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Ottobre 2011 - Moked

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P36<br />

CULTURA / ARTE / SPETTACOLO<br />

n. 10 | ottobre <strong>2011</strong> pagine ebraiche<br />

ú– ARCHITETTURA<br />

Nel centenario della nascita molti sono stati gli omaggi che la città di New York ha reso al suo cittadino onorario Giorgio Cavaglieri, il<br />

grande architetto italiano scomparso quattro anni fa alla soglia dei 96 anni. Nato a Venezia ed emigrato negli Stati Uniti in seguito alla<br />

emanazione delle leggi razziste, Cavaglieri ha dedicato la sua vita al restauro e alla valorizzazione di edifici storici della Grande Mela che,<br />

per il frenetico processo di modernizzazione, rischiavano di essere demoliti dalle ruspe per far posto a strutture più al passo con i tempi.<br />

L’uomo che salvò la memoria di New York<br />

ú–– Paolo Navarro Dina<br />

Lo avevano soprannominato<br />

il padre del movimento “preservatista”.<br />

Un modo singolare,<br />

ma efficace per indicare l’indole<br />

alla “conservazione” e al recupero<br />

architettonico. Un uomo che nella<br />

sua vita non solo ha impedito che<br />

le ruspe distruggessero importanti<br />

testimonianze del reticolo architettonico<br />

di New York, ma grazie al<br />

suo lavoro ha consentito che edifici<br />

come il Jefferson Market Library nel<br />

cuore del Village newyorchese sopravvivessero<br />

oppure che altri antichi<br />

immobili come l’Astor Library,<br />

invece di essere demolita, potesse<br />

essere trasformata nel Joseph Papp<br />

Public Theater.<br />

Ora gli Stati Uniti, a quattro anni di<br />

distanza dalla sua morte, avvenuta<br />

nel 2007, a 95 anni, ricordano Giorgio<br />

Cavaglieri, architetto insigne, fuggito<br />

nel 1939 negli Usa, all’indomani<br />

delle leggi razziste. Cavaglieri, occhi<br />

vispi, viso leggermente arcigno che<br />

nascondeva una sottile ironia, era<br />

nato a Venezia, l’11 agosto del 1911,<br />

da una ricca famiglia della media<br />

borghesia locale.<br />

Il padre era funzionario delle Assicurazioni<br />

Generali, così come molti<br />

altri ebrei del ceto medio. Ben presto<br />

Cavaglieri scoprì la passione per l’architettura<br />

e nei primi anni Trenta si<br />

laureò con il massimo dei voti al Politecnico<br />

di Milano. Per alcuni anni<br />

lavorò per l’Aeronautica militare, ma<br />

con l’emanazione delle leggi razziste<br />

decise di lasciare l’Italia. Una decisione<br />

che gli salvò la vita. Una volta<br />

emigrato negli Stati Uniti, Cavaglieri<br />

si arruolò dall’Esercito americano<br />

progettando la costruzione di edifici<br />

militari alleati in Normandia e a Berlino;<br />

un’attività che a conflitto terminato<br />

gli valse anche la medaglia<br />

di bronzo dell’esercito Usa per l’impegno<br />

profuso. Finito il conflitto<br />

mondiale, Cavaglieri scelse di rimanere<br />

in America impegnandosi nello<br />

studio professionale di Rosario Candela,<br />

un altro grande architetto italiano<br />

emigrato negli Stati Uniti dalla<br />

Sicilia.<br />

E all’ombra dell’Empire State Building,<br />

a poco a poco, divenne uno<br />

degli architetti più importanti del<br />

mondo. Specializzato nella tecnica<br />

del restauro (ecco quindi il termine<br />

coniato di “architetto preservatista”)<br />

ha evitato che alcuni degli edifici più<br />

antichi di una città “giovane” come<br />

New York potessero cedere sotto il<br />

u Il salvataggio della Penn Station, la prima battaglia sociale di Cavaglieri.<br />

u L’eleganza italiana delle forme<br />

della Astor Library colpì l’architetto<br />

veneziano che riuscì a salvarla dalle<br />

ruspe trasformandola in futura sede<br />

del Public Theater.<br />

Da Venezia agli Usa<br />

Architetto e pittore<br />

u Cavaglieri aveva un ufficio al Fisk<br />

Building in piena Manhattan di cui,<br />

tra l’altro, ridisegnò gli interni.<br />

Nato nel 1911 a Venezia, Giorgio Cavaglieri si appassiona fin da giovanissimo<br />

alla pittura dipingendo ritratti in stile naif. Laureatosi a pieni voti al<br />

Politecnico di Milano, con la promulgazione delle leggi razziste è costretto<br />

a emigrare negli Stati Uniti. Durante la Seconda guerra mondiale<br />

si arruola nell’esercito americano e progetta la costruzione<br />

di edifici militari degli alleati in Normandia e a<br />

Berlino. La consacrazione arriva negli anni Sessanta quando,<br />

a seguito di alcuni importanti lavori di restauro e preservazione<br />

al Greenwich Village, viene annoverato tra i più grandi<br />

architetti al mondo. Notevole anche l'attività pittorica. I<br />

suoi quadri vengono infatti esposti in musei e gallerie di fama internazionale.<br />

