Classificazione delle quadriche mediante gli autovalori. - Sezione di ...
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Esercizi aggiuntivi, a.a. 2011-2012.<br />
Agg. 1<br />
Determinare l’equazione esplicita della parabola la cui <strong>di</strong>rettrice ha equazione y = 2 e il cui fuoco è (6, 7).<br />
Soluzione. Come primo metodo utilizziamo la definizione classica <strong>di</strong> parabola. Essa è, in questo esercizio, il<br />
luogo dei punti (x, y) tali che √ (x − 6) 2 + (y − 7) 2 = |y−2|. Otteniamo x 2 −12x+36+y 2 −14y+49 = y 2 −4y+4,<br />
cioè<br />
y = 1<br />
10 x2 − 6 5 x + 81<br />
10 .<br />
Partendo invece dall’equazione generale y = ax 2 + bx + c, dobbiamo risolvere il sistema<br />
⎧<br />
⎪⎨<br />
⎪⎩<br />
− b<br />
2a = 6<br />
4ac−b 2 +1<br />
4a<br />
= 7<br />
4ac−b 2 −1<br />
4a<br />
= 2<br />
( √ ) (√ )<br />
Soluzione. Effettuando il cambiamento <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>nate x = 1 2 X − 3Y , y =<br />
1<br />
2 3X + Y (avendo calcolato<br />
<strong>gli</strong> <strong>autovalori</strong>, ecc.), si ottiene una parabola in forma canonica, Y = −4X 2 (in questo caso il vertice coincide<br />
con la nuova origine, ma ciò che importava era unicamente la scomparsa del monomio in XY ). Utilizzando le<br />
note formule abbiamo: F X,Y = ( 0, −<br />
16) 1 , mentre la <strong>di</strong>rettrice ha equazione Y =<br />
1<br />
( 16<br />
. Sostituendo le nuove coor<strong>di</strong>nate<br />
del fuoco nelle formule a <strong>di</strong>sposizione, otteniamo F x,y =<br />
√3 )<br />
32 , − 1 32<br />
. Per trovare l’equazione originale della<br />
<strong>di</strong>rettrice occorrono invece le formule inverse, facilmente ottenibili <strong>me<strong>di</strong>ante</strong>( la trasposta √ ) della matrice ( √ utilizzata )<br />
(infatti in questo caso inversa e trasposta coincidono). Abbiamo: X = 1 2 x + 3y , Y =<br />
1<br />
2 − 3x + y . La<br />
( √ )<br />
1<br />
vecchia equazione è quin<strong>di</strong>:<br />
2 − 3x + y =<br />
1<br />
16 , ecc. .<br />
F8. Calcolare la proiezione ortogonale <strong>di</strong> v = (1, 2, 3, 3) su T { = 〈(1, 2, 0, 0), (0, 1, 1, 2)〉. Calcolare, poi, la<br />
proiezione del medesimo vettore sul sottospazio T ′ 2x1 − x<br />
<strong>di</strong> equazioni<br />
2 − x 3 + x 4 = 0<br />
.<br />
2x 3 − x 4 = 0<br />
Soluzione. T ha <strong>di</strong>mensione uguale a 2. La base data non è ortogonale. Adeguando il secondo vettore al<br />
primo – dunque sottraendo dal secondo vettore la sua proiezione ortogonale sul primo vettore – otteniamo il<br />
“nuovo” secondo vettore, così: (0, 1, 1, 2) − 2 5 (1, 2, 0, 0) = ( − 2 5 , 1 5 , 1, 2) . Consideriamo, per facilitare i calcoli, il<br />
multiplo (−2, 1, 5, 10). Siamo ora pronti per proiettare v sul “piano” dato (si tratta infatti <strong>di</strong> un’entità immersa<br />
in uno spazio a 4 <strong>di</strong>mensioni, ma sempre generata da due vettori, quin<strong>di</strong> “con ∞ 2 punti” 1 ). Otteniamo:<br />
P(v, T ) = P(v : (1, 2, 0, 0)) + P(v : (−2, 1, 5, 10)) = 5 45<br />
5<br />
(1, 2, 0, 0) +<br />
130 (−2, 1, 5, 10) = ( 4<br />
13 , 61<br />
26 , 45<br />
26 , 13) 45 . Test: v<br />
meno questo vettore dev’essere ortogonale alla base data (...).<br />
Per quanto riguarda T ′ , determiniamo prima una sua base ortogonale e poi proce<strong>di</strong>amo come sopra. Il sistema<br />
omogeneo ha rango uguale a 2, quin<strong>di</strong> ammette ∞ 4−2 soluzioni (due parametri, ecc.). Anziché effettuare <strong>gli</strong><br />
