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<strong>Campo</strong> de’ <strong>fiori</strong><br />
25<br />
Amo ut intelligam. Amo per comprendere<br />
Non posso comprendere<br />
qualcosa<br />
senza rivolgermi<br />
verso quel qualcosa<br />
con un qualche<br />
interesse.<br />
Quello che M.<br />
Heidegger ha chiamato<br />
“cura”.<br />
L’interesse che io<br />
ho e che mi chiede<br />
del Prof.<br />
di rivolgermi verso<br />
Massimo Marsicola il qualcosa è una<br />
forma d’amore,<br />
una sua modalità. S. Anselmo diceva credo<br />
ut intelligam; io dico: amo ut intelligam.<br />
Amo per comprendere.<br />
Ma non c’è contrasto fra queste due posizioni.<br />
Amare è credere.<br />
Amare significa, in questo caso, volgersi<br />
con fiducia verso l’oggetto della mia comprensione<br />
e attendere che questo “mi<br />
parli”. Comprendere è guadagnare terreno<br />
nel campo della comprensione.<br />
Amare significa orientarsi verso l’oggetto<br />
che mi sollecita a crescere nella sua conoscenza.<br />
Non amare significa non comprendere.<br />
Più ancora significa non mettersi<br />
nella condizione di conoscere. Respingere<br />
questa eventualità. La conoscenza<br />
assunta con amore è vera; quella<br />
assunta senza amore è falsa: non è<br />
conoscenza.<br />
Amare è rivolgersi verso l’oggetto<br />
dell’amore. E’ osservarlo intenzionalmente<br />
e viverlo in tutte le sue sfaccettature.<br />
Penetrarlo nei suoi spazi e<br />
nei suoi aspetti più reconditi. Solo se<br />
ami, alla fine, conosci.<br />
Per conoscere ci vuole interesse ed elezione.<br />
La scelta di un oggetto fra gli altri<br />
equivale a prenderlo in considerazione e<br />
nella nostra cura.<br />
Nel mentre lo curo, lo assumo in me e<br />
sempre lo riassumo. Lo assumo e lo riassumo<br />
perché lo amo. Non ci potrebbe<br />
essere posto in me se non per le cose o le<br />
persone che amo. Nulla potrei assumere<br />
se non l’amassi. Suona sempre vero il<br />
detto agostiniano nisi credideritis non<br />
intelligetis. Il credere è una forma d’amore.<br />
Significa fidarsi dell’amato.<br />
Significa affidarsi all’amato. Significa cioè<br />
cedere una parte della nostra attenzione,<br />
della nostra cura, della nostra comprensione…significa<br />
affidarsi; mettersi un po’<br />
anche nelle sue mani.<br />
Per potermi volgere verso un qualcosa<br />
devo pur sempre credere che quel qualcosa<br />
mi darà un utile, un guadagno.<br />
E il guadagno che trarrò è cosa buona per<br />
me, buona come è buono il credere.<br />
Amo per comprendere. Amo con l’amore<br />
che è in me.<br />
Comprendo con l’anima mia. Veritas in<br />
interiore homini est (S. Agostino).<br />
Per comprendere è necessario<br />
che io esca da me, che<br />
elegga gli oggetti della<br />
mia esperienza e<br />
che ritorni in me.<br />
E’, in un certo<br />
qual modo,<br />
quello che<br />
diceva Hegel:<br />
idea, natura e<br />
spirito. Ma<br />
anche le peripezie<br />
della<br />
coscienza nella<br />
Fenomenologia<br />
dello spirito. E si<br />
potrebbe anche<br />
richiamare Bergson.<br />
Io mi oriento seguendo<br />
uno slancio, verso ciò che considero<br />
bello, buono e utile a me. Il punto è<br />
che non posso in alcun modo non orientarmi.<br />
Il rifiuto non rientra nelle mie possibilità.<br />
E’ l’intenzionalità della coscienza di<br />
cui ha parlato Husserl. La fede è l’ambito<br />
entro il quale prende corpo lo stimolo a<br />
conoscere(Popper). Il mondo è il luogo<br />
necessario alla mia coscienza per fare<br />
esperienza. L’esperienza del mondo è<br />
necessaria al mio spirito per edificarsi.<br />
L’edificazione dello spirito è quella che noi<br />
chiamiamo conoscenza. Coordinata da un<br />
io-coscienza legato, nella parola e mediante<br />
il linguaggio, alla memoria, all’intelletto<br />
e alla ragione. Coscienza che è tutt’uno<br />
con il logos che è in me. Logos per il quale<br />
sono simile a Dio. Logos che è tutt’uno con<br />
la fede. Fede che è tutt’uno con il mio pensiero.<br />
Pensiero, che in me, è tutt’uno con<br />
quell’essere che io sono. Io sono, infatti,<br />
ciò che penso. L’orientamento della<br />
mia coscienza verso l’oggetto da conoscere<br />
è dovuto in parte alla verità che mi<br />
manca e in parte dalla verità che mi spinge.<br />
La verità che mi spinge è in me sin dall’inizio.<br />
La verità che mi manca è quella<br />
mediante la quale debbo edificare il mio<br />
spirito a partire dalla verità che mi spinge.<br />
L’assenza in me della verità è la condizione<br />
necessaria per potermi rivolgere verso<br />
le cose da conoscere.<br />
L’essere, da sempre, è anche come ciò che<br />
manca. Per questo Pietro Prini lo ha definito<br />
ambiguo. Le cose conosciute<br />
implementano in me la verità:<br />
quella che mi spingerà<br />
di nuovo verso il da<br />
conoscere. Dunque,<br />
in un certo senso<br />
la verità è presente<br />
in me e in un<br />
altro senso non<br />
è presente.<br />
Colmo questo<br />
gap con l’amore<br />
che mette in<br />
moto le facoltà<br />
dell’anima per<br />
averla. Amore e<br />
verità. Caritas in veritate<br />
(Benedetto XVI). Se<br />
rispetto la spinta della verità<br />
verso la verità, do il giusto seguito<br />
a ciò che Dio mi chiede.<br />
Compio così anche un atto di giustizia.<br />
Giustizia, amore e verità, diceva<br />
Giovanni Paolo II, sono le colonne<br />
necessarie a sostenere il peso della<br />
pace. Se sono capace di questo sono un<br />
uomo di pace. Si comprenderà che è giustizia<br />
compiere atti di giustizia.<br />
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