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02 frontespizio - Richard & Piggle

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24 D. Lucarelli: Prima della tempesta? La prepubertà: problematiche psichiche e approccio clinico<br />

ciando, quindi, un’idea dello sviluppo visto come un processo continuo, non<br />

lineare, nel quale ogni fase del ciclo vitale fornisce importanti contributi a<br />

quella successiva (Bonaminio, Di Renzo, 2001), possiamo certo convenire che<br />

una divisione in fasi dello sviluppo è una pura astrazione e che, se essa può<br />

pur esserci utile a semplificare l’osservazione delle caratteristiche di ogni<br />

periodo, se presa troppo alla lettera, rischia di farci perdere l’estrema complessità<br />

del percorso di crescita, che non sarà mai lineare e che non può certo<br />

essere costituito da una semplice successione di fasi. Ricorrendo ora, per aiutare<br />

la rappresentazione di tale percorso, a una figura metrica, potremmo dire<br />

che, nel processo di sviluppo, si verifica continuamente quello che nella poesia<br />

è chiamato un enjambement, cioè la mancata coincidenza della lunghezza<br />

del verso con il nesso sintattico della frase. Vale a dire, che non vi è mai una<br />

completa coincidenza della fase con i processi specifici di essa, in quanto essi<br />

possono essere anticipati o posticipati, a seconda dei casi, protraendosi anche<br />

nella o nelle fasi successive oppure precedendo l’inizio della fase stessa. In tal<br />

modo, se volessimo rappresentare le fasi dello sviluppo come segmenti di<br />

colori diversi, il processo, invece di essere rappresentato da una linea fatta di<br />

tanti colori giustapposti, potrebbe forse assomigliare di più ad una linea dai<br />

colori che si accavallano, si sovrappongono, o in altri momenti si susseguono,<br />

creando un continuum variegato e multicolore. I tratti di passaggio da un<br />

colore all’altro risulterebbero essere proprio quelli nei quali la sovrapposizione<br />

è maggiore e nei quali, quindi, la quantità di colori più variegata.<br />

Freud (1905, pag. 515), nel capitolo su “Le trasformazioni della pubertà”<br />

scriveva: “Il punto di partenza e lo scopo finale del processo sono chiaramente<br />

visibili. I passaggi intermedi sono per molti versi ancora oscuri. Dobbiamo<br />

riconoscere che più d’uno rimane un enigma irrisolto”. Le dinamiche<br />

interne della latenza e dell’edolescenza hanno le loro forme e, in passato, vi<br />

sono state delle idee piuttosto definite sul loro inizio, il loro svolgersi, la loro<br />

fine. Attualmente, la visione si è notevolmente complessizzata e si è visto<br />

che le forme di un periodo possono andare ben al di là dei suoi confini cronologici.<br />

Così, da un lato, come F. Ladame (2003), si può parlare di eterni<br />

adolescenti, e, dall’altro, come P. Denis (2001), ci si può riferire al funzionamento<br />

“stupido”, il modo in cui gli autori francesi descrivono il funzionamento<br />

mentale preadolescenziale, come qualcosa che può accompagnare<br />

tutta la vita. Il tentativo di superamento delle nozioni di periodo o di stadio<br />

ha portato anche alla creazione di concetti come quello di “posizione di<br />

latenza” o di “posizione di adolescenza” adatti a rendere conto delle trasformazioni<br />

psichiche che si situano anche al di fuori delle età che li accompagnano<br />

abitualmente. Si può, quindi, derivare da tutto ciò che i momenti di<br />

transizione, o quelli che preannunciano una transizione da una fase all’altra,<br />

sono quelli forse più complessi da vivere e da descrivere.<br />

Ci troviamo qui, oggi, ad occuparci di quel periodo che unisce (o separa)<br />

la latenza all’adolescenza per cercare di delinearne alcune caratteristiche<br />

principali, consapevoli che l’ambito di cui ci occupiamo è estremamente sfu-<br />

<strong>Richard</strong> e <strong>Piggle</strong>, 16, 1, 2008

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