tre teorie degli universali, quin<strong>di</strong> tre<br />
metafisiche <strong>di</strong>fferenti. La prima è la metafisica realista, che assicura<br />
l’esistenza degli universali in<strong>di</strong>pendentemente dalla mente che li<br />
pensa. Essa inoltre garantisce a questi un solido statuto ontologico. La<br />
seconda metafisica è chiamata concettualismo. Gli universali secondo<br />
questa prospettiva sono categorie della mente e sono generati<br />
dall’attività conoscitiva e categorizzante della realtà. Per quanto più<br />
debole del realismo, il concettualismo quin<strong>di</strong> garantisce un qualche<br />
tipo <strong>di</strong> realtà agli universali. Infine, il nominalismo nega<br />
assolutamente ogni esistenza agli universali: essi sono convenzioni,<br />
flatus vocis, semplici nomi. Non vi è dunque per gli universali nessun<br />
tipo <strong>di</strong> impegno ontologico. Quest’ultima prospettiva è stata<br />
recuperata recentemente ed è stata <strong>di</strong>fesa in mo<strong>di</strong> nuovi, in particolare<br />
dagli esponenti della filosofia analitica. Bertrand Russell, Donald Cary<br />
Williams, David Lewis e Donald Davidson, ma anche David Malet<br />
Armstrong, Peter Strawson e George Frederik Stout, sono gli iniziatori<br />
<strong>di</strong> alcuni tra gli spunti più originali della filosofia del XX secolo.<br />
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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
Gli stimoli che hanno portato alla rinnovata attenzione dei filosofi<br />
nei confronti della metafisica sono numerosi. Si possono rintracciare<br />
in particolare nel tentativo <strong>di</strong> trovare una risposta al problema dei<br />
fondamenti posto dalla matematica, alle domande che provenivano<br />
dagli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> filosofia analitica circa i fondamenti dell’essere, nelle<br />
questioni relative la vali<strong>di</strong>tà del linguaggio e, conseguentemente, della<br />
logica. Inoltre, l’indagine filosofica ha evidenziato i limiti della<br />
metafisica che prevede in<strong>di</strong>vidui e proprietà. È proprio attraverso i<br />
tentativi <strong>di</strong> superamento <strong>di</strong> questi limiti che hanno visto la luce nuove<br />
e originali teorie metafisiche.<br />
Una delle prospettive moderne che ha goduto <strong>di</strong> maggior fortuna è<br />
quella nota col nome <strong>di</strong> tri<strong>di</strong>mensionalismo 2 . Questa filosofia nasce<br />
come risposta alle <strong>di</strong>fficoltà che si trova ad affrontare ogni metafisica<br />
impegnata a spiegare il fenomeno del cambiamento. Gli ostacoli da<br />
superare sono ancora maggiori per sistemi che prevedono in<strong>di</strong>vidui, da<br />
una parte, e attributi, dall’altra. Se infatti un oggetto concreto è<br />
costituito dalle sue proprietà e da un sostrato che le regge, allora nel<br />
momento in cui una <strong>di</strong> queste proprietà è persa o sostituita, sembra<br />
che si assista alla creazione <strong>di</strong> un nuovo oggetto. Il tri<strong>di</strong>mensionalismo<br />
dunque colloca i suoi enti in uno spazio tri<strong>di</strong>mensionale immerso nel<br />
2 La bibliografia sul tri<strong>di</strong>mensionalismo comprende STRAWSON, PETER FREDERIK,<br />
In<strong>di</strong>vidui. Saggio <strong>di</strong> metafisica descrittiva, Feltrinelli- Bocca, Milano 1978;<br />
WIGGINS, DAVID, Sul trovarsi nello stesso luogo allo stesso tempo, in Metafisica.<br />
Classici contemporanei, a cura <strong>di</strong> Achille Varzi, Laterza, Roma-Bari 2008;<br />
ARMSTRONG, DAVID MALET, Universals. An Opinionated Introduction, Westview,<br />
Boulder 1989.<br />
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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
continuum temporale. Il tri<strong>di</strong>mensionalismo tra<strong>di</strong>zionalmente riesce a<br />
garantire l’identità nel tempo <strong>di</strong> oggetti concreti in mutamento grazie<br />
all’introduzione del concetto <strong>di</strong> tipo. Il tipo <strong>di</strong> un oggetto in<strong>di</strong>ca che<br />
cos’è quell’oggetto, mentre le proprietà si limitano a in<strong>di</strong>care com’è<br />
fatto o come viene percepito. Gli oggetti concreti sono quin<strong>di</strong><br />
esaustivamente costituiti dalle proprietà <strong>di</strong> cui godono e dal tipo cui<br />
appartengono. Inoltre, sono estesi tri<strong>di</strong>mensionalmente nello spazio e<br />
sono in grado <strong>di</strong> mantenere identità nel tempo grazie al conservarsi del<br />
tipo nonostante il mutamento delle proprietà.<br />
Un particolare esempio <strong>di</strong> tri<strong>di</strong>mensionalismo è costituito dalla<br />
teoria dei tropi. Tale teoria assume sempre oggetti tri<strong>di</strong>mensionali<br />
calati nel flusso temporale, ma riesce a rinunciare sia al sostrato<br />
materiale, sia alla nozione <strong>di</strong> tipo. Sono proprio questi due concetti a<br />
costituire i punti deboli delle teorie tri<strong>di</strong>mensionaliste, perché<br />
entrambi, se sottoposti a un’attenta analisi, si rivelano piuttosto oscuri<br />
e problematici. La caratteristica principale della teoria dei tropi, come<br />
si vedrà nello specifico più avanti, è che le proprietà non vengono<br />
considerate esemplificazioni <strong>di</strong> entità universali. Esse stesse sono<br />
entità particolari ma sempre astratte, come gli universali. Si<br />
presentano comunque alcune <strong>di</strong>fficoltà relative sempre al mutamento,<br />
che fanno del tri<strong>di</strong>mensionalismo una teoria non del tutto<br />
sod<strong>di</strong>sfacente. In particolare, è <strong>di</strong> cocente importanza la questione<br />
della persistenza nel tempo delle entità concrete, definite come<br />
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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
«continuanti». I teorici del sequenzialismo 3 , un altro tipo <strong>di</strong> filosofia<br />
tri<strong>di</strong>mensionalista, hanno tentato una strada alternativa, definendo gli<br />
oggetti concreti come «persistenti». Essi sono cioè enti momentanei<br />
che si susseguono incessantemente, dando l’impressione della<br />
continuità. A ben vedere invece, ogni cambiamento provoca la<br />
<strong>di</strong>struzione <strong>di</strong> un oggetto materiale e la creazione <strong>di</strong> un altro oggetto.<br />
Purtroppo, anche in questo caso non ci si può ritenere completamente<br />
sod<strong>di</strong>sfatti. Assegnare a enti concreti, soprattutto se persone o<br />
comunque esseri viventi 4 , uno statuto ontologico così fragile è<br />
decisamente controverso. Poi, il continuo processo <strong>di</strong> <strong>di</strong>struzione e<br />
creazione al quale vengono sottoposte le entità genera molti sospetti.<br />
In ultimo, sembra che il sequenzialismo non spieghi veramente il<br />
cambiamento, in quanto non affronta davvero ciò che succede a un<br />
oggetto quando questo subisce un cambiamento. Sembra infatti che<br />
esso preveda invece la creazione <strong>di</strong> un numero altissimo <strong>di</strong><br />
controparti, che hanno sicuramente qualche tipo <strong>di</strong> relazione con<br />
l’oggetto che soggiace al cambiamento, ma non sembra che intreccino<br />
con esso una relazione <strong>di</strong> identità.<br />
In risposta alle <strong>di</strong>fficoltà del sequenzialismo e del<br />
tri<strong>di</strong>mensionalismo in genere, si è provato a identificare un oggetto<br />
materiale con il contenuto <strong>di</strong> una porzione <strong>di</strong> spazio-tempo. La<br />
3 SIDER, THEODORE Il mondo è uno sta<strong>di</strong>o, in Metafisica. Classici contemporanei a<br />
cura <strong>di</strong> Achille Varzi, Laterza, Roma-Bari 2008.<br />
4 LOWE, JONATHAN The possibility of Metaphysics: Substance, Identity and Time,<br />
Clarendon, Oxford 1998.<br />
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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
prospettiva che ha tentato questa soluzione prende il nome <strong>di</strong><br />
quadri<strong>di</strong>mensionalismo 5 . La caratteristica fondante <strong>di</strong> questa dottrina è<br />
<strong>di</strong> assegnare all’estensione nel tempo le stesse caratteristica assegnate<br />
all’estensione nello spazio: anche il tempo è quin<strong>di</strong> annoverato tra le<br />
<strong>di</strong>mensioni, come suggerisce il nome della teoria. Gli oggetti materiali<br />
sono dunque occorrenti, nel senso che avvengono nel tempo, ma non<br />
vi si protraggono, come invece facevano gli enti continuanti del<br />
tri<strong>di</strong>mensionalismo. Il cambiamento nel senso quadri<strong>di</strong>mensionalista<br />
dunque si spiega facendo ricorso al concetto <strong>di</strong> parte temporale. Nella<br />
prospettiva quadri<strong>di</strong>mensionali sta infatti, un oggetto che subisce un<br />
mutamento si <strong>di</strong>vide nelle sue parti temporali, porzioni <strong>di</strong> materia<br />
assegnate a uno specifico momento. In questo modo, un oggetto che si<br />
mo<strong>di</strong>fica è in grado <strong>di</strong> conservare identità, perché rimane<br />
sostanzialmente lo stesso, ma appare <strong>di</strong>versamente a seconda della<br />
parte temporali che si decide <strong>di</strong> prendere in esame.<br />
Si può ora arrivare alla questione principale che mi ha spinto a<br />
intraprendere questo lavoro. La metafisica è una <strong>di</strong>sciplina preliminare<br />
non solo a ogni indagine filosofica, ma anche a ogni indagine<br />
scientifica. Preliminare non va qui inteso come superiore per<br />
importanza. Piuttosto, si consideri come propedeutico. Infatti,<br />
qualunque indagine sul mondo che pretenda <strong>di</strong> essere coerente,<br />
dall’etica alla sociologia, dalla matematica all’arte, si trova<br />
necessariamente a dover assumere un iniziale impegno ontologico sui<br />
5 SIDER, THEODORE, Four-<strong>di</strong>mensionalism. An Ontology of Persistence and Time,<br />
Oxford University Press, Oxford 2001.<br />
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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
tipi <strong>di</strong> enti che sceglie <strong>di</strong> includere all’interno della teoria. Ora, poiché<br />
il sistema metafisico che contrappone la sostanza alle proprietà ha<br />
permeato a lungo tutti i campi del sapere, con maggiore o minore<br />
consapevolezza da parte degli scienziati, necessariamente molti degli<br />
strumenti e dei para<strong>di</strong>gmi culturali e sociali <strong>di</strong> cui ci serviamo si<br />
fondano su questo modello metafisico. L’analisi filosofica del secolo<br />
scorso ha però, come anticipato, rivelato i limiti del sistema metafisico<br />
tra<strong>di</strong>zionale e proposto modelli più coerenti e completi. Soprattutto,<br />
ciò che alcuni dei più recenti modelli metafisici offrono in più è<br />
un’elegante traduzione del para<strong>di</strong>gma fisico contemporaneo. Non è<br />
necessario sottolineare quanto sia importante per una teoria metafisica<br />
offrire una buona resa della teoria fisica che le è contemporanea. Cosa<br />
<strong>di</strong>re però della traduzione degli altri para<strong>di</strong>gmi e strumenti <strong>di</strong> cui la<br />
nostra società si serve quoti<strong>di</strong>anamente? È possibile abitare in un<br />
mondo popolato da enti creati fondamentalmente basandosi sull’idea<br />
<strong>di</strong> una sostanza materiale informata da proprietà che esemplificano<br />
enti universali, rifiutando però questa metafisica e adottandone<br />
un’altra? Infatti, per quanto una metafisica possa esporsi a limiti e<br />
contrad<strong>di</strong>zioni, è evidente che se essa si rivelasse l’unica metafisica<br />
che permette <strong>di</strong> avvalersi dei nostri modelli matematici e scientifici,<br />
allora <strong>di</strong>fetti e incoerenza si mostrerebbero sotto un altro aspetto. Si<br />
rivelerebbero cioè niente più che un male necessario allo scopo <strong>di</strong><br />
continuare a usufruire degli strumenti e dei para<strong>di</strong>gmi <strong>di</strong> cui fino ad<br />
oggi si è servita l’impresa conoscitiva.<br />
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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
Ritengo dunque che sia necessario superare la valutazione formale<br />
e squisitamente filosofica delle nuove teorie metafisiche, per provare<br />
la loro efficacia nel supporto ontologico e nell’applicazione <strong>di</strong> quei<br />
meto<strong>di</strong> conoscitivi <strong>di</strong> cui tra<strong>di</strong>zionalmente si servono il filosofo e lo<br />
scienziato.<br />
In questo lavoro ho scelto <strong>di</strong> mettere alla prova in particolare la<br />
teoria dei tropi e verificare se sia possibile utilizzare uno strumento<br />
matematico, ma soprattutto concettuale, che vanta grande applicabilità<br />
e impatto: la teoria degli insiemi. Ho scelto nello specifico questa<br />
teoria matematica perché ritengo che sia forse quella che più si presta<br />
a questo compito. Le ragioni che rendono la teoria degli insiemi la più<br />
adatta, tra tutte le teorie matematiche, sono <strong>di</strong>verse. Innanzitutto,<br />
benché vi siano a oggi punti non cristallini, la teoria può godere <strong>di</strong> una<br />
generale soli<strong>di</strong>tà. Inoltre, la teoria degli insiemi è un modello che ha<br />
saputo rappresentare buona parte dei concetti della matematica e che<br />
senza dubbio offre una base <strong>di</strong> partenza privilegiata per l’analisi della<br />
matematica in generale. Se si riuscisse quin<strong>di</strong> a <strong>di</strong>mostrare che la<br />
teoria degli insiemi è compatibile con un’ontologia dei tropi, si<br />
potrebbe ampliare il risultato a tutta la matematica. Infine, la teoria<br />
degli insiemi si costruisce tra<strong>di</strong>zionalmente proprio sugli universali.<br />
Di conseguenza, formulare una versione della teoria degli insiemi<br />
basata sui tropi costituisce una vera sfida. Si tratta infatti <strong>di</strong> provare se<br />
è possibile creare insiemi con una teoria metafisica che non prevede<br />
universali come costituenti <strong>di</strong> base, ma solo enti universali costruiti<br />
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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
per composizione. Gli universali nella teoria dei tropi possono quin<strong>di</strong><br />
essere costruiti, ma solo a partire dagli elementi <strong>di</strong> base che<br />
l’ontologia dà a <strong>di</strong>sposizione. Questi elementi sono proprio i tropi. È<br />
importante ricordare che anche proprietà come «non appartenere a se<br />
stessi» o «senza parti proprie» generano universali.<br />
Mi accingo quin<strong>di</strong>, nel primo capitolo <strong>di</strong> questo lavoro, a<br />
presentare la teoria dei tropi, ponendo l’accento su cosa comporti<br />
adottare un’ontologia <strong>di</strong> questo tipo, che tipo <strong>di</strong> enti siano gli in<strong>di</strong>vidui<br />
ultimi previsti dalla teoria, quali proprietà possiedano e che tipo <strong>di</strong><br />
relazioni intreccino tra <strong>di</strong> loro. In seguito, intendo esporre le strategie<br />
<strong>di</strong> cui i teorici dei tropi si sono serviti per fornire una spiegazione <strong>di</strong><br />
fenomeni come gli eventi, le cause e il <strong>di</strong>venire. Sarà utile infine<br />
riportare le tra<strong>di</strong>zionali obiezioni alla teoria dei tropi e le soluzioni che<br />
la letteratura ha saputo fornire, tratteggiando brevemente il <strong>di</strong>battito<br />
scientifico a cui si è assistito negli ultimi anni.<br />
Il secondo capitolo tratterà argomenti più squisitamente<br />
matematici, allo scopo <strong>di</strong> tentare una filosofia della matematica,<br />
ricorrendo però a una metafisica dei tropi. Prima <strong>di</strong> chiedersi cosa sia<br />
un insieme infatti risulta necessario rispondere alla domanda riguardo<br />
l’essenza <strong>di</strong> un numero, delle sue proprietà e del tipo <strong>di</strong> relazione che<br />
può instaurarsi tra più numeri.<br />
Il terzo capitolo sarà invece de<strong>di</strong>cato all’esposizione della teoria<br />
degli insiemi e della sua genesi storica e ideologica. Si tratterà <strong>di</strong><br />
argomenti che appartengono decisamente al campo della logica<br />
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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
matematica, la cui esposizione risulta necessaria per arrivare a<br />
comprendere il lavoro svolto sui tropi. Ampio spazio verrà poi<br />
de<strong>di</strong>cato all’esposizione delle ontologie finora proposte per la teoria<br />
degli insiemi e alle loro implicazioni.<br />
Una volta poste tali premesse, sarà possibile entrare finalmente nel<br />
vivo della questione con il capitolo quarto. In questo capitolo infatti si<br />
tenterà <strong>di</strong> creare insiemi <strong>di</strong> tropi coerenti e in possesso <strong>di</strong> tutte le<br />
proprietà <strong>di</strong> cui godono gli insiemi tra<strong>di</strong>zionali.<br />
Infine, intendo analizzare quali conseguenze metafisiche per la<br />
teoria dei tropi derivino dalle contrad<strong>di</strong>zioni matematiche della teoria<br />
degli insiemi e, viceversa, le conseguenze sulla teoria degli insiemi dei<br />
<strong>di</strong>fetti e dei limiti della teoria dei tropi.<br />
In conclusione, voglio sottolineare che, se non si rivelasse possibile<br />
servirsi della teoria degli insiemi adottando una metafisica dei tropi,<br />
allora chiaramente la teoria dei tropi risulterebbe indebolita,<br />
soprattutto per quanto riguarda l’indagine degli enti matematici. Un<br />
tale risultato però non confuterebbe in toto la vali<strong>di</strong>tà della teoria dei<br />
tropi, per quanto indubbiamente ne limiterebbe il raggio d’azione.<br />
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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
CAPITOLO PRIMO<br />
LA TEORIA DEI TROPI<br />
1. GENESI E FORMULAZIONE DELLA TEORIA<br />
DEI TROPI<br />
La teoria dei tropi ha assistito alla sua formulazione sistematica a<br />
partire dalla seconda metà del secolo scorso. Tra i principali filosofi<br />
che si occuparono <strong>di</strong> questo tipo <strong>di</strong> metafisica, il più famoso e<br />
influente fu certamente Donald Cary Williams, professore e <strong>di</strong>rettore<br />
del <strong>di</strong>partimento <strong>di</strong> Filosofia <strong>di</strong> Harvard. Si deve alla sua penna quello<br />
che può essere considerato il manifesto del nominalismo dei tropi, il<br />
saggio On the Elements of Being 6 , pubblicato nel 1953. È in questo<br />
testo che compare per la prima volta il termine tropo con il significato<br />
<strong>di</strong> «occorrenza <strong>di</strong> un’essenza». La scelta del termine da parte <strong>di</strong><br />
Donald Williams è ancora oggi controversa, poiché la parola «tropo»<br />
possiede già un gran numero <strong>di</strong> significati, che spaziano dalla retorica,<br />
alla botanica, alla musica. Per questa ragione, numerosi stu<strong>di</strong>osi<br />
preferiscono riferirsi ai tropi con il termine qualiton, per tropi a un<br />
posto, come la rossezza <strong>di</strong> un fiore, e <strong>di</strong> relaton per tropi a due posti,<br />
6 WILLIAMS, DONALD CARY, On the Elements of Being, Review of Metaphysics,<br />
Philosophy Education Society, Inc. 7:3-18, 1953.<br />
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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
come l’amore <strong>di</strong> Dante per Beatrice. Tuttavia, il nome alternativo a<br />
«tropo» che ha avuto più successo è «particolare astratto».<br />
Il più illustre fra gli stu<strong>di</strong>osi che hanno adottato questa<br />
terminologia è senz’altro Keith Campbell, professore emerito <strong>di</strong><br />
Filosofia all’Università <strong>di</strong> Sidney nonché autore <strong>di</strong> uno dei volumi<br />
fondamentali per la teoria dei tropi, Abstract Particulars 7 , pubblicato<br />
nel 1990. La scuola australiana, grande promotrice della teoria dei<br />
tropi, comprende, oltre a Campbell, un altro illustre filosofo che si è<br />
occupato <strong>di</strong> tropi, John Bacon, professore dell’Università <strong>di</strong> Sidney. Il<br />
filosofo è autore del volume Universal and Property Istances: The<br />
Alphabet of Being 8 . L’argomentazione del filosofo si articola al fine <strong>di</strong><br />
costituire una strenua <strong>di</strong>fesa delle potenzialità della teoria dei tropi,<br />
che passa attraverso una successiva sofisticazione. Tale sofisticazione<br />
dunque è capace <strong>di</strong> accentuarne semplicità e economicità,<br />
contribuendo così allo sviluppo della prospettiva.<br />
Non va infine <strong>di</strong>menticato l’apporto con cui hanno contribuito alla<br />
formulazione contemporanea della teoria dei tropi molti filosofi tra cui<br />
Pawel Rojek, della Jagiellonian University <strong>di</strong> Cracovia, con il suo<br />
articolo Three Trope Theories 9 , e Frederik Moltmann, autore <strong>di</strong><br />
Properties and Kinds of Tropes: New Linguistic Facts and Old<br />
7 CAMPBELL, KEITH, Abstract Particulars, Basil Blackwell, Oxford 1990.<br />
8 BACON, JOHN, Universals and Property Instances. The Alphabet of Being,<br />
Aristotelian Society Series, Vol. 15, Londra 1998.<br />
9 ROJEK, PAWEL, Three Trope Theories, in «Axiomathes», 18. 2008.<br />
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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
Philosophical Insight 10 . Inoltre, l’attuale formulazione della teoria dei<br />
tropi ha subito forti influenze da parte delle tesi esposte nell’articolo<br />
dal titolo Tropes 11 <strong>di</strong> Christopher Daly, dell’Università <strong>di</strong> Cambridge.<br />
Per quanto concerne invece la produzione italiana <strong>di</strong> saggi sulla<br />
teoria dei tropi, il più importante lavoro monografico sull’argomento<br />
si deve al filosofo trentino Achille Varzi, attualmente professore e<br />
<strong>di</strong>rettore del <strong>di</strong>partimento <strong>di</strong> Filosofia dell’Università Columbia <strong>di</strong><br />
New York. È suo infatti il saggio La natura e l’identità degli oggetti<br />
materiali, all’interno del volume Filosofia analitica. Temi e<br />
Problemi 12 , curato da Annalisa Coliva.<br />
Il lavoro dei filosofi che sono stati ricordati, per quanto<br />
sostanzialmente omogeneo, presenta dei punti <strong>di</strong> originalità.<br />
Nonostante la teoria dei tropi sia una teoria metafisica contemporanea,<br />
essa può vantare una formulazione sia completa ed esaustiva, sia<br />
ingegnosa e continuamente arricchita dalle molte prospettive <strong>di</strong> ricerca<br />
che offre.<br />
10 MOLTMANN, FRIEDERIKE, Properties and Kinds of Tropes: New Linguistic Facts<br />
and Old Philosophical Insights, in «Mind», volume 113, Oxford 2004.<br />
11 DALY, CHRISTOPHER, Tropes, «Procee<strong>di</strong>ngs of the Aristotelian Society», New<br />
Series, volume 94, Londra 1994.<br />
12 VARZI, ACHILLE, La natura e l’identità degli oggetti materiali, pubblicato in<br />
Filosofia analitica. Temi e problemi, a cura <strong>di</strong> Annalisa Coliva, Carocci, Roma<br />
2007.<br />
17
Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
2. PRINCIPALI CARATTERISTICHE DI<br />
UN’ONTOLOGIA DEI TROPI<br />
In accordo con Pawel Rojek, mi sembra opportuno esplicitare che<br />
si possono riconoscere due tipi <strong>di</strong> teoria dei tropi. Il primo tipo <strong>di</strong><br />
teoria ha come oggetto esclusivamente il campo delle proprietà. Esse<br />
sono designate semplicemente come particolari astratti. Di<br />
conseguenza, la trattazione delle proprietà come universali astratti o,<br />
semplicemente universali, viene rigettata.<br />
Il secondo tipo <strong>di</strong> teoria è decisamente più ambizioso e può essere<br />
proposto come alternativa ai sistemi metafisici che richiedono una<br />
sostanza che funga da sostrato per le proprietà. Questo tipo <strong>di</strong> teoria<br />
può essere chiamato «teoria dei soli tropi», o «trope-only theory», in<br />
quanto si pone l’obiettivo <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare come l’intera struttura del<br />
mondo consista esclusivamente ed esaustivamente <strong>di</strong> tropi. Si tratta <strong>di</strong><br />
una vera e propria ontologia a una categoria. Quest’ultimo tipo <strong>di</strong><br />
teoria dei tropi è chiaramente quello <strong>di</strong> interesse per l’obiettivo <strong>di</strong><br />
questo lavoro.<br />
La formulazione della teoria dei tropi nasce come un tentativo <strong>di</strong><br />
trovare risposta al problema dell’unità <strong>di</strong> entità particolari <strong>di</strong>fferenti.<br />
Nello specifico, la soluzione a cui mira la teoria dei tropi impone che<br />
non vi sia la necessità <strong>di</strong> postulare l’esistenza <strong>di</strong> enti universali.<br />
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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
Tra<strong>di</strong>zionalmente, le proprietà sono considerate universali astratti,<br />
mentre gli oggetti materiali sono concreti e particolari. La principale<br />
caratteristica del concetto <strong>di</strong> tropo va ritrovata proprio nella<br />
giustapposizione tra particolare e universale, tra astratto e concreto. La<br />
riflessione filosofica si è soffermata a lungo sulla <strong>di</strong>stinzione tra entità<br />
astratte ed entità concrete, enti universali ed enti particolari.<br />
L’opposizione tra particolare e universale è strettamente ontologica, in<br />
quanto afferma l’esistenza <strong>di</strong> un universale e <strong>di</strong> un particolare, il quale<br />
partecipa più o meno perfettamente alla natura dell’universale.<br />
L’opposizione tra concreto e astratto invece si può considerare più<br />
metafisica, in quanto definisce a che tipo appartengono gli enti che<br />
esistono. Il modo in cui ogni filosofo decide <strong>di</strong> articolare il quadrato<br />
2x2 formato dai rapporti tra questi quattro concetti è <strong>di</strong> fondamentale<br />
importanza. Il motivo è che il problema degli universali si articola<br />
proprio entro questa doppia contrapposizione.<br />
Un filosofo dei tropi costruisce la propria teoria basandosi sui<br />
concetti <strong>di</strong> astrattezza e <strong>di</strong> particolarità. Con «astrattezza» si intende la<br />
caratteristica <strong>di</strong> un ente che si trova a essere ontologicamente<br />
<strong>di</strong>pendente dal concreto in senso fisico, ma in<strong>di</strong>pendente in senso<br />
concettuale. In altre parole, un oggetto è astratto se inerisce in un altro<br />
oggetto <strong>di</strong>verso da se stesso. Per fare un esempio, si può notare che un<br />
oggetto è più concreto <strong>di</strong> una sua proprietà, perché questa proprietà<br />
