02.11.2014 Views

Annual Report - Anno Accademico 2005/06 - Collegio Einaudi

Annual Report - Anno Accademico 2005/06 - Collegio Einaudi

Annual Report - Anno Accademico 2005/06 - Collegio Einaudi

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

s p a z i o a l u m n i<br />

36 37 s p a z i o a l u m n i<br />

Intervista<br />

al Professor<br />

Claudio Magris<br />

Uno dei più notevoli saggisti<br />

contemporanei e dei più geniali studiosi<br />

di letteratura mitteleuropea, erede della<br />

grande tradizione culturale triestina,<br />

è stato ospite del <strong>Collegio</strong> <strong>Einaudi</strong>,<br />

Sezione di Via Galliari, dal 1957 al 1961<br />

Professore, perché ha scelto di risiedere presso il <strong>Collegio</strong><br />

Universitario durante i suoi studi all’università?<br />

Non ho scelto il collegio universitario (quello in cui ho abitato<br />

io è quello di via Bernardino Galliari); ho vinto il concorso<br />

per esservi ammesso, perché volevo studiare Lettere a Torino<br />

e mi sarebbe stato difficile, o meglio lo sarebbe stato per<br />

la mia famiglia, vivere a Torino a mie spese. A parte questo,<br />

mi sono trovato benissimo e il <strong>Collegio</strong> è diventato per quattro<br />

anni il mio mondo e lo è rimasto.<br />

Il <strong>Collegio</strong> ha influenzato la sua vita universitaria? Se sì,<br />

in che modo?<br />

Sì, penso che il <strong>Collegio</strong> abbia influenzato la mia vita universitaria.<br />

Anzitutto la varietà degli amici incontrati, molti<br />

dei quali frequentavano facoltà assai diverse, di cui altrimenti<br />

avrei avuto poca notizia e della cui problematica invece<br />

sono venuto a conoscenza grazie a loro, nelle sere e<br />

nelle chiacchierate e nella assidua frequentazione. Inoltre,<br />

per me il collegio è stato fondamentale per farmi capire, farmi<br />

direi vivere concretamente i nessi tra vita universitaria e<br />

la vita familiare d’origine, nessi diversi a seconda della provenienza<br />

dei vari studenti ma che davano il senso di quello<br />

che era, allora, l’università e la vita universitaria, non solo<br />

sul piano strettamente accademico degli studi, ma come atmosfera<br />

in generale.<br />

...il <strong>Collegio</strong> è diventato per quattro<br />

anni il mio mondo e lo è rimasto.<br />

Cosa ricorda con maggior piacere degli anni passati in<br />

<strong>Collegio</strong>?<br />

Naturalmente ricordo le esperienze di Torino, le amicizie, le<br />

esperienze veramente fondanti, l’incontro per me essenziale<br />

con Torino, che il <strong>Collegio</strong> mi ha permesso. Io venivo da<br />

Trieste e Trieste era la cultura del disincanto, del disagio della<br />

Storia; una città dal grande passato in qualche modo dimenticata,<br />

ai margini, che per molti anni, nel secondo dopoguerra,<br />

era stata una specie di terra di nessuno, nell’incertezza<br />

totale del futuro, incertezza ancora più forte in quegli<br />

anni della guerra fredda in cui l’appartenenza all’Italia o alla<br />

Iugoslavia significava anche, almeno nei primi anni, l’appartenenza<br />

all’Occidente e al mondo di Stalin. Torino era veramente<br />

la grande cultura della Storia, dell’impegno, rispetto<br />

alla cultura triestina del disagio della Storia. In quegli anni<br />

Torino era ancora “la città moderna della penisola”, come<br />

l’aveva definita Gramsci molto tempo prima; viveva a fondo<br />

le trasformazioni sociali che investivano l’Italia e il loro significato<br />

politico-culturale, costringeva a tenere gli occhi aperti<br />

sulla realtà. Torino è stata un’esperienza fondamentale; certamente<br />

senza Torino non sarei cresciuto. A Torino ho imparato<br />

la libertà, ho imparato a pensare, ho imparato pure ad<br />

avere un rapporto intenso ma libero con Trieste. Credo veramente<br />

che, senza l’esperienza torinese, non avrei scritto.<br />

Torino in quegli anni era un po’ l’opposto di Trieste. Trieste<br />

declinava, Torino tra gli anni Cinquanta e gli anni Sessanta<br />

raddoppiava la sua popolazione, diventando un centro pulsante,<br />

nel bene e nel male, di quello che accadeva nella vita<br />

del Paese. Era una città che costringeva a stare al passo con<br />

A Torino ho imparato la libertà,<br />

ho imparato a pensare, ho imparato<br />

pure ad avere un rapporto intenso<br />

ma libero con Trieste. Credo veramente<br />

che, senza l’esperienza torinese,<br />

non avrei scritto.<br />

Il <strong>Collegio</strong> è stato per così dire<br />

la cellula fondamentale di<br />

questa mia esperienza torinese e<br />

piemontese, di questa scoperta,<br />

per me, di un’altra Italia.<br />

la Storia; correggeva il disincanto e la libertà zingaresca e<br />

sonnacchiosa di Trieste. E a Torino, in un fervore che intrecciava<br />

e intreccia lavoro e amicizia, è nata e sussiste una buona<br />

parte della rete degli affetti che costituisce ancora oggi la<br />

mia vita. A Torino è nato il mio primo libro, Il mito absburgico,<br />

un libro che ho scritto, tra i venti e i ventitré anni, anche<br />

o soprattutto al <strong>Collegio</strong>. Un libro che, appena finito, ho<br />

letto, proprio al <strong>Collegio</strong>, in un giorno intero, a Massimo Salvadori;<br />

