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02 frontespizio - Richard & Piggle

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D. Lucarelli: Prima della tempesta? La prepubertà: problematiche psichiche e approccio clinico 41<br />

Prima della tempesta?<br />

La prepubertà: problematiche psichiche<br />

e approccio clinico<br />

DANIELA LUCARELLI<br />

“Trouver n’est rien. Le difficile est<br />

de s’ajouter ce qu’on trouve”<br />

Paul Veléry<br />

I. “... Ancora un minuto e Harry avrebbe compiuto undici anni. Tre, due,<br />

uno, bum! Tutta la catapecchia fu scossa da un brivido e Harry saltò su a<br />

sedere di scatto fissando la porta. Fuori c’era qualcuno, che bussava chiedendo<br />

di entrare”. Così sta per cambiare totalmente la vita di Harry Potter,<br />

il protagonista ormai conosciuto da tutti, dei romanzi di Joanne K. Rowling,<br />

che ha vissuto i suoi primi dieci anni al numero 4 di Privet Drive, con i suoi<br />

zii “Babbani”, vale a dire persone “senza neanche una goccia di mago nelle<br />

vene”. Harry non sa nulla della sua famiglia di origine: gli è stato raccontato<br />

che i genitori sono morti in un incidente, quando era piccolo, e che lui si è<br />

salvato. È come se l’intensità e la vivezza del suo lontano passato fossero<br />

rimasti occultati “in latenza” ed ora stessero per riemergere, riaccendendolo<br />

di nuova emozionalità alla luce degli avvenimenti che stanno per verificarsi.<br />

Ora, all’arrivo dei suoi undici anni si ripresenta un aspetto della sua realtà<br />

interna, la sua natura di mago: la magia si presenta come la vera vita, mentre<br />

il mondo dei ‘Babbani’, i non-maghi, appare monotono e privo di sorprese.<br />

Ho pensato di utilizzare i romanzi di Harry Potter (soprattutto i primi<br />

tre) 1 per descrivere, attraverso le rappresentazioni metaforiche che ne ven-<br />

1 Rowling JK (1998). Harry Potter e la camera dei segreti. Milano: Salani, 1999.<br />

Rowling JK (1999). Harry Potter e la pietra filosofale. Milano: Salani, 2000.<br />

Rowling JK (2000). Harry Potter e il prigioniero di Azkaban. Milano: Salani, 2000.<br />

<strong>Richard</strong> e <strong>Piggle</strong>, 16, 1, 2008


22 D. Lucarelli: Prima della tempesta? La prepubertà: problematiche psichiche e approccio clinico<br />

gono date dall’autrice, le fantasie, le angosce, i desideri che animano il<br />

mondo interno dei ragazzi e delle ragazze nella preadolescenza, in quanto<br />

essi mi sono apparsi una fonte ricchissima di suggestioni e si può ben comprendere<br />

come possano essere divenuti il più grande successo editoriale<br />

della letteratura per ragazzi degli ultimi anni. Come tutti sanno, i romanzi<br />

pubblicati sono sette. Essi narrano le vicende di Harry Potter, a partire dal<br />

suo undicesimo compleanno e giungono fino ai diciotto anni: un libro per<br />

anno. Per tale ragione, ai fini dell’interesse di questo specifico contributo,<br />

considererò prevalentemente i primi tre volumi, dai quali ho tratto alcune<br />

delle situazioni narrate tra le moltissime contenute nei libri, scegliendole<br />

tra quelle che mi sono sembrate più adatte a rappresentare il mondo emotivo<br />

e le fantasie dei preadolescenti. I romanzi devono sicuramente la loro<br />

enorme diffusione, oltre allo stile narrativo vivace e avvincente e alla ricchissima<br />

fantasia delle avventure narrate, anche alla ricchezza metaforica<br />

con la quale sono espressi l’evolversi delle vicende dello sviluppo emozionale<br />

della preadolescenza e dell’adolescenza. Ben conosciamo l’importanza, per i<br />

bambini e per i ragazzi, del ruolo delle storie inventate per governare i loro<br />

affetti, come sottolineano, tra gli altri, Bettelheim (1975) e Sarnoff (1976).<br />

Un’acuta descrizione sotto forma di metafora, del mondo interno e dei<br />

suoi conflitti offre probabilmente ai giovani lettori preadolescenti e adolescenti<br />

la possibilità di identificarsi con il protagonista, condividendone le<br />

inquietudini; lenendo le loro ansie (il percorso da compiere è difficile ma non<br />

impossibile) li fa sorridere delle loro difficoltà sdrammatizzando le paure e<br />

dando sollievo ai sensi di colpa che accompagnano l’emergere di fantasie e<br />

di nuove spinte pulsionali. Attraverso sfide continue Harry ricava dalle<br />

esperienze traumatiche lezioni di sopravvivenza: impara a riconoscere i<br />

segnali di pericolo e ad individuare il tipo di difesa da attivare per agire tempestivamente<br />

(Székács, 2004). Il mondo della magia, l’apprendistato da<br />

mago non sono, nei romanzi, intesi nel senso dell’onnipotenza che perde di<br />

vista la realtà, ma anzi rappresentano un mondo che funziona ed è organizzato<br />

come quello reale: il gruppo, la scuola, le lezioni, gli esami, il gioco di<br />

squadra che appassiona, il Quidditch, ma tutto con qualcosa in più, la<br />

magia. I ragazzi vivono ad Hogwarts che potrebbe essere un normale college<br />

se non fosse per tutte le magie che lo fanno diventare un luogo imprevedibile<br />

e stupefacente. Il mondo della magia ben si presta a rappresentare<br />

quella situazione desiderata e temuta al tempo stesso, che incuriosisce e<br />

crea aspettative, ma che si teme possa essere portatrice anche di pericoli<br />

imprevedibili, di fronte alla quale ci si sente impreparati e sbigottiti, che,<br />

nello sviluppo, è rappresentata dall’arrivo della pubertà con i cambiamenti<br />

interni ed esterni che comporta. Questo indica la voce spaventata di Dudley,<br />

il cugino di Harry, che grida alla mamma, mentre Harry si prende gioco di<br />

lui minacciandolo di fare un incantesimo: “Mamma! Harry sta facendo<br />

quella cosa lì!”, utilizzando la stessa forma espressiva con la quale si riferirebbe<br />

alla masturbazione.<br />

<strong>Richard</strong> e <strong>Piggle</strong>, 16, 1, 2008


D. Lucarelli: Prima della tempesta? La prepubertà: problematiche psichiche e approccio clinico 23<br />

Importante, nei romanzi, è il gruppo, composto da ragazzi e ragazze, tra<br />

i quali si sviluppano rapporti di amicizia, solidarietà, tenera simpatia, ma<br />

anche rivalità e aggressività. Tra i più presenti ne ricordiamo alcuni: Ron, il<br />

piccolo di una numerosa famiglia di maghi, è il preadolescente che deve difendersi<br />

dall’atteggiamento troppo protettivo e infantilizzante della madre. Hermione,<br />

che viene da una famiglia di ‘babbani’, la ragazzina studiosa, che non<br />

può infrangere nemmeno una regola, evidentemente alle prese con il suo processo<br />

di autonomizzazione che comporta l’internalizzazione del Super Io e<br />

l’assunzione delle proprie responsabilità: è apparentemente interessata solo<br />

al libri e all’apprendimento di magie e incantesimi nei quali è espertissima.<br />