non potrebbe esistere senza che esistesse proprio quell’oggetto a<br />
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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
possederla. Un tropo dunque è un oggetto assolutamente astratto, la<br />
cui esistenza però <strong>di</strong>pende in qualche modo da un oggetto concreto.<br />
Con «particolarità» invece ci si riferisce a entità <strong>di</strong> qualsiasi tipo,<br />
con la caratteristica <strong>di</strong> essere ancorate a un solo oggetto concreto.<br />
Questo tipo <strong>di</strong> ente è evidentemente contrapposto agli universali, i<br />
quali sono ancorati a molti oggetti concreti. Un tropo è un ente<br />
particolare perché è legato a un solo ente concreto attraverso una<br />
relazione <strong>di</strong> inerenza. Questa relazione <strong>di</strong> inerenza sussiste anche tra il<br />
tropo e tutti gli oggetti concreti che a loro volta contengono l’oggetto<br />
con il quale il tropo è in relazione <strong>di</strong> inerenza.<br />
In poche parole, dunque, si può <strong>di</strong>re che un tropo è semplicemente<br />
l’istanza <strong>di</strong> una proprietà o <strong>di</strong> una relazione. Un oggetto concreto<br />
nasce quin<strong>di</strong> quando un certo numero <strong>di</strong> tropi o particolari astratti<br />
vanno a comporre un fascio e a con<strong>di</strong>videre una porzione determinata<br />
<strong>di</strong> spazio-tempo. In questo modo, si crea un oggetto concreto<br />
in<strong>di</strong>viduale e irripetibile, formato semplicemente dalle proprietà<br />
in<strong>di</strong>viduali e irripetibili che costituzionalmente gli appartengono. Il<br />
processo è messo in atto grazie alla relazione <strong>di</strong> compresenza. Questa<br />
relazione infatti permette l’in<strong>di</strong>viduazione <strong>di</strong> un oggetto concreto, in<br />
quanto esso si costituisce <strong>di</strong> un fascio <strong>di</strong> tropi compresenti, che<br />
determinano le qualità e le relazioni <strong>di</strong> cui è in possesso l’oggetto<br />
concreto.<br />
Come si è detto, il fondatore della teoria dei tropi è senza dubbio<br />
Donald Williams, che ne delinea le basi nel famoso articolo<br />
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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
summenzionato On the Elements of Being. Fin dall’introduzione,<br />
scritta per altro da Keith Campbell, è evidente che la semplicità<br />
caratterizza la teoria dei tropi, sia per quanto riguarda la sua<br />
formulazione, sia per quanto riguarda i mo<strong>di</strong> attraverso i quali<br />
un’ontologia <strong>di</strong> questo tipo assolve il compito <strong>di</strong> spiegare quali tipi <strong>di</strong><br />
enti popolino il mondo. Inoltre, si legge chiaramente tra le righe del<br />
testo <strong>di</strong> Williams un continuo invito a mantenersi fedeli alla realtà<br />
dell’essere, evitando qualunque aspetto ultrasensibile. Le ragioni che<br />
spingono il filosofo a questo ripetuto memento vanno ritrovate nello<br />
spirito attualista e riduzionista, che lo portano a sostenere che ciò che<br />
non è la realtà completa non è completamente reale.<br />
L’argomentazione <strong>di</strong> On the Elements of Being prende le mosse da<br />
alcune osservazioni <strong>di</strong> carattere quoti<strong>di</strong>ano, come la riflessione sugli<br />
oggetti <strong>di</strong>versi che si presentano ai sensi come se con<strong>di</strong>videssero<br />
alcuni particolari, ma non tutti. A questo proposito, Williams sceglie<br />
come esempio il caso <strong>di</strong> tre lecca-lecca: il numero 1 è rosso, rotondo e<br />
aromatizzato alla menta; il numero 2 è marrone, rotondo e al gusto <strong>di</strong><br />
cioccolato; il numero 3 infine è rosso, quadrato e alla menta. Il<br />
bastoncino del lecca-lecca è un oggetto concreto, così come il lecca-<br />
lecca stesso, mentre il colore o la forma sono componenti astratte.<br />
Ogni lecca-lecca è simile a ognuno degli altri sotto alcuni aspetti e<br />
<strong>di</strong>verso sotto altri aspetti. La proposta <strong>di</strong> Williams è <strong>di</strong> trattare ognuno<br />
<strong>di</strong> questi aspetti attribuendogli lo stesso valore ontologico assegnato<br />
agli oggetti concreti, benché siano astratti. Egli infatti ritiene che siano<br />
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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
proprio le componenti astratte a svolgere il ruolo <strong>di</strong> elementi primari<br />
nella costituzione della realtà. La ragione è che queste parti non si<br />
compongono <strong>di</strong> null’altro, sono prime, mentre gli oggetti concreti<br />
hanno parti proprie, ovvero le proprietà.<br />
Detto ciò, Williams si accinge a spiegare i processi attraverso i<br />
quali i tropi si combinano per formare oggetti particolari, universali,<br />
astratti e concreti. Egli sostiene che i tropi intrecciano tra loro rapporti<br />
in due mo<strong>di</strong>. Il primo è la localizzazione, o meglio la compresenza. La<br />
localizzazione <strong>di</strong> un tropo, ovvero la porzione <strong>di</strong> spazio-tempo che<br />
occupa, non è rilevante <strong>di</strong> per sé né lo è in rapporto ad altri tropi. La<br />
compresenza invece determina l’appartenenza <strong>di</strong> due o più tropi allo<br />
stesso particolare concreto. I tropi infatti, in quanto particolari astratti,<br />
possono occupare la stessa porzione <strong>di</strong> spazio-tempo e così arricchire,<br />
con un numero <strong>di</strong> proprietà potenzialmente infinito, l’unico oggetto<br />
concreto con il quale con<strong>di</strong>vidono una porzione <strong>di</strong> spazio-tempo. Gli<br />
oggetti concreti ovviamente non possono con<strong>di</strong>videre porzioni <strong>di</strong><br />
spazio-tempo, per cui a ogni porzione <strong>di</strong> spazio-tempo corrisponde<br />
uno e un solo in<strong>di</strong>viduo concreto. Gli in<strong>di</strong>vidui astratti invece possono<br />
essere innumerevoli. Gli oggetti concreti dunque sono semplicemente<br />
fasci <strong>di</strong> tropi compresenti, ognuno corrispondente a una delle proprietà<br />
che caratterizzano l’oggetto stesso.<br />
Il secondo tipo <strong>di</strong> rapporti tra tropi è la somiglianza. Una qualsiasi<br />
coppia <strong>di</strong> tropi, logicamente, intreccia o non intreccia una relazione <strong>di</strong><br />
somiglianza. Le relazioni <strong>di</strong> somiglianza possono essere <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi tipi,<br />
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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
in quanto necessariamente con «somiglianza» si intende «gra<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />
somiglianza», da più a meno perfetta. È bene precisare che per la teoria<br />
dei tropi non è esatto parlare <strong>di</strong> somiglianza perfetta, poiché ogni tropo si<br />
costituisce come essenzialmente <strong>di</strong>verso da ogni altro tropo. Essi possono<br />
però essere percepiti come simili. Può essere utile fare un piccolo<br />
esperimento mentale. Supponiamo <strong>di</strong> voler <strong>di</strong>pingere una parete con una<br />
vernice <strong>di</strong> un particolare rosso, lo stesso ad esempio con il quale abbiamo<br />
<strong>di</strong>pinto anni prima un’altra parete nella stessa stanza. Ci rechiamo dunque in<br />
un colorificio, dove il ven<strong>di</strong>tore ci mette a <strong>di</strong>sposizione un intero<br />
campionario <strong>di</strong> vernici catalogate come vernici rosse. Ci troveremo davanti<br />
una vastissima scelta <strong>di</strong> sfumature <strong>di</strong> rosso, le quali appariranno ai nostri<br />
occhi più o meno simili tra loro e al nostro campione. Nonostante i nostri<br />
sforzi, la ricerca dello stesso colore è destinata al fallimento,<br />
metafisicamente parlando. Non solo non è possibile trovare in nessun<br />
modo una vernice costituita da un fascio che comprenda lo stesso<br />
tropo della vernice <strong>di</strong> riferimento, ma anche se riuscissimo a scovarne<br />
una molto simile, il colore della vernice e quello del muro sarebbero<br />
<strong>di</strong>versi sia dal punto <strong>di</strong> vista metafisico, sia dal punto <strong>di</strong> vista della<br />
nostra percezione visiva. Il supporto su cui è stata applicata la vernice<br />
ne ha infatti cambiato le caratteristiche cromatiche, così come il<br />
tempo, l’inquinamento e molti altri fattori. Rassegnati dunque<br />
all’impossibilità <strong>di</strong> trovare vernici esattamente identiche,<br />
<strong>di</strong>pingeremmo la parete della vernice più simile in commercio. Il<br />
risultato del nostro lavoro potrebbe allora sod<strong>di</strong>sfarci, in quanto ci<br />
sembrerebbe comunque <strong>di</strong> essere davanti a due pareti dello stesso<br />
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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
colore. Non è finita. Anche se trovassimo esattamente la stessa vernice<br />
e, sod<strong>di</strong>sfatti, <strong>di</strong>pingessimo il nostro muro, ebbene i due muri<br />
comunque non avrebbero lo stesso tropo. Il massimo che possiamo<br />
ottenere è che entrambi i tropi corrispondenti al colore dei due muri<br />
vadano a comporre lo stesso colore universale. Ciò non è affatto<br />
sod<strong>di</strong>sfacente, in quanto i due tropi non creerebbero un universale <strong>di</strong><br />
quel particolare rosso, ma contribuirebbero a formare il fascio <strong>di</strong> tropi<br />
compresenti <strong>di</strong> tutti i particolari rossi, in compagnia del rosso corallo,<br />
del magenta o del rosso <strong>di</strong> Persia.<br />
In questo senso, riprendendo l’esempio dei lecca-lecca, si può <strong>di</strong>re<br />
che tra il tropo del colore <strong>di</strong> N1 e quello del colore <strong>di</strong> N3 c’è<br />
somiglianza, ma <strong>di</strong> un tipo <strong>di</strong>fferente da quella che può instaurarsi non<br />
solo tra tropi <strong>di</strong>versi, ma tra sottoinsiemi <strong>di</strong> categorie universali,<br />
costituite sempre ovviamente da tropi.<br />
Si può quin<strong>di</strong> sostenere che ogni tropo intrattiene relazioni<br />
privilegiate con l’insieme o la somma dei tropi con cui è concorrente,<br />
cioè localizzato esattamente nello stesso punto, e con cui ha<br />
somiglianza esatta. L’insieme <strong>di</strong> tropi concorrenti definisce il<br />
particolare concreto a cui i tropi si riferiscono. L’insieme <strong>di</strong> tropi<br />
simili delineano l’universale <strong>di</strong> quel tropo, seguendo il criterio che<br />
pre<strong>di</strong>ca che meno esatta è la somiglianza, meno definito sarà<br />
l’universale.<br />
Un mondo <strong>di</strong> tropi quin<strong>di</strong> risulta popolato da particolari concreti, i<br />
cui elementi ultimi sono <strong>di</strong> tipo particolare astratto: la rosa del mio<br />
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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
giar<strong>di</strong>no è un particolare concreto, mentre il suo colore è un<br />
particolare astratto. Questo particolare astratto concorre alla<br />
costituzione dell’oggetto concreto «rosa del mio giar<strong>di</strong>no», insieme<br />
agli altri particolari astratti con cui è in relazione <strong>di</strong> compresenza.<br />
Inoltre, insieme alla totalità dei tropi che sono in una relazione <strong>di</strong><br />
somiglianza col tropo del colore della rosa del mio giar<strong>di</strong>no, il<br />
particolare astratto forma l’universale astratto, mentre la totalità degli<br />
oggetti concreti «rosa» va a formare l’universale concreto<br />
corrispondente alla rosa. In una prospettiva <strong>di</strong> questo tipo, un oggetto<br />
consiste semplicemente delle sue proprietà, non <strong>di</strong> entità universali o<br />
delle impressioni che trasmettono i sensi.<br />
L’esposizione <strong>di</strong> Williams è volta a porre le basi per uno sviluppo<br />
completo della teoria dei tropi, sviluppo che verrà poi realizzato da<br />
due autori in particolare: Keith Campbell e John Bacon.<br />
La formulazione <strong>di</strong> Keith Campbell, esposta in Abstract<br />
Particulars, prende le mosse dai concetti delineati da Williams e li<br />
analizza al fine <strong>di</strong> delineare un’ontologia decisamente elegante ed<br />
economica. Anche per Campbell gli oggetti concreti sono particolari<br />
costituiti da tropi, astratti e particolari, con cui si trovano in relazione<br />
<strong>di</strong> compresenza. La realtà si costituisce <strong>di</strong> tropi in<strong>di</strong>pendentemente<br />
dall’esistenza <strong>di</strong> esseri che pensino i tropi o che pensino la realtà in<br />
termini <strong>di</strong> tropi.<br />
I tropi dunque sono strutturalmente semplici e non richiedono<br />
sostrati materiali. Inoltre, sono categorialmente semplici, poiché non<br />
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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
sono costituiti dall’unione <strong>di</strong> enti appartenenti a categorie <strong>di</strong>fferente,<br />
come un particolare, un universale e una sostanza. Infine, sono<br />
qualitativamente semplici, in quanto una sola proprietà può costituire<br />
l’intero ente in modo esaustivo. Per quanto riguarda le relazioni tra<br />
tropi, Campbell, in accordo con Williams, in<strong>di</strong>ca la somiglianza e la<br />
compresenza. Campbell sottolinea come sia l’aspetto graduale della<br />
somiglianza a permettere a ogni tropo <strong>di</strong> appartenere a gruppi o<br />
universali <strong>di</strong>versi, senza intaccare la semplicità essenziale del tropo.<br />
Come si è visto infatti, le caratteristiche sfumano all’interno della<br />
stessa <strong>di</strong>mensione, richiamandosi l’una con l’altra.<br />
Lo sforzo più consistente che ha impegnato Keith Campbell però è<br />
senza dubbio la ricerca <strong>di</strong> una risposta alle numerose obiezioni mosse<br />
alla teoria dei tropi. Alcune <strong>di</strong> queste obiezioni sono state confutate<br />
facilmente, soprattutto grazie al fatto che la teoria dei tropi è libera da<br />
valenze semantiche e ambizioni epistemologiche. Altre obiezioni<br />
costituiscono accuse più gravi e sono oggetto della quarta sezione <strong>di</strong><br />
questo capitolo.<br />
Un apporto veramente originale è quello portato da John Bacon,<br />
che nel suo Universals and Property Istances: The Alphabet of Being,<br />
giunge a una sofisticazione della teoria dei tropi. Secondo l’autore<br />
infatti, non solo gli oggetti concreti, ma anche le proprietà e le<br />
relazioni sarebbero costituite da fasci <strong>di</strong> tropi compresenti.<br />
L’intuizione prende spunto dalla riflessione sul modo attraverso cui<br />
avviene il processo conoscitivo della realtà. Secondo John Bacon,<br />
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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
oggetto della conoscenza non sono <strong>di</strong>rettamente gli enti o le proprietà<br />
<strong>di</strong> questi, bensì le relazioni particolarizzate che intercorrono tra gli<br />
oggetti materiali. Una relazione particolarizzata si compone della<br />
relazione tra due particolari e dei due particolari, chiamati relata. Ciò<br />
che caratterizza essenzialmente una relazione particolarizzata è la sua<br />
unicità, determinata dalle relazioni intrecciate con le altre relazioni e<br />
dall’inseparabilità delle sue parti interne (la relazione tra i due<br />
particolari e i particolari stessi). È evidente, a causa dei numerosi<br />
punti d’incontro, che una relazione particolarizzata è un tipo <strong>di</strong> tropo.<br />
Ecco allora che un tropo passa dall’essere la semplice occorrenza <strong>di</strong><br />
una proprietà, all’essere una proprietà localizzata nell’oggetto che la<br />
possiede. Inoltre, esso è anche uno stato <strong>di</strong> cose, in quanto determina<br />
una porzione <strong>di</strong> spazio-tempo, e un universale. Questo universale è<br />
particolarizzato, così come sono particolari le proprietà e le relazioni<br />
attraverso le quali si conosce il mondo.<br />
Per quanto riguarda il proce<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> creazione dell’universale,<br />
Bacon propone un proce<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> tipo sintetico che, unificando le<br />
molteplici esperienze <strong>di</strong> singoli oggetti o stati <strong>di</strong> cose belli, ottiene<br />
l’idea <strong>di</strong> Bellezza come insieme <strong>di</strong> singole bellezze.<br />
Tra le innovazioni introdotte da Bacon, vi sono i concetti <strong>di</strong> tropo<br />
mona<strong>di</strong>co, politropo e ipertropo. Come si è detto, un tropo è costituito<br />
da una proprietà o relazioni e dal particolare o dai particolari<br />
corrispondenti. Un tropo mona<strong>di</strong>co dunque è unicamente determinato<br />
dall’in<strong>di</strong>viduo e dalla proprietà che occorrono in esso, un ente cioè che<br />
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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
non intreccia alcuna relazione esterna. Un politropo invece è un tropo<br />
che non può essere scomposto in tropi mona<strong>di</strong>ci, poiché richiede<br />
l’esistenza <strong>di</strong> più <strong>di</strong> un ente. Si tratta cioè <strong>di</strong> una relazione a cui spesso<br />
deve essere associato un or<strong>di</strong>ne. Le relazioni sono <strong>di</strong> primo livello se<br />
connettono un tropo con uno o più altri tropi. Le relazioni <strong>di</strong> secondo<br />
livello o ipertropi sono concorrenza, somiglianza e precedenza<br />
temporale. Pur essendo tropi, esse non sono in<strong>di</strong>pendenti e necessitano<br />
perciò <strong>di</strong> altri tropi.<br />
Di grande interesse è anche l’apertura della teoria dei tropi nei<br />
confronti dei mon<strong>di</strong> possibili operata da John Bacon. Se Donald<br />
Williams ne aveva precedentemente escluso l’esistenza,<br />
coerentemente con lo spirito attualista e riduzionista che lo<br />
contrad<strong>di</strong>stingue, l’autore <strong>di</strong> Universals and Property Istances: The<br />
Alphabet of Being riesce a conciliare le due prospettive metafisiche.<br />
Se il mondo attuale è l’insieme dei tropi che esistono, un mondo<br />
possibile non è altro che un insieme <strong>di</strong> tropi possibili. Lo scopo<br />
dell’introduzione dei mon<strong>di</strong> possibili è fondamentale per rispondere<br />
ad alcune obiezioni, soprattutto <strong>di</strong> carattere logico. Le proprietà vuote,<br />
cioè non esemplificate, costituivano una facile critica alla teoria dei<br />
tropi. Far corrispondere queste proprietà a tropi esistenti in mon<strong>di</strong><br />
possibili risolve le obiezioni, ma rischia <strong>di</strong> rendere la teoria<br />
vulnerabile a tutti quei problemi che affliggono qualsiasi metafisica<br />
che accetti mon<strong>di</strong> possibili.<br />
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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
A conclusione <strong>di</strong> questa panoramica sulle caratteristiche degli<br />
elementi ultimi dell’essere, rimane da delineare brevemente in che<br />
modo i teorici dei tropi si riferiscono al reticolato dello spazio-tempo.<br />
La concezione del tempo e dello spazio trova d’accordo i maggiori<br />
teorici dei tropi. Si ritiene unanimemente che i tropi siano calati<br />
all’interno <strong>di</strong> un flusso temporale continuo. Per quanto riguarda lo<br />
spazio invece, sembra che convivano due concezioni, una matematica<br />
e una fisica. La prima è relativa al modo in cui occupano spazio gli<br />
oggetti astratti. Essi sono come un punto, che può essere attraversato<br />
da un numero infinito <strong>di</strong> linee e contenere al suo interno infiniti punti,<br />
senza la minima problematicità. La seconda concezione invece si<br />
riferisce agli oggetti concreti, costituiti dai tropi, la cui determinazione<br />
spazio-temporale segue rigidamente le leggi della fisica e non<br />
permette alcun tipo <strong>di</strong> compenetrazione dei soli<strong>di</strong> o compresenza <strong>di</strong><br />
oggetti concreti nella medesima porzione <strong>di</strong> spazio-tempo.<br />
3. IL DIVENIRE NELLA TEORIA DEI TROPI:<br />
CAMBIAMENTO, EVENTI, CAUSE<br />
Una volta definiti i «mattoncini» dell’essere, è utile vedere come<br />
questi si combinino e <strong>di</strong>ano forma alla realtà estremamente variegata e<br />
in continuo <strong>di</strong>venire su cui si affacciano i sensi umani.<br />
Sono tre gli elementi da prendere in analisi al fine <strong>di</strong> spiegare il<br />
fenomeno del <strong>di</strong>venire. Innanzitutto troviamo il cambiamento. La<br />
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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
teoria dei tropi non comprende un’autentica spiegazione del<br />
cambiamento, in quanto si tratta <strong>di</strong> un fenomeno non coerente con una<br />
realtà esclusivamente composta da tropi. La ragione è molto semplice.<br />
Un tropo non può mo<strong>di</strong>ficare la sua natura, in quanto i tropi sono<br />
immutabili. Ciò che un tropo può fare è semplicemente iniziare o<br />
finire <strong>di</strong> essere attuale. Questo significa che i tropi per loro stessi non<br />
possono cambiare e conservare identità ed esistenza. Ciò che può<br />
cambiare invece è la composizione del fascio <strong>di</strong> tropi che costituisce<br />
un oggetto concreto. Introduco un esempio, al fine <strong>di</strong> evidenziare<br />
come avvenga il cambiamento per la teoria dei tropi. Immaginiamo <strong>di</strong><br />
comprare un filoncino <strong>di</strong> pane. Abbiamo comprato un oggetto<br />
concreto costituito da tropi come «questo sapore qua», «questa<br />
morbidezza qua», «questo colore qua» e così via. Immaginiamo ora <strong>di</strong><br />
tagliarne una fetta, sempre con i suoi tropi, e <strong>di</strong> metterla su un piatto al<br />
centro del tavolo. Il giorno dopo, potremo trovare ancora tropi come<br />
questo colore qua, ma il tropo del sapore e della morbidezza non ci<br />
saranno più. Sono infatti stati sostituiti da altri tropi, momento dopo<br />
momento, fino a raggiungere «quel grado <strong>di</strong> durezza lì» e «quel sapore<br />
stantio lì» che i nostri sensi riconoscono. Che ne è stato dei tropi che<br />
costituivano la nostra fetta <strong>di</strong> pane il giorno prima? Semplicemente,<br />
hanno cessato <strong>di</strong> esistere, così come i tropi che la costituiscono oggi<br />
hanno cominciato a esistere. La teoria dei tropi quin<strong>di</strong> offre una teoria<br />
del cambiamento che riguarda stati <strong>di</strong> cose reali, costituiti da<br />
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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
complessi <strong>di</strong> tropi che cambiano forma, garantendo tuttavia la<br />
persistenza nel tempo dell’oggetto.<br />
Inoltre, un tipo <strong>di</strong> cambiamento tra<strong>di</strong>zionalmente piuttosto<br />
problematico, ovvero il cambiamento «<strong>di</strong> Cambridge» 13 , prende posto<br />
agilmente all’interno della teoria dei tropi. Il cambiamento <strong>di</strong><br />
Cambridge è quel cambiamento che avviene in seguito ad alterazioni<br />
consequenziali nell’applicazione dei pre<strong>di</strong>cati. In poche parole, se il<br />
pre<strong>di</strong>cato A è vero <strong>di</strong> un oggetto al tempo 1 e falso dello stesso<br />
oggetto al tempo 2, allora si assiste a un cambiamento <strong>di</strong> Cambridge.<br />
L’introduzione <strong>di</strong> questo concetto è <strong>di</strong> grande utilità per <strong>di</strong>stinguere le<br />
proprietà essenziali da quelle non essenziali. Solo quest’ultime infatti<br />
sono coinvolte in cambiamenti del tipo <strong>di</strong> Cambridge, in quanto sono<br />
principalmente relazionali e non intaccano l’integrità dell’oggetto<br />
concreto. Si può concludere notando come la teoria dei tropi sia stata<br />
capace <strong>di</strong> spiegare coerentemente il <strong>di</strong>venire come la semplice<br />
occorrenza <strong>di</strong> fatti particolari in un flusso spaziale e temporale<br />
omogeneo, affidandosi a un solo tipo <strong>di</strong> enti.<br />
Il secondo elemento sono gli eventi. In accordo con la teoria dei<br />
tropi, ogni evento è un tropo. Eventi complessi, come funzioni umane,<br />
pensieri, sensazioni, sono tropi, così come tutte le componenti della<br />
coscienza e tutti i processi conoscitivi. Gli eventi dunque sono oggetti<br />
particolari, composti da successioni in<strong>di</strong>pendenti ma coerenti <strong>di</strong> tropi<br />
organizzati in flussi costanti.<br />
13 GEACH, PETER, God and the Soul, Routledge, Londra 1969.<br />
31
Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
L’ultimo elemento che contribuisce al fenomeno del <strong>di</strong>venire è il<br />
concetto <strong>di</strong> causa e, <strong>di</strong> conseguenza, il concetto <strong>di</strong> effetto. Come tutte<br />
le relazioni, anche quelle <strong>di</strong> causa ed effetto sono tropi. Ciò che<br />
provoca un’azione infatti è un ente semplice con caratteristiche<br />
qualitative. Per quanto abbiano senso le regole e leggi, esse si<br />
riferiscono all’universale creato dai particolari astratti. Sono i singoli<br />
atti particolari a scatenare effetti e reazioni, non i giu<strong>di</strong>zi universali.<br />
Non è il sole in generale o la temperatura alta in generale che scottano<br />
la mia pelle d’estate. Sono «questo sole qui», «questa pelle qui» a<br />
provocarmi «questo dolore qui». È la compresenza <strong>di</strong> tropi a generare<br />
una causa e quin<strong>di</strong> un effetto. Si noti che, poiché fasci <strong>di</strong> tropi<br />
compresenti generano oggetti particolari, anche cause ed effetti sono<br />
oggetti particolari, nella forma però <strong>di</strong> stati <strong>di</strong> cose.<br />
4. POSSIBILI OBIEZIONI ALLA TEORIA DEI<br />
TROPI: EVENTUALI SOLUZIONI E QUESTIONI<br />
ANCORA APERTE<br />
La teoria dei tropi è semplice ed economica. Può vantarsi <strong>di</strong><br />
riuscire elegantemente nel compito <strong>di</strong> includere la varietà dell’essere<br />
entro l’unica categoria costituita dai particolari astratti. Tuttavia,<br />
l’atteggiamento riduzionista che la contrad<strong>di</strong>stingue, porta con sé una<br />
generale rigi<strong>di</strong>tà, che la espone a numerose obiezioni. Sono<br />
principalmente tre i filosofi che hanno criticato la teoria dei tropi:<br />
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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
David Malet Armstrong e Keith Campbell hanno messo in luce<br />
contrad<strong>di</strong>zioni e problemi interni alla teoria, nel tentativo <strong>di</strong> pervenire<br />
