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Ghiaroni-Giulia-Violenza-assistita-intrafamiliare

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Da un lato, il genitore maltrattato può non riconoscere il danno subito dai figli che<br />

hanno assistito alle violenze o negare le violenze, in modo da attenuare il senso di colpa;<br />

dall’altro, il genitore maltrattante minimizza o nega tali conseguenze (Moscati, 2005).<br />

Ciò è determinato dal fatto che in molte famiglie è ben radicato il mito dell’unità e<br />

dell’armonia, per cui si preferisce mostrare all’esterno un’immagine e una<br />

rappresentazione sociale della famiglia fondata sugli affetti e racchiusa entro certi<br />

confini. Essendo il conflitto <strong>intrafamiliare</strong>, e gli episodi di violenza che ne derivano,<br />

inconciliabili con l’idea del buon funzionamento familiare, diventa perciò necessario<br />

negarli (Fruggeri, 1997).<br />

In molte situazioni, quando l’intervento viene richiesto da un solo genitore, accade<br />

che il bambino manifesti un conflitto di lealtà, attraverso il quale egli sente di aver<br />

tradito il genitore maltrattante, inconsapevole o contrario all’attivazione di un percorso<br />

terapeutico. Tali sentimenti di colpa portano il bambino a rifiutare il trattamento e a<br />

tutelare il padre maltrattante.<br />

In altre situazioni, invece, è stata rilevata una forte alleanza tra bambino e genitore<br />

maltrattato. Il minore, presentandosi come un perfetto adulto in miniatura, tende a<br />

proteggere la madre, negando le carenze affettive nella relazione con essa, e a rifiutare<br />

qualsiasi contatto con il genitore maltrattante. Tale rifiuto viene manifestato attraverso<br />

frasi, quali: “per me papà non esiste più” (Moscati, 2005).<br />

4.2.1 Terapia individuale<br />

I bambini che assistono alla violenza <strong>intrafamiliare</strong> sono intensamente impegnati in<br />

azioni e operazioni mentali volte a “tutelare” e a mantenere “integre” entrambe le figure<br />

genitoriali. Essi si sentono colpevoli delle liti e delle violenze che coinvolgo i genitori e<br />

sperimentano sensazioni negative nei confronti sia del genitore maltrattante, sia nei<br />

confronti del genitore che subisce violenza, identificato come “cattivo”, poiché non è in<br />

grado di essere sufficientemente protettivo.<br />

L’apparato psichico del bambino non è in grado, se le violenze sono molto gravi o si<br />

protraggono per lungo tempo, di tollerare la portata traumatica degli eventi e<br />

l’ambivalenza destabilizzante rispetto alle figure genitoriali; ciò li porta a mettere in atto<br />

meccanismi protettivi radicali, quali rimozione, negazione, scissione, identificazione<br />

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