Neville, allevato da una nonna strega, con il suo animaletto, il rospo Oscar;<br />

tutti insieme formano un gruppetto molto solidale. Potremmo dire che essi<br />

rappresentano quei ragazzi maggiormente in contatto con gli aspetti più fragili<br />

e insicuri, quelli che hanno più facilità a integrare gli aspetti regressivi e<br />

passivi. Draco Malfoy con il suo gruppetto sono, invece, i ragazzi più spavaldi<br />

e aggressivi, continuamente sull’orlo della provocazione e della rissa, che<br />

sembrano rappresentare quelli narcisisticamente più fragili, che mostrano<br />

maggiore difficoltà a fronteggiare le spinte regressive ed a mantenersi in contatto<br />

con la loro parte ancora infantile e immatura, nonché con i bisogni di<br />

passività e tenerezza che devono respingere massicciamente con atteggiamenti<br />

onnipotenti, diremmo oggi, di “bullismo” (non a caso il padre di Draco<br />

Malfoy era stato legato al mago malvagio Voldemort, di cui parleremo in<br />

seguito). Questo il gruppo dei ragazzi, insieme a Harry Potter protagonisti<br />

delle avventure di Hogwarts, dove si svolge la loro esperienza di preparazione<br />

all’uso della magia, dove vivono la loro preadolescenza con tutte le fantasie,<br />

i desideri, le angosce, le paure, le aspettative che la caratterizzano.<br />

Lasciamo, ora, momentaneamente da parte il nostro protagonista Harry<br />

Potter e il suo gruppo per delineare brevemente quale possa essere la situazione<br />

psichica ed emotiva nella quale si vengono a trovare i ragazzi e le<br />

ragazze verso il tramonto della latenza. Sappiamo, già a partire da Freud<br />

(1905) come il relativo equilibrio che si era raggiunto nel periodo di latenza<br />

viene interrotto dai cambiamenti biologici della pubertà, nel corso della quale<br />

gli impulsi sessuali genitali si intensificano e le zone erogene vengono ulteriormente<br />

subordinate al primato genitale. Ma come si succedono le tappe del<br />

processo evolutivo? Il modo di rappresentarne lo svolgimento è molto cambiato<br />

nel tempo. Nel passato, se ne dava una rappresentazione molto rassicurante,<br />

quale ritroviamo, ad esempio, nelle stampe popolari francesi di Épinal,<br />

un susseguirsi di tappe della durata di dieci anni: l’infanzia,<br />

l’adolescenza, la giovinezza, l’età adulta, ecc. Quelle ingenue illustrazioni<br />

davano l’idea che l’esistenza seguisse il suo corso in modo fisso così come un<br />

treno percorre, senza anticipo né ritardo, sempre la stessa distanza da una<br />

stazione all’altra fino alla meta finale. La nostra visione attuale ci fa, invece,<br />

dire che le cesure e le tappe non sono mai stabilite nel corso della vita e che<br />

né lo sviluppo né l’invecchiamento sono mai fissati in modo definito. Abbrac-<br />

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ciando, quindi, un’idea dello sviluppo visto come un processo continuo, non<br />

lineare, nel quale ogni fase del ciclo vitale fornisce importanti contributi a<br />

quella successiva (Bonaminio, Di Renzo, 2001), possiamo certo convenire che<br />

una divisione in fasi dello sviluppo è una pura astrazione e che, se essa può<br />

pur esserci utile a semplificare l’osservazione delle caratteristiche di ogni<br />

periodo, se presa troppo alla lettera, rischia di farci perdere l’estrema complessità<br />

del percorso di crescita, che non sarà mai lineare e che non può certo<br />

essere costituito da una semplice successione di fasi. Ricorrendo ora, per aiutare<br />

la rappresentazione di tale percorso, a una figura metrica, potremmo dire<br />

che, nel processo di sviluppo, si verifica continuamente quello che nella poesia<br />

è chiamato un enjambement, cioè la mancata coincidenza della lunghezza<br />

del verso con il nesso sintattico della frase. Vale a dire, che non vi è mai una<br />

completa coincidenza della fase con i processi specifici di essa, in quanto essi<br />

possono essere anticipati o posticipati, a seconda dei casi, protraendosi anche<br />

nella o nelle fasi successive oppure precedendo l’inizio della fase stessa. In tal<br />

modo, se volessimo rappresentare le fasi dello sviluppo come segmenti di<br />

colori diversi, il processo, invece di essere rappresentato da una linea fatta di<br />

tanti colori giustapposti, potrebbe forse assomigliare di più ad una linea dai<br />

colori che si accavallano, si sovrappongono, o in altri momenti si susseguono,<br />

creando un continuum variegato e multicolore. I tratti di passaggio da un<br />

colore all’altro risulterebbero essere proprio quelli nei quali la sovrapposizione<br />

è maggiore e nei quali, quindi, la quantità di colori più variegata.<br />

Freud (1905, pag. 515), nel capitolo su “Le trasformazioni della pubertà”<br />

scriveva: “Il punto di partenza e lo scopo finale del processo sono chiaramente<br />

visibili. I passaggi intermedi sono per molti versi ancora oscuri. Dobbiamo<br />

riconoscere che più d’uno rimane un enigma irrisolto”. Le dinamiche<br />

interne della latenza e dell’edolescenza hanno le loro forme e, in passato, vi<br />

sono state delle idee piuttosto definite sul loro inizio, il loro svolgersi, la loro<br />

fine. Attualmente, la visione si è notevolmente complessizzata e si è visto<br />

che le forme di un periodo possono andare ben al di là dei suoi confini cronologici.<br />

Così, da un lato, come F. Ladame (2003), si può parlare di eterni<br />

adolescenti, e, dall’altro, come P. Denis (2001), ci si può riferire al funzionamento<br />

“stupido”, il modo in cui gli autori francesi descrivono il funzionamento<br />

mentale preadolescenziale, come qualcosa che può accompagnare<br />

tutta la vita. Il tentativo di superamento delle nozioni di periodo o di stadio<br />

ha portato anche alla creazione di concetti come quello di “posizione di<br />

latenza” o di “posizione di adolescenza” adatti a rendere conto delle trasformazioni<br />

psichiche che si situano anche al di fuori delle età che li accompagnano<br />

abitualmente. Si può, quindi, derivare da tutto ciò che i momenti di<br />

transizione, o quelli che preannunciano una transizione da una fase all’altra,<br />

sono quelli forse più complessi da vivere e da descrivere.<br />

Ci troviamo qui, oggi, ad occuparci di quel periodo che unisce (o separa)<br />

la latenza all’adolescenza per cercare di delinearne alcune caratteristiche<br />

principali, consapevoli che l’ambito di cui ci occupiamo è estremamente sfu-<br />

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mato e poco definito, anche nel nome. Si parla, infatti, di preadolescenza o<br />

di prepubertà, mettendo l’accento piuttosto su ciò a cui ci si prepara, verso<br />

cui si va incontro, non considerando la fase nella quale ancora ci si trova e<br />

che fornisce il nutrimento psichico ai processi che si stanno avviando. L’attesa<br />

è tutta per ciò che dovrà accadere.<br />

Con il termine preadolescenza si descrivono, per lo più, le complesse<br />

sfaccettature psicologiche ed evolutive del periodo cronologico che comprende<br />

gli anni che precedono la pubertà, che, a dire dei pediatri, attualmente<br />

tende frequentemente a collocarsi in un’età sempre più precoce, con<br />

la preoccupante conseguenza di tempi necessari per l’instaurarsi di un processo<br />

di latenza sempre più brevi.<br />

Questi aspetti psicologici ed evolutivi comprendono anche i compiti psicologici<br />

implicati nell’adattamento alla maturità sessuale, ma non sono solo<br />

limitati a questi. Molti autori hanno contribuito all’elaborazione del significato<br />

delle trasformazioni corporee della pubertà. L’intervento intrapsichico<br />

di questo estraneo è stato sottolineato, ad esempio, ampiamente dai Laufer<br />

(1989) con l’elaborazione del concetto di “fantasia masturbatoria centrale”,<br />

da Cahn (1998) che sottolinea il senso del perturbante legato alla comparsa<br />

del corpo genitale che è inizialmente sentito come “estraneo anche rispetto<br />

alle relative sicurezze della latenza ed estraneo agli adulti che, dopo un<br />

tempo indeterminabile, egli dovrà un giorno, raggiungere”, da J.J. Baranès<br />

(2003), che, ad esempio, intitola un lavoro: “Estraneo a se stesso”, da Gutton<br />

(1991), che parla di ‘ipocondria genitale’. Secondo G. Bayle (2004), inoltre,<br />

la preadolescenza fa riemergere o rinforza le problematiche della latenza in<br />

funzione dell’avvicinarsi del secondo tempo della castrazione. Questo non<br />

annuncerebbe ora la minaccia della presenza fisica di un padre potente e<br />

potenzialmente castrante come avveniva nell’infanzia, ma quella di un<br />

estraneo, quale è vissuto inizialmente un corpo sessualmente e muscolarmente<br />

potente: questa è la minaccia che caratterizza la preadolescenza e che<br />

si realizzerà con l’adolescenza. Sappiamo come questa sia un’età, nella<br />

quale, in relazione alle incipienti e annunciate trasformazioni puberali, le<br />

basi narcisistiche possono essere destabilizzate e le problematiche relative<br />

alla rappresentazione di sé possano prendere un posto consistente. La crescita<br />

fisica, inoltre, con l’aumento rapidissimo della statura prima della<br />

pubertà – talvolta dieci o più centimetri in un anno – può facilmente generare<br />

un sentimento di estraneità a se stessi.<br />

La nozione di preadolescenza non conosce un grande successo teorico: la<br />

si utilizza soprattutto nella clinica. Tra latenza e adolescenza, essa tende a<br />

volte da un lato, a volte dall’altro e sembra, spesso, non essere che un incrocio<br />