a una formulazione meno vulnerabile e più coerente. Herbert<br />
Hochberg, dell’Università <strong>di</strong> Austin, Texas, si è concentrato<br />
principalmente su una critica <strong>di</strong> nominalismo e teoria dei tropi, in<br />
<strong>di</strong>fesa del realismo.<br />
Una delle obiezioni più significative si deve a David Malet<br />
Armstrong. Il filosofo, nell’articolo A theory of Universals:<br />
Universals and Scientific Realism 14 , sostiene che se i tropi che<br />
costituiscono i fasci sono astratti, allora non è possibile che essi<br />
occupino le regioni <strong>di</strong> spazio-tempo in cui vengono collocati. La<br />
compresenza tuttavia è un carattere necessario affinché i tropi formino<br />
gli oggetti concreti. La teoria dei tropi quin<strong>di</strong> sembra ammettere che<br />
infiniti tropi spazio-temporalmente in<strong>di</strong>stinguibili occupino la stessa<br />
porzione <strong>di</strong> spazio-tempo. Ne deriva <strong>di</strong> conseguenza l’impossibilità <strong>di</strong><br />
spiegare i processi che permetterebbero ai tropi che compongono un<br />
fascio <strong>di</strong> creare un oggetto concreto. Certamente la compresenza <strong>di</strong><br />
oggetti astratti non genera problemi. Se però questi oggetti astratti<br />
fossero in grado <strong>di</strong> concretizzarsi misteriosamente in un oggetto<br />
materiale, allora ci troveremmo davanti a una bella questione.<br />
Purtroppo, è esattamente il caso della teoria dei tropi.<br />
14 ARMSTRONG, DAVID MALET, A theory of Universals: Universals and Scientific<br />
Realism, Cambridge University Press, Cambridge 1978.<br />
33
Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
Ancora David Malet Armstrong scopre un’ulteriore obiezione,<br />
contenuta nel volume Universals 15 . Il filosofo mostra che, se le<br />
proprietà sono particolari, allora ogni istanza <strong>di</strong> proprietà è<br />
essenzialmente <strong>di</strong>versa, per quanto simile. Inoltre, se la localizzazione<br />
<strong>di</strong> un tropo è ciò che lo <strong>di</strong>stingue, e se ci fossero due tropi identici,<br />
allora questi potrebbero scambiarsi le coor<strong>di</strong>nate spazio-temporali<br />
senza che nessuno se ne rendesse conto. Una via <strong>di</strong> fuga percorribile è<br />
quella <strong>di</strong> considerare la <strong>di</strong>fferenza tra due tropi perfettamente simili<br />
come una <strong>di</strong>fferenziazione esclusivamente orientata alla<br />
localizzazione. Non è una soluzione del tutto sod<strong>di</strong>sfacente,<br />
considerato che, anche se non avviene nessun cambiamento nel<br />
mondo dal punto <strong>di</strong> vista della percezione del tropo, un cambiamento<br />
nella <strong>di</strong>sposizione geografica è certamente avvenuto e non è possibile<br />
darne conto.<br />
È sempre Armstrong, in What is a Law of Nature? 16 , ad affrontare<br />
la questione della vali<strong>di</strong>tà delle leggi <strong>di</strong> natura all’interno del sistema<br />
dei tropi, rilevandone questa volta un aspetto <strong>di</strong> grande importanza dal<br />
punto <strong>di</strong> vista scientifico e avvantaggiandone la posizione, in<br />
confronto alle altre metafisiche. Le leggi <strong>di</strong> qualunque tipo, in<br />
particolar modo le leggi fisiche, esprimono relazioni che avvengono<br />
necessariamente tra universali. Tuttavia, le leggi ammettono eccezioni<br />
15 ARMSTRONG, DAVID MALET, Universals. An Opinionated Introduction, Westview<br />
Press, Boulder 1989.<br />
16 ARMSTRONG, DAVID MALET, What is a Law of Nature, Cambridge University Press,<br />
Cambridge 1983.<br />
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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
e interpretazioni. Non solo. All’interno <strong>di</strong> una corrente nota con il<br />
nome <strong>di</strong> Falsificazionismo, alcuni nomi illustri della filosofia 17 hanno<br />
sostenuto che una legge scientifica è proprio quella legge che può, in<br />
via teorica, essere confutata. Affermare la veri<strong>di</strong>cità <strong>di</strong> una legge fisica<br />
può portare a definire come le cose devono accadere, piuttosto <strong>di</strong><br />
osservare come queste accadono, con spirito pronto a mo<strong>di</strong>ficare e<br />
perfezionare i propri para<strong>di</strong>gmi una volta entrati in possesso <strong>di</strong> nuovi<br />
dati. Questo significa che imporre legami necessari tra enti universali<br />
può non essere un buon modo del procedere scientifico. Detto ciò, la<br />
teoria dei tropi non si mostra più economica delle metafisiche che si<br />
impegnano nell’esistenza degli universali, ma formula assiomi sulla<br />
natura con una percentuale <strong>di</strong> correttezza maggiore, in quanto non li<br />
asserisce né in senso assoluto né in senso necessario.<br />
Keith Campbell, da grande teorico dei tropi, ha impegnato molte<br />
energie nell’evidenziare e superare i limiti della teoria, soprattutto nel<br />
volume Abstract Particulars. L’autore inizia la sua analisi delle<br />
obiezioni alla teoria dei tropi partendo dai problemi scatenati<br />
dall’impossibilità <strong>di</strong> definire gli oggetti in termini <strong>di</strong> spazio-tempo. Il<br />
filosofo riporta dunque un’osservazione <strong>di</strong> Donald Williams 18 . Il<br />
filosofo infatti aveva sostenuto che essere un particolare è un fatto che<br />
non permette successive analisi e non <strong>di</strong>pende da alcuna<br />
17 Si veda POPPER, KARL Logica della scoperta scientifica, Einau<strong>di</strong>, Torino 1970.<br />
Riguardo la confutazione della teorie scientifiche, POPPER, KARL, Congetture e<br />
confutazioni, Il Mulino, Bologna 1972.<br />
18 WILLIAMS, DONALD CARY, On the Elements of Being, Review of Metaphysics,<br />
Philosophy Education Society, Inc. 7:3-18, 1953.<br />
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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
localizzazione. Di conseguenza, i problemi della realtà in termini <strong>di</strong><br />
determinazione spazio-temporale non sussistono.<br />
Un altro dei gran<strong>di</strong> problemi interni alla teoria si ritrova nella<br />
sensazione <strong>di</strong> circolarità che deriva dalla sua formulazione. Sembra<br />
infatti che la teoria dei tropi pretenda <strong>di</strong> costruire gli oggetti concreti<br />
attraverso i tropi e <strong>di</strong> localizzare e raggruppare i tropi sulla base degli<br />
oggetti concreti. Una delle <strong>di</strong>fese più largamente sostenute dai teorici<br />
dei tropi è l’introduzione del criterio della «questità». Il metodo<br />
attraverso il quale è possibile riferirsi a un tropo infatti è quello <strong>di</strong><br />
in<strong>di</strong>carlo come questo aspetto qui, questa proprietà qui. È evidente<br />
come il criterio della questità sia costruito ad hoc 19 e, nonostante ciò,<br />
sia oscuro e poco potente. Una delle conseguenze del criterio della<br />
questità infatti è che <strong>di</strong>venta possibile parlare <strong>di</strong> tropi solo con persone<br />
fisicamente presenti, alle quali sia possibile in<strong>di</strong>care il tropo e che ne<br />
abbiano percezione.<br />
Di più <strong>di</strong>fficile soluzione è il problema dei limiti, sollevato sempre<br />
da Keith Campbell. Una teoria che pone alla base dell’essere enti<br />
determinati per questità e inseriti in un ciclo <strong>di</strong> variazione continuo,<br />
incontra grossi problemi nel determinare i confini tra un ente e l’altro.<br />
La compresenza dei tropi non ne permette l’in<strong>di</strong>viduazione spazio-<br />
temporale e anche conoscendo l’esatto numero <strong>di</strong> tropi compresenti in<br />
una porzione <strong>di</strong> spazio-tempo, non sarebbe possibile isolarli. I confini<br />
19 Si veda VARZI, ACHILLE, La natura e l’identità degli oggetti materiali, pubblicato in<br />
Filosofia analitica. Temi e problemi, a cura <strong>di</strong> Annalisa Coliva, Carocci, Roma<br />
2007.<br />
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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
che separano i tropi sono infatti arbitrari e per gran parte <strong>di</strong>pendenti da<br />
chi li osserva. Inoltre, essi sono sfumati. Così come la tavola<br />
cromatica procede per sfumature e il passaggio dal caldo al freddo<br />
avviene gradualmente, anche il tempo segue la continuità. Si è visto<br />
però che la filosofia dei tropi tratta i cambiamenti ex-abrupto: essi<br />
cioè determinano la cessazione dell’esistenza del tropo precedente in<br />
favore della creazione del tropo successivo. Questo processo che vede<br />
la sostituzione continua <strong>di</strong> un tropo con un altro è chiaramente oscuro<br />
e insod<strong>di</strong>sfacente. Alla luce <strong>di</strong> queste considerazione, un’ontologia dei<br />
tropi non problematica dovrebbe in<strong>di</strong>viduare tropi non soggetti al<br />
mutamento e senza limiti spazio-temporali.<br />
Sia Campbell sia Armstrong credono nella vali<strong>di</strong>tà della teoria dei<br />
tropi, criticandone alcuni aspetti e lavorando per migliorarli. Vi sono<br />
alcuni filosofi invece che assolutamente sono contrari all’adozione <strong>di</strong><br />
una teoria <strong>di</strong> questo tipo. Uno dei casi più illustri è rappresentato<br />
dall’articolo A Refutation of Moderate Nominalism 20 <strong>di</strong> Herbert<br />
Hochberg. Si tratta <strong>di</strong> un’argomentazione in quattro punti contro<br />
l’ontologia dei particolari astratti. Nel primo punto Hochberg vuole<br />
confutare l’idea che la teoria dei tropi sia più semplice del realismo. Il<br />
realismo infatti necessita <strong>di</strong> entità particolari, <strong>di</strong> entità universali e <strong>di</strong><br />
un proce<strong>di</strong>mento esemplificativo. Richiede cioè due componenti in<br />
più della teoria dei tropi. Il filosofo però sostiene che il rapporto <strong>di</strong><br />
somiglianza e quello <strong>di</strong> compresenza nella teoria dei tropi agiscono da<br />
20 HOCHBERG, HERBERT, A Refutation of Moderate Nominalism, Australasian Journal<br />
of Philosophy, 66, Sidney 1988.<br />
37
Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
universali «mascherati». Dunque, all’esemplificazione dell’universale<br />
sul particolare voluta dal realista, corrispondono la compresenza e la<br />
somiglianza richiesti del teorico dei tropi.<br />
Il secondo punto si sofferma poi sulla <strong>di</strong>fficoltà incontrata da ogni<br />
tipo <strong>di</strong> nominalismo riguardo le relazioni. Riconoscere esclusivamente<br />
enti particolari e localizzati può non essere problematico per le<br />
qualità, ma nel caso delle relazioni lascia sorgere numerosi quesiti.<br />
Non è infatti sensato localizzare un relaton in nessuno degli enti che<br />
esso lega, né tantomeno in un ipotetico terzo ente interme<strong>di</strong>o, in<br />
quanto ne scaturirebbe una versione del problema platonico detto del<br />
terzo uomo.<br />
Nel terzo attacco alla teoria dei tropi Hochberg mostra che<br />
chiunque rifiuti statuto ontologico per gli universali, si trova in seguito<br />
a dover includere nella sua metafisica entità che svolgono le stesse<br />
funzioni degli universali del realista. Questo perché, sostiene<br />
Hochberg, «x è un’istanza <strong>di</strong> rosso è vero» e «x è esattamente simile a<br />
x» hanno lo stesso valore informativo. Se però il rosso si costruisce<br />
come insieme delle istanze <strong>di</strong> rosso, allora rosso è <strong>di</strong> nuovo un<br />
universale. La <strong>di</strong>fferenza in realtà c’è, ed è fondamentale. L’universale<br />
realista si costruisce a priori ed è presente in ogni esemplificazione<br />
dello stesso. L’universale nominalista invece è costituito a posteriori<br />
per mezzo <strong>di</strong> un proce<strong>di</strong>mento che raggruppa proprietà <strong>di</strong> oggetti<br />
concreti, grazie a un aspetto categorizzabile come appartenente<br />
all’insieme universale. È dunque evidente il <strong>di</strong>verso statuto ontologico<br />
38
Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
e il tipo <strong>di</strong> processo mentale attraverso cui si conoscono i due<br />
universali.<br />
Infine, Hochberg sfrutta il problema dell’or<strong>di</strong>ne relazionale per<br />
sferrare un ultimo attacco alle teorie che rifiutano il realismo. In una<br />
prospettiva priva <strong>di</strong> universali, non sembra possibile trattare l’or<strong>di</strong>ne<br />
della relazioni, per via del regresso all’infinito in caso <strong>di</strong> relazioni tra<br />
istanze relazionali <strong>di</strong> livello <strong>di</strong>verso. Prendendo in analisi relazioni i<br />
cui termini appartengano a livelli <strong>di</strong>versi, è possibile elaborare una<br />
struttura gerarchica, che ponga le relazioni più semplici a livello zero.<br />
Si possono dunque costruire fatti relazionali che la riguardano,<br />
ottenendo relazioni <strong>di</strong> secondo livello. Il problema però è che, se le<br />
relazioni <strong>di</strong> secondo livello possono avere dei termini al primo livello,<br />
le relazioni <strong>di</strong> primo livello non possono avere termini <strong>di</strong> livello<br />
inferiore.<br />
5. I COSTI E I VANTAGGI DELLA TEORIA DEI<br />
TROPI<br />
In chiusura <strong>di</strong> questo primo capitolo, una volta chiarite le proprietà<br />
degli enti che la teoria dei tropi pone come ultime componenti della<br />
realtà, aver esaminato come la teoria spiega fenomeni, <strong>di</strong>venire, eventi<br />
e cause, e dopo aver affrontato le obiezioni alle quali è stata data o<br />
ancora si deve trovare una risposta, ritengo utile riba<strong>di</strong>re quello che è<br />
l’aspetto <strong>di</strong> maggiore rilevanza alla luce <strong>di</strong> questo lavoro.<br />
39
Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
Il concetto <strong>di</strong> universale per i teorici dei tropi è ridotto a fenomeno<br />
puramente mentale, la cui esistenza va necessariamente ricondotta alla<br />
manifestazione del particolare. Sono proprio le proprietà fenomeniche<br />
degli oggetti concreti dunque a essere in<strong>di</strong>cate come elementi ultimi<br />
dell’essere. Le qualità e le relazioni che riguardano oggetti particolari<br />
sono esse stesse particolari, ma non derivano questa particolarità dalla<br />
contrapposizione con qualche misteriosa sostanza.<br />
Nonostante l’apparente semplicità ed economicità, la teoria fatica a<br />
spiegare alcuni aspetti, a causa della sua eccessiva rigi<strong>di</strong>tà. Inoltre, il<br />
problema più cocente dal punto <strong>di</strong> vista della formazione<br />
dell’universale, è l’impossibilità <strong>di</strong> rintracciare gli esatti particolari<br />
che vanno a costituire l’ente universale. Sembra infatti che essi siano<br />
in continuo <strong>di</strong>venire e che la combinazione <strong>di</strong> particolari componenti<br />
l’universale cambi a seconda <strong>di</strong> chi percepisce il particolare. Restano<br />
da chiarire i processi mentali che attendono alla creazione<br />
dell’universale. Infine, le nozioni <strong>di</strong> somiglianza e <strong>di</strong> compresenza<br />
sollevano problematiche che minano la semplicità della teoria dei<br />
tropi e che, secondo l’opinione <strong>di</strong> alcuni filosofi, svelano la sua natura<br />
tutt’altro che unitaria.<br />
Rimangono dalla parte dei tropi alcune considerazioni. Ogni teoria<br />
umana non può esimersi dal presentare imperfezioni e passaggi oscuri.<br />
Soprattutto nel caso <strong>di</strong> una prospettiva <strong>di</strong> così recente sviluppo. La<br />
chiarezza, economia, coerenza e linearità <strong>di</strong> tale teoria continuano a<br />
40
Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
testimoniarne il valore e a garantirle un posto tra le opzioni<br />
metafisiche che l’uomo è stato in grado <strong>di</strong> formulare.<br />
41
Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
CAPITOLO SECONDO<br />
LA TEORIA DEI TROPI COME<br />
ONTOLOGIA DEGLI ENTI<br />
MATEMATICI<br />
1. ONTOLOGIE PER GLI ENTI MATEMATICI<br />
Un’ontologia che abbia la pretesa <strong>di</strong> essere coerente e completa<br />
deve impegnarsi a trattare sod<strong>di</strong>sfacentemente anche gli enti<br />
matematici. Tra questi vi sono i numeri, o più in generale le entità<br />
numeriche, e gli oggetti geometrici. Inoltre, è necessario definire quale<br />
tipo <strong>di</strong> entità debba essere assegnato ai rapporti tra questi due tipi <strong>di</strong><br />
enti, cioè sia ai rapporti interni alle due tipologie, sia a quelli che<br />
intercorrono tra le tipologie. Se infatti gli enti numerici e quelli<br />
geometrici sono per così <strong>di</strong>re i «mattoncini» della matematica,<br />
teoremi, assiomi e <strong>di</strong>mostrazioni sono la vera e propria essenza del<br />
sapere matematico.<br />
Il <strong>di</strong>battito 21 sulla natura del sapere matematico si sviluppa nei<br />
primi anni del Novecento e si articola nella contrapposizione tra due<br />
21 Confronta in particolare CASARI, ETTORE, Questioni <strong>di</strong> filosofia della matematica,<br />
Feltrinelli, Milano 1964.<br />
42
Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
concezioni fondamentali. La prima è la concezione contenutistica.<br />
Tale prospettiva assegna significato autonomo al <strong>di</strong>scorso matematico<br />
in quanto ritiene che questo verta intorno a entità particolari. La<br />
seconda concezione è quella formalistica, secondo la quale il <strong>di</strong>scorso<br />
matematico non gode <strong>di</strong> significato specifico, ma si compone <strong>di</strong> uno<br />
schema <strong>di</strong> <strong>di</strong>scorso sensibile al contesto. Ognuna <strong>di</strong> queste prospettive<br />
ha punti <strong>di</strong> forza e debolezze. La vali<strong>di</strong>tà della concezione<br />
contenutistica però vacilla fortemente, sotto il peso della mancanza <strong>di</strong><br />
una teorizzazione in grado <strong>di</strong> giustificare la corrispondenza tra enti<br />
matematici ed enti particolari.<br />
Oltre alle questioni sulla natura del sapere matematico, è necessario<br />
affrontare il problema della natura degli enti matematici. Assegnare<br />
agli enti matematici determinate qualità, significa possedere<br />
concezioni della matematica estremamente <strong>di</strong>vergenti. Si isolano<br />
principalmente tre concezioni. La prima è quella che corrisponde alla<br />
matematica pre<strong>di</strong>cativa. Se la matematica viene intesa come una<br />
scienza descrittiva, allora saranno le definizioni a plasmare gli enti<br />
matematici. Le definizioni cioè determinano un universo matematico,<br />
materia <strong>di</strong> base per formulare assiomi. Poi, a partire da tali assiomi, è<br />
possibile, secondo regole specifiche, costruire delle <strong>di</strong>mostrazioni. È<br />
una matematica che procede sul terreno delle ipotesi, del<br />
proce<strong>di</strong>mento per assurdo, del teorema del terzo escluso. Questo tipo<br />
<strong>di</strong> enti matematici non può esistere prima della formulazione <strong>di</strong><br />
giu<strong>di</strong>zi matematici e ha una natura astratta, a posteriori.<br />
43
Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
Una concezione della matematica come scienza costruttiva invece<br />
prevede che le definizioni costruiscano le entità. Ogni ente cioè deve<br />
godere <strong>di</strong> una valida <strong>di</strong>mostrazione costruttiva della sua esistenza,<br />
prima <strong>di</strong> ottenere un posto tra le entità matematiche. Non è possibile<br />
dedurre nessun tipo <strong>di</strong> ente o nessuna proprietà senza fornirne una<br />
efficace <strong>di</strong>mostrazione, per cui i proce<strong>di</strong>menti <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrazione<br />
in<strong>di</strong>retta vengono scartati. Questa matematica vuole essere svincolata<br />
da ogni presupposto metafisico extra-matematico e basarsi su<br />
un’interpretazione rigorosamente e coerentemente costruttivista.<br />
Questa concezione corrisponde ad alcuni modelli matematici e in<br />
particolare alla matematica intuizionista. Il principale esponente della<br />
matematica intuizionista fu il matematico olandese Luitzen Brouwer.<br />
Egli sostenne che il pensare matematico si sviluppi in un processo<br />
costruttivo <strong>di</strong> un universo in<strong>di</strong>pendente dalla nostra esperienza. Nella<br />
prospettiva intuizionista infatti le idee matematiche si trovano<br />
immerse nella mente umana prima del linguaggio, della logica o<br />
dell’esperienza.<br />
Ettore Casari 22 ha saputo riassumere la <strong>di</strong>fferenza tra queste due<br />
concezioni completando un’affermazione <strong>di</strong> Leopold Kronecker, uno<br />
dei precursori dell’intuizionismo matematico, contenuta nel celebre<br />
trattato Sulla natura del numero, pubblicato nel 1881. Il matematico<br />
tedesco infatti, riferendosi alla matematica pre<strong>di</strong>cativista, afferma che<br />
<strong>di</strong>o ha creato i numeri naturali, mentre il resto è opera dell’uomo.<br />
22 In CASARI, ETTORE, Questioni <strong>di</strong> filosofia della matematica, Feltrinelli, Milano<br />
1964.<br />
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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
Casari porta avanti la metafora, sostenendo che invece per la<br />
matematica intuizionista è tutto opera dell’uomo.<br />
Infine, una delle prospettiva più moderne è quella che assegna alla<br />
matematica lo statuto <strong>di</strong> scienza puramente formale. I formalisti<br />
sostengono inoltre che la logica vada trattata contemporaneamente alla<br />
matematica. La ragione va ritrovata nella concezione della logica<br />
come un linguaggio dei segni che esprime ragionamenti attraverso<br />
processi formali. Allo stesso modo infatti, gli assiomi della<br />
matematica sono processi formali attraverso i quali si esprimono le<br />
regole <strong>di</strong> derivazione delle formule. Questa prospettiva fu fondata da<br />
Hilbert e prende il nome <strong>di</strong> matematica formalista. Secondo quello che<br />
viene chiamato Programma <strong>di</strong> Hilbert 23 , ogni <strong>di</strong>sciplina matematica<br />
deve <strong>di</strong>sporre <strong>di</strong> una fondazione assiomatica, costituita da concetti e<br />
23 È necessario precisare che i teoremi <strong>di</strong> non <strong>di</strong>mostrabilità della coerenza, con certi<br />
strumenti, e incompletezza della matematica formulati da Kurt Gödel nel 1931<br />
segnarono per sempre i limiti del programma <strong>di</strong> Hilbert. Il matematico austriaco<br />
<strong>di</strong>mostrò infatti che la coerenza <strong>di</strong> un sistema che abbraccia la logica usuale e la<br />
teoria dei numeri non può essere stabilita se ci si limita a quei concetti e a quei<br />
meto<strong>di</strong> che possono essere rappresentati formalmente nel sistema della teoria dei<br />
numeri. La coerenza della teoria dei numeri cioè non può essere <strong>di</strong>mostrata<br />
all’interno <strong>di</strong> una metamatematica finitista. Inoltre, Kurt Gödel riuscì a <strong>di</strong>mostrare<br />
che, se una qualsiasi teoria formale T adatta ad abbracciare la teoria dei numeri è<br />
coerente e se gli assiomi del sistema formale dell’aritmetica sono assiomi o teoremi<br />
T, allora T è incompleto. Cioè, c’è un enunciato S <strong>di</strong> teoria dei numeri tale che né S<br />
né non-S è un teorema della teoria. Questa <strong>di</strong>mostrazione ha delle conseguenze<br />
devastanti per la teoria dei numeri, in quanto afferma che, siccome uno tra S o non-S<br />
deve essere vero, c’è un enunciato vero della teoria dei numeri che non è<br />
<strong>di</strong>mostrabile. In conclusione quin<strong>di</strong>, la non contrad<strong>di</strong>ttorietà <strong>di</strong> un sistema formale<br />
capace <strong>di</strong> esprimere la teoria elementare dei numeri non può mai essere <strong>di</strong>mostrata<br />
attraverso mezzi formalizzabili nel sistema stesso.<br />
45
Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
principi logici e matematici. Questi assiomi esprimono le regole <strong>di</strong><br />
derivazione delle formule, ovvero le regole <strong>di</strong> manipolazione dei<br />
simboli delle formule ottenute in precedenza. L’oggetto del lavoro<br />
matematico sono dunque i simboli. Una volta svuotati <strong>di</strong> ogni<br />
significato, essi sono l’essenza, non la rappresentazione, degli oggetti<br />
fisici sottoposti a un processo mentale <strong>di</strong> idealizzazione. Un giu<strong>di</strong>zio<br />
matematico è vero quin<strong>di</strong> se può essere ottenuto a conclusione <strong>di</strong> una<br />
successione <strong>di</strong> proposizioni derivate dalle precedenti o assiomatiche.<br />
Questi tre punti <strong>di</strong> vista sono connessi con i tre tra<strong>di</strong>zionali punti <strong>di</strong><br />
vista sulla natura delle entità astratte: rispettivamente, realismo,<br />
concettualismo, nominalismo. Il nominalismo si trova però legato sia<br />
alla concezione contenutista, quando punta a costruire una tecnica <strong>di</strong><br />
traduzione che permetta <strong>di</strong> evitare il riferimento a entità astratte, sia al<br />
formalismo <strong>di</strong> Hilbert, in quanto elimina il riferimento a entità astratte<br />
considerando la matematica come un complesso <strong>di</strong> simboli. La teoria<br />
dei tropi è sicuramente in accordo con una concezione formalista della<br />
matematica, grazie alla con<strong>di</strong>visione dello sforzo riduzionista in<br />
<strong>di</strong>rezione delle entità astratte. Tuttavia, si noti che un’ontologia che<br />
preveda un solo tipo <strong>di</strong> entità, come la teoria dei tropi, più che trovarsi<br />
<strong>di</strong> fronte al compito <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare un tipo <strong>di</strong> essenza per gli enti<br />
matematici, deve cercare la strada attraverso la quale mostrare come<br />
questi enti siano tropi.<br />
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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
2. CHE COSA SONO GLI ENTI MATEMATICI<br />
Nel corso dell’analisi ontologica degli enti matematici, emerge<br />
chiaramente la <strong>di</strong>stinzione tra oggetti astratti e oggetti concreti. Gli<br />
enti numerici infatti sono prevalentemente astratti. Costituiscono<br />
un’eccezione le concezioni della matematica come manipolazione dei<br />
simboli, per cui un numero è un oggetto concreto, cioè proprio il<br />
simbolo. Tale concezione quin<strong>di</strong> non assegna al simbolo il compito <strong>di</strong><br />
rimandare a entità astratte. Una concezione del numero <strong>di</strong> questo tipo<br />