usuali calcoli e infine sostituire i parametri, possiamo fortuitamente notare che i vettori della base <strong>di</strong> T sono<br />
soluzioni <strong>di</strong> questo sistema. Dunque T ′ = T ; i due quesiti sono mo<strong>di</strong> <strong>di</strong>versi <strong>di</strong> formulare la stessa richiesta. È<br />
importante notare che qualunque altra base ortogonale <strong>di</strong> T ′ avrebbe portato alla stessa proiezione.<br />
G26. Dato v = (2, 3, 6), determinare una base del nucleo dell’applicazione lineare che associa a un vettore <strong>di</strong><br />
R 3 la sua proiezione ortogonale lungo v, orientata secondo il verso <strong>di</strong> v.<br />
Soluzione. Una tale applicazione ha per codominio R 1 , e trasforma (x, y, z) in (x,y,z)×(2,3,6)<br />
v<br />
, cioè in<br />
2x+3y+6z<br />
7<br />
. Il suo nucleo è il piano <strong>di</strong> equazione 2x + 3y + 6z = 0 – ciò era preve<strong>di</strong>bile, perché si trattava<br />
del sottospazio ortogonale a v. Esplicitando la variabile z otteniamo la forma parametrica ( s, t, − s 3 − 2) t , da<br />
cui possiamo selezionare la base {( (<br />
1, 0, − 3) 1 , 0, 1, −<br />
1<br />
2)}<br />
. Abbiamo trovato, in effetti, due vettori linearmente<br />
in<strong>di</strong>pendenti e ortogonali a v. Per semplificare la presentazione potremmo moltiplicare tali vettori per opportuni<br />
scalari.<br />
<strong>Classificazione</strong> <strong>delle</strong> <strong>quadriche</strong> <strong>me<strong>di</strong>ante</strong> <strong>gli</strong> <strong>autovalori</strong>.<br />
Una quadrica è l’insieme dei punti <strong>di</strong> R 3 (abbiamo fissato un riferimento) che sono soluzioni <strong>di</strong> una data<br />
equazione polinomiale <strong>di</strong> grado 2. Imitando il caso 2-<strong>di</strong>mensionale, scriviamo una tale equazione come a 11 x 2 +<br />
1 Per analogia col caso tri<strong>di</strong>mensionale, un piano immerso in uno spazio a 4 <strong>di</strong>mensioni dovrebbe sentirsi a <strong>di</strong>sagio – o forse<br />
più “libero” – come si sentirebbe un binario <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> una ferrovia, improvvisamente portato in aria da una gru: la <strong>di</strong>mensione<br />
intrinseca del binario resta uguale a 1, ma cambia la <strong>di</strong>mensione dell’ambiente intorno (da 2 a 3); notiamo, con l’occasione, che in<br />
aria esistono infiniti binari perpen<strong>di</strong>colari a quello appeso alla gru, perché la co<strong>di</strong>mensione aumenta <strong>di</strong> uno.<br />
1
a 22 y 2 +a 33 z 2 +2a 12 xy +2a 13 xz +2a 23 yz +2a 14 x+2a 24 y +2a 34 z +a 44 = 0. Nel caso <strong>delle</strong> coniche, la conoscenza<br />
del segno (eventualmente “nullo”) <strong>di</strong> ciascun autovalore della matrice quadratica A consente <strong>di</strong> identificare<br />
un’iperbole o un’ellisse o una parabola. Il modulo <strong>di</strong> ciascun autovalore è poi cruciale per avere informazioni<br />
sulla “forma” (ad es. sull’eccentricità, sulla <strong>di</strong>stanza tra fuoco e <strong>di</strong>rettrice, ecc.). Anche per i polinomi <strong>di</strong><br />
grado 2 in 3 variabili è possibile ruotare e/o traslare opportunamente il riferimento (ora però nello spazio)<br />
per giungere a una forma canonica facilmente gestibile, e i segni de<strong>gli</strong> <strong>autovalori</strong> giocano <strong>di</strong> nuovo un ruolo<br />
essenziale per la classificazione – notiamo che la matrice A <strong>di</strong>venta 3 × 3, ma è sempre simmetrica e consente<br />