o un passaggio le cui caratteristiche specifiche vengono riferite o a ciò che<br />

la precede o a ciò che la segue. Così si parla più volentieri di preadolescenza<br />

quando le patologie si riferiscono a dei fallimenti o a delle trasformazioni sia<br />

della fine della latenza, sia dell’inizio dell’adolescenza. Ma vi sono anche<br />

alcuni adulti che potrebbero essere chiamati “preadolescenti” in alcuni<br />

<strong>Richard</strong> e <strong>Piggle</strong>, 16, 1, 2008


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momenti nei quali il loro modo di funzionare fa pensare a questa età. Attualmente<br />

sembra che tutti siano dell’idea che si dovrebbero fare delle distinzioni<br />

fra preadolescenza e adolescenza così come fra prepubertà e pubertà.<br />

Pubertà e prepubertà si riferiscono a criteri fisiologici, anatomici e ormonali<br />

della maturazione sessuale. La prepubertà inizia con la comparsa dei caratteri<br />

sessuali secondari, compresi quelli non rilevabili visivamente.<br />

Gutton ha, a questo riguardo, utilmente introdotto il concetto di ‘pubertario’<br />

per indicare ciò che per la psiche è l’equivalente di quello che la<br />

pubertà è per il corpo. Vale a dire il lavoro psichico che accompagna le trasformazioni<br />

della pubertà che possono essere sentite come traumatiche per<br />

il sentimento di estraneità con il quale vengono percepite le trasformazioni<br />

puberali e, contemporaneamente, per l’emergere di una nuova pulsionalità,<br />

rivolta al “diventare grande”, al “crescere” che altera dall’interno l’equilibrio<br />

narcisistico fin lì acquisito. Se il pubertario – come dice Gutton (2000) – è<br />

nella confusione delle lingue (Ferenczi, 1932), ovvero prende forma dalla<br />

riduzione dello scarto tra la tenerezza infantile e la passione che fino ad<br />

allora era propria degli adulti e che adesso diventa propria, allora “i processi<br />

in corso si pongono tra l’oblio della prima e la scoperta della seconda”.<br />

Potremmo, allora, forse, definire come “prebubertario” la situazione psichica<br />

che accompagna l’avviarsi di questi processi.<br />

Il periodo che precede l’inizio dell’adolescenza può essere caratterizzato<br />

dal timore di ciò che si teme di dover abbandonare, non avendo ancora ottenuto<br />

ciò che deve acquisire: vi è la paura di perdere gli equilibri conquistati<br />

nella latenza (fra Super Io ed Io, fra pulsioni e difese) senza la sicurezza di<br />

trovare i vantaggi attesi. Vi è la paura di perdere la tenerezza, i vizi, i giochi<br />

festosi, le sapienti acquisizioni, la vivacità, l’agilità, uno stato sociale privilegiato,<br />

la paura di poter non avere accesso alla soddisfazione dei bisogni<br />

della sessualità, del contatto con il proprio corpo sessuato (come funziona?)<br />

e di quello dell’altro/a (come è fatto/a?), la paura dei bisogni che si affacciano<br />

con l’arrivo delle competizioni, con la perdita del gruppo che si era costituito<br />

nella latenza, con il sentirsi soli contro tutti. È un periodo piuttosto breve che<br />

è preparato dai cambiamenti precedenti e che prepara quelli che dovranno<br />

avvenire. Non ha un proprio contenuto ma, potremmo dire con G. Bayle, che<br />

“si articola tra paura di abbandono e paura di castrazione” (2004, pag.325).<br />

Il modo in cui il ragazzo/a affronta l’impatto dell’aumentata secrezione ormonale,<br />

dell’accresciuta pressione pulsionale e dell’alterato equilibrio tra le<br />

strutture psichiche è significativamente determinato dal grado con cui,<br />

durante la latenza, l’Io si è integrato, stabilizzato ed è diventato autonomo.<br />

P. Blos (1962), ci ricordano Bonaminio e Di Renzo (2001), considera che ciò<br />

che accade all’Io e con l’Io in latenza determina come verrà sviluppato il passaggio<br />

adolescenziale. Il prerequisito per entrare nella fase adolescente dell’organizzazione<br />

istintuale e dell’Io sta nel consolidarsi del periodo di latenza,<br />

altrimenti il ragazzo che sta per divenire pubere sperimenta un semplice<br />

intensificarsi delle caratteristiche anteriori alla latenza, mostrando compor-<br />

<strong>Richard</strong> e <strong>Piggle</strong>, 16, 1, 2008


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tamenti infantili tipici di un arresto dello sviluppo piuttosto che di una<br />

regressione (P. Blos, 1959). È utile, quindi, definire quali sono i traguardi<br />

essenziali della latenza che costituiscono una precondizione per un progresso<br />

riuscito verso l’adolescenza. Nel lavoro analitico con i preadolescenti daremo<br />

particolare attenzione a quei deficit della latenza che preludono i conflitti<br />

specifici dell’adolescente. Il periodo di latenza è stato, come sappiamo, negli<br />

ultimi tempi oggetto di nuovi studi e di un recente convegno, 2 che ci ha fatto<br />

vedere come esso vada al di là delle definizioni classiche e come i processi che<br />

lo animano non siano poi così tranquilli. La latenza (Bornstein, 1951) inizierebbe<br />

con la risoluzione parziale del complesso edipico che dovrebbe condurre,<br />

attraverso l’identificazione con gli oggetti edipici alla costituzione del<br />

Super Io. Tutto il periodo è caratterizzato dalla funzione del Super Io, ma le<br />

caratteristiche si modificano nel corso del tempo e se,in una prima fase, i<br />

meccanismi di autoregolazione sono nuovi e poco affidabili, gli investimenti<br />

più mobili e le difese in corso di elaborazione, nell’ultimo periodo le difese<br />

contro le pulsioni divengono più affidabili e cominciano a fissarsi, il Super Io<br />

diviene meno severo e l’Io più forte. Sappiamo che in latenza la pressione<br />

delle pulsioni sessuali non diminuisce e che, quindi, le modificazioni che<br />

sopravvengono si spiegano piuttosto con una modificazione della modalità di<br />

scarica (Sarnoff, 1971). Attualmente osserviamo che i ragazzi si trovano a<br />

dover fronteggiare situazioni che possono rendere più difficile lo svolgersi dei<br />

processi necessari a traghettare dalla latenza all’adolescenza. Infatti, ci troviamo<br />

in un’epoca, nella quale i rituali scolastici e religiosi che accompagnavano<br />

significativamente, in passato, il passaggio d’età dalla latenza all’adolescenza<br />

hanno perso gran parte della loro importanza e nella quale i ragazzi<br />

sono continuamente esposti alla sessualità degli adulti che, attraverso i<br />

media, invade la vita sociale e familiare. Essi sono, quindi, minacciati nei<br />

tempi a loro necessari per lo svolgersi delle trasformazioni psichiche preadolescenziali<br />

e si trovano a sentire insufficiente la loro capacità di rimozione<br />

e, a volte, non possono fare a meno di ricorrere alla negazione per contenere<br />

l’eccitazione, con il rischio difensivo dell’inibizione o dell’esibizione.<br />

Nella preadolescenza i compiti evolutivi ruotano intorno alla padronanza<br />

psicologica delle trasformazioni fisiologiche che cominciano ad avvenire<br />

all’interno del corpo, dei cambiamenti della rappresentazione di sé e<br />

delle modificazioni dei rapporti familiari e con i coetanei. L’Io si trova in uno<br />

stato di forte tensione. Le pulsioni sessuali e aggressive si rafforzano con la<br />

2 Nel giugno 2000 ha avuto luogo il Convegno Annuale del Corso di Psicoterapia Psicoanalitica<br />

del Bambino, dell’Adolescente e della Coppia dal titolo: “Latenza: stato psichico o processo?<br />

Percorsi trasformativi e considerazioni tecniche”. Molti dei lavori presentati sono pubblicati<br />

su: <strong>Richard</strong> e <strong>Piggle</strong> 9, 2, 2001. Roma: Il Pensiero Scientifico Editore.<br />