è presente ad esempio nella matematica formalista. Eccezion fatta<br />
dunque per prospettive <strong>di</strong> questo genere, si può affermare che non ha<br />
senso parlare <strong>di</strong> numero concreto, in quanto nominare un numero<br />
significa riferirsi a una proprietà astratta. Questa proprietà viene<br />
associata a un gruppo <strong>di</strong> oggetti determinato e numerabile 24 con la<br />
quale il numero intrattiene una relazione <strong>di</strong> corrispondenza biunivoca.<br />
Gli enti geometrici invece possono essere sia astratti sia concreti. A<br />
ben vedere, ogni oggetto concreto corrisponde, più o meno<br />
perfettamente, a un ente geometrico. Questo perché, necessariamente,<br />
ogni ente concreto ha un’estensione nello spazio. Il modo in cui ogni<br />
oggetto ha un’estensione, determina una figura geometrica ed è quin<strong>di</strong><br />
oggetto <strong>di</strong> indagine della geometria. Oltre agli enti geometrici concreti<br />
24 Un certo numero <strong>di</strong> oggetti forma un insieme numerabile se e solo se esiste una<br />
corrispondenza biunivoca tra i suoi elementi e l’insieme dei numeri naturali. Dalla<br />
definizione fornita dunque si deduce che quest’analisi si impegna a fornire una<br />
descrizione esclusivamente dei numeri naturali e reali.<br />
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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
vi sono però anche enti geometrici astratti. Definire le proprietà <strong>di</strong> un<br />
triangolo, così come <strong>di</strong>mostrare il teorema <strong>di</strong> Pitagora, richiede il<br />
riferimento a un ente astratto e perfetto, un ente tale da sod<strong>di</strong>sfare<br />
perfettamente i criteri che definiscono ogni figura geometrica. In<br />
generale infatti si può <strong>di</strong>re che questo non avvenga per gli enti<br />
geometrici concreti.<br />
La letteratura sulla teoria dei tropi ad oggi non ha affrontato<br />
l’argomento degli enti numerici. Per quanto riguarda gli enti<br />
geometrici invece si può contare su una breve ma autorevole<br />
argomentazione. È proprio Donald Williams infatti, nel suo On the<br />
Elements of Being, a trattare l’argomento dell’ontologia da assegnare<br />
agli enti con cui lavora la geometria. Lo scopo dell’autore è quello <strong>di</strong><br />
rafforzare ulteriormente la teoria dei tropi, mostrando come essa sia<br />
capace <strong>di</strong> risolvere elegantemente e semplicemente la lunga questione<br />
riguardo al tipo <strong>di</strong> ontologia più adatta per gli enti geometrici. Al<br />
contrario delle ontologie <strong>di</strong> stampo platonico, la teoria dei tropi non<br />
richiede <strong>di</strong> postulare un ente universale che esemplifichi perfettamente<br />
le proprietà degli enti geometrici, come il triangolo perfetto, o il<br />
cerchio perfetto. Non è necessario prevedere una relazione <strong>di</strong><br />
esemplificazione, decisamente misteriosa, tra figura perfetta e oggetto<br />
che la esemplifica. Circolarità e triangolarità, per la teoria dei tropi,<br />
sono semplicemente universali astratti, in quanto proprietà possedute<br />
da più particolari concreti. Un oggetto triangolare o circolare dunque è<br />
un particolare concreto, un semplice oggetto che annovera, tra i tropi<br />
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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
che lo compongono, il tropo della triangolarità. Invece, un cerchio o<br />
un triangolo sono particolari astratti, cioè tropi. La ragione è che essi<br />
sono oggetti <strong>di</strong> cui si considera una sola proprietà, ovvero proprio la<br />
triangolarità o la circolarità. Riassumendo: la triangolarità è un<br />
universale astratto costituito, come ogni universale, da fasci <strong>di</strong> tropi<br />
compresenti. Questi tropi provengono da due tipi <strong>di</strong> oggetti. Di primo<br />
tipo sono i tropi che contribuiscono alla formazione <strong>di</strong> un oggetto<br />
concreto. Ad esempio, il fascio <strong>di</strong> tropi compresenti che costituisce un<br />
segnale stradale <strong>di</strong> precedenza, comprende un tropo che ne in<strong>di</strong>ca la<br />
particolare forma, la particolare triangolarità. Questo tropo<br />
contribuisce alla creazione dell’universale della triangolarità. Di<br />
secondo tipo invece sono i tropi che provengono dall’oggetto astratto<br />
con tre linee e tre angoli, quell’oggetto che, se ha uno dei tre angoli<br />
retto, allora l'area del quadrato costruito sull' ipotenusa è pari alla<br />
somma dell'area dei quadrati costruiti sui cateti, ovvero la figura<br />
geometrica del triangolo. Per cui, se dalla combinazione tra astratto e<br />
universale si costruisce la triangolarità, e da quella tra concreto e<br />
particolare otteniamo oggetti triangolari, allora dalla combinazione tra<br />
astratto e particolare si ricava l’ente puramente geometrico del<br />
triangolo.<br />
Come già anticipato, i teorici dei tropi non si sono occupati degli<br />
enti numerici. Ciò nonostante, lo stu<strong>di</strong>o degli enti geometrici<br />
effettuato da Williams lascia spazio <strong>di</strong> manovra per un’analoga<br />
trattazione degli enti numerici. Anche nel caso dei numeri infatti<br />
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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
possiamo isolare sostanzialmente tre mo<strong>di</strong> nei quali in<strong>di</strong>viduare l’ente<br />
numerico. Il primo modo corrisponde all’universale ed è analogo alla<br />
proprietà della triangolarità, ma in questo caso si riferisce alla<br />
proprietà comune a più enti <strong>di</strong> essere composti da <strong>di</strong>verse parti o avere<br />
aspetti con caratteristiche numerabili. In questo senso, è evidente che<br />
si tratti <strong>di</strong> un universale <strong>di</strong> una proprietà <strong>di</strong> secondo livello, in quanto<br />
si riferisce a proprietà primarie. Intendendo con unicità la proprietà<br />
con<strong>di</strong>visa dagli elementi che sono in numero <strong>di</strong> uno, si isola la<br />
proprietà <strong>di</strong> avere un unico elemento o un unico aspetto <strong>di</strong> un certo<br />
tipo. Si tratta quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> una proprietà secondaria e vincolata a proprietà<br />
in<strong>di</strong>pendenti. È in questo senso quin<strong>di</strong> che questa pagina ha la<br />
caratteristica <strong>di</strong> avere esattamente quattro lati e quattro angoli. Cioè, la<br />
proprietà <strong>di</strong> avere lati e angoli si applica quattro volte.<br />
Il secondo modo in cui si può trovare l’ente numerico corrisponde<br />
all’oggetto concreto o a quantità numerabili <strong>di</strong> oggetti concreti. In<br />
conseguenza all’esistenza <strong>di</strong> un universale astratto per la numerazione,<br />
esistono oggetti concreti che possiedono quei tropi che vanno a<br />
costituire l’universale corrispondente. Così come a ogni oggetto<br />
concreto corrisponde una forma, a ogni tropo appartenente a un<br />
oggetto concreto corrisponde anche un numero.<br />
Rimane da affrontare il problema del tipo <strong>di</strong> enti numerici che sono<br />
oggetto della matematica. Insistendo nella fedeltà alla trattazione degli<br />
enti geometrici, possiamo <strong>di</strong>re che l’ente numerico astratto e<br />
manipolato dalla matematica è un semplice tropo, cioè un ente<br />
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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
particolare astratto. Vale la pena <strong>di</strong> soffermarsi su queste due<br />
caratteristiche. In primo luogo, gli enti matematici sono particolari<br />
perché utilizzare un numero in una <strong>di</strong>mostrazione o in un calcolo, non<br />
significa servirsi dell’esemplificazione <strong>di</strong> un universale. Ogni numero<br />
è un ente <strong>di</strong> un certo tipo. Dunque, il singolo numero scritto sul mio<br />
foglio o pensato dalla mia mente si costituisce come l’occorrenza <strong>di</strong><br />
un’essenza, <strong>di</strong> un tipo <strong>di</strong> essere. L’ente matematico è un dunque un<br />
simbolo il cui significato va rintracciato nelle relazioni che intrattiene<br />
con gli altri simboli previsti dal sistema entro cui opera. In secondo<br />
luogo, un ente numerico è astratto perché non occupa regioni <strong>di</strong><br />
spazio-tempo, non ha forma ed è frutto della creazione da parte<br />
dell’uomo <strong>di</strong> un sistema formale. Ciò rende esplicito il parallelismo<br />
tra enti algebrici ed enti numerici e fa della matematica un insieme <strong>di</strong><br />
sistemi formali e deduttivi, lo sviluppo dei quali è compito del<br />
matematico.<br />
3. PROPRIETÀ E RELAZIONI DEGLI ENTI<br />
MATEMATICI<br />
Il numero, insieme all’attività del contare, costituisce un importante<br />
caso tra i processi <strong>di</strong> astrazione attraverso i quali opera la mente<br />
umana. Nel numero infatti l’astrazione raggiunge uno dei massimi<br />
gra<strong>di</strong>, in quanto contare oggetti significa prescindere da ogni loro<br />
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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
proprietà e considerarli unicamente come termini <strong>di</strong> un processo<br />
simbolico.<br />
Ogni numero è seguito e preceduto da una serie finita o infinita <strong>di</strong><br />
altri numeri, la cui grandezza varia al variare della successione dei<br />
numeri preso in considerazione. I rapporti con gli altri numeri e con le<br />
operazioni algebriche definiscono le proprietà <strong>di</strong> un numero. La serie<br />
dei numeri naturali, oltre a costituirsi come il più semplice, primitivo e<br />
<strong>di</strong>ffuso tra i sistemi dei numeri, ha anche un posto <strong>di</strong> rilievo nella<br />
formulazione della teoria degli insiemi. Georg Cantor, fondatore della<br />
teoria degli insiemi, si affidò all’assiomatizzazione dei numeri naturali<br />
formulata da Richard Dedekind e da Giuseppe Peano per definire i<br />
numeri or<strong>di</strong>nali. Gli assiomi <strong>di</strong> Dedekind e <strong>di</strong> Peano 25 sono dunque<br />
molto utili allo scopo <strong>di</strong> questo lavoro, in quanto evidenziano le<br />
proprietà dei numeri naturali e aprono la strada alla teoria degli<br />
insiemi. Si tratta <strong>di</strong> cinque assiomi il cui obiettivo è esplicitare le<br />
proprietà fondamentali dei numeri naturali. Prima <strong>di</strong> formulare gli<br />
assiomi, il matematico torinese dunque definisce con N la successione<br />
numerica dei numeri naturali e con 0 il numero zero. A questo punto,<br />
introduce la funzione S, che fa corrispondere a ciascun numero<br />
naturale n il suo successore. Con queste premesse, Peano può<br />
enunciare i cinque assiomi. Il primo assioma asserisce che il numero 0<br />
25 La ragione per cui ci si riferisce a questi assiomi come assiomi <strong>di</strong> Dedekind-Peano è<br />
che Peano gli espose compiutamente e li pubblicò nel 1889, nell’opera interamente<br />
in latino Arithmetices Principia nova methodo exposita. Dedekind però riuscì a<br />
isolarli l’anno prima, nel 1888. Il lavoro <strong>di</strong> Dedekind si può consultare nella lettera<br />
che il matematico inviò a Keferstein nel 1890.<br />
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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
appartiene alla successione dei numeri naturali. Il secondo assioma<br />
invece è relativo al campo d’azione della funzione S. L’azione <strong>di</strong><br />
questa funzione infatti scaturisce dalla successione numerica N e<br />
opera nei confronti della successione numerica N. In questo modo,<br />
Peano può asserire non solo che ogni numero naturale appartiene a N,<br />
ma anche che il successore <strong>di</strong> ogni numero naturale appartiene a N. Il<br />
terzo assioma precisa che non esiste nessun numero naturale il cui<br />
successore sia 0. In questo modo, il numero 0 si costituisce come<br />
punto <strong>di</strong> partenza della serie dei numeri naturali. Il quarto assioma<br />
determina che tipo <strong>di</strong> funzione è S. Si tratta infatti <strong>di</strong> una funzione<br />
iniettiva, cioè una funzione che associa ad argomenti <strong>di</strong>versi valori<br />
<strong>di</strong>versi. Questo significa che ogni numero naturale n avrà un<br />
successore <strong>di</strong>verso da quello che S associa a ogni altro numero<br />
naturale. Infine, il quinto assioma afferma che una serie numerica A<br />
contiene tutti i numeri naturali se sod<strong>di</strong>sfa due con<strong>di</strong>zioni. La prima<br />
con<strong>di</strong>zione è che A contenga 0. La seconda con<strong>di</strong>zione è che A sia<br />
chiusa rispetto al successore, cioè che A contenga il successore <strong>di</strong><br />
qualsiasi numero naturale che gli appartiene. Ciò significa che la serie<br />
numerica A, e <strong>di</strong> conseguenza la serie N, risultano seguire all’infinito<br />
attraverso un proce<strong>di</strong>mento induttivo.<br />
Ecco dunque i cinque assiomi <strong>di</strong> Peano:<br />
1) 0 N;<br />
2) S è una funzione da N in N;<br />
3) Non esiste alcun n N tale che S(n) = 0;<br />
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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
4) S è una funzione iniettiva;<br />
5) Sia a una qualunque serie numerica tale che 0 a e per ogni<br />
n N, se n a, anche S(n) a, allora N a.<br />
Il quinto assioma è <strong>di</strong> fondamentale importanza, in quanto contiene<br />
la formulazione del principio <strong>di</strong> induzione e <strong>di</strong> conseguenza la<br />
giustificazione della <strong>di</strong>mostrazione per induzione. La prima<br />
con<strong>di</strong>zione del quinto assioma infatti si chiama base dell’induzione,<br />
mentre la seconda si chiama passo dell’induzione. Il principio <strong>di</strong><br />
induzione dunque afferma che se A è un successione <strong>di</strong> numeri tale<br />
che, per ogni n N, se m A per ogni m < n, allora n A, allora N <br />
A. Il principio autorizza a inferire che tutti i numeri naturali<br />
possiedono una proprietà P dal fatto che, se P è posseduta dai numeri<br />
naturali minori <strong>di</strong> n, allora P è posseduta anche da n.<br />
Inoltre, Peano introdusse gli assiomi relativi alle operazioni<br />
fondamentali tra numeri naturali. Le operazioni prese in<br />
considerazione da Peano sono tre: somma, prodotto, esponenziazione.<br />
Per ogni operazione il matematico torinese formulò due assiomi:<br />
Assiomi <strong>di</strong> Peano sulla somma:<br />
1) per ogni m N, m + 0 = m<br />
2) per ogni m, n N, m + s(n) = s(m + n)<br />
Assiomi <strong>di</strong> Peano sul prodotto:<br />
1) per ogni m N, m 0 = m<br />
2) per ogni m, n N, m s(n) = (m n) + m<br />
Assiomi <strong>di</strong> Peano sull’esponenziazione:<br />
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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
1) per ogni m N, m 0 = 1<br />
2) per ogni m, n N, m s(n) = m n m<br />
Peano introdusse anche le relazioni <strong>di</strong> minore () e <strong>di</strong> minore o<br />
uguale ().<br />
Relazione <strong>di</strong> e <strong>di</strong> : dati m, n N, m è minore <strong>di</strong> n se n = m + p<br />
per qualche p N tale che p 0, m è minore uguale a n, se m n o m<br />
= n. Si noti che m < n equivale a m n e a m n.<br />
Una volta chiarite quali sono le proprietà dei numeri naturali, è<br />
necessario specificare che queste proprietà non si riferiscono a un<br />
numero preso singolarmente, ma hanno significato solo nel momento<br />
in cui si considera l’intera serie dei numeri naturali. Per questa<br />
ragione, se si considera un ente numerico isolato e in<strong>di</strong>pendentemente<br />
dalla serie <strong>di</strong> cui fa parte, allora questo numero è un tropo semplice,<br />
privo <strong>di</strong> proprietà o relazioni. Quando però si inserisce questo ente nel<br />
posto che occupa nella successioni <strong>di</strong> numeri, esso intreccia<br />
imme<strong>di</strong>atamente relazioni <strong>di</strong> minore e uguale. Ecco che allora,<br />
volendo assegnare uno statuto ontologico agli enti della matematica, è<br />
necessario scegliere che tipo <strong>di</strong> ente assegnare alla successione dei<br />
numeri naturali considerata nella sua interezza e complessità.<br />
Possiamo definire ontologicamente la successione numerica N<br />
come il fascio costituito dai tropi corrispondenti ai particolari astratti<br />
ai quali ci riferiamo quando compiamo operazioni <strong>di</strong> tipo matematico<br />
o quando osserviamo le relazioni che intercorrono tra i numeri. Un<br />
numero infatti rende possibile l’operazioni <strong>di</strong> contare solo se intreccia<br />
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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
la relazione <strong>di</strong> successore con il numero che lo precede e la relazione<br />
<strong>di</strong> predecessore con il numero che lo segue. Per questa ragione, gli<br />
enti <strong>di</strong> cui si occupa la matematica non possono essere considerati<br />
singolarmente dall’ontologia, ma devono essere calati nel sistema <strong>di</strong><br />
cui fanno parte.<br />
Infine, vorrei notare che Ludwig Wittgenstein, nella parte finale del<br />
suo Tractatus Logicus Philosophicus 26 , nell’asserzione 6.022 afferma<br />
che: « il concetto <strong>di</strong> numero è solo ciò che è comune a tutti i numeri,<br />
la forma generale del numero. Il concetto <strong>di</strong> numero è il numero<br />
variabile. E il concetto d’eguaglianza numerica è la forma generale <strong>di</strong><br />
tutte le eguaglianze numeriche speciali». Assegnare uno statuto<br />
ontologico al numero quin<strong>di</strong>, a maggior ragione, è una questione che<br />
necessariamente riguarda il concetto <strong>di</strong> numero, cioè, nelle parole <strong>di</strong><br />
Wittgenstein, una questione che riguarda ciò che è comune a tutti i<br />
numeri e che generalmente si può pre<strong>di</strong>care <strong>di</strong> ognuno <strong>di</strong> essi. Se il<br />
concetto è ciò che è comune a tutti gli enti <strong>di</strong> un tipo, cioè ciò che li<br />
accomuna in quanto enti <strong>di</strong> un tipo, allora è evidente la coincidenza tra<br />
concetto ed essenza.<br />
26 WITTEGENSTEIN, LUDWIG, Tractatus Logico-philosophicus, Einau<strong>di</strong>, Torino 1964.<br />
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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
CAPITOLO TERZO<br />
LA TEORIA DEGLI INSIEMI<br />
1. LA TEORIA INGENUA DI CANTOR<br />
La teoria degli insiemi nasce grazie al lavoro del matematico<br />
tedesco Georg Cantor, vissuto a cavallo tra Ottocento e Novecento.<br />
Dopo <strong>di</strong> lui, numerosissimi matematici si sono interessati alla teoria<br />
degli insiemi e hanno lavorato per renderla sempre più coerente e<br />
priva <strong>di</strong> antinomie. La ragione è che la teoria degli insiemi, grazie alla<br />
sua capacità <strong>di</strong> rendere su base insiemistica l’intero apparato<br />
matematico, costituisce un eccellente strumento <strong>di</strong> verifica delle teorie<br />
matematiche 27 .<br />
Il primo scritto sulla teoria degli insiemi è Über eine Eigenschaft<br />
des Inbegriffes aller reellen algebraischen Zahlen, pubblicato nel<br />
1874 dal Journal für <strong>di</strong>e reine und angewandte Mathematik. Il<br />
matematico tedesco prese spunto da questioni filosofiche e<br />
matematiche per approfon<strong>di</strong>re i concetti alla base della teoria degli<br />
insiemi <strong>di</strong> punti. Dagli insiemi <strong>di</strong> punti dunque, Cantor arrivò a<br />
27 La letteratura a cui farò riferimento nelle prossime pagine è principalmente<br />
costituita dal manuale CASALEGNO, PAOLO, MARIANI, MAURO, Teoria degli insiemi,<br />
un’introduzione, Carocci, Roma 2004 e dal volume CASARI, ETTORE, Questioni <strong>di</strong><br />
filosofia della matematica, Feltrinelli, Milano 1964.<br />
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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
formulare la teoria degli insiemi astratti e in seguito la teoria dei<br />
numeri car<strong>di</strong>nali e or<strong>di</strong>nali.<br />
Le posizioni metafisiche sostenute da Cantor riguardo la natura del<br />
numero hanno influenzato profondamente la sua formulazione della<br />
teoria degli insiemi. Cantor infatti <strong>di</strong>stingue due tipi <strong>di</strong> esistenza dei<br />
numeri. Il primo è <strong>di</strong> tipo intrasoggettiva o immanente, in quanto i<br />
numeri prendono posto nell’intelletto. In questo tipo <strong>di</strong> realtà i numeri<br />
sono <strong>di</strong>fferenziati e intrattengono relazioni con altri concetti e altri<br />
numeri. Il secondo tipo <strong>di</strong> realtà è transoggettiva o transiente. In tal<br />
senso, i numeri sono considerati come l’espressione <strong>di</strong> processi e<br />
relazioni che avvengono nel mondo esterno, contrapposto<br />
all’intelletto. Questi due tipi <strong>di</strong> realtà sono per Cantor necessariamente<br />
compresenti. Proprio la loro compresenza infatti garantisce l’assoluta<br />
libertà della matematica: solo ad essa fra le scienze infatti è concesso<br />
operare tenendo unicamente conto della realtà immanente dei suoi enti<br />
e trascurandone la realtà transiente.<br />
Si può dunque delineare la concezione cantoriana della matematica<br />
affermando che essa trae gran parte della sua materia e della sua<br />
ispirazione dalla riflessione sui fenomeni naturali. A partire dunque da<br />
modelli naturali, la matematica costruisce liberamente i suoi enti e non<br />
soffre <strong>di</strong> alcuna preoccupazione relativa all’applicazione pratica delle<br />
teorie che produce. In qualche modo però le teorie matematiche pure<br />
trovano sempre o quasi un’applicazione nell’analisi e nella descrizione<br />
del mondo esterno.<br />
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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
Poste queste importanti premesse metafisiche, Cantor definì il<br />
concetto <strong>di</strong> insieme all’interno dello scritto Contributi, del 1895.<br />
L’insieme dunque è la riunione M <strong>di</strong> un tutto <strong>di</strong> oggetti m che<br />
appartengono all’intuizione o al pensiero. A ogni insieme M spetta<br />
una potenza o numero car<strong>di</strong>nale. Il numero car<strong>di</strong>nale è quel concetto<br />
generale che si ottiene dall’insieme M astraendo dalla natura<br />
particolare dei suoi elementi e dall’or<strong>di</strong>ne nel quale essi sono dati. Fra<br />
i car<strong>di</strong>nali si possono definire relazione <strong>di</strong> uguaglianza, maggiore e<br />
minore o uguale (=, , ).<br />
Dopo aver definito il concetto <strong>di</strong> insieme, Cantor gli attribuì alcune<br />
caratteristiche. La prima asserisce che esiste un insieme in<br />
corrispondenza a ogni molteplicità <strong>di</strong> enti <strong>di</strong>stinti che possa essere<br />
caratterizzata da una con<strong>di</strong>zione. La seconda proprietà invece assicura<br />
che l’insieme sia completamente determinato da tutti gli elementi<br />
della molteplicità corrispondente all’insieme. Tale principio separa e<br />
<strong>di</strong>stingue la nozione estensionale <strong>di</strong> insieme dalla nozione intensionale<br />
<strong>di</strong> proprietà.<br />
Infine, Cantor afferma la sostanzialità dell’insieme nel duplice<br />
aspetto dell’in<strong>di</strong>vidualità, cioè della capacità <strong>di</strong> godere <strong>di</strong> attributi e <strong>di</strong><br />
essere quin<strong>di</strong> elemento <strong>di</strong> una molteplicità, e dell’assolutezza.<br />
Quest’ultimo aspetto garantisce l’in<strong>di</strong>pendenza dell’insieme dal<br />
linguaggio e da ogni possibile caratterizzazione linguistico-teoretica<br />
degli insiemi e delle proprietà.<br />
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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
Volendo analizzare più approfon<strong>di</strong>tamente queste quattro<br />
con<strong>di</strong>zioni, si può innanzitutto notare che alla base si ritrova<br />
un’evidente concezione platonistica della matematica. In particolare,<br />
Il platonismo logico si manifesta nell’assunzione che l’universale<br />
possieda un’esistenza extralogica affine in qualche modo a quella<br />
delle componenti del mondo reale. Inoltre, ciò che la prima con<strong>di</strong>zione<br />
afferma è che ogni qualvolta sia possibile determinare una<br />
molteplicità tramite una legge o una proprietà, necessariamente per<br />
ogni entità sarà univocamente determinato il suo appartenere,<br />
sottostare, sod<strong>di</strong>sfare o no la legge o la proprietà. Esiste cioè l’insieme<br />
corrispondente a ogni molteplicità determinata.<br />
La seconda con<strong>di</strong>zione ha un significato apparentemente molto<br />
elementare, in quanto ciò che afferma è che due insiemi con gli stessi<br />
elementi coincidono. Ciò che influisce nella determinazione<br />
dell’uguaglianza tra insiemi dunque è esclusivamente l’estensione. La<br />
terza con<strong>di</strong>zione vuole specificare più chiaramente il tipo <strong>di</strong> esistenza<br />
assegnato all’insieme determinato da ogni molteplicità.<br />
In accordo dunque con la prospettiva platonistica della matematica<br />
<strong>di</strong> Cantor, egli attribuisce all’universale corrispondente all’insieme i<br />
caratteri logici delle sostanze in<strong>di</strong>viduali. Infine, la quarta<br />
caratteristica arricchisce ulteriormente l’universale, assegnandogli non<br />
solo i caratteri primari delle sostanze, ma anche quelli secondari. Le<br />
proprietà dell’insieme sono cioè necessariamente connesse con<br />
l’insieme stesso.<br />
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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
Furono numerose le critiche mosse alla concezione cantoriana della<br />
teoria degli insiemi. Fondamentalmente però è possibile evidenziarne<br />
<strong>di</strong> due tipi. Le obiezioni <strong>di</strong> carattere logico accusano la teoria <strong>di</strong> essere<br />
intrinsecamente inconsistente, mentre le obiezioni <strong>di</strong> carattere<br />
filosofico-epistemico ne evidenziano l’incapacità <strong>di</strong> costituire una<br />
piattaforma armonica e adeguata per l’interpretazione dei molteplici<br />
aspetti e della natura della ricerca matematica.<br />
2. I PARADOSSI DELLA TEORIA DEGLI INSIEMI<br />
Le <strong>di</strong>fficoltà a cui va incontro la teoria degli insiemi possono essere<br />
rappresentate da tre casi. La prima complicazione è dovuta alla<br />
scoperta delle antinomie logiche generate dall’incompatibilità della<br />
prima e della terza caratteristica attribuite alla teoria degli insiemi 28 . È<br />