ricordo quella giornata quasi ebbra di parole, in cui<br />

ci spostavamo dal <strong>Collegio</strong> a un bar e poi di nuovo al <strong>Collegio</strong><br />

e poi di nuovo a un bar, mentre io gli leggevo le mie pagine<br />

e lui le ascoltava, con affetto e severità. Un paio di anni<br />

prima, era successo qualcosa di analogo, con il suo Mito del<br />

buongoverno. Il <strong>Collegio</strong> è stato per così dire la cellula fondamentale<br />

di questa mia esperienza torinese e piemontese,<br />

di questa scoperta, per me, di un’altra Italia.<br />

I rapporti di amicizia consolidatisi durante quegli anni si<br />

sono protratti nel tempo e le sono stati di supporto nella<br />

sua carriera professionale?<br />

Certo, al <strong>Collegio</strong> sono nati e rimasti rapporti di amicizia che<br />

sono ancora adesso legami essenziali, costitutivi della mia<br />

vita. Penso ad amici, di allora e ancor più di oggi (amici che<br />

vedo spesso, cui da Trieste telefono molto spesso, con i quali<br />

facciamo e progettiamo tante cose insieme) quali Massimo<br />

Salvadori, Gianluigi Beccaria, anche Giuseppe Recuperati;<br />

penso al mio grande amico Franco Torcellan che ho conosciuto<br />

proprio al <strong>Collegio</strong>, così immaturamente scomparso.<br />

Questi rapporti mi sono stati certo di supporto alla mia carriera<br />

professionale; non nel senso di quelle conoscenze che,<br />

con dei legami non necessariamente di clan ma di affetto,<br />

favoriscono, magari talora anche ingiustamente, la cosiddetta<br />

carriera. Ma quei rapporti di amicizia si sono tradotti<br />

in tante iniziative comuni; in quegli anni e negli anni immediatamente<br />

successivi, con quegli stessi amici, abbiamo<br />

intrapreso iniziative comuni, abbiamo fondato riviste e fatto<br />

tante altre cose; molti di quegli amici, che ho conosciuto<br />

quali compagni di università, sono stati anche miei colleghi<br />

professori all’università, quando sono diventato prima assistente<br />

e poi professore ordinario di Letteratura Tedesca nella<br />

facoltà di Lettere. Una rete fondamentale, non tanto professionale<br />

ma vitale e affettiva e, in questo senso, anche, ma<br />

indirettamente, professionale.<br />

Cosa amava fare nel tempo libero e quali attività extra<br />

universitarie svolgeva?<br />

Non so bene rispondere a questa domanda perché non ho<br />

mai capito che cosa si intenda per “tempo libero”, parola che<br />

fa venire in mente il cosiddetto e per me stupido hobby. Nel<br />

tempo libero, ossia non sacrificato allo studio, al lavoro, a<br />

qualcosa da fare entro tempi stretti e così via, uno fa quello<br />

che gli sta a cuore; quindi, chiacchierare con gli amici, leggere<br />

quello che gli pare, andare a spasso, in caffè o in birreria,<br />

giocare a carte, fare gite, andare al cinema (durante gli anni<br />

del <strong>Collegio</strong>, andavo quasi sempre ogni sera al Museo del Cinema,<br />

dove ho visto i grandi capolavori classici del cinema.<br />

Poi tornavo al <strong>Collegio</strong> e studiavo fino a notte tarda.<br />

Cosa ha provato quando ha dovuto lasciare il <strong>Collegio</strong>?<br />

Non ho provato malinconia perché sentivo che in qualche<br />

modo non lo lasciavo, lasciavo sì il <strong>Collegio</strong>, ma non quello<br />

che il <strong>Collegio</strong> significava, ossia quegli affetti, quell’amicizia<br />

e quei legami nati anche o soprattutto in <strong>Collegio</strong>.<br />

Consiglierebbe ad uno studente la vita di <strong>Collegio</strong>?<br />

Certo, glielo consiglierei assolutamente; si imparano a conoscere<br />

persone diverse da noi, provenienti da diversi ambienti<br />

sociali, con un’altra formazione, con altri pregi e difetti,<br />

con altri pregiudizi e ideali e così via. S’impara a conoscere<br />

e ad amare la varietà del mondo; si esce dalla endogamia,<br />

sempre asfittica.<br />

S’impara a conoscere e<br />

ad amare la varietà del mondo<br />

In chiusura le chiediamo di dare un consiglio ai giovani<br />

studenti che stanno per iniziare un percorso di studi universitari.<br />

Non saprei proprio quale consiglio dare a uno studente che<br />

entra in questa università alquanto sconcertante, per usare<br />

un eufemismo. Ecco, gli consiglierei di resistere alla mania<br />

dei moduli, dei crediti, dei programmi che fissano il numero<br />

massimo di pagine da leggere per un esame; gli consiglierei<br />

di non considerare l’università come una specie di ente di<br />

assistenza che dà tutto e oltre la quale non c’è da fare nulla,<br />

ma di fare ricerche e letture per conto proprio, anche errabonde,<br />

zingaresche. Gli consiglierei di liberarsi dalla mania<br />

dei crediti ossia dalla stolta pretesa di vedere immediatamente<br />

quantificata, ripagata e monetizzata qualsiasi<br />

attività, come se dovessimo venire immediatamente ricompensati<br />

per la lettura di un bel libro, ricevere punti o crediti<br />

o non so cosa per aver letto un libro o magari visto un film.<br />

Sto andando in pensione, fra un mese, con sette anni di anticipo<br />

e dopo quarantasette anni di servizio, e confesso che<br />

non so bene cosa sia un credito.<br />

Trieste, 21 settembre 20<strong>06</strong>

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!