<strong>Richard</strong> e <strong>Piggle</strong>, 16, 1, 2008


28 D. Lucarelli: Prima della tempesta? La prepubertà: problematiche psichiche e approccio clinico<br />

maturità biologica, per cui le difese e le misure adattative della fase precedente<br />

possono rivelarsi inadeguate, derivandone, in tal modo, una nuova e<br />

più intensa qualità pulsionale all’attività psichica. Quando la spinta pubertaria<br />

squalifica il dispositivo messo in atto nel periodo di latenza, si crea uno<br />

squilibrio nell’economia narcisistica dei ragazzi. I rapidi e continui cambiamenti<br />

corporei richiedono una costante revisione dell’immagine corporea e<br />

della rappresentazione di sé. Emergono conflitti narcisistici collegati alle<br />

trasformazioni corporee, dal momento che le immagini ideali di sé possono<br />

non corrispondere alla percezione dei cambiamenti corporei. Di conseguenza<br />

le reazioni affettive al proprio corpo sono molto instabili e possono andare<br />

dall’orgoglio e dall’euforia alla vergogna e al sentimento di inferiorità. La<br />

frequente disarmonia che appare nei ragazzi di questa età, che mostrano<br />

contemporaneamente aspetti ancora infantili insieme ad altri già adolescenziali,<br />

corrisponde internamente ad una situazione di particolare subbuglio<br />

nella quale gli assetti interni raggiunti nella latenza costituiscono<br />

ancora i punti di forza e di sostegno, ma contemporaneamente cominciano<br />

ad essere sentiti come inadeguati e impresentabili. Le trasformazioni biologiche<br />

e la maturazione fisica sono accompagnate, quindi, da un’intensificazione<br />

dei preesistenti conflitti. La maturazione fisica è il segno esteriore che<br />

il ragazzo/a sta diventando come il genitore dello stesso sesso. I compiti relativi<br />

all’identità di genere emergono contemporaneamente al riemergere di<br />

vecchie identificazioni e idealizzazioni ma il rafforzarsi delle identificazioni<br />

con il genitore può, a volte, accentuare il conflitto interno e minacciare la<br />

ripresa della dipendenza. Tutta una gamma di investimenti molto valorizzati,<br />

basati su scambi particolari con i genitori, con la scuola, con le attività<br />

fantasmatiche, si sgretola, mentre il gioco deve essere rapidamente rimpiazzato<br />

dalle cose della realtà. Il vecchio sistema di vita perde valore, mentre<br />

le soluzioni dell’equilibrio adulto sembrano ancora inaccessibili (Denis,<br />

2001). È un periodo di transizione caratterizzato da una diffusa inquietudine,<br />

regressione e instabilità dell’umore e del temperamento, nel corso del<br />

quale gli affetti e il comportamento diventano più fluidi e imprevedibili. In<br />

questa fase un notevole incremento della labilità affettiva e delle oscillazioni<br />

dell’umore, accanto ad un atteggiamento facilmente imbronciato e sulle<br />

difensive, è praticamente universale, a segnalare la tensione psichica che il<br />

processo in corso comporta. Le forze progressive e regressive e le nuove esigenze<br />

biologiche e psicologiche producono, infatti, uno squilibrio intrapsichico.<br />

In preadolescenza, inoltre, non è ancora possibile individuare un<br />

nuovo oggetto d’amore o una nuova meta istintuale: “i conflitti sono focalizzati<br />

prevalentemente su forze pulsionali regressive, bisogni regressivi nei<br />

confronti dei genitori e difese da queste regressioni” (Tyson, 1995, pag. 408).<br />

II. Torniamo ora ai romanzi. Harry Potter è, come dicevamo, un ragazzino<br />

di undici anni appena compiuti, che scopre di avere in sé strani poteri<br />

(poteri magici) che all’inizio lo turbano, gli sono estranei e lo fanno sentire<br />

<strong>Richard</strong> e <strong>Piggle</strong>, 16, 1, 2008


D. Lucarelli: Prima della tempesta? La prepubertà: problematiche psichiche e approccio clinico 29<br />

diverso ed estraneo a se stesso e al mondo circostante. Sono poteri difficili da<br />

controllare e da gestire: inizialmente sono quasi loro a gestire lui, manifestandosi<br />

indipendentemente dalla sua volontà cosciente. Gli zii Babbani, che<br />

ne sono terrorizzati, lo considerano anormale: essi sono descritti come persone<br />

piuttosto insulse, conformiste e noiose, oltre che totalmente e irragionevolmente<br />

riversate sul loro figlioletto Dudley, che viene narcisisticamente visto<br />

come il più bello del mondo ed è mantenuto in una situazione di onnipotenza<br />

infantile, nella quale viene assecondato per ogni minimo desiderio o capriccio.<br />

La famiglia Dursley sembra rappresentare un universo pregenitale, sessualmente<br />

indifferenziato nel quale non vi è traccia di alcuna pulsionalità<br />

edipico-genitale: gli zii rappresentano aspetti genitoriali, che mantengono il<br />

figlio vincolato ad un legame di dipendenza infantile negandogli ogni autonomia<br />

interna, sottraendolo e sottraendosi ad una dimensione edipica. In<br />

loro il complesso edipico, piuttosto che essere stato messo in latenza, sembra<br />

quasi non essersi instaurato. Scrive, a tal proposito, P. Denis: “Se il complesso<br />

edipico è formulato essenzialmente in termini pregenitali, è questa<br />

formula edipica che verrà messa in latenza; se il complesso edipico non ha<br />

superato una triangolazione di stampo edipico, nella quale i ruoli maschile<br />

e femminile sono poco differenziati, è questa triangolazione che sarà soggiacente<br />

al funzionamento mentale successivo” (2001, pag. 68). Dudley, il grasso<br />

e goffo figlio viziato e immaturo dei Dursley, legato a bisogni orali da un’ingordigia<br />

intrisa anche di elementi anali, puzze, rutti, può rappresentare quegli<br />

aspetti ancorati ad un universo pregenitale, dal quale il preadolescente<br />

non vuole separarsi, mentre Harry esprime gli aspetti più pronti alla<br />

pubertà che sentendo l’arrivo della nuova spinta pulsionale, ne sono attratti<br />

e incuriositi, potendo poggiare su un narcisismo più solido e coesivo. Harry<br />

trova Dudley insopportabile e desidera liberarsene appena possibile, anche<br />

se sembra riuscire anche a sopportarlo più pazientemente, quando viene a<br />

sapere che potrà partire per la scuola di magia di Hogwarts. Harry e Dudley<br />

hanno vissuto insieme, ma il modo in cui vengono trattati nella famiglia Dursley<br />

è completamente diverso per i due ragazzi: Dudley, con il quale i genitori<br />

sembrano avere un’identificazione narcisistica è iperinvestito e avvolto<br />

da attenzioni, mentre Harry, il figlio della sorella di zia Petunia è l’erede (la<br />

sua ascendenza di maghi e streghe) di aspetti, sentiti come riprovevoli e di<br />

cui vergognarsi, che vengono scissi. Viene a mala pena tollerato e dovrebbe<br />

continuamente comportarsi “come se non ci fosse”. “Io starò in camera mia,<br />

facendo come se non esistessi”, risponde, infatti, Harry allo zio Vernon preoccupato<br />

che i suoi ospiti possano scoprire che il ragazzo è figlio di maghi. La<br />

convivenza dei due ragazzi fino a questo momento fa pensare alla coesistenza<br />

di aspetti pregenitali e genitali che hanno convissuto in un sufficiente<br />

equilibrio fino a quando l’intensificarsi della pulsione sessuale con l’avvicinarsi<br />

della pubertà, dinamizza la loro dialettica in modo più conflittuale.<br />

Scopriamo che in realtà alcuni avvenimenti strani si erano già verificati in<br />

passato, ma Harry non ne era stato consapevole, non sapeva spiegare come<br />

<strong>Richard</strong> e <strong>Piggle</strong>, 16, 1, 2008


30 D. Lucarelli: Prima della tempesta? La prepubertà: problematiche psichiche e approccio clinico<br />

avvenissero e quindi non avevano avuto per lui grande rilevanza e non lo<br />

avevano fatto sentire diverso da Dudley, come, infatti, accade durante la<br />

latenza quando l’eccitazione sessuale, pur essendo presente, viene vissuta<br />

senza pudore e senza inibizione per via della rimozione della componente<br />

edipica operante che la rende innocua. Ora, alle soglie della pubertà, quando<br />

viene a sapere di essere un mago, Harry acquista via via maggiore forza e<br />

comincia a beffarsi di Dudley, prendendone le distanze. Anche la relazione<br />

con gli zii, Vernon e Petunia, cambia quando essi vedono svelati il segreto<br />

dei poteri magici di Harry e la vera identità dei suoi genitori. È come avviene<br />

nel passaggio dalla latenza all’adolescenza, quando quella sorta di equilibrio<br />

che si era installato negli scambi tra genitori e figli nel quale la sessualità<br />

era ridotta a tenerezza, si rompe. Lo sguardo reciproco tra genitori e ragazzi<br />

cambia e, se i genitori modificano il loro comportamento per via della maturità<br />

sessuale dei figli, questi, per le stesse ragioni, mettono le distanze<br />

(Denis, 2001). I genitori morti di Harry, che erano un mago e una strega e<br />

avevano, cioè, poteri magici, rappresentano i genitori edipici: la pulsionalità<br />

verso di loro è stata messa in latenza, è come morta e ora si appresta a riemergere<br />

insieme al loro ricordo. Nei maghi, in Harry per primo, si rappresenta<br />

l’emergere del rimosso sessuale che si raffigura appunto, come la<br />

magia con i suoi poteri, le formule segrete, gli incantesimi, le singolari figure<br />

che la accompagnano. Harry è vissuto nell’inconsapevolezza per tutti gli<br />

anni precedenti e a lui sono rimasti nascosti, rimossi, i suoi poteri magici.<br />