infatti la sinergia delle due con<strong>di</strong>zioni a generare il principio <strong>di</strong><br />
comprensione, il quale, se applicato senza alcuna restrizione, genera<br />
contrad<strong>di</strong>zioni. Tale principio <strong>di</strong> comprensione ha lo scopo <strong>di</strong><br />
garantire che tutte le proprietà siano in grado <strong>di</strong> generare molteplicità<br />
tali da definire insiemi. Il principio <strong>di</strong> comprensione era infatti<br />
ritenuto valido agli albori della teoria degli insiemi, ma il matematico<br />
28 In FREGE, GOTTLOB, Grundegesetze der Artimetik, Verlag Hermann Pohle, Jena<br />
1893, è presentato un sistema che assumeva il principio <strong>di</strong> comprensione. Nella<br />
versione fregeana dunque il principio asserisce che data una proprietà, è sempre<br />
possibile può assumere l'esistenza <strong>di</strong> un insieme ben determinato che corrisponde a<br />
questa proprietà. Bertrand Russell rivelò l’inaffidabilità <strong>di</strong> tale principio, attraverso<br />
il suo famoso paradosso dell’insieme delle classi che non appartengono a se stesse.<br />
61
Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
torinese Cesare Burali-Forti nel 1897 e Bertrand Russell nel 1901,<br />
hanno prodotto alcuni paradossi che ne hanno svelato l’incoerenza. Il<br />
paradosso <strong>di</strong> Burali-Forti prende le mosse dall’assunzione che esiste<br />
l’insieme <strong>di</strong> tutti gli or<strong>di</strong>nali. Tale insieme dovrebbe a sua volta essere<br />
un or<strong>di</strong>nale, in quanto in possesso <strong>di</strong> tutte le proprietà dei numeri<br />
or<strong>di</strong>nali: chiamiamo questo or<strong>di</strong>nale A questo punto però sarebbe<br />
possibile costruire l’or<strong>di</strong>nale + 1, maggiore <strong>di</strong> . Per definizione<br />
dello stesso però, + 1 dovrebbe appartenere a , quin<strong>di</strong> si giunge<br />
al risultato paradossale per cui: < +1 .<br />
Il problema deriva dalla possibilità <strong>di</strong> costruire insiemi con formule<br />
<strong>di</strong> comprensione che non prevedono alcuna restrizione, in particolare<br />
riguardo agli elementi che non sono insiemi. Ad esempio, la classe <strong>di</strong><br />
tutti gli uomini non è un uomo, ma la classe <strong>di</strong> tutte le idee è un’idea,<br />
così come la classe <strong>di</strong> tutti gli insiemi con car<strong>di</strong>nalità maggiore <strong>di</strong> 1 è<br />
un insieme con car<strong>di</strong>nalità maggiore <strong>di</strong> 1. Dunque, dato che alcune<br />
classi sono elemento <strong>di</strong> se stesse e altre non lo sono, è necessario<br />
imporre delle restrizioni che agiscano allo scopo <strong>di</strong> evitare le<br />
antinomie.<br />
Bertrand Russell invece scoprì nel 1901 l’antinomia dell’insieme<br />
che contiene tutti gli insiemi che contengono se stesso tra gli elementi.<br />
La contrad<strong>di</strong>zione sta nel fatto che l’insieme che contiene tutti gli<br />
insiemi che contengono se stessi contiene se stesso se e solo se non<br />
contiene se stesso. Se infatti l’insieme contiene se stesso, deve<br />
62
Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
appartenere all’insieme degli insiemi che non contengono se stessi tra<br />
gli elementi.<br />
Poiché il principio <strong>di</strong> comprensione è responsabile del tratto logico-<br />
platonistico che caratterizza la concezione cantoriana della teoria degli<br />
insiemi, è evidente come la <strong>di</strong>mostrazione della sua inconsistenza<br />
logica sia un duro colpo per questa formulazione.<br />
Questi paradossi hanno evidenziato la necessità <strong>di</strong> formulare<br />
principi più affidabili che in<strong>di</strong>chino <strong>di</strong> che tipo <strong>di</strong> insiemi si può<br />
ammettere l’esistenza. Vi sono numerose teorie assiomatiche, a partire<br />
da quella <strong>di</strong> Zermelo-Fraenkel, attraverso le quali sono state tentate<br />
<strong>di</strong>verse soluzioni. Secondo Russell, Zermelo e Quine infatti l’errore si<br />
trova nell’ammissione dell’esistenza dell’insieme in corrispondenza a<br />
ogni con<strong>di</strong>zione. La soluzione quin<strong>di</strong> è quella <strong>di</strong> eliminare<br />
l’in<strong>di</strong>scriminata possibilità <strong>di</strong> costruire insiemi in corrispondenza a<br />
ogni con<strong>di</strong>zione. Per Russell la limitazione deve riguardare la natura<br />
delle sostanze che intervengono come elementi nella molteplicità,<br />
elaborando una gerarchia delle sostanze. Fu questa idea a portare<br />
Russell alla formulazione della teoria dei tipi. Zermelo invece ritiene<br />
che la limitazione debba operare sulla natura delle molteplicità capaci<br />
<strong>di</strong> formare un insieme non contrad<strong>di</strong>ttorio. Vi è però un’altra<br />
prospettiva, a cui corrispondono le teorie assiomatiche <strong>di</strong> Von<br />
Neumann, che riscontra la ra<strong>di</strong>ce delle antinomie nell’ammissione che<br />
ogni insieme sia una sostanza, cioè nella terza caratteristica degli<br />
insiemi secondo Cantor.<br />
63
Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
Veniamo ora alla seconda obiezione mossa alla teoria <strong>di</strong> Cantor.<br />
Essa si sviluppa successivamente alla prima obiezione, in quanto<br />
afferma che il principio <strong>di</strong> comprensione, anche quando sia stato<br />
riformulato in modo da sottrarsi alla prima obiezione, presenta un<br />
circolo vizioso. La ragione è che il principio <strong>di</strong> comprensione assicura<br />
l’esistenza <strong>di</strong> insiemi comunque definiti, ma questi insiemi sono<br />
implicati <strong>di</strong>rettamente dalla con<strong>di</strong>zione che li definisce. Il principio <strong>di</strong><br />
comprensione cioè si avvale <strong>di</strong> una definizione impre<strong>di</strong>cativa. Le<br />
definizioni impre<strong>di</strong>cative sono quelle definizioni che determinano un<br />
ente facendo riferimento a una totalità che contiene come elemento<br />
l’ente da definire. Finché infatti l’universale viene concepito<br />
<strong>di</strong>stributivamente, cioè come aggregato <strong>di</strong> tutti i suoi elementi, riferirsi<br />
alla totalità significa riferirsi <strong>di</strong>stributivamente a ogni suo elemento.<br />
Definire un ente con riferimento a una totalità <strong>di</strong> cui esso è elemento<br />
equivale perciò a definirlo riferendosi all’ente stesso e questo è<br />
circolare. Tuttavia, questo ragionamento non è necessariamente<br />
implicato dalle presupposizioni fondamentali del platonismo logico.<br />
La ragione è da riscontrarsi nell’elemento <strong>di</strong>stintivo della concezione<br />
platonistica, la quale afferma che le definizioni matematiche sono<br />
proprio costitutive degli enti. Per quanto riguarda la matematica<br />
platonistica quin<strong>di</strong> questa critica non ha alcuna consistenza, ma<br />
rappresenta un grosso ostacolo teorico per le altre concezioni della<br />
matematica.<br />
64
Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
Infine, la formulazione <strong>di</strong> Cantor presenta una terza <strong>di</strong>fficoltà,<br />
causata dall’insostenibilità della con<strong>di</strong>zione che afferma che gli<br />
insiemi e le loro proprietà sono assoluti nel senso che sono<br />
in<strong>di</strong>pendenti da ogni possibile caratterizzazione linguistico-teoretica.<br />
Questo problema è evidenziato dal paradosso formulato dal<br />
matematico norvegese Albert Thoralf Skolem. Ai fini della<br />
comprensione del paradosso, è necessario introdurre alcuni concetti<br />
matematici. Innanzitutto, un insieme è numerabile se e solo se esiste<br />
una corrispondenza biunivoca tra i suoi elementi e l’insieme dei<br />
numeri naturali. Invece, è più che numerabile se e solo se esiste una<br />
corrispondenza biunivoca tra gli elementi <strong>di</strong> un suo sottoinsieme e<br />
l’insieme dei numeri naturali ma non esiste nessuna corrispondenza<br />
biunivoca tra i suoi elementi e l’insieme dei numeri naturali. Inoltre,<br />
nel paradosso si fa riferimento al teorema <strong>di</strong> Cantor, che afferma che<br />
non c’è una corrispondenza biunivoca tra l’insieme dei numeri<br />
naturali e il suo insieme potenza.<br />
Detto ciò, il paradosso <strong>di</strong> Skolem può essere formulato: sia M un<br />
insieme qualunque <strong>di</strong> espressioni della logica dei pre<strong>di</strong>cati che<br />
supponiamo in una particolare forma chiamata «forma normale<br />
totalmente prenessa skolemiana». Skolem riesce a <strong>di</strong>mostrare che se<br />
M possiede un modello, questo modello sarà al massimo numerabile.<br />
Infatti, ogni modello della teoria degli insiemi, ad esempio il modello<br />
65
Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
assiomatico proposto da Zermelo-Fraenkel 29 , sod<strong>di</strong>sfacendo tutti gli<br />
assiomi dovrebbe sod<strong>di</strong>sfare anche ogni teorema, compreso quello <strong>di</strong><br />
Cantor, che afferma che in ogni possibile modello della teoria degli<br />
insiemi sono sempre mancanti quegli insiemi che potrebbero<br />
rappresentare una corrispondenza biunivoca tra quello che nel modello<br />
rappresenta l’insieme dei numeri naturali e quello che nel modello ne<br />
rappresenta l’insieme potenza. In sostanza, la non-numerabilità<br />
dell’insieme <strong>di</strong> tutti i sottoinsiemi dell’insieme dei numeri naturali,<br />
cioè la non numerabilità dell’insieme potenza <strong>di</strong> N. Il modello quin<strong>di</strong><br />
contiene un’infinità più che numerabile <strong>di</strong> elementi. Ogni eventuale<br />
modello della teoria dovrebbe essere in conclusione più che<br />
numerabile. Invece, la <strong>di</strong>mostrazione <strong>di</strong> Skolem rivela che la teoria ha<br />
un modello numerabile. A meno che quin<strong>di</strong> la teoria sia<br />
contrad<strong>di</strong>ttoria e non possieda alcun modello, l’insieme potenza<br />
dell’insieme dei numeri naturali è e non è allo stesso tempo<br />
numerabile. Ecco dunque il paradosso.<br />
Skolem propone una soluzione del paradosso <strong>di</strong> grande interesse. Il<br />
matematico norvegese infatti introduce un nuovo linguaggio<br />
attraverso il quale provare a riformulare il paradosso: il linguaggio<br />
metamatematico. Ciò che fa scaturire il paradosso infatti è che nel<br />
linguaggio della teoria degli insiemi è possibile <strong>di</strong>mostrare la non-<br />
esistenza <strong>di</strong> un certo insieme, mentre nel metalinguaggio è possibile<br />
<strong>di</strong>mostrarne l’esistenza. Così argomentando, l’esistenza o la non<br />
29 La presentazione delle teorie assiomatiche, tra cui quella formulata da Zermelo e da<br />
Fraenkel, è oggetto del prossimo paragrafo.<br />
66
Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
esistenza <strong>di</strong> un insieme <strong>di</strong>ventano una questione relativa al linguaggio<br />
e al sistema entro il quale si sta operando, una questione priva cioè <strong>di</strong><br />
carattere assoluto. In quest’ottica ad esempio, il teorema <strong>di</strong> Cantor non<br />
afferma in assoluto la non-esistenza dell’insieme istituente una<br />
corrispondenza biunivoca tra l’insieme dei numeri naturali e l’insieme<br />
potenza <strong>di</strong> questo, ma semplicemente la non esistenza <strong>di</strong> un tale<br />
insieme all’interno dei suoi possibili modelli. Più esattamente, il<br />
teorema <strong>di</strong> Cantor <strong>di</strong>ce che in ogni possibile modello della teoria<br />
mancano sempre quegli insiemi che potrebbero rappresentare una<br />
corrispondenza biunivoca tra quello che nel modello rappresenta<br />
l’insieme dei numeri naturali e quello che nel modello ne rappresenta<br />
l’insieme potenza.<br />
3. LE TEORIE ASSIOMATICHE DEGLI INSIEMI<br />
Il processo che portò alla formulazione della moderna teoria degli<br />
insiemi fu molto lungo e aprì la strada a moltissime altre teorie<br />
matematiche. La scoperta <strong>di</strong> alcune antinomie all’interno della<br />
formulazione cantoriana della teoria degli insiemi inoltre stuzzicò<br />
l’ingegno <strong>di</strong> molti matematici e filosofi che, nel tentativo <strong>di</strong> risolverle,<br />
apportarono importanti mo<strong>di</strong>fiche alla teoria degli insiemi, rendendola<br />
sempre più completa e coerente.<br />
Nel 1908 il matematico e filosofo tedesco Ernst Zermelo pubblicò,<br />
sul numero 65 dei Mathematische Annalen, un saggio dal titolo<br />
67
Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
Untersuchungen über <strong>di</strong>e Grundlagen der Mengenlehre, destinato a<br />
suscitare grande interesse. In quest’opera infatti Zermelo offrì una<br />
sistematizzazione della teoria degli insiemi, il cui fine è eliminare le<br />
antinomie e i paradossi che erano stati scoperti fino a quel momento.<br />
Il matematico era convinto che la ra<strong>di</strong>ce delle antinomie risiedesse<br />
nell’ammissione dell’esistenza <strong>di</strong> insiemi in corrispondenza a<br />
con<strong>di</strong>zioni arbitrarie. Non è infatti la natura delle sostanze che<br />
formano la molteplicità a rivelarsi problematica per Zermelo, ma è la<br />
natura della molteplicità stessa. È possibile infatti per Zermelo che<br />
determinate molteplicità risultino troppo gran<strong>di</strong> per non essere<br />
problematiche all’interno della teoria degli insiemi. Per questa<br />
ragione, Zermelo decise <strong>di</strong> sostituire il principio <strong>di</strong> comprensione,<br />
colpevole a suo avviso <strong>di</strong> permettere la creazione <strong>di</strong> insiemi troppo<br />
gran<strong>di</strong>. Al suo posto, formulò alcuni principi che consentissero <strong>di</strong><br />
costruire insiemi abbastanza gran<strong>di</strong> da sod<strong>di</strong>sfare i bisogni della teoria<br />
cantoriana del transfinito, ma non tanto gran<strong>di</strong> da permettere che si<br />
presentassero antinomie.<br />
Zermelo dunque propose un sistema <strong>di</strong> assiomatizzazione della<br />
teoria degli insiemi. Gli elementi su cui operano gli assiomi<br />
appartengono a un dominio D <strong>di</strong> oggetti, i quali intrecciano tra <strong>di</strong> loro<br />
relazioni fondamentali. Il dominio D non è un insieme, bensì è una<br />
classe. Inoltre, è chiuso, nel senso che comprende tutti gli insiemi che<br />
si ottengono da altri insiemi applicando a questi i processi previsti<br />
della teoria. Questi processi possono essere <strong>di</strong> tipo matematico o<br />
68
Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
logico. I processi matematici sono la potenza, per cui se esiste in D un<br />
insieme x allora esiste anche l’insieme potenza <strong>di</strong> x, cioè l’insieme <strong>di</strong><br />
tutti i sottoinsiemi <strong>di</strong> x; la riunione, che prevede che se esiste in D un<br />
insieme i cui elementi sono a loro volta insiemi, allora esiste in D<br />
anche l’insieme riunione <strong>di</strong> x, cioè <strong>di</strong> tutte quelle cose che sono<br />
elemento <strong>di</strong> almeno un elemento <strong>di</strong> x; e la selezione, per la quale se<br />
esiste in D un insieme <strong>di</strong> insiemi non vuoti e <strong>di</strong>sgiunti, allora esiste in<br />
D anche un insieme-selezione <strong>di</strong> x che ha esattamente un elemento in<br />
comune con ogni elemento <strong>di</strong> x.<br />
Il processo logico invece è chiamato isolamento. Grazie<br />
all’applicazione <strong>di</strong> questo processo, è possibile isolare, all’interno <strong>di</strong><br />
un dato insieme, un suo sottoinsieme attraverso l’imposizione agli<br />
elementi dell’insieme <strong>di</strong> partenza <strong>di</strong> una con<strong>di</strong>zione che sia per essi<br />
definita. Una proprietà è definita se le relazioni fondamentali del<br />
dominio, me<strong>di</strong>ante assiomi e leggi logiche universalmente valide,<br />
decidono completamente della sua applicazione o non applicazione.<br />
Il matematico tedesco definisce quin<strong>di</strong> l’insieme come<br />
quell’oggetto astratto che possiede almeno un elemento e gli assegna<br />
il ruolo <strong>di</strong> elemento primitivo della teoria. In seguito, postula che la<br />
con<strong>di</strong>zione che fa sì che due insiemi siano uguali è che abbiano gli<br />
stessi elementi. Vi sono poi altri assiomi, il cui obiettivo è quello <strong>di</strong><br />
porre con<strong>di</strong>zioni sull’esistenza <strong>di</strong> particolari insiemi e <strong>di</strong> chiudere il<br />
dominio. Zermelo dunque include nel dominio insiemi cosiddetti<br />
elementari. Questi sono l’insieme vuoto, l’insieme unità (x) <strong>di</strong> x, cioè<br />
69
Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
l’insieme il cui unico elemento è x, e l’insieme coppia per ogni coppia<br />
<strong>di</strong> elementi. Inoltre, Zermelo introduce l’insieme infinito,<br />
quell’insieme cioè che contiene l’insieme vuoto e tutti gli insiemi<br />
ottenuti reiterando un numero finito <strong>di</strong> volte l’applicazione della<br />
costituzione dell’insieme unità a partire dall’insieme vuoto.<br />
I processi logici e matematici, l’assioma <strong>di</strong> estensionalità,<br />
l’assioma dell’insieme infinito e gli assiomi sugli insiemi elementari<br />
costituiscono i sette assiomi <strong>di</strong> Zermelo:<br />
A1 o <strong>di</strong> determinatezza (estensionalità):<br />
Se ogni elemento <strong>di</strong> un insieme x è contemporaneamente elemento<br />
<strong>di</strong> un insieme y e viceversa, allora x=y.<br />
A2 o degli insiemi elementari:<br />
Esiste un insieme improprio () che non contiene alcun elemento.<br />
Se x è qualsiasi cosa del dominio allora esiste l’insieme (x) che<br />
contiene come elemento solo x (cioè l’insieme unità <strong>di</strong> x).<br />
Se x e y sono due cose qualsiasi del dominio, allora esiste sempre un<br />
insieme (x, y) (insieme coppia), che contiene come elementi sia x sia y<br />
ma nessuna cosa z che sia <strong>di</strong>versa da entrambi.<br />
A3 o dell’isolamento:<br />
Se il pre<strong>di</strong>cato (x) è definito per tutti gli elementi <strong>di</strong> un insieme y,<br />
allora y possiede sempre un sottoinsieme z che contiene come<br />
elementi tutti e soli quegli elementi <strong>di</strong> y per i quali è vero (x). Se non<br />
vi è nessun elemento <strong>di</strong> y per cui è vero (x), z è un sottoinsieme<br />
vuoto.<br />
A4 o dell’insieme potenza:<br />
70
Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
A ogni insieme x corrisponde un secondo insieme P(x) che contiene<br />
come elementi tutti e soli i sottoinsiemi <strong>di</strong> x.<br />
A5 o della riunione:<br />
A ogni insieme x corrisponde un secondo insieme S(x) che contiene<br />
come elementi tutti e soli i sottoinsiemi <strong>di</strong> x.<br />
A6 o della scelta:<br />
Se x è un insieme i cui elementi sono tutti insiemi <strong>di</strong>versi da e tra<br />
loro <strong>di</strong>sgiunti, allora la sua riunione S(x) contiene almeno un<br />
sottoinsieme y che ha in comune con ogni elemento <strong>di</strong> x uno e un solo<br />
elemento.<br />
A7 o dell’infinito:<br />
Il dominio contiene almeno un insieme z che contiene come<br />
elemento l’insieme nullo ed è fatto in modo che a ogni suo<br />
elemento x corrisponde un altro elemento della forma (x) ovvero che<br />
con ogni suo elemento x contiene anche come elemento il<br />
corrispondente (x).<br />
Zermelo dunque afferma che la sua assiomatizzazione è non-<br />
contrad<strong>di</strong>ttoria, ma non riesce a <strong>di</strong>mostrarlo. Per questa ragione, si<br />
limita a mostrare che tutte le antinomie conosciute fino ad allora in<br />
prima istanza non si presentano. Inoltre osserva che tutti gli assiomi<br />
sembrano essere in<strong>di</strong>pendenti, tranne quello degli insiemi elementari.<br />
Il matematico tedesco Adolf Abraham Fraenkel infatti <strong>di</strong>mostrò che<br />
questo assioma è parzialmente <strong>di</strong>pendente dagli altri. Inoltre, Fraenkel<br />
operò numerose altre migliorie al sistema assiomatico <strong>di</strong> Zermelo,<br />
71
Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
tanto che ci si riferisce a questo sistema chiamandolo con il nome <strong>di</strong><br />
entrambi i matematici.<br />
Nonostante gli sforzi dei due autori dunque, sono state sollevate<br />
numerose questioni sull’adeguatezza dell’assiomatizzazione <strong>di</strong><br />
Zermelo-Fraenkel nel rendere la teoria degli insiemi.<br />
Innanzitutto, il sistema fu accusato <strong>di</strong> essere metodologicamente<br />
inadeguato a causa del concetto <strong>di</strong> pre<strong>di</strong>cato definito contenuto<br />
nell’assioma <strong>di</strong> isolamento. Questo concetto non sarebbe utilizzabile<br />
innocentemente in quanto sembra non sia sufficientemente preciso. In<br />
particolare riguardo la <strong>di</strong>mostrazione che D non è un insieme.<br />
Affermando infatti che ogni insieme ha almeno un sottoinsieme che<br />
non è suo elemento, si conclude che non tutto ciò che appartiene al<br />
dominio è elemento <strong>di</strong> uno stesso insieme. Quin<strong>di</strong> D non è un insieme.<br />
È proprio grazie al fatto che D non è un insieme che è possibile evitare<br />
l’antinomia <strong>di</strong> Russell, un risultato molto importante raggiunto però<br />
attraverso strumenti che non convincono.<br />
Per questa ragione dunque sia Skolem sia Fraenkel si impegnaroso<br />
a trovare una soluzione al problema. Il matematico norvegese provò la<br />
strada metamatematica, asserendo che un pre<strong>di</strong>cato definito è<br />
un’espressione della logica dei pre<strong>di</strong>cati del primo or<strong>di</strong>ne che contiene<br />
una variabile libera e risulta costituito dai connettivi e dai<br />
quantificatori a partire da espressioni atomiche della forma x y o x =<br />
y. L’assioma <strong>di</strong> isolamento non risulta dunque più come un singolo<br />
assioma, ma si costituisce come uno schema <strong>di</strong> assiomi.<br />
72
Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
Il matematico tedesco invece tentò la strada della precisazione del<br />
criterio della definitezza, attraverso l’introduzione del concetto<br />
generale <strong>di</strong> funzione la riformulazione dell’assioma della scelta 30 .<br />
Un’altra critica che fu mossa al sistema <strong>di</strong> Zermelo fu quella <strong>di</strong><br />
risultare troppo debole, per due ragioni. La prima era che esso non<br />
permetteva <strong>di</strong> assicurare l’esistenza <strong>di</strong> molti insiemi fondamentali per<br />
la teoria del transfinito. Nello specifico, erano ammessi troppi pochi<br />
car<strong>di</strong>nali e or<strong>di</strong>nali transfiniti. La soluzione trovata dai fondatori della<br />
teoria fu dunque quella <strong>di</strong> annettere un altro assioma che permettesse<br />
<strong>di</strong> creare infiniti insiemi partendo dagli insiemi la cui non<br />
problematicità era già stata <strong>di</strong>mostrata. Infatti, se x è un insieme e ogni<br />
suo elemento viene rimpiazzato con una cosa del dominio D, allora x<br />
trapassa ancora in un insieme, e così all’infinito.<br />
A8 o <strong>di</strong> rimpiazzamento: se M è un insieme e f una funzione,<br />
allora esiste un insieme M’ <strong>di</strong> tutti e solo i valori <strong>di</strong> f su M, <strong>di</strong> tutti e<br />
soli cioè gli f(x) per x M.<br />
La seconda ragione per cui il sistema fu accusato <strong>di</strong> eccessiva<br />
debolezza è <strong>di</strong>ametralmente opposta alla prima. La ragione infatti è<br />
30 Il ragionamento è il seguente: se x è un insieme variabile, sono funzioni <strong>di</strong> x ogni<br />
insieme costante, ogni insieme coppia in cui x intervenga come elemento, l’insieme<br />
potenza <strong>di</strong> x, l’insieme riunione <strong>di</strong> x e ogni funzione <strong>di</strong> x. Siano (x) e (x) due<br />
funzioni <strong>di</strong> x, ° sia una delle operazioni =, , , . Siano poi M e N due insiemi tali<br />
che N contenga tutti e soli quegli elementi y <strong>di</strong> M per cui vale (x) ° (x); allora N è<br />
detto l’insieme isolato da ° in M e si scrive N=M ° . Si riformula dunque l’A3 o<br />
<strong>di</strong> isolamento: per ogni insieme M e date due funzioni <strong>di</strong> x, e , esiste un insieme<br />
<strong>di</strong> isolamento M ° .<br />
73
Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
che esso non permette <strong>di</strong> assicurare la non esistenza <strong>di</strong> insiemi non<br />
desiderabili, come quelli al cui interno esiste una catena infinita <strong>di</strong><br />
insiemi legati dalla relazione <strong>di</strong> appartenenza. Fraenkel tentò <strong>di</strong>verse<br />
soluzioni, ma la categoricità dell’ampia e generale teoria degli insiemi<br />
pare destinata a rimanere irrealizzabile. È tuttavia possibile attraverso<br />
opportuni assiomi escludere gli insiemi indesiderabili finora<br />
riconosciuti. A questo scopo, Zermelo formulò nel 1930 un nuovo<br />
assioma:<br />
A9 o <strong>di</strong> fondazione: ogni insieme non vuoto x contiene un<br />
elemento y che non ha con x alcun elemento in comune.<br />
Infine, la piattaforma ontologica del sistema zermeliano fu ritenuta<br />
eccessivamente ampia ed eterogenea, in quanto essa consente <strong>di</strong><br />
dedurre dagli assiomi l’esistenza <strong>di</strong> oggetti che non sono né<br />
matematici né concettuali. L’ammissione nel dominio <strong>di</strong> oggetti che<br />
non sono insiemi è dovuta alla non categoricità della teoria. Una<br />
soluzione possibile quin<strong>di</strong> è quella <strong>di</strong> trattare gli enti singolarmente,<br />
seguendo una strategia affine a quella <strong>di</strong> cui i due matematici si sono<br />
serviti per gli insiemi straor<strong>di</strong>nari. La caratteristica fondamentale delle<br />
sostanze in<strong>di</strong>viduali dalla quale è possibile generare insiemi è la loro<br />
atomicità. Questi enti cioè non hanno elementi, così come non ne ha<br />
l’insieme vuoto. Ampliando la vali<strong>di</strong>tà dell’assioma <strong>di</strong> estensionalità,<br />
dai soli insiemi a ogni altro ente, si esclude qualsiasi altra sostanza:<br />
74
Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
A1* o <strong>di</strong> determinatezza (estensionalità): se due cose sono tali<br />
che ogni cosa che è elemento della prima è anche elemento della<br />
seconda, allora le due cose sono uguali.<br />
È interessante notare che adottare questa soluzione equivale ad<br />
ammettere che l’intera descrizione razionale dell’universo possa<br />
effettuarsi senza materiale <strong>di</strong> partenza, purché si accetti l’idea che non<br />
si <strong>di</strong>spone <strong>di</strong> alcun materiale <strong>di</strong> partenza.<br />