Tra le opere più celebri Central Park (1993) e Piazza San Marco (2003),<br />

un omaggio alle sue città predilette.<br />

u Cavaglieri immortalato da steve<br />

Brodner assieme al fondatore del<br />

Public Theater Joseph Papp, nome<br />

d’arte di Joseph Papirofsky, uno dei<br />

più grandi attori teatrali e registi<br />

televisivi del ventesimo secolo.<br />

u L’ispirazione fatale per disegnare<br />

e progettare edifici, scrisse una<br />

volta Cavaglieri, gli venne da<br />

giovane ammirando il Palazzo<br />

del Doge nella natia Venezia.<br />

colpo delle novità a tutti i costi. Proprio<br />

quest’opera di strenua difesa degli<br />

edifici del passato nella Grande<br />

Mela, gli ha consentito poi di trasformarli,<br />

modificarli e consentire<br />

un nuovo e ulteriore utilizzo rispetto<br />

a quello originario.<br />

A questo proposito nell’azione di<br />

Cavaglieri va ricordato soprattutto<br />

il dibattito innescato a livello accademico<br />

e professionistico americano<br />

sulla teoria della “conservazione”<br />

delle opere d’architettura del recente<br />

passato a stelle e strisce. Per anni, e<br />

con successo, Cavaglieri lottò contro<br />

i fautori della “rigenerazione”, ovviamente<br />

in senso architettonico, degli<br />

edifici più datati di New York.<br />

Più volte, grazie proprio alla proprio<br />

idea “preservatista” ha avuto la meglio<br />

sulle decisioni assunte da enti<br />

locali e contee, di demolire fabbricati<br />

o edifici ritenuti superflui o addirittura<br />

da distruggere senza tanti patemi<br />

d’animo.<br />

Proprio la forza “preservatista” e la<br />

spinta alla riqualificazione consentì<br />

a Cavaglieri di tutelare beni immobili<br />

che con il passare del tempo non<br />

solo hanno avuto una diversa fruibilità<br />

rispetto al progetto originale,<br />

ma sono diventati a tutto tondo veri<br />

e propri “monumenti” alla riconversione<br />

architettonica.<br />

Grazie alla sua attività di “restyling”<br />

e alle numerose operazioni di recupero,<br />

Cavaglieri a poco a poco assunse<br />

un ruolo di tutto rispetto nella<br />

vita professionale e artistica degli<br />

Stati Uniti ottenendo anche prestigiosi<br />

riconoscimenti. Il suo massimo<br />

periodo di lavoro e di impegno sociale<br />

culminò anche nel ruolo di presidente<br />

della Municipal Art Society<br />

di New York negli anni Sessanta, con<br />

la quale si battè fino all’ultimo respiro<br />

contro la “trasformazione” in<br />

chiave contemporanea del Grand<br />

Central Terminal nel cuore della metropoli<br />

americana.<br />

Ma non ci sono state solo le battaglie<br />

per i grandi monumenti da preservare.<br />

Uno degli impegni di Cavaglieri<br />

fu soprattutto quello di salvaguardare<br />

e tutelare la “piccola architettura”,<br />

quella popolare, quella nella<br />

quale alloggiava la classe meno abbiente<br />

americana. Il suo impegno in<br />

quest’àmbito lo rese famoso anche<br />

come “architetto controcorrente”,<br />

capace di lavorare e difendere non<br />

solo il grande edificio, ma anche i<br />

fabbricati delle periferie se essi appartenevano<br />

ad una periodo della<br />

storia minore dell’architettura. Negli<br />

ultimi anni della sua vita arrivarono<br />

anche i riconoscimenti alla carriera.<br />

Divenne presidente dell’American<br />

Istitute of Architectural Education<br />

e ottenne nel 2002 il prestigioso premio<br />

Lucy G. Moses per la preservazione<br />

architettonica.<br />

Proprio in queste settimane, a quattro<br />

anni dalla sua scomparsa, New<br />

York gli ha reso nuovamente omaggio.<br />

Oltre alla professione di architetto,<br />

Cavaglieri è ricordato anche<br />

per la sua attività di pittore. Dopo<br />

aver lottato, anche strenuamente,<br />

per garantire un futuro agli edifici<br />

vetusti newyorkesi, si fece portavoce<br />

non solo di una nuova corrente artistica<br />

che univa il recupero architettonico<br />

con una nuova funzionalità<br />

degli immobili da riqualificare, ma<br />

si dilettò anche con i dipinti impegnandosi<br />

in alcune mostre personali<br />

di richiamo in molte città (Parigi,<br />

Amsterdam, Praga, Berlino, Pechino,<br />

Città del Messico). E guarda caso<br />

tra i suoi quadri più famosi ci sono<br />

una veduta del Central Park e un’altra<br />

di Piazza San Marco: come dire<br />

la sintesi tra le due città che ha amato<br />

più delle altre.<br />

www.moked.it

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