Percezione perturbante di mutamenti interni, senso di estraneità per i<br />

cambiamenti corporei, difficoltà nella gestione dei propri affetti e spinte pulsionali:<br />

sono proprio questi i vissuti dei ragazzi alle soglie della pubertà. In<br />

questo periodo della vita, le spinte pulsionali, più silenti in latenza, riaffiorano<br />

con rinnovata energia, e ciò porta il ragazzo a viversi come portatore di qualcosa<br />

di diverso, perturbante, estraneo. Queste spinte non riescono ad essere<br />

dominate ma spesso irrompono nell’azione e nel pensiero. Si sviluppano fantasie<br />

che hanno la loro origine in fantasmi inconsci di natura sessuale e aggressiva.<br />

Il ragazzo vive anche queste come perturbanti ed estranee, sono anch’esse<br />

poco gestibili e frequentemente il preadolescente si sente in balia di esse.<br />

Alcuni episodi sono centrati sull’utilizzo di magie puzzolenti, oppure i<br />

ragazzi mangiano le caramelle Tuttigusti+1 che sono proprio di tutti i gusti,<br />

come a voler evitare di confrontarsi con la mancanza: quelli semplici come<br />

cioccolato, menta, ma anche fegato, trippa, sapore di toast, di erba fresca,<br />

(qualcuno racconta di averne trovata una alle caccole oppure al gusto vomito).<br />

Anche questo fa parte dell’universo preadolescenziale: si indugia sui piaceri<br />

orali ed anali, mescolati in modo indifferenziato, trattandoli senza riprovazione.<br />

Caratteristicamente, dicono i Tyson (1995), la regressione del ragazzo<br />

preadolescente è verso una pregenitalità piuttosto estesa che si esprime con<br />

una recrudescenza di interessi, preoccupazioni e piaceri anali, uretrali e<br />

orali. Harry, come tutti sanno, va a studiare alla scuola di magia di Hogwarts.<br />

Essa sembra poter rappresentare il percorso di apprendimento necessario ad<br />

<strong>Richard</strong> e <strong>Piggle</strong>, 16, 1, 2008


D. Lucarelli: Prima della tempesta? La prepubertà: problematiche psichiche e approccio clinico 31<br />

acquisire la capacità di governare le nuove spinte pulsionali. La magia non<br />

può essere, infatti, usata indiscriminatamente, soprattutto dagli studenti più<br />

giovani: se non si impara a governarla, può essere pericolosa! Per partire per<br />

Hogwarts è necessario recarsi alla stazione al binario nove e tre quarti, binario<br />

che non si vede, che sembra non esistere fino a quando si trova il coraggio<br />

di non fermarsi e di camminare diritti in direzione della barriera tra i binari<br />

nove e dieci senza paura di andare a sbatterci contro. Come se il percorso<br />

verso la pubertà (tra i nove e i dieci anni? nove e tre quarti!) e la soggettivazione<br />

non potesse essere che inimmaginabile, imprevedibile, e non potesse<br />

avvenire se non attraverso il riuscire a tollerare l’angoscia dell’impossibilità<br />

a procedere, del non sapere dove si sta andando e con la fiducia interna che<br />

il percorso si potrà compiere in virtù della presenza di internalizzazioni genitoriali<br />

sufficientemente costituite che possano permettere nuove identificazioni.<br />

Solo in tal caso, si potranno aprire nuove strade prima impensabili.<br />

Nell’avventurarsi alla scoperta di Hogwarts, il castello in cui ha sede la<br />

scuola di magia, Harry finisce presto in un’aula in disuso e appoggiato al<br />

muro scopre un oggetto che stava lì come se qualcuno ce l’avesse messo per<br />

toglierlo dalla circolazione, così come hanno operato i processi della latenza.<br />

Su di esso un’iscrizione dice, con caratteri scritti specularmente al contrario:<br />

“Non rifletto il volto ma il cuore”. Lo specchio non riflette, infatti, l’immagine,<br />

ma il desiderio di chi vi si specchia. In quest’età si rientra in contatto<br />

con aspetti emotivi profondi, la realtà va in secondo piano rispetto al<br />

riemergere di un’emozionalità che rimette in contatto con bisogni narcisistici<br />

primari, con la possibilità di introdurre ‘a posteriori’ quei cambiamenti<br />

dell’organizzazione narcisistica e pulsionale funzionali al procedere del processo<br />

di soggettivazione. Il rispecchiamento del desiderio da parte dello specchio<br />

sembra un riferimento a quella funzione materna primaria di winnicottiana<br />

memoria che anticipa e permette un’integrazione del sé anche<br />

attraverso la capacità di rêverie che permetterà, poi, al bambino di costituirsi<br />

come separato, altro da sé, grazie anche ad una funzione asimmetrica<br />

(Algini, 2005) che introduce l’ordine paterno e simbolico. Come in un gioco<br />

di specchi l’essere rispecchiato si trasforma, in questa fase, nel potersi identificare:<br />

così la presenza di un narcisismo sufficientemente coeso può favorire<br />

il processo di identificazione Così Harry vede apparire nello specchio,<br />

con molta emozione, i suoi genitori che non ricordava più: la madre “era una<br />

donna molto carina. Aveva i capelli rosso scuro e gli occhi... sì, i suoi occhi<br />

sono proprio come i miei, pensò Harry, facendosi un po’ più accosto allo specchio.<br />

Occhi verde chiaro... esattamente la stessa forma. Poi però vide che<br />

stava piangendo: sorrideva e piangeva al tempo stesso. L’uomo, magro e con<br />

i capelli scuri che le era accanto la cinse con un braccio. Aveva una chioma<br />

ribelle, di quelle che non stanno mai a posto. Proprio come quella di Harry”<br />

(Rowling,1999). L’emozione derivante dall’immagine affettivamente e femminilmente<br />

attraente della mamma, viene subito contenuta dal gesto accogliente<br />

del padre che riconferma la coppia a tutela dei riemergenti desideri<br />

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32 D. Lucarelli: Prima della tempesta? La prepubertà: problematiche psichiche e approccio clinico<br />

edipici. Harry si riconosce nei tratti di entrambi e può portare avanti quel<br />

processo di identificazione che gli è necessario per una costruzione di sé.<br />

Cahn (1998) ci ricorda che il soggetto nasce a partire dalla perdita dell’oggetto.<br />

Il succedersi dei processi di identificazione permetterà, poi, all’Io<br />

di autorappresentarsi come polo stabile d’investimenti. Questi ultimi a loro<br />

volta comporranno gradualmente il suo spazio, il suo capitale e il suo modo<br />

di entrare in relazione, fino a giungere a quel compromesso identificatorio<br />

proprio dell’adolescenza (Aulagnier, 1986) tra ciò che non deve cambiare e<br />

ciò che deve restare modificabile (Cahn, ivi).<br />

Tra le lezioni che si tengono a Hogwarts, i cui temi caratterizzano l’universo<br />

preadolescenziale, vi è quella di “pozioni”, tra le quali quella per far<br />

sparire i foruncoli, ma anche la lezione di “trasfigurazione” che “è una delle<br />

materie più complesse e pericolose” come dice la sua insegnante, professoressa<br />

Mc Granitt. Quello di una trasfigurazione può essere il vissuto dei preadolescenti<br />

di fronte all’emergere delle trasformazioni corporee che fanno sentire<br />

il corpo come qualcosa di estraneo che non si domina più e che mette<br />

violentemente in crisi il loro narcisismo, anche per la significativa disarmonia<br />

che l’aspetto fisico può acquisire in questo periodo. Cambiamenti sentiti,<br />

quindi, come pericolosi, con i quali è necessario imparare a convivere: essi<br />

possono suscitare sentimenti perturbanti, che accompagnano quello che<br />

diverrà un vero cambiamento di identità. A Hogwarts Harry incontra due<br />

figure importanti e di riferimento: una è Hagrid, il custode delle chiavi di<br />