Riepilogando, gli assiomi <strong>di</strong> Zermelo arricchiti dagli apporti <strong>di</strong><br />
Fraenkel e Skolem e scritti nel linguaggio della logica del primo<br />
or<strong>di</strong>ne quantificata si presentano nel seguente modo:<br />
ux)<br />
ZF1 o <strong>di</strong> estensionalità: z(zxzy) x = y<br />
ZF2 o dell’insieme coppia: x = y zw(wzw = x w = y)<br />
ZF3 o dell’insieme riunione: y(yx)zw(wz u(wu <br />
ZF4 o dell’insieme potenza: yz(zy w(wz wx))<br />
ZF5 o schema <strong>di</strong> assiomi <strong>di</strong> isolamento: ogni espressione della<br />
forma yz(zy zx a(z)) è un assioma se a non contiene la<br />
variabile y libera.<br />
ZF6 o <strong>di</strong> scelta: yz((yx zx y = z) (w(wy) <br />
w(wy wz) uy(yx wv(v = w vu uy))<br />
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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
ZF7 o dell’infinito: z(x(y yx xz) xy ((xz w<br />
(wy w = x)) yz))<br />
ZF8 o schema <strong>di</strong> assiomi <strong>di</strong> rimpiazzamento: espressioni della<br />
forma yzw (a(y,z) a(y,w) z = w) uz (zu y (yx <br />
a(y,z)) sono assiomi se a non contiene la variabile y libera.<br />
ZF9 o <strong>di</strong> fondazione: y(yx) z(zx w(wz wz)<br />
L’assiomatizzazione <strong>di</strong> Zermelo-Fraenkel fu seguita da numerosi<br />
altri modelli assiomatici sulla teoria degli insiemi. In particolare, vi si<br />
cimento il matematico ungherese, naturalizzato statunitense, John Von<br />
Neumann 31 , nel tentativo <strong>di</strong> trovare una strategia che permettesse <strong>di</strong><br />
evitare le antinomie. Egli riteneva che le antinomie dovute alla<br />
molteplicità fossero causate dall’assunzione che ogni insieme possa<br />
entrare a far parte <strong>di</strong> altri insiemi. Tale assunzione è chiamata carattere<br />
sostanziale primario. Von Neumann dunque opera una <strong>di</strong>stinzione tra<br />
due tipi <strong>di</strong> aggregati: quelli che godono del carattere sono insiemi,<br />
mentre quelli che non ne godono sono classi. Detto ciò, il matematico<br />
assegna all’insieme lo statuto <strong>di</strong> oggetto matematico, mentre alla<br />
classe lo statuto <strong>di</strong> estensione <strong>di</strong> un pre<strong>di</strong>cato. Questa operazione<br />
permette <strong>di</strong> teorizzare i concetti <strong>di</strong> oggetto matematico e <strong>di</strong> estensione<br />
<strong>di</strong> un pre<strong>di</strong>cato, al fine <strong>di</strong> <strong>di</strong>stinguere tra molteplicità assolutamente<br />
infinite o inconsistenti e molteplicità consistenti. Se le prime infatti<br />
31 VON NEUMANN, JOHN, An Axiomatization of Set Theory, reperibile in inglese in<br />
VAN HEIJENOORT, JEAN, From Frege to Gödel: A Source Book in Mathematical<br />
Logic, 1879-1931, Harvard University Press, 1967.<br />
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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
hanno elementi che portano a una contrad<strong>di</strong>zione e non rientrano<br />
quin<strong>di</strong> nell’assiomatizzazione della teoria degli insiemi, le seconde<br />
sono innocenti e costituiscono il terreno adatto a costruire oggetti<br />
matematici.<br />
Oltre a ciò, Von Neumann definisce i concetti astratti <strong>di</strong> insieme e<br />
<strong>di</strong> funzione: partendo dal concetto <strong>di</strong> insieme, introduce il concetto <strong>di</strong><br />
relazione e, come caso speciale <strong>di</strong> quest’ultimo, il concetto <strong>di</strong><br />
funzione; viceversa, dal concetto <strong>di</strong> funzione, introduce il concetto <strong>di</strong><br />
funzione caratteristica, il cui scopo è determinare un insieme.<br />
Von Neumann impone dunque due domini <strong>di</strong>stinti A e F:<br />
argomenti, a cui assegna il tipo 1, e funzioni, a cui assegna il tipo 2. I<br />
due domini con<strong>di</strong>vidono l’estensione delle funzioni-argomento,<br />
funzioni che sono a loro volta argomento <strong>di</strong> altre funzioni. A esse<br />
viene assegnato il tipo 1-2. Tra gli argomenti hanno particolare<br />
importanza a e b, che corrispondono a vero e falso. Detto ciò, si può<br />
concludere che le classi sono quelle funzioni i cui argomenti sono<br />
soltanto a o b, cioè vero e falso, mentre gli insiemi sono le classi che<br />
sono funzioni-argomento.<br />
Poste tali premesse, Von Neumann può dettare la sua<br />
assiomatizzazione. Essa si compone <strong>di</strong> assiomi ripartiti in 5 gruppi:<br />
Primo gruppo o introduttivi: garantisce l’esistenza <strong>di</strong> a e b e<br />
precisa le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> significanza delle due operazioni primitive<br />
fondamentali. Queste sono l’applicazione <strong>di</strong> una funzione f a un<br />
77
Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
argomento x e l’accoppiamento or<strong>di</strong>nato degli argomenti x e y. Chiude<br />
il gruppo l’assioma <strong>di</strong> estensionalità.<br />
1. a e b sono cose <strong>di</strong> tipo 1;<br />
2. [x, y] ha senso se e solo se x è una cosa <strong>di</strong> tipo 2 e y è una<br />
cosa <strong>di</strong> tipo 1; essa stessa è una cosa <strong>di</strong> tipo 1;<br />
3. ha senso se e solo se sia x sia y sono <strong>di</strong> tipo 1; essa<br />
stessa è una cosa <strong>di</strong> tipo 1;<br />
4. f e g siano cose <strong>di</strong> tipo 2. Se per ogni cosa x <strong>di</strong> tipo 1 vale [f,<br />
x] = [g, x], allora f = g.<br />
Secondo gruppo o aritmetici <strong>di</strong> costruzione: assicurano la<br />
chiusura dell’universo del <strong>di</strong>scorso rispetto a certi elementari processi<br />
combinatori sia matematici sia logici. Inoltre, affermano l’esistenza <strong>di</strong><br />
certe funzioni elementari come l’identità, le funzioni costanti<br />
corrispondenti a ogni argomento, la decomposizione, l’applicazione,<br />
l’accoppiamento e la moltiplicazione funzionale.<br />
1. Esiste una cosa f <strong>di</strong> tipo 2 tale che [f, x] = x vale sempre;<br />
2. u sia una cosa <strong>di</strong> tipo 1. Allora esiste una cosa f <strong>di</strong> tipo 2 tale<br />
che [f, x] = u vale sempre;<br />
3. Esiste una cosa f <strong>di</strong> tipo 2 per cui [f ] = x vale sempre;<br />
4. Esiste una cosa f <strong>di</strong> tipo 2 per cui [f ] = y vale sempre;<br />
5. Esiste una cosa f <strong>di</strong> tipo 2 per cui se x è una cosa <strong>di</strong> tipo 1-2,<br />
[f ] = [x, y] vale sempre;<br />
78
Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
6. f e g siano cose <strong>di</strong> tipo 2. Esiste allora una cosa h <strong>di</strong> tipo 2 per<br />
cui = < [f, x], [g, x]> vale sempre;<br />
7. f e g siano cose <strong>di</strong> tipo 2. Esiste allora una cosa h <strong>di</strong> tipo 2 per<br />
cui [h, x] = [f [g, x] ] vale sempre;<br />
Terzo gruppo o logici <strong>di</strong> costruzione: assicurano l’esistenza della<br />
funzione corrispondente al pre<strong>di</strong>cato logico dell’identità, la chiusura<br />
del sistema rispetto alle definizioni <strong>di</strong> funzioni-pre<strong>di</strong>cati me<strong>di</strong>ante<br />
quantificazione e rispetto alle definizioni <strong>di</strong> funzione me<strong>di</strong>ante<br />
esplicitazione <strong>di</strong> pre<strong>di</strong>cati univoci in una certa sede.<br />
1. Esiste una cosa f <strong>di</strong> tipo 2 tale che x = y è equivalente a [f ] a;<br />
2. f sia una cosa <strong>di</strong> tipo 2. Esiste allora una cosa g <strong>di</strong> tipo 2 tale<br />
che [g, x] a vale se e solo se per ogni y vale [f ] = a;<br />
3. f sia una cosa <strong>di</strong> tipo 2. Esiste allora una cosa g <strong>di</strong> tipo 2 tale<br />
che per ogni x, quando un unico y vale [f ] a, [g, x] = y.<br />
Quarto gruppo o delle cose <strong>di</strong> tipo 1-2: il primo precisa quali<br />
argomenti siano anche funzioni, mentre il secondo <strong>di</strong>ce quali funzioni<br />
siano argomenti. Il secondo ha un’importanza fondamentale, in quanto<br />
mira a evitare che funzioni troppo gran<strong>di</strong> siano anche argomenti,<br />
proteggendo quin<strong>di</strong> il sistema dalle antinomie. Il secondo assioma <strong>di</strong><br />
questo gruppo dunque afferma che ragione necessaria e sufficiente<br />
affinché una classe sia un insieme è che essa risulti rappresentabile<br />
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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
sulla classe totale. Inoltre, sempre il secondo assioma è adatto a<br />
svolgere il ruolo svolto, nel sistema <strong>di</strong> Zermelo-Fraenkel, dagli<br />
assiomi <strong>di</strong> rimpiazzamento, dell’isolamento e della scelta.<br />
1. esiste una cosa f <strong>di</strong> tipo 2 tale che una cosa x <strong>di</strong> tipo 1 è una<br />
cosa <strong>di</strong> tipo 1-2 se e solo se [f, x] a;<br />
2. una cosa f <strong>di</strong> tipo 2 non è una cosa <strong>di</strong> tipo 1-2 sse esiste una<br />
cosa g <strong>di</strong> tipo 2 tale che per ogni cosa x <strong>di</strong> tipo 1 esiste una cosa y <strong>di</strong><br />
tipo 1 per cui valgono sia [f, y] a sia [g, y] = x.<br />
Quinto gruppo o dell’infinito: è costituito da tre assiomi, ma solo<br />
il primo è un vero assioma dell’infinito, mentre gli altri sono<br />
adattamenti dell’insieme riunione e dell’insieme potenza. È necessario<br />
introdurre questo gruppo esclusivamente ai fini della costruzione della<br />
teoria del transfinito.<br />
1. Esiste una cosa f <strong>di</strong> tipo 1-2 con le proprietà: esistono cose x<br />
<strong>di</strong> tipo 1-2 per cui x f; se per una cosa x <strong>di</strong> tipo 1-2 vale x f, allora<br />
esiste una cosa y <strong>di</strong> tipo 1-2 per cui y f e x < y valgono;<br />
2. f sia una cosa <strong>di</strong> tipo 1-2. Esiste allora anche una cosa g <strong>di</strong><br />
tipo 1-2 per cui da x y e y f, dove anche y è una cosa <strong>di</strong> tipo 1-2,<br />
segue che x g;<br />
3. f sia una cosa <strong>di</strong> tipo 1-2. Esiste allora anche una cosa g <strong>di</strong><br />
tipo 1-2 tale che se per una cosa x <strong>di</strong> tipo 1-2 vale x f allora esiste<br />
una cosa y <strong>di</strong> tipo 1-2 per cui valgono x y e y g.<br />
80
Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
Al fine <strong>di</strong> contenere l’eccessiva liberalità del sistema, Von<br />
Neumann aggiunge un sesto gruppo.<br />
Sesto gruppo: esso opera escludendo l’esistenza <strong>di</strong> elementi<br />
primitivi, fissando l’interpretazione <strong>di</strong> a e b, identificati con la classe<br />
vuota (a) e la classe unità della classe vuota (b) e fissando<br />
l’interpretazione <strong>di</strong> con il sistema <strong>di</strong> insiemi x e y <strong>di</strong><br />
Kuratowski 32 . Infine, fonda ogni classe.<br />
1. Tutte le cose <strong>di</strong> tipo 1 sono anche cose <strong>di</strong> tipo 1-2;<br />
2. Vale a = e b =();<br />
3. Vale = ((u,v), (u));<br />
4. Non esiste alcuna cosa z <strong>di</strong> tipo 2 con z 0 tale che per ogni x<br />
per cui valga x f, esiste un y f per cui y x e y b (dove y x sta<br />
per y è un predecessore <strong>di</strong> x).<br />
L’elemento <strong>di</strong>stintivo del sistema <strong>di</strong> Von Neumann in conclusione<br />
è la <strong>di</strong>stinzione tra esistenza e sostanzialità degli universali. Gli<br />
universali infatti esistono in corrispondenza a una molteplicità<br />
determinata ma non sempre possono essere a loro volta elementi <strong>di</strong><br />
una molteplicità. Questo significa che non ogni insieme è una<br />
sostanza. Inoltre, l’assiomatizzazione <strong>di</strong> Von Neumann si <strong>di</strong>stingue<br />
32 KURATOWSKI, KAZIMIERZ, A Half Century of Polish Mathematics: Remebrances<br />
and Reflections, Oxford Pergamon Press, 1980.<br />
81
Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
per l’assunzione del concetto <strong>di</strong> funzione quale concetto basilare <strong>di</strong><br />
tutta la matematica, in luogo <strong>di</strong> quello tra<strong>di</strong>zionale <strong>di</strong> insieme.<br />
Oltre ai sistemi assiomatici <strong>di</strong> Zermelo-Fraenkel e <strong>di</strong> Von<br />
Neumann, vanno ricordati quelli formulati da Paul Bernays 33 , da Kurt<br />
Gödel 34 e da Willard Van Orman Quine 35 . Questi sistemi, pur<br />
presentando elementi <strong>di</strong> originalità, sono sostanzialmente riconducibili<br />
ai modelli <strong>di</strong> Zermelo-Fraenkel e <strong>di</strong> Von Neumann. La ragione è che il<br />
sistema <strong>di</strong> Von Neumann riesce a superare molte delle <strong>di</strong>fficoltà<br />
dell’assiomatizzazione <strong>di</strong> Zermelo-Fraenkel, rendendo la sua teoria<br />
sufficientemente completa e innocente. La <strong>di</strong>stinzione neumanniana<br />
tra insieme e classe, cioè ente definito da una con<strong>di</strong>zione ma non<br />
necessariamente costituente un insieme, è in grado <strong>di</strong> garantire che<br />
non tutte le classi siano elementi <strong>di</strong> altre classi. Tale strategia porta a<br />
evitare le antinomie riscontrate nel sistema <strong>di</strong> Zermelo-Fraenkel.<br />
Si può concludere affermando che i sistemi assiomatici della teoria<br />
degli insiemi che sono stati formulati consentono <strong>di</strong> ricostruire<br />
praticamente tutta la matematica conosciuta, ma non sembra che<br />
consentano <strong>di</strong> ricostruire le antinomie conosciute.<br />
33 BERNAYS, PAUL, Axiomatic Set Theory, Dover Publications, 1991.<br />
34 GÖDEL, KURT, The Consistency of the Axiom of Choice and of the Generalized<br />
Continuum Hypothesis with the Axioms of Set Theory, Princeton University Press,<br />
Princeton 1940.<br />
35 QUINE, WILLARD VAN ORMAN, New Foundations for Mathematical Logic,<br />
American Mathematics Monthly numero 44, 1937, incorporato in QUINE, WILLARD<br />
VAN ORMAN, From a Logical Point of View, Harvard University Press, Cambridge<br />
1953.<br />
82
Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
4. LA TEORIA DEI TIPI<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
I sistemi assiomatici degli insiemi dunque operano sulla natura<br />
delle molteplicità autorizzate a creare insiemi, per quanto riguarda la<br />
teoria <strong>di</strong> Zermelo-Fraenkel, e sull’ammissione che ogni insieme sia<br />
una sostanza, nel caso dell’assiomatizzazione <strong>di</strong> Von Neumann. Come<br />
è stato anticipato nel capitolo relativo ai paradossi della teoria degli<br />
insiemi però, il filosofo Bertrand Russell riteneva che la limitazione<br />
dovesse intervenire sulla natura delle sostanze che sono elementi nella<br />
molteplicità. La ra<strong>di</strong>ce delle antinomie risiederebbe cioè<br />
nell’ammissione dell’esistenza dell’universale corrispondente a<br />
molteplicità <strong>di</strong>somogenee. Russell prese le mosse da queste basi<br />
concettuali per e<strong>di</strong>ficare la sua teoria dei tipi 36 .<br />
Russell dunque realizzò il suo modello insiemistico su una data<br />
quantità <strong>di</strong> in<strong>di</strong>vidui e su tutte le successive potenze <strong>di</strong> questi. Egli<br />
ipotizzò che gli in<strong>di</strong>vidui <strong>di</strong> partenza fossero infiniti, tramite la<br />
formulazione del principio dell’infinito. Tale principio afferma che<br />
esistono infinite sostanze in<strong>di</strong>viduali e ognuna <strong>di</strong> esse ha il tipo 0. A<br />
ogni tipo corrisponde una successione finita crescente <strong>di</strong> numeri<br />
naturali che comincia con 0. La composizione dei singoli insiemi<br />
avviene all’interno <strong>di</strong> ogni tipo, con<strong>di</strong>zione garantita dal principio <strong>di</strong><br />
36 RUSSELL, BERTRAND, WHITEHEAD, ALFRED NORTH, Principia mathematica,<br />
Cambridge University Press, Cambridge, 1913. Si veda anche RUSSELL, BERTRAND,<br />
Mathematical Logic as based on the Theory of Types, American Journal of<br />
Mathematics, numero 30, 1908.<br />
83
Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
comprensione. In accordo a questo principio infatti, se x è una certa<br />
molteplicità <strong>di</strong> sostanze <strong>di</strong> tipo i, allora esiste un universale<br />
corrispondente, tale cioè che i suoi elementi siano tutte quelle sostanze<br />
i che appartengono a x. A questo universale è assegnato il tipo i+1.<br />
Infine, gli insiemi dovranno venir ancora considerati<br />
estensionalmente, come espresso dal principio <strong>di</strong> estensionalità, per<br />
cui un universale è univocamente determinato dai suoi elementi.<br />
In poche parole dunque, una volta assunta l’esistenza <strong>di</strong> oggetti non<br />
rappresentabili nella teoria degli insiemi, è possibile avvalersene nel<br />
ruolo <strong>di</strong> in<strong>di</strong>vidui elementi <strong>di</strong> un insieme. Tutti i sottoinsiemi <strong>di</strong> questo<br />
insieme costituiscono dunque un insieme che varrà come il primo tipo<br />
<strong>di</strong> insiemi. I sottoinsiemi del primo tipo <strong>di</strong> insiemi costituiscono il<br />
secondo tipo <strong>di</strong> insiemi. Riferendosi a tutti gli insiemi s’intende quin<strong>di</strong><br />
riferirsi ai sottoinsiemi <strong>di</strong> un certo tipo, poiché elementi <strong>di</strong> un insieme<br />
possono essere o in<strong>di</strong>vidui o insiemi <strong>di</strong> un certo tipo.<br />
È proprio questa gerarchizzazione a mettere il sistema <strong>di</strong> Russell al<br />
riparo dall’antinomia scoperta da lui stesso e da quella dovuta a<br />
Burali-Forti.<br />
I principi formulati da Russell però sono evidentemente più deboli<br />
<strong>di</strong> quelli <strong>di</strong> Cantor. Se infatti il principio <strong>di</strong> estensionalità rimane<br />
intatto, il principio <strong>di</strong> comprensione subisce un notevole<br />
ri<strong>di</strong>mensionamento. L’elemento problematico è soprattutto che tale<br />
ri<strong>di</strong>mensionamento impe<strong>di</strong>sce <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare l’esistenza <strong>di</strong> un insieme<br />
infinito. Immaginiamo <strong>di</strong> considerare un certo ente e. La successione<br />
84
Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
degli insiemi (e), ((e)), (((e))), eccetera è infinita, così come<br />
l’universale corrispondente alla proprietà <strong>di</strong> appartenere a questo<br />
insieme. Nella teoria dei tipi però tale successione è considerata<br />
illegittima, in quanto non si presenta come omogenea dal punto <strong>di</strong><br />
vista della gerarchia dei tipi. Per questa ragione, è necessario postulare<br />
l’esistenza <strong>di</strong> infiniti in<strong>di</strong>vidui.<br />
Un ulteriore complicazione deriva dal fatto che un sistema formale<br />
per la teoria dei tipi è più complesso e necessità <strong>di</strong> un maggior numero<br />
<strong>di</strong> simboli, in quanto deve saper esprimere le operazioni logiche, i<br />
quantificatori e le sostanze dei <strong>di</strong>versi tipi.<br />
In conclusione quin<strong>di</strong> la teoria dei tipi non è convincente. Inoltre, si<br />
rivela decisamente poco economica, in quanto richiede l’introduzione<br />
<strong>di</strong> un certo numero <strong>di</strong> simboli per ogni tipo ammesso dalla teoria.<br />
Russell provò a sviluppare ulteriormente tale teoria, proponendone<br />
una versione a tipi ramificati. Il presupposto <strong>di</strong> tale versione è quello<br />
<strong>di</strong> avere a <strong>di</strong>sposizione una certa totalità infinita <strong>di</strong> enti. La teoria<br />
ramificata assegna dunque il tipo 0 a tali enti, a partire dai quali<br />
definisce una serie <strong>di</strong> classi <strong>di</strong> enti, ai quali assegna il tipo 0,1. A<br />
questo punto, a ogni classe <strong>di</strong> enti <strong>di</strong> tipo 0 viene assegnato il tipo 0,2,<br />
mentre a ogni classe <strong>di</strong> enti <strong>di</strong> tipo 0,1 si assegna il tipo 0,1,2.<br />
All’interno <strong>di</strong> questa gerarchizzazione ramificata ogni classe <strong>di</strong> tipo<br />
0,1 costituisce il primo or<strong>di</strong>ne, mentre ogni classe <strong>di</strong> tipo 0,2<br />
costituisce il secondo or<strong>di</strong>ne e via costruendo. Per fare un esempio,<br />
pren<strong>di</strong>amo una classe del tipo 0,2,6,8. Si tratta <strong>di</strong> una classe<br />
85
Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
dell’ottavo or<strong>di</strong>ne, definita riferendosi a una totalità del settimo<br />
or<strong>di</strong>ne. I suoi elementi saranno quelle classi del sesto or<strong>di</strong>ne definibili<br />
me<strong>di</strong>ante riferimento ad almeno una totalità <strong>di</strong> classe del quinto<br />
or<strong>di</strong>ne, i cui elementi sono classi <strong>di</strong> tipo 0,2, definibili me<strong>di</strong>ante<br />
riferimento a una totalità <strong>di</strong> primo or<strong>di</strong>ne.<br />
Assegnare il tipo in questo modo permette come si vede <strong>di</strong><br />
comprendere sia qual è il grado <strong>di</strong> complessità insiemistica della<br />
classe attraverso l’or<strong>di</strong>namento dei tipi, sia qual è il grado <strong>di</strong><br />
complessità concettuale involto dalla classe, dai suoi elementi, dagli<br />
elementi dei suoi elementi. L’or<strong>di</strong>namento degli or<strong>di</strong>ni infatti rende<br />
possibile risalire a queste informazioni.<br />
La versione ramificata è inoltre arricchita dalla formulazione<br />
dell’assioma <strong>di</strong> riducibilità, il cui compito è ridurre l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> una<br />
classe al minimo compatibile con l’or<strong>di</strong>ne dei suoi argomenti. Sono<br />
necessarie alcune precisazioni. Innanzitutto, per la teoria ramificata un<br />
tipo il cui ultimo numero è il successore aritmetico del suo penultimo<br />
numero si <strong>di</strong>ce pre<strong>di</strong>cativo. Inoltre, ogni classe <strong>di</strong> enti <strong>di</strong> un<br />
determinato tipo è equiestensiva a una classe pre<strong>di</strong>cativa degli stessi<br />
elementi. Ecco che allora ciò che l’assioma afferma è l’esistenza, per<br />
ogni classe, <strong>di</strong> una classe pre<strong>di</strong>cativa avente gli stessi elementi. Queste<br />
due classi però non sono identiche, ma coestensive, poiché l’assioma<br />
<strong>di</strong> estensionalità della teoria ramificata postula la coincidenza <strong>di</strong> classi<br />
equiestensive solo se appartengono allo stesso tipo. Operando in tal<br />
modo, l’assioma <strong>di</strong> riducibilità elimina ogni <strong>di</strong>fferenza pratica tra<br />
86
Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
teoria semplice e teoria ramificata, che <strong>di</strong>stinguono quin<strong>di</strong> solo<br />
notazionalmente.<br />
Il carattere costruttivista e concettualista della teoria dei tipi<br />
ramificati però, insieme con le rinunce a cui richiedeva <strong>di</strong> far fronte,<br />
furono avvertite con <strong>di</strong>sagio da Russell, il cui atteggiamento era e<br />
rimase sostanzialmente platonista. Inoltre, l’assioma <strong>di</strong> riducibilità, se<br />
da un verso permette la soluzione <strong>di</strong> problematiche altrimenti letali per<br />
la teoria, rilegittima certi processi definitori impre<strong>di</strong>cativi, che<br />
rendono la teoria vulnerabile a critiche insi<strong>di</strong>ose.<br />
5. LA TEORIA PREDICATIVISTA DI WEYL<br />
In alternativa alla teoria dei tipi è possibile rivolgersi ad altri<br />
sistemi <strong>di</strong> matematica pre<strong>di</strong>cativista. Il più famoso ed efficace <strong>di</strong><br />
questi sistemi è quello formulato dal matematico tedesco Hermann<br />
Weyl. Egli pubblicò nel 1918 un’opera dal titolo Das Kontinuum 37 ,<br />
nella quale sono esposti i risultati che raggiunse in<strong>di</strong>pendentemente,<br />
ma che costituiscono una valida opzione alle precedenti teorie degli<br />
insiemi.<br />
In particolare, ciò che suscita maggiore interesse nel lavoro<br />
weyliano è il metodo <strong>di</strong> costruzione dell’ambito operativo e dei<br />
37 Disponibile nella traduzione inglese: WEYL, HERMANN, The continuum: a critical<br />
examination of the foundation of analysis, Dover books on advanced mathematics,<br />
New York 1964.<br />
87
Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
processi che intervengono nella costruzione <strong>di</strong> assiomi ed entità<br />
matematiche. Per questa ragione, mi limiterò a esporre il processo<br />
generativo ideato da Weyl, trascurando il sistema assiomatico, anche<br />
perché non presenta rilevanti <strong>di</strong>fferenze rispetto ai sistemi già<br />
analizzati.<br />
Alla base della teoria presentata nel Kontinuum dunque vi è un<br />
ambito operativo costituito da un dato numero <strong>di</strong> categorie<br />
fondamentali <strong>di</strong> enti. Tali enti possiedono determinate proprietà o<br />
relazioni primitive. L’e<strong>di</strong>ficio teorico si costruisce quin<strong>di</strong> applicando a<br />
tali enti processi generativi <strong>di</strong> tipo logico e <strong>di</strong> tipo matematico. I<br />
processi <strong>di</strong> tipo logico sono le definizioni combinatorie, le quali<br />
generano relazioni derivate a partire da proprietà e relazioni primitive<br />
riferite a enti appartenenti a categorie iniziali. La generazione delle<br />
relazioni derivate avviene attraverso la reiterazione <strong>di</strong> processi quali la<br />
negazione, la congiunzione, la <strong>di</strong>sgiunzione, le due quantificazioni,<br />
esistenziale e universale, l’identificazione <strong>di</strong> se<strong>di</strong> libere e il<br />
riempimento <strong>di</strong> tali se<strong>di</strong> con l’inserimento <strong>di</strong> un in<strong>di</strong>viduo. I processi<br />
<strong>di</strong> tipo matematico invece sono le definizioni creative, le quali<br />
generano nuove entità ideali a partire da proprietà e relazioni iniziali e<br />
derivate.<br />
Questi processi agiscono sulla base operativa nel seguente modo.<br />
Innanzitutto, si applicano i processi logici che generano le relazioni<br />
derivate. Applicando alle relazioni derivate ottenute il processo<br />
matematico, si generano gli insiemi corrispondenti a queste relazioni.<br />
88
Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
Le nuove entità ideali vengono a questo punto classificate in nuove<br />
categorie. Le relazioni e le proprietà primitive e derivate e le nuove<br />
entità sono dette <strong>di</strong> 1° or<strong>di</strong>ne o gra<strong>di</strong>no. Applicando il processo logico<br />
alle relazioni, alle proprietà e agli enti <strong>di</strong> 1° gra<strong>di</strong>no, si ottengono<br />
relazioni, proprietà ed enti <strong>di</strong> 2° gra<strong>di</strong>no.<br />
Il processo generativo dunque funziona nel seguente modo. A<br />
partire da enti che appartengono a categorie iniziali, si ottengono<br />
