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GIOIA numero 35 - Yumpu

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editoriale<br />

È l’Italia che ci piace.<br />

L’Italia che a mezzanotte, sulla linea di confine di un nuovo giorno, sta in una<br />

spiaggia ad ascoltare il mare, l’Italia lontana dal rumore di fondo, dalle luci della<br />

città, dagli schiamazzi delle discoteche, dal chiasso che fagocita pensieri e<br />

solitudini. L’Italia che alle quattro sta già in piedi per sfornare il pane o passeggiare<br />

per le strade del centro per godersi il silenzio, il rumore dei passi sui sanpietrini, i<br />

lampioni ancora accesi di una provincia dormiente. È l’Italia dei papà con<br />

l’asciugamano in mano, smarriti nella corsia di un ospedale, mentre un bambino<br />

si dà da fare per venire al mondo. E di quegli altri, in boxer e barba sfatta, che<br />

ninnano “la creatura” tra le braccia, l’intruso, il “tiranno insonne”, che li ha<br />

strappati dal calduccio del piumino per scaraventarli, in pieno Rem, davanti a uno<br />

scaldabiberon. Che belli, questi papà italiani, pieni di tenerezza e di stupore.<br />

PHoto MaSi, foto e artwork di fabrizio turra'<br />

maria elena viola<br />

direttore di Gioia!<br />

la barba<br />

nobilita l’uomo<br />

Va di moda la barba, per chi non se<br />

ne fosse accorto. Accessorio<br />

tricologico che rende i brutti<br />

interessanti, gli uomini agé più<br />

affascinanti, i bellocci senza cervello<br />

all’improvviso intelligenti.<br />

Ultimo “convertito” Kevin Costner,<br />

qui sotto con la moglie, che ha<br />

sfoggiato la sua, brizzolatissima<br />

(a contrasto con la chioma fintobionda),<br />

al festival di Toronto. Ha<br />

guadagnato così tanti punti che gli si<br />

perdona persino lo spot del tonno.<br />

È l’Italia degli italiani al palo che non alzano la voce. L’Italia<br />

“parcheggiata” che non grida e non insulta. L’Italia in ginocchio, che però non<br />

si inginocchia. L’Italia con la schiena dritta, l’Italia onesta. Che vuole “essere<br />

utile” e non si arrende. A 20 anni, come a 60. L’Italia dei giovani che la mattina<br />

aprono l’e-mail e la trovano vuota: nessuna risposta ai curricula inviati. E<br />

di quelli che invece non aspettano, piuttosto improvvisano il futuro in mezzo al<br />

mare, sopra un cargo pieno di container alti come palazzi. Oppure se ne stanno<br />

lì, a indugiare nel letto, prima che la giornata si sveli, godendo di quell’attimo di<br />

beata incertezza, quando tutto può essere: l’ennesima routine o il giorno che<br />

vinci la lotteria o che t’innamori.<br />

È l’Italia della moka che borbotta e dei vulcani. L’Italia rurale e<br />

quella degli spazi siderali. L’Italia che “pedala”, in senso stretto, quella che ride,<br />

improvvisa un balletto e si diverte. L’Italia delle mamme e delle pastarelle.<br />

L’Italia degli anziani che non se ne vogliono andare. Sdraiati sopra un letto o<br />

prigionieri di pensieri fragili e sconclusionati. Attaccati alla vita dall’amore di<br />

figli e di nipoti pazienti. È l’Italia in un giorno, il 26 ottobre 2013, che riassume<br />

tutto: i sogni, le speranze, le piccole felicità e le grandi paure, la memoria e<br />

l’ignoto. Italy in a day. Il bellissimo docu-film di Gabriele Salvatores, che ho<br />

avuto la fortuna di vedere in anteprima all’ultima Mostra del cinema di Venezia<br />

(il 23 settembre uscirà nelle sale, e il 27 sarà trasmesso da RaiTre). Racconta in<br />

75 minuti il nostro Paese, con un collage incalzante di video e di riprese fai-date.<br />

Ne sono arrivate più di 44.000. Immaginate che lavoro di selezione, che<br />

opera di alta sartoria, ha fatto il regista, per cucire tutte quelle storie insieme e<br />

fare un unico commovente racconto corale.<br />

Quel 26 ottobre di un anno fa, abbiamo preso anche noi la telecamera per<br />

raccontare la nostra giornata. Un tipico sabato da famiglia italiana. La sveglia, le<br />

facce stropicciate, il pranzo, i compiti. È stata una gioia e una sorpresa, mesi dopo,<br />

scoprire di essere entrati nel progetto. Una piccola sequenza del più piccolo di noi<br />

che ci ha allargato il cuore. Perché ti senti parte di questo enorme puzzle che è<br />

l’esistenza collettiva, la storia, macro e micro, che si compie. Ma quando ci sei<br />

dentro neanche te ne accorgi. È la visione d’insieme che ti riempie d’orgoglio.<br />

L’orgoglio di essere italiani. Di questa Italia, della brava gente.<br />

scrivetemi a: direttoregioia@hearst.it<br />

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