Hogwarts, che viene descritto come un uomo gigantesco, dall’aspetto selvaggio,<br />

ma estremamente accogliente. Era stato proprio Hagrid a depositare<br />

Harry, bambino, davanti alla porta dei Dursley, dopo la morte dei genitori e<br />

sarà lui ad andare a prenderlo per portarlo a Hogwarts e a rivelargli la sua<br />

natura di mago, nonché a fargli scoprire poco a poco le manifestazioni della<br />

sua magia che si erano verificate nel passato e di cui Harry non era stato,<br />

all’epoca, consapevole. Hagrid svolge il compito, potremmo quasi dire terapeutico,<br />

di accompagnare Harry nel processo del progressivo venir meno delle<br />

difese della latenza, aiutandolo a prendere contatto con la sua nuova pulsionalità.<br />

Hagrid rappresenta una funzione genitoriale con caratteristiche istintuali<br />

che non hanno una valenza aggressiva o eccitante, ma sono associate<br />

alla tenerezza ed alla protezione (le sue grandi dimensioni corporee stanno a<br />

indicare, per spostamento, come nei sogni, l’entità del bisogno ma anche l’importanza<br />

del corpo), la cui esistenza aiuta a traghettare nella latenza e, poi,<br />

nuovamente, verso l’adolescenza in quei successivi processi separativi differenzianti<br />

necessari allo svolgersi del processo evolutivo. Hagrid rimarrà sempre<br />

una figura protettiva, alla quale Harry ricorrerà e da cui si andrà a rifugiare<br />

quando si sentirà in difficoltà, sicuro della sua accoglienza.<br />

L’altra figura è il preside, Albus Silente, che incarna, invece, le qualità<br />

della saggezza e della giustizia. Potremmo dire che Silente rappresenta per<br />

Harry una nuova figura da ammirare, le cui richieste e i cui criteri normativi<br />

gli permettono di arricchire i propri concetti di moralità in un processo<br />

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D. Lucarelli: Prima della tempesta? La prepubertà: problematiche psichiche e approccio clinico 33<br />

di “depersonificazione superegoica” (Tyson, 1995, pag. 411). All’inizio del suo<br />

viaggio verso la scuola di magia, Harry passa con Hagrid, alla Gringott, la<br />

banca dei maghi, dove scopre di possedere un tesoro, una montagna di<br />

monete d’oro, cumuli d’argento, mucchi di ‘zellini’ di bronzo e dove va a recuperare,<br />

nascosto in un fagotto tutto sporco, avvolto in carta da pacchi, un<br />

oggetto misterioso che scoprirà, poi, essere la pietra filosofale. La prima<br />

avventura di Harry si incentra, infatti, nella ricerca della pietra filosofale,<br />

che contiene l’Elisir di Lunga Vita, che dà tutti i soldi e tutta la vita che uno<br />

può volere. Uno stregone molto potente e malvagio, Voldemort (il Lato<br />

Oscuro), se ne vuole impossessare. Harry e i suoi amici si impegnano in una<br />

pericolosa avventura per cercare di metterla in salvo. L’avventura si presta<br />

bene a rappresentare come le nuove capacità fisiche e la pulsionalità riemergente<br />

possano essere sentite pericolose e come sia molto presente il<br />

rischio del concomitante riemergere di un pericoloso aspetto regressivo, onnipotente,<br />

megalomanico, oscuro, improntato al narcisismo primario, rappresentato<br />

da Voldemort e dal suo desiderio di impossessamento della pietra, e<br />

come sia necessario porre le nuove emergenti potenzialità in mano a forze<br />

più sane e funzionali quali il costituendo ideale dell’Io. La pietra filosofale,<br />

alla fine, dovrà andare distrutta, perché questa “è la cosa migliore”, anche se<br />

ciò farà sì che la coppia costituita dal mago Flamel e dalla moglie Peronella<br />

(i genitori ideali dell’infanzia) debbano morire. “Per uno giovane come te –<br />

dice il saggio preside Albus Silente a Harry – tutto questo sembrerà incredibile,<br />

ma per Nicolas e Peronella è proprio come andare a dormire dopo una<br />

giornata molto, molto lunga”. Harry sta così imparando che “per una mente<br />

ben organizzata, la morte non è che una nuova, grande avventura”. La<br />

distruzione della pietra filosofale rappresenta anche l’accettazione della perdita<br />

e della castrazione che permette il sorgere di una conoscenza nuova che<br />

autorizza “a sapere in altro modo” (Gutton, ivi). D’altronde – dicono i Tyson<br />

(1995, pag. 370) – “poiché l’angoscia di castrazione rappresenta un problema<br />

evolutivo così dominante, che emerge in diversi momenti del processo di sviluppo,<br />

dovrebbe considerarsi una metafora evolutiva”. Quanto a Voldemort,<br />

anche sconfitto, non se ne va per sempre. È ancora là fuori, da qualche parte,<br />

forse in cerca di qualche altro corpo da abitare... Visto che egli non è veramente<br />

vivo, è impossibile ucciderlo: infatti è un fantasma che può sempre<br />

ripresentarsi e sarà necessario tutto il processo adolescenziale per costituire<br />

delle garanzie interne sufficientemente stabili e forti per contrastarlo. Per<br />

riuscire meglio nella sua impresa, Harry riceve in dono un mantello, che era<br />

stato di suo padre, che rende invisibili, di scintillante tessuto argenteo, come<br />

fosse tessuto con l’acqua. Quando lo indossa “l’immagine che gli rimanda lo<br />

specchio era fatta soltanto di una testa sospesa a mezz’aria sopra un corpo<br />

completamente invisibile”. Non è forse questo il desiderio di ogni ragazzino<br />

o ragazzina in più di un’occasione quando l’immagine che proviene da un<br />

corpo che comincia ad essere sentito come estraneo fa sentire in imbarazzo e<br />

fuori luogo? È come se Harry potesse fare ricorso a una funzione protettiva,<br />

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34 D. Lucarelli: Prima della tempesta? La prepubertà: problematiche psichiche e approccio clinico<br />

che gli permette di regolare la presenza del corpo e dell’eccitazione che proviene<br />

da esso potendone ‘coprire’, ‘velare’ se necessario, l’emergere.<br />

Le angosce e gli strumenti psichici a protezione da esse, presenti nella<br />

preadolescenza, vengono descritte nei romanzi con l’invenzione di varie<br />

figure che metaforicamente le rappresentano. Tra le più interessanti, i Dissennatori<br />

di Azkaban, la cui presenza putrefatta emana un freddo mortifero,<br />

irrigidente che si insinua nel cuore e nelle viscere e il cui effetto è di far sentire<br />

“come se non si potesse più essere felici, come se ghiacciassero dentro”.<br />

La loro arma segreta è ‘il bacio del Dissennatore’, arma che usano quando<br />

vogliono distruggere completamente qualcuno. “Immagina che ci siano delle<br />

fauci là sotto, perché le stringono sulla bocca della vittima e..le succhiano<br />

l’anima” … “ma è molto peggio che uccidere, perché puoi esistere anche<br />

senza l’anima, purché il cuore e il cervello funzionino ancora. Ma non avrai<br />

più nessuna idea di te stesso, nessun ricordo... nulla. Non è possibile guarire.<br />

Esisti e basta. Come un guscio vuoto”. La descrizione dei Dissennatori<br />

sembra proporre una rappresentazione del pericolo di morte psichica che<br />

minaccia il preadolescente. Ma di quale morte si tratta? P.C. Racamier<br />

(1992) descriveva l’adolescenza come la traversata dello Stige, come il<br />

costeggiare il fiume dei morti. Lo Stige, il cui flutto si impone ad ogni adolescente,<br />

sembra essere soprattutto il torrente della sessualità che si deve<br />

affrontare e attraversare senza sapere cosa si sarà divenuti dopo il suo passaggio.<br />

Il rischio è quello di affondare psichicamente nei suoi flutti. La paura<br />

è quella della morte psichica, della depersonalizzazione. La morte diviene<br />

figurazione di un controllo assoluto riguardo al pericolo interno e respinge<br />

l’irruzione della sessualità emergente, sentita come disorganizzante fino a<br />

quando non avrà trovato le sue vie di deflusso. Una dimensione sessuale dai<br />

contenuti incestuosi insopportabili è tenuta a bada dal contro-investimento<br />

dell’immagine della morte (Denis, 2001). La sessualità che si comincia ad<br />

affacciare con una forza nuova, gli iniziali cambiamenti corporei, fanno sì<br />

che il ragazzo preadolescente non si riconosca più, che appaiano sentimenti<br />

perturbanti che possono giungere, in alcuni casi, anche ad un vissuto di<br />

depersonalizzazione. Esiste, tuttavia, un modo di difendersi dai Dissennatori:<br />

bisogna evocare il Patronus. Il Patronus è, infatti, una presenza protettiva<br />

che non si può far apparire quando si ha ancora il desiderio, come<br />

accade a Harry, di riascoltare le voci dei genitori. Per farlo apparire bisogna<br />

accettare che “essi sono morti e che ascoltare i loro echi non li riporterà indietro”.<br />