quin<strong>di</strong> una <strong>di</strong>agonalizzazione <strong>me<strong>di</strong>ante</strong> una base ortogonale <strong>di</strong> autovettori (teorema spettrale). In questo caso,<br />
però, abbiamo 5 <strong>di</strong>verse configurazioni non degeneri, e non 3, al variare del segno dei tre (non più due) <strong>autovalori</strong>,<br />
e con la con<strong>di</strong>zione che il determinante della matrice 4 × 4 (A ′ ) non sia nullo. Inoltre ora anche il segno del<br />
determinante <strong>di</strong> A ′ acquista importanza.<br />
Se <strong>gli</strong> <strong>autovalori</strong> sono concor<strong>di</strong> siamo in presenza <strong>di</strong> un ellissoide; esso non ha punti reali se det(A ′ ) > 0,<br />
quin<strong>di</strong> consideriamo solo il caso negativo. Se invece il segno <strong>di</strong> due <strong>autovalori</strong> è <strong>di</strong>verso da quello del terzo<br />
autovalore, abbiamo un iperboloide, oltretutto ellittico o iperbolico se det(A ′ ) è rispettivamente negativo o<br />
positivo. L’aggettivo “ellittico” si riferisce alla “percezione tattile” che avremmo se afferrassimo la quadrica in<br />
esame; sarebbe facile afferrarla, perché ogni suo punto è l’apice <strong>di</strong> una superficie “a muso d’aereo”, più o meno<br />
affusolato, intorno al punto (tuttavia la presa risulta <strong>di</strong>fficile nei punti dove la curvatura è piccola). In altri<br />
termini, su ogni punto <strong>di</strong> una superficie ellittica è possibile appoggiare una piastrellina, sufficientemente piccola,<br />
che sia “tangente” alla superficie e non tocchi altri punti. Se la superficie è invece iperbolica, ogni suo punto è<br />
nel mezzo <strong>di</strong> una “sella”, e non è possibile appoggiare una piastrellina, comunque piccola, senza che la superficie<br />
si fenda. Punti “<strong>di</strong> sella” si trovano ad esempio in tutta la parte interna <strong>di</strong> una ciambella, quella più vicina al<br />
foro, o nel tratto in cui un tubo curva, più precisamente nella parte interna della curva (i punti esterni sulla<br />
parte <strong>di</strong> tubo curvata restano invece ellittici).<br />
Come terza possibilità, cioè se un autovalore è nullo, abbiamo un paraboloide, anche qui ellittico o iperbolico<br />
se det(A ′ ) è rispettivamente negativo o positivo (equivalentemente, se i due <strong>autovalori</strong> non nulli sono<br />
concor<strong>di</strong> o <strong>di</strong>scor<strong>di</strong>). I cinque “prototipi” <strong>di</strong> equazione, ottenuti con <strong>autovalori</strong> nulli o <strong>di</strong> modulo unitario, sono<br />
rispettivamente:<br />
x 2 + y 2 + z 2 − 1 = 0 (in effetti questo ellissoide è una sfera con centro nell’origine; la sfera sta all’ellissoide<br />
come la circonferenza sta all’ellisse...), x 2 +y 2 −z 2 +1 = 0 (iperboloide ellittico: consiste <strong>di</strong> due parti sconnesse!),<br />
x 2 +y 2 −z 2 −1 = 0 (iperboloide iperbolico), x 2 +y 2 −2z = 0 (paraboloide ellittico), x 2 −y 2 −2z = 0 (paraboloide<br />
iperbolico).<br />
Notiamo che un ellissoide è, in effetti, sempre un ellissoide ellittico. A cosa si riferisce, invece, la ra<strong>di</strong>ce<br />
che precede “-oide”? Una prima analisi mostrerebbe che esiste un legame con le “sezioni” contenute nella<br />
superficie in esame. Ta<strong>gli</strong>ando un ellissoide con un piano, si ottengono sempre ellissi. Sezionando un iperboloide<br />
è molto facile ottenere anche iperboli. Sezionando un paraboloide si possono ottenere parabole (ma non solo).<br />