proprietà e relazioni riferite agli enti tramite il processo generativo. Da<br />
queste proprietà e relazioni, si ottengono proprietà e relazioni derivate.<br />
Successivamente, si generano gli insiemi corrispondenti alle relazioni<br />
derivate. Tali insiemi corrispondono a nuove entità ideali che<br />
appartengono a nuove categorie. Si generano dunque nuove proprietà<br />
e relazioni riferite a nuove entità, dalle quali si generano proprietà e<br />
relazioni derivate e via <strong>di</strong>cendo.<br />
Questo processo prende il nome <strong>di</strong> processo allargato. Accanto a<br />
tale processo interviene il processo limitato, che si ottiene dal<br />
processo allargato applicando la quantificazione esistenziale e il<br />
riempimento <strong>di</strong> una sede libera con un in<strong>di</strong>viduo solo a categorie<br />
primitive. In termini pratici, questo significa che è possibile<br />
quantificare solo le variabili dell’or<strong>di</strong>ne zero, cioè gli in<strong>di</strong>vidui.<br />
Weyl introduce inoltre la <strong>di</strong>stinzione tra simboli pre<strong>di</strong>cativi e<br />
simboli insiemistici. Se i primi infatti costituiscono pre<strong>di</strong>cati a partire<br />
da pre<strong>di</strong>cati, i secon<strong>di</strong> costituiscono enti a partire da pre<strong>di</strong>cati.<br />
89
Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
Tutto il processo weyliano è volto al fine <strong>di</strong> assicurare una rapida<br />
controllabilità intuitiva dell’ambito esaminato per il problema<br />
dell’ammissione <strong>di</strong> certi strumenti logici e matematici. La creazione <strong>di</strong><br />
enti quin<strong>di</strong> si muove all’interno <strong>di</strong> un atteggiamento costruttivista<br />
senza dubbio coerente. Ciò che invece lascia sorgere perplessità è<br />
l’appello continuo e in<strong>di</strong>scriminato a molteplicità sempre più<br />
complesse e il più delle volte sconosciute. Inoltre, la tendenza a<br />
formulare a priori un quadro massimale dei possibili riferimenti della<br />
teoria, può intaccarne la vali<strong>di</strong>tà. Ciò che senza dubbio conserva<br />
ragionevolezza e affidabilità è il metodo <strong>di</strong> costruzione della base<br />
operativa. La sua continua controllabilità infatti sta a garanzia della<br />
non problematicità quanto meno degli in<strong>di</strong>vidui che sono manipolati<br />
dalla teoria. Questo aspetto non è assolutamente da sottovalutare, in<br />
quanto permette <strong>di</strong> avvalersi <strong>di</strong> soli<strong>di</strong> elementi e così <strong>di</strong> evitare le<br />
antinomie conosciute. In aggiunta, si noti che l’analisi approfon<strong>di</strong>ta<br />
dei processi logici e matematici che intervengono sugli in<strong>di</strong>vidui è una<br />
promessa <strong>di</strong> vali<strong>di</strong>tà anche per ciò che può essere costruito me<strong>di</strong>ante<br />
la loro applicazione.<br />
6. PER UN BILANCIO DELLA TEORIA DEGLI INSIEMI<br />
Nelle pagine precedenti si ritrovano le formulazioni più originali e<br />
complete della teoria degli insiemi. Sicuramente, l’idea che vi è alla<br />
base dunque apre spunti <strong>di</strong> grande interesse e offre un para<strong>di</strong>gma<br />
90
Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
adeguato per la <strong>di</strong>scussione delle questioni matematiche. Ciò che<br />
concerne lo scopo <strong>di</strong> questo lavoro però non è tanto lo sviluppo<br />
dell’apparato concettuale logico e matematico. Preme piuttosto<br />
in<strong>di</strong>viduare che tipo <strong>di</strong> essere sia possibile assegnare alle entità che<br />
entrano in gioco nella teoria degli insiemi. Da questo punto <strong>di</strong> vista<br />
dunque si <strong>di</strong>stinguono due atteggiamenti interni alle teorie che sono<br />
state presentate. Nei sistemi <strong>di</strong> Zermelo-Fraenkel e <strong>di</strong> Von Neumann<br />
infatti le entità elementari da cui si formano insiemi sono date, nel<br />
senso che non vi è alcuno sforzo <strong>di</strong> giustificazione della loro esistenza.<br />
Nelle teorie pre<strong>di</strong>cativiste invece esse vengono costruite attraverso<br />
processi successivi. È evidente dunque che in una prospettiva<br />
filosofica, vi è maggior riguardo per una concezione matematica che<br />
richiede <strong>di</strong> impegnarsi su un certo numero <strong>di</strong> enti costruiti attraverso<br />
operazioni sempre controllabili, piuttosto che per una concezione che<br />
ammette l’esistenza <strong>di</strong> infinite sostanza, ben prima <strong>di</strong> definire a che<br />
tipo esse appartengano.<br />
91
Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
CAPITOLO QUARTO<br />
FASCI DI TROPI COME INSIEMI DI<br />
ELEMENTI<br />
1. LE PROPRIETÀ SONO GLI ELEMENTI<br />
COSTITUTIVI DELL’ESSERE: ELEMENTI E TROPI<br />
Come abbiamo visto, la teoria degli insiemi ha vissuto numerosi<br />
sviluppi e subito notevoli mo<strong>di</strong>fiche. Si può ad<strong>di</strong>rittura parlare <strong>di</strong><br />
teorie degli insiemi, per quanto sono originali le prospettive formulate<br />
a partire dal Über eine Eigenschaft des Inbegriffes aller reellen<br />
algebraischen Zahlen <strong>di</strong> Cantor. È proprio la fedeltà ai principi<br />
formulati da Cantor all’atto <strong>di</strong> nascita <strong>di</strong> tale sistema ciò che fa<br />
confluire queste <strong>di</strong>verse teorie matematiche sotto il nome <strong>di</strong> teoria<br />
degli insiemi. Per questa ragione, ritengo sia sufficiente provare la<br />
conciliabilità <strong>di</strong> tali principi all’interno della teoria dei tropi, per<br />
verificare se tale teoria possa essere utilizzata coerentemente con<br />
l’adozione <strong>di</strong> una metafisica dei tropi.<br />
Prima però <strong>di</strong> osservare il funzionamento dei principi, è necessario<br />
analizzare il dominio su cui opera la teoria degli insiemi e quin<strong>di</strong> il<br />
concetto <strong>di</strong> insieme e gli elementi ritenuti fondamentali e adottati dalle<br />
<strong>di</strong>verse teorie. Per Cantor l’insieme è la riunione <strong>di</strong> un tutto <strong>di</strong> oggetti<br />
92
Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
che appartengono all’intuizione o al pensiero. Zermelo poi definisce<br />
l’insieme come quell’oggetto astratto che possiede almeno un<br />
elemento e gli assegna il ruolo <strong>di</strong> elemento primitivo della teoria.<br />
Russell presuppone un’infinita quantità <strong>di</strong> oggetti in<strong>di</strong>viduali, a partire<br />
dai quali è possibile costruire gli insiemi, mentre Weyl postula un dato<br />
numero <strong>di</strong> categorie fondamentali <strong>di</strong> enti in possesso <strong>di</strong> proprietà e<br />
relazioni primitive.<br />
Dato il dominio, si sviluppano i car<strong>di</strong>ni sui quali sono fondate sia la<br />
teoria ingenua degli insiemi sia tutte le successive raffinazioni. Il<br />
primo è il cosiddetto principio <strong>di</strong> comprensione. Si ricor<strong>di</strong> che tale<br />
principio afferma che, data una qualunque proprietà, esiste sempre<br />
l’insieme <strong>di</strong> tutti e soli gli oggetti che godono <strong>di</strong> quella proprietà. È<br />
proprio questo principio a causare l’antinomia scoperta da Russell.<br />
Infatti, nonostante l’atteggiamento fondazionale <strong>di</strong> tale affermazione,<br />
essa è incompleta e ambigua. La ragione è che un concetto siffatto non<br />
fornisce un criterio che <strong>di</strong>scrimini le proprietà e definisca quali siano<br />
adatte a formare un insieme e quali non lo siano. Molti degli sforzi dei<br />
successivi pensatori che si sono occupati <strong>di</strong> teoria degli insiemi infatti<br />
sono stati volti proprio a fornire una limitazione per tale principio.<br />
Il secondo car<strong>di</strong>ne della teoria degli insiemi è il principio <strong>di</strong><br />
estensionalità, che impone che due insiemi che hanno gli stessi<br />
elementi siano uguali. Non sono dunque rilevanti né l’or<strong>di</strong>ne in cui si<br />
presentano gli elementi, né il modo attraverso cui gli elementi<br />
caratterizzano gli insiemi. Una delle conseguenze <strong>di</strong> tale principio è<br />
93
Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
che non è possibile costituire due insiemi <strong>di</strong>versi a partire dagli stessi<br />
elementi. È interessante notare che questo principio determina<br />
l’unicità dell’insieme vuoto. Questo perché, naturalmente, se un<br />
insieme è univocamente determinato dai suoi elementi, e se due<br />
principi che contano gli stessi elementi sono identici, allora l’insieme<br />
determinato da nessun elemento è solamente uno.<br />
Infine, Cantor assegnò al concetto <strong>di</strong> insieme la capacità <strong>di</strong> godere<br />
<strong>di</strong> proprietà e ne sancì l’in<strong>di</strong>pendenza dal linguaggio e dalla<br />
caratterizzazione e comprensione dell’uomo. Ciò significa che insiemi<br />
e elementi esistono, godono <strong>di</strong> determinate proprietà e intrecciano<br />
relazioni particolari in<strong>di</strong>pendentemente dall’attività del matematico o<br />
del filosofo.<br />
Chiariti i principi alla base della teoria degli insiemi, resta da<br />
vedere se questi siano conciliabili con la teoria dei tropi. Innanzitutto,<br />
la teoria dei tropi ammette l’esistenza <strong>di</strong> infiniti enti astratti e<br />
particolari. A tali enti viene assegnato un tipo ontologico<br />
assolutamente conciliabile dunque con quello assegnato dalla teoria<br />
degli insiemi agli elementi. Gli elementi infatti, oltre che infiniti e<br />
particolari, devono essere anche semplici, ovvero non ulteriormente<br />
scomponibili. Anche i tropi sono infiniti, particolari e non<br />
ulteriormente scomponibili. A prima vista quin<strong>di</strong> sembra accettabile<br />
assegnare agli elementi lo statuto ontologico dei tropi semplici.<br />
Ve<strong>di</strong>amo ora come è possibile che tali elementi-tropi costituiscano<br />
insiemi. Per il principio <strong>di</strong> comprensione, un insieme esiste in<br />
94
Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
corrispondenza a ogni agglomerato <strong>di</strong> elementi. Tale agglomerato si<br />
forma grazie a una con<strong>di</strong>zione. Poiché ogni agglomerato <strong>di</strong> tropi, o<br />
meglio, ogni fascio <strong>di</strong> tropi, è un oggetto, si può ipotizzare che gli<br />
elementi-tropi, aggregandosi, formino un insieme. C’è però qualcosa<br />
<strong>di</strong> <strong>di</strong>scordante. La teoria degli insiemi afferma che gli elementi<br />
possono essere astratti o concreti, ma l’insieme che essi formano è<br />
sempre un oggetto astratto. I tropi invece sono assolutamente ed<br />
esclusivamente oggetti astratti, ma sono in grado <strong>di</strong> costituire sia<br />
entità concrete, come gli oggetti materiali, sia entità astratte, come gli<br />
universali. Una soluzione possibile è quella <strong>di</strong> definire gli elementi<br />
astratti come tropi e gli elementi concreti come aggregati <strong>di</strong> tropi, cioè<br />
enti astratti che, organizzatisi in fasci, compongono oggetti concreti.<br />
Gli insiemi invece saranno solo oggetti astratti, i cui elementi<br />
potranno essere o tropi oppure oggetti concreti, costituiti a loro volta<br />
da tropi.<br />
Vi è un secondo elemento <strong>di</strong>scordante. Per il principio <strong>di</strong><br />
estensionalità infatti, gli elementi determinano l’insieme ma non lo<br />
caratterizzano. Sembra invece che i tropi caratterizzino eccome<br />
l’oggetto concreto che costituiscono. In realtà, credo che sia solo una<br />
caratterizzazione apparente. I tropi infatti non compiono nessuna<br />
azione <strong>di</strong> caratterizzazione dell’oggetto a cui appartengono. L’oggetto<br />
è caratterizzato dalla proprietà che i tropi manifestano, ma solo<br />
«inconsapevolmente». Non c’è infatti nessun oggetto che i tropi<br />
possono caratterizzare, non c’è una <strong>di</strong>cotomia tra sostanza da<br />
95
Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
informare e proprietà che la informa. Le proprietà dell’oggetto si<br />
percepiscono grazie al fatto che i tropi corrispondenti alle proprietà<br />
costituiscono il fascio che costituisce quell’oggetto.<br />
A supporto <strong>di</strong> questa strategia si possono portare alcuni esempi.<br />
Ve<strong>di</strong>amone due. Consideriamo gli insiemi che si creano<br />
dall’astrazione <strong>di</strong> una proprietà, come la proprietà <strong>di</strong> essere <strong>di</strong> colore<br />
rosso o trovarsi nella porzione <strong>di</strong> spazio-tempo che corrisponde alla<br />
mia stanza. È possibile creare dunque l’insieme <strong>di</strong> tutte le cose rosse<br />
nella mia stanza, per il principio <strong>di</strong> comprensione. Tale insieme è<br />
chiaramente un oggetto astratto ed è composto da elementi astratti: i<br />
tropi <strong>di</strong> rosso che appartengono ai fasci degli oggetti concreti nella<br />
mia stanza. Un insieme <strong>di</strong> questo tipo è definibile come un<br />
sottoinsieme dell’entità astratta universale «rosso», cioè l’oggetto<br />
astratto costituito da tutti i tropi del rosso.<br />
Sono astratti anche gli insiemi che si formano definendo una<br />
coor<strong>di</strong>nata spazio-temporale. Ad esempio, è astratto l’insieme <strong>di</strong> tutti<br />
gli oggetti che occupano la porzione <strong>di</strong> spazio-tempo coincidente con<br />
la mia scrivania alle 16:32 del 29 aprile 2011. Tale insieme infatti non<br />
occupa nessuna coor<strong>di</strong>nata spazio-temporale, è un oggetto astratto<br />
costruito dalla mente e si articola in un fascio che comprende i singoli<br />
oggetti concreti sulla mia scrivania, oltre ai singoli oggetti astratti che<br />
compongono i fasci a cui corrispondono tali oggetti concreti.<br />
96
Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
Poste alcune con<strong>di</strong>zioni dunque, sembra sia possibile conciliare il<br />
dominio <strong>di</strong> in<strong>di</strong>vidui richiesto dalla teoria degli insiemi e il principio<br />
<strong>di</strong> comprensione con la metafisica dei tropi.<br />
Anche il principio <strong>di</strong> estensionalità si rivela in accordo con la teoria<br />
dei tropi. Come il lettore ricorderà, tale principio afferma che un<br />
insieme è determinato univocamente dai suoi elementi,<br />
in<strong>di</strong>pendentemente dall’or<strong>di</strong>ne. Per la teoria dei tropi, un oggetto è<br />
determinato esclusivamente dai tropi che lo compongono,<br />
invariabilmente dall’or<strong>di</strong>ne. Approfondendo l’analisi, si trovano altri<br />
punti in comune tra i due sistemi. Ad esempio, per la teoria dei tropi<br />
due oggetti <strong>di</strong>stinti non possono essere costituiti dagli stessi tropi, ma<br />
un tropo può appartenere a due oggetti <strong>di</strong>stinti. Per la teoria degli<br />
insiemi, due insiemi <strong>di</strong>stinti non possono essere costituiti dagli stessi<br />
elementi, ma un elemento può appartenere a due insiemi <strong>di</strong>stinti.<br />
Infatti, un elemento che appartiene a due insiemi è, ad esempio, come<br />
un tropo che appartiene all’insieme astratto del suo universale e<br />
all’insieme concreto dell’oggetto che costituisce.<br />
Infine, rimane da verificare se la teoria dei tropi consente <strong>di</strong><br />
rispettare la terza caratteristica assegnata al concetto <strong>di</strong> insieme da<br />
Cantor e dai teorici degli insiemi in generale. Tale caratteristica è <strong>di</strong><br />
importanza fondamentale, poiché definisce proprio quali proprietà<br />
ontologiche devono essere assegnate all’insieme. In accordo dunque<br />
con la terza caratteristica, un insieme gode <strong>di</strong> sostanzialità nel duplice<br />
aspetto <strong>di</strong> in<strong>di</strong>vidualità e <strong>di</strong> assolutezza.<br />
97
Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
Tale con<strong>di</strong>zione necessita <strong>di</strong> alcuni chiarimenti. Per quanto<br />
riguarda l’in<strong>di</strong>vidualità, ciò che la suddetta caratteristica richiede è che<br />
l’insieme abbia la capacità <strong>di</strong> godere <strong>di</strong> attributi. Come si è visto<br />
precedentemente, l’oggetto astratto che è l’insieme gode<br />
assolutamente <strong>di</strong> attributi. Non solo ne gode, ma ne è sostanzialmente<br />
costituito. Un attributo infatti altro non è che una proprietà, cioè un<br />
tropo. Anche in questo ambito, sembra che la teoria dei tropi possa<br />
offrire un’ontologia che risponde alle caratteristiche richieste dai<br />
teorici degli insiemi.<br />
Per quanto riguarda invece l’assolutezza, si è visto che ciò che tale<br />
caratteristica reclama per il concetto <strong>di</strong> insieme è la sua in<strong>di</strong>pendenza<br />
dal linguaggio e da ogni caratterizzazione dell’insieme, delle sue<br />
proprietà e dei suoi elementi. Ebbene, i teorici dei tropi avanzano le<br />
stesse richieste <strong>di</strong> in<strong>di</strong>pendenza per la realtà. Essi infatti affermano<br />
che la realtà si costituisce <strong>di</strong> tropi in<strong>di</strong>pendentemente dall’esistenza <strong>di</strong><br />
esseri che pensino i tropi, che pensino la realtà in termini <strong>di</strong> tropi o<br />
che attribuiscano alla realtà tale conformazione.<br />
Dall’analisi portata avanti nelle pagine precedenti dunque, sembra<br />
sia possibile assegnare alla teoria degli insiemi un’ontologia del tipo<br />
proposto dai teorici dei tropi. La realtà che essi ipotizzano infatti è<br />
costituita da in<strong>di</strong>vidui ultimi, semplici e senza limitazioni quantitative.<br />
Tali elementi dell’essere si aggregano e costituiscono entità <strong>di</strong>verse da<br />
essi stessi non problematicamente. Anzi, proprio da tale aggregazione<br />
si originano gli oggetti materiali e gli enti astratti che abitano il<br />
98
Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
mondo. Una realtà così caratterizzata costituisce terreno fertile per<br />
l’applicazione della teoria degli insiemi. Mi sembra che la ragione<br />
principale sia da ritrovarsi nel fatto che la teoria dei tropi non prevede<br />
gerarchie tra le sostanze. Si tratta infatti <strong>di</strong> un para<strong>di</strong>gma ontologico<br />
riduzionista, in quanto richiede che l’essere sia <strong>di</strong> un solo tipo. La<br />
sostanza si costituisce <strong>di</strong> elementi semplici in grado <strong>di</strong> costruire<br />
oggetti proprio come i mattoni costituiscono le mura.<br />
Ecco allora che l’atteggiamento riduzionista e semplificatore della<br />
teoria dei tropi mostra la propria forza ed efficacia, nella forma della<br />
stupefacente adattabilità <strong>di</strong> tale teoria a un para<strong>di</strong>gma essenziale per<br />
l’analisi delle entità matematiche come quello della teoria degli<br />
insiemi.<br />
Detto ciò, sarebbe scorretto negare che un passo fondamentale è<br />
rimasto finora escluso da questo stu<strong>di</strong>o. L’analisi <strong>di</strong> tale passo è<br />
oggetto del prossimo paragrafo.<br />
2. IL PROBLEMA DELL’INSIEME VUOTO<br />
Tra gli assiomi formulati dalle teorie assiomatiche degli insiemi, è<br />
sempre annoverato l’assioma dell’insieme vuoto. Tale assioma ha la<br />
funzione <strong>di</strong> affermare l’esistenza dell’insieme vuoto e <strong>di</strong> assegnargli la<br />
proprietà <strong>di</strong> essere unico. Tra le sue caratteristiche inoltre vi è quella<br />
<strong>di</strong> non avere sottoinsiemi <strong>di</strong>versi da esso stesso. Un ulteriore elemento<br />
<strong>di</strong>stintivo dell’insieme vuoto è che esso è sempre presente come<br />
99
Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
sottoinsieme in ogni qualunque altro insieme. L’insieme vuoto viene<br />
dunque utilizzato nello sviluppo della teoria degli insiemi per definire<br />
gli altri insiemi finiti.<br />
Per quanto ormai tale insieme sia stato accettato dalla comunità<br />
matematica, esso desta ancora alcuni sospetti. Già intuitivamente<br />
risulta <strong>di</strong>fficile capire come sia possibile costruire un insieme, cioè<br />
una collezione, senza contare elementi. L’insieme vuoto infatti,<br />
secondo i teorici degli insiemi, pur non avendo elementi, è<br />
assolutamente un insieme e non va dunque considerato come «nulla»<br />
o «non essere». Esso si costituisce secondo i dettami del principio <strong>di</strong><br />
comprensione, con l’applicazione <strong>di</strong> una con<strong>di</strong>zione che non viene<br />
sod<strong>di</strong>sfatta da nessun elemento, in quanto generalmente definisce<br />
caratteri impossibili per definizione.<br />
Decisamente più <strong>di</strong>sarmante però è un altro tipo <strong>di</strong> considerazione.<br />
A un’attenta analisi appare come l’insieme vuoto non rispetti le<br />
definizioni basilari del concetto <strong>di</strong> insieme. Infatti, nella formulazione<br />
<strong>di</strong> Cantor, l’insieme è la riunione <strong>di</strong> un tutto <strong>di</strong> oggetti. Nel caso<br />
dell’insieme vuoto, la pretesa sarebbe quella <strong>di</strong> ammettere un tutto<br />
privo <strong>di</strong> oggetti. Ancora, per Zermelo l’insieme è definito come<br />
quell’oggetto astratto che possiede almeno un elemento. L’insieme<br />
vuoto però per definizione non ha elementi. Com’è possibile dunque<br />
che l’insieme vuoto sia un insieme? Sarà pure un entità, ma non<br />
possiede elementi e dunque non è un insieme.<br />
100
Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
Nonostante queste osservazioni, l’insieme vuoto è necessario per<br />
ottenere e spiegare molti risultati della teoria degli insiemi che sono<br />
stati <strong>di</strong>mostrati essere vali<strong>di</strong>. Dunque, è necessario trovare una<br />
soluzione che permetta <strong>di</strong> servirsi della teoria degli insiemi e<br />
assegnarle un’ontologia, senza incorrere in contrad<strong>di</strong>zioni.<br />
3. QUATTRO POSSIBILI SOLUZIONI<br />
Vi sono alcune opzioni, l’adozione <strong>di</strong> ciascuna delle quali deve<br />
essere ponderata alla luce della sua vali<strong>di</strong>tà, della sua coerenza e<br />
dell’uso che si intende fare della teoria degli insiemi.<br />
La prima opzione è quella <strong>di</strong> considerare non valida l’assunzione<br />
dell’insieme vuoto, in quanto in contrad<strong>di</strong>zione con la definizione <strong>di</strong><br />
insieme, ed eliminare senza indugi tale entità dall’assiomatizzazione.<br />
Ci sono ovviamente delle conseguenze negative. Innanzitutto, la teoria<br />
degli insiemi perderebbe così una delle sue più potenti armi <strong>di</strong> calcolo<br />
e molti risultati non potrebbero essere <strong>di</strong>mostrati. Inoltre, non sarebbe<br />
più possibile costruire alcuni insiemi finiti e non varrebbero più le<br />
rappresentazioni dei numeri naturali che prendono spunto proprio<br />
dall’insieme vuoto per generare la serie infinita dei numeri naturali 38 .<br />
38 Si tratta delle rappresentazioni proposte da Gottlob Frege e Bertrand Russell, ma<br />
anche da John Von Neumann. Frege e Russell sostenevano che ciascun numero<br />
naturale n dovesse essere identificato con l’insieme degli insiemi contenenti n<br />
elementi. Von Neumann suggeriva invece <strong>di</strong> identificare n con un particolare<br />
101
Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
Tuttavia, vi sono anche conseguenze positive: la teoria degli insiemi<br />
acquisterebbe in coerenza e assegnarle un’ontologia si rivelerebbe<br />
forse un compito più semplice ed economico. Da un punto <strong>di</strong> vista<br />
ontologico infatti l’insieme vuoto è assolutamente sospetto per<br />
l’indefinitezza della sua natura, causata dalla peculiarità <strong>di</strong> essere un<br />
insieme ma non avere elementi. Uno degli assiomi del sistema, da una<br />
parte, definisce indubbiamente l’insieme vuoto come appunto un<br />
insieme. Dall’altra parte, l’assioma afferma che tale insieme non<br />
possiede elementi. Non è chiaro dunque che tipo <strong>di</strong> entità gli vada<br />
assegnata, se quella dell’insieme, rispettando quin<strong>di</strong> l’assioma<br />
dell’insieme vuoto, o quella dell’elemento, in accordo invece con la<br />
definizione del concetto <strong>di</strong> insieme. Si potrebbe considerare l’insieme<br />
vuoto invece come un elemento fisso <strong>di</strong> ogni insieme, una sorta <strong>di</strong><br />
«elemento zero», servendosene solo sotto questo aspetto e per quanto<br />
possibile.<br />
La seconda opzione è quella <strong>di</strong> accettare l’assioma dell’insieme<br />
vuoto, senza però far veramente corrispondere all’entità «insieme<br />
vuoto» un qualche oggetto della teoria. L’insieme vuoto dunque<br />
potrebbe essere semplicemente un oggetto fittizio, introdotto<br />
unicamente in quanto utile strumento per il calcolo. Questa soluzione<br />
è apparentemente la più semplice ed efficace, ma sembra riflettere un<br />
atteggiamento semplicista piuttosto che semplificatore. Inoltre,<br />
affermare che l’insieme vuoto non esiste e non ha significato, ma è un<br />
insieme contenente n elementi e precisamente con l’insieme dei numeri naturali<br />
minori <strong>di</strong> n, cioè i numeri da 0 a n-1. Tale insieme perciò ha n elementi.<br />
102
Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
concetto utile e perciò viene introdotto, è espressione <strong>di</strong> confusione.<br />
Così argomentando infatti non si prende una vera posizione<br />
sull’argomento. Sembra piuttosto che l’insieme vuoto sia assunto, ma<br />
non sia assunto del tutto.<br />
Dal punto <strong>di</strong> vista dell’analisi ontologica, cedere una simile<br />
ammissione parziale è una grave complicanza, in quanto comporta<br />
l’assunzione <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> esistenza per gli enti, i quali quin<strong>di</strong><br />
parteciperebbero all’essere in gradazioni <strong>di</strong>verse. A onore del vero va<br />
detto però che questa seconda soluzione, pur complicando<br />
orrendamente le cose dal punto <strong>di</strong> vista ontologico, le rende piuttosto<br />
semplici dal punto <strong>di</strong> vista matematico. Può quin<strong>di</strong> essere adottata da<br />
una ricerca sulla teoria degli insiemi che si <strong>di</strong>sinteressi della sua<br />
componente ontologica. Alla luce del fatto che questa tesi mira<br />
proprio a fornire una spiegazione ontologica della teoria degli insiemi,<br />
è evidente che una soluzione <strong>di</strong> questo tipo non è adatta allo scopo.<br />
Le due soluzioni proposte fino a questo punto sono <strong>di</strong> carattere<br />
principalmente matematico. In esse, l’analisi ontologica interviene a<br />
posteriori, cercando <strong>di</strong> adeguarsi alle strategie adottate dalla<br />