Infatti, finché Harry nutre un segreto desiderio di risentire le voci dei<br />

genitori, il Patronus rimane troppo debole per scacciare i Dissennatori, aleggia<br />

solo come una nube semitrasparente. Tuttavia, come dice il professor<br />

Lupin, che manifesta una grande capacità di accoglienza e comprensione,<br />

riconoscendo il bisogno di Harry di sentirsi sostenuto in un delicato<br />

momento di vacillamento del suo narcisismo: “per un mago di dodici anni<br />

anche un Patronus confuso è un gran risultato”. I Dissennatori rappresentano<br />

anche la minaccia della potenza delle spinte regressive di stampo orale<br />

<strong>Richard</strong> e <strong>Piggle</strong>, 16, 1, 2008


D. Lucarelli: Prima della tempesta? La prepubertà: problematiche psichiche e approccio clinico 35<br />

(il bacio) che rischiano di annientare l’emergere della soggettività. Per<br />

opporsi a queste spinte, è necessario costituire internamente nuove identificazioni<br />

che possono instaurarsi a patto che si possa fare un percorso separativo<br />

e di simbolizzazione. “Credevo che fosse stato mio padre a far apparire<br />

il mio Patronus – dice Harry – voglio dire, quando mi sono visto<br />

dall’altra parte del lago... ho pensato che fosse lui quello che vedevo”. “Un<br />

errore comprensibile – gli dice Silente – credo che tu sia stufo di sentirtelo<br />

dire, ma somigli a tuo padre in maniera straordinaria”. “È stato stupido pensare<br />

che fosse lui, voglio dire, lo sapevo che è morto” – risponde Harry, “Credi<br />

che le persone scomparse che abbiamo amato ci lascino mai del tutto? –<br />

aggiunge Silente – “Non credi che le ricordiamo più chiaramente che mai nei<br />

momenti di grande difficoltà? Tuo padre è vivo in te, Harry, e si mostra<br />

soprattutto quando ne hai bisogno. Altrimenti come avresti fatto a evocare<br />

proprio quel Patronus?” L’emozionante dialogo ben esprime la risoluzione<br />

del complesso edipico dove gli investimenti sui genitori sono abbandonati e<br />

sostituiti con identificazioni e dove: “l’identificazione è l’operazione con cui<br />

si costituisce il soggetto” (Laplanche, Pontalis 1967, pag. 215).<br />

Altre figure particolarmente significative sono i Mollicci, dei<br />

‘Mutaforma’. Nessuno sa che aspetto hanno i Mollicci quando sono soli, ma<br />

quando escono fuori diventano immediatamente ciò che ritengono ci spaventi<br />

di più. Ciò che sconfigge un Molliccio sono le risate, accompagnate dal proferire<br />

la formula Riddikulus: lo si costringe, così, ad assumere la forma di ciò<br />

che si trova divertente. Così Neville, l’amico di Harry, che teme più di tutto<br />

il professor Piton, lo vede dapprima apparire arcigno, minaccioso e con gli<br />

occhi lampeggianti e dopo aver pronunciato la parola Riddikulus e aver<br />

immaginato i buffi vestiti della nonna, riesce a farlo apparire con un lungo<br />

abito orlato di pizzo, con in testa un alto cappello con sopra un avvoltoio mangiato<br />

dalle tarme, mentre agita una grossa borsa scarlatta. Sembra proprio<br />

di essere di fronte alla descrizione di quel sistema preadolescenziale teso ad<br />

assicurare l’equilibrio economico, descritto, tra gli altri, da P. Denis (2001).<br />

Il funzionamento “da stupido” (l’età della stupidità in opposizione all’età<br />

della ragione, come viene a volte definita la latenza per il prevalere di un funzionamento<br />

basato sull’organizzazione dell’Io, sulla rimozione della pulsionalità<br />

sessuale e sulla costituzione del Super Io) che, infatti, appare come<br />

una sorta di rifugio d’emergenza quando le possibilità per trattare le emozioni<br />

sono momentaneamente o più stabilmente sopraffatte. Le condizioni<br />

che favoriscono l’emergere del funzionamento “da stupido” sono quelle che<br />

favoriscono una certa disorganizzazione: cioè tutte le circostanze che possono<br />

avere un valore traumatico, come avviene nel caso dei Mollicci per Harry<br />

Potter. Le ‘cose stupide’ tendono all’inibizione della corrente pulsionale, al<br />

suo disconoscimento e rappresentano un livello elementare di elaborazione<br />

psichica. L’eccitazione pulsionale è allo stesso tempo nascosta e mantenuta;<br />

viene colto un piacere nella sua espressione, è in gioco un livello minimo di<br />

rimozione. Si tratta, quindi, del ricorso, di fronte ad un pericolo emotivo, di<br />

<strong>Richard</strong> e <strong>Piggle</strong>, 16, 1, 2008


36 D. Lucarelli: Prima della tempesta? La prepubertà: problematiche psichiche e approccio clinico<br />

un mezzo per trattare l’eccitazione, di una ‘stupidità’ affettiva. Il dominio<br />

stabilitosi nel periodo di latenza sulle pulsioni è, infatti, andato perso e si<br />

cerca di ristabilirlo attraverso procedimenti giocosi già utilizzati nel corso di<br />

quel periodo considerato beato. L’età delle scemenze esprime una nostalgia<br />

della latenza che si manifesta in una sorta di caricatura del funzionamento<br />

di quest’epoca ormai perduta e il riaffacciarsi del rimosso anteriore alla<br />

latenza. Così i ragazzi di Hogwarts, di fronte all’emergere di rappresentazioni<br />

inquietanti, ricorrono al Riddikulus, depotenziandone la pericolosità.<br />

III. Desidererei, a questo punto, facendo riferimento a quanto fin qui<br />

detto e messo in luce anche attraverso l’utilizzazione delle metafore narrative<br />

di J. Rowling, mettere in evidenza molto brevemente alcuni punti che<br />

possano essere di aiuto nell’approccio clinico in questa fascia di età.<br />

Sono consapevole dei rischi sempre insiti nell’utilizzazione di criteri<br />

generali, in particolare in questo ambito, in quanto i preadolescenti si caratterizzano<br />

proprio per la difficoltà che si incontra nel cercare di delinearne le<br />

peculiarità, essendo particolarmente ampie le variabili tra i singoli soggetti,<br />

in relazione alle multiformi sfaccettature del livello evolutivo, sia fisico che<br />

psichico, raggiunto. Mi sembra, tuttavia, che possa essere utile tentare di delineare<br />

alcune caratteristiche che servano ad orientarci nell’esperienza clinica.<br />

A partire da una valutazione complessiva del livello del processo evolutivo<br />

raggiunto – in quale misura e in quali aspetti esso sia, più o meno, adeguato<br />

alla fase – il criterio del sostegno allo sviluppo può essere senza dubbio<br />

importante (come sempre, peraltro, in età evolutiva) riferendolo agli<br />

specifici bisogni dell’età, in relazione anche all’avvenuto raggiungimento o<br />

meno delle necessarie tappe evolutive precedenti. Abbiamo già visto l’importanza<br />

dell’avvenuto svolgimento dei compiti evolutivi della latenza: un<br />

ampliamento delle acquisizioni cognitive, una strutturazione del Super io,<br />

un’integrazione dell’Io, un consolidamento dell’identità di genere e una riorganizzazione<br />

delle difese. Nella prepubertà i ragazzi, potendo fare più o<br />

meno affidamento su tali acquisizioni, fanno ricorso a nuove difese, prime<br />

fra tutte la regressione in relazione all’aumentata intensità pulsionale: questa<br />

nuova necessità rimette in primo piano anche le problematiche narcisistiche<br />

con i relativi assetti stabiliti nelle prime fasi. Con il progressivo riemergere<br />

dei desideri preedipici ed edipici, poi, i conflitti possono iniziare ad<br />

assumere un aspetto particolarmente minaccioso. Questa situazione<br />

interna, che occupa i preadolescenti, può essere portata nelle sedute con<br />

modalità molto varie. Nelle psicoterapie in questa fascia di età si possono,<br />

infatti, porre particolari problemi di tecnica in quanto possono essere<br />

ancora presenti sia il gioco che il disegno, come può anche esservi un atteggiamento<br />

più ‘da grande’ nel quale prevale il raccontare, l’ascoltare la<br />

musica, a volte anche lo sdraiarsi sul divano ‘come dallo psicoanalista’. È<br />

molto significativo ed anche teneramente emozionante assistere, nel corso<br />

della terapia, alle trasformazioni, a volte anche molto rapide, dell’uso del<br />

