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GIOIA numero 35 - Yumpu

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itratti<br />

Gabriele<br />

Salvatores<br />

«sono migliaia<br />

di messages in a<br />

bottle, una<br />

Seduta di<br />

analiSi<br />

collettiva.<br />

siamo riusciti a<br />

mantenere il<br />

nostro<br />

sguardo, ma<br />

anche a dare<br />

voce a tutti, con<br />

rispetto,<br />

facendo un<br />

passo indietro»<br />

Incontrare Salvatores appena<br />

uscita dalla prima mondiale di<br />

Italy in a day vuol dire reprimere a<br />

stento, in nome di quella che chiamano<br />

professionalità, l’istinto di abbracciarlo. Il<br />

suo potente videomosaico muove le corde<br />

più intime anche nello spettatore più cinico.<br />

Realizzato montando in un unico film<br />

44.000 video girati dagli italiani che hanno<br />

risposto, il 26 ottobre scorso, al suo appello:<br />

“Raccontaci di te e della tua giornata”, il film,<br />

fuori concorso a Venezia è in sala solo il 23<br />

settembre, e poi su RaiTre il 27.<br />

Timidamente, intuisce il mio slancio e si<br />

schermisce un po’. «Sono sorpreso anche<br />

io. Mi aspettavo molta più rabbia».<br />

S’è chiesto perché quella non è arrivata?<br />

A dispetto della tv urlata, violenta, quando<br />

chiedi alle persone di raccontarsi, vanno tutti<br />

sul personale. Sono migliaia di messages<br />

in a bottle, una seduta di analisi collettiva.<br />

Non è male, guardi. Una volta si diceva: il<br />

personale è politico. Io ci credo. Un ragazzo<br />

nel film dice: «Per uno della mia età, non c’è<br />

nulla di più rivoluzionario che cambiare il<br />

pannolino al figlio». Mi piace.<br />

Perché pensa che la gente si commuova<br />

tanto di fronte a storie così minute?<br />

L’ha detto lei, perché sono minute. E quindi<br />

autentiche: siamo riusciti a mantenere il<br />

nostro sguardo, ma anche a dare voce a<br />

tutti, con rispetto, facendo un passo indietro.<br />

È la forza inoppugnabile della realtà.<br />

Ritroviamo un senso di appartenenza<br />

a una comunità dato per disperso. È<br />

espresso con rabbia, dolore, ma c’è.<br />

Mi sono riconciliato coi miei concittadini per<br />

questo. Sono molti quelli che se ne vanno<br />

conservando un legame, la voglia nella<br />

pancia di tornare a crescere i propri figli qui.<br />

Personalmente, cosa l’ha commosso?<br />

Forse per via dell’omonimia, la signora con<br />

l’Alzheimer che non riconosce il figlio. Lui<br />

le dice: «Sono Gabriele, mamma». Lei gli<br />

prende la mano: «Che bello, è il nome di un<br />

angelo. O sei un angelo o lo stai diventando».<br />

Quella cosa lì al cinema non ti riesce,<br />

neanche con gli attori più bravi del mondo...<br />

Dov’era lei il 26 ottobre 2013?<br />

Sul set del prossimo film, Il ragazzo invisibile.<br />

Mi hanno ripreso, ma ho troppo pudore.<br />

Il progetto continua?<br />

Un’idea l’avrei. Forse il cinema, in questo<br />

strapotere dei nuovi media, deve prendersi<br />

un altro spazio, provare a filmare l’invisibile,<br />

ciò che hai dentro e a cui non sai dare una<br />

forma. Perché non provare, magicamente,<br />

a proiettare quella forma su uno schermo?

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