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i cantanti lirici - il portale di "rodoni.ch"

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<strong>di</strong> fronte a uno specchio a guardarmi! Devi essere consapevole che esprimi una certa cosa che ti<br />

deve venire dall’interno.<br />

Mia sorella tiene <strong>il</strong> conteggio delle opere che ho fatto e, ad oggi, sono arrivato a 179 titoli. Dico<br />

questo perché sono passato attraverso tutte queste esperienze senza mai aver programmato le<br />

espressioni del viso e <strong>il</strong> movimento delle mani. Ormai, data la mia lunga carriera, parlo ai giovani<br />

e per i giovani, né vorrei essere tacciato <strong>di</strong> superbia, ma esiste una sola parola: <strong>il</strong> talento. Come<br />

regista vedo subito nel giovane <strong>il</strong> bagaglio artistico <strong>di</strong> cui <strong>di</strong>spone. Ci sono giovani dotati <strong>di</strong> buona<br />

voce che ripetono molto bene quello che vuole <strong>il</strong> regista, ma non aggiungono nulla <strong>di</strong> personale;<br />

non si nota quella piccola scint<strong>il</strong>la che è <strong>il</strong> talento. Inten<strong>di</strong>amoci: non è che <strong>il</strong> talento ti debba<br />

portare a far cose non richieste, ma <strong>il</strong> talento, se c’è, ti permette <strong>di</strong> aggiungere un respiro,<br />

un’espressione tutto calzante con le <strong>di</strong>rettive del regista, ma tue. Non voglio fare <strong>il</strong> vecchio<br />

brontolone, ma oggi le cose sono molto cambiate. Noi arrivavamo a fare <strong>il</strong> nostro concorsino e poi<br />

venivamo scelti così, in maniera un po’ naïf. Oggi ci sono tante strade per arrivare ai teatri per cui<br />

ci trovi <strong>di</strong> tutto: quelli con la voce senza talento, quelli con talento senza voce e anche quelli con<br />

voce e talento, ma sono pochi».<br />

Dimmi qualcosa sul trucco, visto che è palese la sua maestria anche in questo delicato<br />

settore.<br />

«Anche questa è una buona domanda che mi permette <strong>di</strong> ritornare a quel periodo felice passato<br />

alla scuola della Scala dove c’era un insegnante <strong>di</strong> truccatura. Era un tenore comprimario, Luciano<br />

Della Pergola, maestro nel trucco. Veniva da noi e ci faceva mezza faccia, lasciando a noi<br />

completare l’altra metà. Poi ognuno <strong>di</strong> noi lo faceva secondo <strong>il</strong> talento personale. In carriera ho<br />

fatto sempre da me, perché sono sempre stato portato per <strong>il</strong> <strong>di</strong>segno e la pittura. I problemi<br />

maggiori si incontrano quando, su un viso giovanissimo, devi fare la persona anziana e nella lirica<br />

è una situazione frequente. Nel teatro <strong>di</strong> prosa è più fac<strong>il</strong>e trovare un attore con l’età vicina a<br />

quella del personaggio da interpretare, ma da noi no. Ci vuole la voce fresca e non importa se devi<br />

fare Oroveso, Mosè o l’Inquisitore. Il giovane, io per primo, usa molto colore, troppo. Oggi<br />

andando avanti negli anni ne metto molto poco. Se hai un sopracciglio basso è inut<strong>il</strong>e <strong>di</strong>segnarlo<br />

più alto: l’importante è che si muova».<br />

Incontro Piero Cappucc<strong>il</strong>li (Trieste, 9 novembre 1926 – Trieste, 11 luglio 2005) nel complesso<br />

residenziale Watergate giovedì 16/9/1976. Il celebre baritono triestino è negli USA con una<br />

tournée della Scala. Simpatico e gioviale, mi riceve nel suo appartamento e lì parliamo <strong>di</strong> tutto in<br />

modo assolutamente informale, come due vecchi amici. La voce parlata <strong>di</strong> Cappucc<strong>il</strong>li è molto<br />

gradevole, mantiene la brunitura tipica della sua corda e non parla nel naso per risparmiare la gola.<br />

Gli inizi.<br />

«Ho cominciato a stu<strong>di</strong>are canto per caso. In casa cantavo sempre e uno zio, appassionato <strong>di</strong><br />

lirica mi ha consigliato <strong>di</strong> farmi sentire da un maestro, ma io non ci pensavo. In quegli anni<br />

andavo all’università. Non ero appassionato d’opera e come fa la maggior parte degli studenti<br />

andavo a ballare, conoscevo ragazze e stu<strong>di</strong>avo. Ma lo zio insisteva e allora sono andato a farmi<br />

sentire e <strong>il</strong> maestro <strong>di</strong>sse che avevo una bella voce da baritono, una voce <strong>di</strong> qualità. Allora ho<br />

stu<strong>di</strong>ato per un mese sacrificandomi, perché non mi andava proprio stu<strong>di</strong>are canto. Poi sono<br />

scomparso per tre quattro mesi fino a quando <strong>il</strong> maestro mi telefonò chiedendomi ragione della<br />

fuga. Gli <strong>di</strong>ssi che non potevo, che non avevo tempo con l’università: stu<strong>di</strong>avo architettura. Il<br />

maestro mi <strong>di</strong>sse <strong>di</strong> scegliere: o l’una o l’altra cosa. Tra l’altro, sotto <strong>il</strong> governo m<strong>il</strong>itare alleato, mi<br />

ero anche arruolato in polizia per guadagnare qualcosa che mi permettesse <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>are, ma non <strong>il</strong>

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