matematica. Poiché però stabilire se un certo ente è esistente o meno<br />
è una questione squisitamente ontologica, proprio l’ontologia è in<br />
grado <strong>di</strong> offrire delle soluzioni interessanti per il problema<br />
dell’insieme vuoto.<br />
La prima soluzione ontologica che mi sento <strong>di</strong> avanzare si basa sul<br />
fatto logico secondo cui esistono proprietà autocontrad<strong>di</strong>ttorie, che si<br />
103
Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
possono pensare agevolmente ma che non si possono pre<strong>di</strong>care <strong>di</strong><br />
alcun ente. Simili proprietà sono ad esempio la proprietà «essere<br />
<strong>di</strong>verso da se stesso», oppure la proprietà «godere <strong>di</strong> un attributo e<br />
contemporaneamente godere anche dell’attributo contrario», oppure<br />
ancora «essere un numero primo pari <strong>di</strong>verso da 2», o ancora «essere<br />
un numero <strong>di</strong>spari <strong>di</strong>visibile per 4». Tali proprietà possono, in accordo<br />
con il principio <strong>di</strong> comprensione, generare insiemi. Tali insiemi però<br />
non possono possedere elementi perché, per sod<strong>di</strong>sfare la con<strong>di</strong>zione<br />
definente l’insieme, essi dovrebbero essere enti autocontrad<strong>di</strong>ttori. È<br />
evidente come enti <strong>di</strong> questo tipo non possano esistere. Anche se<br />
potessero esistere, la loro introduzione sarebbe un ulteriore<br />
complicazione ontologica. Credo però che sia più semplicemente<br />
possibile spiegare l’insieme vuoto come la porzione <strong>di</strong> spazio-tempo<br />
resa vuota dai principi logici. Per chiarire tale idea, è utile un breve<br />
esperimento mentale. Immagino <strong>di</strong> voler costruire l’insieme il cui<br />
unico elemento è il numero naturale compreso tra 23 e 24. Percorro<br />
allora la successione dei numeri naturali fino a incontrare il numero<br />
23. Questo numero è separato dal numero 24 da un intervallo vuoto.<br />
Posso immaginare dunque che l’insieme, ovviamente vuoto, che<br />
contiene il numero naturale compreso tra 23 e 24 stia proprio in<br />
quell’intervallo, «svuotato» dai criteri che determinano i numeri<br />
naturali. L’inconciliabilità <strong>di</strong> tali criteri con la con<strong>di</strong>zione definente<br />
prerequisito dell’insieme dei numeri naturali tra 23 e 24, è la ragione<br />
della non esistenza <strong>di</strong> elementi che sod<strong>di</strong>sfino la con<strong>di</strong>zione. Di<br />
104
Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
conseguenza, dato che non ci sono elementi, l’insieme vuoto è,<br />
tautologicamente, vuoto. Ciononostante, l’insieme esiste in quanto è<br />
possibile definirlo. Credo comunque che esso appartenga a un tipo<br />
ontologico <strong>di</strong>verso da quello a cui appartiene l’insieme dei numeri<br />
naturali tra 22 e 24.<br />
Una proposta simile richiederebbe perciò una riformulazione<br />
dell’assioma dell’insieme vuoto. La versione riveduta asserirebbe che<br />
esiste un tipo <strong>di</strong> insieme la cui con<strong>di</strong>zione definente è<br />
autocontrad<strong>di</strong>ttoria e perciò tale insieme non contiene elementi 39 . Una<br />
soluzione <strong>di</strong> questo tipo sembra riesca a conservare lo statuto<br />
ontologico dell’insieme vuoto, complicando leggermente la teoria<br />
degli insiemi con l’introduzione <strong>di</strong> un concetto debole <strong>di</strong> insieme,<br />
accanto al concetto forte della tra<strong>di</strong>zione. In realtà, mi sembra che tale<br />
concetto debole <strong>di</strong> insieme sia già presente, seppur in forma latente,<br />
nei sistemi assiomatici. È curioso infatti che Zermelo, nella<br />
formulazione dell’assioma dell’insieme vuoto, scelga <strong>di</strong> definire tale<br />
insieme con la parola improprio. L’inconciliabilità degli elementi<br />
<strong>di</strong>stintivi dell’insieme vuoto con i criteri che definiscono il concetto <strong>di</strong><br />
insieme non deve essergli sfuggita. Per quanto questa soluzione<br />
sembri sod<strong>di</strong>sfacente, ritengo siano necessari ulteriori stu<strong>di</strong> volti a<br />
39 Una soluzione <strong>di</strong> questo tipo è adottata in FREGE, GOTTLOB, Über Sinn un<br />
Bedeutung, Zeitschrift für Philosophie und Philosophische Kritik, Lipsia 1892.<br />
Gottlob Frege sostiene che le descrizioni definite denotino oggetti, le descrizioni<br />
indefinite denotino insiemi e le descrizioni improprie, ovvero contrad<strong>di</strong>ttorie,<br />
denotino l’insieme vuoto.<br />
105
Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
verificare se l’ammissione <strong>di</strong> pre<strong>di</strong>cati autocontrad<strong>di</strong>ttori non generi<br />
molteplicità che a loro volta possano produrre antinomie.<br />
Mi sento <strong>di</strong> avanzare una seconda soluzione ontologica. Ammettere<br />
proprietà autocontrad<strong>di</strong>ttorie e tentare <strong>di</strong> creare un insieme, per quanto<br />
debole, utilizzando simili proprietà come criteri definenti, può non<br />
essere del tutto sod<strong>di</strong>sfacente. Infatti, si è <strong>di</strong>scusso a lungo 40 riguardo<br />
l’opportunità <strong>di</strong> servirsi delle proprietà autocontrad<strong>di</strong>ttorie, sia in<br />
tempi antichi, con Gorgia, Platone e Aristotele, sia in tempi moderni,<br />
come testimonia il <strong>di</strong>battito capeggiato dai filosofi Bertrand Russell,<br />
da una parte, e Alexius Von Meinong, dall’altra.<br />
Volendo dunque escludere l’introduzione delle proprietà<br />
autocontrad<strong>di</strong>ttorie, con tutte le penose conseguenze, si può provare a<br />
percorrere la strada dei mon<strong>di</strong> possibili. Tale prospettiva risale almeno<br />
a Leibniz 41 , ma vede la sua formulazione moderna nel lavoro del<br />
filosofo David Lewis 42 . Con «mondo possibile» si intendono quin<strong>di</strong><br />
tra<strong>di</strong>zionalmente tutte le collezioni <strong>di</strong> stati <strong>di</strong> cose che non sono<br />
necessari, ma nemmeno impossibili. Della nozione <strong>di</strong> mondo possibile<br />
40 Un’interessante raccolta <strong>di</strong> tali obiezioni, nonché uno stimolante testo critico<br />
sull’argomento, è rappresentato da BERTO, FRANCESCO, L’esistenza non è logica.<br />
Dal quadrato rotondo ai mon<strong>di</strong> possibili, Laterza, Roma-Bari 2010.<br />
41 In particolare, LEIBNIZ, GOTTFRIED WILHELM, Saggi <strong>di</strong> teo<strong>di</strong>cea, <strong>di</strong>sponibili nella<br />
traduzione italiana in MUGNAI, MASSIMO, PASINI, ENRICO, Scritti filosofici, a cura<br />
<strong>di</strong>, UTET, Torino 2000.<br />
42 Si vedano LEWIS, DAVID, Teoria delle controparti e logica modale quantificata, in<br />
SILVESTRINI, DANIELA, In<strong>di</strong>vidui e mon<strong>di</strong> possibili, a cura <strong>di</strong>, Feltrinelli, Milano<br />
1976, LEWIS, DAVID, Counterfactuals, Blackwell, Oxford 1973 e LEWIS, DAVID, On<br />
the Plurality of Worlds, Blackwell, Oxford 1986.<br />
106
Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
si danno due interpretazioni. L’interpretazione attualista attribuisce<br />
alla nozione <strong>di</strong> mondo possibile l’unico compito <strong>di</strong> costituire un utile<br />
strumento per immaginare come avrebbero potuto ipoteticamente<br />
presentarsi gli stati <strong>di</strong> cose attuali del mondo.<br />
L’interpretazione che invece corrisponde al realismo modale<br />
prevede un serio impegno ontologico nei confronti dei mon<strong>di</strong> possibili<br />
e introduce dunque, accanto agli enti che popolano il mondo attuale,<br />
anche enti che potrebbero popolare mon<strong>di</strong> possibili, accanto al mondo<br />
attuale, un numero infinito <strong>di</strong> mon<strong>di</strong> possibili. Il mondo attuale infatti,<br />
secondo tale prospettiva, è il modo in cui le cose stanno, mentre i<br />
mon<strong>di</strong> possibili sono i mo<strong>di</strong> in cui le cose avrebbero potuto stare.<br />
Invece, le leggi logiche della necessità e dell’impossibilità sono<br />
con<strong>di</strong>vise dal mondo attuale e da tutti i mon<strong>di</strong> possibili.<br />
Arrivando all’insieme vuoto quin<strong>di</strong>, una soluzione possibile è<br />
quella <strong>di</strong> far corrispondere le con<strong>di</strong>zioni definenti insiemi vuoti con<br />
proprietà possibili, ma non attuali. Per fare un esempio, l’insieme<br />
degli esseri umani con sei occhi è vuoto in questo mondo. Siccome<br />
però non è logicamente contrad<strong>di</strong>ttorio che un essere umano abbia sei<br />
occhi, tale insieme potrebbe avere elementi in un mondo possibile,<br />
esattamente uguale al mondo attuale tranne che per questa<br />
caratteristica. E forse anche per il fatto che i produttori <strong>di</strong> lenti a<br />
contatto sarebbero sicuramente più ricchi.<br />
Attraverso l’utilizzo <strong>di</strong> siffatta strategia, gli insiemi vuoti avrebbero<br />
caratteristiche ontologiche del tutto identiche a quelle degli insiemi<br />
107
Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
con elementi. Sia i primi sia i secon<strong>di</strong> sarebbero definiti da una<br />
proprietà, ma per un caso, ovvero l’attualità o meno della proprietà in<br />
questione, alcuni insiemi rimarrebbero vuoti. L’adozione <strong>di</strong> questa<br />
strategia dunque riesce elegantemente a ricondurre l’insieme vuoto al<br />
concetto <strong>di</strong> insieme, per quanto complichi non poco l’impegno<br />
ontologico preso dalla teoria degli insiemi. Una soluzione c’è ed è<br />
quella <strong>di</strong> considerare i mon<strong>di</strong> possibili solo in funzione euristica,<br />
senza veramente impegnarsi sulla loro esistenza. Anche in questo<br />
caso, ritengo che siano necessari stu<strong>di</strong> successivi per accertarsi che<br />
l’introduzione <strong>di</strong> proprietà sod<strong>di</strong>sfatte da enti dei mon<strong>di</strong> possibili non<br />
generi antinomie.<br />
4. GLI INSIEMI VUOTI DI TROPI<br />
Alla luce del fatto che lo scopo <strong>di</strong> questo lavoro è proprio quello <strong>di</strong><br />
verificare la conciliabilità della teoria degli insiemi con un’ontologia<br />
dei tropi, è utile vedere quali delle soluzioni offerte possa essere<br />
adottata dalla teoria dei tropi. Come si è detto, le prime due soluzioni<br />
non intervengono sull’ontologia dell’insieme vuoto, in quanto la<br />
prima lo nega mentre la seconda lo assume esclusivamente in quanto<br />
ente fittizio. Tali soluzioni mi sembrano conciliabili con l’ontologia<br />
proposta dai tropi. Il motivo è che ritengo che tale ontologia non<br />
venga in nessun modo intaccata o mo<strong>di</strong>ficata dall’adozione <strong>di</strong> una<br />
delle due soluzioni, in<strong>di</strong>scriminatamente.<br />
108
Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
Ciò che resta da provare dunque è la conciliabilità della teoria degli<br />
insiemi con l’adozione delle proprietà autocontrad<strong>di</strong>ttorie, richieste<br />
dalla terza soluzione, e delle proprietà non attuali, previste dalla quarta<br />
soluzione. Poiché si tratta <strong>di</strong> due prospettive molto <strong>di</strong>verse, è<br />
necessario analizzarle separatamente.<br />
La prima proposta ontologica dunque prevede l’ammissione<br />
nell’ontologia <strong>di</strong> proprietà autocontrad<strong>di</strong>ttorie, al fine <strong>di</strong> determinare<br />
enti che necessariamente non possano vantare alcun tipo <strong>di</strong> esistenza<br />
reale. Per quanto privi <strong>di</strong> esistenza reale, tali proprietà possono però<br />
costituirsi come strumenti del pensiero e definire una con<strong>di</strong>zione. Tale<br />
con<strong>di</strong>zione può allora in<strong>di</strong>care l’insieme vuoto, in quanto non può<br />
essere rispettata da alcun elemento.<br />
Per la teoria dei tropi, come è ormai chiaro, le proprietà sono<br />
particolari astratti, che aggregandosi si concretizzano negli oggetti<br />
materiali, da un lato, e formano gli oggetti astratti, dall’altro lato. Ciò<br />
che compone l’essere a livello elementare dunque sono solo le<br />
proprietà. Mi sembra allora che non sia possibile riferirsi a proprietà<br />
autocontrad<strong>di</strong>ttorie, perché siffatte proprietà necessariamente non<br />
esistono e non esistendo non possono aggregarsi e costituire un<br />
insieme. Può essere tentata allora un’altra strada, cioè quella <strong>di</strong><br />
assumere oggetti auto contrad<strong>di</strong>ttori. Siffatti oggetti potrebbero<br />
annoverare tra i fasci che ipoteticamente li compongono proprietà in<br />
contrad<strong>di</strong>zione tra loro. Ad esempio, posso immaginare un oggetto<br />
concreto costituito da due tropi: il primo è un tropo come «questo<br />
109
Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
rosso qui», mentre il secondo è un tropo come «questo verde qui».<br />
Ovviamente, per quanto esistano oggetti colorati con sfumature<br />
<strong>di</strong>verse, una determinata porzione <strong>di</strong> spazio-tempo non può<br />
contemporaneamente essere denotata da due <strong>di</strong>fferenti proprietà<br />
percepite dallo stesso senso. Quin<strong>di</strong>, un fascio così costituito sarebbe<br />
contrad<strong>di</strong>ttorio e non potrebbe portare a compimento il processo <strong>di</strong><br />
aggregazione e <strong>di</strong> costituzione dell’ente. L’insieme vuoto infatti, in<br />
quanto insieme improprio, si costituisce attraverso un processo che si<br />
sviluppa fino a un certo punto, per poi bloccarsi a causa<br />
dell’inconciliabilità dei principi che fondano il sistema a cui tale ente<br />
appartiene.<br />
Esattamente nello stesso modo quin<strong>di</strong>, il proce<strong>di</strong>mento <strong>di</strong><br />
costituzione <strong>di</strong> un oggetto concreto che si basi su un fascio <strong>di</strong> tropi in<br />
contrad<strong>di</strong>zione tra loro, subisce a un certo punto un arresto, che non<br />
gli permette <strong>di</strong> concludersi.<br />
Un insieme vuoto dunque può essere chiamato improprio perché,<br />
pur iniziando a costituirsi da un fascio <strong>di</strong> oggetti, tale fascio non riesce<br />
a creare l’oggetto-insieme a causa della contrad<strong>di</strong>ttorietà dei tropi che<br />
lo compongono. L’insieme vuoto non si determinerebbe quin<strong>di</strong> a<br />
partire da elementi autocontrad<strong>di</strong>tori, ma a partire da insiemi<br />
autocontrad<strong>di</strong>ttori. Ritengo però che tale soluzione non possa<br />
funzionare innanzitutto perché è in aperta contrad<strong>di</strong>zione con<br />
l’assioma <strong>di</strong> estensionalità. Tale assioma infatti precisa che l’insieme<br />
non è caratterizzato dal modo in cui i suoi elementi lo compongono.<br />
110
Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
Per queste ragioni, definire un insieme autocontrad<strong>di</strong>ttorio in virtù<br />
della contrad<strong>di</strong>ttorietà dei suoi elementi non ha assolutamente senso<br />
per la teoria degli insiemi.<br />
La soluzione dunque non convince. Oltre alla confutazione del<br />
tentativo <strong>di</strong> utilizzare insieme autocontrad<strong>di</strong>ttori, va ricordato che la<br />
prima proposta ontologica in origine prevedeva l’assunzione <strong>di</strong><br />
proprietà autocontrad<strong>di</strong>ttorie. Simili proprietà non possono essere<br />
ammesse all’interno <strong>di</strong> un’ontologia dei tropi, dunque questa<br />
soluzione deve essere rigettata senza indugio.<br />
La seconda proposta ontologica invece proponeva <strong>di</strong> far<br />
corrispondere all’insieme vuoto l’oggetto costituito da tropi non<br />
attuali, grazie all’introduzione del concetto <strong>di</strong> mondo possibile.<br />
Nonostante la resistenza <strong>di</strong> Donald Williams, un altro grande teorico<br />
dei tropi, John Bacon, nel suo Universals and Property Istances: the<br />
Alphabet of Being, ha ammesso i mondo possibili all’interno della<br />
metafisica dei tropi. Secondo il filosofo australiano infatti le<br />
prospettive sono molto facilmente conciliabili: il mondo attuale è<br />
costituito dai tropi che esistono e, allo stesso modo, i mon<strong>di</strong> possibili<br />
sono costituiti da tropi la cui esistenza, se pur non realizzata, è però<br />
possibile. È interessante a questo punto ricordare che una delle ragioni<br />
che hanno spinto John Bacon ha includere tropi possibili è proprio<br />
quella <strong>di</strong> fornire un’adeguata trattazione delle proprietà non<br />
esemplificate. Il filosofo infatti assegna a tali proprietà un tipo <strong>di</strong><br />
esistenza non realizzata nel mondo attuale, ma realizzabile in mon<strong>di</strong><br />
111
Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
possibili. Poiché, come è ormai chiaro, i tropi si aggregano in oggetti,<br />
allora gli oggetti possibili ma non realizzati esistono nei mon<strong>di</strong><br />
possibili.<br />
«Oggetto possibile ma non realizzato» è un’espressione che può<br />
essere <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficile comprensione, in quanto non è chiaro a cosa si<br />
riferisca. Un chiarimento può venire da esempi come l’oggetto astratto<br />
possibile ma non realizzato che è «la mia amicizia con Socrate». Il<br />
personaggio storico non esiste in questo mondo in questo momento,<br />
ma posso immaginare un mondo possibile dove io e Socrate siamo<br />
contemporanei e intrecciamo una relazione <strong>di</strong> amicizia. Un esempio <strong>di</strong><br />
oggetto concreto non realizzato può essere invece qualcosa <strong>di</strong> molto<br />
semplice come «il volume della mia tesi <strong>di</strong> laurea». Oggi, 6 maggio<br />
2011, nel mondo attuale, il volume della mia tesi non esiste, ma presto<br />
queste pagine, stampate e rilegate, si comporranno a formare il<br />
volume della mia tesi <strong>di</strong> laurea.<br />
Ciò detto quin<strong>di</strong>, sembra che la soluzione ontologica dei mon<strong>di</strong><br />
possibili sia non solo realizzabile ma bene accetta. Resta da vedere se<br />
sia una scelta sensata. Infatti, così facendo la teoria dei tropi si<br />
renderebbe vittima delle obiezioni avanzate nei confronti delle<br />
metafisiche che scelgono <strong>di</strong> adottare mon<strong>di</strong> possibili. Ammettere<br />
mon<strong>di</strong> possibili dunque potrebbe comportare quin<strong>di</strong> un indebolimento<br />
della teoria, piuttosto che un rafforzamento in termini <strong>di</strong> ampiezza<br />
dell’applicazione.<br />
112
Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
Inoltre, non costituisce assolutamente una manovra economica per<br />
la teoria dei tropi introdurre i mon<strong>di</strong> possibili al solo fine <strong>di</strong> fornire<br />
una soluzione per il problema dell’insieme vuoto. Questa osservazioni<br />
vale in particolar modo se sono adottabili le due soluzioni<br />
matematiche. L’applicabilità delle due soluzioni matematiche però<br />
non è assolutamente scontata, per quanto possa apparire meno<br />
complessa.<br />
113
Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
OSSERVAZIONI CONCLUSIVE<br />
In questo lavoro ho cercato <strong>di</strong> applicare il sistema metafisico<br />
proposto dalla teoria dei tropi al sistema matematico della teoria degli<br />
insiemi. La verifica si rende necessaria perché la teoria degli insiemi è<br />
stata elaborata all’interno <strong>di</strong> un sistema metafisico <strong>di</strong>fferente. Ecco<br />
perché non è scontato che essa sia utilizzabile coerentemente con<br />
l’adozione della metafisica dei tropi.<br />
Armonizzare un sistema metafisico che rifiuti gli universali, come<br />
la teoria dei tropi, con un sistema matematico che se ne serve, poteva<br />
inizialmente sembrare un’ardua impresa. L’analisi che ho condotto ha<br />
invece rivelato che, per quanto <strong>di</strong> sicuro la teoria degli insiemi utilizzi<br />
gli universali, ciò che conta dal punto <strong>di</strong> vista metafisico è che a tali<br />
universali non sia riconosciuto alcun tipo <strong>di</strong> statuto ontologico. Il<br />
dominio da cui parte la fondazione della teoria degli insiemi infatti<br />
non assume nessun tipo <strong>di</strong> impegno ontologico nei confronti degli<br />
universali. Nient’altro è ammesso all’interno del dominio se non enti<br />
semplici e in<strong>di</strong>viduali, a partire dai quali si possono costruire insiemi.<br />
Di conseguenza, appare chiaro che, se una teoria matematica<br />
ammette solo entità semplici e in<strong>di</strong>viduali, gli universali <strong>di</strong> cui si serve<br />
non sono universali in senso forte, come ad esempio quelli ammessi<br />
dalla metafisica realista. Per la teoria degli insiemi, gli universali non<br />
esistono nella realtà, ma hanno un’esistenza esclusivamente<br />
concettuale o nominale. Sono cioè enti che l’ontologia ammette solo<br />
114
Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
all’interno della mente come utili concetti, oppure sono<br />
semplicemente nomi <strong>di</strong> cui la mente si serve per riferirsi a gruppi <strong>di</strong><br />
elementi in<strong>di</strong>viduali.<br />
Mi pare che questa analisi abbia evidenziato chiaramente che una<br />
metafisica che voglia can<strong>di</strong>darsi al suolo <strong>di</strong> supporto ontologico per la<br />
teoria degli insiemi deve rispondere a due criteri fondamentali. Il<br />
primo criterio è che la metafisica preveda una trattazione degli<br />
universali in senso concettualista o nominalista. Il secondo criterio, a<br />
mio avviso più importante, è che si tratti <strong>di</strong> una metafisica che riduca<br />
l’essere a entità <strong>di</strong> un solo tipo.<br />
Nella teoria dei tropi, così come nella teoria degli insiemi, gli<br />
universali sono ammessi esclusivamente in quanto concetti mentali<br />
originati dalle manifestazioni dei particolari. Inoltre, la teoria ammette<br />
un solo tipo <strong>di</strong> essere, offrendosi dunque come can<strong>di</strong>data ideale al<br />
ruolo <strong>di</strong> supporto ontologico per la teoria degli insiemi.<br />
È in<strong>di</strong>scutibilmente vero che la teoria dei tropi non sia l’unica<br />
metafisica che ammette un solo tipo <strong>di</strong> essere, né che tratti gli<br />
universali in senso debole. Dunque potrebbe non rivelarsi la più<br />
consona a sostenere metafisicamente la teoria degli insiemi.<br />
Quantunque prive <strong>di</strong> atteggiamento riduzionista, altre metafisiche<br />
potrebbero anche rivelarsi più idonee a svolgere questo ruolo.<br />
L’obiettivo <strong>di</strong> questo lavoro d’altronde non era quello <strong>di</strong> evidenziare<br />
la metafisica più adatta per la teoria degli insiemi, ma <strong>di</strong> verificare la<br />
coerenza del suo utilizzo da parte <strong>di</strong> chi affi<strong>di</strong> il suo impegno<br />
115
Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
ontologico alla teoria dei tropi. Tale obiettivo può <strong>di</strong>rsi raggiunto,<br />
anche se alcune questioni che ho sollevato restano ancora<br />
fecondamente aperte. Ulteriori stu<strong>di</strong> potrebbero approfon<strong>di</strong>re questo<br />
tema, appurando ad esempio se la teoria dei tropi sia innocente in<br />
relazione ai paradossi della teoria degli insiemi e, viceversa,<br />
controllando se le obiezioni mosse alla teoria dei tropi non comportino<br />
conseguenze, metafisiche o matematiche, per la teoria degli insiemi.<br />
La teoria dei tropi ha mostrato la sua forza in termini <strong>di</strong> semplicità<br />
ed economicità. La potenza espressiva che la contrad<strong>di</strong>stingue le<br />
consente <strong>di</strong> farsi carico delle complesse esigenze ontologiche della<br />
teoria degli insiemi. Inoltre l’atteggiamento riduzionista, piuttosto che<br />
essere colpevole <strong>di</strong> attribuire rigi<strong>di</strong>tà al sistema, si rivela un punto <strong>di</strong><br />
forza per l’analisi della teoria degli insiemi.<br />
Ho provato a verificare la coerenza della teoria dei tropi con la<br />
teoria degli insiemi. Concludendo questa ricerca, mi avvedo come<br />
molti altri siano i para<strong>di</strong>gmi metafisici che, <strong>di</strong> là dalla coerenza<br />
formale, andrebbero sottoposti a ulteriori verifiche, con l’intento <strong>di</strong><br />
accertarne la conciliabilità con i para<strong>di</strong>gmi utilizzati dall’impresa<br />
conoscitiva. Mi riferisco fra gli altri alle teorie della fisica moderna,<br />
alle dottrine economiche e sociali o ai modelli epistemologici. Mi<br />
auguro che questa agenda possa costituire il mio programma <strong>di</strong> ricerca<br />
per i prossimi anni.<br />
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Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
RINGRAZIAMENTI<br />
Vorrei ringraziare il professor Paolo Valore, per l’impegno e la<br />
<strong>di</strong>sponibilità che ha mostrato negli ultimi cinque anni. La sua passione<br />
e la sua professionalità mi sono stati <strong>di</strong> grande esempio.<br />
Desidero ringraziare anche a tutte le menti geniali che hanno<br />
formulato le meravigliose teorie e i sistemi straor<strong>di</strong>nari che mi hanno<br />
incantata in questi anni <strong>di</strong> Università e hanno mo<strong>di</strong>ficato<br />
invariabilmente ciò che sono.<br />
Ringrazio i miei meravigliosi amici Carolina Marsico, Fabio Prolo,<br />
Daria Pitacco, Diederik Pierani, Eleonora Pinna, Alessandro Mezzetti<br />
Federica Biotti, Marco Berretta e Nelson Haxhija. Ognuno <strong>di</strong> loro mi<br />
ha regalato gran<strong>di</strong> momenti <strong>di</strong> <strong>di</strong>vertimento, spontaneità, calore,<br />
solidarietà e affetto sincero. La spensieratezza e la serenità che<br />
abbiamo con<strong>di</strong>viso restano nel mio cuore, imprescin<strong>di</strong>bilmente da<br />
dove ci porterà il futuro.<br />
Infine, de<strong>di</strong>co questo lavoro a mio padre Franco, che mi è stato<br />
vicino in ogni momento della mia vita, aiutandomi davanti alle<br />
<strong>di</strong>fficoltà con infinita pazienza e spronandomi a dare sempre il meglio<br />
<strong>di</strong> me. Non ha mai lasciato vacillare la mia fiducia nel mondo e nella<br />
possibilità <strong>di</strong> raggiungere i miei obiettivi, per quanto ambiziosi.<br />
Voglio ringraziarlo soprattutto per avermi trasmesso buona parte <strong>di</strong><br />
ciò che sono e per tutto quello che mi trasmetterà ancora da oggi fino<br />
alla fine della nostra vita insieme.<br />
117
Una metafisica alla prova: la teoria dei tropi applicata alla teoria degli insiemi<br />
<strong>Tesi</strong> <strong>di</strong> <strong>Laurea</strong> <strong>di</strong> <strong>Costanza</strong> <strong>Brevini</strong><br />
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