In realtà, la definizione della ra<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> “-oide” è ben più precisa, e si riferisce al comportamento asintotico della<br />
quadrica. Un iperboloide ha un “cono asintotico” a cui esso tende, un ellissoide è invece limitato nello spazio, un<br />
paraboloide non ha alcuna <strong>delle</strong> due precedenti proprietà (è illimitato, pur non possedendo un cono asintotico,<br />
un destino analogo a quello della parabola nei confronti <strong>di</strong> iperbole ed ellisse).<br />
Se det(A ′ ) è nullo, abbiamo un più ampio venta<strong>gli</strong>o <strong>di</strong> possibilità rispetto all’analogo contesto 2-<strong>di</strong>mensionale.<br />
Nel caso in cui i tre <strong>autovalori</strong> siano non nulli, otteniamo un cono. Esso si riduce al solo punto (0, 0, 0) se <strong>gli</strong><br />
<strong>autovalori</strong> sono concor<strong>di</strong>, mentre acquista le fattezze <strong>di</strong> un cono vero e proprio se essi sono <strong>di</strong>scor<strong>di</strong>. Ad esempio<br />
l’equazione x 2 +2y 2 −z 2 = 0 identifica un cono il cui asse è l’asse z. Sezionando tale quadrica con piani paralleli al<br />
piano xy otteniamo ellissi. Se invece un autovalore è nullo, dovendo escludere la forma non degenere <strong>di</strong> equazione<br />
λ 1 x 2 + λ 2 y 2 − 2z = 0 (paraboloide), abbiamo necessariamente un’equazione del tipo λ 1 x 2 + λ 2 y 2 + c = 0. Se<br />
c ≠ 0 – ed esistono soluzioni reali – si tratta <strong>di</strong> un cilindro con generatrici parallele all’asse z. Le sezioni<br />
perpen<strong>di</strong>colari alle generatrici sono uguali alla conica avente la medesima equazione. Se c = 0 il rango <strong>di</strong> A ′ si<br />
abbassa a 2 (per coni e cilindri infatti esso era uguale a 3). In tutti i casi in cui tale rango vale meno <strong>di</strong> 3 la<br />
quadrica perde totalmente la curvatura (in molti casi essa degenera in due piani o in un piano). Notiamo che<br />
i coni e i cilindri non hanno punti ellittici né iperbolici, perché appoggiandovi una piastrellina – e ciò è sempre<br />
possibile – essa non toccherebbe solo il punto scelto, ma un intero segmento.<br />
Lo stu<strong>di</strong>o della curvatura <strong>di</strong> una superficie è un argomento principe in corsi più avanzati <strong>di</strong> geometria.<br />
E21. Classificare la quadrica <strong>di</strong> equazione 2xy + 2xz + 2yz + σ = 0 , al variare <strong>di</strong> σ in {−1, 0, 1}.<br />
⎛<br />
⎞<br />
0 1 1 0<br />
Soluzione. La relativa matrice M(σ) è uguale a ⎜ 1 0 1 0<br />
⎟<br />
⎝ 1 1 0 0 ⎠ . Gli <strong>autovalori</strong> della matrice quadratica<br />
0 0 0 σ<br />
sono −1 (con molteplicità doppia) e 2. Quin<strong>di</strong> per σ = 1 otteniamo un iperboloide (<strong>gli</strong> <strong>autovalori</strong> sono <strong>di</strong>scor<strong>di</strong>)<br />
2
iperbolico (det(A ′ ) = 2). Con un’opportuna rotazione possiamo ottenere l’equazione 2X 2 − Y 2 − Z 2 + 1 = 0.<br />
L’iperboloide è invece ellittico se σ = −1, mentre per σ = 0 otteniamo un cono. Scrivendo la sua equazione<br />
nella forma X 2 = 1 2 Y 2 + 1 2 Z2 è facile convincersi che l’asse del cono è l’asse X, il vertice è l’origine e le sezioni<br />
normali all’asse sono circonferenze. Sezionandolo con un piano otteniamo una conica (una conica si definisce<br />
infatti come...). Ad esempio il piano Y = 4, messo a sistema con l’equazione del cono, realizza un’iperbole (in<br />
modo analogo, una circonferenza nello spazio può essere definita come l’intersezione <strong>di</strong> una sfera con un piano<br />
idoneo).<br />
3