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D. Lucarelli: Prima della tempesta? La prepubertà: problematiche psichiche e approccio clinico 37<br />

setting ed ai relativi cambiamenti nella relazione con il terapeuta ai quali<br />

corrispondono trasformazioni nell’assetto interno del paziente. Spesso, nel<br />

corso delle sedute, a un certo punto comincia a cambiare lo stile della comunicazione:<br />

il gioco, il disegno, l’attività perdono forza e lo scambio verbale<br />

diviene sempre più importante. In queste situazioni, suggerisce A. Ferro<br />

(1998, pag. 53): “quanto più l’analista conosce lingue e linguaggi differenti,<br />

tanto più è favorito”, ponendo l’accento sull’importanza di riuscire a condividere<br />

il livello comunicativo-emotivo proposto dal paziente.<br />

Anche se ci dovremo sempre interrogare su quali siano gli specifici bisogni<br />

espressi dal paziente in quel particolare momento, vi sono, tuttavia,<br />

come dicevamo, problematiche e bisogni maggiormente ricorrenti in questa<br />

fase, quale spesso il bisogno di riuscire a contenere l’eccitazione, per l’intensificarsi<br />

della pulsione sessuale, in relazione ad un apparato psichico non<br />

ancora adeguatamente in grado di farvi fronte e al venir meno delle difese<br />

della latenza oppure al premere di bisogni regressivi con il riemergere di<br />

aspetti anali, uretrali e orali. Funzioni del terapeuta potranno essere quella<br />

di contenitore e di schermo antistimolo, paraeccitatorio, quella di sostenere<br />

le capacità dell’Io, di favorire l’emergere di una parola maggiormente capace<br />

di permettere scambi e meno a rischio di trasmettere stimoli suscettibili di<br />

minacciare l’integrità. Ci si potrà trovare, talvolta, a essere invasi e coinvolti<br />

in uno stato di eccitazione confuso che ci sembrerà difficile contenere senza<br />

essere respingenti, così come ci si potrà trovare coinvolti in giochi apparentemente<br />

‘stupidi’ e infantili, ma anche dall’inequivocabile, per quanto celato,<br />

contenuto sessuale. Oppure si dovrà assistere, con grande interesse e partecipazione,<br />

a esibizioni di abilità in giochi ritmicamente ripetitivi dal nemmeno<br />

troppo occultato contenuto masturbatorio. A volte ci si troverà ad<br />

interrogarsi sul senso del proprio lavoro con scoraggiamento e difficoltà. Può<br />

essere che, in tali frangenti più che la parola abbia importanza proprio la<br />

funzione integrante di una partecipazione ‘osservante’. Lo sguardo attento e<br />

partecipe del terapeuta diviene, infatti, come dice C. Busato (1994, pag. 148),<br />

“integratore di una situazione in cui è difficile guardarsi quando ancora non<br />

si è, perché il pensiero viene sminuzzato nelle cose che si fanno e ancora non<br />

distanzia. Lo sguardo in questo senso mi appare come un integratore non<br />

intrusivo che non immediatamente vuole risposte o risultati, ma guarda,<br />

osserva, aspetta e ammira. In questo sguardo viene rappresentata la necessità<br />

della nascita di uno spazio o di una funzione autoosservante, a volte<br />

tenuta in vita dall’analista stesso fino a quando si iniziano a tessere storie”.<br />

Naturalmente tutto questo porta in gioco la persona dell’analista, la sua<br />

disponibilità emotiva interna a potersi confrontare con il tipo di problematiche<br />

che i pazienti di questa età propongono, che non si possono aiutare se<br />

non si possono condividere. Il fatto che ci si trovi in un’età incerta non vuol<br />

dire che le angosce non vi siano e siano anzi, talvolta, anche molto intense.<br />

Esse per lo più non vengono raccontate ma rappresentate con il muoversi<br />

nella seduta che ci informa sul loro livello e sullo stato mentale presente. La<br />

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tempesta piuttosto che dover arrivare, sembra essere già in atto. Il problema<br />

resta quello di ogni analisi: che ciò che il paziente (in questo caso il suo prepubertario)<br />

ci comunica possa essere ricevuto, accolto e trasformato dall’analista<br />

(e da quegli aspetti del suo funzionamento che rimandano al suo prepubertario)<br />

che, in tal modo, offre il proprio funzionamento a sostegno di<br />

quello ancora immaturo o ostacolato del paziente. Si tratterebbe, quindi, di<br />

lavorare su questo ‘campo’ comune e sulle eventuali macchie cieche che vi si<br />

possono incontrare e, piuttosto che preoccuparsi del lavoro interpretativo<br />

dei contenuti, potrà essere, talvolta, importante verbalizzare gli affetti in<br />

gioco. Il transfert sarà presente, ma piuttosto che essere interpretato potrà<br />

essere utilizzato per una migliore comprensione del paziente.<br />

A tale riguardo, ricordo un divertente ed eloquente episodio raccontato<br />

da A. Ferro (1998, pag. 59), relativo a un paziente a cui aveva fatto un’interpretazione<br />

di transfert molto satura: “Ho visto in televisione degli esperti<br />

– gli disse il paziente – che tagliavano un uovo a fette per vedere come era<br />

fatto dentro: peccato, così hanno impedito al pulcino di nascere!”. Talvolta i<br />

preadolescenti hanno bisogno, piuttosto che di essere guardati troppo<br />

approfonditamente, di essere aiutati a rimanere, finché necessario, un po’ al<br />

riparo da tutti i cambiamenti che hanno cominciato ad avvenire in loro, un<br />

po’ come con un mantello magico come quello di Harry Potter, fino a quando<br />

“il corpo non possa imporsi alla loro mente” (Busato, ivi, pag. 147).<br />

Permettetemi di concludere con una notizia curiosa: qualche tempo fa i<br />

giornali hanno annunciato che i ricercatori dell’Università di Pittsburgh<br />

hanno scoperto il gene che dà il via ai cambiamenti ormonali che introducono<br />

i bambini nell’adolescenza e lo hanno chiamato: “Kiss 1”. Noi abbiamo<br />

qui cercato di percorrere i processi psichici che precedono e accompagnano<br />

l’accensione di questo interruttore molecolare e abbiamo potuto vedere come<br />

essi siano in realtà molto complessi. Ho tentato, con l’aiuto di Harry Potter,<br />

di tratteggiare alcune caratteristiche specifiche di quest’età tutt’altro che<br />

definita, ma carica di tensioni, che separa e unisce la latenza e l’adolescenza,<br />

attraversando la quale si dovrebbe poter arrivare, infine, al ‘primo bacio’,<br />

dopo essere stati in grado naturalmente di evitare, ove necessario con il<br />

nostro aiuto, quello dei Dissennatori!<br />

Riassunto<br />

L’autrice propone una lettura dei primi tre romanzi di Harry Potter di J.K. Rowling<br />

come una ricca metafora delle fantasie delle angosce e dei desideri che animano<br />

la preadolescenza. Questa fase dello sviluppo, che non ha un suo ambito definito e<br />

che si colloca tra la pubertà e l’adolescenza, è caratterizzata dalla diffusa inquietudine<br />

connessa all’aggiustamento psichico che accompagna le prime trasformazioni<br />

puberali. Il mondo di Harry Potter e dei suoi compagni ben rappresenta le complesse<br />

sfaccettature psicologiche ed evolutive del periodo cronologico che comprende gli<br />

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anni che precedono la pubertà. Concludono l’articolo alcune considerazioni sull’approccio<br />

clinico con i ragazzi in questa fase che pone specifici problemi di tecnica.<br />

Parole chiave: prepubertario, complesso edipico, latenza, zone erogene, identificazione.<br />

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Daniela Lucarelli, Psicoanalista, Membro Ordinario SPI-IPA esperta b/a, Docente del Corso<br />

ASNE-SIPsIA, Socio fondatore SIPsIA.<br />

Indirizzo per la corrispondenza/Address for correspondence:<br />

Corso Trieste, 123<br />

00198 Roma<br />

<strong>Richard</strong> e <strong>Piggle</strong>, 16, 1, 2008

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