INCHIESTA TESSILE Sergio Tamborini Ercole Botto Poala per le aziende tess<strong>il</strong>i italiane decidere se si vuole restare nell’ambito artigianale o diventare una realtà industriale”, ha sottolineato Sergio Tamborini, AD della comasca Ratti che fa capo al gruppo tess<strong>il</strong>e Marzotto. “Le consegne – ha aggiunto Tamborini - vanno fatte in tempi più brevi rispetto al passato, <strong>il</strong> che significa strutturarsi con un parco telai ad hoc. Per tenere i ritmi produttivi noi abbiamo scelto di affiancare ai lavori in esclusiva per i nostri brand di lusso, per i quali realizziamo poche unità di prodotto a giornata perché prevedono lavorazioni complesse, la produzione per altri marchi che non rientrano nel segmento luxury. Oggi la parola d’ordine è flessib<strong>il</strong>ità, pluralità e consegne veloci”. In realtà quindi, più che verso <strong>il</strong> fast fashion, i cui acquisti sono per lo più orientati ancora verso i Paesi che garantiscono costi di decisamente inferiori, le realtà tess<strong>il</strong>i di una certa dimensione si stanno aprendo verso una serie di marchi di fasce medie e medio-alte, ma sempre nell’ambito del cosiddetto programmato, vale a dire che prevedono un certo numero di collezioni. Una posizione che però non mette tutti d’accordo. “Bisogna puntare solo sul top di gamma, trovarsi una nicchia di mercato nell’alta qualità – ha dichiarato Elena Reggiani, co-titolare della piemontese Reggiani Stretch specializzata in tessuti elasticizzati – ed investire sull’azienda. È quello che stiamo facendo”. AI CINESI PIACE ITALIANO Altro nodo della questione sono le esportazioni. Secondo i dati di Smi, nel 2011 le destinazioni più dinamiche sono risultate le aree extra-UE (+12,3%), arrivate ad assorbire oramai quasi <strong>il</strong> 50% (48,5%) dell’export totale di comparto mentre la vendite intra-UE crescono di un più moderato +7,2%. C’è poi da segnalare – anche nei tessuti - l’exploit della Cina: nei primi dieci mesi del 2011 ha proseguito l’espansione su ritmi del +27% a valore (per un totale di 158 m<strong>il</strong>ioni di euro circa) e del +22% a volume. Un aspetto confermato da Ercole Botto Poala, numero uno della biellese Reda: “l’export rappresenta l’80% del nostro giro d’affari. Germania e Paesi dell’est Europa sono ancora oggi i principali sbocchi, ma le vendite verso la Cina stanno aumentando a ritmo sostenuto. Gli ordini sono quantitativamente importanti anche perché si tratta di confezionisti cinesi che contano su una rete di 200-300 negozi nel Paese. E, cosa ancora più importante, sono particolarmente attenti alla qualità. Se prima puntavano su tessuti classici ora vogliono un prodotto ricercato, ad alto tasso di innovazione”. Un trend che b<strong>il</strong>ancia la tendenza in atto negli altri mercati più maturi dove, secondo Fiorenzo Borini a capo della direzione commerciale del gruppo Limonta e ne cura la divisione abbigliamento, “se nel passato c’era un interesse su un range molto ampio di tipologie di prodotti, oggi ci si concentra su un numero minore di materiali che siano lane, sete o cotone. Sono i gusti e le abitudini stesse dei consumatori che stanno cambiando, basti pensare ai capispalla. Prima nel guardaroba masch<strong>il</strong>e c’erano cappotti di diversa foggia. Oggi c’è solo <strong>il</strong> piumino. In generale poi anche i nostri stessi clienti prestano molta più attenzione al prezzo. Questo non significa appiattire l’offerta perché le maison richiedono comunque tessuti che siano diversi dalle proposte che si trovano sul mercato”. Tra la trasformazione delle abitudini d’acquisto dei consumatori, l’apertura verso un mondo sempre più globale e <strong>il</strong> predominio dei meccanismi della distribuzione che detta i tempi, modi, prezzi e volumi degli ordini, <strong>il</strong> tess<strong>il</strong>e italiano è davanti a un futuro incerto. Ma, per chi saprà strutturarsi, potrebbe rivelarsi inaspettatamente proficuo. 2 febbraio 2012 PAMBIANCOWEEK 67
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