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i cantanti lirici - il portale di "rodoni.ch"

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18 <br />

cantante e del palcoscenico. Per contro noi <strong>cantanti</strong> abbiamo un dovere verso <strong>il</strong> pubblico che ci<br />

viene ad ascoltare e vedere: dobbiamo mantenere un aspetto fisico gradevole. Il pubblico già<br />

abituato al cinema e alla televisione pretende qualcosa <strong>di</strong> più, chiede la cre<strong>di</strong>b<strong>il</strong>ità dei personaggi.<br />

C’è stata un’evoluzione del gusto: oggi non si può più cantare e stare sulla scena come<br />

quarant’anni fa, non è permesso, è <strong>il</strong>lecito. Va sempre accoppiata la scena con <strong>il</strong> canto. Prima <strong>di</strong><br />

tutto, per me, l’opera è teatro e allora va curata anche la parte teatrale, perché non è un concerto».<br />

Cosa ne pensa della vali<strong>di</strong>tà del <strong>di</strong>sco come documento?<br />

«Lei ha messo <strong>il</strong> <strong>di</strong>to sulla piaga. Io sono contraria a quella serie <strong>di</strong> <strong>di</strong>schi che sfornano le case<br />

<strong>di</strong>scografiche, nel senso che non riflettono la realtà del teatro e hanno poco a che vedere con <strong>il</strong><br />

teatro vero. Noi adesso siamo <strong>di</strong> fronte a tre o quattro nomi che incidono tutte le opere: fanno tutto<br />

dall’A alla Z. Non <strong>di</strong>scuto sul valore e sulle qualità <strong>di</strong> questi <strong>cantanti</strong>, però non hanno una<br />

copertura con la realtà del teatro. Sono parti che loro possono fare solamente nel <strong>di</strong>sco, mai in<br />

teatro e non so fino a che punto questi valori possano essere vali<strong>di</strong> da “museo”».<br />

La sua voce affidata al <strong>di</strong>sco è una testimonianza valida da lasciare?<br />

«Io ho fatto pochissimi <strong>di</strong>schi anche perché non sono dentro nel mercato del <strong>di</strong>scografico.<br />

Credo che l’unica testimonianza valida del mio canto siano i nastri presi dal vero, perché quando<br />

c’è <strong>il</strong> contatto vivo con <strong>il</strong> pubblico è tutta un’altra cosa. Si può, invece, imparare dai <strong>di</strong>schi dei<br />

gran<strong>di</strong> del passato. Cantanti come Rosa Ponselle, come Caruso stesso, come De Luca, come<br />

l’Arangi Lombar<strong>di</strong>, sono <strong>cantanti</strong> che si possono considerare moderni e attuali anche oggi».<br />

Da questi gran<strong>di</strong> artisti ha preso qualcosa?<br />

«No in quanto ho sempre seguito <strong>il</strong> mio istinto e i limiti naturali della mia voce e, con una voce<br />

limitata, sono riuscita a fare qualcosa».<br />

Incontro un famoso <strong>di</strong>rettore d’orchestra: Francesco Molinari Pradelli (Bologna, 6 luglio<br />

1911 – Marano <strong>di</strong> Castenaso, 8 agosto 1996). Mi riceve nella sua v<strong>il</strong>la a Marano <strong>di</strong> Castenaso, alle<br />

porte <strong>di</strong> Bologna, in un caldo pomeriggio d’estate: 16 luglio 1975. Il Maestro viene ad aprire <strong>il</strong><br />

grande cancello <strong>di</strong> ferro e m’introduce nel sontuoso parco che circonda l’imponente v<strong>il</strong>la d’epoca.<br />

In modo del tutto informale e con grande cor<strong>di</strong>alità ci se<strong>di</strong>amo ad un tavolino ombreggiato da<br />

un gigantesco platano. Aperta, sul tavolo, la partitura <strong>di</strong> Kovancina; tra le pagine spunta una<br />

matita e la bacchetta. Il Maestro mi <strong>di</strong>ce che stu<strong>di</strong>a come se avesse davanti l’orchestra.<br />

Dopo poco arriva un bell’esemplare <strong>di</strong> pastore tedesco che, curioso, mi annusa.<br />

«Non fa niente quando ci sono io, non morde. E’ <strong>il</strong> mio compagno e <strong>il</strong> mio custode». Poi<br />

rivolto al cane or<strong>di</strong>na: «Adesso basta Wotan, va’ a cuccia».<br />

Chiedo, stupito, conferma del nome.<br />

«Sì, l’ho chiamato Wotan! E’ un bel nome per un pastore tedesco … poi – aggiunge sorridendo<br />

– <strong>di</strong>cono che sono un <strong>di</strong>rettore wagneriano …»<br />

Simpatico e caustico, Molinari Pradelli è una <strong>di</strong> quelle persone <strong>di</strong> cui comunemente si <strong>di</strong>ce che<br />

non la manda a <strong>di</strong>re a nessuno. Dicono che abbia un caratteraccio, ma è un ottimo interprete:<br />

sicuro, preciso, determinato. E’ un <strong>di</strong>rettore che porta sempre a casa lo spettacolo, in ogni<br />

situazione; gli artisti e gli orchestrali lavorano bene con lui. E’ un <strong>di</strong>rettore che respira con <strong>il</strong><br />

cantante, lo mette a suo agio, lo accompagna sostenendolo. Questo grande pregio forse gli viene<br />

dal fatto che fischietta tutta l’opera. E’ un fischio strano che non emette suoni, ma restando vicini<br />

si sente: è un soffio modulato sulle note.

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